C’era una volta l’Ataf. I fiorentini e la loro città in un insolito ritratto

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Francesco Giannoni

C’era una volta l’Ataf I fiorentini e la loro città in un insolito ritratto



Francesco Giannoni

C’era una volta l’Ataf I fiorentini e la loro città in un insolito ritratto

Società

Editrice Fiorentina


Š 2020 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it facebook account www.facebook.com/sefeditrice twitter account @sefeditrice instagram account @sef_editrice isbn 978-88-6032-579-2 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata Referenze fotografiche Ataf Gestioni (per gentile concessione) Copertina a cura di Studio Grafico Norfini (Firenze)


Indice

7 Introduzione 9

Intervista all’ingegner Stefano Bonora

13 L’autobus e le campane (o di qualche briscola di troppo) 17 Il furbacchione (o di una gran testata) 22 Autista in prova (o del bambinone soddisfatto) 25 Lei non sa chi sono io! (o del vento birichino) 28 L’autista ragazzino (o della curva su due ruote) 32 Però… (o della camicetta maliziosa) 36 La burla del primo giorno (o dell’eskimo svolazzante) 40 Carnevale (o dei dipendenti ganzi) 44 Sola, in mezzo al traffico (o del fungo incavolato) 48 Come D’Annunzio e la Duse (o della gaffe) 53 Fermati qua! Ho detto qua!! (o della fumata nera) 56 Al fuoco! Al fuoco! (o del lettore accanito)


60 A gasolio! (o della noia) 62 Il gelato (o dello scherzo da prete) 66 Il 14? Nella schiena! (o della frenesia) 68 Lavato con Perlana (o della ridarella) 72 Tra le mele (o di un memorabile ceffone) 75 Piove (o della fifa) 78 La rissa (o del freddo cane) 82 Solidarietà (o del testone giallo) 86 Domenica da stadio (o dell’autista riflessivo) 90 Stanchezza… (o del muratore addormentato) 93 Ci vuole un caffè (o dei passeggeri allibiti) 97 La bestiola ritrovata (o della borsa che si muove) Appendice La voce dell’utenza 105 Sull’autobus (o del bambino gentile)


Introduzione

Ero a una cena da amici, una sera di un paio di anni fa. Una cena ottima, simpaticamente conviviale. A tavola, fra gli altri, un signore che conoscevo solo di vista, ma di cui sapevo che era stato autista all’Ataf (Azienda Trasporti dell’Area Fiorentina). Paolo, questo il suo nome, era piuttosto silenzioso: sembrava timido. Alla fine della cena, forse aiutato da un po’ di vino, si aprì e raccontò un paio di aneddoti del suo lavoro. Erano storie divertenti. Erano storie raccontate con affetto e nostalgia e che lasciavano intuire un servizio pubblico quasi familiare, fra i dipendenti e con i passeggeri. E infatti Paolo concluse la sua testimonianza dicendo «…perché trent’anni fa all’Ataf eravamo come una famiglia». Mi si accese la classica lampadina: scrivere una serie di racconti, farne un libro e cercare un editore volenteroso che lo pubblichi. Una domenica, dopo la Messa, feci la proposta a Paolo: «quello che hai raccontato l’altra sera merita di essere ricordato. Perché non ci scrivi un libro?». Paolo si schermì, dicendo di non essere in grado, che un conto è raccontare a cena e un altro è scrivere, e che lui non se la sentiva proprio. Riflettei rapidamente e gli feci un’altra proposta: «allora, dai, scriviamolo insieme». E lo sventurato rispose (di sì). Cominciò un intenso pressing da parte mia e un fitto invio di audiomessaggi su whatsapp da parte di Paolo: in due-tre minuti mi raccontava l’aneddoto; io trascrivevo parola per parola e poi ci costruivo il racconto. Quindi lo mandavo a Paolo per il suo imprimatur. 7


È andata così per ventiquattro volte, altrettanti racconti. La venticinquesima volta è un racconto basato sulle mie esperienze di utente dell’Ataf, di quando ero ragazzo. Entrambi, Paolo e io, salivamo sull’autobus: lui per lavorare, io per andare in centro, a scuola o a divertirmi, e poi per tornare a casa. Nonostante siano fatti avvenuti molti anni fa, fuorché per il racconto che mi vede protagonista ho scelto di usare il tempo presente, per dare l’idea di una realtà ancora viva. E anche se oggi la «familiarità» di cui parlava Paolo a quella cena famosa (per lui e per me) è forse venuta meno, è bene, è giusto che ne rimanga un ricordo prezioso e dolce. Devo dire che mi sono divertito a scrivere. Paolo mi ha confidato che si è divertito a cercare nella memoria, a raccontare e a rileggere. Spero che il lettore colga il nostro divertimento e lo condivida con noi.

Ringraziamenti Ho ringraziato verbalmente più volte Paolo Piattelli per avermi confidato esperienze sue e di altri suoi colleghi dell’Ataf. Lo voglio ringraziare ancora, questa volta nero su bianco. Senza il suo contributo, la stesura di questo libretto non sarebbe stata possibile. Ringraziamo l’Ataf per il prezioso contributo: ci ha fornito il materiale fotografico su quei tempi, sicuramente vivi nella memoria di tanti fiorentini, ma ormai lontani (in un racconto si parla del 22 a due piani: vi rendete conto?). Francesco Giannoni

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Intervista all’ingegner Stefano Bonora*

Ingegner Bonora, perché i fiorentini dovrebbero usare l’autobus? Il trasporto pubblico locale offre significativi vantaggi, con ripercussioni positive sull’intera collettività. La sicurezza, prima di tutto. Il bus consente di viaggiare senza preoccuparsi delle criticità del mezzo privato ed è considerato 40 volte più sicuro di un’auto. Spostarsi in bus pertanto contribuisce ad avere strade più sicure e a una drastica riduzione degli incidenti. Il mezzo pubblico è ecologico: si pensi che a un autobus, che carica 100 persone, corrispondono oltre 80 macchine, vista l’abitudine della maggior parte degli automobilisti di avere un solo passeggero a bordo. Teniamo presente anche che fra 2015 e 2019, Ataf ha rinnovato la flotta del 60% acquistando 209 nuovi bus, di cui 42 ibridi, 4 elettrici e 163 euro 6, abbattendo i consumi di carburante. I nuovi bus hanno portato ad avere una flotta fra le più giovani d’Europa, con 7 anni di anzianità media. Infine, dal 2020 l’obbiettivo è acquistare solo bus ibridi ed elettrici. Scegliere l’autobus insomma migliora la condizione delle strade cittadine, riducendo l’inquinamento atmosferico e acustico. L’uso del bus, inoltre, arreca forti vantaggi economici. La manutenzione di un’auto già acquistata costa al cittadino toscano circa 1700 euro l’anno, oltre allo stress legato al traffico, al parcheggio, al rischio di incidenti. Il costo dell’abbona*

Amministratore delegato di Ataf Gestioni; intervista del dicembre 2019.

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mento annuale varia fra i 260 e i 310 euro, circa 1/6 della spesa per la motorizzazione privata. Il mezzo pubblico, infine, è educativo, perché condividere uno spazio comune porta a osservare chi ci sta intorno, rispettare le regole prestabilite, socializzare con chi quotidianamente effettua quel tragitto insieme a noi, conoscere le eterogeneità sociali e culturali. Insomma, il trasporto collettivo potrebbe essere una potente arma contro un modello culturale sempre più individualista e personalista. Perché, secondo lei, c’è sempre una resistenza di una parte della cittadinanza all’uso del mezzo pubblico? La possibilità di utilizzare i mezzi pubblici dipende inevitabilmente dalla presenza, sul percorso tra casa e posto di lavoro o scuola, di mezzi pubblici frequenti, relativamente poco affollati e puntuali. Sebbene la rete di trasporto pubblico locale sia organizzata e pianificata per garantire una copertura capillare e puntuale del territorio, il nostro servizio si svolge per le strade cittadine e risente della possibile congestione del traffico nei punti nevralgici della città, con inevitabili ripercussioni sulla qualità del servizio. Questo può scoraggiare chi ha la possibilità di muoversi con soluzioni alternative al trasporto pubblico, benché meno sicure, più inquinanti e costose. Sarebbero necessarie politiche finalizzate a incentivare l’uso del trasporto pubblico, magari anche contrastando quello del mezzo privato. Come pensa Ataf di invogliare i cittadini a un maggiore uso dei mezzi pubblici? Puntiamo sulla qualità del servizio. A parte il rinnovamento del parco mezzi di cui abbiamo parlato poco fa, Firenze è la prima città in Italia dove si può pagare il biglietto a bordo di tutti i bus della flotta con carte contactless. 10


Il presente dell’Ataf: gli autobus ibridi

In seguito all’avvio delle linee tramviarie, inoltre, è stata riorganizzata la rete di trasporto pubblico locale con l’obiettivo di diminuire i tempi di percorrenza e potenziare il servizio. Abbiamo introdotto anche collaborazioni preziose che, per esempio, consentono ai 50.000 studenti universitari di Unifi di viaggiare con i nostri bus, pagando un abbonamento annuale di poche decine di euro. L’intero parco mezzi Ataf, infine, è accessibile alle persone con mobilità ridotta. Come combattere il fenomeno dei portoghesi? Triste fenomeno che danneggia tutti. Per cercare di contrastarlo, i nuovi bus sono dotati di due portiere al posto delle tradizionali tre: questo permette al conducente di verificare l’avvenuta convalida e innesca forme di controllo sociale che responsabilizzano ciascun passeggero, stimolando l’autocontrollo. La facilità nell’acquisto dei biglietti è garantita dalla capillarità della rete di vendita e dalle nuove modalità di acquisto di titoli di viaggio, come quello già citato con la carta di pagamento 11


contactless. È possibile acquistare abbonamenti e carnet online tramite Unica Toscana, la nuova tessera elettronica ricaricabile. Oltre ai 1100 punti vendita autorizzati presenti in tutti i comuni serviti, sono state posizionate 60 emettitrici automatiche, attive tutti i giorni, 24 ore su 24, e posizionate nei principali punti di interesse e di interscambio. Non solo. Da tempo è possibile acquistare il biglietto direttamente dall’autista, oppure attraverso la piattaforma Nugo o anche con un semplice Sms, persino con i cellulari meno evoluti. Con il Progetto Evasione Zero, il contrasto all’evasione si è sviluppato prima con la sensibilizzazione e informazione alla clientela a bordo autobus e alle paline di fermata, poi con un massiccio dispiego di controllori impegnati a verificare che i viaggiatori siano dotati dei titoli di viaggio. Il Progetto Toscana Sicura è finalizzato alla tutela della maggiore sicurezza dei viaggiatori e a rafforzare le azioni di contrasto all’evasione tariffaria. Grazie a questo progetto, l’Azienda ha previsto l’impiego temporaneo di personale esterno per far sì che i controlli siano sempre più capillari a tutela degli utenti regolari. Visto il dilagare della microcriminalità, come aumentare la sicurezza sui mezzi pubblici per cittadini e autisti? Indipendentemente dall’andamento del tasso di microcriminalità cittadina, dal 2016 Ataf Gestioni ha investito centinaia di migliaia di euro sia in dotazioni di sicurezza degli assetti interni (la cosiddetta «cabina autista») sia in tecnologie (sistema di avviso e allarme, videosorveglianza): l’obiettivo è migliorare tangibilmente gli standard di sicurezza del viaggio. Relativamente alla videosorveglianza, al fine di garantire maggiore sicurezza per i passeggeri e gli autisti, sono state progressivamente attivate videocamere di sorveglianza come deterrente e prove tangibili contro infrazioni, anche legate all’evasione tariffaria.

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L’autobus e le campane (o di qualche briscola di troppo)

Mariasanta, che caldo oggi! Sono i primi di luglio. Si boccheggia sul 23 diretto all’Antella. Ma anche sul 14 per Careggi, sul 6 per Soffiano e sull’11 per le Due Strade: il caldo non perdona. Dai finestrini, tutti calati giù, fino in fondo, nella speranza di un po’ d’aria fresca, entra invece un inesorabile e inestinguibile fuoco. L’aria condizionata è solo su poche auto di lusso, non certo sugli autobus di linea dell’Ataf. Chissà quando la metteranno. Se la metteranno. Antonello e Marco, bigliettaio e autista, hanno la camicia sbottonata, la cravatta allentata e i calzoni tirati su a metà polpaccio, mentre i calzini sono calati alla caviglia. Giacca e cappello però vanno tenuti. La divisa è segno di distinzione per i lavoratori dell’Ataf e segno di rispetto per i passeggeri. Antonello e Marco, guardandosi negli specchietti retrovisori, si fanno cenni a distanza: Antonello unisce pollice e indice portando alle labbra un’immaginaria tazzina di caffè. Senza smettere di guidare, Marco con un imperioso e ondeggiante indice fa segno di no. Stringendo nella mano un altrettanto immaginario bicchiere, beve un birrino, ovviamente gelato. Di acqua, nemmeno a parlarne. Ma c’è tempo ancora. Sono le 11,10. Devono arrivare al capolinea per le 11,40. C’è tempo… Poi devono ripartire alle 12 precise. «Mariasanta, alle 12!… Che caldo ci sarà – si dice Antonello, inarcando le sopracciglia in alto e le labbra in basso –. Tant’è, questo è il nostro lavoro e ci pagano anche per sopportare il caldo. Mica male il traffico oggi! Ma dove andrà tutta questa gente, a quest’ora, con questo bollore, invece di 13


restare a casa o in ufficio con un bel ventilatore a 20 centimetri dal viso». Piano piano, semaforo dopo semaforo, parolaccia dopo parolaccia, il 23 si avvicina all’Antella. «Com’era quella canzoncina? – si chiede Antonello fra sé –. Quella che canticchiava ieri mio figlio?… Ah, sì, eccola: e s’andiede all’Antella a tirare du’ spunzonate. Quante se n’è buscate, quante se n’è buscate». E si mette a ridere da solo. Una signora lo guarda storto, biascicando qualcosa di oscuro sui giovani d’oggi e già che c’è anche sui bigliettai dell’Ataf. Via, su, un ultimo sforzo: il 23 arriva in paese, ecco la curva con la piazza e il capolinea. «Signori, capolinea! Corsa finita», annuncia Marco. Un po’ controvoglia i passeggeri scendono gli scalini dell’autobus, per gettarsi nelle fauci della canicola. I giovani con un salto sono all’ombra (anche se cambia poco), raggiunta dai vecchi con passettini veloci, appoggiandosi al bastone che ticchetta sull’asfalto. «Birrino?», chiede Marco. Ma più che una domanda è un’affermazione, se non proprio un ordine. «Birrino», risponde Antonello, facendo eco e pregustando il giallo liquido amarognolo che scende frizzante per il gargarozzo, liberandolo da quella saliva vischiosa e pesante. Davanti al bar, c’è un ombrellone che offre uno stento ristoro. Due sedie, per l’appunto due, vengono subito accaparrate dai due colleghi che negli anni sono diventati amici. Si siedono esausti. Arriva la cameriera, Angela, da tutti chiamata Nini: fresca di vent’anni, ricci biondi, occhi verdi e un culo molto espressivo. «Nini, portaci due birrini», dice Marco. «Ghiacciati!», fa eco Antonello. «Oh ragazzi! E l’educazione?!», chiede Nini. «Sì, hai ragione, Nini, scusa. Sai com’è: con questo caldo ci si dimentica anche quella. Nini, per piacere, ci porteresti due birrini?», ripete Marco, con voce flautata. 14


«Ghiacciati!… Naturalmente per piacere», fa dolce eco Antonello. Nini se ne va dentro al bar. Marco e Antonello torcono il collo e le guardano il culo. «Guarda lì…», mormora Marco «Che robina!…», fa eco Antonello. Ma praticamente hanno parlato all’unisono. «Dopo aver visto i culi di tante macchine, uno si rifà gli occhi», dice Marco. «E con gli interessi», fa eco Antonello. Mentre aspettano i birrini, adocchiano un mazzo di carte, buttato sul tavolo con noncuranza. A tutti e due piace giocare. «Briscolino?», chiede Marco. «Va bene», fa eco Antonello. Era il suo destino fare eco a qualcuno: Marco, la moglie, il figliolo, i colleghi, gli amici. Marco mescola le carte e le distribuisce. Cominciano la partita e subito il demone del gioco li prende e li trascina lontano. «Ecco qua, ragazzi», dice Nini. Posa i birrini sul tavolo, fra le carte, prende i soldi e se ne va. Nonostante il demone, la riverente occhiata al culo di Nini è di prassi. Poi una bella gozzata al bicchiere. «Ahaaaaaaa!!!», fa Marco. «Che goduria!!» fa… (indovinate cosa fa Antonello?). Ricominciano a giocare. «Ricordiamoci che a mezzogiorno dobbiamo ripartire. Ce l’hai l’orologio?». «No, con il caldo mi dà noia, ma tanto a mezzogiorno il prete suona le campane. Ci potremmo rimettere l’orologio». «Che non abbiamo, perché fa caldo». Don Carlo (Donca, per i parrocchiani) è in canonica a go15


dersi il fresco fra quelle spesse mura antiche. Gli dà pensiero, doversi alzare fra poco per andare al campanile a tirare le corde per le campane delle 12. È solo. Non è venuto nessuno, oggi. Troppo caldo anche per una preghierina. «Mamma mia, che bollore! Con questa tonaca, poi! Ma c’è poco da fare. Fra un po’ devo andare. A proposito, fra quanto?». Un’occhiata alla sveglia della canonica. «Già è vero: è rotta. Tanto il 23 parte a mezzogiorno preciso», riflette, dando un’occhiata fuori della finestra: il 23 è lì e l’autista e il bigliettaio bevono un birrino e, dopo aver guardato il culo dell’Angela, si rimettono a giocare a carte. «Sì, Angela un corno. Con quello che mi racconta in confessione». E si risiede, aspettando il rumore dell’autobus che si riaccende, e la conseguente sgassata, per andare a fare il suo dovere. Tre, quattro partite a briscola. «Ma quando suonano le campane?», chiede Marco, pregustando la calata dell’asso di briscola che ha in mano. «Ma quando parte l’autobus?», si domanda don Carlo, andando con la memoria, e con qualche turbamento, alle confessioni dell’Angela. «Nini, che ore sono, per favore», chiede Antonello alla ragazza che passa con il vassoio pieno di bicchieri in equilibrio, ma senza rinunciare a sculettare. «Mezzogiorno e dieci», risponde Nini. Marco e Antonello buttano le carte sul tavolo e scattano sull’autobus. Don Carlo sente una sgassata più feroce del solito. Capisce tutto e scatta anche lui.

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