L’Inventio crucis nel teatro rinascimentale fiorentino

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Gianni Cicali

L’Inventio crucis nel teatro rinascimentale fiorentino Gianni Cicali

l volume presenta le declinazioni teatrali della Leggenda della Vera Croce, o Inventio crucis, nel teatro sacro del Rinascimento fiorentino. Il ritrovamento della croce di Cristo da parte di sant’Elena, madre di Costantino il Grande, a metà circa del IV secolo d.C., può essere considerato come un’epica fondante l’identità cristiana europea tardoantica e medievale. Nonostante gli studi sulla Inventio crucis siano numerosi in ambito filologico e artistico, mancava tuttavia un’analisi su come questa leggenda sia stata rappresentata nello spettacolo a Firenze tra Quattro e Cinquecento. Dopo una ricognizione sui protagonisti e sulle fonti principali della leggenda, sono analizzate le varianti teatrali della Inventio e della Exaltatio crucis in un gruppo di sacre rappresentazioni e commedie spirituali fiorentine. Attraverso documenti, manoscritti e analisi della drammaturgia, il volume delinea non solo il contenuto specificamente teatrale dei testi, ma anche il loro valore nel contesto della devozione dei Medici per la croce, insieme a istanze propagandistiche e alla rappresentazione degli ebrei, protagonisti della leggenda insieme a sant’Elena, a papa san Silvestro I e a Costantino il Grande. Lo studio porta alla luce anche un raro manoscritto, non attribuito precedentemente, della Biblioteca Nazionale di Firenze.

Una leggenda tra spettacolo, antisemitismo e propaganda

Gianni Cicali insegna storia del teatro italiano alla Georgetown University di Washington DC. Dopo aver conseguito un Dottorato di ricerca in Storia del Teatro e dello Spettacolo presso l’Università di Firenze, ha proseguito i suoi studi alla University of Toronto in Canada con un Ph.D. in Italian Studies. Ha pubblicato un volume monografico sui ruoli nell’opera buffa italiana del Settecento (Attori e ruoli nell’opera buffa italiana del Settecento, Firenze, 2005), e articoli sul teatro rinascimentale e settecentesco su riviste italiane e nordamericane. Studioso del drammaturgo napoletano Pietro Trinchera, oltre che di teatro religioso, i suoi interessi includono anche le relazioni tra teatro, arti figurative e messinscena.

e 15,00

L’Inventio crucis nel teatro rinascimentale fiorentino

studi 8



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Gianni Cicali

L’Inventio crucis nel teatro rinascimentale fiorentino Una leggenda tra spettacolo, antisemitismo e propaganda

SocietĂ

Editrice Fiorentina


Š 2012 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 info@sefeditrice.it www.sefeditrice.it isbn: 978-88-6032-233-3 issn: 2035-4363 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata


Indice

7 Introduzione

15 I. Storia e valore di una leggenda: l’Invenzione della croce

17 1. Il plot e la datazione 18 1.1.1. Il prequel: il Santo Legno della croce 19 1.1.2. L’Inventio crucis 20 1.1.3. Il sequel: L’Esaltazione della croce 21 2. Il contesto storico e la nascita di una leggenda: il regno di Costantino il Grande al tempo dell’Editto di Milano 25 3. I protagonisti 26 3.1. Il Costantino segreto 27 3.2. Costantino vescovo imperatore e imperatore vescovo 28 3.3. La battaglia di Ponte Milvio e Massenzio 29 3.4. La croce sul palcoscenico della Storia 30 3.5. Sant’Elena 32 3.6. Le fonti 34 3.7. San Silvestro, Costantino e gli Actus Silvestri 36 3.8. San Silvestro, gli ebrei e le unidici altercationes 39 4. Altri protagonisti e il seguito della leggenda: L’Esaltazione della croce 39 5. La Legenda aurea di Jacopo da Varagine 41 6. Il valore “epico” della Inventio crucis 43 7. Conclusioni

45 II. La drammaturgia del sacro e l’Invenzione della croce: una scelta esemplare di testi teatrali tra XV e XVI secolo

45 1. La drammaturgia del sacro 49 2. Un evento spettacolare e culturale fondante: gli spettacoli al Concilio fiorentino del 1439


51 3. Una selezione di testi sull’Invenzione della croce 56 4. Dal Lasca a Giovan Maria Cecchi 57 5. Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici e la sua Invenzione della croce 73 6. L’Esaltazione della croce di Giovan Maria Cecchi 81 7. La Sala di Costantino in Vaticano 82 8. Ancora sulla Legenda aurea e il suo utilizzo da parte dei vari autori 84 9. Conclusioni

85 III. Il Costantino imperatore di Castellano de’ Castellani: una rappresentazione d’ordine gigante

85 1. Il testo, la sua attribuzione, la sua datazione 93 2. Una sacra rappresentazione d’ordine gigante tra Medioevo e Rinascimento 114 3. Gli ebrei nel Costantino imperatore 122 4. Conclusioni

125 IV. 1561. L’Inventione della croce di Beltramo Poggi: un contesto mediceo al femminile

126 1. L’autore, i testi, le occasioni spettacolari 138 2. Serve e servi, ebrei e imperatrici in «stile tragico e comico» al femminile e in lingua fiorentina: la drammaturgia del sacro secondo Poggi 148 3. L’Invenzione della croce: una costante medicea e la drammaturgia sacra fiorentina 151 4. Conclusioni 152 Appendice I. Prologo e primo atto in BNCF II.VII.8 con collazione con il ms. Cod. Ricc. 2978 vol. 3 e l’edizione Firenze, Giunti 1561 166 Appendice II. Intermedi in forma di madrigali e una «canzona» della Inventione della Croce di Beltramo Poggi secondo la stampa Firenze, Giunti, 1561 e i mss. BNCF II.VII.8 e Cod. Ricc. 2978 vol. 3

173 Conclusioni

177 Indice dei nomi


Introduzione

Imperatori e papi; madri sante e “peccatori” ebrei; santissime reliquie e terre lontane, sante pure quelle; signori rinascimentali e giovani che recitano in confraternite fiorentine; suore che recitano in conventi travestite da serve con rudimentali effetti teatrali, il tutto racchiuso nei confini di una leggenda che fonda l’Europa cristiana ma si incarna anche in una serie di sacre rappresentazioni e di commedie spirituali della Firenze rinascimentale le quali saranno il nostro oggetto-soggetto d’indagine. Questo studio, infatti, si basa su una leggenda antichissima, quella della cosiddetta Inventio crucis o Invenzione della croce. Le storie del ritrovamento della croce nascono nel IV secolo dopo Cristo durante il regno dell’imperatore Costantino il Grande. Tale nucleo leggendario si pone come uno dei principali temi fondanti l’identità cristiana dell’Europa tardo antica e pre-medievale. La “trama” si basa essenzialmente sul viaggio dell’imperatrice madre san­ t’Elena in Palestina, a Gerusalemme, alla ricerca della più importante reliquia della cristianità dopo che suo figlio Costantino si era convertito al cristianesimo1. L’importanza e il valore di questa leggenda sono stati affrontati da vari studiosi in termini più che altro di storia antica, filologia e storia dell’arte, ma noi ne seguiremo le tracce in un gruppo di sacre rappresentazioni e commedie spirituali fiorentine. È un’acquisizione particolare e ci auguriamo interessante sia per gli studi di storia del teatro e dello spettacolo, sia per quelli di italianistica nella misura in cui ci occuperemo pur sempre di testi italiani del Quattro-Cinquecento, sebbene in un’ottica segnatamente teatrale piuttosto che letteraria. Ci proponiamo di vedere e mostrare come la Inventio crucis e la successiva Exaltatio crucis si incarnino in alcuni testi del teatro sacro rinascimentale fiorentino tra ’400 e ’500 inoltrato. Tali testi costituiscono un solido nucleo

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Vd. cap. I.


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dram­maturgico che presenta, come sarà nostra cura documentare, particolari legami con la famiglia Medici; con la società contemporanea, attraverso, ad esempio, la “questione” dell’antisemitismo; con alcune istanze orientaleggianti, elemento, questo, tuttavia di minore respiro2, all’interno anche di un generale intento mitopoietico-propagandistico operato dalla famiglia medicea attraverso il teatro sacro. Questa leggenda porta in primo piano un’idea poi tipicamente rinascimentale di impero, e un momento di particolare armonia tra quello e il papato. In altri termini, ci chiederemo se quest’antica storia sia stata un soggetto significativo di alcuni testi del teatro sacro rinascimentale fiorentino e come questa si sia adattata ad interpretare e/o rappresentare istanze culturali, ma anche politiche e artistiche di quegli anni teatrali, oltre a quelle di una dinastia che dello spettacolo fece uno dei suoi punti di forza propagandistici. Infatti l’idea di condurre una ricerca su questo argomento parte proprio dal­l’osservazione di tale “storia leggendaria” che coinvolge l’imperatore Costantino il Grande, sua madre Sant’Elena, papa San Silvestro I e gli ebrei di Gerusalemme. Questa leggenda ebbe grande fortuna nella storiografia cristiana delle origini, e fu accolta, poi, nella Legenda aurea di Jacopo da Varagine nel XIII secolo. È un dato molto importante e da sottolineare perché la Legenda aurea godette di una larghissima diffusione e dunque fu molto ben conosciuta. Divisa nell’Inventio crucis e nell’Exaltatio crucis, presenti come festività religiose da celebrare già nell’antico calendario cristiano (ora abolite dalla riforma vaticana delle festività e dei santi presenti nel calendario) e nel Proprium Sanctorum3, l’Inventio crucis, anche attraverso Varagine, conobbe quell’ampia popolarità che fu poi raccolta anche da alcune sacre rappresentazioni o da commedie spirituali fiorentine. Data la sua importanza, e dato anche il fatto di essere legata a una memoria di impero in un momento particolarissimo della storia europea, questo nucleo leggendario rappresenta per il Rinascimento quel tornare costante a una memoria imperiale, all’idea di romanità che tanto peso ebbe nella rinascita dell’eredità classica e che tanto venne sfruttata dagli iconologi della corte medicea, ma non solo. L’Inventio crucis, cioè la scoperta della croce, dal latino invenire cioè scoprire, fa riferimento alla vera croce di Cristo sepolta insieme ad altre sul monte Golgota. L’oggetto si rivela come la più santa reliquia della cristianità attraverso vari prodigi, rappresentando così, anche nella sua veste teatrale che qui indagheremo, una tipologia ideale di oggetto con cui confrontarsi. Si intende perciò, e lo ribadiamo in altri termini, mostrare l’importanza che questo nucleo leggendario ebbe all’interno di un gruppo di testi teatrali del Rinascimento fiorentino, tra Quattrocento e Cinquecento, che illustrano que2 Non ci avvarremo qui degli studi di Edward Said, né ci riferiremo con “orientalismo” a quell’àmbito critico-storico. 3 Per Sant’Elena sopratutto.


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sta storia attraverso varie declinazioni della “drammaturgia sacra” di quegli anni e che sono la traduzione spettacolare della Invenzione della croce. Ci siamo concentrati su l’Invenzione della croce di Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici (1463-1503), cugino e avversario del Magnifico; il Costantino imperatore, San Silvestro papa e Sant’Elena di Castellano Castellani (1461-1519 ca); l’Esaltazione della croce di Giovan Maria Cecchi (1518-1583); e infine su L’Inventione della croce di Beltramo Poggi (m. 1580). Un gruppo di testi che consideriamo particolarmente rappresentativo di come il tema si sia sviluppato e trasformato. Le opere saranno calate nei loro contesti e dunque non potremo prescindere dalle interconnessioni con alcuni degli eventi che le circondano, tra questi l’antisemitismo scatenato dalle predicazioni dei frati francescani sullo scorcio del XV secolo; un certo gusto per l’Oriente a seguito del Concilio del 1439 tenutosi a Firenze, ma iniziato a Ferrara e Basilea, tra la Chiesa ortodossa e quella latina; le relazioni con la devozionalità medicea verso la croce; alcune connessioni con le arti figurative, specialmente con l’opera di Piero della Francesca e il suo ciclo sulle Storie della vera croce ad Arezzo, con quella di Agnolo Gaddi e il suo ciclo sul medesimo soggetto affrescato a Firenze – questi due capolavori sono collegati non a caso ad una commitenza, quella dell’ordine francescano, da cui venivano anche frati predicatori che usavano accenti fortemente antisemiti come abbiano menzionato sopra – ma anche, brevemente, con la scuola di Raffaello e la Sala di Costantino in Vaticano per le sue valenze teatrali, per essere cronologicamente a ridosso del Costantino imperatore di Castellani e per avere legami diretti con la committenza papale medicea attraverso i papi Leone X e Clemente VII. Quindi le filiere testuali e contestuali che verranno ad intrecciarsi in questo nostro lavoro saranno molteplici. Abbiamo ritenuto necessaria una definizione più ampia e più complessa di questa tipologia teatrale come drammaturgia del sacro, sintagma relativamente chiaro che include varie declinazioni/articolazioni di un testo sacro per il teatro le quali includono aspetti contestuali e un particolare approccio testuale, ma anche un inquadramento dinastico e politico. Questa è a nostro avviso una stumentazione terminologica e metodologica per questo campo di studi che rappresenta una sorta di piccolo “algoritmo sui generis” per interpretare, contestualizzare o decontestualizzare le sacre rappresentazioni o, più in generale, la drammaturgia del sacro, come abbiamo ritenuto di definire questo tipo di teatro religioso rinascimentale con ascendenze romanze. Dal punto di vista di un bagaglio critico, storico e metodologico, faremo riferimento soprattutto agli studi sul teatro a Firenze tra Quattrocento e Cinquecento di Ludovico Zorzi, il massimo studioso italiano, e tra i massimi al mondo, di storia dello spettacolo, che alla formazione e alla genesi della scena rinascimentale fiorentina e ferrarese ha dedicato il suo libro più importante: Il teatro e la città del 1977. Un testo, in cui si avverte l’eredità della scuola warburghiana, che aggiorna l’approccio metodologico alla storia del teatro e inquadra in modo particolarmente saliente, e direi metodologicamente fondante, le sacre rappresentazioni fiorentine, in particolare quelle allestite da Filippo


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Brunelleschi, di cui daremo conto. Zorzi deve essere oggi necessariamente integrato, specialmente per quanto riguarda gli spettacoli fiorentini del 1439, dagli studi di Paola Ventrone che aggiornano e precisano alcuni dati di quel memorabile anno per lo spettacolo e la cultura europei. In sottordine ci siamo anche rivolti a un testo certamente minore rispetto a quello di Zorzi, ma di non poca utilità, scritto da Sara Mamone (Firenze e il teatro mediceo). Anche in quel caso le sacre rappresentazioni occupano una posizione importante non solo nello spettacolo fiorentino rinascimentale che mantiene, come aveva già brillantemente evidenziato Zorzi, una matrice romanza tipica, ma anche nello spettacolo italiano in generale. Non abbiamo tralasciato di considerare alcuni studi sulle confraternite che allestivano spesso, ma non sempre, le sacre rappresentazioni, in particolare quelli di Konrad Eisenbichler, di Anna Maria Evangelista, di Nerida Newbigin, oltre a repertori come quello sulle sacre rappresentazioni fiorentine curato da Anna Maria Testaverde e Anna Maria Evangelista. Ci siamo anche rivolti a studi sulla devozione medicea per la croce legati all’Inventio crucis come quello di Massimiliano Rossi: un eccellente lavoro che ci ha confermato tuttavia, mostrando una lacuna riguardo al teatro sacro, la validità del nostro studio e l’esigenza di compiere, seppure per loci selecti, questa nostra ricognizione attraverso l’Inventio crucis nel teatro rinascimentale, segnatamente fiorentino, poiché Firenze, insieme a Ferrara e a Roma, fu una capitale del teatro quattro-cinquecentesco. Ma i riferimenti a questa bibliografia storico-critica, che include anche gli importanti studi di Michel Plaisance, non esauriscono la nostra strumentazione che si avvarrà non solo di ricerche riguardanti l’Invenzione della croce dal punto di vista storico-filologico, ma anche di una nostra personale strumentazione critica che consisterà nell’analizzare o nel rianalizzare i testi e i loro contesti all’interno degli obiettivi che ci siamo prefissati, cioè dimostrare come questa leggenda abbia avuto un ruolo non solo nelle arti figurative ma anche nella storia del teatro. Sarà perciò nostro compito evidenziare come questa storia leggendaria sia stata ignorata, nella sua interezza, dalla storiografia teatrale sul Rinascimento fiorentino a parte qualche isolato e prezioso contributo come quelli del citato Plaisance, che però non si è occupato sistematicamente della leggenda nel teatro quanto di episodi che a lui servivano per condurre sue analisi ed interpretazioni. Collegheremo inoltre questi testi, qualora essi lo consentano, a una prospettiva che contempli e contestualizzi anche i rapporti con gli ebrei e con la famiglia Medici, che ebbe infatti per la croce e le sue reliquie, e di conseguenza la Inventio crucis, una particolare relazione-devozione usata anche a fini propagandistici. Questa relazione-devozione è stata esplorata in un colto articolo di Massimiliano Rossi che però non include la declinazione teatrale che la Leggenda della vera croce ebbe in ambito fiorentino e si rivolge invece a un tardo romanzo secentesco di Francesco Bracciolini, La croce racquistata del 1611, di ispirazione tassesca dedicato a Cosimo II de’ Medici (1590-1621), come reperto testuale.


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Esistono almeno tre testi, riferiti a tale leggenda, direttamente e strettamente legati a membri della famiglia fiorentina: l’Invenzione della croce di Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, e dunque un Medici come autore; l’Esaltazione della croce di Giovanni Maria Cecchi, rappresentata dalla compagnia dell’Evangelista in occasione delle importanti nozze medicee del 1589; infine l’Inventione della croce di Beltramo Poggi dedicata, nell’edizione a stampa, a un membro della famiglia medicea, Isabella, figlia di Cosimo I. Analizzeremo i testi dal punto di vista dello spettacolo che proprio a Firenze ebbe una delle sue rinascite più importanti nell’ambiente mediceo ma anche confraternale, degli artisti, degli intellettuali e dei “borghesi”. Per questa ragione abbiamo considerato l’ambito fiorentino sufficentemente rappresentativo da consentire di concentrarci su di esso e sui testi legati all’Inventio crucis che lì ebbero vita per mano dei diversi autori cui abbiamo fatto cenno. Altri studi sono stati fatti sulla Invenzione della croce, ad esempio in ambito inglese4, ma manca un’osservazione di questa leggenda nell’ambito spettacolare della repubblica e poi del principato di Firenze attraverso una prospettiva teatrale. Avendo lo spettacolo, sia esso religioso che profano, una particolare rilevanza nella cultura umanistica e rinascimentale fiorentina, la città di Dante e Machiavelli rappresenta un luogo ideale per tale studio. La Invenzione della croce, i suoi protagonisti, il suo valore, che possiamo definire come un’epica cristiana fondante l’identità europea, anche attraverso le abili manipolazioni storiografiche dei primi storici cristiani, saranno il contenuto del primo capitolo. In esso ripercorreremo il formarsi di questo nucleo leggendario e dei suoi “attori” principali all’interno di una formula retorica teatrale che ben si adatta al nostro discorso e alla nostra esposizione: i protagonisti, i co-protagonisti, i villain, il coro. Ognuno di questi termini aiuterà a collocare e a valutare l’importanza dei personaggi, delle fonti, del contesto in cui la Inventio crucis prese corpo, cioè il IV secolo. Parleremo anche della posizione degli ebrei fin nelle prime fonti, in particolare in un testo anonimo come gli Actus Beati Silvestri, detto anche Actus Silvestri, documento importantissimo che precede la famosa Donazione di Costantino (Constitutum Constatini). Il capitolo si propone di evidenziare anche il particolare valore “epico” di questa leggenda che pur non avendo le caratteristiche delle narrazioni epiche tradizionali, ciò nonostante ha una sua valenza epica che rappresenta un valore rilevante. Non mancheremo di evidenziare il contesto storico-religioso in cui questo nucleo leggendario prese vita, quello successivo all’editto di Milano (313), né mancheremo di far notare come, nelle varie fonti, la leggenda si arricchisca via via di vari elementi miracolosi all’interno di un intento propagandistico messo in atto dai primi storici della Chiesa. Vedremo come questa Inventio, anche attraverso il testo anonimo del V-VI secolo degli Actus Silvestri, metta al centro 4 Thomas Foster Tipton, Inventing the Cross: A Study of Medieval English Inventio Crucis Legends, Dissertation, Northwestern University, 1997.


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della narrazione non solo il ritrovamento della croce, ma anche una questione ebraica, che potremmo definire di valore profondamente antisemita. Un dato estremamente significativo che connota qualitativamente il contenuto di questo nucleo leggendario. Infatti la questione ebraica compare proprio nel nucleo originario della leggenda, e in uno dei suoi più importanti testi di riferimento come gli Actus Silvestri che inglobano sia la leggenda, ma soprattutto innescano una dialettica tra papato e impero mettendo in primo piano la figura di papa San Silvestro I rispetto a quella di Costantino il Grande. L’Inventio crucis si rivela così portatrice di un’intrenseca valenza antisemita che poteva essere utilizzata nelle declinanti stagioni politiche fiorentine della fine del Quattrocento, ma anche in altre occasioni. Nel secondo capitolo sarà presentata invece la selezione di testi scelti e li collocheremo nel contesto di importanti sacre rappresentazioni fiorentine che possiamo considerare come il livello “aureo” di questo genere spettacolare, quasi primigenio. In primo luogo l’Annunciazione apparata da Brunelleschi e dalla sua bottega su testo di Feo Belcari. Questa breve, forse “consueta” ma anche “dovuta”, ricognizione nella teatralità sacra fiorentina della metà del Quattrocento sarà osservata soprattutto nell’ottica del Concilio del 1439 che si tenne a Firenze tra Chiesa d’Oriente e d’Occidente. Formuleremo inoltre in questo capitolo una nostra definizione di drammaturgia del sacro, cui abbiamo già accennato, che riteniamo necessaria per operare in questo contesto teatrale religioso. La nostra “formula operativa” consente di collocare in maniera più articolata il teatro religioso in un più ampio contesto drammaturgico, sacro, ma anche socio-politico. Daremo anche conto di due testi, uno di Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici (L’Invenzione della croce), l’altro di Giovan Maria Cecchi (L’Esaltazione della croce). Su entrambi sono comparsi contributi di Michel Plaisance, ma la nostra lettura si concentrerà su aspetti che non sono stati toccati dal grande studioso francese come, ad esempio, il singolare inizio della sacra rappresentazione di Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici che consiste nel dialogo tra un padre e un figlio in cui si descrive sia il palcoscenico della rappresentazione, sia l’atmosfera creata dal pubblico. Vedremo inoltre, sempre nel medesimo capitolo, le problematiche relative alla questione ebraica venutasi a creare a Firenze sullo scorcio del XV secolo durante la diatriba per l’istituzione del Monte di Pietà, fortemente voluta da predicatori francescani quali Bernardino da Feltre che predicò in diverse occasioni a Firenze suscitando attriti tra la popolazione e le autorità. Faremo anche una ricognizione nell’iconografia della Inventio ed Exaltatio crucis, in particolare negli affreschi di Agnolo Gaddi e Piero della Francesca, cogliendone, attraverso alcuni testi critici tra i più avveduti e attenti al contesto sociale, alla committenza e ad altre istanze il loro portato nel panorama culturale precedente e coevo all’emergere di un teatro religioso basato anche su questa leggenda. Sono da aggiungere gli affreschi vaticani della scuola di Raffaello nella Sala di Costantino, e dipinti tra il 1517 e il 1524. Ci volgeremo infine alla Legen-


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da aurea di Jacopo da Varagine per cogliere alcuni aspetti utilizzati o meno dai drammaturghi delle sacre rappresentazioni analizzate nel capitolo. Il terzo capitolo sarà dedicato interamente a uno solo dei testi più interessanti della nostra selezione ragionata riguardanti l’Inventio crucis: il Costantino imperatore, San Silvestro papa e Sant’Elena di Castellano de’ Castellani. Proporremo un’ampia e dettagliata analisi delle varie componenti di questa sacra rappresentazione che si presenta originale oltre che di notevoli dimensioni sia a livello testuale, sia dal punto di vista di una sua resa spettacolare, tanto che la definiremo una rappresentazione di “ordine gigante”. Poco è stato scritto su quest’opera se non brevi accenni legati alla sua attribuzione per mano di Giovanni Ponte. Vedremo anche come sia da contestualizzare, in un ambito che riporta alle cosiddette «giudiate», la figura dell’ebreo Giuda. Il quarto capitolo si concentrerà sull’Inventione della croce di Beltramo Poggi, “oscuro” autore fiorentino sul quale disponiamo di scarse e laconiche notizie. Il testo a stampa fu edito nel 1561 dai Giunti di Firenze, ma esistono almeno due manoscritti precedenti, uno conservato alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (con titolo diverso – La commedia della croce – ma pressoché identico nel contenuto all’edizione a stampa), l’altro presso la Biblioteca Riccardiana sempre di Firenze. Il testo a stampa fu dedicato a un membro della famiglia Medici, Isabella, figlia di Cosimo I andata in sposa a Paolo Giordano Orsini duca di Bracciano. In questa particolare versione della Inventio crucis, diversamente dagli altri casi, i personaggi ebrei hanno un ruolo molto importante e originale da un punto di vista sia quantitativo che qualitativo. Metteremo in evidenza come quest’opera sia già maturamente spostata verso una drammaturgia ibrida tra commedia spirituale e commedia profana5 e come la comicità sia parte integrante della rappresentazione. Riferiremo inoltre di alcune varianti che esistono, specialmente per quanto riguarda gli intermedi, tra i manoscritti e l’edizione a stampa. Il capitolo è arricchito da alcune appendici con trascrizioni del prologo, del primo atto, dei madrigali sacri e della «canzona». Intendiamo far notare come sia di un qualche rilievo la scoperta che il ms. della Commedia della croce non sia altro che una variante dell’Inventione della croce del ms. della Riccardiana e dell’edizione a stampa per i Giunti del 1561. Si tratta di un’acquisizione di un certo valore per le caratteristiche di tale manoscritto, che si rivela un oggetto interessante e particolare. Il ms. de La commedia della croce non era mai stato collegato né a Beltramo Poggi, né all’Inventio crucis. Infatti anche Elissa B. Weaver, pur segnalando il ms. della Riccardiana e l’edizione Giunti del 1561 dedicata a Isabella de’ Medici (ne fornisce soltanto la notizia), ignora il ms. della Biblioteca Nazionale di Firenze. Il nostro contributo speriamo possa arricchire gli studi del settore, mettendo in maggior luce non solo un manoscritto ma anche il suo autore. 5 Sarà questo il caso anche dell’Esaltazione della croce del Cecchi, di circa vent’anni dopo, vd. cap. II.


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Il capitolo si conclude con un paragrafo dedicato specificamente a un evento particolare nella storia della famiglia Medici, il battesimo del primogenito, perito prematuramente, di Francesco I. Sarà lì possibile vedere, potremmo dire dal vivo, grazie alla cronaca di Vincenzo Borghini, e agli studi di Cipriani, gli allestimenti per tale occasione e come il motivo dell’impero fosse particolarmente importante per la famiglia granducale fiorentina tanto che essa viene collegata direttamente a Costantino il Grande e alla nostra leggenda.


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