Affittopoli pd

Page 1

6 » POLITICA

| IL FATTO QUOTIDIANO | Venerdì 5 Febbraio 2016

Lo sberleffo

LA LEZIONE DI VELTRONI AI DEM » WA.MA.

,

MATTEO RENZI parteciperà domenica. Ma forse non interverrà. Sta valutando. Ma no, non si parla di un affare di Stato, ma della scuola di politica del Pd, che parte domani. ”Classe democratica”, cinque weekend di formazione, sotto la guida di Andrea De Maria. La lista dei primi docenti comprende Walter Veltroni, Pierluigi Castagnetti e Gianni Cuperlo. Due padri nobili e uno dei leader

della minoranza dem. Tema in oggetto? “L’identità del Pd”. Non è singolare che a parlare dell’identità democratica non ci sia nessuno della maggioranza renziana? “No, il Pd è tutto il Pd”, assicurano dal partito. Anche le altre lezioni, sono tutte molto istituzionali: sabato parlano Pier Carlo Padoan e Teresa Bellanova (ministro dell’Economia e neo vice ministro dello Sviluppo economico). Domenica, Livia Turco

e Alberto Melloni. Anche qui, nessun renziano. Ma dall’organizzazione assicurano che i prossimi weekend saranno più “pop”: ci saranno uomini di spettacolo e si parlerà di comunicazione. La scuola è un vecchio pallino del segretario-premier: sono anni che ne parla, sottolineando la necessità di insegnare soprattutto a comunicare. Forse per intervenire aspetta che la comunicazione sia l’argomento centrale del weekend?

MUTAZIONE Dietro il boom degli iscritti ex berlusconiani, il piano di Lotti e Guerini per non dare posti alla minoranza alle Politiche

Pd, tessere ai trasformisti e “pulizia etnica” della Ditta » FABRIZIO D’ESPOSITO

C’

è una definizione tremenda che in queste ore passa di bocca in bocca tra gli esponenti della minoranza dem che compulsano lanci di agenzie e interviste sul tesseramento stile Dc vecchi tempi, favorendo riciclati e trasformisti di origine berlusconiana. La definizione è questa: “Pulizia etnica”. Bersaniani, ex dalemiani, ex civatiani sono già entrati in fibrillazione. A loro giudizio, nelle conversazioni captate tra Montecitorio e Palazzo Madama, l’ingresso nel partito siciliano di orde di affamati cuffariani, scandalo sollevato dall’Huffington Post, quotidiano online, nasconde il trappolone finale della “pulizia etnica”. Ossia disvela il piano che il premier-segretario potrebbe attuare alle prossime Politiche, quando si voterà per una sola Camera con il fatidico Italicum: formare un gruppo parlamentare compatto, senza voci dissidenti come accade oggi al Senato, dove la deriva dei trenta bersaniani ha costretto i renziani a spingere per la nascita di Ala, il manipolo di verdiniani (una ventina) provenienti dal centrodestra e che servono a bilanciare la vivace minoranza del Pd.

Il nodo dei 100 capilista bloccati, cioè nominati A illustrare il piano al Fatto è un autorevole parlamentare “d iv er sa me nte ” r en zi an o: “Lotti e Guerini lavorano per il futuro, a quello che mi risulta. Le tessere ai riciclati, in Sicilia come in Puglia e Campania, al momento opportuno giocheranno un ruolo decisivo per la scelta dei candidati alle Politiche”. Punto di partenza sono i 340 deputati che andranno al partito vincitore. Italicum e Porcellum si somigliano solo nel numero di parlamentari attribuiti grazie al premio di maggioranza. Per il resto, nella nuova legge elettorale, ci sono i capilista bloccati, cioè nominati, e gli altri candidati che competono con le preferenze. I collegi sono cento. Ergo i posti sicuri, sia che si vinca sia che si perda, sono cento. Alle elezioni del 2013, quando il Pd era ancora in mano alla “Ditta”, la maggioranza bersaniana grazie al Porcellum garantì cinquanta seggi alla minoranza renziana. Poi è successo quello che è successo ed è stata la “Ditta” a fi-

nire nell’angolo. In teoria, i bersaniani si aspettano altrettanti seggi alle prossime Politiche, suddivisi tra venti capilista e trenta candidati forti con le preferenze (se il Pd vince la media è di tre eletti a collegio, il capolista più due) ma è qui che scatta il piano di Lorenzo Guerini, vicesegretario democristiano del Pd, e di Luca Lotti, sottosegretario di Palazzo Chigi, fedelissimo del premier nonché “segretario ombra” del partito in corso di mutazione genetica.

Ai riciclati il compito di scegliere i candidati I renziani vorrebbero infatti travestire da metodo democratico il colpo finale alla minoranza. Di qui la “pulizia etnica”. E l’arma da impugnare sono proprio gli iscritti ex berlusconiani. In pratica, i capilista anziché essere designati dalla direzione nazionale del Pd, verrebbero scelti da primarie riservate solo ai tesserati. Così ad Agrigento, per esempio, nella culla del cuffarismo, il “nuovo” del Partito della Nazione spazzerebbe il “v ecc hi o” della “Ditta” con l’i mpiego delle truppe cammellate transitate prima dalla Dc a

AFFITTOPOLI

La scheda PDN Sta per Partito della Nazione ed è l’evoluzione del Pd anche nel tesseramento appena chiuso. Il partito renziano non solo recluta riciclati berlusconiani in Parlamento ma anche sul territorio, in particolare al sud n

Forza Italia e poi, adesso, dagli azzurri al Pd. Non solo. Vista l’esiguità dei posti in lista, collegio per collegio, e tenuto conto di vari fattori (parlamentari uscenti, quote rose, nuovi ingressi) le primarie degli iscritti potrebbero persino stabilire chi deve entrare in lista per contendersi un seggio con le preferenze. Il piano è meticoloso e sta seminando il panico perché al momento non esiste un regolamento su come selezionare la futura classe di-

340 seggi

Con l’Italicum, restano 100 capilista nominati in altrettanti collegi. Il resto con le preferenze

rigente dell’Italicum. Anzi, qualcuno paventa il disastro qualora il premier dovesse vincere l’epocale disfida al referendum sulle riforme istituzionali.

Orlando anticuffariano e il caso Campania Sul fronte dei dati del tesseramento, dopo lo scandalo della Sicilia - che ieri ha visto insieme, in senso anticuffariano, il segretario regionale Raciti e i giovani turchi Orlando e Orfini, che pur fanno parte della maggioranza, per congelare i nuovi iscritti - c’è da registrare un altro caso in Campania, nel popoloso comune di Casoria. Qui, la dirigenza locale non ha accettato l’iscrizione online di Tommaso Casillo, ex socialista e vicepresidente del consiglio regionale (eletto

nella civica dov’era candidato anche Tommaso Barbato, poi arrestato per una storia di tangenti “idriche”). La segretaria regionale Assunta Tartaglione si batte però che venga accettata. La mutazione genetica continua. Alla prossima puntata.

L’operazione Renzi ha affidato il piano anti-Ditta a Lorenzo Guerini e Luca Lotti Ansa/LaPresse

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Roma Il commissario Orfini: “Restituiremo i soldi. I tesserati del centro sono facoltosi”

I debiti? Li pagano gli iscritti (forse) » TOMMASO RODANO

I

debiti storici del Pd di Roma, alla fine, rischiano di pagarli gli iscritti. Personalmente. Per risolvere il contenzioso col Comune, il commissario dem Matteo Orfini è pronto a chiedere un sacrificio alle tasche dei tesserati: un obolo per evitare la chiusura dei circoli morosi. Ma procediamo con ordine. LA VICENDA , esplosa negli ul-

timi giorni, si trascina da decenni: è nata col Pci e cresciuta all’ombra dei suoi eredi, sempre meno rossi e sempre più in rosso. Il più noto è il circolo di via dei Giubbonari, in pieno centro: ha un debito con il Comune di Roma di 170 mila euro, nonostante l’affitto agevolato di cui ha goduto dal dopoguerra (e malgrado l’ex sindaco Alemanno avesse provato a portare la pigione a 1.200 euro al mese). Il commissario

Sede storica L’ingresso del circolo di via Giubbonari a Roma LaPresse

capitolino Tronca ha messo il circolo sotto sfratto, con una lettera d’ingiunzione fatta recapitare lo scorso 24 dicembre. Orfini, in estrema sintesi, replica così: siamo pronti a pagare il dovuto, ma in Campidoglio non ci riceve nessuno. Fatto curioso: a Roma, da quando Orfini è a capo del Pd, ha governato prima un sindaco dello stesso Pd, poi un commissario nominato dal governo (presieduto dal segretario

del Pd). Non riescono a sedersi allo stesso tavolo. Ma tant’è: “Gli uffici comunali – spiega Orfini al Fatto – non hanno provveduto a convocarci”. E i soldi? Solo quest’estate lo stesso commissario quantificava il debito del Pd romano: 2 milioni di euro. Dove li hanno presi? “In questi mesi ho costituito un fondo per intervenire sulle crisi dei circoli”. E poi, ecco l’obolo per chi ha la tessera: “Quella di via dei

Giubbonari è una sezione con molti iscritti facoltosi, disponibili ad autotassarsi”. Non rimane, dunque, che sperare nell’agiatezza dei militanti capitolini. Secondo Giulia Urso, segretaria della sezione, “i soldi non sono un problema. Una soluzione si trova. Piuttosto che farmi sfrattare, mi incateno all’ingresso. Ma lo scriva: vogliamo pagare, metterci in regola”. Un entusiasmo lodevole, che non è alla portata di tutte le tasche. Un iscritto, comprensibilmente preoccupato di rimanere anonimo: “Mi spiace, io posso contribuire ma in modo modesto. 170 mila euro sono un po’ troppi per chiederli alla gente”. In alternativa, Orfini e compagni preparano un ricorso al Tar contro lo sfratto. “Ma preferiremmo concordare modalità di pagamento e adeguamento del canone”, chiude il segretario. Il problema, per il Pd di Ro-

ma, è che i debiti non sono solo della sezione del centro. Da un accesso agli atti ottenuto la scorsa estate da Ncd, risulta un debito totale di circa 600 mila euro nei confronti di Comune e Ater (l’ex Istituto case popolari). OLTRE A GIUBBONARI, ci sono

i circoli morosi di Trionfale (170 mila euro), San Basilio (108 mila), Appio Tuscolano (76 mila), Primavalle (45 mila), San Giovanni (44 mila) e Testaccio (3.400). Orfini quel debito l’ha ereditato e sta provando a ridurlo con chiusure e accorpamenti di circoli, ma la cifra rimane impressionante. E sull’argomento ieri ha iniziato a dare battaglia il M5S: Grillo ha coniato lo slogan #SfrattiamoIlPd e Di Battista ha attaccato Orfini su twitter: “Restituite i soldi ai romani”. La replica? “Sei di cultura fascista”. © RIPRODUZIONE RISERVATA


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.