Giuseppe Turrini: Kālidāsa, il Risorgimento e la polemica anticattolica tra Otto e Novecento

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Giuseppe Turrini K ā l i d ā sa, i l Ri so r gi m e n t o e l a pol em i ca a n ti c attol i ca t r a Otto e Novece n t o Alberico Crafa

Società

Editrice Fiorentina


‘Alti Studi di Storia intellettuale e delle Religioni’ Series The volumes featured in this Series are the expression of an international community of scholars committed to the reshaping of the field of textual and historical studies of religions and intellectual traditions. The works included in this Series are devoted to investigate practices, rituals, and other textual products, crossing different area studies and time frames. Featuring a vast range of interpretative perspectives, this innovative Series aims to enhance the way we look at religious and intellectual traditions.

Series Editor Federico Squarcini, Ca’ Foscari University of Venice, Italy Editorial Board Piero Capelli, Ca’ Foscari University of Venice, Italy Vincent Eltschinger, École Pratique des Hautes Études, Paris, France Christoph Emmrich, University of Toronto, Canada James Fitzgerald, Brown University, USA Jonardon Ganeri, British Academy and New York University, USA Barbara A. Holdrege, University of California, Santa Barbara, USA Sheldon Pollock, Columbia University, USA Karin Preisendanz, University of Vienna, Austria Alessandro Saggioro, Sapienza University of Rome, Italy Cristina Scherrer-Schaub, University of Lausanne and EPHE, France Romila Thapar, Jawaharlal Nehru University, India Ananya Vajpeyi, University of Massachusetts Boston, USA Marco Ventura, University of Siena, Italy Vincenzo Vergiani, University of Cambridge, UK Editorial Coordinator Marianna Ferrara, Sapienza University of Rome, Italy


Alberico Crafa

GIUSEPPE TURRINI KĀLIDĀSA, IL RISORGIMENTO E LA POLEMICA ANTICATTOLICA TRA OTTO E NOVECENTO

Società

Editrice Fiorentina


Volume pubblicato con il patrocinio del Comune di Avio

© 2020 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it isbn:

978-88-6032-572-3 978-88-6032-578-5

ebook isbn:

Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata In copertina Foglio manoscritto dal Raghuvaṃśa di Kālidāsa, 1800 ca. – University of Pennsylvania, Kislak Center for Special Collections, Ms. Coll. 390 Item 2715, fol. 77v (=1v)


A Egidio e Maria, i miei genitori



Ritratto di Giuseppe Turrini (per gentile concessione della Biblioteca Comunale di Trento)



Indice

Elenco delle abbreviazioni

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Prefazione

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Introduzione

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Ringraziamenti

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I. Giuseppe Turrini, un indologo di confine

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1.1 Brevi cenni biografici sulla vita e la formazione di Giuseppe Turrini (1826-1899) 1.2 Il «letterato, indianista e filantropo». Giuseppe Turrini intellettuale cattolico nel Risorgimento italiano

II. Il Fondo Turrini presso l’archivio storico della Biblioteca Comunale di Trento

2.1 Il Fondo Turrini: memorie indologiche in Trentino 2.2 La corrispondenza: la dimensione europea e nazionale 2.3 Gli scritti indologici e storico-religiosi inediti presso il Fondo Turrini

III. Giuseppe Turrini traduttore di Kālidāsa: tra Risorgimento e cultura letteraria italiana

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81 3.1 Il corpus di volgarizzamenti kalidasiani: Ṛtusaṃhāra, Meghadūta, Raghuvaṃśa 81 3.2 «Il vero studio è nei paragoni»: lirica sanscrita e lingua poetica italiana nelle traduzioni di Giuseppe Turrini 102


IV. Il «cristianesimo a trastullo». Tra orientalistica e apologia del cattolicesimo

4.1 Cesare Antonio De Cara voce de La Civiltà Cattolica 4.2 La critica alla mitologia comparata e ai princìpi razionalisti

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Conclusioni

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Appendice

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Bibliografia

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Indice dei nomi

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Elenco delle abbreviazioni

ASBCTn

Archivio Storico della Biblioteca Comunale di Trento

D

A. De Gubernatis, Dizionario biografico degli scrittori contemporanei, Le Monnier, Firenze 1879.

DBI

Dizionario biografico degli italiani, Istituto Enciclopedia Italiana, SocietĂ Grafica Romana.



Prefazione

Nel presentare quest’opera di Alberico Crafa dedicata alla figura di un mio illustre concittadino, mi è inevitabile ricordare i vari momenti che, come i tasselli di un puzzle, hanno determinato i presupposti del suo venire in essere, vedendomi coinvolto in prima persona sin dal principio. Se, dunque, quanto vengo ora scrivendo ha più a che vedere con la genesi dell’opera che non con i suoi contenuti, il lettore non me ne voglia, ché —penso— il dire di come un’idea sia nata e abbia preso poi forma e sostanza potrà forse far meglio apprezzare il fatto che, in fondo, il presente lavoro di riscoperta e valorizzazione del contributo di un illustre aviense sul piano culturale e sociale è il frutto dell’interessamento e della collaborazione di più persone a diversi livelli. Mi si consenta allora di tracciare brevemente il quadro entro cui l’operazione è venuta in essere e di illustrare il motivo che ora mi induce a soffermarmi sulle circostanze del tutto particolari —e in buona misura pressoché fortuite— che hanno aperto la strada al paziente, indispensabile e meritorio lavoro dell’Autore del presente libro. Qualche anno fa —forse sette o anche più— , in occasione di una mia visita alla biblioteca comunale di Avio, ebbi modo di scambiare alcune impressioni con il bibliotecario di allora, Mario Peghini, il quale, motivato soprattutto da interessi legati alla storia locale che lo portarono in seguito alla pubblicazione di una preziosa opera in materia1, era particolarmente incuriosito dalla figura di Giuseppe Turrini, studioso di Avio attivo durante l’intera seconda metà dell’Ottocento. Le notizie in suo possesso si limitavano ai dati biografici 1  Mario Peghini, Avio 1914-1918. Un paese tra due frontiere. Da periferia dell’Impero austro-ungarico a “terra redenta”, Biblioteca comunale Arnaldo Segarizzi, Avio 2009.


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essenziali dello studioso aviense, alla sua professione di indologo presso l’ateneo di Bologna, a notizie relative al lascito che questi approntò per l’ultimazione del locale asilo infantile da lui fondato e alla conoscenza dell’esistenza presso l’archivio della biblioteca di Trento di un fondo contenente le sue carte e i suoi libri. Mario Peghini sapeva, inoltre, che ad Avio il Turrini aveva abitato la casa in cui sono cresciuto, l’attuale civico 10 di Piazza Roma da cui si dirama il vicolo che ne porta il nome. Tale coincidenza risultava però ancor più interessante per via della mia professione di docente di storia orientale che, se pur volta principalmente all’area del Medio Oriente e al mondo iranico, mi poneva in contatto diretto con i colleghi indologi dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Di lì l’idea di coinvolgere uno specialista di studi indologici per studiare il fondo turriniano di Trento. Le cose andarono tuttavia per le lunghe, anche se fin da subito Antonio Rigopoulos, docente di sanscrito in quel di Venezia, si rese generosamente disponibile a collaborare nella ricerca della persona che potesse fare al caso nostro. A ogni modo, qualche anno dopo, la cosa infine riuscì e, con mio grande piacere, fui così in grado di presentare Alberico Crafa a Mario Peghini, il quale con somma cortesia lo accreditò presso i colleghi dell’Archivio di Trento. I risultati non tardarono ad arrivare e, su suggerimento dello stesso Peghini, presi allora l’iniziativa di contattare l’assessore alla cultura e alle politiche sociali del Comune di Avio, Lorenza Cavazzani, e il sindaco, Federico Secchi, al fine di sondare l’eventualità di un patrocinio del Comune di Avio per una pubblicazione dedicata alla figura di Giuseppe Turrini. Ora, dopo gli incontri del caso e in seguito alla formulazione di un progetto editoriale ad hoc che a suo tempo fu sottoposto all’approvazione della giunta comunale di Avio, il volume in questione vede così la luce, restituendo finalmente alla comunità aviense una più ampia e circostanziata memoria della vita e dell’opera di un suo membro illustre e grande benefattore, del quale in verità ben poco però si sapeva. Questi gli antecedenti che hanno condotto alla successiva stesura della presente opera da parte di Alberico Crafa. Come chiarisce la seconda parte del titolo, in questo libro non solo viene delineata l’interessante fisionomia di giovane ed entusiasta partecipante al movimento di unificazione nazionale del Turrini, ma vi si dà anche conto di un plausibile quadro del suo pensiero politico, profondamente connesso alle vicende storiche rientranti nelle coordinate biografiche della sua esistenza. È così —e la cosa risulta particolarmente interessante nel quadro di una storia dei rapporti intercorrenti tra cultura, politica ed educazione nel corso dell’Ottocento— che il suo percorso di formazione, che dagli iniziali studi in medicina lo portò agli interessi indologici, viene qui


Prefazione

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puntualmente agganciato a momenti salienti della storia nazionale, come i moti del 1848 a cui il Turrini prese parte. L’Autore legge l’intera opera di studio del professore aviense attraverso la lente dell’impegno politico e sociale, chiarendo bene quale sia la natura del nesso, apparentemente evanescente, tra l’amore che il Turrini nutriva per la lirica sanscrita e la sua militanza attiva entro l’ambito educativo e formativo in cui si trovò ad operare. Infatti, secondo un motto che conobbe a quei tempi una certa notorietà, si trattava allora di costruire non tanto l’Italia —dopo il 1860 ormai unitaria, anche se ancora mancante proprio delle terre natie del Turrini—, quanto piuttosto gli italiani. Tale impellente necessità condivisa tra gli intellettuali del periodo unitario rientra a pieno titolo tra le motivazioni che indussero il Turrini ad attribuire grandissimo rilievo all’apprendimento e alla cura della lingua italiana e a esaltare quanto di eccelso essa poteva offrire sul piano letterario. Ciò spiega anche la scelta dell’indologo aviense di puntare su di un’attività traduttoria dal sanscrito di altissimo livello qualitativo, concretizzatasi nei volgarizzamenti —ovvero la resa in volgare letterario italiano— di parte della lirica classica indiana, di cui si pubblicano qui per la prima volta alcuni magnifici esempi tratti dagli appunti autografi conservati a Trento. L’attività traduttoria del Turrini —che non si limitò certo alle rese dal sanscrito, contemplando anche la traduzione dal greco e dal latino di opere importanti della letteratura cristiana— è frutto di una scelta di grande raffinatezza, che dà conto della piena maturità dello studioso di Avio quale intellettuale consapevolmente risorgimentale e, dunque, ben conscio del ruolo basilare e costruttivo dell’idioma nazionale sul piano identitario. Il mezzo linguistico, opportunamente forgiato sulla scorta di un patrimonio letterario che guarda al Medioevo dell’età dei Comuni quale momento epocale per la formazione del carattere nazionale, si presterà così a operare sul piano culturale un recupero di quanto del passato fosse potuto risultare funzionale in termini di discorso identitario. Ciò spiega gli aspetti formali delle scelte del Turrini. Per quanto riguarda gli aspetti contenutistici si dovrà porre un accento particolare sulla sua personale inclinazione alla pratica di un cattolicesimo vissuto in ogni suo aspetto, dal suo più intimo coltivare una formazione cristiana per lui irrinunciabile al suo ben noto impegno pubblico nell’adoperarsi per accrescere il benessere sociale della propria comunità d’origine attraverso il finanziamento di opere di carità, tra cui spicca la costruzione dell’asilo infantile di Avio. Ecco allora che, dietro alla scelta di brani particolari e/o delle opere tradotti dal Turrini, si potranno leggere in controluce —come fa qui attentamente l’Autore— le ragioni che indussero lo studioso aviense a prediligere opere dallo spiccato carattere formativo come il De Imitatione Christi, che egli darà alle stampe in una sua


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versione italiana nel 18742. Sono opere che gli consentiranno attraverso la maggiore diffusione che la traduzione garantiva loro di mettere in pratica il suo spirito profondamente cattolico di abnegazione al servizio della comunità tutta, nell’intento di rinvigorire il sentire morale e religioso della società italiana del suo tempo. La sua è una divulgazione di alto —quando non altissimo— livello e, in ciò, non è certo votata ai grandi numeri. Ma ciò non ai fini di un elitarismo fine a se stesso, quanto piuttosto per rendere degni in massimo grado e secondo lo spirito dell’epoca sia i contenuti sia il linguaggio stesso dei materiali tradotti, che si andavano così a collocare de facto tra le opere di una ‘nuova’ letteratura in lingua italiana a maggior gloria della nuova nazione. Per quanto concerne l’opera di ‘scavo’ del fondo turriniano di Trento, non è certo necessario sottolineare la cura e la dedizione dell’Autore nel faticoso lavoro di archivio. Della sua abilità nello svolgere un tale compito, non certo facile e talora ingrato, rende infatti ragione nel modo più evidente il presente volume nel suo complesso. Piuttosto, va invece sottolineata in proposito la particolare rilevanza che riveste il carteggio del Turrini quale testimonianza inedita sia della temperie culturale entro cui operavano gli intellettuali ottocenteschi —e nello specifico un intellettuale ‘di confine’, come ha modo di rilevare e di contestualizzare l’Autore— sia dello sviluppo del settore degli studi indologici e storico-religiosi in Italia. Il carteggio turriniano conserva le sole lettere in entrata di varie personalità attive nel mondo della cultura di allora. Se, come ci si può aspettare, nel numero primeggiano le lettere di Angelo Valdarnini, collega e carissimo amico dello studioso di Avio, vi è in ogni caso ben rappresentata anche la presenza di grandi nomi del mondo culturale non solo italiano, ma anche europeo, come testimoniano le otto lettere a firma di Friedrich Max Müller (1823-1900), uno tra i più insigni e influenti studiosi oxfordiani nel campo dell’indologia, della filologia e della mitologia comparata della seconda metà dell’Ottocento. Nel suo insieme, il valore del carteggio turriniano conservato a Trento non risiede tanto nel pur preziosissimo, quando non indispensabile, ausilio nel ricostruire alcuni aspetti della biografia e del carattere del Turrini, quanto piuttosto nel testimoniare la volontà dell’indologo aviense di fare di un luogo quale l’archivio cittadino del capoluogo natio lo strumento attraverso cui gettare un ponte tra la propria terra d’origine e la più ampia comunità nazionale. È con un sentito ringraziamento a quanti hanno generosamente contribuito alla realizzazione di questo progetto e, in particolare, all’Autore per averci saputo restituire con questo suo libro un tassello 2  Giuseppe Turrini, Della Imitazione di Cristo di Giovanni Gersenio. Volgarizzamento in lingua del Trecento, Regia Tipografia, Bologna 1874.


Prefazione

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significativo della storia delle glorie locali rimasto finora ignoto ai più, che desidero chiudere queste mie brevi note, e con l’auspicio che altre operazioni di questo tenore possano presto essere messe in campo al fine di restituire alla comunità tutta quelle memorie locali su cui si possa fondare un saldo senso di appartenenza che travalichi il mero dato anagrafico. Avio, 8 marzo 2020. Simone Cristoforetti (Università Ca’ Foscari)



Introduzione

Intra Tupino e l’acqua che discende del colle eletto dal beato Ubaldo, ertile costa d’alto monte pende, onde Perugia sente freddo e caldo da Porta Sole; e di rietro le piange per grave giogo Nocera con Gualdo. Di questa costa, là dov’ ella frange più sua rattezza, nacque al mondo un sole, come fa questo talvolta di Gange. Però chi d’esso loco fa parole, non dica Ascesi, ché direbbe corto, ma Orïente, se proprio dir vuole. (Dante, Paradiso, XI, 43-54)

La figura di Giuseppe Turrini (1826-1899), medico, letterato, patriota e indologo è rimasta a lungo dimenticata nel panorama —ancora troppo trascurato— della storia degli studi indologici in Italia. Figura severa nel portamento, cattolico moderato e con una spiccata propensione verso la società civile e la formazione delle giovani generazioni della neonata nazione, il Turrini nasce ad Avio in un territorio di ‘confine’ —il Trentino— dimostrando fin da subito l’adesione ai valori e all’attivismo che portò i giovani delle élites borghesi e della piccola aristocrazia ad unirsi e insorgere contro l’oppressore straniero durante i moti risorgimentali del 1848. Dopo il travagliato periodo in esilio durante la Restaurazione e il conseguimento della laurea in medicina a Pisa, sarà prima nel Granducato di Toscana da autodidatta e poi a Torino, sotto la guida del suo primo vero maestro, Gaspare Gorresio, che il Turrini affinerà la sua formazione nella filologia indoeuropea e negli studi indologici.


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Complice il fervore dei rinnovati studi attorno alle discipline orientalistiche proveniente dalle università di Germania, Francia e Inghilterra anche l’Italia, a cavallo tra la metà dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, sembra destarsi dal torpore e dalla marginalità politico-culturale in cui era rimasta relegata. La ricerca di una collocazione intellettuale da parte dell’Italia postunitaria all’interno del panorama europeo, infatti, generò nel paese un crescente fervore accademico rivolto proprio verso gli studi che già si erano affermati stabilmente nelle università europee. In Italia, nonostante i profondi legami con la scholarship europea, detti studi non mancarono di tratti peculiari frutto del contesto politico-culturale entro cui si inseriscono, quello del Risorgimento italiano. L’ideologia risorgimentale, il revival del passato medievale in chiave nazionalistica, l’attenzione attorno alla questione della lingua e l’acuirsi dei rapporti tra una parte degli intellettuali e delle classi dirigenti con il mondo cattolico, incisero sulle vicende biografiche e sull’opera portata avanti dagli orientalisti italiani, ciascuno coinvolto all’interno delle vicende politiche del tempo. Gli esiti di questo processo confluiscono nell’opera per larga parte inedita di Giuseppe Turrini che sino ad oggi è rimasta quasi totalmente trascurata. Il primo capitolo ripercorre dunque il trascorso biografico di Giuseppe Turrini, professore di filologia indoeuropea presso l’Università di Bologna dal 1860 fino alla morte, e della sua formazione nel campo degli studi indologici e filologici a partire dalle uniche fonti a disposizione: la corrispondenza inedita fra Silvestro Centofanti (1794-1880) —accademico, politico e tutore del Nostro— e la sorella, Margherita Turrini, nel periodo trascorso dal giovane trentino tra Pisa e Firenze. Il percorso di formazione e l’attività di insegnamento accademico del Turrini si inseriscono in un clima denso di aspettative, di conflitti politico-militari frutto di rivendicazioni e di rivalsa, prima, e di ricerca di un’identità nazionale che si protrae ben oltre l’avvenuta unificazione politica del Paese, poi. Animo inquieto e intellettuale perfettamente calato nella sua epoca, il Turrini viene ricordato dai colleghi e dai pochi amici intimi come un filantropo, in prima linea nel fronteggiare le difficoltà della sua terra natìa e in particolar modo delle nuove generazioni del Paese. L’esiguità della produzione bibliografica del Turrini —personalità modesta e per alcuni aspetti secondaria nel panorama accademico italiano degli studi orientalistici ed indologici— è in parte dovuta al fatto che molti dei suoi lavori rimasero inediti, complici soprattutto i continui rimaneggiamenti, le incessanti incertezze, i problemi e le traversie familiari. L’opera dello studioso aviense è ora conservata nel Fondo omonimo presso la Biblioteca Comunale di Trento, a cui per sua volontà testamentaria fu donata, insieme alla ricca biblioteca personale. Nel secondo capitolo si è provveduto quindi ad offrire una panoramica


Introduzione

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dei contenuti del Fondo Turrini a partire da alcune considerazioni sul ruolo dell’istituto deputato alla conservazione delle memorie intellettuali dell’indologo, la Biblioteca Comunale di Trento, luogo in cui la comunità locale rivendicò la propria italianità attraverso il recupero e la conservazione delle memorie del passato o attraverso la testimonianza dei suoi più illustri cittadini che avevano lottato per l’unificazione del Paese e che continuavano a lottare per la propria terra d’origine. I manoscritti sottoforma di appunti, fogli sciolti e annotazioni oggi lì raccolti testimoniano l’ampio ventaglio di interessi del Nostro, restituendo l’immagine di un intellettuale tout court. L’organizzazione della corrispondenza e dei contatti epistolari permette invece di delineare il contesto nazionale e transnazionale con cui lo studioso trentino dialoga, accogliendo l’influenza e i risultati a cui era pervenuta la più avanzata scholarship europea. È proprio la disamina e la contestualizzazione di questo eterogeneo insieme di documenti a nostra disposizione, in particolare della corrispondenza e degli appunti manoscritti, che fornisce una chiave di lettura compiuta dell’opera dell’indologo trentino. Oltre che nei volgarizzamenti di passi tratti dalle scritture sacre, l’opera intellettuale del Turrini si fa carico infatti di finalità etico-morali di cui si conserva testimonianza anche tra i sui lavori di ambito indologico mai dati alle stampe. Nel terzo capitolo abbiamo scelto quindi di soffermarci sulle traduzioni in parte inedite di estratti antologici tratti da tre opere della letteratura d’arte indiana (kāvya) del celebre poeta e drammaturgo dell’India classica Kālidāsa (IV-V d.C.): Raghuvaṃśa, Meghadūta e Ṛtusaṃhāra. Proprio in quest’ambito si evidenzia l’influenza esercitata dal rapporto epistolare tra l’indologo trentino e una delle figure più importanti nel panorama europeo del XIX secolo: il filologo e studioso di mitologia comparata Friedrich Max Müller (1823-1900). Nel procedimento traduttologico risiede l’originalità e la peculiarità del contributo indologico del Turrini: la spiccata attenzione per la ricerca di confluenze tra suggestioni e immagini evocate dal kāvya indiano e dalla lingua sanscrita con il patrimonio letterario italiano, in particolare con l’idioma volgare del Trecento che, oltre ai classici greci e latini, costituiva l’ambito di studi prediletto dall’indologo trentino. L’analisi lessicale ed estetico-letteraria delle trasposizioni dal sanscrito compiuta a partire dalle annotazioni traduttologiche riportate in appunti e fogli sciolti ha messo in luce un incessante dialogo con la tradizione poetico-letteraria italiana, il cui lessico è impiegato costantemente nel processo traduttologico attraverso continui rimandi a immagini ed espressioni canoniche tratte soprattutto dalla letteratura medievale: Dante, Petrarca, Ariosto, la lirica religiosa di Francesco d’Assisi, Caterina da Siena, la laude di Jacopone da Todi, i cicli di prediche di Giordano da Pisa. Tale procedimento, inoltre, va contestualizzato all’interno del ruolo


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che, nelle intenzioni del Turrini —originario di una terra ancora sottoposta al governo imperiale austro-ungarico— avrebbe dovuto ricoprire la lingua italiana all’interno della nuova nazione; quella lingua che aveva dato voce al più profondo messaggio cristiano nel ‘buon secolo’ (il Trecento) sarebbe ora servita a cementare un Paese unito sì politicamente, ma ancora troppo disomogeneo dal punto di vista linguistico-culturale. Il quarto capitolo, infine, prende le mosse dal carteggio in entrata tra il Turrini e il gesuita Cesare Antonio De Cara, redattore de La Civiltà Cattolica e che in Italia si rese protagonista dello sforzo apologetico portato avanti dalla Chiesa nei confronti delle nuove risultanze a cui era pervenuta l’intellighenzia liberale del Paese. Gli effetti del secolarismo e del processo di laicizzazione mirati ad espungere progressivamente il retaggio cattolico dalla nuova identità culturale della Nazione posero all’erta i cattolici, anche quelli che pur si discostarono dalle posizioni più conservatrici come il Turrini. Anche l’ambito dell’orientalistica, infatti, diventerà terreno di scontro tra fronti opposti tanto sul piano politico quanto su quello degli studi. Il nuovo corso positivista della filologia comparata, l’apertura al metodo storico-critico per l’esegesi del testo biblico, l’applicazione delle teorie mitologico-comparative al cristianesimo, il progredire degli studi aconfessionali e sganciati da una prospettiva dogmatica attorno al fenomeno religioso coinvolsero nello scontro —non di rado contraddistinto da toni aspri— anche studiosi di formazione cattolica ma che, come il Turrini, sul piano politico non contestarono mai l’unificazione dell’Italia. Per concludere, alcune doverose avvertenze su un lavoro che, per varie ragioni che qui non elenchiamo, non ha alcuna pretesa di essere esaustivo attorno ad una figura e alla sua opera, la cui disamina attraversa ambiti disciplinari che il più delle volte si intersecano tra loro. Per cominciare, lo spoglio, l’acquisizione e lo studio dei materiali all’interno del Fondo Turrini di Trento si è limitato a quella corrispondenza che si è ritenuto potesse meglio offrirsi per tracciare il profilo biografico e intellettuale del Turrini, escludendo di fatto la corrispondenza con svariate figure minori con i quali a vario titolo lo studioso entrò in contatto. Va tenuto debitamente conto, inoltre, che la possibilità di leggere esclusivamente la corrispondenza in entrata del Turrini ci avrebbe obbligato a formulare continue ipotesi circa la posizione tenuta dall’indologo aviense in merito alle varie questioni affrontate all’interno dei carteggi con tutte quelle personalità che invece abbiamo deciso di escludere dal nostro lavoro. Abbiamo cercato poi di restituire una trattazione il più possibile coerente, talvolta incorrendo nel rischio di eccessive generalizzazioni, ma sempre con l’intento di offrire una prospettiva d’insieme e una cornice di contesto all’opera dello studioso aviense. Nel fare ciò, dunque, si è gio-


Introduzione

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co forza dovuto rinunciare ad esaurire ogni singola questione a cui abbiamo fatto riferimento all’interno del presente lavoro. Ciascuno degli argomenti trattati nei capitoli di questo libro si presta infatti a future riconsiderazioni e trattazioni più approfondite, specie nel caso in cui ai materiali e alle fonti documentarie a nostra disposizione durante la stesura del presente lavoro dovessero aggiungersene di nuovi, frutto di ricerche attualmente in fase di svolgimento presso l’Archivio storico della Biblioteca Comunale di Trento o presso altri istituti dove già si sono individuate ulteriori fonti documentarie. Per quanto riguarda gli aspetti tecnici relativi al modo in cui si è operato sui materiali d’archivio, si rimanda al testo e alle note dei singoli capitoli.



Ringraziamenti

Per il supporto e la vicinanza durante le fasi di ricerca che hanno condotto alla raccolta dei materiali impiegati in questo lavoro i miei ringraziamenti vanno al personale dell’Archivio storico della Biblioteca Comunale di Trento, in particolare a Franco Cagol, Marina Chemelli, Giovanni Delama; al personale della Biblioteca comunale di Avio, nella persona di Mario Peghini; all’Amministrazione comunale di Avio, al sindaco Federico Secchi e al vicesindaco e assessore alla cultura Lorenza Cavazzani; a Simone Cristoforetti —a cui si deve, insieme a Mario Peghini, la proposta di intraprendere uno studio sulla figura del Turrini— e alla sua famiglia, per il supporto fornitomi durante le fasi di ricerca presso la Biblioteca Comunale di Trento e ad Avio. A Bruno, Laura e in particolare a Emiliana Cristoforetti va la mia più profonda gratitudine e tutto il mio affetto per avermi ospitato durante i soggiorni di ricerca trentini. È la volta di coloro i quali mi sono stati prodighi dei loro insegnamenti, del loro supporto e delle loro indicazioni durante il mio percorso di studi prima e di ricerca dopo. In particolare, devo qui ringraziare Chiara Cremonesi, Antonio Rigopoulos, Federico Squarcini e Francesco Tacchi per aver letto le bozze di questo lavoro, arricchendolo di preziosi suggerimenti, osservazioni e correzioni, e ancora per la disponibilità al confronto su questioni specifiche. A loro sono riconoscente per i molti debiti intellettuali che ho cercato di onorare in queste pagine. Federico Squarcini, oltre ad accogliere le mie ricerche all’interno di una così prestigiosa collana, è stato di supporto con le sue osservazioni nell’ultima fase di preparazione del dattiloscritto per la stampa. A Simone Cristoforetti, di nuovo, in qualità di vero e proprio deus ex machina in svariate occasioni, va la mia più profonda riconoscenza per gli insegnamenti di questi anni e per


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la pazienza nell’emendare più volte il testo durante le diverse fasi della sua stesura. Eventuali errori e omissioni, pertanto, non vanno che ricercate nell’ancora troppa inesperienza di chi scrive. Sento di dover ringraziare, a questo punto, anche le persone che più mi sono state vicine in questi anni: Giulia e Melania, compagne lungo tutto il percorso universitario e oggi amiche sempre presenti. A Melania va inoltre la mia gratitudine per essersi prodigata nel procurarmi riferimenti bibliografici dalla SOAS Library altrimenti impossibili da reperire. Infine, chi ha ‘vissuto’ con me la fase finale della stesura di questo lavoro, Giacomo, che —oltre ad aver accettato l’incarico di passare in rassegna l’intero apparato di note— con una buona dose di pazienza è stata una presenza distensiva e rasserenante nei momenti più faticosi.


Volumi pubblicati nella serie ‘Alti Studi di Storia intellettuale e delle Religioni’

Mai praticamente uguali. Studi e ricerche sulla disuguaglianza e sull’inferiorità nelle tradizioni religiose, a cura di Federico Squarcini, 2007 Fondare i fondamentalismi. Esplorazioni critiche dei diversi modi del fondamentalismo nella storia, a cura di Federico Squarcini e Lara Tavarnesi, 2007 Topografie della ‘santità’. Studi sulle simbolizzazioni religiose dei confini e sulla geografia politica delle tradizioni religiose, a cura di Federico Squarcini, 2007 Federico Squarcini, Tradition, Veda and Law. Studies on South Asian classical Intellectual Traditions, 2008 Ramkrishna Bhattacharya, Studies on the Cārvāka/Lokāyata, 2009 Studies in the Kāśikāvṛtti. The Section on Pratyāhāras. Critical Edition, Translation and Other Contributions, Edited by Pascale Haag and Vincenzo Vergiani, 2009 The Anthropologist and the Native. Essays for Gananath Obeyesekere, Edited by H.L. Seneviratne, 2009 Abiti, corpi, identità. Significati e valenze profonde del vestire, a cura di Sergio Botta, 2009 Piero Capelli, Il male. Storia di un’idea nell’ebraismo dalla Bibbia alla Qabbalah, 2012 The Vedas in Indian Culture and History. Proceedings of the Fourth International Vedic Workshop, edited by Joel P. Brereton, 2016 Vyavaharasaukhya. The Treatise on Legal Procedure in the Ṭodarananda composed at the instance of Ṭodaramalla during the Reign of Akbar, edited by Ludo Rocher, 2016 Le verità del velo, a cura di Marianna Ferrara, Alessandro Saggioro, Giuseppina Paola Viscardi, 2017 Isabella Gagliardi, «Novellus pazzus». Storie di santi medievali tra il Mar Caspio e il Mar Mediterraneo (secc. IV-XIV), 2017 Marianna Ferrara, Il rito inquieto. Storia dello yajña nell’India antica, 2018 Alberico Crafa, Giuseppe Turrini. Kālidāsa, il Risorgimento e la polemica anticattolica tra Otto e Novecento, 2020


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