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| IL FATTO QUOTIDIANO | Mercoledì 30 Settembre 2015

LECCALECCA

BOSCHI-STYLE: “IO MAI PRIVILEGI” » FQ

IN AULA

» PAOLA ZANCA

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l sottosegretario Luciano Pizzetti, “vice” di Maria Elena Boschi, hanno affidato l’ingrato compito di sbrogliare la matassa degli emendamenti alla riforma del Senato. Così, piuttosto esausto, ciondola nel salone Garibaldi senza trovare una soluzione. Tutto dipende, ancora una volta, dalla decisione che prenderà Pietro Grasso. E che arriverà a rate. Cosa farà il presidente del Senato? “Ah, saperlo”, si cruccia Pizzetti. Ha avuto da pochi minuti la conferma ufficiale che da qui al 13 ottobre - la data in cui la maggioranza vuole il via libera alla riforma - sarà un supplizio quotidiano. Il tanto atteso verdetto di Grasso, quello sulla ammissibilità delle proposte di modifica al ddl Boschi, infatti, non arriverà tutto insieme. Il presidente, come ovvio, non ha avuto tempo e modo di studiare i 383mila emendamenti che sono rimasti sul piatto. Ieri, Grasso ha già dato una bella sfoltita alla vagonata “abnorme” di modifiche richiesta dal leghista Roberto Calderoli, dichiarando “irrice vibili” praticamente quasi tutti i 72 milioni di emendamenti del Carroccio. NON ERANO QUELLI, d’al-

tronde, a preoccupare il Pd. Quello che mette ansia a Pizzetti e agli altri è la valutazione “work in progress” che il presidente si è riservato di portare avanti. Tradotto. Oggi, primo giorno di votazione, Grasso dirà quanti sono gli emendamenti ammissibili all’articolo 1. Esaurito quell’esame, farà sapere che modifiche sono ammesse all’articolo 2.

NUOVI ALLEATI

» WANDA MARRA

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e Berlusconi vota per la riforma sono contento. Se decide di non votare per me non cambia nulla perché vinceremo”. Matteo Renzi in un’intervista a Bloomberg a New York la metteva così. Questa volta non dice “se FI non vota”, ma si riferisce direttamente al leader azzurro. Variabile interessante, visto che ormai le uscite da Forza Italia a favore di Verdini sono quotidiane. Tanto che B. tra un po’ sarà definitivamente irrilevante. Adesso e in futuro. In questi giorni tra Camera e Senato, i verdiniani si intrattengono con i renziani. Prove di convivenza destinate a diventare sempre più stretta.

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NON È SOLO LA PIÙ GIOVANE ministra della storia della Repubblica, Maria Elena Boschi è anche la donna più potente e invidiata, temuta, criticata e ammirata d’Italia”. Basterebbe questo attacco per giustificare l’inserimento dell’intervista uscita su Style del Corriere della Sera nella nostra rubrica Lecca lecca. Ma l’ultima domanda merita la citazione: “Inevitabile domanda: lei si sente, si è mai sentita

una privilegiata?”. Risposta: “Il privilegio più grande della mia vita è la famiglia. I miei genitori e i miei fratelli sono per me un rifugio, il porto in cui tornare e da cui ripartire. Ma non si va da nessuna parte solo con i privilegi. Io la mia parte cerco di farla ogni giorno. Mi sono laureata in Giurisprudenza con il massimo dei voti e ho lavorato in studi professionali che ringrazio per avermi fatto crescere. Poi c’è stata la fortuna di essere al mo-

mento giusto nel posto giusto: quando l’onda perfetta chiamata Leopolda ha cambiato l’Italia io ero lì. La fortuna aiuta, ma la ricetta è sempre la stessa: buone idee, tanta determinazione e disponibilità a fare fatica”. Ritornando all’inizio della lettura, la Boschi assicura: “Abbiamo dimostrato che il primo obiettivo per noi è il merito e non sistemare gli amici degli amici, come troppo spesso è avvenuto in passato”. Il lettore decida se ridere o piangere.

Senato, Grasso fa paura Il Pd teme l’incidente Oggi si comincia a votare la riforma. L’incognita dei voti segreti sull’art. 1

TOMTOM

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“IRRICEVIBILI” VIA I 72 MILIONI Per il presidente Grasso sono “irricevibili” 72 milioni di emendamenti presentati da Calderoli perché “oggettivamente impossibilitato a vagliare nel merito”, “se non al prezzo di creare un precedente che consenta di bloccare i lavori parlamentari per un tempo incalcolabile”

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161 ANNI TEMPI NECESSARI È lo stesso Calderoli a calcolare che, lavorando 24 ore al giorno, ci sarebbero voluti 161 anni di dibattito: “Da un certo punto di vista - ha detto a Grasso - la sua è una posizione corretta”

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383 MILA ENTRO IL 13 OTTOBRE Dopo la decisione di Grasso restano 383 mila emendamenti, al netto delle inammissibilità. Molti saranno superati da “mini-canguri”. Il voto finale deve arrivare entro il 13 ottobre.

“Work in progress” Il presidente Grasso darà il via libera agli emendamenti durante le votazioni Ansa

E così via. Il sottosegretario si affanna a dire che quello che lo preoccupa è il “freno ad un’intesa politica complessive sulle modifiche”: sapere giorno per giorno quali emendamenti vengono messi al voto, sostiene Pizzetti, ci impedisce di fare una contrattazione complessiva con la minoranza Pd e gli altri alleati. IN VERITÀ, quello che pare

agitare la maggioranza è che il work in progress di Grasso blocca di fatto quella inversione dell’ordine dei lavori che avrebbe scongiurato possibili “incidenti” per il governo: l’idea che circola da giorni infatti, era quella di cominciare a votare la riforma dal fondo, per evitare che l’esame dell’articolo 1

La strategia Il presidente dirà voto per voto quali sono gli emendamenti ammissibili: è panico (su cui sarà possibile chiedere voti segreti) faccia inciampare subito Renzi e i suoi. Le defezioni della minoranza Pd, i mal di pancia di alcuni alfaniani, il soccorso di “quelli che hanno la pece” (copyright Pizzetti) ovvero della pattuglia dei verdiniani: tutte variabili che non sono esattamente propizie per riprendere il cammino di una riforma costituzionale. Così, tra i fedelissimi del

premier si stanno studiando tutti gli anticorpi del caso. Nei giorni scorsi ci ha provato il senatore Francesco Russo, sostenendo che le modifiche promosse da Calderoli non erano firmate a mano e quindi non erano valide (Grasso ieri gli ha ricordato che avrebbe potuto sollevare la questione in commissione, settimane fa). Oggi, forse, potrebbe riprovarci il collega Stefano Esposito: nessuno, infatti, ha ritirato i due emendamenti “premissivi” all’articolo 1. Esposito sperimentò la tecnica con successo sull’Italicum, chiedendo il voto su un emendamento che di fatto fece saltare il voto su tutti gli altri. Presto potrebbe replicare. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Promesse La trattativa con i verdiniani e il “premio” per il soccorso: cambiare l’Italicum

L’ultima di Renzi: coalizione “nazarena” E raccontano la loro strategia: votare adesso in Senato con la maggioranza, appoggiarla tutte le volte che ne ha bisogno, in cambio di una promessa che avrebbe-

Lite tra i dem Giachetti a Bersani: “Denis non è peggio di Di Pietro”. Gotor: “È il mondo alla rovescia” ro ricevuto da Renzi. Ovvero il cambiamento dell’I t a l icum: al posto del premio alla lista verrebbe introdotto il premio alla coalizione. Quello che Berlusconi vole-

va per correre con la Lega e che il premier non ha concesso proprio per questo. La novità è che adesso, in coalizione con il Pd ci sarebbe lui, Denis Verdini, con tutto il suo gruppo di ex forzisti che fa da tempo il tifo per Matteo. Insomma, dal partito della nazione alla coalizione della nazione. Diversa versione della compravendita. Non poltrone, non posti in lista alle prossime elezioni. Ma un futuro politico diversamente garantito. Le promesse in questi casi valgono quello che valgono. Però Renzi così potrebbe marginalizzare del tutto Salvini. E poi quel 40% stabilito dall’Italicum per arrivare al premio di

Denis Verdini Ansa

maggioranza sembra ormai un miraggio anche nel Pd e in caso di ballottaggio i Cinque Stelle fanno paura. Si vedrà. Intanto, nel nome di Verdini, i Democratici liti-

gano tutti i giorni. Ieri l’attacco è partito dall’ariete di sfondamento, Roberto Giachetti: “I voti di Verdini puzzano? Forse Bersani dimentica i tempi in cui nel giardino hanno pascolato da Mastella a Di Pietro, da Dini a Cossiga, solo per fare degli esempi e con ruoli, questi sì, imponenti nell’Ulivo o più in generale nel centro sinistra”. Pronta replica del senatore Gotor: “La furia ideologica arriva al punto di mettere sullo stesso piano le alleanze del passato con una personalità come Antonio Di Pietro con quella che si sta facendo con gli amici di Cosentino: sembra il mondo alla rovescia” © RIPRODUZIONE RISERVATA

L’OPINIONE

DOVE CI PORTA IL PARTITO UNICO DELLA NAZIONE » SANDRA BONSANTI

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o giurato a Matteo che costruiremo insieme il partito della nazione”: e se Denis Verdini giura, c’è da credergli, certi giuramenti fatti in riva d’Arno non si possono tradire, neppure volendo. Rimangono a ricordare agli smemorati tutte le ambiguità, tutti i “segreti” della ascesa di Renzi e la sua troppo facile conquista del Pd prima e del governo poi. Insieme, Denis e Matteo daranno vita a quel partito unico che la nostra fantasia può sbizzarrirsi a immaginare. Eliminati i contrappesi molesti e nominati deputati e senatori, nessun vero scoglio si porrà alla formazione di un blocco di potere così invasivo da essere assoluto. Non vi si potranno sottrarre il governo delle cose interne né quello delle cose internazionali, gli interessi della grande finanza, le scelte che sarebbero necessarie a ristabilire la dignità al lavoro, alla scuola, alla cultura. Berlusconi, al confronto, era un ragazzino. Chi mostra di accalorarsi ancora in vista dei due partiti all’americana, democratici e repubblicani, si rassegni: noi li superiamo senza problemi. ssieme al partito della nazione avremo le briciole di una destra più radicale e i gruppuscoli di una sinistra senza più voce né bandiere. A meno che… il risveglio non sia dietro l’angolo. Il referendum costituzionale tra un anno sarà il momento decisivo, ma bisogna attrezzarsi per tempo, tanti e uniti, come ha proposto Antonio Padellaro, ipotizzando un Comitato presieduto da Rodotà. Il padre della riforma Boschi, Stefano Ceccanti, ha mostrato quanto ce ne sia bisogno, quando ha detto (o minacciato?) che il referendum “sarà l’occasione di un riallineamento di pianeti con le istituzioni di una democrazia competitiva. I due terreni, quello del partito e quello delle istituzioni, potranno finalmente esser coerenti”. Il giuramento fra Verdini e Renzi in riva d’Arno non può portare niente di buono a un Paese che ha ancora a cuore i principi della democrazia costituzionale e non dimentica la lezione che i sostenitori dei partiti della nazione dovrebbero averci dato una volta per sempre.

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