Massimo Fagioli su LEFT 28 - 20 luglio 2013

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trasformazione Massimo Fagioli, psichiatra

Sono quattro le parole del linguaggio melodia, armonia, ritmo, canto

RITMO

esso si perde nella melodia

O

rmai, seppur tardivo, il cambiamento dell’atmosfera, del vento e dei raggi del sole c’è stato. Ma ora i termini verbali chiamano il pensiero: ciò che c’era non c’è più, tutto è diverso. Con la parola nascosta che, nella voce suona come tempo, scrissi: Anni e settimane. Pensavo, suppongo, ai tanti giri che la terra ha fatto intorno al sole ed a quel piccolo segmento, contato con il tempo di sette giorni, ognuno contato con ventiquattro ore. Ma, subito, vedo che le parole “piccolo segmento” non hanno identità. Non c’è, infatti, nessuna interruzione della linea continua non segnata dal movimento della terra intorno al sole in cui il punto, che dovrebbe essere il luogo nello spazio, nel momento in cui esiste, non esiste. È in un altro luogo che, a sua volta, c’è per non esistere. È un continuo essere per sparire o, forse, spostarsi in altro spazio che è un non esserci mai. E non è cambiamento. Ciò che la coscienza umana ha chiamato “punto” è sempre lo stesso. E non è una realtà materiale immobile come il diamante. È una parola che dice di un pensiero che tenta di conoscere la realtà non materiale. E riporta allo spazio ciò che è soltanto movimento. E muoiono i termini verbali che dicono spostamento nello spazio, perché la terra intorno al sole segue sempre la stessa ellissi. E lo spazio intorno al sistema solare, dicono, è infinito. Non c’è possibilità di misura, ovvero non è conoscibile dalla mente cosciente, che ha la linea per delimitare gli spazi ed il numero per definire “spazi” di tempo. Guardo la figura che è il ricordo di un essere umano che resta immobile per ore perché dorme. Sembra che la realtà biologica abbia perso il movimento. E tutti hanno sempre detto che anche la realtà mentale, nel sonno, è perduta. Ed ho detto sempre che la ragione non conosce le parole modificazione del pensiero. Giustamente pensa che la realtà materiale umana non è modificabile. Sa che si disfa dopo la morte ed ha pensato che sia così nel sonno anche per la realtà mentale.

Modificazione. Le prossime settimane appaiono uguali a quelle precedenti ma, in verità, sono diverse. Guardo lunedì, martedì, mercoledì, giovedì che verranno e non vedo l’uomo che, sotto il sole cocente, cammina verso il rione Trastevere. Resto a prendere il sole in terrazza perché mi farà affrontare meglio il prossimo inverno freddo con l’umidità che entra nelle ossa. Nel calendario le settimane sono scritte uguali l’una all’altra, cambia soltanto il colore. Per sei settimane il colore rimane sempre lo stesso. Non c’è più quella variazione che, ogni settimana distingue i primi quattro giorni dai successivi tre che sono di colore diverso. Sei settimane in cui tutti i giorni sono segnati uguali. E, anche se il ricordo cosciente mi dice che sono colorati, è come se non avessero colore. Mi guardo allo specchio e non vedo più la copertina del libro L’uomo nel cortile, non vedo più l’uomo che cammina seguendo con i piedi le linee delle rotaie del tram 8. Guardo la pagina otto del calendario: è agosto. La figura di un profilo nettamente maschile occupa tutto il foglio. La disegnai nel 1999 prima che una malattia ai polmoni mettesse a rischio la vita. Ed ora ho vinto, di nuovo, la terza partita con la morte. Non vedo... non vedo. E non c’è assenza, non c’è vuoto. Il ricordo cosciente si è ricreato nella memoria del 16 dicembre 1995 quando feci un altro profilo maschile. Tre anni e mezzo dopo lo disegnai, sembra simile ma non uguale. Penso che la mano fece un movimento diverso perché l’immagine del mio volto, che avevo visto allo specchio ad otto mesi riconoscendomi, era diversa. Left. Hanno detto che, nelle righe della quarta colonna che emergevano dal fondo giallo della pagina c’era la melodia. Ed il termine strano in una seduta di psicoterapia volò lentamente, ondeggiando, sul piano di legno che restava sempre libero sotto il microfono che riceveva la voce che interpretava i sogni. L’altoparlante, poi, la diffondeva. Vidi che la parola “melodia” si era posta, seduta accanto alla parola: “armonia” che era l’aria che riempiva i 450

e vorrei poter modificare il luogo delle parole 54

20 luglio 2013

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mc dello studio di psicoterapia. Aveva la testa appoggiata sulle ginocchia che, piegate, premevano nel petto. Il volto si era reso invisibile coperto dai capelli neri, lisci e fluenti. E la parola, diventata pensiero mosse la poltroncina su se stessa e lo sguardo disegnò i tre quarti del cerchio la cui circonferenza tagliava, con una linea curva, il cortile. Vedevo le persone che mi stavano di fronte per le quarantasei settimane dell’anno, come due grandi ali. Poi vedo l’uomo scomparso uscire nella strada e salire le scale per entrare nella casa che è tutta aperta allo sguardo esterno e sembra che non esista. Lo vedo scrivere seduto in mezzo alle piante e mi domando se è il ritorno dell’uomo che, girando la testa a destra ed a sinistra come per dire: no, parlava al microfono interpretando i sogni. E vengono le parole: diverso, altro, nuovo. Guardo il verde uniforme delle prossime sei settimane in cui non camminerò accanto alla linea che non c’è, lungo le quattro rotaie del tram 8. E l’immagine che compare nella mente, che dovrebbe essere ricordo, non c’è più. Dimenticare, annullare. Penso che non c’è più la parola ritmo: quattro-tre. Torna la coscienza di se stessi e vedo il corpo che, seduto, ha una mano che scrive. Ma l’incertezza aumenta nella sua intensità e non so se, questa capacità di fare immagine di se stessi, è ricordo, memoria o ricreazione, con una immagine totalmente diversa, dell’uomo di prima. Prepotenti, quasi violenti, tornano i due termini: venti secondi. Spingono la mente a creare pensieri sul profondo del mare della conoscenza. Ed il quesito della Sfinge non è soltanto esistenza o non esistenza, ma come l’esistenza può diventare non esistenza e la non esistenza può diventar esistenza. E pochi hanno compreso il pensiero di una differenziazione della specie umana dalle altre. Hanno sempre pensato alla parola creatività. Una non esistenza che è diventata esistenza. Ed hanno pensato ad un potere “magico” di far esistere ciò che prima non c’era. La mente umana ha sempre pensato alle parole modificazione, cambiamento delle realtà della natura non umana. Ma di fronte alle alterazioni del pensiero cosciente si è sempre ritirata nel guscio dell’indifferenza che, in verità, era anaffettività. Dissi che l’inizio della vita umana era: fantasia di sparizione e memoria-fantasia dell’esperienza biologica avuta nell’utero materno. Dissi: trasformazione. Poi vidi le parole diventare nuove: movimento, suono, tempo, pulsione e venne il tormento sul termine: tempo. E pensai che, tra il primo istante in cui ho collocato le prime quattro parole e la memoria-fantasia, c’è un tempo.

La poesia è il regno non discusso del tempo. Se penso “ritmo”, stupidamente penso al battito cardiaco. C’è prima ed è realtà biologica, ma è dopo che la capacità di immaginare ricrea, nella poesia, il suono Nella struttura spazio-temporale della seduta di psicoterapia di gruppo, la voce di chi descrive le immagini del proprio sogno, oltre a fare le onde sonore che muovono il timpano, entra nel corpo come tanti punti neri che stimolano la secrezione di melanina che fa diventare la pelle scura. Come fosse la luce del sole le voci hanno, in se stesse, il bene ed il male dei raggi rossi e violetti che, se diventano violenti, fanno diventare il grazioso neo nel melanoma, in cui una forza maligna deteriora la cellula che diventa cancro incurabile, la fredda pazzia. È la violenza del “non”, di ciò che non c’è, che rende non esistente la vitalità che esiste. Ed il mistero grandissimo sta nel fatto che non è credere di annullare, ma fa sparire realmente la realtà non materiale della vitalità e della capacità biologica di reagire. A tre anni ½ vidi che mia madre era incinta. Sapevo che non era amore. Rispondo con la voce che rende suono la vitalità nascosta nel sangue e la rende vita umana che ha la capacità di immaginare. Ed il suono che è parlare, respingendo con forza la negazione, giunge nelle immagini della mente e dice la verità del rapporto interumano. La realtà non materiale non è più inconoscibile ed il respiro dei tanti fa calda l’atmosfera.

...la parola ricreata può dare vita alla mente senza ragione... left 20 luglio 2013

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