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CRONACA

Mercoledì 26 Ottobre 2016 | IL FATTO QUOTIDIANO |

LE REAZIONI POLITICHE

“GORINO, FERRARA. Il video dei cittadini che resistono all’invasione targata Renzi e Pd. Io sto con loro!”. Il leader leghista Matteo Salvini non si è fatto pregare e con un tweet è sceso in campo, ieri, a favore degli abitanti del Delta del Po che hanno allestito barricate per impedire l’arrivo di dodici profughe africane destinate, nell’ambito del piano di accoglienza del Viminale, a un ostello requisito a

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Salvini cavalca l’onda: “Resistiamo all’invasione”

Stefano Bonaccini – . Ancor più alla luce del fatto che in quel territorio non vi è un solo profugo e che se tutti fanno la loro parte noi saremmo in grado di avere una distribuzione molto più equa e con meno tensioni". L’Arcidiocesi di Ferrara si dice “vicina a coloro, donne e bambini in particolare, che hanno vissuto sul nostro territorio una notte così difficile e ostile, che ripugna alla coscienza cristiana”.

Ferrara Le rifugiate africane respinte con le barricate a Gorino Belinda, Faith e Joy raccontano le violenze subìte e il viaggio

BELPAESE

» ANDREA TORNAGO Ferrara

L’

Gorino, frazione di Goro nel Ferrarese. Cavalcano le proteste xenofobe anche Gianni Alemanno e Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia. Tutti insieme chiedono le dimissioni del prefetto Mario Morcone, responsabile per l’Immigrazione al Viminale. Contro le proteste si invece schierato il Pd dell’Emilia-Romagna: "Credo che quello che è avvenuto ieri non sia accettabile – ha detto il presidente della Regione,

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ultimo tratto del viaggio della speranza è un rettilineo della statale 309 Romea tra Comacchio e Gorino, sul Delta del Po. Quarantadue chilometri al confine tra l’Emilia e il Veneto che dodici ragazze sui vent’anni, scappate dall’Africa in guerra, non sono mai riuscite a percorrere. Per otto ore le richiedenti asilo arrivate dalla Nigeria, dalla Costa d’Avorio e dalla Sierra Leone, sono rimaste bloccate su un pullman nella caserma dei carabinieri di Comacchio, mentre i cittadini di Gorino, frazione di Goro (Ferrara), il paese di pescatori in riva al Po che avrebbe dovuto accoglierle, salivano sulle barricate contro l’ordinanza del prefetto di Ferrara che requisiva l’ostello “Amore e Natura”.

“Abbiamo lasciato l’inferno, ora dove possiamo andare?”

scorso sono arrivata in Italia”. Su quell’autobus fermo nella caserma di Comacchio, le ragazze sopravvissute al viaggio più lungo non riuscivano a capire cosa stesse succedendo: “Vedevamo che parlavano concitati, ma l’autista non voleva che sapessimo – continua Faith –, poi abbiamo saputo che la popolazione non ci voleva e ci siamo rimaste malissimo. Se non ci date un posto voi, dove possiamo andare?”. GLI ABITANTI di Gorino, ieri, han-

IN TUTTA la provincia ferrarese

non c’era nemmeno una struttura disponibile: “Ci dicono tutti che sono al completo anche se è inverno –spiega il prefetto Michele Tortora –. Abbiamo scelto Goro perché non ha mai dato il suo contributo all’accoglienza”. Quasi 300 persone, metà degli abitanti di Gorino, lunedì sera sono scese in strada a bloccare l’unica via d’accesso al paese. È comparsa una barricata. E alla fine le autorità hanno dovuto fare dietrofront, verso mezzanotte, portando le dodici donne di cui una incinta in località rimaste segrete per ore. Abbiamo incontrato tre di loro nella casa di riposo di Ferrara, grazie all’opera di tessitura del sindaco Tiziano Tagliani. “Mio marito è finito in carcere per motivi politici, poi è riuscito a evadere – racconta Belinda, 22 anni, scappata dalla Sierra Leone –. Ora il governo mi sta cercando

Lo scontro Le proteste a Gorino (Ferrara), a destra Belinda, Joy e Faith, tre delle giovani africane respinte Ansa

Divise in tre gruppi Le 12 donne accolte in altri centri. Il sindaco di centrosinistra difende la rivolta: “Non è razzismo” perché credono che parli e lo faccia catturare di nuovo. Il mio viaggio per venire qui è durato cinque mesi. Sono rimasta due mesi in Libia, in un campo in cui gli uomini arabi hanno cercato di violentarmi, finché non sono fuggita anche da lì, verso il mare. Do-

po due settimane sulla spiaggia, senza cibo e senza un posto in cui dormire, sono riuscita a imbarcarmi per l’Italia”. JOY È NIGERIANA, ha solo 20 anni

ed è scappata dal suo Paese quando il padre si è convertito alla religione vudù: “Ho incontrato un ragazzo, sono rimasta incinta, mio padre voleva ucciderci. La notte in cui siamo partiti ci hanno pure rapinati, ma siamo riusciti ad arrivare in Libia, intorno al 20 settembre. I libici ci picchiavano, ci lasciavano senza cibo, eravamo nelle loro mani. Siamo scappati una notte verso il mare, abbiamo

seguito della gente che andava verso una barca e lì ho perso mio marito. Non so più niente di lui. Si chiama Lamin Dampha. Quelle persone mi hanno fatto salire sulla barca perché aspetto un bambino, hanno avuto pietà di me”. Anche Faith ha 20 anni ed è partita su un fuoristrada verso il Mali il giorno in cui i miliziani di Boko Haram hanno rastrellato il suo villaggio nel nord della Nigeria: “Non ho notizie della mia famiglia, non so nemmeno se sono vivi o morti. Un uomo si è preso cura di me in Libia, mi ha aiutato a partire sulle barche, inseguiti dalle pattuglie libiche, e sabato

no festeggiato. Dopo le barricate contro le richiedenti asilo per protesta non hanno mandato i figli a scuola e non sono andati a vongole, la principale attività economica del posto. “Quel che è più sconcertante è che si è trattato davvero di una protesta di popolo –spiega al Fattoil questore di Ferrara, Antonio Sbordone –. L’apporto di persone venute da fuori, o di militanti politici, non è stato determinante”. Ma il sindaco di Goro, Diego Viviani, difende i suoi concittadini: “Questa comunità non merita di essere definita razzista – ha detto il primo cittadino, eletto con una lista civica di centrosinistra – Gorino ha avuto una reazione che io non condanno, ma adesso dobbiamo dimostrare che non siamo come ci hanno dipinto”. Sorride intanto Joy, mentre parla del bambino che porta in grembo da otto mesi. Nella barca che l’ha portata in Europa non respirava, la gente le premeva la pancia. All’ospedale di Ferrara, però, le hanno detto che sta bene. Nessuna di loro aveva mai sentito parlare di Lampedusa, di Bologna o di Ferrara prima dello sbarco. Ma se qualcuno adesso chiede loro dove volevano arrivare alla fine del viaggio, lo sguardo si fa serio, gli occhi fissi a terra: “Italy”.

La scheda IL BLOCCO Lunedì sera a Gorino, frazione di Goro (Ferrara) nel Delta del Po, 350 persone hanno improvvisato barricate e un blocco stradale per impedire l’arrivo di 12 donne africane per le quali il prefetto aveva requisito parte di un ostello n

LA RESA Ieri il prefetto ha preferito alloggiare le 12 donne tra Ferrara, Comacchio e Massafiscaglia. A Gorino hanno festeggiato n

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Parigi smonta la “giungla”, Msf protesta » LUANA DE MICCO Calais (Francia)

T

ra i migranti si è sparsa la voce che riuscire a entrare nella fila dei minorenni è come vincere un biglietto per l’Inghilterra. Allora minorenni e adulti fanno la fila insieme davanti all’hangar dove partono i pullman per i centri di accoglienza sparsi per tutta la Francia. TONY ha 22 anni e il volto da

adolescente: “France no good”. È arrivato di notte, all’una del pomeriggio è ancora lì: “Oggi non ci provo, troppo complicato, torno domani”. All’ingresso dell’hangar due membri di France Terre d’Asile provano a separare minorenni e adulti. I poliziotti contengo-

Calais Medici senza frontiere abbandona le operazioni

di sgombero in polemica: “Non rispettati i diritti dei minori” no i movimenti di impazienza di chi, dietro, aspetta da ore. “Il nostro compito non è di scartare nessuno. È di andare a prendere i minori, quelli veri”, assicura il prefetto Fabienne Buccio. Per chi riesce a entrare i controlli si svolgono in due tempi. Sotto un primo tendone, gli inglesi dell’Home Office e i francesi dell’Ofpra, l’ufficio per la protezione dei rifugiati, lavorano insieme, registrano nome e cognome di ogni migrante, ricostruiscono le grandi linee del suo percorso. Se ci sono dubbi sull’età, lo trasferiscono sotto un altro tendone

e lì lo interrogano di nuovo. Ogni interrogatorio dura almeno venti minuti. Quello che succede dopo lo spiega Serge Durand di France Terre d’Asile: “Se i dubbi persistono il migrante viene riorientato nella fila degli adulti. Ma la maggior parte torna nella Giungla. Gli altri vengono portati nei Cap, i centri di accoglienza provvisoria. Per chi ha famiglia in Inghilterra, si avvia la procedura per il ricongiungimento familiare. Chi non ce l’ha rientrerà nel dispositivo di protezione per l’infanzia in Francia”. Ma non tutte le associazioni approvano i me-

a un primo controllo. Invece da stamattina ho visto scartare un terzo delle persone solo in base al loro aspetto”, ha denunciato Frank Esnée, capo missione Msf. IERI altri mille migranti

Un migrante a Calais Ansa

todi. Ieri l’ong Mé d e ci n s sans frontières si è ritirata dall ’operazione a Calais: “Tutti quelli che si dichiarano minorenni hanno diritto

hanno lasciato la Giungla. Sono più di tremila in due giorni. Se lunedì è stato il giorno dei sudanesi, ieri era il giorno degli afghani. I migranti si sono organizzati per comunità. Abdel è afghano ed arrivato a Calais un anno fa. Porta un braccialetto bianco. Sta aspettando il pullman numero 63 per la Nuova Aquitania, ma è in Inghilterra che voleva andare: “Tutte le sere provavo a passare per il tunnel. Se ora me ne vado è perché non ho altra scelta. Qui c’è la

polizia. Crazy life in Europe. Non so ancora cosa farò, ma se le cose non vanno bene, ritorno”. Nelle zone della Giungla dove fino a ieri vivevano i sudanesi si è cominciato a smantellare. Non con le ruspe, ma a mano, con i martelli e le motoseghe, una quarantina di agenti smontano le baracche una per una. Assi di legno, tendoni, sedie rotte, ma anche coperte, scarpe, pezzi di vita abbandonati dai migranti vengono caricati a bordo di rimorchi e portati via. Poco lontano da lì, un gruppo di donne eritree ed etiopi manifesta mostrando dei cartelli: “Please England help all Womens”. © RIPRODUZIONE RISERVATA


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