Archimede Santi

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Archimede Santi 1876 - 1947 a cura di Marisa Baldelli e Alessandra Oradei

BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI PERGOLA 1


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Marisa Baldelli - Alessandra Oradei

ARCHIMEDE SANTI 1876 - 1947

BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI PERGOLA

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In parallelo con la pubblicazione di questa monografia-catalogo la Banca di Credito Cooperativo di Pergola, in collaborazione con il Comune di Pergola, con la Provincia di Pesaro-Urbino, con il patrocinio della Soprintendenza PSAE delle Marche-Urbino, organizza una mostra di parte delle opere di Archimede Santi presso la Loggetta di San Francesco (19 giugno-15 agosto 2006), gentilmente concessa dall’Autorità Ecclesiastica che qui si ringrazia. Un grazie anche a tutti coloro che hanno collaborato all’iniziativa ed in modo particolare al Maestro Walter Valentini.

In copertina: Verso la sorgente del Cesano, Archimede Santi

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Città ricca di storia e di arte, Pergola torna a scoprire il pittore Archimede Santi, uno dei suoi “figli illustri” che il trascorrere del tempo sembrava avesse condannato all’oblio. Ed invece grazie al paziente lavoro di Marisa Baldelli ed Alessandra Oradei, con la preziosa collaborazione del professore Pietro Scarpellini, la figura del Santi torna alla luce, con la pubblicazione di questo libro e l’organizzazione di una mostra di sue opere che rappresenterà l’evento principale dell’estate culturale della nostra città. Oltre al lavoro degli studiosi, grande merito della riscoperta del Santi va dato alla Banca di Credito Cooperativo di Pergola, istituto di credito pergolese “doc” che, ancora una volta, ha mostrato il forte legame con il suo territorio di origine. Gran parte delle opere, infatti, proviene dalla collezione privata della Bcc che le acquistò dieci anni fa mantenendo nella nostra città questo rilevante patrimonio. La pubblicazione del libro e la mostra vanno a celebrare due importanti ricorrenze: i 130 anni dalla nascita del Santi ed i 40 anni dalla fondazione della Banca di Credito Cooperativo di Pergola. Quaranta anni in cui la Banca è stata costantemente vicina ai bisogni della nostra comunità. I migliori auguri per il raggiungimento di questo importante traguardo ed i più sinceri ringraziamenti per quanto la Banca ha fatto in questi anni.

Il 19 giugno 2006 la nostra Banca compie quaranta anni. Una data storica che il Consiglio di Amministrazione ha deciso di celebrare con la pubblicazione di questo libro e l’organizzazione di una mostra dedicata al pittore Archimede Santi. Un modo di festeggiare forse insolito per un istituto bancario ma che vuole confermare il forte legame della nostra azienda con il suo territorio di origine. Esattamente dieci anni fa la Banca acquistava un nucleo consistente di quadri e disegni di Archimede Santi. Una scelta saggia fatta dagli esponenti aziendali di allora, ai quali va la nostra gratitudine, che consente al nostro istituto di disporre ora di una pregevole collezione. L’intento era quello di costituire, proprio nella città natale del Santi, un patrimonio di opere che potesse divenire un punto fermo per la conoscenza di un personaggio locale che rivestì una notevole importanza nel panorama artistico dell’epoca ma di cui, con il passare del tempo, si erano inesorabilmente perse le tracce. Fu così che alla fine degli anni ’90 Marisa Baldelli ed Alessandra Oradei, con il prezioso supporto del professor Pietro Scarpellini, diedero il via ad una campagna di studi volta alla riscoperta delle opere e della figura del Santi. Proprio in occasione dei nostri quaranta anni e del 130° anniversario della nascita del Santi il frutto di questo lavoro viene finalmente alla luce. Un doveroso ringraziamento va a questi tre studiosi che, con grande pazienza, hanno eseguito un pregevole lavoro di minuziosa ricerca. Un grazie al maestro Walter Valentini per la consulenza grafica e all’Autorità Ecclesiastica che ha concesso la Loggetta di S. Francesco per l’allestimento della mostra; agli Assessori alla Cultura del Comune di Pergola, Maria Pia Fratini e della Provincia di Pesaro-Urbino, Simonetta Romagna; all’Assessore provinciale Graziano Ilari; al funzionario della Soprintendenza PSAE delle Marche-Urbino Daniele Diotallevi per la fattiva collaborazione.

Giordano Borri Sindaco di Pergola

Dario Bruschi Presidente Banca di Credito Cooperativo di Pergola

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Umberto Eco, nel commentare alcuni anni fa un catalogo di opere pubblicate dalle banche, esprimeva la difficoltà che incontrava a spiegare ai colleghi stranieri il fenomeno dell’editoria bancaria italiana. Un fenomeno unico, che poteva trovare terreno fertile in un paese in cui i banchieri, nei secoli, hanno avuto nomi che vanno dai Medici ai Mattioli. Un fenomeno che ha consentito di pubblicare opere dal grande pregio tipografico, dedicate ad argomenti a cui l’editoria commerciale non avrebbe potuto riservare spazio, anche se spesso destinate con finalità promozionali a persone che ne adornano il soggiorno. Nel definire i termini della nostra opera editoriale, mi sono timorosamente chiesto quali iniziative potevamo assumere per evitare di correre questo rischio, se non quella di farne dono anche agli studiosi e di arricchire le principali biblioteche civiche e universitarie. I miei dubbi sono stati fugati dalla lettura delle prime bozze di stampa del prezioso, lungo e complesso lavoro di Marisa Baldelli ed Alessandra Oradei. Sono certo, infatti, che la prosa appassionata e la puntigliosa dottrina delle due autrici offriranno, non solo a chi si considera maestro ma anche ai profani quale sono io, spunti per una lettura della vita e dell’opera del Santi che si rivela di grande fascino e suggestione. Avvicinare, guardare, quindi comprendere un’opera d’arte sottintendono un processo conoscitivo complesso, che deve necessariamente superare la reazione istintiva e irrazionale che si genera in noi al primo approccio. Il merito indubbio delle professoresse Baldelli e Oradei va ricercato proprio nella loro capacità di non far fermare l’attenzione o la curiosità del lettore ai soli valori cromatici dei quadri del Santi. “Chi fur li maggiori tui?” chiede Dante a Farinata, volendo conoscere prima di ogni dialogo con chi avesse a che fare. E questo libro rende agevole la conoscenza delle diverse opere d’arte, attraverso una doviziosa descrizione della tecnica, del soggetto, delle qualità formali e dell’epoca d’appartenenza. Fasi, queste, che consentono di collocare ogni opera del Santi in un rapporto storico e culturale con noi stessi. Vorrei trovare nella mia fragile grammatica i segni necessari per comunicare il mio sentimento di gratitudine e di ammirazione a queste due autrici, che diversi anni fa si sono avviate con entusiasmo in questa strada faticata e sofferta, e al professor Pietro Scarpellini per il suo sapiente contributo, non solo di schedatura e di commento, fornito alla nostra Banca sin dalla fase di acquisto della

collezione del Santi. La loro autorevole attività di ricerca e di studio consente oggi la pubblicazione di questo libro, che costituisce uno dei momenti più alti di una lunga tradizione di impegno nel campo della cultura e dell’arte, sicuramente un vanto, per la Banca di Credito Cooperativo di Pergola. Con questa opera di grande spessore editoriale viene concretamente soddisfatta l’esigenza, da tempo avvertita, di ordinare e commentare criticamente la notevole collezione di opere del Santi che, con felice intuizione, gli esponenti della Banca vollero acquistare a metà degli anni ’90. Nei suoi 40 di anni di vita, festeggiati contestualmente alla presentazione di questo libro, il Credito Cooperativo di Pergola ha continuamente mostrato un volto inedito dell’azienda, manifestando una vocazione civile, guardando al sapere come ad un investimento precipuamente intellettuale, contribuendo ad una intensa attività editoriale locale che riflette la ricchezza di esperienze culturali diverse e la multiforme realtà di un territorio in cui la nostra Banca ha avuto ed ha un ruolo da protagonista non solo economico. Franco Di Colli Direttore generale Banca di Credito Cooperativo di Pergola

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PREMESSA Pietro Scarpellini Con la loro paziente, attenta ricerca, Marisa Baldelli ed Alessandra Oradei, ricostruiscono, in questa monografia-catalogo, la vita e l’attività del pittore pergolese Archimede Santi, ne studiano l’opera nell’arco di circa mezzo secolo, dagli esordi, sul cadere dell’Ottocento, fino all’ultimo dopoguerra, quando, tornato definitivamente in patria, vi chiude i suoi giorni, il 20 aprile 1947. E’ un itinerario che si snoda lungo un periodo generalmente ritenuto tra i più difficili e contrastati dell’intera vicenda dell’arte italiana, muove dalle estreme propaggini dell’Art Nouveau, si imbatte nelle avventure e negli sconvolgimenti del primo ventennio del nuovo secolo, poi, nel ventennio successivo, attraversa tutta la restaurazione classicista del Novecento, favorita dal Fascismo, fino ad assisterne alla dissoluzione con il secondo, tragico conflitto. Ma, a dire il vero, di tutti questi drammatici avvenimenti, poco ci è dato riconoscere nella ampia rassegna delle opere presentate dalle due studiose. Ravvisiamo sì, certo, nelle prime prove, dopo la permanenza nell’Istituto d’Arte di Urbino ed il soggiorno bolognese, una adesione ai motivi decorativi del Liberty, di cui Archimede manterrà il ricordo nell’attività grafica successiva, ed una buona consuetudine con la tradizione naturalistica ottocentesca, che trova i suoi maggiori riscontri nei pittori di area settentrionale, tra l’Emilia Romagna, il Veneto, la Lombardia, il Piemonte, anche se non mancano qua e là riferimenti ai macchiaioli toscani e, per via mediata, agli impressionisti. Ma poi ci fermiamo lì. Niente altro, o quasi, scopriamo nella lunga traiettoria che ci appare sostanzialmente unitaria, quasi senza scosse. La pittura del Santi è come un discorso a bassa voce, continuato, uniforme, tanto è vero che, malgrado le assidue cure della Baldelli e della Oradei, non sempre è facile stabilire in esso un prima e un dopo, la datazione delle opere, in mancanza di indicazioni specifiche, rimane in alcuni casi indeterminata, fluttuante. Archimede, nato in una famiglia di artigiani, a quanto pare di antica tradizione pergolese, cresciuto tra molte difficoltà materiali, in un ambiente permeato di idee anarchiche e socialiste, formatosi nel clima delle concezioni umanitarie allora di moda, si orientò fino dai primi anni verso l’insegnamento, che diventò per lui una vera e propria missione. È significativo, al proposito, che, compiuti gli studi e tornato a Pergola, nel presentare al Comune il piano relativo ad una scuola di disegno per artieri (ed è uno dei rari documenti da cui emergono in modo esplicito le sue idee, le sue aspirazioni), dichiari come il fine non debba essere già quello di “creare degli artisti, ma dei bravi operai che, raffinato ed educato il sentimento artistico, possano comprendere, riprodurre ed anche inventare tutto ciò che si può applicare alle industrie e mettersi in grado di camminare al fianco degli operai delle grandi città”. Come si vede, siamo dinanzi al programma di un maestro d’arte, di un uomo senza grilli per il capo, e senza altra ambizione fuor di quella di raggiungere, in tempi convenientemente brevi, obbiettivi ben precisi, e soprattutto, ben alla portata dei suoi allievi. Di tali limiti autoimpostisi, abbiamo del resto anche un’altra testimonianza coeva, opportunamente sottolineata dalle due studiose, laddove Archimede prudentemente osserva che “in tutte le cose chi vuol troppo fare finisce col nulla concludere”. Senonchè, se è vero che su tale linea di condotta di basso profilo, sulla traccia di un diuturno impegno, il Santi trascorse tutta la vita, nelle peregrinazioni scolastiche dall’uno all’altro capo d’Italia, dalla Sicilia al Piemonte (ma sempre periodicamente ritornando nella sua Pergola), è poi altrettanto vero che, adempiuto il dovere quotidiano, Archimede se ne usciva con la sua cassettina dei colori, con i suoi pastelli, le sue matite, per fermare tutto quanto gli capitava sott’occhio, uomini, donne, animali, case, e poi paesi e paesi ed ancora paesi. Una lunga interminabile cronaca visiva, come un diario, redatto in tutta umiltà, senza pretesa d’inventarsi un proprio stile, solo fedele all’occhio che fermava imparzialmente sulla carta, sul cartone, sulla tavoletta, forme, luci, colori. Si potrebbe quasi dire che in tale pratica costante egli fedelmente si uniformasse all’antico precetto latino “nulla dies sine linea”, insomma una sorta di esercizio per non intorpidire le mani, per non perdere contatto con la realtà, al di fuori, o meglio, ai margini dell’arte del proprio tempo. Eppure da questo affidarsi quasi esclusivamente ai propri mezzi, nascono, come bene pongono in evidenza le due curatrici, gli aspetti più significativi ed interessanti della sua produzione, quel tono del tutto personale e affettivo, 9


e talvolta anche sommessamente lirico, ove si tiene conto delle varie situazioni umane, del mutare delle stagioni, delle ore. Sono ritratti e schizzi di persone care, impressioni di fenomeni naturali, il mare di Sicilia, mosso, sotto un cielo grigio, il Monte Strega dopo la pioggia, le nubi sul Catria. Sono gli aspetti monumentali delle città, come quando, ad Assisi ritrae San Pietro, San Rufino, la Rocca, nell’acceso clima estivo; oppure gli scorci più familiari ed usuali, i tetti rossi di Pergola visti dalla finestra, le luci del tramonto ai Viticchi, una nevicata a marzo alla tenuta Fornace d’Alessandria. Nel 1939 in una vacanza a Vernante verso Cuneo, prepara un album di vedute (pubblicate nell’anno successivo), ove appaiono edifici che non ci sono più, come le chiesette di San Michele e di San Sebastiano, ed anche un profilo di Monte La Croce, oggi purtroppo alterato perché, come dice l’Oradei, una delle cime è stata trasformata in una cava. Cose viste, testimonianze fedeli, che costituiscono, nella loro semplicità, la dimostrazione più evidente, tangibile, del suo amore per la natura e per l’arte. Il Santi, così poco proclive a lasciare memoria di sé, notizie della sua vita, ha invece gelosamente conservato i suoi disegni, le sue pitture, i libri da lui illustrati, ritenendo evidentemente (e giustamente) che la biografia di un artista stia innanzitutto nell’opera, come diceva Francesco Milizia. Dopo la sua scomparsa il cospicuo materiale passò alla figlia Gemma che gli sopravvisse fino al 1987 e da lei alla fedele Carmela Lacania Temperini che ebbe ad assisterla fino all’ultimo. Esattamente dieci anni fa la Banca di Credito Cooperativo di Pergola mi incaricò di stilare un inventario della maggior parte di questo materiale, e di stabilirne approssimativamente il valore, secondo il mercato corrente. In una breve relazione, basandomi su quanto riuscii a stabilire consultando qualche stima d’asta, appoggiandomi anche alla voce dedicata al Santi nel dizionario più noto, quello del Comanducci, stilai un referto, nel quale dopo aver osservato che un vero e proprio mercato delle opere del Santi non esisteva, ne detti comunque una valutazione prudente, di larga massima. Aggiunsi anche che mi sembrava conveniente l’acquisto, da parte di quell’Istituto di credito, dell’intero blocco, adducendo varie ragioni, la principale delle quali ravvisavo nell’opportunità di costituire a Pergola un nucleo consistente di opere, che potesse diventare un punto fermo per la conoscenza di un artista locale di notevole importanza nella prima metà del XX secolo. Penso di potere in tutta coscienza confermare quanto scrissi allora. Con il meritorio lavoro della Baldelli e della Oradei sono stati catalogati ed illustrati ben duecentotredici pezzi di proprietà della Banca, disposti lungo l’intero corso della carriera del pittore, ed offrono di lui una immagine di per sé vasta ed esauriente. Insieme ai reperti di altre due minori raccolte locali, pur esse schedate e illustrate nel presente volume, stabiliscono un corpus notevolmente ampio che diverrà, io penso, anche la pietra di paragone nei confronti delle molte altre opere del Santi certo esistenti presso privati, ed anche pubbliche istituzioni, specie nella zona di Alessandria, dove egli si intrattenne a lungo. Per cui questa pubblicazione, edita a cura della Banca di Credito Cooperativo di Pergola, oltre a documentare analiticamente quello che rimane un notevole valore patrimoniale, diventa una sorta di certificato di garanzia. Potrebbe difatti succedere (e magari è già successo) che trafficanti disonesti trasferiscano su nomi più conosciuti e redditizi i suoi dipinti e i suoi disegni (non è difficile cancellare una firma e sostituirla con un’altra di maggior prestigio) e purtroppo questa pratica truffaldina appare oggi più diffusa che mai. Ma oltre a tale funzione di salvaguardia, queste raccolte rivestono un particolare valore per la storia e la stessa iconografia di Pergola e di tutta l’alta valle del Cesano. Mi pare difatti, scorrendo le illustrazioni del libro, che il pittore trovi accenti più diretti e convincenti quando si dedica ad illustrare i luoghi natii. Un impegno continuato nel tempo e che acquista un preciso valore morale, un voler fissare le immagini delle cose d’arte e dell’ambiente con lo scopo di conservarle. A questo proposito acquista un particolare significato quanto mi viene riferito da mia moglie Rosalba Barbanti, d’antica famiglia pergolese, che ebbe, in giovanissima età, il Santi quale maestro di disegno. Mi dice che egli si preoccupava della integrità dei monumenti (fu nominato negli ultimi anni Ispettore Onorario) e si adoperò con successo perché venissero salvate certe decorazioni di stucco settecentesche nella Chiesa delle Tinte che, con il gusto del tempo, si volevano eliminare. Mi pare un altro tratto importante che si aggiunge agli altri nel completare il ritratto di un uomo di animo nobile, che fa onore alla sua città. 10


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La vicenda di Archimede Santi dalle Marche all’Emilia, alla Sicilia, al Piemonte Marisa Baldelli e Alessandra Oradei I primi anni. Archimede Santi nasce a Pergola il 6 marzo 1876, alle ore una e trenta “nella casa posta in via La Caserma al numero otto”. È Santi Giuseppe, “falegname di anni trenta”, a presentare due giorni dopo il bambino in Municipio riconoscendolo quale figlio, come era accaduto per la sorella Teresa e accadrà per Maria e i fratelli Avellino, Luigi, Marcellino. Il riconoscimento da parte della madre Anna Stefanucci di Giovanni, “donna di casa”, avverrà soltanto nel 19021. Ci chiediamo il motivo, e lo pensiamo dovuto alle convinzioni del padre, oscillanti, forse, anche per il ceto sociale cui apparteneva, tra l’anarchismo allora diffuso e il socialismo in arrivo. Se è così, fu una storia “d’amore e di anarchia”, certo non convenzionale nella Pergola di quei tempi, ma non vogliamo indagare di più. Non sappiamo quanto le idee paterne e la situazione familiare, che non risulta sia mai stata dal Santi svelata, abbiano inciso sulla sua formazione. Appare comunque chiara la sua devozione verso i genitori, da cui fu sicuramente amato e che ora riposano con lui nel cimitero di Pergola. E che egli in gioventù si sia orientato pensiamo anche per “vincoli d’origine”2 - verso una forma di socialismo umanitario, è attestato da chi lo ha conosciuto, traspare dal suo comportamento, dai pochi suoi scritti di cui siamo a conoscenza e dalla spiccata simpatia a lui manifestata a Pergola dalla stampa progressista3. Poco conosciamo della infanzia di Archimede Santi e della sua prima adolescenza, ma ricostruire i suoi anni non sembra davvero impossibile: i bambini giocano tutti, piccolo o grande che abbiano il loro destino. Una volta nelle famiglie i ragazzi erano tanti e per giocare si raggruppavano in “bande” che prendevano il nome dai quartieri in cui essi abitavano4. Così a Pergola c’era la “banda del Borgo”, “del Piano”, “di San Francesco”…Ci piace pensare che di quest’ultima abbia fatto parte Archimede che doveva abitare nella “casa in via Angelo Dal Fuoco”, vicino al teatro e alla chiesa di San Francesco, appunto, dove sono nati i suoi fratelli5. Il lancio di monete o, meglio, di bottoni, le biglie di terracotta, l’aquilone, far correre il cerchio, scapicollarsi per le discese con i “biroccini”, “la guerra”, nascondino, a primavera “fuori il verde”, d’estate il bagno e la pesca nel fiume, “rubare” la frutta nei campi nelle varie stagioni, “fare gli spari” lanciando contro il muro la vite caricata a zolfo e potassa il giorno di Santa Lucia. Questi erano i divertimenti. E, quando andava bene, un po’ di scuola. Archimede Santi il 30 aprile 1888, alla morte del padre, quarantaduenne6, ha solo dodici anni e non fa in tempo a ritrarlo come accadrà, invece, per la madre da lui amorevolmente raffigurata nell’età matura con i capelli semplicemente ravviati all’indietro, lo sguardo fermo, deciso (tav. 40), e col capo chino, coperto dal “fazzoletto”, come usava tra le donne del popolo, nella vecchiaia (n. 41, p.121) Non deve essere stato facile per lei “donna di casa” tirare avanti con i sei figli 7. La vita del Santi non è lieta fino dall’adolescenza; la sua sensibilità si accentua di certo quando il dolore tocca la sua esistenza e provoca in lui, crediamo, una sopportazione paziente: guardando alcuni ritratti di fanciulli leggiamo nei loro occhi la tristezza e la solitudine e gli autoritratti, eseguiti nel percorso del tempo, ci aiutano a capirlo. L’espressione fiera, ma già malinconica, di lui giovane e quella rassegnata dell’età matura, ci dimostra la consuetudine ad affrontare il mondo senza disperazione, ma anche senza gioia. La sua anima di artista e, a modo suo, di poeta, tuttavia, trova in se stessa la forza di reagire, di “conservare alto lo spirito”8. Le difficoltà della vita lo resero certo più responsabile, riflessivo, saggio e determinato nel proporsi delle mete e raggiungerle. A piccoli passi perché - come egli stesso ci dice - “in tutte le cose chi troppo vuol fare finisce col nulla concludere”9. Ed è positivo che, nonostante la situazione familiare, sicuramente non florida, abbia potuto seguire la strada a lui congeniale. Pensiamo che le doti, da lui certamente messe precocemente in evidenza, siano state avvertite da chi gli era vicino ed abbiano convinto la madre ad assecondare la sua naturale predisposizione, anche se ciò deve avere comportato notevoli “sacrifici”, in parte alleviati da “incoraggiamenti e sussidi” ottenuti dal Comune di Pergola, cui Archimede esprimerà gratitudine all’inizio della sua carriera di insegnante di disegno10. Del resto l’amore per l’arte non sembra inconsueto nella sua famiglia, cui pensiamo sia appartenuto nell’Ottocento un “Gustavo Santi pittore”11. E da un ramo di essa proviene Francesco Santi (1914-1993), insigne figura di “storico e di erudito”, di13


rettore prima della Galleria Nazionale dell’Umbria, poi Sovrintendente a Perugia, che per tutta la vita operò nel campo della tutela e della valorizzazione delle opere d’arte e delle bellezze naturali, distinguendosi anche per le sue numerose pubblicazioni, sempre improntate a “serietà di ricerca e basate su di una solida documentazione”12. La Scuola di Urbino È forse l’autunno del 1891 quando Archimede Santi, ottenuta a Pergola la licenza della Scuola Tecnica “Girolamo Graziani”, giunge in Urbino per frequentare il Regio Istituto di Belle Arti delle Marche13, voluto nel 1861 dal regio commissario Lorenzo Valerio e destinato a diventare noto nel mondo della cultura come “Scuola del Libro”14. La città, dal 1869 non più capoluogo di provincia, si sentiva isolata e in stato di abbandono; la situazione spingeva gli urbinati verso la gloria di un passato illustre di cui erano fieri e, mentre si accentuava la decadenza di tutto il paese, unica risorsa erano le scuole, gli istituti culturali che stavano crescendo di numero di importanza15. Infatti proprio intorno alle istituzioni scolastiche e culturali si sviluppa la vita artistica di Urbino tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento. L’Università, istituto fondamentale della vita urbinate, poteva vantare, con il Liceo Ginnasio,unito al Collegio Raffaello, un passato glorioso. Esisteva poi la Scuola Normale maschile e femminile, con gli annessi convitti che, in un’epoca in cui le comunicazioni erano difficili, richiamavano in Urbino molti giovani16. L’Istituto di Belle Arti attirava a sé quanti avevano la vocazione per le arti figurative. Mentre nel primo periodo di attività, iniziato nel 1863, gran parte dell’insegnamento era legato agli schemi accademici per la formazione degli artisti, dipendente dall’Accademia romana di San Luca orientata verso il purismo pittorico, tra il 1884 e il 1885 all’interno dell’Istituto si rinnovano le cariche di direttore e di insegnanti: giungono artisti da diverse parti d’Italia e si mettono in luce le figure del palermitano Ettore Ximenes (1855-1926) e del veneto Luciano Nezzo (1856-1903) che, provenendo da una formazione più realistica, meno accademica delle personalità che li avevano preceduti, contribuiscono a ravvivare la cultura artistica della città e a portare all’interno della scuola qualche contributo di novità17. Legato per formazione al verismo di Domenico Morelli e Vincenzo Gemito, lo Ximenes dirige dal 1884 al 1893 l’Istituto d’arte, dove insegna anche scultura, rivelando notevole apertura nella concezione di una scuola attenta alle possibilità del territorio e delle tradizioni culturali. Personalità vivace e versatile, realizza nel periodo urbinate numerose opere scultoree, utilizzando materiali quali il bronzo, la creta, il marmo. Si cimenta anche nella pittura, sperimentando tecniche che vanno dal pastello alla pittura murale, di cui lascia una prova importante sulle pareti della villa Tortorina, sua residenza in Urbino, ove rappresenta una Passeggiata e una Marina, richiamanti, nel gusto naturalistico dell’epoca, la scoperta del plein air, che si giustifica attraverso i contatti con i macchiaioli del periodo fiorentino (1874-1883) e il viaggio a Parigi del 1878, quando il movimento impressionista si era affermato18. Sembra giungere a forme simboliste - floreali nella statua marmorea della Fede, eseguita nel 1887 per la cappella Petrangolini nel Cimitero di Urbino, con la quale armonizzano due tele ad olio: La Carità e La Fede, dipinte nel 1889 da Luciano Nezzo, titolare della cattedra di Pittura presso l’ Istituto di Belle Arti dal 1885. Importante testimonianza, questa, della sensibilità e della unione di intenti tra artisti che, in perfetta sintonia con l’ambiente urbinate, ricevono committenze dalle famiglie più in vista. Il Nezzo aveva iniziato gli studi artistici sotto la guida di Marco Vallerini e frequentato poi l’Accademia a Venezia, “dove l’insegnamento continuava la solida tradizione della cultura figurativa veneta, legata alla luce e al colore”19. Qui era stato attratto dall’arte di Giacomo Favretto (1849-1887) che, formatosi sotto la guida di Michelanelo Grigoletti (1801-1870), attraverso lo studio dei settecentisti veneziani, morbidi, chiari, ariosi di colore e della pittura olandese antica e contemporanea fu autore di opere di sobrio realismo e di intensa luminosità e delicatezza20. Di esse, più che nei dipinti di genere storico del periodo veneziano, si avverte la larga influenza e il chiaro ricordo nelle opere di genere e nei ritratti, come Le scalette di San Giovanni e Il ritratto della moglie, eseguite dal Nezzo in Urbino, dove si stabilisce, ricoprendo nella scuola, dopo la partenza dello Ximenes, anche la carica di 14


direttore21. Al suo arrivo in Urbino Archimede Santi può conoscere ambedue gli artisti; suo maestro - ci informa il Comanducci22 - è Luciano Nezzo, ma non è chiaro quanto abbia influito su di lui: non si conoscono saggi ascrivibili al periodo urbinate, tranne forse un piccolo acquerello (n. 1, p. 117), copia del fregio sottostante la salimbeniana Madonna col Bambino nella parete sinistra dell’Oratorio di San Giovanni, dal quale nulla si può ricavare. Certamente il Santi avrà seguito le lezioni di Pittura di Luciano Nezzo, e il primo anno è facile immaginarlo impegnato, insieme a tutti gli coloro che venivano accolti per esperimento, ad eseguire diligenti copie a carboncino e sfumino dei calchi in gesso delle sculture classiche conservate nella scuola. Chissà, forse anche a lui, come scrive nei suoi appunti il pesarese Fernando Mariotti, allievo nell’Istituto nel 1908, “quella umanità ferma, immobile, raggelata, e perfetta nella forma dei corpi e dei drappi cadenti…” sarà apparsa come “un sogno…per gli occhi non abituati a tanto splendore”23. Forse, ma del Santi non abbiamo appunti, né ricordi. La Scuola di Urbino fu, comunque, certamente fondamentale per lui: da quell’accademica ripetizione dei modelli, che pretendeva il quotidiano esercizio del disegno, egli apprende il rigore, il culto per il magistero dell’arte, il senso del dovere, della misura, l’autodisciplina. Qualità queste che gli vanno riconosciute, e che furono da lui certo acquisite anche con la guida di Luciano Nezzo che viene delineato come uomo tranquillo e di animo delicato e che, anche se non si può collocare tra gli innovatori per la sua produzione legata al gusto dell’epoca e in parte dipendente dai suoi rapporti con l’accademia di Venezia24, fu un artista apprezzabile, sensibile e sicuramente un insegnante scrupoloso, attento alle possibilità dei suoi allievi e prodigo di consigli. Bisogna poi anche dire che vivere in una città come Urbino così ricca di storia e di opere d’arte, seguire gli insegnamenti di artisti importanti, venire a contatto con giovani di varia provenienza, deve essere stato stimolante per un giovane che si apriva al mondo, muovendosi dal quieto e un po’ sonnacchioso ambiente pergolese. In quegli anni di prima gioventù Archimede Santi accresce ed affina le sue capacità disegnative e pittoriche che si volgeranno, nel corso del tempo, ad una sorta di impressionismo nostrano e, come giustamente coglierà Luigi Servolini, saranno caratterizzate “dal tratto semplice e libero, di un chiaroscuro dolce e delicato che dà forme, vita, volumi alle cose senza sciuparne l’intimo significato”25. Terminato il triennio di studi, nel luglio del 1895, sostiene gli esami di abilitazione all’insegnamento del disegno presso il “R. Istituto di Belle Arti di Parma”, superandoli con “punti 392 su quattrocentocinquanta”. Ottiene il massimi dei punti in “disegno d’ornato e figura” e in “schizzo dal vero”, a conferma di quanto aveva assorbito dalla Scuola di Urbino26. L’anno dopo a Pergola rivela la sua “vocazione” di insegnante e la sua indole generosa ed aperta alle necessità dei più deboli, tant’è che dal 1° luglio al 31 ottobre 1896 e dal 1° luglio al 31 ottobre del 1897 insegna gratuitamente su “lettera d’invito del direttore” presso l’Istituto Giannini, l’orfanotrofio voluto nel 1846 dal conte Bartolomeo Giannini27. Il soggiorno a Bologna Dal 7 febbraio 1897 al 25 settembre 1899, durante il servizio militare, Archimede Santi è disegnatore nel Laboratorio Pirotecnico di Bologna. Il soggiorno bolognese ha una grande importanza per lo svolgimento della sua arte, infatti egli trova sicuramente un ambiente a lui congeniale, favorevole e ricco di stimoli e di occasioni per ampliare il proprio orizzonte. Quando ventunenne vi giunge, a Bologna si è da poco aperta la stagione dell’Art Nouveau, ad opera soprattutto della “gilda” di artisti creatasi, sull’esempio delle corporazioni medievali, attorno ad Alfonso Rubbiani, “dilettante di genio” nel campo dell’architettura e del restauro, e alla sua attività tesa alla “restituzione” tardo romantica e neogotica del paesaggio urbano nel solco di Viollet-le-Duc e John Ruskin. I compagni di Rubbiani sono pittori come Achille Casanova, Alfredo Tartarini, Augusto Sezanne, Arturo Colombarini e Gualtiero Pontoni; illustratori come Alfredo Baruffi e Gigi Bonfiglioli, creatori dell’ “Accademia della Lira” che tra il 1897 e il 1902 produce riviste e fogli artistici su cui si esprimono le migliori firme della grafica liberty bolognese28. Nello stesso momento, il 3 dicembre 1898, per il rinnovamento delle arti decorative viene fondata a Bologna la 15


cooperativa “Æmilia Ars” da un gruppo di nobili e artisti impegnati nella didattica “democratica” dell’arte applicata e dell’artigianato, raccolti intorno al conte Francesco Cavazza e allo stesso Alfonso Rubbiani. In nome di una estetica a forti motivazioni sociali e secondo i presupposti teorici propugnati da William Morris e dal movimento inglese delle “Arts & Crafts” gli artisti, rifiutando ogni aprioristica separazione tra arti maggiori e le cosidette arti minori, col proposito di dare vita ad un’arte popolare che restituisse dignità al lavoro manuale dell’artigiano, così da contrastare la scadente qualità degli oggetti d’uso di produzione industriale, si dedicano a progetti per decorazioni su legno, ceramica, ferro battuto e a disegni per merletti, tessuti e oggetti di arredamento. Tra di essi spicca per il suo ruolo attivo Achille Casanova29. A questa vivacità artistica non dovette rimanere certo estraneo il giovane Santi che, sempre a detta del Comanducci, frequentò a Bologna la Scuola del Nudo e l’Accademia di Belle Arti, avendo come maestro proprio Achille Casanova30. Tale frequentazione, tuttavia, non risulta nelle scarne note stilate dal Santi nel registro di “Stato Personale” del Regio Istituto Magistrale di Alessandria, dove in seguito svolse gran parte della sua opera di insegnante. Non va trascurato, invece, che a Bologna c’era la Scuola Professionale per le Arti Decorative, nata il 16 novembre 1885 e da quell’anno diretta dall’ingegnere - architetto Raffaele Faccioli31, il quale faceva parte del “Circolo Artistico Bolognese” che, costituitosi nel 1879, nel primo anno di vita apriva la “Scuola del Costume e del Nudo” ed istituiva un gabinetto di lettura, rispondenti allo scopo di incremento delle belle arti e di divulgazione culturale. Consapevole dei limiti dell’istituzione accademica e della necessità di un suo superamento con la creazione di una scuola alternativa, finalizzata alle esigenze di sviluppo economico della città, il Faccioli era stato tra i soci del Circolo più impegnati nel progetto di fondazione della “Scuola Professionale per le arti decorative”32. Sembra quindi plausibile che nel suo soggiorno a Bologna Archimede abbia conosciuto il Circolo Culturale e trovato il modo e il tempo di frequentare la “Scuola del Costume e del nudo” ed anche la “Scuola Professionale”, seguendo, in particolare, le lezioni di Disegno Ornamentale di Achille Casanova, che le impartì dal 1889 al 190833. Conforta la nostra ipotesi l’esistenza nella raccolta delle sue opere di due disegni, a matita e acquerello rosa, Giochi d’angeli e Volo d’angeli (tavv. 35-36), e di altri a penna (nn. 5-6, p. 141), recanti la firma del Santi e il timbro “Scuola Professionale per le Arti Decorative Bologna”, in cui appaiono putti giocosi che svelano qualche assonanza con quelli che appaiono in alcune litosanguigne di fine Ottocento, tratte da Boucher, utilizzate come modelli nella scuola34. Risalgono probabilmente al periodo bolognese anche i Nudi Uomo da tergo e Donna distesa (nn. 9-10, p. 118), motivi decorativi (nn. 7-8, p. 117) e, sicuramente, alcune esercitazioni datate 2 febbraio 1898 (nn. 4-6, p. 117). Da Achille Casanova “eminente decoratore ed affreschista…scrupolosissimo e delicatissimo disegnatore”35, il Santi trae certamente quel gusto per il liberty, che appare in tutta evidenza nei disegni ricordati e in gran parte della sua opera grafica. Ed è nella decorazione che, tornato a Pergola, diffonde il “moderno stile floreale”. “Vi riesce in modo singolare” - si legge nella stampa locale - con la “dipintura delle pareti e del soffitto” del “Salone”, la barbieria definita “una delle più belle della provincia”, da lui eseguita nel 1902 per conto di Giovanni Sperandini36. Ubicata lungo il Corso Vittorio Emanuele II, oggi Corso Matteotti e tuttora esistente, fu acquisita verso il 1920 da Filomeno Lombardi (alias Trecentesimi) che, pochi anni dopo, incaricò l’ebanista Alessandro Luziotti di rinnovare la parte esterna, facendo apporre sulla porta 16


d’ingresso i cristalli con le sue iniziali37. In tale occasione dovette essere ritoccato anche l’interno, e non possiamo escludere che vi sia intervenuto l’artista pergolese Igino Fagioli38. Riteniamo, tuttavia, che non tutto sia stato ridipinto e che la decorazione del fascione con i pellicani, una delle sigle peculiari dell’Art Nouveau, che chiaramente si differenzia dal resto, sia originale del Santi e quindi risalga al 1902. In questo momento si diffondono nella provincia le linee del nuovo gusto: è nel 1902 che l’artista urbinate Giuseppe Brega inizia a Pesaro la realizzazione del “villino Ruggeri”39. E proprio in quest’anno l’“Æmilia Ars” partecipa alla Esposizione Internazionale d’arte decorativa moderna a Torino, a fianco dei più agguerriti artefici dell’Art Nouveau, ed ottiene il Diploma d’onore dalla giuria che, riconoscendole la precocità del “moto evolutivo verso le forme del nuovo ornamento”, afferma che essa “tiene rispetto all’Italia il posto medesimo che occupa l’ Inghilterra in faccia al mondo”40. Archimede Santi mostra di essere al corrente dell’avvenimento quando, dopo avere ricordato “ il movimento di riforma partito dall’Inghilterra” e seguito dall’Italia “con qualche ritardo”, afferma: “Ma sebbene in ritardo agli artisti italiani sarà forse riservato l’onore di trovare fra le diverse correnti la forma più armonica, più pura. L’attuale mostra internazionale d’arte moderna in Torino è il battesimo del nuovo stile, moderno o floreale, che tutti indubbiamente dovranno seguire”41. Crediamo proprio che con la decorazione del “Salone”, che rimane la principale testimonianza del liberty a Pergola, egli stesso ne abbia voluto dare un esempio. La Scuola Serale di Disegno per gli Artieri Fu certamente a Bologna che nacque nel Santi la spinta alla realizzazione a Pergola di quella “Scuola Serale di Disegno per gli Artieri” che “da lui ebbe il primo impulso, la prima guida sapiente, la cura assidua, amorosa, efficace, lo sviluppo sereno e benefico”42. Approvata all’unanimità dal consiglio comunale il 12 ottobre 190043, andava ad aggiungersi alla Scuola tecnica, istituita come scuola comunale nel 1862 da Ascanio Ginevri Blasi44, divenuta regia nel 1888. “Molto vantaggiosa, lo sarebbe ancora di più quando vi fosse annessa una scuola d’arte e mestieri”, affermava a fine Ottocento nella sua poderosa storia “Di Pergola e dei suoi dintorni”, Luigi Nicoletti, uomo di cultura, cattolico di formazione positivista45, ben conscio delle necessità di Pergola attraversata, fino dall’epoca dell’unità nazionale, da una grave crisi dell’industria locale46. Ciò comportava mancanza di lavoro e la necessità di emigrare nella campagna romana, come in antico, o all’estero47. Di tali problemi era consapevole anche il Santi che, come il Nicoletti, considerava “utile e indispensabile” la scuola serale di disegno e, stilandone il progetto per la istituzione su incarico del sindaco di Pergola, il liberale Vincenzo Storoni, poneva come primo fine “l’educare sopra ogni altra cosa il buon gusto degli operai”, perché “privi di ogni cultura artistica commettono ogni giorno errori contro l’estetica e il bello e in conseguenza di ciò essi fuori del loro paese sono adibiti ai lavori più materiali e più faticosi” e sono costretti a muoversi “come macchine in coda del progresso operaio” 48. Archimede Santi, nominato insegnante di disegno il 17 dicembre 1900, prestò la sua opera nella Scuola dal 3 gennaio 1901 al 25 novembre 1904, guadagnandosi i primi stipendi e le lodi, certamente meritate, degli amministratori e della battagliera stampa progressista49. Le lezioni, quattro settimanali di disegno, e dal 1902 anche di plastica, si svolgevano di sera in una grande stanza a pianterreno dell’Istituto Giannini; l’illuminazione a gas acetilene lasciava spesso a desiderare “per l’incostanza della luce stessa, prodotta forse da becchi piccoli”. Scarsi erano i mezzi, particolarmente all’inizio, grande la volontà di fare e l’entusiasmo. Anche nella scuola pergolese aveva un ruolo fondamentale il disegno, considerato per le scuole professionali come una sorta di suprema sintesi del lavoro manuale o, ancor meglio, “materia fondamentale in quanto atta ad affinare i gusti e a guidare l’operaio alla realizzazione di manufatti meglio curati sotto il profilo estetico e più funzionali”50. Di ciò era convinto il Santi il quale sottolinea lo scopo “pratico” della scuola che non deve “creare degli artisti, ma dei bravi operai che, raffinato ed educato il sentimento artistico, possano comprendere, riprodurre ed anche inventare tutto ciò che si può applicare alle industrie e mettersi in grado di camminare al fianco degli operai delle grandi città”, raggiungendo così “il benessere che è diritto di ogni popolo civile”51. E certo il suo pensiero era molto vicino a quello del senatore e pittore pesarese Giuseppe Vaccaj che, consapevole del valore dell’istruzione e della necessità di diffondere scuole d’arte applicata, affermava: “Rialzare le classi meno favorite dalla sorte con la educazione del sentimento, della intelligenza, e della mano, ecco la missione di coloro che han17


no studi e cuore”52. Non risultano oggi disegni e altri lavori eseguiti dai suoi allievi53, ma conosciamo il genere di esercitazioni che nella scuola si praticavano, perché è il Santi stesso ad informarci con le relazioni che presentava al municipio alla fine di ogni anno. Particolarmente in quella relativa all’anno scolastico 1903-1904, sappiamo che gli alunni “divisi per gruppi di mestiere” eseguivano disegni o calchi in gesso di “modelli” adatti a falegnami, fabbri, muratori, scalpellini. Venivano altresì impartite lezioni sul disegno geometrico, scale metriche, sagome architettoniche, proiezioni ortogonali, prospettiva parallela. L’anno scolastico si concludeva con un esame alla presenza di una commissione nominata dalla Giunta comunale, dal direttore, dall’insegnante, dal segretario della scuola e con una mostra dei lavori eseguiti. E il 10 luglio 1904 i cittadini, accorsi “dalle prime ore del mattino fino a tarda ora” all’esposizione, poterono vedere oltre i disegni, “parecchie applicazioni di stile floreale a tempera, come parecchie teste eseguite a lapis ed a pastello, soprattutto richiamarono l’attenzione dei visitatori alcuni mobili eseguiti dagli alunni falegnami: un portafiori, un tavolo per signora, cornici, una mensola di stile moderno e tinteggiati con tinta laccata”54. Per l’opera svolta - si è detto - al Santi vengono tributate da tutti lodi non certo esagerate. Dai ricordi di chi lo ha conosciuto risulta che era innata in lui la necessità di elevare chi gli era accanto alla comprensione del bello, anche nelle cose più piccole ed umili della natura. Accadeva spesso ad esempio che, nel corso degli anni, durante le frequenti passeggiate verso il colle di Ferbole e gli Zoccolanti, invitasse i piccoli amici della figlia Gemma bambina, che li accompagnavano, ad osservare la meraviglia di un fiore o di un cespuglio che cresceva lungo il sentiero del loro cammino55. Egli infatti era essenzialmente portato verso la contemplazione della natura cui si accostava con amore e la “francescana umiltà” che gli è riconosciuta56 e che traspare anche dalla copia di sua mano del Cantico delle creature rimasta tra le sue poche carte. Nel novembre del 1904 il Santi ottiene, quale supplente, la cattedra di Disegno nella Regia Scuola Normale di Mistretta, in provincia di Messina. Presenta quindi le dimissioni da insegnante nella “Scuola Serale di Disegno per gli Artieri”, ormai divenuta “Scuola d’Arte Applicata all’Industria”57. Prenderà il suo posto il professore Gino Ginevri, altro pergolese distintosi nella pittura58. La Sicilia A Mistretta, cittadina arroccata sul crinale di un rilievo, dominata dalle cime dei Nebrodi, circondata da pascoli e boschi e ricca di antichi monumenti, Archimede giunge ventottenne e vi rimane dal 1904 al 1910, perché il primo ottobre di quell’anno è nominato professore ordinario di Disegno in Alessandria, dove si svolgerà il resto della sua carriera. Il periodo siciliano è determinante per tutta la sua vita. In Sicilia, infatti, conosce Michelina, insegnante e sua coetanea - era nata a Trapani il 4 ottobre 1876 da Giuseppe e Domenica Schiavo - che sposerà a Trapani il 19 ottobre del 190859. Con lei rimarrà solamente dieci anni: la perderà il 7 ottobre 1918, rimanendo solo con la figlia Gemma, nata il 30 dicembre 1912. La conosciamo attraverso ritratti. In uno (tav. 37), a pastelli colorati e biacca su carta grigia, la luce svela da sinistra il bel volto dai tratti regolari, i grandi occhi scuri che guardano velati di malinconia, i capelli bruni, raccolti alla moda dei primi del Novecento che lasciano vedere un piccolo orecchino, il collo racchiuso da un vaporoso colletto bianco, come bianco si indovina l’abito, appena accennato. È Michelina sposa, alla quale l’artista dedica, pochi giorni prima delle nozze, l’omaggio in acquerello e china, costituito da un cartiglio recante la scritta “A Michelina mia / il 29 settembre 1908 / Archimede”, 18


retto da un ramo d’oleandro dai fiori rosa e trapassato da nastri intrecciati (n. 11, p. 118) . In un altro ritratto (tav. 38), a pastello viola su carta beige, gli occhi hanno un’espressione più grave, quasi di interrogazione, una piccola ruga increspa la fronte in mezzo alle ciglia. All’orecchio compare lo stesso gioiello. Sono poche le immagini di questa donna destinata a presto scomparire, segnando la vita dell’artista e dell’unica figlia. Una stampa, con la fotografia al centro reca la scritta “Archimede / In memoria di/ Michelina Pappalardo / 7 ottobre 1918” (n. 16, p. 118). Nel periodo siciliano si delinea la carriera di insegnante e di artista del Santi. Egli inizia nel 1907 a collaborare con “L’Artista Moderno” di Torino, nel 1909 e nel 1910 con le riviste “La Casa” e “Novissima”, della Società editrice di Novissima di Roma60, segno della stima che si veniva guadagnando. Si innamora profondamente del paesaggio di Sicilia che ritrarrà in dipinti ad olio: Trapani e il suo mare, con le onde bianche, spesse che si frangono sulla spiaggia, o verde-azzurro sotto un cielo di nuvole bianco-grigie, solcato da piccole vele bianche, lontane, o in disegni: vedute di Erice e di Trapani: Il castello del Balio (tav. 43), l’antica residenza del “baiuolo”, il governatore; il luminoso Cortile di Monte Erice; San Giovanni con la bella cupola; gli alti alberi della piana di Bonagìa, l’agave superba del Giardino a Paparella (nn. 33-37, p. 145). È colpito dai volti delle persone, ed ecco allora un bel pastello, Il Craparo, (n. 21, p. 143), probabilmente uno dei suoi primi ritratti. Il volto del guardiano di capre, incontrato forse a Mistretta, è colto di profilo, scultoreo, vivo, da toccare, per sentire come il tempo, il vento e il sole hanno lavorato sulla pelle rendendo indimenticabile il soggetto. È un volto segnato, dignitoso, saggio di un uomo che magari non si poneva le domande metafisiche del pastore errante dell’Asia, leopardiano, ma che si vorrebbe ci fosse amico. E certo pensa a Messina, squassata dal terremoto il 28 dicembre 1908, nell’illustrare il frontespizio del n. 6, dell’anno VIII, 1909, della rivista “L’Artista Moderno” di Torino, con un teschio coronato di aghi di cipresso, grondante sangue, un bastone spezzato, un tamburello che perde le sue borchie di metallo, con le scritte “A. Santi. Mistretta. Messina” e, a lettere capitali, “triste carnevale”. Rimane sempre molto stretto il legame con Pergola, dove ritorna per le vacanze estive, durante le quali può fare le abituali passeggiate e spostarsi nei luoghi vicini. Nel 1907 è a Fonte Avellana di cui ci lascia una insolita veduta (tav. 46): un delicato acquerello di una parte della foresteria ritratta dal piazzale dell’eremo, con la fila di finestre che vediamo ancora, ma che si affacciano sul giardino pensile e sul muretto con la porta ad arco e la tettoia a capanna che non ci sono più61. La sua città mostra per lui molta stima. Già nell’ottobre del 1902 egli aveva fatto parte, insieme al “Prof. Angelo Fagioli, Giovanni Filippini Perito, Pietro Gambioli Ingegnere, Prof. Gino Ginevri, Quinto Laurenzi Perito, Luigi Sebastianelli Perito”, della commissione chiamata, dal Consiglio della “Compagnia di San Secondo”, a decidere in merito ai restauri alla facciata della cattedrale, in occasione dei festeggiamenti per il centenario del martirio del Santo, Patrono della città62. È lui ad eseguire, forse intorno a quella data, il ritratto di monsignor Alfonso Maria Andreoli (n. 86, p.150), nato nel 1850 a Pergola da nobile famiglia eugubina, vicario generale della diocesi di Cagli e Pergola, valente oratore, vescovo del Montefeltro nel 1896, poi di Recanati e Loreto63. Suo è anche quello della distinta signora Giuseppina Arbizzoni (n. 87, p. 150), moglie di Adelelmo Bartolucci (1853-1938), musicista pergolese, compositore di opere assai applaudite, quali Giordano Bruno, Lyna, Deidda, La zingara di Granada64. Realizza inoltre il manifesto con il Pierrot pensoso ed occhialuto, con la mano in tasca, accanto ad un alto iris65, utilizzato, insieme ad una cartolina con la stessa figurazione, per le manifestazioni del carnevale pergolese, con colori diversi, dal 1900 al 190666. È conosciuto oltre Pergola, infatti lo troviamo nel 1906 a comporre la copertina dell’opuscolo Giordano Bruno, con il discorso commemorativo pronunciato il 17 febbraio 1906, a nome della “Sezione del Libero Pensiero Cecco d’Ascoli” di Fabriano dal professore Alberto Gianola che gli offre una copia del suo lavoro “con affetto fraterno”, a dimostrazione della simpatia, ricambiata, del Santi giovane per idee ed ambienti progressisti67. Nel 1910 illustra la copertina del numero unico Per il cinquantenario della liberazione delle Marche (1860-1910), con cinque scudi recanti l’emblema sabaudo e delle quattro province marchigiane, pubblicato dall’Associazione Marchigiana per la Storia del Risorgimento Italiano a cura del segretario Giovanni Spadoni. Esegue anche il dise19


gno per il manifesto e la cartolina (n. 12, p. 118) in occasione dei festeggiamenti dell’8 settembre - ricorrenza del cinquantenario dell’insurrezione di Pergola, che aveva dato l’avvio alla campagna nell’Italia centrale delle truppe sarde, permettendo l’annessione delle Marche al regno sabaudo - indetti da un Comitato promosso dai reduci dalle patrie battaglie, reduci garibaldini, monarchici, sezioni del libero pensiero, repubblicana, socialista, circolo popolare anticlericale, gruppo radicale, gruppo massonico, in contrasto con il Comitato cittadino presieduto da Luigi Nicoletti, dal 1908 sindaco di Pergola, che invece solennizzò la ricorrenza il 6 novembre, anniversario del plebiscito attraverso cui l’elettorato marchigiano espresse la volontà di annessione al regno piemontese68. Nell’opera finita appaiono maggiori particolari rispetto al bozzetto69. Vi si scorge un giovane in atto di avanzare cantando, a torso nudo, il braccio sinistro disteso, il pugno chiuso, la mano destra a trattenere, appoggiandola alla spalla, la bandiera con lo stemma di Pergola e la data 8 settembre. A terra, a destra, la tiara papale ed una catena spezzata, particolare certo gradito al comitato promotore, che celebrava la “liberazione gloriosa dalla tirannia papale”70. Alessandria Il primo ottobre 1910 Archimede Santi viene nominato professore ordinario di disegno alla Regia Scuola Normale (poi Istituto Magistrale) “Diodata Roero Saluzzo” di Alessandria, ove si trasferisce con la moglie. Qui nel 1912 nasce Gemma, ed a lei subito dedica un disegno ad acquerello e china, in perfetto stile floreale, con la scritta “Gemma Santi / 30 dicembre 1912 / ore 15, 35” (n. 13, p. 118). La ritrarrà nelle varie età della vita, dal 1914 al 1941: bambina con la morbida cuffia (tav. 39), o con i capelli sciolti, ondulati (n. 53, p. 122), pensosa giovinetta pettinata “alla garçonne” (nn. 61-62, p. 123), o con un grazioso cappellino ornato di pompon negli anni Venti (tav. 41), con lo sguardo sempre più triste nell’età matura (nn. 63-66, pp. 123-124). I primi anni in Alessandria sono fecondi, ricchi di impegno e di soddisfazioni. L’artista si dedica con passione all’insegnamento e nello stesso tempo continua la sua collaborazione con “L’Artista moderno”, cui nel 1912 si aggiunge la rassegna illustrata “Roma”. Dipinge sempre e disegna, per il bisogno che sente di esprimere le sue emozioni alla visione diretta delle cose e, sovente, di paesaggi che rende talora in maniera particolareggiata e minuta, talaltra in modo sintetico, a tratti veloci, sicuri, perché non si tratta per l’artista di una mera rappresentazione della realtà, ma di una illustrazione variegata di paesaggi dell’anima. Anche le nature morte appaiono di fattura assai diversa tra loro. In Cipolle (tav. 4), che esporrà nella mostra del 191471, trova la sua realizzazione più compiuta l’idea della precarietà. Manca ogni piano d’appoggio; le cipolle sono appese a grappolo, spuntano dalla macchia scura sulla destra cercando la luce; esse occupano tutto lo spazio del quadro: povera umiltà che si fa protagonista. Le cipolle, che sembrano sentire tutto l’affannoso divenire del tempo, sono tratteggiate sommariamente in forme sfocate, tremolanti, quasi sgranate; il Santi crea qui una sorta di dissolvenza timbrica con tonalità che trascolorano morbidamente una nell’altra, rosa, salmone, verde, grigio, colori spenti ma di grande raffinatezza. L’artista si propone in modo del tutto diverso in Natura morta con arancia (tav. 7) limpida, di una precisione quasi fiamminga, dove è un tavolo di legno di cui si distinguono i nodi e le venature; vi è appoggiato un grande specchio su cui si riflettono una ciotola bianca con il suo piatto, due uova, una caffettiera di peltro, un tovagliolo ed una spettacolare arancia che dà luce a tutta la composizione. Lo spigolo del tavolo in primo piano in basso fa da cornice obliqua agli oggetti che vi sono collocati; pure il tovagliolo spiegato ed appoggiato a destra movimenta un impianto straordinariamente rigoroso nella calma staticità e giustapposizione degli elementi che la compongono, in un equilibrio di curve e spigoli, pieni e vuoti. In tutto il testo pittorico si assiste ad un perfetto bilanciamento delle forme, delle linee e dei volumi: l’arancia a sinistra simmetrica al tovagliolo, a destra, la linea del manico del cucchiaio uscente dalla scodella ed il manico della brocca a destra. Anche i colori, come i pieni ed i vuoti, sono pausati ritmicamente nella scelta di accostare cromie fredde e calde, tra le quali quella dell’arancia, doppiata dal piano a specchio del tavolo, costituisce un punto d’attrazione a cui tutto sembra convergere. Per quest’opera, non datata, si potrebbe pensare ad un avvicinamento del Santi alle ricerche della corrente No20


vecento, un po’ come era accaduto al pesarese Fernando Mariotti che da una pittura veloce e a macchia, suggestionato dal clima culturale prevalente: ritorno al classico come senso del volume, ritmo, misura, aveva realizzato opere come Natura morta con disegno del 1926 “dalla compitezza volumetrica e accademica…perfette”72, per poi tornare a colori vibranti e ad una pennellata molto più immediata, cezanniana. Natura morta con candeliere e mele (tav. 6) suggerisce un’idea complessiva di maggiore instabilità rispetto alla tela di cui si è detto in precedenza. Su un tavolo compaiono otto mele campagnole giallo-rosse, insieme a un boccale di ceramica bianca a decori blu e ad un candeliere slanciato di ottone, piccole cose che si sono conservate e possiamo ancora vedere. Il piano di appoggio appare ondulato e su esso si collocano oggetti che sembrano racchiudere un dinamismo potenziale ed incipiente, quasi che stiano per rotolare lungo il tavolo. Essi risultano delineati con una stesura del colore sommaria, sintetica, che li fa apparire un poco sfocati; la scena non risulta in sé conclusa, suggerendo, piuttosto, la realtà al di fuori di essa, nella candela tagliata a metà che cerca la vita. Anche qui, giustapposizione dei toni freddi dei decori della brocca e dello sfondo azzurrino, cui fanno da contraltare i toni caldi delle mele e del candeliere. E, ancora, in Natura morta con gobbo e triglia (n. 29, p. 120), su un tavolo senza tovaglia è posato un gobbo rigonfio, con accanto, in un piatto, una triglia lucente e una bottiglia di vetro verde su cui gioca la luce. A mano a mano il modo di dipingere ritorna più veloce, i colori, resi a rapidi tocchi, si fanno più densi. E’ così nel Vaso con zinnie giallo arancio (tav. 5): i grandi fiori con le loro foglie di un intenso verde, fanno bella mostra dentro un vaso di terracotta ad un’ansa, dipinto a tocchi di grigio, azzurro e marrone senza base d’appoggio, su uno sfondo che ripete, attenuati, gli stessi colori. Archimede Santi non fu, a quanto si sa, artista di grandi viaggi, non si ha notizia di un suo soggiorno a Roma o a Firenze; non fece, crediamo, il viaggio canonico a Parigi; non siamo a conoscenza di suoi scritti, né di un epistolario con cui avremmo potuto con maggiore chiarezza conoscere il suo pensiero, il suo orientamento artistico, le sue frequentazioni. Non era però un isolato e si teneva al corrente di ciò che accadeva nel campo dell’arte, con la visione diretta delle opere e con le riproduzioni o con quanto poteva conoscere dalla lettura di libri e di riviste d’arte che possedeva e che sicuramente poteva trovare anche nella biblioteca della sua scuola, a cominciare dalla rivista “Emporium”73, diretta da Vittorio Pica che nella sua rubrica “Attraverso gli Albi e le Cartelle” faceva conoscere a tanti artisti gli sviluppi della pittura europea, dall’impressionismo al simbolismo74. Attento e recettivo, non mancò sicuramente di informarsi sugli eventi artistici che accadevano nella regione che lo accolse per più di un trentennio. Ebbe modo certamente di visitare le mostre indette dalla Società Promotrice di Belle Arti di Torino, la Galleria Civica di Arte Moderna i cui acquisti privilegiavano per statuto gli artisti della regione75, le raccolte d’arte. Benché operoso nella prima metà del Novecento egli si sentì legato a correnti ottocentesche, non fu un innovatore, anche per questo non è facile tracciare un iter sicuro delle opere, da lui raramente datate. A suo tempo si è notata la sua arte “semplice serena, luminosa che alle fantasie modernissime preferisce la composta visione tradizionale” e si è avvertito che il suo linguaggio pur rasentando “alcuni costrutti consacrati dall’impressionismo è tuttavia aderente e sincero come arte personale”76. E su questo aspetto pensiamo occorra soffermarsi un poco. Quando Archimede nasce, nel 1876, l’Impressionismo ha, ufficialmente, appena due anni di vita. Era infatti il 15 aprile del 1874 quando a Parigi si era aperta una mostra organizzata da giovani pittori, in opposizione al Salon. Grande era stato l’insuccesso, disastroso l’esito. “La coscienza pubblica era indignata; […] erano cose orribili, sciocche, sporche; […] era pittura priva di senso”. Lo stesso nome “impressione” era un insulto, le impressioni sono prive di meditazione, superficiali, non definite, i quadri apparivano come tele dove fossero stati distribuiti a caso macchie di colore, come semplici abbozzi in attesa di essere rifiniti. Non migliori erano state le reazioni della critica alla seconda esposizione, nel 1876. Il linguaggio degli Impressionisti era troppo dirompente, troppo nuovo, troppo diverso dall’accademismo per essere compreso; l’indifferenza al tema da dipingere, la banalità di certi temi, l’assenza del disegno, i colori giustapposti, non potevano essere compresi dal pubblico. Quando Archimede inizia a dipingere l’Impressionismo si è affermato ed è tramontato, si sono succedute correnti: Puntinismo, Simbolismo; si impongono poi Espressionismo, Cubismo, Futurismo…ma Archimede che pure 21


è aggiornato, fa la sua scelta, non segue le mode. L’Arte del Santi si riallaccia indirettamente all’Impressionismo nella scelta di dipingere en plein air, nella ripetizione dei medesimi temi, ma è anche, come già accennato, urgenza interiore di esprimersi, di dar voce all’emozione, al sentimento, adesione al soggetto naturalistico ma anche proiezione della propria realtà interiore. Per questo i dipinti del Santi, pur non essendo rivoluzionari, emozionano e commuovono, perché vi troviamo l’uomo, delicato, poetico, malinconico, sognatore, gioioso. “L’artista esiste di per sé e non per i soggetti che sceglie; non è l’albero, il volto, la scena che mi commuovono, è l’uomo che trovo nell’opera”, recitava Zola, l’unico che aveva creduto da subito negli impressionisti. I quadri dedicati alla neve dal Santi, riflettono lo stesso atteggiamento degli impressionisti verso il bianco, il colore convenzionale della neve. Una volta Renoir disse ad un suo studente: “ in natura il bianco non esiste, devi riconoscere che sopra la neve hai un cielo. Questo cielo è azzurro deve rispecchiarsi nella neve, al mattino in cielo ci sono verde e giallo… alla sera rosso e giallo dovrebbero apparire nella neve”. E il rosso compare in Nevicata (tav. 31) e in Sole di marzo (tav. 34), come il blu del cielo si riflette nella neve azzurra malinconica e il colore dell’atmosfera, violetto, serve a creare le ombre nel suggestivo Febbraio (tav. 32). “Le ombre non sono nere, nessun’ombra è nera, hanno sempre un colore. La natura conosce solo colori… bianco e nero non sono colori”, dice ancora Renoir77. Anche l’acqua, tema caro agli impressionisti, ricorre frequentemente nelle opere del Santi, in varie forme, acqua di fiume, di stagno, acqua di mare, case che si specchiano nell’acqua. Raffigurare l’acqua permette di realizzare superfici ricche di sfumature ottenute con tocchi brevi e vibranti, permette di cogliere con libertà i riflessi del cielo e degli alberi sulla superficie, di catturare con tecnica rapida gli effetti di luce, i mutevoli aspetti del reale. In Mare di Trapani (tav. 2), in realtà protagonista è il cielo, striato da nubi bianche che si indovinano sospinte dal vento che spira da est e le rende oblique; il mare verde-azzurro occupa soltanto un quinto della tela, quasi si confonde col cielo azzurro-verde, se non fosse che sulla sottile linea dell’orizzonte si distinguono una, tre, due, piccole vele bianche, distanziate da spazi regolari. Il colore stavolta non è frammentato, verde e azzurro sfumano uno nell’altro e, nel cielo, si individuano pennellate azzurre sovrapposte a campiture bianche con effetti di celeste e verde-giallo, corposi e mossi. Del tutto diversa la resa di Trapani: il mare (tav. 3), in quest’opera il mare occupa quasi per intero il campo visivo separato dal cielo grigio da una netta linea bianca. Più in basso, enormi, spumeggianti cavalloni costituiscono una nuova cesura, potente e corposa, sotto la quale tutto è frantumato, con andamento obliquo, fino a formare un inaspettato triangolo scaleno arlecchino dove compaiono gialli, rossi, aranci, riflettenti forse una barca o una costruzione. Questo quadro andrebbe toccato tanto il colore fuoriesce e trasborda con esuberanza barocca! Nel suggestivo Lago (tav. 25), l’acqua immota, ferma, occupa la parte mediana della tavolozza, tripartita in senso orizzontale. È un tripudio di colori: cespugli infuocati o verdi contro un cielo celeste si specchiano nell’acqua frantumandosi in senso verticale; in primo piano è la sponda, realizzata con tonalità marrone-rosso brune da pennellate ad andamento orizzontale. Ne Gli Stagni al tramonto (tav. 26), il cielo occupa un terzo del quadro, bianco, giallo, verde ed è separato dall’acqua stagnante da vegetazione appena accennata di colore rosso, una lingua arancia di tramonto si riflette nell’acqua che si fa poi bruno cupa con sprazzi di azzurro-argento. Malinconicamente allegra è l’altra piccola tela intitolata Gli stagni (tav. 27) lo stacco cielo-acqua è situato all’incirca a metà campo. Un alberello in alto a sinistra dà senso a tutto il resto, è sottile, solitario, dal tronco riflesso, gli corrisponde, in basso a destra, un cespuglio di un verde corposo, con tocchi di nero. L’acqua trascolora restituendo, in senso capovolto, i colori del cielo, grigio-azzurro, arancio, blu. A questo punto, però, crediamo sia bene riflettere se l’attenzione del Santi all’“impressione” sia stata suggerita e la comprensione di essa agevolata dalla conoscenza che pensiamo abbia avuta delle opere dei paesaggisti piemontesi, da Antonio Fontanesi (1818-1882), a Vittorio Avondo (1836-1910), a Carlo Pittara (1836-1891), a Marco Calderini (1850-1944), a Lorenzo Delleani (1840-1908), al suo allievo e allora, ingiustamente, molto meno noto Enrico Reycend (1855-1928), la cui importanza è stata intuita e riconosciuta da Roberto Longhi 78, al quale 22


già nel primo quindicennio del Novecento la schiera dei pittori piemontesi appare “per la sua indefettibile fedeltà al “paesaggio puro”, come un inserto naturale nel corso della pittura moderna, una parte niente affatto provinciale di essa, proprio per il lavoro condotto in comune sugli stessi fondamenti, portato innanzi dagli stessi impulsi”. E se - come lo stesso dice - giunto a Parigi subito dopo la grande guerra, nel 1920, proprio per la sua cultura “torinese” e la conoscenza dei paesisti piemontesi seppe comprendere precocemente i testi originali della grande pittura paesistica francese, dal 1830 al 1900, da Corot, a Troyon a Monet79, qualcosa del genere potrebbe essere accaduto al Santi, piemontese di adozione, intorno a quegli anni, anche senza accedere alle opere originali. Non bisogna, però, dimenticare che già alla Biennale di Venezia del 1901 venne esposta una scelta di paesisti francesi del ’30, che nel 1903 e nel 1905 vi comparve un’ampia rassegna di pittura impressionista di cui ampiamente si occupò Vittorio Pica80, mentre è del 1910 la celebre mostra impressionista al Lyceum di Firenze, vigorosamente commentata da Ardengo Soffici81 che nulla vieta egli possa avere visto. Insieme agli artisti che abbiamo nominato, il Santi certamente considerò anche quei pittori “alessandrini”, spuntati - come ha scritto Raffaele De Grada - “dopo l’unità d’Italia, come per lievitazione in quel territorio dove la pianura padana si solleva verso le colline fertili dei migliori vini del mondo”82. Pensiamo ad Angelo Morbelli (Alessandria 1853-Milano 1919), al più giovane Angelo Barabino (Tortona (Al) 1883-Milano 1950), che aderirono al divisionismo, sia pure in tempi diversi, e furono legati d’amicizia a Giuseppe Pellizza da Volpedo (18681907) con cui ebbero “una corrispondenza carica d’umanità”83. Il Santi non accoglie nelle sue opere le tematiche sociali espresse da questi artisti, pur sentendole, ne siamo convinte, molto vicine al suo spirito. Da loro, invece, può avere derivato la tecnica divisionista che applica, senza puntiglio, in vari dipinti, come, ad esempio, in Verso la sorgente del Cesano (tav. 28), dove il greto del fiume, la vegetazione, i ciottoli sono realizzati in verticale, obliquamente e l’acqua zampilla, si incunea, scorre, si increspa, fa da specchio alla natura circostante, tingendosi, lei, incolore, di azzurro, verde, rosso, con note argentine. Un’altra opera assai vicina a questa, La barchetta (tav. 30), è tagliata in diagonale e sulla diagonale si innesta la vasca rettangolare realizzata in prospettiva da cui l’acqua - che esce azzurra da una cannella e si fa poi scura, cupa - trabocca tingendo di azzurro la terra sottostante, bruna, marrone, rossa. Un cespuglio frondoso, realizzato con pennellate a virgola, si sporge dal muro, anelando l’acqua. Nel 1914, dal 24 al 31 ottobre, si svolge a scopo di beneficenza ad Alessandria l’ “Esposizione artistica prò rimpatriati e disoccupati”84. Il Santi, che fa parte del Comitato artistico insieme ai pittori Luigi Gambini e Pietro Morando, vi partecipa con sette dipinti. Due di essi sono significativamente intitolati Impressione; non sappiamo dove siano finiti85, insieme alla Colombaia, ad Amici, a Scogli di Ligny, dipinto sicuramente durante un soggiorno a Trapani, al Vecchio mulino sul Tanaro, ricco di “una poesia calda, come è calda la gamma dei suoi colori”86. Possiamo invece ancora ammirare le aeree, trasparenti, rosate Cipolle. Alla mostra sono presenti, tra gli altri, Angelo Morbelli, Angelo Barabino e Francesco (Cino) Bozzetti. E proprio tra quest’ ultimo, autore di acqueforti “dalla linea sicura e disegno nitido”, pervase da “senso di poesia melanconica” e il coetaneo Santi vengono rilevate “affinità spirituali”87. Durante la prima guerra mondiale il nostro artista realizza cartoline patriottiche per il Prestito Nazionale, per la Croce Rossa di Alessandria, per l’Unione Generale degli Insegnanti Italiani, sezione di Alessandria; in una appaiono gli artigli di un’aquila in catene e la scritta “Delenda Austria”, in un’altra la splendida Nike88, di cui è sopravvissuto l’originale a china (tav. 42). Dopo il 1918 e la svolta dolorosa della sua vita, toccata dalla morte prematura della moglie, si impegna ancora più a fondo nel lavoro di insegnante e continua a dipingere ed e a disegnare. Ogni momento ed ogni supporto è buono, così un pioppo di una lievità quasi baroccesca compare sul verso di una ricevuta di vaglia “da lire Dieci”, versato “come seconda rata per l’anno 1920” (tav. 58). In questo stesso anno disegna cartoline per la ricostruzione. A partire dal 1921 illustra una serie di “Libretti itinerario per l’utilità del viaggiatore”, autorizzata dalle Ferrovie dello Stato per la casa editrice “Novissima” di Roma. I disegni a penna vengono lodati in una breve nota sull’ “Artista Moderno” per “quella franca e gustosa finezza che distingue l’autore”89. Il lavoro è svolto esclusivamente da lui, ad eccezione di quello per le linee della Toscana in cui è affiancato da Dino Vannucci e Aleardo Terzi e quello 23


per Napoli - Reggio Calabria nel quale compare ancora Aleardo Terzi, personalità di spicco già in quegli anni nel campo della grafica90. Dal 18 dicembre 1921 all’8 gennaio 1922 partecipa alla “Mostra Annuale Intima” indetta dalla Famiglia Artistica a Milano. La giuria di accettazione è composta da Romolo Del Bò, Cesare Frattino, Emilio Malerba, Luigi Mantovani, Cesare Monti, Arturo Tosi. La sua opera si intitola ancora Impressione91. Durante un suo viaggio nel mese di aprile 1922 realizza Dintorni di Vicenza, un piccolo paesaggio ad olio con delle casupole e un albero spoglio in una pianura acquitrinosa ed il rapido scorcio a matita Dal monte Berico (nn. 164-165, p. 136). Attorno al medesimo periodo pensiamo sia forse da collocare la serie de Gli Stagni (tav. 25-26-27), dipinti nei vari momenti della giornata, Il ponte delle barche - Vicenza, I preparativi per le corse (nn. 167-168, p. 136). Ormai conosciuto e richiesto, collabora alla rivista “La vita cinematografica” di Torino: sempre nel 1922, per il numero di novembre, firma il ritratto di Elena Korceva, affascinante attrice bulgara che ebbe allora il suo momento di notorietà. Nel 1926 è presente, ancora a Milano, alla “Mostra d’arte in vantaggio dell’Ente benefico Il fanciullo d’Italia”, con due opere ad olio: Sole d’ottobre e Novembre92. Durante l’estate ritorna a Pergola e, come d’abitudine, si sposta nei luoghi vicini: il 18 agosto del 1926 disegna in modo assai accurato e preciso La Chiesetta della grotta di Frasassi (tav. 47) che rappresenta anche in Grotta di Frasassi (n. 150, p. 133), un dipinto ad olio pieno di macchie di colore, quasi fosse un quadro astratto. Tra il 1926 e il 1927 Archimede si reca ad Assisi e realizza alcuni quadri che si differenziano dagli altri e sono simili, tra loro. Scorcio di Assisi, San Pietro (tavv. 22-24), Porta di San Giacomo (n. 159, p. 135), San Rufino (n. 27, p. 144), sono dipinti con fresche e squillanti tonalità arancio che evocano una situazione di solarità, di gioia. Accende di arancio le pietre, perché quello è il colore che il suo animo avverte. Così nei primi anni ’30 tinge di rosso la pietra tenuemente rosata della facciata di San Francesco a Pergola (n. 50, p. 147), perché - spiega ai bambini che lo osservano - quello è il colore che lui vede e gli altri non vedono93. Gli scorci assisiati sono realizzati giustapponendo tocchi rettangolari orizzontali di colore puro, aranci, rossi, gialli, resi poi sordi da tocchi bruni, neri, a suggerire profondità, luoghi in ombra o porte nascoste, in momenti della giornata di pieno sole o al tramonto. Lo stesso clima festoso sembra tornare in Veduta di paese (tav. 17), Campanile di S. Marco (tav. 15), o Gli Orti (tav. 16), o, ancora, in Paesaggio (tav. 19) dove, dietro quinte arboree o cespugliose di un verde forte, eseguite a piccoli tocchi, si accendono case e palazzi dai tetti rossi e dalle mura giallo-arancio che sembrano nascere da pennellate veloci e lunghe. Lieto è il piccolo gioiello Panni Stesi (tav. 18), dove, a fare da protagonista, sono lenzuola bianche su cui si proiettano ombre grigio-azzurre. Archimede Santi dal 1927 inizia la sua collaborazione con Cesare Ratta, “editore in Bologna” di preziosi volumi94; il suo nome vi comparirà fino al 1938, anno in cui le pubblicazioni cessano con il secondo volume di Congedo. Sempre forte è l’impegno a scuola “che ha fatto seconda sua famiglia”, dove figura nel ruolo d’onore per tre promozioni per merito distinto95. Non ha certo fretta di prendere la tessera del partito fascista; nel 1931 viene rimproverato via lettera per avere partecipato ai funerali dell’antifascista Zanzi, padre di Teresita, insegnante nella sua scuola96. Conserverà la carta nel portafogli per il resto della sua vita. Facendo tacere il suo “spirito combattivo”, sicuramente per fattori contingenti, come fu per tanti italiani, si iscrive al “Partito Nazionale Fascista” nel 193397. Cura anche le pubblicazioni: nel 1935 Pergola e dintorni. Impressioni di Archimede Santi, con trenta vedute, di cui cinque in tricromia e, nel 1939, Disegni di Archimede Santi, con quindici disegni di Pergola, del paesaggio 24


circostante e del monte Erice e di Trapani, che appaiono quasi una sorta di “ballata del tempo che fu”. Rimanendo al paesaggio pergolese, infatti, chi ricorda il laghetto di Bellisio, sovrastato dallo sperone roccioso con il santuario della Madonna del Sasso, le casette sparse sulle colline, i pagliai dietro le case del “Piano” e del “Campetello”, il ponte delle “Birarelle”, quello di prima della guerra, la “Cona”, lungo il Cesano, in cui le donne di Pergola andavano a lavare i panni? Ci appaiono in questi disegni, un regalo di Archimede dettato dall’amore per la sua terra e che hanno per noi, oggi, anche un valore documentario non trascurabile. Ne coglie la valenza artistica e la poesia Luigi Servolini, notevole incisore e autore di saggi di critica, che, presentando la seconda raccolta, indica i requisiti essenziali dell’arte del Santi “nell’emozione pura, nella fresca visione diretta resa limpidamente con un disegno lineare, schietto, che carezza le cose e ne dice in sintesi l’essenza, invitando a completare i particolari e a meditare”98. Il critico introduce anche l’ultima pubblicazione Vernante Valle Vermenagna, del 1940, con ventotto disegni e due acquerelli, “realizzati tutti di seguito” e frutto di un viaggio estivo a Vernante, “un grazioso paesino montano della Valle Vermenagna, ancora ignaro delle mode d’oggi con le sue piccole case dai balconi fioriti, con i tetti di lavagna, con il vetusto castello che domina sempre: un paesino meta di villeggianti e di turisti” sulle montagne di Cuneo che, per fortuna, ha mantenuto parte delle sue caratteristiche, come è detto in altra parte di questo volume. Il Servolini evidenzia le qualità dei disegni a matita, “dal tratto semplice e libero, di un chiaroscuro dolce e delicato, che dà forme, vita, volumi alle cose senza sciuparne l’intimo significato: disegni che, nella loro riposata e casta stesura grafica, hanno tutta quella suggestione poetica, che pochi “grandi” disegnatori di oggi conoscono…”. Annota anche i “due acquerelli ricchi di colore e onesti di tecnica, toccati con un gusto che, senza peccare di moderna irrequietezza, è del linguaggio d’oggi”. Ma - aggiunge - “di senso cromatico… sono pieni, del resto tutti questi disegni a matita, dove bianchi, neri, mezzetinte, creano, perfetta, la suggestione della luce, dell’atmosfera, dei volumi, dello spazio!”99. Tra i disegni del periodo, che possono ben esemplificare quanto sopra, compare un albero solitario, il maestoso protagonista di Giardino pubblico (tav. 63), disegno a carboncino poi pubblicato in “Alexandria”, rivista mensile della Provincia, stampata nella città in cui vive. Il tronco si erge per un metro, diritto, possente, poi arretra formando una grande curva a destra, poi rientra, torna ad essere diritto ma si piega di nuovo, a sinistra stavolta, biforcandosi in due rami da cui si dipartono ramoscelli fronzuti che ricadono a pioggia fin quasi a toccare terra. E’ un albero ferito che continua a offrire rifugio. Se ci si allontana da questa immagine realistica riproducente un salice, ne sovviene un’altra: un uomo inginocchiato che stringe tra le braccia le caviglie di una donna, in piedi, dalla schiena inarcata, dai capelli sciolti, lunghi e le braccia levate verso l’alto. Un simbolo? Una metafora? Un’allegoria? Forse un omaggio ad Hermann Hesse che scrisse in Favola d’amore: “…Appena giunto in Paradiso Pictor si trovò dinnanzi ad un albero che era insieme uomo e donna… giacché più di una volta aveva desiderato essere albero, perché gli alberi gli apparivano così pieni di pace, di forze, di dignità…”. Nella stessa rivista vengono pubblicate alcune vedute di Alessandria: Vecchie case di Via Giovanni Lanza con le scale esterne, i terrazzi a ringhiera, il fumo che esce da uno dei camini, la stradina di terra fiancheggiata da arbusti; L’Officina Borsalino, che ha dato il nome ai pregiati cappelli, con le alte ciminiere ormai sparite. E vi appare ancora il Giardino pubblico (tav. 62), con il viale e gli alti alberi, riconoscibili nelle cartoline del bel volume di Domenico Picchio100. Nel maggio del 1942, poco prima di concludere la sua carriera di insegnante, il Santi presenta “quasi di sorpresa”, quasi regalo d’addio, in un sala concessa dal Dopolavoro Provinciale cinquantasei “impressioni” di Alessandria e della sua campagna “che dicono la commozione e l’ora in cui l’artista ha 25


fermato sulla tela le vivaci visioni da lui godute” e gli fanno meritare il titolo di “poeta degli orizzonti alessandrini”. La mostra ottiene un vasto consenso di critica e di pubblico. Dell’artista vengono messi in luce “il sentimento mistico” e “lo spirito riflessivo sebbene espansivo” che lo portano “ad approfondire tenacemente le certezze spirituali della pittura…e ad esprimersi con maggiore libertà ed emozione nei paesaggi, dagli “impasti di luce albeggianti e crepuscolari approfonditi e arricchiti in un registro cromatico che dà esiti di una sensibilità coloristica fusa di atmosfera luminosa e modulata di toni sereni e meditativi, per non dire romantici e nostalgici…”. Si notano la maturità del disegno, il tocco staccato di pennellate, tendenti a dare una “vivificazione impressionistica alla ferma materia delle sue case e dei suoi cortili…che assume un nuovo impegno espressivo, si direbbe religioso nei soggetti naturali, quali gli alberi, le radure, le nevi…”101. Delle cinquantasei opere allora esposte quelle da noi conosciute sono soltanto nove; sei di esse: Sotto i vecchi bastioni, Il Fossato della cittadella, La piazza dopo la pioggia, Il piazzale del cimitero-Novembre, Ai giardini, sono scorci della città. Nelle altre: Ottobre, Febbraio, Nevicata, Nevicata in marzo, appare la campagna alessandrina in autunno o d’inverno, con alberi spogli sulla terra innevata e alberi “fantasma” sullo sfondo nebbioso102. L’ultima mostra cui il Santi partecipa, sempre in Alessandria, nel febbraio del 1943, viene - scrive il cronista - “quasi silenziosamente inaugurata come si addice alle ore storiche che attraversiamo” ed è importante, perché attesta “la varietà dei temperamenti in gioco sulla ribalta pittorica della provincia… per la personalità degli espositori e per il valore e il carattere delle opere esposte”. Sono presenti giovani artisti ed altri ormai affermati. Tra di essi Angelo Barabino porta “il soffio delle ultime correnti ottocentesche che si spezzano con il divisionismo dando alle sue tele, con il suo senso crepuscolare e in pari tempo luminoso del colore un valore sofferto di poesia…”; “un orientamento mistico guida Pietro Morando nel suo pensiero, se non nella tecnica delle figure e del colore che in lui esige una esecuzione oggettiva della realtà lontana dall’emozionismo pittorico…”; Carlo Carrà con le acqueforti Donna e Vecchio esprime una “raffinatezza quasi crudele tanto è veridica”, mentre sono “ in fatto di rossi, piacevoli le soluzioni date dai due paesaggi marchigiani di Archimede Santi” che con Querce e Colline esprime “il rosso in effetti di ombre e chiaroscuri in una georgica armonia con il verde delle colline e di fronzute ramaglie”103. Il ritorno Un pò prima di questa mostra, sullo scorcio del 1942, a 67 anni, troviamo il Santi definitivamente a Pergola, dove vive con la figlia, maestra elementare che però eserciterà la professione soltanto dopo la sua morte. Muovendosi verso la campagna dipinge nell’ottobre del 1942 Luci di tramonto. Case ai Viticchi (tav. 55), una veduta di case quasi a schiera - che possono in parte ancora oggi riconoscersi - con la strada e gli orti racchiusi dai recinti. Meta di una sua gita è il Monte Petrano che compare sul fondo nel dipinto a olio Il pioppo del cortile del marzo 1943 (tav. 56). Continua le sue passeggiate a Pergola, dirigendosi spesso verso gli Zoccolanti; a volte si sofferma nell’abitazione dei Ferroni, dove c’è chi lo ricorda ragionare sui risparmi da destinare alla figlia del cui futuro si preoccupava. E giustamente, perché con la svalutazione ben poco, sembra, rimase. Quale unico e riconosciuto esperto d’arte, illustra a gruppi di giovinette, “le pitture del Palazzolo e l’architettura della chiesa di San Giacomo”104. Dà lezioni di disegno alla giovanissima Rosalba Barbanti Tomasi Amatori nella casa di famiglia e, riconoscendone le doti, dispone che, dopo la sua morte, le sia donato il suo cavalletto. È il Santi a volere, nel 1943, nella nicchia sul muro retrostante la chiesa di Sant’ Andrea, la statua in pietra della Madonna di Loreto, a chiedere protezione sulla città dai pericoli della guerra. Passato il periodo bellico, continua a prendere parte alla vita della città; in qualità di Ispettore Onorario ai Monumenti fa sentire la sua voce in occasione di restauri a chiese105: per quella delle Tinte si adopera affinché gli stucchi decorativi settecenteschi non vengano distrutti106. Muore stroncato da “un male improvviso” la sera del 20 aprile 1947107. Proprio in quei giorni si stava realizzando, lungo la strada che conduce al cimitero, la Via Crucis, con la prima stazione dedicata “Ai Caduti di tutte le guerre”, 26


alla cui ideazione aveva collaborato108. Scorrono gli anni; la Pergola di allora, povera e avvilita, non ha tempo e modo di ricordare questo figlio che le ha voluto bene, così il silenzio si posa su di lui. Finché un suo dipinto, Alla sorgente del Cesano, non compare sulla copertina di un volume pergolese109, quasi a segno di una volontà di “rinascita” di Archimede Santi che, quasi di nascosto, ha fatto la sua parte tra artisti di ottimo nome e celebre mano sui quali oggi si fa più incisiva l’attenzione della critica110 e che, se pure di loro meno noto, aspetta gli venga riconosciuto il posto che merita nel panorama artistico del suo tempo e nella Storia dell’Arte.

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“Ricordanze…” di Marisa Baldelli Ho vissuto la mia infanzia in una piccola, vecchia casa sulla strada che da Pergola porta a Pantana, spesso in solitudine dopo i sei anni. I miei compagni d’infanzia se ne erano andati con le loro famiglie dopo la fine della guerra, alla ricerca di orizzonti migliori che la coltivazione di una terra avara. Poche erano ancora le case, molti i campi, d’estate illuminati dalle lucciole. Si andava ad attingere l’acqua con l’orcio alla “fonte di Vitale” o alla “vena di Orsini”, vicino al Cesano. Lì le donne del posto lavavano i panni e bagnavano i “torcelli” che lasciavano imbiancare dal sole. Leggevo molto, le fiabe arricchivano la mia fantasia. Quasi ogni sera mio padre, tornando dall’ufficio, mi portava un nuovo libro di fiabe della casa editrice Salani; purtroppo non ne ho più nessuno, allora non ero, in fatto di carta stampata, conservatrice. Tra i libri della “biblioteca” di babbo, nella stanzetta - rifugio vicino alle scale della soffitta, ce n’era uno in particolare che mi attraeva, perché era tutto di figure. A me le figure piacevano tanto che alcune ne toglievo dalle pagine, erano quelle a colori che si potevano staccare. Per questo il mio esemplare di Pergola e dintorni. Impressioni di Archimede Santi è mutilo. Pergola fu molto amata da Archimede Santi che la ritrasse per tutta la sua vita. Di essa non ci mostra i palazzi, ma gli angoli segreti, come in Decadenza (tav. 9), in cui un triangolo di luce spiove dall’alto, per rivelare un cortile con un balcone e il pozzo, con colori dalle tonalità marroni e azzurre, e svanire. Disegna uno scorcio del cinquecentesco palazzo Guazzugli-Buonaiuti, con la sua altana, indugiando sulle crepe dei muri in Sotto la rocca (n. 70, p. 149), l’antica fortezza di cui ritrae i ruderi (n. 55, p. 147), da ponente e dal basso, dove fino a poco tempo fa c’era la campagna e ora proliferano abitazioni. Predilige i luoghi nascosti e silenziosi, come Via del Rialto (tav. 13), questo è il titolo che egli dà alla strada, con le vecchie case che da San Francesco conduce alla “porta di San Marco”, unica rimasta delle porte che chiudevano Pergola fino dalla sua origine, nel quartiere detto, nelle antiche carte, proprio del “Realto” o “Rialto”, anche se oggi non lo sa più nessuno. È un quadro dipinto a macchie: larghe pennellate verticali rendono le case, orizzontali le pietre del selciato, squadrate a mano una ad una. Doveva essere un luminoso mattino: il sole tinge di giallo e di rosso i neutri colori di un’alta casa a destra, con i panni stesi ad una finestra e accende i piccoli fiori nei vasi sui davanzali. Il cantone è solitario, silenzioso, ma il silenzio suggerisce la vita: tra poco si apriranno le persiane dipinte di verde e le porte delle case; qualcuno si muoverà per la via, qualche artigiano aprirà la sua bottega e si accingerà al lavoro. Oltre l’arco della porta antica, sopra cui macchie rosse e blu suggeriscono la Madonna con il Bambino che ancora oggi vediamo, il sole schiarisce del tutto o a metà le case, come quella azzurra, presso le scale che certo l’artista scendeva per raggiungere le “Birarelle”, l’antico quartiere dei tintori con le vecchie case e la chiesa di Santa Maria delle Tinte. Qui attorno, nel silenzio rotto appena dallo sciabordio delle acque del Cesano ha realizzato varie vedute. Riconosco i luoghi con Eleonora Guerra, giovane fotografa, nata in questo quartiere che non sembra aver subito grandi trasformazioni. È però molto diverso oggi il ponte sul Cesano rispetto a quello vecchio, distrutto durante la guerra, che il Santi riprende, con ciuffi d’erba affioranti tra i mattoni (n. 56, p. 147), dalla strada, vicino all’antico mulino ormai smantellato. Sempre da lì disegna la chiesa (n. 48, p. 146) e ci mostra ancora il ponte sul fiume, la solenne “casa Moraschini” con la teoria di aperture ad arco e, più su, altre case e i merli della torre civica. Dalle sponde del fiume fa emergere gli alberi e la chiesa di San Francesco con il tiburio e lo slanciato campanile, arricchito della cuspide che mai ebbe, ma che a lui sarebbe piaciuta come completamen29


to. Spostandosi lungo la strada che prosegue diritta oltre il ponte, in un giorno luminoso dipinge Vecchie case a Pergola con tonalità chiare, liquide, sui toni del giallo, rosato, verde tenue (tav. 49). Sui muri, in basso, si riflettono le ombre degli alberi; più in alto si abbracciano case e palazzi, in mezzo si eleva il campanile di San Marco che, in Veduta di Pergola (tav. 15), compare ancora a distanza ravvicinata, oltre una quinta di alberi verdi, sopra un presepe di case dai festosi tetti rossi e dalle finestre scure, sotto un magico cielo dorato. Inoltrandosi poi per la stradina a sinistra, all’inizio della faticosa salita di via XX Settembre, in una tavola dai colori solari, corposi, dati a piccoli tocchi, fa apparire le case abbellite dal verde delle fronde e, al di sopra, ancora il campanile della chiesa di San Francesco. Sul retro scrive “Viuzza - Vaseria” (tav. 50), altro titolo antico del luogo ove si foggiavano terrecotte e di cui rimane appena il ricordo. Sempre lì attorno realizza La sassaiola (tav. 51), in cui su uno sfondo beige rosato, accanto alla vegetazione di un colore verde chiaro, dato a rapidi tasselli, si scorge una piccola casa ancora in piedi e, sopra la muraglia, uno scorcio del giardino e del convento delle Orsoline, oggi casa di riposo. Forse percorrendo il vicino sentiero ombroso, ormai quasi cancellato, il Santi raggiungeva la “Cona”, punto del Cesano che vediamo in un disegno con le grandi pietre che si specchiano nell’acqua (n. 57, p. 147). Invece dalla scorciatoia che sale oltre il vallato del “mulino delle Tinte”, attivo fino a non molti decenni fa, giungeva alla chiesa di Sant’Antonio e all’ex convento dei Minori Osservanti, gli “Zoccolanti”. Da qui ha ripreso il campanile maestoso della cattedrale, da solo (n. 45, p. 146), e anche insieme a quello degli Zoccolanti e a quello piccolo, a un fornice, della settecentesca chiesetta dei Santi Carlo e Donnino (n. 46, p. 146), annessa al vecchio ospedale. Il Santi non ama rappresentare interni delle chiese; nel Duomo più che dallo splendore dorato degli altari o dalla vaghezza delle statue e delle pitture, viene attratto dalla statua lignea quattrocentesca del barbuto Sant’Antonio Abate (n. 134, p. 132), oggi ammirata al Museo, e ce la mostra sotto un baldacchino rosso e verde, con i lumi attorno, come certo appariva quando veniva esposta in occasione della festa del Santo il 17 gennaio. Ama invece ritrarre dall’alto “quei tetti che formano una città sconosciuta alla città” con gli abbaini e i comignoli di coppi e mattoni, ormai sempre più rari, e i campaniletti a vela delle chiese: quello di Sant’Orsola (n. 47, p. 146) quello di San Biagio (n. 51, p. 147), con sullo sfondo le colline dei Barbanti, quello di Santa Maria dell’Olmo (tav. 12), che compare oltre i tetti ed un’alta pianta delle foglie rosse e gialle autunnali e, lontano, le colline e Fenigli, altra località della quale più volte coglie la nascosta poesia. Ne rappresenta il paesaggio sotto il cielo grigio-azzurro con in primo piano alcuni casolari, o rustiche case che si affacciano sulla stradina assolata, come in Casette di Fenigli (n. 88, p. 151), oppure, a colori densi in cui il verde predomina insieme a tocchi rossi, la porta del paese consunta dai secoli, oltre la quale si scorge la campagna circostante (tav. 14). A volte Archimede ritrae cimiteri. Di quello di Pergola raffigura il campanile che svetta sul retro della chiesa e sfoggia i colori rossi e gialli squillanti, di un acceso tramonto (tav. 20). Sul fianco, a sinistra, si vede il convento costruito per i frati cappuccini nei primi anni del Seicento che non c’è più, perché ha fatto, in tempi abbastanza recenti, posto alle tombe. Sul muro, a destra, si riflette il cipresso verde cupo che vive ancora, insieme al suo gemello che qui non appare. In un’altra opera compaiono i cipressi, in “duplice filare”, e lasciano vedere un tramonto di rosa acceso ed un cielo celeste interrotto da nuvole bianche, carico di malinconia (tav. 21). E malinconia traspare anche nelle vedute autunnali di una campagna solitaria: campi con filari di viti e pioppi mangiati, lontano, dalla caligine (n. 147, p. 133), pagliai e alberi dalle foglie giallo-rosse, sotto un cielo di nuvole biancastre come in Autunno (tav. 53). Non ha posto l’uomo nei paesaggi di Archimede, solo ne Il corso (tav. 65), compaiono figurine a passeggio rasen30


te al muro, lungo la via principale di una città illuminata in parte dal sole. L’uomo non c’è, tuttavia se ne indovina la presenza. Qualcuno ha posto i panni sul ballatoio della casa contadina con la scaletta esterna, qualcun altro ha aperto la porta del pollaio; è entrato il sole ed hanno guadagnato la libertà due galline e un galletto che ora canta a gola spiegata (tav. 8). Una donna ha steso le lenzuola sul filo sostenuto da un palo a forcella, andandosene subito a svolgere altre faccende. Un contadino ha guidato l’aratro trainato dai buoi per arare i campi sulle colline… Guardo i paesaggi del Santi e affiorano ricordi lontani. Ce n’è uno, dipinto ad olio, con un pagliaio solo, grande, in un angolo e, all’angolo opposto, una casa di campagna a più altezze (tav. 54), perché certo cresciuta in diversi momenti. Ha davanti due alti, esili alberi e, lontano, la collina. Forse mi sbaglio, ma mi pare di riconoscerla, è la casa dell’Ernesta, “zi’ Ernesta” per mia cugina Anna. Insieme a lei andavo a farle visita, nei giorni in cui con mamma mi recavo dalla nonna Settimia alla “cabina elettrica”. La casa sorgeva sul piano alla fine della stradicciola che, costeggiando il lato sinistro della chiesa e dell’orto degli “Zoccolanti”, prosegue impervia e suggestiva, fiancheggiata da querce secolari, meta ideale di passeggiate romantiche. Ampia è da lì la vista: vi si scorgono le colline, i monti e Pergola in basso distesa. Quella è stata la meta delle escursioni felici della mia infanzia, “il posto delle fragole” per generazioni di ragazzi ed anche per me. Ho continuato a raggiungerla fino ad anni non molto lontani e mi accoglievano Gino e la Bruna, che coltivavano il podere dell’Ernesta, curando la terra anche sulla costa scoscesa. Vicino alla casa c’era la fossa dell’acqua piovana e il letamaio; lontano, in mezzo al campo, il pozzo per attingere l’acqua potabile. C’era un orto dietro la casa, e un pollaio. Amo pensare che proprio da lì sia uscito il galletto canterino che ho ricordato sopra. Ora quella casa è sparita; al suo posto ne è nata una nuova, anch’essa ad altezze diverse. Ma io la rivedo, in questo dipinto e mi torna alla memoria il cane che abbaiava venendomi incontro legato alla lunga catena, il sapore delle piccole pesche della pianta vicina, il tempo fuggito…

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Viaggio a Vernante in cerca di segnali, memorie, impressioni (agosto 2001) di Alessandra Oradei Forse era l’inizio dell’estate del ’39 quando Archimede si recò a Vernante. Sicuramente era finita la scuola e lui scelse questo sperduto “paesino” per riposarsi. Verosimilmente percorse la strada che da Alessandria porta ad Asti, di lì a Fossano, Cuneo per giungere infine alla meta. Chissà perché proprio Vernante e non la più famosa Limone, che è poco più in là. Chissà se sua figlia Gemma lo accompagnava o se andò da solo. Alloggiò all’Albergo Aurora: dipinse infatti la Casa Giordanengo dall’Albergo Aurora (n. 40, p. 145). L’Albergo oggi si chiama Savoia e, per ironia della sorte, proprio di fronte c’è una famiglia Giordanengo, la casa dipinta invece non c’è più. Giordanengo era un cognome molto comune, tra le lapidi del Cimitero si ripete continuamente. L’Albergo, dicevo, ha cambiato nome, ma forse i balconi in ferro battuto che si affacciano sulla Via Umberto, sono rimasti gli stessi. Mi piace pensare che il cespuglio di ortensie color rosa antico o le campanule color indaco lì vicine, ci fossero già. Qualcosa in paese è completamente cambiato, qualcosa è rimasto come allora. Oggi Vernante è il paese di Pinocchio, Carlet e Meo hanno, dal 1989 al 1995 dipinto sulle case novanta murales con storie di Pinocchio tratte dalle tavole di Mussino. “Tutto il centro storico, tra via Umberto I, Via Canapali, Vicolo del Castello, Via Cavour e la Statale che porta in Francia, è da girare naso all’insù, per ricostruire con la fantasia un puzzle, e per accorgersi che i fondali di vari murales riproducono proprio Vernante, con il Castello Medievale e la Parrocchiale di San Nicolao” (A.A.V.V. , Vernante il paese di Pinocchio, Edizioni Martini, Cuneo 1995, p. 66). Il caso ha voluto che, cercando vecchie cartoline nella sede della Pro Loco, sia stata inviata al negozio di Lucia. Il negozio di Lucia è un Alimentari dove puoi trovare tutti i ninnoli di Pinocchio che vuoi, matite, pupazzetti, souvenir e, in realtà, non vende cartoline. Oltre a Lucia c’era suo marito che, sentite le mie richieste:“ Cerco immagini, cartoline, cerco notizie su Archimede Santi, un pittore che venne qui negli anni Trenta…” si è mostrato molto disponibile. Aveva, rilegate in un album, le riproduzioni delle Tavole della pubblicazione di Archimede che, mi confidò, aveva fatto fotografare dal suo amico Severino Dalmasso dopo che il sacerdote Don Romano di Limone, acquistato il volume in un vecchio mercatino, glielo aveva mostrato. E, mi disse, per sua curiosità, aveva cercato, in paese, quelle vedute. Era proprio ciò che volevo. Il marito di Lucia mi ha guidato tra le viuzze fino al punto esatto dove Santi aveva dipinto l’abside e il Campanile di San Nicolao e mi ha mostrato la casa che è sorta al posto del Molino Sottano (tav. 71).

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Mi ha condotto alla Court d’la baruna (La piazzetta del Conte Caroccio) dove Santi aveva dipinto La vecchia casetta. Oggi le casette sono due, quella a sinistra è rosa, quella a destra è bianca, su due piani, a entrambe si accede tramite scale con ringhiera in ferro. Sulla destra, interamente coperta d’edera è la dimora della baruna. Mi ha guidata poi al Vicolo Mazzini, lo scorcio che Santi aveva dipinto col titolo di Vicolo (n. 38, p. 145). Si è mostrato perplesso sulle scelte che allora Santi fece, dicendo che c’erano scorci più importanti e significativi da ritrarre rispetto a quelli che lo attirarono. Quando, dopo la passeggiata gli ho chiesto quale fosse il suo nome, mi ha risposto “Carlet”. Carlet, ovvero Bruno Carletto è uno dei due autori dei murales di Vernante! Avrei dovuto immaginare che fosse un artista l’unica persona di Vernante in possesso di una copia delle tavole di Archimede - non ne aveva il Comune, né la Biblioteca, né la Pro Loco - la persona che, con occhio critico, mi aveva condotta sulle tracce di un artista oggi sconosciuto, passato di lì settanta anni prima! Grazie Carlet! Sono tornata ancora a Vernante, ho osservato La Turusela da lontano, dalla Madonna della Valle, rendendomi conto che della torre degli anni Trenta si è perduta più della metà. Ho visitato La Madonna della Valle (tav. 68) che conserva una spettacolare macchina lignea sulla quale viene portata in processione la statua della Vergine il giorno dell’Assunta. Ho bevuto l’acqua dalla Fontanella (n. 41, p. 145)con la certezza che quel gesto l’avesse compiuto anche lui e che l’acqua avesse ancora l’antico sapore. Ho visto che al posto del verde e degli alberi, dietro la fontana, c’è un palazzo a sei piani. Mi sono avvicinata al Cimitero (n. 213, p. 141), i due pini secolari che il Santi aveva dipinto, non ci sono più, tutto è stato intonacato di giallo chiaro e, a destra e a sinistra, sono state dipinte immagini di Cristo. Ho attraversato il ponte sul torrente Vermenagna, era in secca, ho osservato i grandi ciottoli bianchi e ho immaginato il torrente in un’altra stagione, quando è in piena e l’acqua dei ghiacciai scende copiosa, come quella dipinta da Archimede. Ho ritrovato la Cappella votiva di San Macario (tav. 69), subito prima di entrare in paese e visto, poco più in là, che della Chiesetta di San Sebastiano (n. 195, p. 139), vicino alla quale sorgeva un’osteria, non resta che un pilone, a ricordo. L’edificio, pericolante, fu demolito negli anni Settanta. Anche San Rocco non esiste più (n. 194, p. 139). Mi sono fermata, in un vicolo, dove alcune persone discutevano, ho chiesto se erano del posto poi ho mostrato le tavole e visto, negli occhi del signor Pettavino, l’emozione di rivedere Vernante com’era quand’era bambino. Della tavola Canale, (n. 201, p. 139) ho saputo che l’acqua andava al Molino, che in fondo c’era l’Oratorio di San Michele, che la zona era della baruna, e che in primo piano c’era un masso su cui le donne lavavano i panni. Ricorda, il signor Pettavino il cesto dei panni che aiutava a trasportare quando anche sua madre scendeva lì. Della tavola Torrente Vermenagna (n. 203, p. 140), mi ha raccontato che lì erano soliti fare il bagno e mi ha fatto notare un punto, in primo piano a destra, dove c’era un mulinello, assai pericoloso, che si doveva assolutamente evitare. Mi ha fatto notare che Monte della Croce è cambiato, manca una delle vette in quanto è diventata cava, e infine mi ha mostrato che la veduta di Monte Colombo non è dipinta da Vernante ma da Palanfrè. Grazie anche a lei signor Pettavino.

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Note (1) Anagrafe del Comune di Pergola (d’ora in poi ACPe), Registro Atti di Nascita, dal 1874 al 1876, atto n. 58. Santi Giuseppe di anni trenta, falegname, dichiara che alle ore una e trenta del sei marzo 1876, nella casa posta in via La Caserma, al numero otto, “dalla sua unione con donna non maritata, non parente, né affine con lui nei gradi che ostano al riconoscimento”, è nato “un bambino di sesso maschile” cui dà il nome di Archimede, Leonardo, Avellino. Con le stesse modalità vengono attestate le nascite di: Teresa, il 15 ottobre 1873 (la notizia si ricava da ACPe, Registro Atti di nascita, dal 1901 al 1902, atto n. 2); di Maria, Agata, il 17 settembre 1878 (ACPe, Registro Atti di nascita, dal 1877 al 1879, atto n. 159); di Avellino, Secondo, Vitale, il 5 luglio 1881 (ACPE, Registro Atti di Nascita, dal 1880 al 1882, atto n. 101); di Luigi, Paolino, Eroino, il 22 giugno 1884 (ACPe, Registro Atti di Nascita, dal 1883 al 1885, atto n. 119) e, il tre di maggio 1887, di Marcellino, Antonio, Matteo (ACPe, Registro Atti di Nascita, dal 1886 al 1888, atto n. 82). Le sorelle di Archimede nascono nella casa in via La Caserma, i fratelli “nella casa posta in via Angelo Dal Fuoco, al numero otto”. Tutti vengono riconosciuti quali figli da Anna Stefanucci fu Giovanni “per atto notarile … del regio notaro di Pergola Nazzareno Bruschi il 27 febbraio 1902” (ACPe, Registro Atti di nascita, dal 1901 al 1903, atto n. 2). Giuseppe Santi esercitava il mestiere di falegname, forse continuando una tradizione di famiglia, infatti nei primi decenni dell’Ottocento risultano tra i maestri falegnami di Pergola un Secondo e un Giovanni Santi. Vedi M. Baldelli-A. Crinelli, Appunti sulla Compagnia dei falegnami e dei muratori e altre notizie sui maestri di legname a Pergola, in Scultura e arredo in legno fra Marche e Umbria - Documenti 2, a cura di G. M. Fachechi, Grapho 5, Fano 2002, p. 142. (2) Vedi nota 10. (3) Lo affermava Sandro Sebastianelli (1917-2005), storico di Pergola, che lo ha conosciuto. Era “un socialista alla De Amicis”, diceva Mario Baldelli (1909-2003), presidente dell’Azione Cattolica di Pergola durante “il ventennio”, democristiano, che lo apprezzava. (4) L’abitudine è continuata fin verso gli anni ’60 del secolo appena passato, quando ancora Pergola non si era tanto ingrandita e attorno, invece di ville, condomini e supermercati, si scorgevano case contadine e campi coltivati. (5) Vedi nota 1. La via, che oggi si snoda da corso Matteotti alla piazzetta dell’ex convento di San Francesco, corrispondeva all’attuale via Felice Cavallotti, che va dal corso al teatro “Angelo Dalfoco”. (6) Giuseppe Santi “celibe” muore nella casa di via Giannini, n. 17 il 30 aprile 1880. ACPe, Registro Atti di morte, dal 1886 al 1889, atto n. 77. (7) Anna Stefanucci “vedova di Santi Giuseppe” muore a Pergola il 14 maggio 1938 “nella casa di Via Mazzini”, n. 2 (ACPe, Registro Atti di morte, dal 1935 al 1939, atto n. 95), ove dimorò temporaneamente anche Archimede Santi (notizia di Sandro Sebastianelli). (8) Libri. Riviste. Giornali, in “L’Artista Moderno”, direttore responsabile Rocco Carlucci, anno XXXIV, sett. 1935, XIII, nn. 17-18, p. 272. (9) La frase si legge nel progetto da lui presentato il 17 settembre 1900 per l’istituzione della Scuola Serale di Disegno per gli Artieri. Archivio Storico Comune, Pergola (d’ora in poi ASCPe), Scuola Professionale, anno 1900, Categoria 9, Classe 9, Fascicolo 1. (10) Il Santi, insegnante nella “Scuola Serale di Disegno per gli Artieri” a Pergola nella “Relazione finale” per l’anno scolastico 1900-1901 scrive: “mi è grato innanzi tutto di esprimere la mia riconoscenza verso il patrio Municipio che mi fu largo di sussidio e di incoraggiamento negli studi e volle porgermi l’occasione di farmi le prime armi nell’insegnamento a cui mi sono dedicato. Né poteva esservi per me occasione più grata di questa, di incominciare cioè dallo spendere l’opera a vantaggio di quella classe a cui mi sento legato per vincoli d’origine”. ASCPe, Scuola professionale, Categoria 9, Classe 9, Fascicolo 1, 20 luglio 1901. (11) Tra i volumi appartenuti ad Archimede Santi ne risulta uno: Vite dé Santi scritti di nuovo da letterati francesi e italiani, Parigi 1863, con la scritta “Signor Gustavo Santi pittore Pergola Pesaro”. Un Ecce Homo, olio su tela, cm 30 x 40, con sul retro la scritta “Gustavo Santi dipinse / 1867”, è custodito presso la canonica di San Marco a Pergola. (12) Un ramo della famiglia Santi si trasferì alla fine del Settecento da Pergola a Fabriano, poi a Spoleto. Da qui all’inizio del Novecento Evandro Santi, funzionario di prefettura, si stabilì a Perugia, sposò Cesira Piccini di una famiglia di proprietari terrieri di Papiano e il 25 novembre 1914 a Perugia nacque Francesco. Vedi P. Scarpellini, Francesco Santi, in “Bollettino della Deputazione di Storia Patria per l’Umbria”, vol. XC, Tibergrafica, Città di Castello, 1993, pp. 158-165. (13) Dopo la licenza della Scuola Tecnica, Archimede Santi compie “il triennio di studi” in Urbino. Le notizie si leggono nell’attestato di “abilitazione all’insegnamento del disegno nelle scuole tecniche e normali”, da lui conseguita nel 1895 nell’Istituto di Belle Arti di Parma. Il Santi risulta nel “Registro iscrizione alunni” dell’Istituto di Urbino, relativo all’anno scolastico 1893-1894 (notizia comunicataci dalla signora Elsa Clementi). (14) Lorenzo Valerio aveva anche donato all’Istituto un consistente numero di dipinti delle soppresse congregazioni religiose, per formare il primo nucleo della Galleria Nazionale delle Marche che otterrà nel 1912, con Lionello Venturi, il riconoscimento ufficiale. La creazione nel 1922-1923 di una Scuola d’Arti e Mestieri, legata come stile alle Scuole di disegno per gli operai, permette la trasformazione, per merito di Luigi Renzetti, dell’Istituto di Belle Arti in Istituto per la Decorazione e Illustrazione del Libro. Sull’argomento vedi F. Carnevali, Cento anni di vita dell’Istituto d’Arte di Urbino, Istituto Statale d’Arte, Urbino 1961. (15) Ciò appare chiaramente anche nella premessa al primo statuto dell’Accademia Raffaello, fondata nel 1869 dal conte Pompeo Gherardi, in cui si legge “nessun luogo esser più d’Urbino opportuno per la fondazione di tale Sodalizio Accademico, sia perché questa fu la patria fortunatissima di Raffaello e di Bramante; sia perché fu già sede di una corte gentile, ammiratrice del bello e delle sue manifestazioni; sia perché dotata di un Istituto di Belle Arti e di molti lodatissimi stabilimenti di istruzione”. Vedi Accademia Raffaello. Statuto, Tipografia del Metauro, Urbino 1869, in A. Fucili, L’Accademia Raffaello 1869-1969, Arti Grafiche Editoriali, Urbino 2003, appendice. (16) M. Moranti, Vita urbinate, in AA.VV., Arte e Immagine tra Ottocento e Novecento. Pesaro e Provincia, catalogo della mostra, Pesaro 24 maggio/20 luglio 1980, AGE, Urbino 1980, pp., 62-63. (17) “La cultura artistica degli ultimi decenni dell’Ottocento a Urbino non era certamente fra le più vive, gran parte dell’insegnamento era legato agli schemi accademici: Costantino Grifoni, di cui resta un ritratto della moglie all’Accademia Raffaello, rimanda alla scuola dei Nazareni…Francesco Serafini di cui la stessa Accademia possiede il bozzetto per il sipario del teatro Sanzio, era stato allievo del Minardi”. Vedi S. 35


Cuppini Sassi, Urbino: tradizione e Accademia, in AA.VV., Arte e Immagine cit., p. 112. (18) Tra le opere del periodo urbinate ricordiamo il vivace, insolito bronzo Gli scolari del Cuore di De Amicis (Ascoli Piceno, Pinacoteca Civica), composto da dieci statuine isolate, e il Busto del conte Camillo Castracane Staccoli (Urbino, Accademia Raffaello), che si collocano nell’ottica della poetica verista; il Monumento a Garibaldi a Pesaro, realizzato con sobrietà di linee, in cui emerge il legame con il Risorgimento italiano. I ritratti a pastello, eseguiti talvolta con immediatezza istantanea, “disegnati sino alla perfezione e coloriti con magniloquenza alquanto esteriore” (U. Fleres - A. Venturi, Ettore Ximenes, Bergamo 1928, p. 107) svelano notevole capacità di introspezione psicologica. Vedi A. Fucili Bartolucci, Ettore Ximenes (Palermo, 1855 - Roma, 1926), in AA.VV., Arte e Immagine cit, pp. 129-133. (19) B. Cleri, Luciano Nezzo (Badia Polesine, 1856 - Urbino, 1903), in AA. VV., Arte e Immagine, cit., pp. 135-136 . (20) A. M. Brizio, Ottocento-Novecento, UTET, Torino 1945 (2 ed.), pp. 258-259. Sulla pittura dell’Ottocento in Veneto e sulla personalità degli artisti è stata fatta di recente maggiore luce. Vedi La Pittura nel Veneto. L’Ottocento, a cura di G. Pavanello, Electa, Milano voll. I-II, 2002-2003; Ottocento veneto: il trionfo del colore, catalogo della mostra, Treviso15 ottobre 2004-27 febbraio 2005, a cura di G. Pavanello e R. Stringa, Canova, Treviso 2004. (21) B. Cleri, Luciano Nezzo cit., in AA. VV., Arte e Immagine cit., p. 135. Lasciata Urbino, lo Ximenes si dedicò prevalentemente alla scultura monumentale e lasciò sue opere in Argentina, negli Stati Uniti, in Russia, in Brasile. (22) A. M. Comanducci, Dizionario illustrato dei Pittori, Disegnatori, Incisori Italiani Moderni e Contemporanei, V, Luigi Patuzzi Editore, Milano 1984, p. 2918. (23) F. Carnevali, Testimonianza per Fernando Mariotti Pittore Pesarese, STEU, Urbino 1971, p. 15. (24) Particolarmente nel ritratto “raramente oltrepassa il limite della pennellata pulita, del felice colpo di luce per giungere ad una penetrazione psicologica, ad una comprensione del personaggio”. Vedi B. Cleri, Luciano Nezzo cit., in AA.VV., Arte e Immagine cit., p. 135. (25) Vedi la presentazione di Luigi Servolini, in Disegni di Archimede Santi, Sezione d’Arte Tipografica dell’Istituto Tecnico Industriale Aldini-Valeriani, Bologna 1939. (26) Sostiene gli esami dal 1 al 10 luglio 1895; l’attestato di abilitazione è datato 9 settembre 1895. (27) Le notizie sulla carriera di insegnante e di artista grafico di Archimede Santi si deducono in parte dai fogli dello Stato personale da lui compilati per il R. Istituto Magistrale “Diodata Roero Saluzzo”, oggi Istituto Magistrale Statale “Diodata Roero Saluzzo” Maxisperimentazione linguistica e sociopedagogica, incluso nell’Istituto di Istruzione Superiore “Saluzzo-Plana” di Alessandria. L’Opera Pia Giannini fu istituita dal conte Bartolomeo Giannini con il testamento del 15 settembre 1846, ma fu realizzata nel 1865, quando fu composta la controversia determinatasi tra gli eredi, che non volevano eseguire la volontà del testatore, e il Comune. Essa comprendeva un orfanotrofio maschile, un asilo infantile ed una scuola per i piccoli artigiani. Vedi L. Nicoletti, Di Pergola e dei suoi dintorni, Tipografia Gasperini, Pergola 1899-1903, ristampa anastatica, Deltagrafica, Città di Castello 1989, pp. 404-406, 429-430. L’Istituto rimase aperto fino al secondo dopoguerra; attualmente è sede del Museo dei Bronzi dorati e della Città di Pergola. (28) M. Pasquali, La Pittura del primo Novecento in Emilia e Romagna (1900-1945), in La Pittura in Italia. Il Novecento/1, Tomo primo, Electa, Milano, 1992 (2 ed.), p. 335 e nota 5, p. 371. (29) Il nucleo principale era costituito da Achille Casanova, Edoardo Breveglieri, Augusto Sezanne, Alfonso e Alfredo Savini, Giuseppe De Col, Pietro Suppini, Edoardo Collamarini, Gaetano Samoggia. Sull’argomento vedi E. Farioli, L’Æmilia Ars, in Alfonso Rubbiani. I veri e i falsi storici, catalogo della mostra a cura di F. Solmi, M. Dezzi Bardeschi, Bologna febbraio-marzo 1981, Bologna 1981, pp. 267-275; Id, Achille Casanova, in Alfonso Rubbiani cit., pp. 386-387; AA.VV., Æmilia Ars 1898-1903. Arts & Crafts a Bologna, catalogo della mostra, Bologna 9 marzo-6 maggio 2001, a cura di C. Bernardini, R. Campioni, O. Ghetti Baldi, A+G, Milano 2001; G. Zucconi, Rubbiani e la nozione di arte collettiva, in Æmilia Ars. Arts & Crafts cit., pp. 33-38; Biografie, a cura di E. Baldini, in Æmilia Ars. Arts & Crafts cit, p. 53. O. Ghetti Baldi, Arts & Crafts a Bologna, in Æmilia Ars. Arts & Crafts cit., pp. 41- 91. (30) A. M. Comanducci, Dizionario illustrato, V, cit., p. 2918. La notizia è forse tratta da Per il venticinquennio de l’ Artista Moderno 19011926, Rivista illustrata d’Arte pura ed Applicata, Casa editrice L’Artista Moderno, Torino, 1926, p. 189 che, crediamo, la ebbe dal Santi stesso, del quale a p. 118 pubblica anche la fotografia. (31) Personaggio legato alle Marche, aveva diretto in Urbino nel 1882-1883 i lavori di consolidamento e restauro del palazzo ducale e fatto parte, nel 1883, della commissione per il monumento a Raffaello, insieme a Camillo Boito, Pio Fedi, Girolamo Induno, Salvino Salvini. Vedi S. Cuppini Sassi, Urbino: tradizione e Accademia, cit., in AA.VV., Arte e Immagine, cit., p. 111; A. Fucili, L’Accademia Raffaello 1869-1969, Arti Grafiche Editoriali, Urbino 2003, pp. 36,59. (32) B. Della Casa, Le origini della Scuola per le Arti Decorative di Bologna, in AA.VV., Arti e Professioni. Istituto Statale d’Arte di Bologna, edizioni Panini, Bologna, 1986, p. 18. Salutata con favore dalla stampa cittadina sia moderata che democratica e progressista, la Scuola prendeva le mosse “da l’indiscutibile bisogno che da tempo si sentiva in Bologna di avere una scuola dove, messo in disparte il soverchio classicismo, l’insegnamento del Disegnare del Dipingere e del Modellare, mirasse specialmente alle svariate applicazioni pratiche di quanto può occorrere nell’esercizio dei molteplici rami delle Arti Decorative ed Industriali”. Vedi Monografia per la Scuola Professionale per le arti decorative in Bologna dall’anno 1885 al 1888, Tipografia Fava e Garagnani, Bologna 1888, p. 3, citato da B. Della Casa, Le origini della Scuola Professionale, cit., in AA.VV., Arti e Professioni cit., pp. 15, 23, n. 2. (33) W. Bergamini, Il passato prossimo: il secondo dopoguerra, in AA.VV., Arti e Professioni cit., p. 108. Il Santi nel 1902 ricevette da Achille Casanova una cartolina, conservata a Pergola presso il signor Antonio Temperini. (34) Ne veniamo informate dalle dott.sse Claudia Bergonzoni, bibliotecaria, e Simonetta Nicolini, addetta alla catalogazione, delll’Istituto Statale d’Arte di Bologna, le quali ci assicurano anche che il timbro che appare nei disegni è quello utilizzato fino al 1907, anno in cui la Scuola Professionale (oggi Istituto Statale d’Arte) divenne “Regia”. Pertanto, benché le ricerche, in corso di svolgimento (maggio 2005), non abbiano finora rilevato la presenza del Santi, riteniamo possibile che la frequenza sia avvenuta. (35) G. Bonetta, Il passato, in AA.VV., Arti e Professioni cit., pp. 35-36. Achille Casanova (1861-1948) è uno dei principali collaboratori di Rubbiani in imprese di grande impegno, come il cantiere di San Francesco a Bologna. Nel 1892 lavorò con Augusto Sezanne al ripristino e

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alla decorazione di Casa Stagni o Canton de’ Fiori, che rappresenta il manifesto della poetica floreale bolognese di quegli anni. A Bologna intervenne in importanti palazzi della nobiltà cittadina, nella decorazione della Sala Verde o dei Matrimoni del Municipio, e della pasticceria Rovinazzi, oggi negozio Chanel. Importante lavoro fuori Bologna fu la decorazione pittorica dell’interno della Basilica di Sant’Antonio a Padova, dove l’esecuzione del progetto (ideato in collaborazione con Collamarini e Rubbiani) che lo vide vincitore del concorso del 1897, lo impegnò dal 1903 al 1941. Vedi Achille Casanova al Santo, a cura di F. Castellani, Centro Studi Antoniani. Associazione Musei Antoniani, Padova 1996; E. Baldini, Biografie, in Æmilia Ars. Arts & Craft cit., p. 253. Nel Duomo di Senigallia si impegnò nella decorazione del Battistero, realizzato su progetto di Collamarini ed inaugurato nel 1892. Vedi Mons. A. Mencucci, Il Duomo di Senigallia, Tipografia Marchigiana, Senigallia 1967, pp. 68-70; Id., Il Duomo di Senigallia, Tecnostampa, Ostra Vetere 2002, 2 ed., pp. 69-70; S. W. S. (Sven Wieland Staps), Casanova Achille, in Allgmeines Künstler Lexikon, 17, K. G. Saur, München Leipzig, 1992, p. 57. (36) Nostre corrispondenze, Pergola, 29 ottobre, in “La sveglia democratica” (si pubblica ogni domenica), Anno XIV, n. 44, Pesaro, 2 novembre 1902. Lo Sperandini fu con i soldati che aprirono la breccia di Porta Pia ed entrarono in Roma il 20 settembre 1870. Vedi S. Sebastianelli, Il patriottismo pergolese nell’unità d’Italia, S.T.E.U., Urbino 1962, p. 109. Si preoccupò anche di istituire un “circolo di lettura comunicante con il suo esercizio”, per rendere alla “numerosa e scelta clientela” meno tedioso il tempo dell’attesa, e manifestando anche una volontà di divulgazione culturale certamente non comune nell’ambiente pergolese di quel tempo. (37) Ne siamo informate (2005) dal figlio signor Oscar Luziotti. Alessandro Luziotti (1893-1964), fu abile artigiano ed anche “istruttore pratico nella R. Scuola d’Arte Applicata”. Dal 1959 il “Salone”, che necessita di restauro, è gestito dal signor Lucio Renzi. (38) S. Sebastianelli, Pergola, in Palazzi e dimore storiche del Catria e del Nerone, II, a cura di G. Volpe, Laterza, Bari, 1998, p. 38; Id, Attività pergolese nei secoli. Documenti, in corso di stampa, Tipografia Garofoli, Sassoferrato. In quest’ultimo volume il Sebastianelli scrive: “...salone (barbieria) già di Giovanni Sperandini, trasformato in stile liberty del 1929-30: mostra in legno e vetro, soffitto e pareti affrescate con raffinatezza dal prof. Igino Fagioli (1880-1927). Committente l’indimenticabile Filomeno Lombardi e la sorella signorina Luigia”. Quanto si legge nella “Sveglia democratica” (vedi p. 55, 2 novembre 1902) indica invece che il locale nacque in stile liberty per opera del Santi nel 1902. (39) Il villino, voluto dall’industriale farmaceutico Oreste Ruggeri, venne compiuto nel 1907. Vedi L. Fontebuoni, Due aspetti del Liberty a Pesaro, Belli, Pesaro 1978; Eadem, Giuseppe Brega (Urbino, 1877-Pesaro, 1960), in AA.VV., Arte e immagine cit., pp. 164-166. (40) Vedi Relazione della Giuria internazionale. Prima Esposizione Internazionale d’arte decorativa moderna, Torino 1902, pp. 141-142; O. Ghetti Baldi, Arts & Crafts a Bologna, in Æmilia Ars. Arts & Crafts cit., pp. 70-71. (41) ASCPe, Scuola Professionale, anno 1902, Categoria 9, Classe 9, Fascicolo 1, Relazione Finale Anno scolastico 1901-1902, 5 agosto 1902. Era consueta, anche a Pergola, la collaborazione tra artista ed artigiano, secondo lo spirito delle Arts & Crafts. Intorno agli anni ’30 del Novecento fu eretta in stile neogotico, con decorazioni di gusto “floreale” (semi di papavero alludenti al sonno eterno), nel cimitero di Pergola la cappella Ugelli - Valentini, realizzata su disegno del Santi nel laboratorio del valente marmista pergolese Mario Spallacci (1907-2000), che ci ha fornito la notizia. Fu eseguito probabilmente dallo stesso Spallacci il piccolo stemma di Pergola fatto apporre dal Santi sulla parete dello scalone del Municipio (notizia del signor Costanzo Fagioli, settembre 2005). Nel 1932 il Santi disegnò la lampada votiva, consistente in un elmo sormontato da ramoscelli d’ulivo e sostenuto da catene culminanti con lo stemma di Pergola, che fu realizzata in ferro battuto nella bottega artigiana di Vincenzo Guidi e collocata, il 3 novembre 1933, nell’atrio del Municipio con le lapidi ai caduti nella guerra di Libia, nella Prima Guerra Mondiale e nella guerra d’Etiopia. Vedi Pergola. In memoria dei caduti, in “Avvenire d’Italia”, 14 febbraio 1932; Catalogo, a cura di M. Tenti, in S. Cuppini, G. De Marzi, P. Desideri, La memoria storica tra parola e immagine, QuattroVenti, Urbino 1995, p. 150. (42) Queste affermazioni si leggono nel manifesto che il Municipio di Pergola dedicò al Santi in occasione della morte. (43) Il Consiglio presieduto dal sindaco Vincenzo Storoni, “udita la relazione del Prof. Archimede Santi circa l’impianto di una scuola di disegno per gli operai, ritenuto che la spesa prevista per l’impianto stesso [Lire 1000] è nei limiti dello stanziamento fatto dal Consiglio nel bilancio del 1900, autorizza la Giunta municipale a provvedere quanto occorre all’apertura immediata della scuola”. ASCPe, Atti Consiliari , vol. n. 84, dal 22- 1-1897 al 13-12-1900, consiglio del 12 ottobre 1900, ff. 525-526. Il primo agosto 1901 la Giunta, composta dal sindaco Vincenzo Storoni, e dagli assessori Emanuele Ginevri e Sisto Franceschini, letta la relazione finale del prof. Archimede Santi, dichiarandosi lieta per i risultati “assai soddisfacenti dati dalla scuola di disegno per gli artieri nei soli sei mesi in cui è rimasta aperta nell’anno corrente”, decide che essa rimanga aperta, per l’anno 1901-1902, dal 1 ottobre al 30 aprile. ASCPe, Deliberazione della Giunta Comunale 1 agosto 1901, cat. 1, classe 8, fasc. 3. Il 10 settembre dello stesso anno il Consiglio, confermando Archimede Santi insegnante della Scuola, delibera di passare lo stipendio da 200 a 300 lire annue. ASCPe, Atti Consiliari, vol. n. 85, dal 29-1-1901 al 27-12- 1903, f. 101. (44) Patriota, segretario del comitato d’emigrazione a Rimini, preparò la sollevazione nelle Marche del settembre 1860. Fu sindaco di Pergola da 1863 al 1868. Vedi L. Nicoletti, Pergola nell’indipendenza italiana. Numero unico, Pergola 6 novembre 1910, Premiata Tipografia Squarci, Roma, pp. 5-10; S. Sebastianelli, Il patriottismo pergolese nell’unità d’Italia, STEU, Urbino 1962, pp. 64-78. (45) L. Nicoletti, Di Pergola e dei suoi dintorni, Tipografia Gasperini, Pergola 1899-1903, ristampa anastatica, Delta Grafica, Città di Castello 1989, p. 422. Il volume, di fondamentale importanza per la storia di Pergola, venne stampato a dispense. Luigi Nicoletti studiò e conseguì il diploma di laurea presso l’Istituto di Scienze Sociali di Firenze, dove ebbe a maestro Pasquale Villari, storico positivista. Fu sindaco di Pergola dal 1908 al 1911. (46) Erano infatti decadute le attività manifatturiere praticate da sempre: tessitura e tintura dei panni, confezioni di tappeti, concia delle pelli. Inoltre, con l’allontanamento dei Minori Osservanti, a seguito della soppressione delle congregazioni religiose, si era conclusa l’attività del lanificio da essi gestito per quasi tre secoli. Erano falliti i tentativi di una commissione nominata nel 1860 per far rifiorire gli opifici, a causa della carenza di capitali, della pratica commerciale e delle conoscenze tecniche. Contribuivano inoltre a ritardare lo sviluppo di Pergola la mancanza e di forza motrice, dovuta alla scarsità d’acque, e di un’efficiente rete di comunicazione. Tutto ciò, unitamente ai numerosi ed elevati tributi imposti, aveva determinato un aggravamento della situazione economica e delle condizioni di vita della popolazione che nel 1869, con l’aggregazione dei piccoli comuni di Fenigli, Montesecco, Monterolo, Montevecchio, contava circa diecimila abitanti. Il quadro della situazione è ben delineato dal Nicoletti che mette in evidenza la critica condizione di gran parte della “popolazione di città”, costretta a ricorrere

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a usurai e strozzini “ i quali sono i quasi unici che…abbiano tuttora denaro”. Osserva amaramente che “i pochi ultimi arricchiti…come pure quei rarissimi antichi proprietari che si trovano ancora in condizioni non disperate, sono tutt’altro che disposti a far servire i loro capitali anche a vantaggio della classe più povera, tanto che niun d’essi ha avuto od ha la santa iniziativa di aprire un qualche opificio a proprie spese”. L. Nicoletti, Di Pergola cit, pp. 412-414. (47) Prima in Svizzera, per i lavori di scavo della galleria del Sempione, poi verso altri Paesi: Francia, Germania, Austria, America del Nord. Vedi L. Nicoletti, L’emigrazione dal comune di Pergola, Cooperativa Tipografica Manuzio, Roma 1909, ristampa anastatica, Metauro edizioni, Fossombrone 2000, pp. 32-37. Qualche spiraglio si stava aprendo, per l’economia locale, con la scoperta della miniera di zolfo di Percozzone-Cabernardi e l’ingresso del Pergolese nel sistema ferroviario nazionale, grazie all’apertura del tronco ferroviario Fabriano-Pergola-Urbino (1895-1898). Nel 1908, poi, l’entrata in funzione della filanda “Ferroni” per la lavorazione della seta greggia, nei locali dell’ex convento dei Minori Osservanti, avrebbe dato lavoro a donne e fanciulle, limitando l’emigrazione femminile. Vedi L. Nicoletti, Di Pergola cit., pp. 409-412; Id, L’emigrazione cit., p. 138; M. Tenti, Economia e vita associativa a Pergola dalla fine dell’800 al dopoguerra, in AA.VV., Una periferia rivelata. Pergola ventesimo secolo, Bolis, Bergamo 1992, pp. 52-60. (48) ASCPe, Scuola Professionale, anno 1900, Categoria 9, Classe 9, Fascicolo n. 1. Vi si legge il progetto del Santi per l’istituzione della Scuola Professionale, 17 settembre 1900; Ibidem, anno 1901, Relazione finale anno scolastico 1900-1901, 20 luglio 1901. (49) Il Santi viene nominato insegnante di disegno dalla Giunta comunale il 17 dicembre 1900. Vedi ASCPe, Scuola Professionale, anno 1900, Categoria 9, Classe 9, Fascicolo n. 1, Lettera del sindaco del 21 dicembre 1900 e lettera di accettazione di Archimede Santi del 29 dicembre 1900. A dirigere la scuola è il prof. Romolo Sisti, per rinuncia del prof. Luigi Cameletti, direttore della Scuola Tecnica. La paga ammontava il primo anno a 200 lire, poi a 300 lire annue. Il 29 dicembre del 1903 il Santi chiede al sindaco Francesco Guazzugli che il suo “meschino stipendio” venga aumentato “trovandosi ora le condizioni del bilancio della scuola sudetta migliorata in seguito al sussidio mandato dal Ministero di Agricoltura e Commercio e tenuto conto del maggiore incremento acquistato dalla scuola, del numero aumentato degli alunni e della responsabilità maggiore che si deve assumere l’insegnante in vista di una ispezione governativa al fine d’anno scolastico…”. ASCPe, Santi Prof. e Archimede insegnante di disegno nella scuola professionale, anno 1904, categoria 9, classe 1, fasc. n. 7. Il consiglio comunale “tenuto conto dell’incremento della scuola, dovuto alla capacità e allo zelo dell’Insegnante” accoglie la domanda e lo stipendio passa a 420 lire annue. ASCPe, Atti Consiliari, vol. 86 dal 10-1-1904 al 29-12- 1907, 21 gennaio 1904, f. 15. Una ispezione era stata effettuata il 18 giugno 1903. Vedi nota 57. Per quanto risulta sulla stampa del tempo si veda alle pagine 53-56. Dallo Stato personale risulta anche che il 4 dicembre 1902 il Santi ottiene una supplenza nella Scuola Tecnica di Pergola. (50) A. Robbiati, Iniziative di istruzione professionale dei cattolici lombardi (1874-1914), in “Bollettino dell’Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia”, XVIII, 1893, n. 2, pp. 200-267. (51) ASCPe, Scuola Professionale, anno 1902, Cat. 9, Classe 9, fasc. n. 1, Relazione finale, anno scolastico 1901-1902, 5 agosto 1902. (52) La figura di Giuseppe Vaccaj, oltre a significare un rinnovamento nella pittura pesarese, si lega saldamente alla storia della città tra Otto e Novecento. Rilevante è il suo contributo nel campo dell’istruzione: è dovuta a lui, tra l’ altro, l’istituzione a Pesaro nel 1877 della “Scuola serale di disegno per arti e mestieri” che diviene, con Regio Decreto del 13 gennaio 1887, “Scuola serale e domenicale d’arte applicata all’industria”. Sull’argomento vedi G. Calegari, Giuseppe Vaccaj e la cultura a Pesaro, in Giuseppe Vaccaj. Disegni e dipinti dal 1856 al 1912, catalogo della mostra a cura di G. Appella, Pesaro 15 luglio-30 settembre 2000, Il Lavoro editoriale, Ancona 2000, pp. 21-25. (53) Invece vari disegni eseguiti negli anni 1905-1906, quando l’ insegnante era Gino Ginevri, sono stati rinvenuti dall’architetto Enzo Fusco intorno al 1990, durante i restauri a Pergola dell’antico palazzo “Malatesta”. Abbiamo potuto vederli nella sede pergolese dell’Archeo Club, allora diretto da Tina Torcellini. E’ probabile che, effettuando una indagine accurata, altri possano recuperarsi. Ciò aiuterebbe a scrivere la storia della Scuola serale, che formò valenti artigiani e durò fino al secondo dopoguerra, e a realizzare la mostra dei disegni a sua tempo annunciata. Vedi S. Sebastianelli, Pergola: Disegni della Scuola Serale d’Arte, in “La Nostra Valle”, 11, 1992, pp. 26-27. (54) ASCPe, Scuola professionale, anno 1904, Categoria 9, classe 9, fascicolo n. 1, Relazione finale anno scolastico 1903-1904, 30 agosto 1904. (55) Amici di Gemma erano i figli di Francesco Ferroni, “’l sor Checco”, titolare della filanda ubicata nell’ex convento dei Minori Osservanti (Zoccolanti); le figlie di Astorre Camerini che abitavano nel bel palazzo che si affaccia su Piazza Ginevri al centro di Pergola, e spiccavano per il loro amore per la lettura e per i numerosi libri, volentieri concessi in prestito ai loro amici; i ragazzi Bravi che vivevano vicino alla filanda, nella casa annessa alla cabina elettrica UNES, di cui si occupava il padre Secondo. In particolare Liberata, madre di Marisa Baldelli, nata nel 1912 come Gemma, raccontava di queste passeggiate. Si aggiungeva talvolta, accompagnata dalla mamma Teresita Domenichelli, insegnante di disegno ed artista, Chiara Trento che morì giovanissima nel 1932. Gemma morirà a Pergola il 9 maggio 1987. (56) “Amò l’arte professandola nella scuola e nella vita con francescana purezza di spirito”, si legge nel “ricordino”, che la figlia dedica all’artista dopo la morte. “L’Artista Moderno”, rivista diretta da Rocco Carlucci, rende il Santi “umbro”. Insiste infatti sulla “francescana umiltà” con cui egli interpreta la poesia della natura, raffigurando “le impressioni più spontanee e i tratti più caratteristici della sua amata cittadina… non lontana dalla patria del Poverello“ e “le misteriose bellezze della valle Vermenagna… semplici, sincere impressioni viste con occhio limpido e cuore commosso…che fanno rievocare ricordi nostalgici della dolce, melanconica terra umbra”. Evidenzia infine la “pittura dell’artista Santi, fatta di fermo disegno e solido colore, non disgiunta dalla tradizionale delicatezza della sua terra Umbra aliena da comodi funambolismi di moda…”. Vedi Libri. Riviste. Giornali, in “L’Artista Moderno”, anno 35, settembre 1935, nn. 17-18, pp. 272; Libri. Riviste. Giornali, in “L’Artista moderno”, anno 40, luglio 1940, XVIII, p. 124; “L’Artista Moderno”, anno 42, maggio 1942, XX, p. 84. L’attenzione quasi religiosa per la natura può spiegare anche la predilezione per Assisi, che l’artista visitò e più volte ritrasse. (57) Dopo l’ispezione effettuata con esito favorevole il 18 giugno 1903 da Raffaele Faccioli, che certamente Archimede Santi aveva conosciuto a Bologna, per conto del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio da cui dipendevano tali scuole. Vedi ASCPe, Scuola Professionale, anno 1903, Categoria 9, Classe 9, Fascicolo n. 1, Lettera del Ministro al sindaco di Pergola, 7 agosto 1903. Il Santi nella dichiarazione di rinuncia all’insegnamento il 25 novembre 1904 tra l’altro afferma: “Sono certo … che questa moderna scuola, che tanto vantaggio porta alla classe operaia, sarà sempre come nel passato incoraggiata dall’autorità municipale affinché non lontano sia il tempo da me sognato del raggiungimento del suo fine che è quello di formare dei bravi operai utili a se stessi e alla Patria”. Vedi ASCPe, Scuola Professionale, anno 1904, Categoria 9, 38


Classe 9, Fascicolo n. 1, Dichiarazione di rinuncia all’insegnamento, 25 novembre 1904. la Giunta Municipale riunita d’urgenza il 25 novembre, “dolente che il Sig. Santi debba abbandonare una scuola in cui egli ha insegnato per quattro anni fino dal suo sorgere di essa; elogiando l’opera da lui prestata sempre con amore, zelo e capacità ad incremento della scuola stessa”, delibera all’unanimità di nominare in sua vece il Professore Gino Ginevri, già direttore “senza stipendio” della medesima scuola. Il primo dicembre il Consiglio comunale ratifica la delibera e nomina con votazione segreta nuovo direttore l’ingegnere Pietro Gambioli. ASCPe, Atti consiliari dal 10 - 1- 1904 al 29 12- 1907, vol. n. 86, ff. 157-158, seduta della Giunta municipale, 25 novembre 1904, ff. 157-158; Ibidem, Seduta consiglio comunale, 25 novembre, ff. 165-166. (58) Gino Ginevri (Pergola 1856-1938), pittore e scultore meritevole di attenzione, studiò in Urbino e vi conobbe Giovanni Pascoli che lo ricorda nelle lettere ai suoi familiari. Vedi S. Sebastianelli, Pergola, in Palazzi e dimore storiche del Catria e del Nerone, II, a cura di G. Volpe cit., p. 60. (59) Anagrafe Comune di Trapani, Registro atti di nascita, anno 1876, atto n. 1162; Ibidem, Registro atti di matrimonio, anno 1908, atto n. 326. (60) Rivista a volumi annuali di arte e letteratura, “Novissima”, diretta da Edoardo De Fonseca dal 1901 al 1910 è “… la palestra di un gusto grafico modernista, sulla tradizione di raffinatezza editoriale e di rapporto testo - immagine de “Il Convito” di De Bosis… La posizione della rivista oscilla fra nuovi interessi e restaurazione di valori estetici aristocratici e idealistici di impronta simbolista…”. “La Casa” si pubblica a Roma dal 1908 al 1911. Raccoglie personaggi interessati ad operare nell’ambito delle arti applicate e dell’arredo, orientati contro il decorativismo floreale e in una posizione d’arte morale (Cambellotti, Bottazzi e lo stesso Grassi) . Vedi E. Crispolti, La pittura del primo Novecento a Roma (1900-1945), in La pittura in Italia. Il Novecento/1, tomo primo, a cura di C. Pirovano, cit., pp. 458-459, 462. (61) L’individuazione è di fra Giuseppe Tanasi ed è confermata da fra Giuseppe Bartolucci, pergolese da sessanta anni nell’eremo. La trasformazione avvenne intorno al 1970, quando nel luogo del giardino pensile si ricavarono alcuni locali. Uno di essi attualente ospita la “Libreria”. (62) Vedi Il Centenario di S. Secondo, n. 6, Pergola, 2 novembre 1902. (63) Vantava discendenza da Mastro Giorgio Andreoli, famoso nell’arte della ceramica. Laureato in filosofia, teologia e legge nel Seminario Romano, insegnante di filosofia nel seminario di Pergola, vicario generale della diocesi, poi vescovo del Montefeltro, di Recanati e di Loreto. Valente oratore si distinse particolarmente per opere “in sollievo del popolo” ed era ritenuto “il Capo della Democrazia Cristiana del Montefeltro”. Vedi Il Centenario di San Secondo, n. 8, Pergola 11gennaio 1903; S. Sebastianelli, Pergola cit., in Palazzi e dimore storiche, a cura di G. Volpe, cit., p. 45. Il ritratto (olio su tela, cm 82 x 60, firmato: A. Santi) è collocato nella sagrestia del Duomo di Pergola. (64) S. Sebastianelli, Il teatro della Luna poi Angel Dal Foco, Sayring, Pergola 2002, pp. 67-68. Il ritratto (pastello su cartoncino, cm 58 x 38, firmato in alto a destra: A. Santi), è stato esposto alla mostra “Naif di Adalberto da Pergola”, 26 luglio 1996. Venne forse eseguito su fotografia nei primi anni del Novecento, dopo la morte della signora (notizia del dott. Luciano Bartolucci). (65) Un’altra delle sigle caratteristiche dello stile floreale che più volte compare nelle opere di Achille Casanova ed anche nei disegni degli allievi della scuola serale di Bologna. Vedi G. Bonetta, Il passato cit., in Arti e Professioni cit., p. 38, fig. 11. (66) Pergola in cartolina, a cura di A. Loretelli, San Lorenzo in Campo, 1995, p. 21. (67) Il programma del circolo presieduto dal Gianola, era diffuso dal giornale “Lotta democratica” (1905-1906), settimanale diretto dal professor Nestore Zacchilli, affiliato alla massoneria, poi (luglio 1906) dall’avvocato Luigi Bennanni socialista, che si contrapponeva a “L’Eco del Giano”, settimanale di indirizzo cattolico, fondato da don Agostino Crocetti nel 1905. Vedi G. Castagnari, La stampa periodica a Fabriano in, AA. VV., Nelle Marche centrali. Territorio, economia, società tra Medioevo e Novecento, a cura di Sergio Anselmi, II, STIBU, Urbania 1979, pp. 1828, 1840-1841, nn. 40-41. (68) G. Piccinini, La civica amministrazione dall’età giolittiana agli anni ’70, in AA.VV., Una periferia rivelata cit., pp. 85-88; A. Crinelli, 8 Settembre 1910 - 8 settembre 1960. Celebrazioni per l’insurrezione di Pergola, in “Pergola racconta”, aprile 2006, pp.1-2. Il Convegno unitario di storici, che avrebbe dovuto riunirsi a Pergola, fallì a causa di contrasti e polemiche dovute a interpretazioni diverse, soprattutto dell’azione personalmente svolta da personaggi che dell’insurrezione pergolese erano stati protagonisti. Vedi E. Liburdi, Pergola nel 1859 e nel settembre del 1860, in AA.VV., L’insurrezione di Pergola e il Risorgimento nelle Marche, S.T.E.U., Urbino, 1962, pp. 29-30. In tale occasione ci fu polemica, tra il Santi e il Nicoletti. Il settimanale socialista “Il Progresso” riferisce che, secondo il “clericale sindaco Nicoletti”, “il socialista prof. Archimede Santi” non era concorde con il comitato promotore circa lo svolgimento del Congresso storico a Pergola. Pubblica anche la brusca smentita telegrafica del Santi, in cui si legge, tra l’altro, “nulla comune Nicoletti abisso divide”. Vedi Corrispondenze, Pergola 6 ottobre, in “Il Progresso”, Pesaro, 8 ottobre 1910, Anno IX, N°. 41. (69) Pergola in cartolina, a cura di A. Loretelli cit., p. 28. Lo spirito sembra assai vicino a quello che si nota nei disegni eseguiti da Achille Casanova per le due figure a monocromo, realizzate nelle pareti d’imbocco dei transetti nella basilica di Sant’Antonio a Padova. Vedi Achille Casanova al Santo, a cura di F. Castellani, Centro Studi Antoniani, Associazione Museo Antoniano, Padova 1996, pp. 68-69, figg. 78-79. (70) Vedi G. Piccinini, La civica amministrazione…, cit., in AA.VV., Una periferia rivelata…, cit., p. 86. Tali parole si leggono nella lettera a stampa diffusa dal comitato dei reduci nel luglio 1910. Vedi Ibidem. (71) Vedi p. 63. (72) G. Calegari, Fernando Mariotti, in Accolta dei quindici 58a Rassegna d’arte / Fano 2005, Grapho 5 Litografia, Fano, 2005, pp. 4-13. (73) Vedi R. Istituto Magistrale di Alessandria, Anno I, Industria Grafica O. Ferrari & C., Alessandria 1925, p. 34. (74) “C’erano Degas e Whistler, Rodin e Meunier, Kroyer ed Israel, Michetti e Zorn, Monet e Liebermann, Claus e Segantini, e Klimt, Renoir e Matisse…”. Vedi E. Pontiggia, Anselmo Bucci. Dell’allegria, in Anselmo Bucci 1887-1955, a cura di E. Pontiggia, catalogo della mostra, Fossombrone 13 aprile-9 novembre 2003, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, 2003, p. 21 (75) Maria Mimita Lamberti, La pittura del primo Novecento in Piemonte, in La pittura in Italia, Il Novecento/1, Tomo primo, a cura di C. Pirovano, cit., p. 45, pp. 45-84). (76) Vedi l’introduzione di L. Servolini, in Disegni di Archimede Santi, Urbino, febbraio 1939, XVIII, Bologna 1939. Il testo è pubblicato, anche in “a b c”, Rivista d’arte, anno VIII, n. 5, Torino, maggio 1939, pp. 16-17; I. C., Impressioni di Archimede Santi, in “Alexandria”, anno VII, 39


n. 4, aprile 1939, p. 124. Si veda inoltre G. V., La mostra di Archimede Santi, in “Il Corriere di Alessandria”, anno XX, n. 30, maggio 1942. (77) Vedi P. Ball, Colore: una biografia, trad. it. L. Lanza e P. Vicentini, Mondolibri, Milano 2001, pp. 193-194. (78) R. Longhi, Ricordo di Enrico Reycend, in “Paragone”, 27, marzo 1952, pp. 43-55, consultato in R. Longhi, Da Cimabue a Morandi, a cura di G. Contini, Arnoldo Mondatori Editore, Vicenza 1974, pp. 1035-1050) (79) Ibidem, p. 1035. (80) V. Pica, L’arte mondiale alla IV Esposizione di Venezia, Bergamo, 1901; Id., L’arte mondiale alla V Esposizione di Venezia, Bergamo 1903; Id., L’arte mondiale alla VI Esposizione di Venezia, Bergamo 1905. (81) A. Soffici, L’impressionismo a Firenze (maggio 1910), in A. Soffici, Scoperte e massacri. Scritti d’arte, Firenze 1919, pp. 153-184. (82) R. De Grada, Morbelli e Barabino, la continuità poetica di un territorio, in Morbelli e Barabino. Dalla poetica della natura all’impegno del sociale, catalogo della mostra, Alessandria 20 marzo-13 giugno 2004, a cura di R. De Grada, Mazzotta, Milano 2004, p. 13. (83) Ibidem, p. 19. Il divisionismo fu “in un primo momento teorizzato da Vittore Grubicy, intorno agli anni novanta dell’ Ottocento. Grubicy partiva da un principio certo: per rendere più luminoso un colore non bisognava impastarlo con un altro colore, occorreva stenderlo allo stato puro accanto ad un altro colore complementare. Ciò contraddiceva non soltanto la tradizione accademica ma anche quella dei grandi visionari del colore, come, ad esempio l’inglese William Turner”. Vedi R. De Grada, Morbelli e Barabino, la continuità poetica di un territorio, in Morbelli e Barabino…, a cura di R. De Grada cit., p. 16. Le teorie divisioniste furono poi esposte da Previati (Ferrara, 1852-Lavagna, Genova 1920) in alcuni scritti degli inizi del Novecento, ma il divisionismo era nato da qualche decennio con opere dello stesso Previati, di Segantini, di Angelo Morbelli, di Pellizza da Volpedo, da cui apprese la tecnica Angelo Barabino il quale nel 1912 partecipò alla Mostra Itinerante delle Dernières Oeuvres des Artistes Divisionnistes Italiens a Parigi, Bruxelles, Amsterdam, organizzata dalla Galleria Alberto Grubicy. È del 1914 la sua prima personale di grande successo con 35 opere ad Alessandria. Vedi f.f.( Flavio Fergonzi), voce Barabino Angelo, in La pittura in Italia. Il Novecento/I, Tomo secondo, cit., pp. 774-775. La complessa personalità di Vittore Grubicy, artista, critico, mercante d’arte, figura chiave per la nascita del divisionismo italiano, è stata recentemente oggetto di attento esame. Vedi Vittore Grubicy e l’Europa. Alle radici del divisionismo, catalogo della mostra, Trento 28 ottobre 2005-15 gennaio 2006, a cura di Annie-Paule Quinsac, Skira, Milano 2005. (84) Uno di essi potrebbe essere Le galline, recante la scritta “Impressione” sul retro. Vedi tav. 8. (85) Esposizione Artistica Prò Rimpatriati e disoccupati, Alessandria 24-31 ottobre 1914, catalogo delle opere esposte, Alessandria, Tipografia Cooperativa 1914. (86) “Il Giorno”, Novi Ligure, anno IX, 13 novembre 1914, n. 21, esce quando vuole. (87) Ibidem. Su Francesco (Cino) Bozzetti (Lecce 1876-Borgoratto (Al) 1949), artista “schivo e riservato”, giudicato in passato soprattutto come eccellente acquafortista, è stata recentemente evidenziata la necessità di “una puntuale rivisitazione storica” tenendo conto anche della sua produzione pittorica, al fine di “assegnargli la collocazione che gli spetta nel panorama artistico italiano a lui contemporaneo”. Vedi P. Dragone, I ritmi della terra, i tempi della storia. Cino Bozzetti 1876-1949, catalogo della mostra Alessandria, 10 novembre 2001-10 febbraio 2002, a cura di P. Dragone, F. Masucco, A. Repetto, Mazzotta, Milano 2001, pp. 11-12. Sarà l’occasione per verificare l’asserto e le eventuali assonanze tra i dipinti di paesaggio del Santi e quelli del Bozzetti. (88) Vedi M. Tenti, Personaggi di rilievo, in AA.VV., Una periferia rivelata cit., p. 143; Pergola in cartolina, a cura di A. Loretelli cit., pp. 62, 65-70. Il Santi disegnò anche francobolli e marche da vendersi “ad esclusivo vantaggio della Croce Rossa”, su incarico della sua Scuola che in tale periodo si distinse per manifestazioni concrete di patriottismo, organizzando anche una commissione di insegnanti ed alunne “di cui faceva parte la prof.ssa Michelina Santi Pappalardo”, allo scopo di raccogliere denaro per aiutare i profughi. Vedi R. Istituto Magistrale “Diodata Roero Saluzzo” di Alessandria, Annuario Scolastico 1923-1924, Anno primo, Industria Grafica O. Ferrari & C., Alessandria 1925, pp. 16-19. Finita la guerra, l’artista realizzò cartoline di propaganda per la ricostruzione. (89) Vedi Libri Giornali Riviste, in “L’Artista Moderno”, anno XXII, 10 aprile 1923, N. 7, p. XVIII. (90) Artista raffinatissimo, il Terzi (Palermo 1870-Castelletto Ticino 1943) nei primi anni del secolo aveva soggiornato in Inghilterra, aveva collaborato a riviste come “Novissima” e “La Lettura” e già prima del 1920 era un cartellonista affermato. Era stato presente sia come grafico che come pittore alle mostre della Secessione romana. Quando nel 1925 diviene direttore del rinnovato Istituto per la Decorazione e Illustrazione del Libro di Urbino, la sua fama nel campo della grafica del libro e del cartellone pubblicitario è consolidata. Cfr. S. Cuppini Sassi, Urbino… cit., in AA. VV., Arte e immagine cit., p. 113. (91) Mostra annuale intima Famiglia Artistica, Milano, 18 dicembre-8 gennaio 1922. Catalogo. (92) Mostra d’arte in vantaggio dell’Ente benefico Il Fanciullo d’Italia, Milano 1926. Catalogo. La mostra riuniva 967 opere offerte “in regalo”, di artisti scomparsi, come Telemaco Signorini e Mosè Bianchi e viventi come Felice Casorati, Adolfo de Carolis, Adolfo Wildt, Pietro Morando, Luigi Servolini, Giulio Aristide Sartorio, Ardengo Soffici, Plinio Nomellini, Ettore Ximenes, Raffaele De Grada. (93) Così ricorda Don Lino Ricci che, bambino, lo vide intento a dipingere parte della facciata con il portale gotico e, nella parte superiore sinistra, un bassorilievo raffigurante le Stigmate di San Francesco, con al centro il Crocifisso e al di sotto un cartiglio, oggi appena avvertibili. (94) Vedi pp. 60-62. (95) Per il venticinquennio de l’Artista Moderno 1901-1926, p. 182; “L’Artista Moderno”, anno XXXIV, sett. 1935, nn. 17-18, p. 272. (96) Vedi R. Istituto Magistrale “Diodata Roero Saluzzo”, cit., p. 31. La lettera è custodita a Pergola presso il signor Antonio Temperini. (97) Vedi nota 107 e Stato Personale. (98) L. Servolini, presentazione a Disegni di Archimede Santi, Sezione d’arte tipografica dell’Istituto Tecnico Industriale Aldini Valeriani, Bologna 1939. (99) Id., introduzione a Vernante Valle Vermenagna. Impressioni di Archimede Santi, Sezione d’arte tipografica Istituto Tecnico Industriale Aldini Valeriani, Bologna 1940. (100) D. Picchio, Alessandria dal 1900 al 1940 attraverso le immagini d’epoca, Edizioni dell’Orso, Alessandria 2004, p. 15, figg. 23-24. (101) G. Vicari, Alessandria e dintorni. Impressioni di Archimede Santi, in “Il Piccolo”, Alessandria, maggio 1942; G. V. (Vicari?), La mostra 40


di Archimede Santi, in “Corriere di Alessandria”, anno XX, n. 30, maggio 1942; “L’Artista Moderno”, anno 42, maggio 1942, XX, p. 84; Per la chiusura di una mostra, in “Il Piccolo”, Alessandria, 13 giugno 1942. (102) Dei dipinti allora esposti, oltre quelli a noi noti pensiamo che altri ne esistano ancora e che possano trovarsi in raccolte private di Alessandria. Pian piano riaffioreranno e ci aiuteranno definire meglio la fisionomia dell’autore. È, del resto, recentissima l’apparizione di Riflesso sul Bormida con campanile del Duomo (olio su cartone, cm 36,5 x 32,5, collezione privata, Alessandria), alla mostra: Corsi d’acqua e percorsi, Alessandria, 22 marzo-2 maggio 2006, nel cui catalogo, curato da Dino Molinari e Marco Grassano, a p. 77 viene pubblicata la fotografia. Potrebbe trattarsi di una delle tre opere (nn. 4, 33, 47) presenti nel 1942 col titolo: Riflessi. (103) G. Vicari, Visitando la Mostra d’arte nelle sale del Dopolavoro “17 maggio”, in “Il Piccolo”, Alessandria, sabato 20 febbraio 1943. (104) Pergola, Attività artistico-culturale della Gil, in “L’ora”, Settimanale Fascista della Provincia di Pesaro-Urbino, Pesaro, 3 Aprile 1943-XXI, Anno 22, p. 6. Le ragazze erano “accompagnate dall’ispettrice Gil e dalla collaboratrice per il gruppo artistico-culturale Bigonzi Mancini Marcella”, poi direttrice della scuola elementare. Dobbiamo ammettere che, almeno questa, fu una buona iniziativa. (105) Vedi ASCPe, Cat. 10, Classe 12, Fasc. 1, Lettera della R. Soprintendenza ai Monumenti delle Marche All’Ispettore Onorario Santi Prof. Archimede, 4 ottobre 1947 e risposta del sindaco Franco Tagnani, 13 ottobre 1947. (106) Notizia riferita dal Santi a Rosalba Barbanti Tomasi Amatori. (107) Muore “alle ore diciannove” nell’ospedale intitolato ai Santi Carlo e Donnino. ACPe, Registro Atti di morte, dal 1944 al 1948, parte II, serie B, Ufficio I, anno 1947, n. 7. A Pergola il Santi abitava in Corso Matteotti. Aveva fatto parte del consiglio degli IRAB ed era nel consiglio direttivo della Sezione pergolese della Democrazia Cristiana che lo ricorda così: “Animo notoriamente aperto alla intuizione del bello e del vero, con l’opera e col consiglio ha sempre dato contributo saggio al rinnovamento artistico della nostra Città. Spirito giovane e combattivo, nemico del compromesso, assertore della libertà e dignità della persona umana con la vita, per dirittura di carattere, per franco e sereno giudizio con la parola, ci è stato maestro…”. Il Comune esprime riconoscenza esaltando “il puro affetto di Cittadino sempre sollecito con alacrità generosa, di dare un volto e un’Anima alla sua Patria per renderla degna figlia dell’Arte”.. (108) Catalogo, a cura di Marcello Tenti, in S. Cuppini, G. De Marzi, P. Desideri, La memoria storica tra parola e immagine, Quattroventi, Urbino 1995, p. 151. Il Santi disegnò le stele che vennero realizzate in travertino bianco dal marmista Mario Spallacci. Le immagini delle stazioni furono eseguite “nella Scuola d’Arte a Pesaro, sotto la guida artistica del professore G. Andreani”. Vedi il volantino del 3 aprile 1947 curato da Don Biagio Orfei. Le raffigurazioni erano di ceramica a vivi colori, ma si rovinarono presto a causa dei geli invernali e furono sostituite. Guido Andreani (1901-1976), sensibile ceramista, entrò all’età di quindici anni nella fabbrica di Ferruccio Mengaroni; fu insieme al decoratore Giulio Patrignani “il vero continuatore dell’arte del Maestro”. Vedi G. Biscontini Ugolini, La fabbrica di Ferruccio Mengaroni, in AA. VV., Arte e Immagine cit., pp. 309-327. La seconda stazione della Via Crucis reca la dedica al Santi, voluta dalla figlia Gemma. (109) Vedi la copertina di AA. VV., Una periferia rivelata. Pergola ventesimo secolo, cit. Nel 1981 alcune opere del Santi vennero esposte, insieme a quelle di altri artisti pergolesi, nelle stanze a pianterreno dell’ex “Istituto Giannini”, oggi Museo dei Bronzi dorati e della Città di Pergola, in occasione del “battesimo” del circolo culturale “Il Fermento”, non più esistente. (110) Pensiamo alle ultime indagini rientranti nel programma di studi e rivisitazioni delle principali correnti e dei protagonisti delle arti in Italia nel diciannovesimo e ventesimo secolo. Ricordiamo in particolare la recenti mostre di Tortona: Angelo Barabino, a cura di AA. VV., Mazzotta, Milano 2005; di Alessandria: Sogni e visioni tra simbolismo e liberty, a cura di V. Sgarbi, Silvana Editoriale, Firenze 2005 e le rassegne di Verbania - Pallanza e di Trento su Vittore Grubicy de Dragon, sostenitore e interprete del divisionismo e promotore, insieme al fratello Alberto, di artisti quali Giovanni Segantini, Emilio Longoni, Gaetano Previati ed Angelo Morbelli, le cui opere il Santi sicuramente conobbe ed ammirò (Vittore Grubicy de Dragon. Poeta del Divisionismo (1851-1920), a cura di S. Rebora, Silvana Editoriale, Firenze 2005; Vittore Grubicy e l’Europa. Alle radici del divisionismo, a cura di A. P. Quinsac, Skira, Milano 2005).

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Antologia critica Di seguito riportiamo tutto ciò che finora ci risulta essere stato scritto sulle opere del Santi. “Dal Carnet dell’egregio Amico e colto ingegnere Venanzio Guerci [Presidente del comitato artistico della mostra“Esposizione artistica prò rimpatriati e disoccupati” Alessandria-Saloni U.V.I. Via Pontida, 24-31 ottobre 1914] togliamo queste note, scusandoci se lo spazio ristretto del nostro Giorno ci costringe a togliere alcune parti pur doverose verso eletti Artisti… abbandoniamo tutto il fardello-sia pure indispensabile ad una esposizione come questa, fatta a scopo di beneficenza- delle opere minori degli artisti e di quelle incolori di molti tra i dilettanti, per ritornare colla mente alle opere significative. E di queste ne hanno esposte: il Morbelli, residente a Milano, Sandro Piazzi residente a Pegli, il Saccaggi, il Boccalatte, il Patri, Daglio e Barabino, Tortonesi, il Bozzetti di Borgoratto residente a Torino, il Santi, il Pasini, lo Scarpa, la signora Ruggeri Camussi residenti in Alessandria, il Trotti Bentivoglio alessandrino per nascita e per affettuoso attaccamento e il Lagostena di Novi e molti altri …Tre artisti che hanno tra loro delle affinità spirituali sono il Bozzetti, il Boccalatte ed il Santi. Le acqueforti del Bozzetti sono il frutto di un temperamento poetico ben raffinato: quivi il gusto di una linea sicura, di un disegno molto nitido - che sono indispensabili all’acquafortista - non hanno menomato il senso di poesia melanconica che pervade ogni opera sua, nella quale sono così arcane le cose che vi dicono le piante, il cielo e gli specchi d’acqua. Ed ancora affascinano i discorsi notturni delle piante e delle nubi in luoghi un po’ romiti che il Boccalatte ci viene ridicendo nel suo trittico così prezioso. Ed ancora il Vecchio mulino sul Tanaro del Santi ci interessa per la sua poesia calda, come è calda la gamma dei suoi colori. Il Santi poi - in un’altra piccola tela - ha aperto una porta sopra un’ortaglia ed il sole - prepotente - è entrato in casa…” L’esposizione alessandrina, in “Il Giorno”, Novi Lig. Anno IX, 13 novembre 1914, n. 21. “…Pergola, non lontana dalla patria del Poverello, non è ricca di monumenti notevoli: essa vive semplice e modesta una vita di pace e di serena contemplazione ed il prof. Santi, nella sua schietta sincerità d’artista, ha voluto per l’amore al vero, fissare con quella forza di disegno che viene da una seria e profonda preparazione, le impressioni più spontanee e i tratti più caratteristici della sua amata cittadina. Ed ha composto una raccolta di disegni e d’impressioni dal taglio originale e dalla luce misteriosa, che sono dei quadretti di commossa evocazione i quali valgono più di tanti quadri di pomposo esibizionismo, dalle dimensioni borghesi e dai colori sgargianti. Gli angoli di un viottolo velati dalla poesia della penombra; un gruppo di piante che compiacenti si specchiano in un quieto laghetto; un lussureggiante prato limitato dal suo breve orizzonte, sono dei quadretti d’impressione sincera che l’artista, con devota e francescana umiltà, ha colto nel momento più poetico. Il lavoro che il prof. Santi ha voluto, con dedizione devota, offrire a ricordo della sua amata cittadina, è una prova di più di codesto artista modesto, buono, dalla squisita sensibilità - retaggio di pochi privilegiati - di codesto educatore modello che sa infondere nella scuola - che ha fatto seconda sua famiglia - ove vive le ore più serene della sua non certo fortunata esistenza. Lode al prof. Archimede Santi che anche nelle tribulazioni di una vita agitata, sa conservare alto lo spirito, profondo il senso della gratitudine, sublime il magistero della bontà di uomo, di cittadino, di educatore”. Libri. Riviste. Giornali, a cura di Rocco Carlucci, in “L’Artista Moderno” Anno XXXIV, settembre 1935, nn. 17-18, pp. 245-272. “Nell’emozione pura, nella fresca visione diretta resa limpidamente con un disegno lineare, schietto, che carezza le cose e ne dice in sintesi l’essenza, invitando a completare i particolari e a meditare, l’arte di Archimede Santi radica i suoi requisiti essenziali. L’interpretazione realistica di quegli assolati paesaggi, di quelle casupole rimpiattate in umide vallate o arrampicate su per scoscese ed arse balze, di quei tetti che formano una nuova città sconosciuta alla città, è sempre dominata da accenti lirici, ha una commozione, che si traduce subito nell’animo di chi osserva questi disegni: nei quali la correttezza del segno, morbido e deciso, raggiunge a volte una rara eleganza, come ricordo solo in certi 45


disegnini inglesi del secolo scorso. E quanta aria in quelle ampie distese di valli e di monti! Talora è la chiesetta di campagna, umile e raccolta, con i suoi muri che indoviniamo rossastri tra il verde delle siepi e dei campi, tal’altra è l’acqua ferma di un piccolo stagno ad attrarci, mentre rispecchia la folta chioma dei pioppi o gli ste-rili rami di un albero nudo; o altrimenti, è la casetta del contadino col suo castro graveolente, con i pagliai cotti dal sole, con quell’acuto odore di zolle e di stalle che ci colpisce, o un angolo quieto del giardino, in cui gorgogliano sommessamente le acque di un piccolo canale, o l’austero e pur luminoso portale di un’antica dimora, da cui s’intravede un cortile sorridente di glicini e piante. Anche il mare seduce l’artista, che lo ama d’immenso amore, ammirandolo da una collina assolata o da un bosco verdeggiante. Archimede Santi non è il meticoloso disegnatore, quale ci attenderemmo in chi per lunghi anni ha servito la scuola: in lui non è stato sviato lo schietto ed innato sentimento d’arte; anzi, il suo estatico amore per le cose belle nulla ha perso in semplicità e purezza! Con pochi sapienti tratti di matita la visione è resa nel suo insieme essenziale, con una parsimonia che è tanto più lodevole in chi non può concedere tutto se stesso all’arte. Questi disegni di Pergola (la terra natia, per la quale il canto si fa più commosso), di Erice e di Trapani testimoniano nel Santi, dunque, un sentimento artistico sano e sincero, alimentato sempre da una vena delicata di poeta, che freme di commozione per tutte le cose belle del creato, che ha sete d’aria e di sole. La ricca e variata campagna marchigiana ha dato, in questo, il timbro formativo sull’arte del Santi; ma molto vi ha potuto, anche l’incanto solare di Sicilia. Umile ma sana, ma schietta, la vita di questo artista, costretto dalle necessità familiari a dedicare le ore più belle all’insegnamento, fatto con dedizione e con passione: semplice, serena, luminosa la sua arte, che alle fantasticherie ed alle superficialità modernissime preferisce la composta visione tradizionale”. Luigi Servolini, introduzione a Disegni di Archimede Santi, Bologna 1939; “a b c rivista d’arte”, Anno VIII, n. 5, Torino, maggio 1939, pp. 16, 17; I. C., Impressioni di Archimede Santi in “Alexandria”, Anno VII, n. 4, aprile 1939, p. 124; Luigi Servolini, Un artista marchigiano: Archimede Santi” in “Corriere Adriatico” 29 giugno 1939, anno XVII. “Questa nuova raccolta di disegni del pittore Archimede Santi - disegni realizzati tutti di seguito, in uno di quei felici momenti di grazia, che chi si è dedicato da tempo con passione e, diciamolo francamente, con sacrificio all’insegnamento, ha la buona ventura d’incontrare ad ogni stagione estiva - è ancora una testimonianza della sensibilità disegnativa e rappresentativa di un artista abituato, nei colloqui con la natura, a lavorare soltanto per sé. Sono disegni a matita, dal tratto semplice e libero, di un chiaroscuro dolce e delicato, che dà forme, vita, volumi alle cose senza sciuparne l’intimo significato: disegni che, nella loro riposata e casta stesura grafica, hanno tutta quella suggestione poetica, che ben pochi “grandi” disegnatori di oggi conoscono. Fresche visioni di vallate e di montagne, su cui ride il sole, rese col sano profumo dei luoghi selvaggi, con l’estasiata apertura dei cieli sereni. Il Santi è un semplice, è un poeta puro che, suggestionato dalle bellezze naturali, ce ne rende l’incanto con il suo disegnare lieve e limpido, in cui ogni segno ed ogni macchia hanno una funzione ed un significato. Anche in questa nuova raccolta ecco quiete chiesette, affogate tra il verde, stese di campi immense, viottoli silenziosi, creste di montagne, vecchi casolari, antiche fontane, molini, canali e placide acque. Vedute, spesso, di Vernante: un grazioso paesino montano nella valle Vermenagna, ancora ignaro delle mode di oggi con le sue piccole case dai balconi di legno fioriti, con i tetti di lavagna, con il vetusto castello che domina sempre: un paesino meta di villeggianti e di turisti. In queste interpretazioni della natura alpestre il disegno del Santi si è fatto insolitamente crudo ed espressivo con l’abbandono di certa grazia delicata, che non si sarebbe adattata all’aspro sapore della montagna. Ci sono anche, a ravvivare la raccolta, due acquerelli ricchi di colore ed onesti di tecnica, toccati con un gusto che, senza peccare di moderna irrequietezza, è del linguaggio d’oggi. Ma di senso cromatico - l’amatore intelligente se ne sarà subito accorto - sono pieni, del resto, tutti questi disegni 46


a matita, dove bianchi, neri, mezzetinte creano, perfetta, la suggestione della luce, dell’atmosfera, dei volumi, dello spazio!” Luigi Servolini, introduzione a “Vernante valle Vermenagna. Impressioni di Archimede Santi”, Bologna 1940. “Archimede Santi, con quella costante devota passione allo studio della natura e con la consueta francescana umiltà cerca di indagare e interpretare la poesia che emana, con i suoi contrasti ed effetti di luci, e ne fa un intimo documento d’arte, pubblicando un’altra raccolta di disegni. Sono schizzi che dicono l’emozione provata dall’artista al cospetto delle misteriose bellezze della valle Vermenagna; sono semplici sincere impressioni viste con occhio limpido e con cuore commosso che, nella loro suggestiva semplicità, fanno rievocare ricordi nostalgici della dolce, melanconica terra umbra. I trenta disegni, di piccole dimensioni ma di grande sentimento, formano le trenta tavole di cui si compone la pubblicazione, rappresentano angoli di casolari, ruderi di antiche torri, tetti di case rustiche, svolte di torrenti, prati verdeggianti, chiesette nascoste, cascate di mulini, catene di montagne e altre suggestive vedute, eseguite senza alcuna pretesa, con semplicità di mezzi e con spontaneità…” Libri. Riviste. Giornali, a cura di Rocco Carlucci in “L’Artista Moderno”, Anno 40°, luglio 1940, XVIII, p. 124. “Archimede Santi insegnante per molti anni in questo R. Istituto Magistrale, prima di lasciare Alessandria ha raccolto in una sala, gentilmente concessa dal Dopolavoro provinciale, alcune sue impressioni di Alessandria e dintorni. Non forme scolastiche, fredde, fotografiche, ma note di colore, effetti di luce, ricerca di elementi pittorici, interpretazione poetica della natura. I colori, vivaci, di fuoco, di alcune vecchie case, armonizzano e si fondono quasi con le intonazioni calme e grigiastre, trasparenti degli effetti di nebbia, delle nevicate, che fanno sentire tutta la pace, la serenità della campagna alessandrina, l’anima delle cose”. Mostra Santi all’Ufficio Propaganda O.N.D., in “Il Corriere di Alessandria”, 16 maggio 1942, XX. “Una mostra di eccezionale interessamento è stata quella tenuta dal Prof. Archimede Santi nel salone del “Dopolavoro Provinciale”. Sono impressioni di Alessandria e della sua campagna che ci dicono la commozione e l’ora in cui l’artista ha fermato sulla tela le vivaci visioni da lui godute. La pittura dell’artista Santi, fatta di fermo disegno e di solido colore, non disgiunta dalla tradizionale delicatezza della sua terra umbra*, aliena da comodi funambolismi di moda, è sempre sinceramente aderente al vero ed al gusto del popolo, ch’è il più disinteressato critico e il migliore buongustaio. Il prof. Archimede Santi alla benevolenza che ha saputo guadagnarsi nella sua lunga carriera di saggio e serio insegnante vissuta in questa città, ha anche aggiunto la benemerenza di poeta illustratore della bella regione alessandrina”. Alessandria, una mostra di eccezionale interessamento, Rocco Carlucci, in “L’Artista Moderno”, Anno 42°, maggio 1942, pp. 57-58. * Vedi nota 56, p.38 “Con chiara evidenza si prospetta la portata della parte migliore, che risponde a un ordine poetico ben preciso, dell’opera di Archimede Santi, che condotto da se stesso, anzi dal suo sentimento mistico, ad approfondire tenacemente le certezze spirituali della pittura, oggi si presenta quasi di sorpresa con una mostra che per lente, faticate conquiste successive realizza un complesso di immagini pittoriche di particolare e interessante valore. Senza voler definire speciali aspetti di una evoluzione del Santi (evoluzione che va interpretata anche attraverso i suoi disegni paesaggistici di Sicilia, delle Marche e del Piemonte che purtroppo non vediamo a completamento di questa Mostra) sentiamo nella sua odierna presentazione di quadri ad olio il continuo necessario tormento di un artista dallo spirito riflessivo, sebbene espansivo, ordinato e insieme limite ai repressi slanci della fantasia creativa. In ordine con questa particolare sensibilità del Santi, il suo paesaggio appare precisamente meno preoccupato di rigorosi valori stilistici e più abbandonato a esterne esigenze emozionali. Maturità di disegno, tocco staccato di pennellate, quasi voluto eppure schietto, tendono ad un certo momento, a 47


dare vivificazione impressionistica alla ferma materia delle sue case dei suoi tetti dei suoi cortili (veggasi “Vecchio molino sul Tanaro” “La chiesina delle Grazie” “Tetti” “Fossato della Cittadella”) vivificazione impressionistica che tuttavia assume un nuovo impegno espressivo, si direbbe religioso, nei soggetti naturali, quali gli alberi, le campagne, le radure, le acque, le nevi (come vediamo in “Riflessi”, “Il piazzale del Cimitero” “Autunno e Pavone” “Nevicata” “Verso S. Bartolomeo” “Colline”) dove sentiamo impasti di luce albeggianti e crepuscolari approfonditi ed arricchiti in un registro cromatico che dà esiti di una sensibilità coloristica fusa di atmosfera luminosa e modulata di toni sereni e meditativi, per non dire romantici e nostalgici, di questa nostra vecchia Alessandria…” G. Vicari, Alessandria e dintorni. Impressioni di Archimede Santi, in “Il Piccolo”, Alessandria, maggio 1942. “Sta per chiudersi la mostra delle “Impressioni” di Alessandria che Archimede Santi ha presentato nei locali del Dopolavoro Provinciale in Corso Roma. Mostra che ha attratto un numeroso pubblico sufficiente a confermare l’interesse, aderente agli aspetti più reconditi alla nostra città, che quei quadri hanno destato. Indipendentemente da questi fatti esteriori, la Mostra di Archimede Santi si è imperniata sul concetto dell’autore stesso che nel desiderio di vivere nostalgicamente la realtà, ha saputo fondere la sua ispirazione delicata e “pascoliana” di sentimento, specialmente in quelle sue vedute campestri, ad una tecnica spontanea seppur misurata nell’equilibrio delle forme e nella compostezza del disegno. Il pennello è comunque condotto con mano ferma sulla troppo vivace quando lo vediamo nelle rosse fughe dei tetti o dei bastioni vetusti tale da giungere a pacate tinte e serene velature quando il Santi si sente proteso, come in “Cortile fiorito” e in “Nevicata” a qualcosa puramente spirituale e poetica. In ogni modo un pittore è sempre un poeta, e come ogni poeta crea a seconda del proprio stato d’animo.. Nel caso del Santi la creazione c’è, appunto perché si vale anche di espressioni accessibili al nostro popolo, e il suo linguaggio, anche se rasenta alcuni costrutti consacrati dallo impressionismo è tuttavia aderente e sincero come arte personale”. G. V. (Vicari?), La mostra di Archimede Santi, in “Corriere di Alessandria”, Anno XX, n. 30, ? maggio 1942 “Il prof. Santi la cui mostra artistica si è chiusa la scorsa settimana potrebbe bene essere chiamato il poeta degli orizzonti alessandrini per quella misteriosa simbiosi che le arti hanno tra loro e che ricorda l’antico detto: “ut pictura poesis”. Ogni terra, ogni regione possiede un suo particolare fascino, una atmosfera, un’aura poetica che sfugge agli occhi distratti dei molti ma non già all’artista che l’afferra trasfigurandola in quel più grande vero che è la natura passata attraverso una più alta e umana sensibilità. Così la parte più riuscita dell’opera del Santi è in questa trasfigurazione pittorica e poetica della campagna alessandrina che egli colse in tutti i suoi aspetti; e quando la pianura e il cielo paiono librarsi in un sognante e panico amplesso: farsi aerei in giuochi di luci in riflessi di cirri rosei sfumati tra paludi e canneti; la vasta pace degli orizzonti dentellati da fughe di platani e pioppi specchiatesi assorti in fiumi, canali, riviere. E su tutto il lievitare di un grande respiro dai brevi particolari: quel muto colloquio che la natura tiene con se stessa quando pare che ella abbia un animo ed elevi il suo canto. E tutte le stagioni ricamate nei vari balenar di riflessi, dalla festività primaverile squillante di mandorli in fiore all’accasciarsi stanco del tardo autunno, quando vapori e nebbie l’avvolgono e i contorni perdono i loro tratti decisi e sfumano in una meditazione assorta: o meglio quando magre alberelle stecchite e brulle di contro a un tramonto invernale porgono la loro muta implorazione come esili canti di anime o la neve si indugia con riflessi crudi, e il ghiaccio balena, a dirla col poeta, con fermo ardore. La malinconia di una rattenuta meditazione, la sfumatura d’un sogno, sono qualità inerenti all’arte e alla poesia del Santi: ma l’artista anche non può raffrenare la gioia del colore che egli fa passare per tutte le gamme; lo fa squillare quasi per una reazione in tonalità calde e luminose: nelle sue case irradiate di luce, nei cortili lontananti, nelle piazzette, nelle fughe dei tetti. E’ una esaltazione in cui ancor meglio si compone lo sfondo della sua basilare sensibilità artistica che ama le tenuità, le sfumature della penombra: come un musico che intona l’eroica fanfara, squillata dagli ottoni dopo il notturno pieno di meditazione e malia: motivi contrastanti di un’unica lineare sinfonia. Il prof. Santi, della sua varia e molteplice opera, durata molti anni a margine del suo insegnamento nel R. Istituto 48


Magistrale, lascia anche questa squisita serie dove coglie il volto e l’anima della campagna e dei dintorni alessandrini, e le fa belle di una significazione profonda che solo gli artisti possono fissare imperitura. E di ciò dobbiamo essergli grati”. Per la chiusura di una mostra, in “ Il Piccolo”, Alessandria, 13 giugno 1942. “È stata sufficiente questa Mostra ad attestare la varietà dei temperamenti in gioco sulla ribalta pittorica della nostra provincia. Benché quasi silenziosamente inaugurata come si addice alle ore storiche che attraversiamo, questa Mostra è di speciale importanza per la personalità degli espositori e per il valore e il carattere delle opere esposte. Segnaliamo qui in rapide note ciò che di meglio e di interessante si è visto intendendosi tuttavia non dimenticare di mettere in rilievo l’opera dei giovani artisti in cui si ravvisano promettenti qualità artistiche e di pensiero. Vogliamo parlare ad esempio della Calamida (“Chierichetto”), di Nereo Ferraris, (“Gladioli e Vicolo di Trisobbio”); “Pescatore adolescente”; di Miglio…(Fiori; Cieco di Bettale), Tassisto… (Casa sul colle, Paesaggio); Pizzo Pozzi…(Contemplazione; Crisantemi) … In fatto di rossi, piacevoli le soluzioni date dai due paesaggi marchigiani di Archimede Santi (Quercie e Colline) che esprime il rosso in effetti di ombre e chiaroscuri in una georgica armonia con il verde di serene colline e di fronzute ramaglie. Gambini vivace nei tocchi e chiaro nei colori si muove efficacemente sia nelle sue vibranti “Rose” e sia in un “Panorama alpino”. G. A. Sacchi sente il colore e la forma con sensibilità rispecchiante la verità delle nature in silenzio. E così diciamo della Antonioletti. Con Barabino, l’allievo di Pellizza da Volpedo ci spingiamo nel campo della pittura combattuta e sofferta. L’anziano pittore con il trittico “Nubi” “Meriggio” “Tramonto” ci porta ancora il soffio delle ultime correnti ottocentesche che si spensero con il divisionismo dando alle sue tele, con il suo senso crepuscolare e in pari tempo luminoso del colore, un valore soffuso di poesia. Rivediamo con piacere Gigi Morbelli. Sotto l’apparente sua calma si accende invece una forza concettiva profonda e vibrante nelle tonalità delicate e vellutate delle tinte che fanno ricordare qualche opera dei nostri massimi del quattrocento, ma nel nostro artista sono spontanei e naturali il colore e la tecnica ed ecco perché questa Natura morta e questo “Ritratto” che Morbelli espone riescono espressivi, plastici e armonici e comunque originali e moderni. Cuniolo, nelle sue tre “vedute” tortonesi si presenta con una pittura di getto ma equilibratissima…Sulle correnti moderne in luci serene e diafane si presenta Padre Pistarino in gamme riposate e trasparenti quasi come acquarelli: il pennello è sicuro e affettuoso, dà aspetto, forma, bontà agli alberi e alle cose, alla terra e al cielo, concezione e religione alla vita… In generale un orientamento simile cioè così mistico guida Pietro Morando nel suo pensiero, se non nella tecnica delle figure e del colore che in lui esige una esecuzione oggettiva della realtà lontana dall’emozionismo pittorico. Morando vanta un suo modo di concepire il mondo amando i soggetti di vita campestre o randagia, donne in conversazione, nomadi al desco, famiglie rurali o lavoro nei campi, tutti motivi atti a conferire alla vita stessa un senso in sé tutto religioso. ... E se specificatamente guardiamo un disegno la investigazione di esso rimane interessante e investigativa come appunto avviene nel nostro caso con le con due acqueforti (“Donna” e “Vecchio”) che Carlo Carrà espone con quel senso di raffinatezza quasi crudele tanto è veridica… Di questo senso primitivo delle cose è intrisa l’arte dello scultore in ferro Ferraris (“Acacia e passeri” “Fauna infernale” e “La preda”)… Un altro scultore il Lagostena tempera il soggetto con una nervosità incisiva, ed una acerbità plastica…molto meno incisive, ma complessivamente variate le sculture del Capra…. E per ultimo l’acquafortista Cino Bozzetti, versatile nei soggetti (questa volta vediamo animali da lavoro) disegnati con acuta sensibilità artistica e tecnica denotanti levità ariosa di linee che promettono certamente altre novità impreviste di nuove figurazioni sensitive e soluzioni espressive. La mostra è complessa nel suo assieme. Non dissimile del resto a quelle di altre città. Comunque scaturita da un desiderio espresso sia dagli artisti e sia dal pubblico, e tanto nelle sue virtù e nei suoi difetti pervasa d’un umore tipicamente alessandrino che vuole soltanto conoscere la verità sulla modernità attuale…” G.Vicari, Visitando la Mostra d’arte nelle sale del Dopolavoro “17 maggio”, in “Il Piccolo”, Alessandria, sabato, 20 febbraio 1943. “Santi Archimede, nato a Pergola, studiò ad Urbino ed a Bologna, fu discepolo di Achille Casanova. Insegnando 49


il disegno nel R. Istituto Magistrale di Alessandria, figura nel ruolo d’onore in seguito a tre promozioni per merito distinto. Artista fine e di gusto disegna con una eleganza squisita che i suoi lavori si distinguono a prima vista tra tanti. E’ collaboratore in diverse riviste artistiche: nel Roma, La Casa, Novissima di Roma; nel Chiaro di Luna di Pavia, Rivista cinematografica di Torino, nel Gli adornatori del Libro in Italia di Bologna e da venti anni i suoi lavori appaiono nell’Artista moderno. Originali le copertine che ha disegnato per la Società Novissima di Roma, i Libretti itinerario di viaggio delle linee Brennero- Gallipoli-Roma-Ancona-Sicilia-Roma-Villa S. Giovanni. Durante la guerra disegnò cartoline di propaganda, marche per la Croce Rossa, cartelli di propaganda per il prestito. Prende parte a mostre d’Arte con dipinti di paesaggio ad olio”. Nota biografica in Per il Venticinquennio de l’Artista Moderno 1901-1926, Torino 1926, p, 182 (fotografia del Santi a p. 118). “Santi Archimede, Maler u Zeichner in Alessandria. 6. 3. 1876 Pergola. Studierte in Urbino ( Accad d. B. Arti), Parma u Bologna. Mitarb. der Kunstpublikationen Von Ces. Ratta (Bologna) u der Ausgaben von “Novissima“ (Rom) 30 zieichn, im Album “Pergola e i suoi dintorni”, Bologna 1935”. Allgmeines Lexicon der Bildenden Künstler, XXIX, Leipzig 1935, p. 430. “Santi Archimede. Nacque a Pergola (Pesaro) il 6 marzo 1876: frequentò l’Istituto di Belle Arti di Urbino, la Scuola del Nudo e l’accademia di Belle Arti di Bologna. Gli furono maestri Luciano Nezzo e Achille Casanova. Paesista e disegnatore, illustrò soprattutto la campagna alessandrina nelle varie stagioni dell’anno. Allestì una personale ad Alessandria nel 1942, che gli fruttò consensi di critica e di pubblico. Si dedicò alla decorazione del libro; pubblicò pure un albo di disegni e di paesaggi di Pergola”. A. M. Comanducci, Dizionario illustrato dei Pittori, Disegnatori e Incisori moderni e Contemporanei, V, Luigi Patuzzi Editore, Milano 1974, p. 2918. “Santi Archimede (pittore e disegnatore) nasce a Pergola il 6 marzo 1876. Studia ad Urbino e a Bologna ed è discepolo di Achille Casanova, Nel 1895 ottiene il diploma di abilitazione all’insegnamento del disegno presso il R. Istituto di Belle Arti di Parma. Nel 1896 insegna nell’Orfanotrofio Giannini di Pergola e dal 1897 al 1899, durante il servizio militare, esplica l’attività di disegnatore nel Laboratorio Pirotecnico di Bologna. Dal 1900 al 1903 dirige la scuola serale di disegno applicata ai mestieri di Pergola e negli stessi anni insegna nella Scuola Tecnica di Pergola. In seguito a concorso, dal 1905 al 1906, insegna come supplente di disegno nella R. Scuola Normale di Mistretta (Messina) e da ultimo, insegnando il disegno nel R. Istituto Magistrale di Alessandria, figura nel ruolo d’onore, in seguito a tre promozioni per merito distinto. La rivista illustrata d’arte pura ed applicata L’Artista Moderno di Torino nel 1926 così lo ricorda: “artista fine e di gusto disegna con un’eleganza squisita che i suoi lavori si distinguono a prima vista fra tanti”. Collabora a diverse riviste artistiche: Roma, La Casa, Novissima di Roma, al Chiaro di Luna di Pavia, alla Rivista Cinematografica di Torino, a Gli Adornatori del libro in Italia di Bologna e per circa venti anni i suoi lavori compaiono ne l’Artista Moderno. Originali le copertine che disegna per la Società Novissima di Roma, i libretti itinerario di viaggio delle linee Brennero-Gallipoli, Roma-Ancona, Sicilia-Roma-Villa S. Giovanni. Durante la Prima guerra mondiale disegna cartoline di propaganda, marche per la Croce Rossa, cartelli di propaganda per il prestito, e prende parte a mostre d’arte con dipinti di paesaggio ad olio. Si spegne a Pergola nel 1947. M. Tenti, Personaggi di rilievo, in AA.VV. Una periferia rivelata. Pergola ventesimo secolo, Bolis, Bergamo 1992, p. 143. “Archimede Santi Pergola 1876-1947. Coppia di Nature morte, olio su tela, senza cornice ciascuno cm 42,5 x 59,5., firmati in alto a destra: A. Santi. Dopo aver frequentato l’Istituto di Belle Arti di Urbino, fu a Bologna, 50


poi ad Alessandria di cui descrisse la campagna. Fu soprattutto illustratore di libri, disegnò cartoline patriottiche. Collaborò con molte riviste artistiche quali Roma, la Casa, Novissima, Rivista Cinematografica, Gli adornatori del libro in Italia, e per circa venti anni prestò la sua mano all’Artista moderno. Stima lit. 5.000- 6.000”. Importanti Dipinti, Disegni e Acquerelli del secolo XIX, Christie’s (S.A.), Roma, martedì 29 maggio 1990, p. 27. “Archimede Santi nasce a Pergola il 6 maggio (sic) 1876. Inizia gli studi ad Urbino, poi a Bologna, ed infine consegue il diploma di abilitazione all’insegnamento del disegno nelle R. Scuole Tecniche e Normali, al R. Istituto di Belle Arti di Parma nel luglio 1895. Si sposa il 19 ottobre 1908 con la Professoressa Michelina Pappalardo da cui ha una figlia, Gemma, nata il 31 dicembre 1912. Rimane vedovo il 7 ottobre 1918. Inizia la professione di insegnante all’orfanotrofio Giannini di Pergola. Durante il servizio militare lavora come disegnatore nel laboratorio Pirotecnico di Bologna, dal 1900 al 1903 dirige la scuola serale per i mestieri di Pergola, contemporaneamente insegna nella Scuola Tecnica di Pergola. Dal 1903 al 1910 insegna disegno nella R. Scuola Normale di Mistretta (ME). Il 1° ottobre 1910 diventa ordinario di disegno e prosegue la sua attività di insegnante nel Regio Istituto Magistrale di Alessandria. Durante la prima guerra Mondiale progetta e realizza cartoline per il prestito nazionale, vignette e chiudilettere per la Croce Rossa Italiana. È collaboratore di numerosissime riviste d’arte, per le quali disegna copertine e frontespizi, progetta e realizza Ex-Libris, libretti itinerario per le ferrovie, partecipa a numerose esposizioni collettive e personali con disegni e dipinti ad olio. Muore a Pergola nel 1947…” Pergola in cartolina (1900-1945), a cura di A. Loretelli, San Lorenzo in Campo 1995, p. 62. «Santi Archimede. Né le 6 mars 1876 à Pergola. Mort en 1947. XX siècle. Italien. Peintre de paysages urbains, natures mortes, dessinateur. Il fit ses études artistiques à Urbino, Parme, Bologne. Outre ses peintures, il publia une série de vues de Pergola et de ses environs». E. Bénézit, Dictionnaire critique et documentaire des peintres, sculpteurs, dessinateurs et graveurs, vol. 12, Parigi 1999, pp. 279-280. “Archimede Santi, Pergola (PU), 1876. Presente in Alessandria dall’inizio degli anni ’20 ai primi anni del secondo dopoguerra. Insegnava materie artistiche all’Istituto Magistrale Diodata Roero Saluzzo. Ha dipinto fresche impressioni del paesaggio alessandrino, precise nel disegno e impreziosite dal colore, molto apprezzate da una ristretta ma colta cerchia di collezionisti nostrani. Collaboratore della rivista romana “Novissima” e dell’ “Artista Moderno” di Torino”. Corsi d’acqua e percorsi. Dipinti, parole, suoni e silenzi: l’ambiente dei fiumi e torrenti della provincia di Alessandria, catalogo della mostra, Alessandria 22 marzo-2 maggio 2006, a cura di D. Molinari e M. Grassano, Ed. danibel srl, s.l. (Novi Ligure), p. 76.

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Archimede Santi professore presso la Scuola serale di disegno per gli artieri a Pergola Archimede Santi, nel novembre del 1900, a 24 anni, fu nominato professore presso la Scuola serale di disegno per gli artieri, una scuola professionale appena nata. Esisteva infatti a Pergola una Regia Scuola Tecnica, istituita dal cav. Ascanio Ginevri Blasi nell’anno 1862, ma già Nicoletti scriveva che sarebbe stata molto più vantaggiosa se vi fosse stata annessa una scuola di arti e mestieri (L. Nicoletti, Di Pergola e dei suoi dintorni, Pergola 1900-1903; Ristampa anastatica, Città di Castello 1989, p. 422). Potrebbe sembrare incongruente dedicare, in una monografia sul pittore Santi, dello spazio alla sua attività di professore, tuttavia quegli anni e quella esperienza dovettero significare molto per l’artista, infatti fu lui stesso a conservare i ritagli di giornale che seguono e che riportano con grande vivacità le polemiche politiche che accompagnarono la scuola sul nascere, oltre che le lodi tributate al novello professore dai corrispondenti locali. Non è dato sapere se il Santi, così schivo e modesto, abbia conservato quei ritagli per narcisismo, scelta politica o amore di Storia, tuttavia quei giornali ci hanno restituito insieme ad una idea della bravura, dell’impegno e delle capacità del Santi nell’insegnamento, anche una immagine della Pergola di allora, vivace e battagliera e abbiamo pensato di offrirla, trascrivendo i ritagli, senza commenti o note, sperando di suscitare la stessa curiosità o simpatia che hanno provocato in noi. “Al nostro consiglio comunale è stata approvata la scuola professionale e la refezione scolastica; questo per merito della minoranza (radicale - repubblicana - socialista) alla quale rendiamo lode per aver cominciato a mettere in pratica una parte del programma esposto agli elettori la vigilia delle elezioni. Il locale per la scuola professionale è stato scelto all’Istituto Giannini, appena ridotto ad uso scuola, questa incomincerà subito a funzionare sotto la direzione del bravo giovane prof. Archimede Santi”. Nostre Corrispondenze, Pergola: Cose del Comune, in “L’Aurora”, 11 novembre 1900 “Domenica, all’Istituto Giannini dove risiede la scuola popolare applicata al disegno, vi fu l’esposizione dei lavori eseguiti dai nostri buoni operai durante il presente anno scolastico sotto la direzione del distinto giovane prof. Archimede Santi. La cittadinanza si è recata numerosa a visitare l’utilissima scuola ed è rimasta con ragione molto soddisfatta di tale nobile istituzione comunale avendo riscontrato un vero e rapido progresso. Abbiamo anche noi ammirato l’esattezza, la polizia e la precisione con cui i disegni sono eseguiti dai bravi figli del popolo e non si esagera dicendo che possono rivaleggiare con quelli che eseguiscono gli alunni della nostra scuola tecnica. Quindi da queste colonne inviamo ai bravi giovani operai le nostre più sincere congratulazioni e facciamo i nostri più sentiti rallegramenti al valente professore che con tanto amore e abnegazione in soli otto mesi ha saputo impartire i suoi validi insegnamenti ai figli del nostro proletariato fin qui vilipeso e disprezzato dai nostri reazionari consorti. È d’uopo rammentare, ai cortesi lettori e ai cittadini tutti, che la menzionata scuola di disegno è sorta per opera dei nostri amici della minoranza municipale i quali l’hanno strappata al consiglio clerico-moderato, fu fortemente ostacolata la vantaggiosa istituzione da certi crispi e un pochino anche da alcuni benemeriti della boriosa e non mai abbastanza lodata società monarchica progressista” V. E. 3°[Vittorio Emanuele III]”. Nostre Corrispondenze, Pergola (rubrus), in “L’Aurora”, 14 luglio 1901. “Piacerebbe che il corrispondente della “Provincia” parlasse qualche volta, come ho fatto io, anche dei progressi che fa la scuola professionale di disegno diretta con tanta genialità dall’egregio prof. Archimede Santi; anche se la lode in qualche modo risalisse all’attuale amministrazione comunale e ai partiti popolari, che vollero quella scuola e suonasse rimprovero a quelli che l’osteggiarono…” (segue lode della mostra dei lavori eseguiti dagli alunni-operai e si esprime la speranza che nel nuovo anno scolastico siano dati alla Scuola professionale mezzi più adeguati al suo incremento). Nostre Corrispondenze, Pergola 9 luglio, in “La Sveglia Democratica” (si pubblica ogni Domenica), Anno XIII, n. 28, Pesaro 14 luglio 1901.

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“Rispondiamo anzitutto alla corrispondenza pubblicata nella Sveglia del 14 luglio… rispondiamo infine, non essere per contrarietà che non abbiamo accennato ai vantaggi della scuola professionale e all’opera del Prof. Archimede Santi che altamente apprezziamo, quantunque sia nostra opinione che poteva benissimo il Comune unire all’insegnamento del Disegno quello della plastica e dell’Intaglio, per il quale si sarebbe prestato quasi gratuitamente come dichiarò l’amico nostro prof. Gaetano Benedetti*, ma solo perché finora non abbiamo fatto mai su queste colonne la cronaca delle città; essendoci limitati a difenderci dai continui attacchi della liberale (!!!) e tollerante(!!!) Sveglia, e a dire delle decisioni più importanti e dell’azione della nostra società V. E.[Vittorio Emanuele]”. Da Pergola (S.V.E.), in “La Provincia di Pesaro e Urbino” (Giornale politico, amministrativo, agricolo e commerciale), Anno II, n. 33, Pesaro 18 agosto 1901. *L’ 8 novembre 1900 Gaetano Benedetti “con diploma di abilitazione per l’insegnamento del disegno e di perfezionamento in plastica e intaglio (o scultura) in legno”, chiede al sindaco che gli venga affidato l’insegnamento “sia pure della sola plastica o del solo intaglio quando si volesse affidare ad altri l’insegnamento del disegno”. Il 21 dicembre il sindaco Vincenzo Storoni risponde che nella scuola “all’insegnamento del disegno non si può nel corrente anno aggiungere l’insegnamento dell’intaglio e della plastica per mancanza di fondi sufficienti”(ASCPe, Scuola Professionale, Categoria 9, Classe 9, fascicolo n. 1, 1900). “…Altro frutto della nostra minoranza è stata la scuola popolare di disegno e Domenica abbiamo potuto ammirare nei locali dell’Istituto Giannini l’esposizione dei lavori che con molta diligenza e praticità, in pochi mesi e con mezzi ristretti, quei bravi operai mercé l’attività e la non comune competenza del giovane insegnante Prof. Archimede Santi hanno dato molto buona prova del loro profitto. Ed ora è meglio dire ai nostri amministratori se non sarebbe meglio che il nostro municipio le dieci mila lire che spende per la nostra scuola tecnica, vera fabbrica di spostati, li disegnasse in parte ad una vera scuola professionale, ed in parte al miglioramento dell’insegnamento elementare che è molto deficiente ai bisogni del paese”. Pergola, (Dianthus), in “Il Cigno”, 20 luglio 1901. “La commemorazione di Giuseppe Garibaldi tenuta qui domenica scorsa riuscì come si desiderava. Il nostro popolo vi partecipò in gran numero; vi aderì il municipio con la musica cittadina, le principali Società operaie anche delle vicine frazioni: tutte con bandiera, l’orfanotrofio maschile, l’asilo d’infanzia. Non si era mai veduta nel nostro paese simile dimostrazione: fra le altre bandiere sventolava quella socialista una volta considerata pericolosa per la pubblica tranquillità! I nostri compagni portavano il garofano rosso all’occhiello. Per i socialisti parlò un nostro compagno inneggiando all’emancipazione delle coscienze di tutto il popolo, ovvero alla libertà e all’uguaglianza sociale. Furono appese tre corone sotto la lapide di Garibaldi: una dei Reduci, una della sezione del P.R.I. e un’altra con nastro rosso della nostra sezione. Nel pomeriggio ci fu una bicchierata dei partiti popolari…Nella stessa mattina… i nostri compagni in massa si recarono a visitare l’esposizione dei lavori alla Scuola Professionale di disegno diretta dal bravo prof. Santi Archimede…”(seguono lodi: partecipazione di tutto il popolo, sventolamento della bandiera socialista, garofano rosso all’occhiello, pomeriggio bicchierata dei partiti popolari, giornata splendida per il popolo lavoratore). Corrispondenze, Pergola, 11 giugno (Wachs), in “Il Progresso” periodico socialista, Anno 1, n. 5, Pesaro 14 giugno 1902. “...Per sovrabbondanza di materia da trattare nelle mie corrispondenze ho dovuto tardare fino ad oggi a richiamare l’attenzione pubblica sulla scuola di disegno applicata ai mestieri, che il giovane prof. Archimede Santi con intelletto d’amore dirige e dove insegna nei locali dell’Istituto Giannini. Domenica 8 corr. era il giorno della esposizione dei lavori, ma per essere stata annunciata cumulativamente colla Lotteria e trattenimento a teatro a beneficio dell’Asilo infantile, nessuno o pochi vi badarono, e la rara modestia del geniale professore non supplì alla deficienza. Ma quei pochi hanno potuto constatare i notevoli progressi fatti, in soli due anni con piccolezza 54


di mezzi, dagli alunni, e la praticità tutta moderna ed artistica dell’indirizzo del prelodato insegnante dato alla scuola, che non perde mai di vista il fine che i propugnatori della Scuola professionale si sono prefissi: quello di educare gli artisti a produrre lavori, oltrechè rispondenti alle esigenze per cui sono richiesti, che soddisfino altresì alle leggi dell’estetica e del buon gusto. Ora è un pavimento, ora una porta, ora una cancellata, ora un chiavistello, ora una seggiola, ora un colonnato, ora un fregio, sono tutti disegni di cose necessarie alla vita, tratteggiati con esattezza e mano sicura… Il più appariscente progresso di quest’anno è dovuto alla plastica nella quale gli alunni mostrano già una rara attitudine …” Nostre Corrispondenze, Pergola 19 giugno, in “La Sveglia democratica” (si pubblica ogni Domenica), Anno XIV, n. 25, Pesaro 22 giugno 1902. “Ufficio del cronista non è soltanto la critica, spesso fatta contro voglia, ma anche quello più piacevole di lodare le cose che ne sono degne. Più volte ho dovuto richiamare l’attenzione dei lettori della Sveglia sullo zelo e la genialità dell’egregio prof. Santi direttore della nostra scuola di disegno applicata ai mestieri. Egli si è specialmente dedicato alla decorazione e vi riesce in modo singolare diffondendo il moderno stile floreale. Ed ha trovato un entusiasta dell’arte nel barbiere Giovanni Sperandini che, senza badare a sacrifici, volle al Santi affidare la dipintura delle pareti e del soffitto della sua barbieria divenuta così una delle più belle della provincia. E poiché ho parlato dello Sperandini, devo notare che egli non si è limitato a beare lo sguardo della sua numerosa e scelta clientela col lusso delle pitture, dei mobili e dei quadri e delle specchiere, ma ha pensato anche, coll’iniziare l’impianto di un circolo di lettura, comunicante col suo esercizio, a far scorrere più rapido il tempo delle inevitabili attese”. Nostre Corrispondenze, Pergola, 29 ottobre, in “La Sveglia Democratica” (si pubblica ogni Domenica), Anno XIV, n. 44, Pesaro 2 novembre 1902. “L’esposizione annuale dei lavori alla scuola serale di disegno ha avuto luogo domenica scorsa. Si distinsero: Spallacci Calisto e Marchetti Domenico, muratori; Zuccaroli Giuseppe, pittore; Ricci Mario, falegname; Santi Marcello e Giordani Giorgio, studenti. Ormai tutti riconoscono che l’istituzione popolare della scuola di disegno reca notevoli e continui frutti a vantaggio della classe sfruttata. Un bravo di cuore all’insegnante, prof. Archimede Santi, che tanta attività vi consacra”. Corrispondenze, Pergola, 16 luglio (a. g.), in “Il Progresso” periodico socialista, Anno II, n. 29, Pesaro 18 luglio 1903. “Un Manifesto del Sindaco annunziava che ieri 12 corr. fino alle ore 19 la Scuola di disegno applicata ai mestieri sarebbe rimasta aperta al pubblico per la mostra dei lavori eseguiti dai giovani artieri sotto la geniale e solerte direzione del prof. Archimede Santi. Molta gente di ogni età, sesso e condizione vi affluiva ed io pure con qualche amico ero trascinato irresistibilmente a Porta San Giacomo a vedere, dopo il 3° anno di esercizio, i risultati di quella Scuola professionale, che, nello scorcio dell’anno 1899 insieme alla refezione scolastica, sì aspra lotta era costata alla minoranza popolare contro i clerico-monarchici, che ora se ne fanno belli. Io non sono competente in arte, ma non è necessario essere artisti per apprezzare la pratica efficacia dell’insegnamento impartito dal professore Santi, che seppe spiegare in forma popolare le più difficili teorie e le più ardue leggi geometriche ed architettoniche ad alunni, la maggior parte dei quali ha appena fatto le scuole elementari. E nella mostra si ammirano in disegno, in acquerello e in plastica, riprodotte in parte da modelli, in parte dal vero, con fermezza di tratti e sottigliezza di linee, incredibili da mani esercitate in pesanti professioni, lavori la cui applicabilità evidente, immediata ai loro mestieri, vale a spiegare l’assiduità e l’amore onde essi frequentano la scuola, ed il profitto che ne ritraggono”. “L’eccellente impressione che ho ricevuta dalla mostra della Scuola professionale mi fa rivolgere parole di lode ai bravi giovani che la frequentano giovando a se stessi ed onorando la città natale; ma poi in tempo mi fa richiamare il Municipio al dovere di dedicare una maggior somma al bilancio della Scuola e con maggior energia richiede55


re al Governo ed alla Provincia il relativo sussidio per provvedere non solo ad un più completo arredamento della Scuola stessa, allo sviluppo di essa con insegnamento d’intaglio, ma a scongiurare con un conveniente aumento di stipendio la partenza da Pergola del prof. Santi, che sì rara competenza ha dimostrato nel suo ufficio…” Nostre Corrispondenze. Pergola 13 luglio, in “La Sveglia democratica” (si pubblica ogni Domenica), Anno XV, n. 20, Pesaro 19 luglio 1903. “…[visitatori] d’ogni classe e d’ogni partito sono accorsi ad ammirare a ricca mostra. Assolutamente profano di tutto ciò che è arte non posso parlare con competenza - come vorrei e come si dovrebbe dell’accurata esposizione - ma è certo che di fronte a quella sono rimasto meravigliato, come meravigliato sono rimasto dei grandi progressi fatti da questi bravi operai, i quali sono già riusciti ad effettuare con finezza difficili lavori di plastica ed applicare l’arte all’industria. Pare incredibile che delle mani callose dopo 10 o 12 ore di dura fatica riescano ad eseguire lavori tanto delicati e con tanta precisione. Non si può ridire con quanto entusiasmo e schiettezza i visitatori tributavano ben meritati elogi al professore della scuola sig. Santi Archimede, ed agli alunni, i quali unitamente al loro instancabile maestro facevano con garbo e semplicità gli onori di casa. Per l’egregio professore Santi e scolari è stata senza dubbio, la scorsa domenica, una giornata di vera e legittima soddisfazione, ma una certa compiacenza la dovrebbe avere provata anche la vecchia rappresentanza dei partiti popolari che tanto dovette lottare per ottenere questa scuola, allora fortemente ostacolata dai clerico-moderati, che ora debbono subire e subiscono, fingendo di favorirla, tant’è vero che il Municipio ha mantenuto in bilancio la stessa somma stanziata in precedenza, mentre se le fosse stata a cuore la scuola avrebbe dovuta aumentarla delle £ 300 di sussidio ottenute quest’anno dal Ministero”. Nostre Corrispondenze, Pergola 11 luglio (Moscone), in “La Sveglia Democratica” (si pubblica ogni Domenica), Anno XVI, n. 29, Pesaro 17 luglio 1904. “ …Scuola istituita dal Comune di Pergola nel 1900 con la denominazione Scuola serale di disegno per gli artieri… . Ne fu dapprima affidato l’insegnamento al prof. Santi Archimede, alle cui lezioni, egregiamente impartite, accorsero numerosi i figli del popolo; tanto che l’istituzione incontrò subito il pubblico favore… Ora l’Istituto ha preso il nome di Scuola d’Arte Applicata all’industria. Partito il prof. Santi per assumere l’insegnamento in una scuola normale governativa, gli è succeduto il Prof. Ginevri Gino. Ne è direttore l’egregio e competentissimo Gambioli Pietro. Il corso si compone di un anno preparatorio, di tre anni normali, ed uno complementare. Gli alunni, anche licenziati in seguito ad esperimento ed esame, hanno facoltà di frequentare le lezioni. Queste si danno nei mesi di Ottobre, Novembre, Dicembre, Gennaio, Febbraio, Marzo, Aprile, quattro volte ogni settimana e nelle ore serali. Ogni lezione è della durata di due ore. Vi si insegna il disegno geometrico; proiezioni, prospettive parallele; elementi di architettura; disegno d’ornato dalle stampe e dal gesso; figura; plastica; disegno applicativo ai diversi mestieri che gli alunni apprendono nelle officine e nelle botteghe del luogo. La Scuola anche quest’anno ha fatto eseguire dagli alunni falegnami, sotto la direzione dell’insegnante, alcuni mobili di stile moderno. E’ da notarsi che, quantunque la scuola abbia solo 5 anni di vita, pur tuttavia va sempre più sviluppandosi; crescendo d’importanza ed aumentando il numero degli scolari che presentemente in questo piccolo centro ascende a 47”. Manifesto: Scuola d’Arte applicata all’industria - Pergola 3 novembre 1905

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Archimede Santi e la grafica Archimede Santi ha collaborato, con immagini varie: copertine, modellini, testate, disegni, illustrazioni a diverse pubblicazioni e ottenuto la fiducia di editori illustri come Cesare Ratta. Scendiamo, visto che ne abbiamo la possibilità, nello specifico, per capire in che è consistita la sua collaborazione. Pubblicazioni diverse Nel 1906 disegna la copertina del testo Giordano Bruno. Discorso Commemorativo detto il 17 febbraio 1906 in Fabriano a nome della Sezione del libero pensiero dal prof. Alberto Gianola, Fabriano, Premiata Tipografia Economica, 1906, pp. 21. Nell’esemplare conservato presso la Banca di Credito Cooperativo, è una dedica “Al Carissimo Prof. Archimede Santi con affetto fraterno, Fabriano 10-3-1906 A. Gianola”. Nel 1910, illustra la copertina del testo a cura di Giovanni Spadoni, Per il cinquantenario della Liberazione delle Marche (1860-1910), numero unico pubblicato nel cinquantenario della battaglia di Castelfidardo dall’Associazione marchigiana per la storia del Risorgimento italiano. Nel disegno, firmato A. Santi, appare una quercia cui sono appesi cinque scudi riproducenti stemmi. Nell’Annuario Scolastico 1923-24, Anno I, del R. Istituto Magistrale “Diodata Roero Saluzzo” di Alessandria, stampato dalle Industrie Grafiche “O. Ferrari & C.”, Alessandria 1925, il Santi illustra con una testata la pagina 7, con un disegno la pagina 60 e con altri due la copertina. Riviste Nel 1907 l’artista inizia a collaborare con “L’Artista Moderno”, direttore Rocco Carlucci, Casa editrice L’Artista Moderno, Torino. Nel n. 11 dell’anno VI, 10 giugno 1907, a p. 163 appare una testata con al centro la figura della Gorgone datata Giugno 1907 e siglata A. S. Nel n. 3, 10 luglio dello stesso anno, alle pp. 195-196 appaiono due pergamene: una con la figura di Carlo Goldoni, a ricordo del 2° centenario della nascita, l’altra con l’immagine di Giordano Bruno apparsa sulla copertina del “discorso commemorativo tenuto in Fabriano dal Prof., Alberto Gianola” il 17 febbraio 1906. Nel n. 15, 10 agosto 1907, alle pp. 224-225, appaiono due disegni di ex libris di A. Santi-Mistretta. Il primo, siglato A. S., raffigura un castello inscritto in un cerchio e le lettere T. D. P. , il secondo, firmato A. Santi, la Sfinge. Nei nn. 17-18, 10-25 settembre 1907, dedicati alla VII Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, a p. 243 è pubblicato il disegno per un manifesto relativo alla mostra che riappare a p. 279 del n. 20, 25 ottobre 1907. Nel n. 22, 25 novembre 1907 a p. 303 è pubblicata la testata Novembre, consistente in una cancellata cimiteriale affiancata da cipressi. Nel n. 24, 25 dicembre, alle pp. 332-333 sono pubblicate due pergamene: nella prima, eseguita per la Società Dante Alighieri-Comitato di Fabriano ed utilizzata per una cartolina, compare il semibusto di Dante Alighieri; l’altra è un biglietto augurale in cui entro una cornice circolare è raffigurata una figura femminile volta a sinistra, con in testa un cappuccio, intenta a dipingere un volto su una tela. Sotto il disegno è la scritta: Giaconia Di Majo / Auguri e felicitazioni / Mistretta 22 febbraio 1906 Archimede Santi. Nello stesso numero alla p. 327 appare la testata Dicembre: cinque girasoli avvizziti, mentre nei nn. 3-4 dell’anno VII, 10-25 febbraio 1908, alla p. 41 compare Febbraio: cinque viole del pensiero; alla p. 44 è il disegno di una lucerna all’interno di un cerchio con al di sotto la parola: Fine. Illustrazioni di questo tipo, con immagini vegetali, compaiono altre volte. Dei disegni dei mesi si sono conservati gli originali. La serie continua in successivi numeri. Nel n. 5, Anno VII, 10 marzo 1908 è la testata col mese di Marzo: tre rose sbocciate con petali caduchi e nastri mossi dal vento. Nel n. 6, anno VII; 25 marzo 1908, a p. 86 viene pubblicato il disegno con cui il Santi aveva partecipato al con57


corso per la nuova copertina de “L’Artista Moderno”, meritando la “Menzione Onorevole”. Nel n. 6 dell’anno VIII, 1909, alla p. 85, il Santi illustra il frontespizio: un tamburello da cui cadono le borchie di metallo, un bastone spezzato con in cima una pigna, un teschio coronato di aghi di cipresso e gocciolante sangue; l’immagine è firmata: “A. Santi. Mistretta. Messina”; a lettere capitali è scritto “Triste carnevale”. Nel n. 7 dell’anno VIII, Pasqua 1909, è un altro frontespizio: il globo terrestre in notturno, con in primo piano, a coprirlo, un lungo ramo con foglie d’ulivo, e scritto a lettere capitali PAX e, sotto, PASQUA 1909. E’ firmato A. Santi - Mistretta. I giudizi sulla rivista sono positivi: riportiamo una breve critica uscita sulla Lanterna magica di Massa Carrara e sulla Cronaca di Salerno, trascritta nel gennaio del 1910 da “L’Eco della Stampa: ufficio di ritagli da giornali e riviste”: “L’Artista moderno” la rivista quindicinale d’arte applicata che da ben otto anni si pubblica a Torino, non poteva chiudere l’annata in corso con un fascicolo migliore e più interessante e infatti alle due grandi incisioni riproducenti la Sacra Famiglia, quadri pregevoli di Gaetano Previati e dell’artista Margotti, seguono incisioni d’arte varia, da interessare tutti gli artisti e cultori d’arte. Tra le tante illustrazioni sono degne di nota le fibbie, le cinture e le targhette di Gurchner di Vienna; i pannelli in argento di Paletti, le medaglie di E. Rubino; un’inferriata di Mazzuccotelli; le Sigle di A. Santi…” Nel 1917, Anno XVI, 10-25 ottobre, a p. 282, viene pubblicata la bellissima Nike di Samotracia, cartolina patriottica di cui si è conservato il disegno a china. L’opera riesce a trasmettere la sensualità, l’eleganza, la morbidezza del panneggio, l’idea del movimento che sono propri della scultura di riferimento. Il 25 aprile del 1919, Anno XVII, n. 8, a p. 111 il Santi realizza il frontespizio della rivista, ponendo in primo piano un ramo d’ulivo, dietro campi coltivati e, in fondo ciminiere, l’immagine è intitolata “Et in terra pax”. Il 10 aprile 1923, Anno XXII, n. 7, p. 98, viene pubblicato un disegno dell’artista realizzato in memoria della moglie, vi sono raffigurati un lume e delle rose sotto cui è scritto: in memoria / di / Michelina Santi Pappalardo / Archimede. Nel 1926, in Per il venticinquennio de l’Artista Moderno, la rivista pubblica una fotografia dell’artista a p. 118, e note biografiche alla p. 180. Il 10 aprile 1935, Anno XXXIV, n. 7, la rivista, alla p. 136 pubblica: Vecchio cortile-Notturno. (Disegno a fousin) Prof. Archimede Santi - Alessandria. Nel marzo del 1936, Anno XXXV, a p. 59, è riprodotto uno studio a matita dal vero: Lungo il Cinisco. A p. 42 c’è l’annuncio per un concorso per la XX Biennale di Venezia, cui Santi parteciperà. Nel luglio 1940, Anno XL, a p. 124 viene presentato il libro Vernante Valle Vermenagna. Impressioni di Archimede Santi. Per la stessa casa editrice de “L’Artista Moderno” il Santi pubblica i Modellini di disegno ornamentale, disegno d’ornato applicato al disegno geometrico, I serie, tavv. 16, Torino, s.d.. Si tratta di una pubblicazione d’arte per Architetti, Ingegneri, Pittori, decoratori, Scultori, Intagliatori, Ebanisti; i modelli possono essere utilizzati nelle Scuole Tecniche, Normali, Professionali, Istituti d’Arte. Le illustrazioni, siglate A. S., riproducono un’anfora, gerani, rami di pesco, d’ulivo, gigli, glicini, rose… Nel 1909 l’artista comincia a collaborare con la “La casa”, rivista quindicinale illustrata, estetica, decoro e governo dell’abitazione moderna che si pubblica il 1° e il 16° di ogni mese, dalla Società Editrice di “Novissima”, Roma, Piazza Cavour, 19: La stessa società pubblica la rivista annuale omonima: “Novissima: albo d’arti e lettere”, che vede il Santi collaboratore nel 1910. Nella copia del n. 1, dell’Anno II, 1 gennaio-16 giugno 1909, di “La casa” l’artista illustra il frontespizio, con un ramo d’ulivo siglato A. S. Nella copia dell’Anno II, n. 21 del 1 novembre 1909, alle pagine 412-413 il Santi illustra l’articolo Disegni per ricami ed altre opre femminili con un ramo di fiori e un glicine; alla p. 415 illustra l’articolo Floricoltura, le ultime rose con ultime rose, le immagini sono siglate A. S. 58


Nel n. 1 dell’Anno III, 1 gennaio-16 giugno 1910, il Santi illustra con un vaso di fiori, ombreggiato, la copertina. Nel n. 19 dell’Anno III, in data 1 ottobre 1910, compaiono quattro disegni siglati A. S.: due carriole, un motivo decorativo, un innaffiatoio che decora l’articolo Floricoltura, e un altro motivo decorativo che illustra La posta (pp. 364, 374, 379, 380). Nel n. 6, dell’Anno VI, del 1913, l’artista decora il frontespizio, con ramoscelli d’ulivo. Per la Società editrice di “Novissima”, a partire dal 1921, l’artista realizza una Serie di Libretti itinerario per l’utilità del viaggiatore autorizzata dalle Ferrovie dello Stato. Per la linea n. 6 A: Roma-Ancona, con diramazione Foligno-Perugia illustra con disegni, Orte; Narni; Terni, cascate delle Marmore; Spoleto, la Rocca; Il tempio del Clitunno; Trevi; Foligno, il palazzo Comunale; Spello; Assisi; Perugia; Gualdo Tadino; Fabriano, la Fontana rotonda; Iesi: mura e porta della città. Per la linea n. 8 A: Brennero-Trento-Verona-Bologna Ancona-Brindisi-Gallipoli realizza immagini del Brennero; Bressanone; Bolzano; Trento: fontana; Verona; Mantova; Modena: Piazza dei Miracoli, S.Geminiano; Bologna; Rimini: il canale; Pesaro; Falconara Marittima; Ancona; Ancona: Arco di Traiano; Loreto; Foggia: la cattedrale; Trani: il Castello; Bari; Lecce: Chiesa di S. Nicolò a Cataldo, il Chiostro; Gallipoli: la Fortezza; Brindisi: colonne terminali dell’Appia. Per la linea n. 10 c. Linee della Toscana: Livorno, Pisa, Firenze, Chiusi, Siena,Empoli,Pisa,Lucca Pistoia, lavora in collaborazione con Dino Vannucci e Aleardo Terzi; sue sono le immagini di Montepulciano e di Certaldo, la Casa del Boccaccio. Per la linea n. 11 A: linea Napoli, Reggio Calabria, collabora con Aleardo Terzi; suoi sono i disegni di Pompei, Salerno, Paola, Scilla e Reggio Calabria. Per la linea n. 11 c: Reggio Calabria-Napoli: Reggio Calabria; Scilla; Paola; Particolare di capitelli con animali; Salerno e Pompei. Per la linea n. 12 A: linee della Sicilia: Messina-Palermo; Palermo-Trapani; Messina-Siracusa; Palermo-Girgenti disegna vedute di Milazzo; Capo Tindari; Brolo e la sua Torre; Castel di Tusa; Cefalù; Solunto: Sant’Elia e capo Catalfano; Palermo; Palermo: Rosone della Chiesa di S.Agostino; Taormina; Aci Castello; Catania; Siracusa: Museo Nazionale, Lotta di Leone col Toro; Segesta: il Tempio; Selinunte; Marsala; Montesangiuliano (Trapani): il Castello Pepoli; Trapani: Arco Normanno; Girgenti: tempio di Giunone Lacina; Girgenti: Tempio di Castore e Polluce; Stemma della Trinacria. A proposito di questa serie, riproduciamo la breve nota comparsa sull’ “Artista Moderno”, Anno XXII, 10 aprile 1923, p. XVIII “Una serie di libretti itinerario, autorizzata dalle Ferrovie dello Stato, è stata pubblicata dalla Società Editrice Novissima, illustrata dalle vedute dei paesaggi più interessanti della linea di percorso, le quali rendono attraente ed interessante la pubblicazione, che altrimenti sarebbe riuscita arida e pesante, specie pel viaggiatore in cerca di distrazioni e di emozioni. I disegni eseguiti a penna, con quella franca e gustosa finezza che distingue l’autore, prof. Archimede Santi, dimostrano di quanta efficacia possono riuscire anche dei semplici schizzi se ispirati a quelle serietà di cui codesta pubblicazione dà un bel esempio”. Nel 1912, l’artista collabora con “Roma”: rassegna illustrata, Cooperativa editrice, Roma. Il 15 aprile del 1912, Anno III, n. VI-VII, alla pagina 129 è pubblicato Il bosco, disegno di Archimede Santi. Nel 1921, il Santi realizza una testata della rivista “A.P.E.” dell’Associazione Antialcolica proletari escursionisti, Anno I, n. 4, novembre dicembre in cui compare un libro aperto dietro il quale è un cespuglio di rose e in fondo, le rocce. Si registra anche una partecipazione alla rivista “Chiaro di luna”: movimento artistico, letterario, sociale, pubblicato a Pavia, che ebbe breve vita (1921-1922). Nell’aprile del 1922, in “Emporium”, rivista mensile illustrata d’arte e colture, pubblicata dall’ Istituto Italiano d’Arti Grafiche di Bergamo, sul frontespizio è pubblicato un ramo d’ulivo, firmato in basso a destra A. Santi. 59


Nel 1922, sul frontespizio della rivista “La Vita Cinematografica”, Anno XIII, n. 43-44, pubblicata a Torino il 22 novembre, appare un pastello rosso, firmato in basso a destra A. Santi. Si tratta del Ritratto di Elena Korceva, attrice nel film The carpet girl of Bagdad, di cui la rivista pubblica anche una fotografia.(La Korceva, attrice bulgara della città di Samokov si conquistò la notorietà con due film, La tessitrice di Bagdad e La rosa bulgara, il primo un toccante dramma amoroso dell’Oriente che riscosse strepitosi successi sia in Italia che in Bulgaria). Il mese successivo, nella stessa rivista, Anno XIII, Numero speciale, dicembre 1922, viene riproposta la stessa immagine. Nel 1939 Archimede Santi collabora con una rivista mensile pubblicata nella città in cui vive: “Alexandria”. In aprile, al n. 4 dell’anno VII, a p. 124, vi appaiono i disegni Giardino Pubblico e Parco delle rimembranze, con lo scritto Impressioni di Archimede Santi, siglato I. C. che fa riferimento a Disegni di Archimede Santi, opera pubblicata in quell’anno con la presentazione di Luigi Servolini, e a Pergola e dintorni del 1935. Nel n. 8 dell’anno VII, in agosto, alle pp. 258-259, escono due disegni: L’Officina Borsalino in Alessandria e Alessandria che scompare. Via Giovanni Lanza. Nei numeri 9-12 settembre - dicembre 1939, alle pp. 300, 306, vengono pubblicati: Alessandria che scompare. Vecchie case di Via Giovanni Lanza; Giardino pubblico - Alessandria. Nel maggio del 1939, in “a b c”: rivista d’arte, Anno VIII, n. 5, vengono pubblicati due disegni a pastello azzurro e a matita alle pagine 16-17, si tratta di Bonagia (Trapani) e di Case del Campitello (Pergola), accompagnati dallo scritto di Luigi Servolini già apparso quale introduzione a Disegni di Archimede Santi. Nel maggio del 1940, in “a b c”: rivista d’arte Anno IX n. 5, viene pubblicato un disegno a carboncino: Rovine del Castello di Vernante, assieme all’articolo di Luigi Servolini che era apparso come introduzione a Vernante Valle Vermenagna. Impressioni di Archimede Santi. Nel 1942, anno I della uscita, nella rivista mensile di lettere ed arti “Il Glauco”, diretta da Ubaldo Fagioli e pubblicata in Ancona, a p. 3 compare un disegno a carboncino di Santi: Il campanile dei Cappuccini (Pergola), che compare anche nel testo Pergola e dintorni. Impressioni di Archimede Santi, alla tav. 10. Pubblicazioni artistiche Nel 1926 il Santi inizia la sua collaborazione con Cesare Ratta. Cesare Ratta (1857-1938), fu un editore d’eccezione, un rinnovatore della tipografia nel Novecento. A sessantacinque anni, dopo aver concluso la sua attività lavorativa trascorsa “tra il piombo e l’inchiostro della tipografia”, prima come operaio poi come compositore, correttore di bozze e proto, dopo aver realizzato il sogno di aprire una Scuola Tipografica a Bologna dove insegnava e di cui divenne direttore, “diede vita ad un’impresa pazzesca, sia per dispendio di forze che di capitali”. In circa quindici anni, a partire dal 1922, realizzò cinquantaquattro opere in settantasei volumi “ la cui connotazione principale è la raffinatezza dei caratteri e delle riproduzioni, queste ultime tirate direttamente dalle matrici originali: caratteristica costante in tutte le sue pubblicazioni, che sono, per necessità, stampate in esemplari numerati. Questa peculiarità, l’inserimento prezioso di silografie fuori testo nei suoi libri e il conseguente alto prezzo di vendita consentono a Ratta di divenire noto solo in una ristretta cerchia di bibliofili: l’esatto contrario di quanto egli si proponeva… Tuttavia, grazie a lui oggi disponiamo di una summa dell’ex libris del Novecento con centinaia di pezzi originali e relative note che altrimenti sarebbero andati perduti”. Alla fine della vita fu costretto a vendere la sua biblioteca personale per pagare i debiti contratti per redigere opere monumentali, stampate a mano, che non gli fruttarono nulla e che oggi vengono vendute per decine di milioni (cfr. Vito Salierno, 60


Cesare Ratta. Rinnovatore della tipografia nel Novecento, in “Charta”, Anno 5, n. 21, marzo-aprile 1996 ). Ne Gli adornatori del libro in Italia, volume V, con recensione di vari autori, 238 tavole, 390 disegni di 90 artisti. Opera compilata a cura e spese di Cesare Ratta, Direttore della Scuola d’Arte Tipografica del Comune di Bologna, 1926, compaiono tre Composizioni decorative; il disegno a china: Assisi: Panorama della Basilica di S. Francesco (tav. 43); Pagina commemorativa in morte della moglie in cui si vede un lume acceso, con delle rose e la scritta ARCHIMEDE…(tav. 181). Ne Gli adornatori del libro in Italia, volume VI: raccolta di xilografie acqueforti, litografie, carboncini, acquarelli bianco e nero ecc, fatta a cura di Cesare Ratta, Direttore della Scuola d’Arte Tipografica del Comune di Bologna, MCMXXVII, alle tavole 142-145 compaiono quattro Composizioni decorative ispirate a motivi vegetali. Ne Gli adornatori del libro in Italia, volume VII: raccolta di xilografie, acquaforti, litografie, carboncini, acquarelli, sanguigne, bianco e nero ecc. di 106 artisti italiani, fatta a cura di Cesare Ratta, direttore della scuola di arte tipografica del comune di Bologna, s.d., ma 1927, 240 tavole e 410 disegni in nero e a colori, 500 esemplari (es. 346 il volume posseduto dalla Banca di Credito Cooperativo), Archimede Santi, alla p. 63 pubblica la copertina dell’Annuario Scolastico 1923-24 dell’Istituto Magistrale “Diodata Roero Saluzzo” di Alessandria; alle pp. 204-209 dei disegni per la copertina e per l’occhiello del volume e dieci tavole: giogo; pianta; boccioli; fiori; rami; piante; fiori, composizioni decorative tolte da piante campestri. Ne Gli adornatori del libro in Italia, volume VIII, 124 artisti, 245 tavole, 365 disegni, a cura e spese di Cesare Ratta, 500 esemplari (es. 443 posseduto dalla Banca di Credito cooperativo) compare, del Santi, un “disegno in penna” nell’occhiello, e nelle pagine non numerate che introducono le tavole delle quattro sezioni del volume: (nella pagina IV non numerata e nella VIII, nella XII e nella XVI) si tratta di lumini, fiori, foglie, cavalli marini: motivi decorativi. In L’ex libris italiano. 100 disegni di 38 artisti contemporanei (Serie prima), a cura di Cesare Ratta Tipografo Editore in Bologna, (300 esemplari numerati, es. n. 8), compaiono quattro ex libris del Santi: Sic vos non vobis; Te stante virebo; Nunquam aliud; Nunquam si stenda. In 130 ex libris italiani moderni allegorie ecc. Serie V ed ultima, a cura di Cesare Ratta editore in Bologna (300 esemplari numerati, es. n. 10 della Banca di Credito Cooperativo), Santi partecipa con un ex-libris dal motto Deorsum nunquam. In Artisti moderni italiani, 122 tavole di 70 artisti, a cura di Cesare Ratta, Casa editrice Apollo, Bologna, s.d., ma post 1928 (500 esemplari, es. senza numero della Banca di Credito Cooperativo), Santi partecipa con due opere: tav. 105- Fiordalisi: vaso di ceramica con ramo azzurro, ad un’ansa, pieno di fiordalisi, su fondo color arancio (acquerello); tav. 111- Notturno lunare (olio). Nel 1933, Cesare Ratta pubblica L’ex libris italiano contemporaneo: 310 disegni di 140 artisti. In copertina viene scritto che il testo contiene una prefazione di Luigi Servolini e che i disegni sono 344. Sul retro del frontespizio si ricava che è un’edizione speciale di 150 copie con firme autografe, l’esemplare posseduto dalla Banca di Credito Cooperativo è il n. 88. In questa edizione Santi pubblica l’ex libris Felice ala, accompagnato dal motto memento audere semper. Ne L’Illustrazioni per il Libro italiano. Quinto Quaderno Ratta, 124 disegni di 54 Artisti, tavole a colori, xilografiche…, Sezione Tipografica dell’Istituto Aldi61


ni-Valeriani, Bologna, s. d., ma post 1934, 200 esemplari (es. n. 32 della Banca di Credito Cooperativo), sono pubblicati vari disegni del Santi: Vecchio molino di S. Marco a Pergola (Marche). La saracinesca; Vecchio mulino di S. Marco a Pergola (Marche). Le macine; Vecchio mulino di S. Marco a Pergola (Marche); Mia madre (datato Settembre 1928); Sul mercato di Pergola, e un olio: Assisi: Campanile di S. Stefano. Nel 1936 esce Congedo, a cura di Cesare Ratta artigiano tipografo, Bologna, XIV, Sezione d’Arte Tipografica dell’Istituto Aldini-Valeriani (200 copie numerate); Archimede Santi figura tra gli artisti collaboratori e partecipa con tre opere riprodotte a colori: Notturno lunare (acquerello); Pergola. Verso la Sorgente del Cesano; Pergola. Il campanile di San Marco (olii ), e due disegni riprodotti in bianco e nero: La casetta dei conigli (campagna marchigiana) e Pagliai al sole (campagna marchigiana). In Congedo, a cura di Cesare Ratta, Bologna 1937, figura tra gli artisti collaboratori. Nel 1938, esce un nuovo testo: Artisti dell’Ottocento e del Novecento, Cesare Ratta Editore- Bologna (Italia); Santi pubblica due disegni a matita: Il Cesano sotto il Molino di S. Marco (Pergola); Casette di Serra S. Abbondio (Marche). All’interno del volume, il Ratta ci informa che Congedo avrebbe dovuto essere l’ultima opera da lui edita, ma avendo ricevuto numerose opere da pubblicare, decise di uscire con un secondo volume diviso in due parti. Il libro riproduce opere di artisti dell’800 e del ’900, tra questi figurano Giovanni Fattori, Tranquillo Cremona, Silvestro Lega, Domenico Morelli, Luigi Servolini. Nel 1938 Cesare Ratta muore.

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Le mostre 1914, 24 - 31 ottobre, Alessandria Saloni U.V. I., Via Pontida, Esposizione artistica prò rimpatriati e disoccupati Opere: 16) Cipolle (acquerello) 19) Impressione 21) Colombaia 23) Scogli di Ligny 24) Amici 25) Vecchio Mulino sul Tanaro 27) Impressione 1921, 18 dicembre - 8 gennaio 1922, Milano Famiglia artistica - Mostra annuale intima Giuria di accettazione: “Del Bò Romolo, scultore; Frattino Cesare, pittore; Malerba Emilio, pittore; Mantovani Luigi, pittore; Monti Cesare, pittore; Tosi Arturo, pittore”. Opera: 114) Impressione 1926 Milano, Palazzo dell’Unione Cooperativa - Galleria Buffoli, Via Meravigli 9-11 Mostra d’arte in vantaggio dell’Ente benefico Il Fanciullo d’Italia. Opere: 12) Sole di ottobre (olio) 14) Novembre (olio) Vengono esposte opere di Telemaco Signorini, Felice Casorati, Adolfo de Carolis, Adolfo Wildt, Pietro Morando, Luigi Servolini, Giulio Aristide Sartorio, Ardengo Soffici, Plinio Nomellini. 1942, 17 - 31 maggio, Alessandria Saloni del Dopolavoro Provinciale, Corso Roma,16 Personale: Alessandria e dintorni. Impressioni di Archimede Santi

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Opere: 1) Ultimi raggi 2) Alberi 3) Vecchio cortile 4) Riflessi 5) Nevicata 6) Tetti (dalla mia finestra) 7) Novembre (Isoletta) 8) Neve (case sopra la Galleria) 9) Notturno (orologio del Comune) 10) Il pioppo della fornace 11) Dopo la pioggia in primavera 12) Covoni 13) La Chiesina delle Grazie 14) Fine di marzo 15) Nevicata 16) Ai Giardini 17) Il fossato della Cittadella 18) Cascinale 19) Ai giardini 20) Cortile rosso 21) Il canale Carlo Alberto con la neve 22) Cortile fiorito 23) Il Piazzale del Cimitero (Novembre) 24) La “Montagnola” in primavera 25) Crepuscolo (Vecchi bastioni) 26) Vecchio cortile 27) Nevicata in marzo 28) Ai giardini 29) Campanile di S. Maria di Castello 30) Acquasantiera di S. Maria di Castello 31) In Maggio 32) Tanaro dal ponte della Cittadella 33) Riflessi 34) Aunno avanzato (Pavone) 35) Notturno (SettimanaEucaristica) 36) Vecchio molino sul Tanaro 37) Bormida in secco 38) Piazzale del cimitero al Tramonto 39) Fine di ottobre 40) Febbraio 41) Pagliaio 42) Nevicata 43) Luce di Tramonto 44) La piazza dopo la pioggia 45) Fine di ottobre 46) A Piazza d’armi

47) Riflessi 48) Fosso (San Michele) 49) Verso S. Bartolomeo 50) Nevicata 51) Fine d’autunno 52) Nebbia 53) Nevicata 54) Novembre 55) Colline 56) Giornate autunnali 1943, febbraio Alessandria Sala del Dopolavoro 17 maggio Opere: Querce Colline

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Le pubblicazioni di Archimede Santi Pergola e dintorni. Impressioni di Archimede Santi, Cesare Ratta, Bologna 1935 (stampato in 100 esemplari). Tav. 1 - Il campanile del Duomo - Vescovato Tav. 2 - Campanili (Zoccolanti - Cattedrale - Ospedale) Tav. 3 - Il campanile di S. Orsola Tav. 4 - Il campanile di S. Marco (tricromia) Tav. 5 - S. Maria delle Tinte Tav. 6 - S. Francesco Tav. 7 - Portale di S. Francesco (tricromia) Tav. 8 - Il campanile di S. Biagio - I Barbanti Tav. 9 - La Madonna dell’Olmo - Finigli Tav. 10 - Il campanile dei cappuccini (Cimitero) Tav. 11 - Case del Piano - I Cappuccini Tav. 12 - La Rocca Tav. 13 - Vecchio cortile-notturno (tricromia) Tav. 14 - Il ponte delle Birarelle Tav. 15 - La Cona Tav. 16 - Il canale del molino di S. Biagio Tav. 17 - La porta di Finigli (tricromia) Tav. 18 - La Strega dagli Zoccolanti Tav. 19 - Il Catria Tav. 20 - Verso la sorgente del Cesano (tricromia) Tav. 21 - Lungo il Cesano Tav. 22 - Lungo il Cesano (un argine) Tav. 23 - Il Cesano alle Birarelle Tav. 24 - La vallata del Cinisco Tav. 25 - Lungo il Cinisco Tav. 26 - La fossatella Tav. 27 - Dintorni Tav. 28 - Quercie ( fine di autunno) Tav. 29 - Dintorni (stradetta) Tav. 30 - La pergola Disegni di Archimede Santi. Testo di Luigi Servolini, Sezione d’Arte Tipografica dell’Istituto Tecnico Industriale Aldini-Valeriani, Bologna 1939, XVII (stampato in 100 esemplari; esemplari nn. 92,98 della Banca di Credito Cooperativo) Tav. 1 - Sotto la Rocca - Pergola Tav. 2 - Case del Campitello - Pergola Tav. 3 - Case del Borgo – Pergola Tav. 4 - Zoccolanti - Pergola Tav. 5 - Dintorni di Pergola Tav. 6 - Laghetto di Bellisio Tav. 7 - Nubi sul Catria Tav. 8 - Casa colonica (campagna marchigiana) Tav. 9 - Pagliai (campagna marchigiana) 65


Tav. 10 - Pozzo fiorito - Monte Erice Tav. 11 - Cortile - Monte Erice Tav. 12 - Il castello del balio - Monte Erice Tav. 13 - S. Giovanni - Monte Erice Tav. 14 - Bonagia - Trapani Tav. 15 - Giardino a Paparella - Trapani Vernante Valle Vermenagna. Impressioni di Archimede Santi. Presentazione di Luigi Servolini, Sezione d’Arte tipografica dell’Istituto Tecnico Industriale Aldini-Valeriani, Bologna 1940, XVIII(100 esemplari, es. non numerato della Banca di Credito Cooperativo) Tav. 1 - S. Nicolao Tav. 2 - S. Rocco Tav. 3 - S. Sebastiano - dal Castello Tav. 4 - S. Macario Tav. 5 - La Madonna della Valle Tav. 6 - Il Campanile di S. Nicolao (acquarello) Tav. 7 - Vicolo Tav. 8 - Vecchia casetta Tav. 9 - La casa Giordanengo (dall’Albergo Aurora) Tav. 10 - Tetti Tav. 11 - Il Castello Tav. 12 - Il Castello Tav. 13 - Rovine del Castello Tav. 14 - Fontanella della Madonna della Valle Tav. 15 - Canale Tav. 16 - Il molino della Madonna della Valle Tav. 17 - Molino sottano Tav. 18 - Ponte S. Giovanni Tav. 19 - Torrente Vermenagna Tav. 20 - Torrente Vermenagna Tav. 21 - Monte della Croce (acquarello) Tav. 22 - Monte Colombo Tav. 23 - Verso Limone Tav. 24 - Vallone secco Tav. 25 - Monti verso Limone Tav. 26 - Dintorni Tav. 27 - Dintorni Tav. 28 - Dintorni Tav. 29 - Il prato della valle Tav. 30 - La porta del cimitero

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1) Torre sul mare, s.d. (1908 ca.) acquerello su carta, cm 18 x 12 Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

2) Mare di Trapani, s.d. (1908 ca.) olio su cartone, cm 16 x 11 sigla in basso a destra: “A. S.” sul retro: “Mare di Trapani” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo 69


3) Trapani: il mare, s.d. olio su cartone, cm 16 x 22 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “Trapani /A. Santi” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

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4) Cipolle, s.d., (1914 ca.) acquerello su cartoncino, cm 56 x 38 firma in basso a sinistra: “A. SANTI” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo esposizioni: Esposizione artistica prò rimpatriati e disoccupati, Alessandria 24-31 ottobre 1914, sala 1, n. 16

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5) Vaso con zinnie giallo arancio, s.d. olio su cartone, cm 36 x 22 firma in basso a destra: “A. SANTI� Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

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6) Natura morta con boccale, candeliere e mele, s. d. olio su cartone, cm 35 x 50 firma in alto a destra:“ARCHIMEDE SANTI” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

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7) Natura morta con arancia, s.d. (1925 ca.) olio su tavola, cm 38 x 52 firma in basso a destra: “A. SANTI� Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

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8) Le galline, s.d. (ante 1922) olio su tavola,cm 40 x 30 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “Impressione / A. Santi Pergola” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo esposizioni(probabile): Mostra annuale intima Famiglia Artistica, Milano 1922, n. 114, col titolo: Impressione

9) Decadenza, s.d. (1930-34) olio su tavola, cm 46 x 31 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “Decadenza” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo Sembra una versione, con maggiori particolari, di Vecchio cortile (notturno) pubblicato in Pergola e dintorni… , Bologna 1935, tav. 13 75


10) Case del Borgo (Pergola), s. d Olio su tavola, cm 21 x 16 Firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

11) Tetti a Pergola, s. d. Olio su tavola, cm 18 x 12 Firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo Si tratta di una veduta di tetti delle case del Borgo, con il campanile, non più esistente, della chiesetta di Santa Maria Maddalena, annessa al fabbricato dell’ex orfanotrofio femminile, recentemente restaurato. 76


12) Tetti a Pergola, s. d. Olio su tavola, cm 19 x14 Firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, Collezione Banca di Credito cooperativo Si tratta di una veduta di Pergola con, sullo sfondo, il campanile della chiesa di Santa Maria dell’Olmo e colline.

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13) Via del Rialto, s d. (1920-30) Olio su cartoncino, cm 31 x 24,5 Firma in basso a destra: “A. SANTI” Sul retro: “ Via del Rialto / Pergola / A. Santi” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo E’ la via del quartiere anticamente detto del “Realto” o “Rialto”, oggi via Ascanio Ginevri Blasi.

14) La porta di Fenigli, s.d. (1930-34) olio su cartone, cm 24 x 17 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “La porta / di Fenigli / Pergola” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo pubblicazioni: Pergola e dintorni. Impressioni di Archimede Santi, Bologna 1935, tav. 17 78


15) Veduta di Pergola con il campanile di San Marco, s.d. (1935-30) olio su cartone, cm 18 x 24 sul retro: “Orti” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

16) Gli orti, s.d. (1925-27) olio su tavola, cm 35 x 50 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro : “Orti” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo C’è un luogo a Pergola indicato con il nome Orti, per via degli ortaggi che vi si coltivavano, ma non lo riconosciamo in questa immagine. Pensiamo, pertanto, si tratti di uno scorcio del quartiere Orti di Alessandria, così chiamato per lo stesso motivo, che al tempo del Santi era ancora periferia. Vedi D. Picchio, Alessandria dal 1900 al 1940 attraverso le immagini d’epoca, Edizioni dell’Orso, Alessandria 2004, pp. 73, 145, 147.

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17) Veduta di paese (San Vito sul Cesano?), s.d. (1925-27) olio su tavola, cm17 x 25 firma in basso a destra: “A. SANTI� Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

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18) Panni stesi, s.d. (1925-27) olio su tavoletta, cm 11 x 16 firma in basso a destra: “A. SANTI� Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

19) Paesaggio, s.d. (1925-27) olio su tavoletta, cm 10x 17 Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

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20) Il campanile della chiesa di Santa Maria Assunta al Cimitero, s.d. (1925-30) olio su cartone, cm 24 x 18 firma in basso a destra in blu: “A. SANTI” sul retro: “Il Campanile del Cimitero / Pergola / A. Santi” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

21) Cipressi, s.d. olio su tavola telata,cm 23 x 12 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo 82


22) Scorcio di Assisi, s.d. (1926-27) olio su tavola, cm 42 x32 firma in basso a destra: “ARCHIMEDE SANTI / ASSISI” sul retro: “Assisi” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

23) Assisi: vicolo, s. d. (1926-27) olio su tavoletta, cm 18 x 24 firma in basso a destra: “ARCHIMEDE SANTI / ASSISI” sul retro: “Assisi” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo 83


24) San Pietro di Assisi, s. d. (1926-27) olio su tavoletta, cm 23 x18 firma in basso a destra: “ARCHIMEDE SANTI / 19 […]” sul retro: “S. Pietro / Assisi” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

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25) Il lago, s.d. (1922 ca.) olio su tavola, cm 31 x 41 Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

26) Gli stagni al tramonto, s.d. (1922 ca.) olio su cartone, cm 15,5 x 23 firma in basso a destra: “A. SANTI� Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

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27) Gli stagni, s.d. (1922 ca.) olio su tavola telata, cm 24 x 16 sul retro: “Gli stagni /Vicenza / A. Santi� Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

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28) Verso la sorgente del Cesano, s.d. (ante 1935) olio su tavola, cm 33,5 x 42 firma in basso a destra in rosso: “A. SANTI” sul retro: “Sorgente Cesano-Catria” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo pubblicazioni: Pergola e dintorni. Impressioni di Archimede Santi, Bologna 1935, tav. 20 AA. VV.,Una periferia rivelata. Pergola ventesimo secolo, Bergamo 1992, in copertina

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29) La fontanella, s.d. olio su tavoletta, cm 21 x 14 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

30) La barchetta, s.d. olio su cartone, cm 24 x 31 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “La barchetta / 30 Agosto 19[ …]6” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

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31) Nevicata, s. d. (1930-40) olio su cartone, cm 25 x 18 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo esposizioni: Alessandria e dintorni. Impressioni di Archimede Santi, Alessandria, 17-31 maggio 1942

32) Febbraio, s.d. (1930-40) olio su cartone, cm 19 x 12 firma in basso a destra : “A. SANTI” sul retro: “Febbraio / A. Santi” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo esposizioni: Alessandria e dintorni. Impressioni di Archimede Santi, Alessandria 17-31 maggio 1942, n 40 89


33) Nevicata, s.d., (1930-40) olio su cartone, cm 13 x 19 firma in basso a destra : “A. SANTI” sul retro Nevicata / Mezzano / Alessandria / A. Santi” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo esposizioni: Alessandria e dintorni. Impressioni di Archimede Santi, Alessandria 17-31 maggio 1942.

34) Sole di marzo, s.d. olio su tavoletta, cm 20 x 15 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “Sole di Marzo / A. Santi / Alessandria” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo 90


35) Giochi d’angeli, s.d. (1898- 99) matita e acquerello rosa su carta bianca, cm 39 x 29 firma in basso a destra: “A. Santi” a sinistra in basso “Non finito” e timbro: “Scuola Professionale per le Arti Decorative Bologna” Pergola Collezione Banca di Credito Cooperativo

36) Volo d’angeli, s.d. (1898-99) matita nera e acquerello rosa, cm 35 x 26,7 firma in basso a destra: “A. Santi” in basso a sinistra timbro: “Scuola Professionale per le Arti Decorative” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo 91


37) La moglie Michelina, s. d. (1908 ca.) pastelli colorati su carta grigia, cm 55 x 41,5 Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

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38) Michelina, s. d. (1915 ca.) pastello viola su carta beige, cm 41 x 25 Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

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39) Gemma anni 4, 1916 sanguigna su carta grigia, cm 41,3 x 18,3 in basso a sinistra: “GEMMA / ANNI 4� Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

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40) La madre, s.d. (1915 ca.) pastello marrone su carta beige,cm 44,5 x 31,3 firma : “ARCHIMEDE� Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

41) Gemma, s.d. (1922 ca.) sanguigna, cm 46 x 32 Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo 95


42) Nike di Samotracia, s.d. (1917) china su carta, cm 21 x 13 firma in basso a sinistra: “A. SANTI� Pergola, Collezione Banca di credito Cooperativo

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43) Castello del Balio-Monte Erice, s.d. carboncino su cartoncino,cm 24 x 33 in basso a destra: “A. SANTI� Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo Pubblicazioni: Disegni di Archimede Santi, Bologna 1939, tav. 12

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44) Barche, s d. carboncino su cartoncino, cm 23 x 30 Pergola, Collezione Banca di credito Cooperativo

45) Barche (di notte), s.d. carboncino su cartoncino nero, cm 30 x 23 Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo 98


46) Fonte Avellana, 1907 acquerello su carta, cm 27 x 18 in basso a sinistra : “A FONTE AVELLANA / AGOSTO 1907; a destra: “A. SANTI” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

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47) La chiesetta della grotta di Frasassi, 1926 pastello nero e matita su carta beige, cm 21 x 16,5 firma in basso a destra: “A. SANTI” a sinistra: “La chiesetta della grotta / di Frasassi / 18-VIII-926” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

48) I tetti del Borgo (Pergola), s.d. pastelli e cera su carta, cm 42 x 29 Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo 100


49) Vecchie case a Pergola, s.d. (1920-30) olio su tavola, cm 50 x 40 firma in basso a destra: “ARCHIMEDE SANTI” sul retro: “Vecchie case a Pergola / A. Santi” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

50) Viuzza-Vaseria, s.d. olio su tavoletta, cm 50 x 35 sul retro: Viuzza-Vaseria / A. Santi” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo 101


51) La sassaiola, s.d. olio su tavoletta, cm23,5 x 16,5 sul retro: “La sassaiola / Pergola / A. Santi” Pergola, Collezione Banca di credito Cooperativo

52) Pagliai, s.d. olio su tavola, cm 24 x 36 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

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53) Autunno, s.d. olio su cartone, cm 30 x 24 sul retro: “Autunno / dintorni di Pergola / A. Santi� Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

54) Casa di campagna con pagliaio, s.d. 1942 olio su tavola, cm 41 x 32 Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

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55) Case ai Viticchi, 1942 olio su tavoletta cerata, cm 40 x 30 firma in basso a destra: “ARCHIMEDE SANTI” sul retro: “Luci di tramonto / case ai Viticchi / A. Santi ottobre 1942” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

56) Il pioppo del cortile, 1943 olio su tavola, cm 50 x 35 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “Il pioppo del cortile in fondo Monte Petrano Marzo 1943 / A. Santi” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

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57) Paesaggio con pioppi, s.d. carboncino su carta, cm 42 x31 Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

58) Il pioppo, 1920 disegno a matita su ricevuta di vaglia da Lire Dieci, cm 12,5 x 10 sul recto: “N 217 F.N.I. S. M / Ricevuto dal sig. Prof. Santi Archimede Lire Dieci come seconda rata per l’anno 1920 La cassiera Foà Olga” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo 105


59) Ponticello, s.d. carboncino nero su carta bianca, cm 33,5 x 25 Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

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60) Piazza Rattazzi- Alessandria, 1920 carboncino e biacca su carta grigio-azzurra, cm. 31x23 in basso a destra: “A. SANTI” in basso a sinistra: “24 / IV /920 / Piazza Rattazzi Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo Si tratta di uno scorcio di Piazza Vittorio Emanuele II, divenuta nel 1943 Piazza Italia e nel 1945 Piazza della Libertà, ma che per gli Alessandrini, e anche per il Santi, è stata sempre Piazza Rattazzi (Piasa Ratas), per la presenza al suo centro della statua dello statista di Alessandria (Vedi D. Picchio, Alessandria dal 1900 al 1940 attraverso le immagini d’epoca, Edizioni dell’Orso, Alessandria 2004, p. 28).

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61) Parco delle rimembranze, 1939 carboncino su carta bianca, cm 20 x 15 in basso a destra: “A. SANTI” a sinistra: “Parco delle rimembranze / Alessandria 5-V-939” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo Pubblicazioni: “Alexandria”, anno VII, n. 5 Aprile 1939, XVII E. F., p. 124

62) Giardino pubblico, 1939 pastello marrone su carta bianca, cm 33 x 24 in basso a destra: “A. SANTI / APRILE 1939” in basso a sinistra: “Giardino Pubblico / Alessandria” pubblicazione: “Alexandria”, anno VII, n. 4, aprile 1939, XVII E. F., p. 124 Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo 108


63) Giardino pubblico, 1939 carboncino su carta, cm 33 x 24 firma in basso a destra: “A. SANTI” a sinistra: “Giardino pubblico / Alessandria” pubblicazione: “Alexandria”, Anno VII, nn. 9-12, settembre-dicembre 1939 Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo

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64) Ai giardini, s.d. olio su tavola, cm 15 x 24 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “Ai giardini / Alessandria / A. Santi” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo Esposizioni: Alessandria e dintorni: Impressioni di Archimede Santi, Alessandria, 17-31 maggio 1942 (n. 16 o 19 o 28)

65) Il Corso, s.d. olio su tavoletta telata, cm 35 x 25 Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo 110


66) San Nicolao, s.d., 1939 Pastello marrone su carta, cm 33 x 24 Firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo Pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna: Impressioni di Archimede Santi, Bologna 1940, tav.l

67) San Rocco, 1939 carboncino su carta bianca, cm 24 x 17 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna. Impressioni di Archimede Santi, Bologna 1940, tav. 2 111


68) La Madonna della Valle, 1939 carboncino su carta bianca, cm 24,5 x 17 firma in basso a destra: “A. SANTI� Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna. Impressioni di Archimede Santi, Bologna 1940, tav.5

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69) Torrente Vermenagna, 1939 carboncino su carta bianca, cm 24 x 16,2 frma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo publicazioni: Vernante Valle Vermenagna. Impressioni di Archimede Santi, 1940, tav. 19

70) Tetti, 1939 carboncino su carta bianca, cm15 x 12,5 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna. Impressioni di Archimede Santi, Bologna 1940, tav.10 113


71) Molino Sottano, 1939 carboncino su carta bianca, cm 24 x 17 firma in basso a destra: “A. SANTI� Pergola, Collezione Banca di Credito Cooperativo pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna. Impressioni di Archimede Santi, Bologna 1940, tav. 17

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CATALOGO DELLE OPERE

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Catalogo delle opere Le opere della Collezione della Banca di Credito Cooperativo e di Collezione privata sono state ordinate in modo tematico. Si è tenuto conto delle date risultanti in alcune di esse e si è cercato, per quanto possibile, di individuare la sequenza cronologica delle numerose altre. La collezione della Banca di Credito Cooperativo di Pergola 1) Primi disegni, acquerelli, pastelli 1) Fregio (parete sinistra Oratorio di San Giovanni-Urbino), s.d. (1895 ca.) acquerello, cm 13,5 x 19 in alto: “ Fregio stile 300 nella Chiesa di S. Giovanni- Urbino”

5) Serie di personaggi, 1898 penna e acquerello su carta, cm 24,5 x 32,5 in basso a sinistra: “1/II/98”

2) Giochi d’angeli, s.d. (1898-1899) matita e acquerello rosa su carta bianca, cm 39 x 29 firma in basso a destra: “A. Santi”. a sinistra in basso: “Non finito” e timbro: “Scuola Professionale per le Arti Decorative Bologna”

6) Studio di figura maschile, s.d. (1898 ca) china su carta, cm 24,5 x 17 firma in basso a destra: “A. SANTI”

3) Volo d’angeli, s.d. (1898-1899) matita nera e acquerello rosa con bordo dipinto, cm 35 x 26,7 firma in basso a destra: “A. Santi” in basso a sinistra timbro: “Scuola Professionale per le Arti Decorative Bologna”

7) Motivo decorativo, s.d. (1898-1899) acquerello su cartoncino, cm 34,5 x 22 firma in basso a destra: “A. Santi”

4) Arca gotica, 1898 penna su carta, cm 25 x 12,5 firma: “A. SANTI” data: “8 / II / 98”

8) Motivo decorativo, s.d. (1898-1899) acquerello, cm 33,5 x 22 firma in basso a destra ; “A. Santi”

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9) Nudo maschile, s.d. (1898-1899) china acquerellata, cm 28 x 19

14) Studio di mano intenta a scrivere, 1917 matita su carta,cm 13 x 10 in basso a destra: “3-1?- 917”

10) Nudo di donna, s.d. (1898-1899) china acquerellata cm 22 x 30

15) Studio per ritratto di donna, s.d. 1917 matita su carta, cm 10 x 13

11) Omaggio a Michelina, 1908 acquerello e china cm 16,5 x 37 al centro in stampatello: “A / Michelina mia / il 29 settembre 1908 / Archimede”

16) In memoria di Michelina, 1918 stampa con fotografia al centro in basso in stampatello: “Archimede / In memoria di Michelina Santi Pappalardo / ottobre 1918”

12) Studio per la cartolina commemorativa del cinquantenario dell’ insurrezione di Pergola (1860-1910), s.d. (1910) matita su carta beige, cm 31 x 21

17) Nike, s.d. (1917) china su carta, cm 21 x 13 firma in basso a sinistra: “A. SANTI”

13) Omaggio alla figlia Gemma, 1912 acquerello e china su carta, cm 45 x 32 in basso al centro in stampatello: “Gemma Santi / 30 dicembre 1912 ore 15,35”

18) Melanzana, s.d. matita su carta beige, cm 31 x 21

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19) Aragosta, s.d. matita su carta, cm 20,5 x 30,5

24) Vasi con cactus, s.d. matita su carta beige, cm 31 x 21 firma in basso a destra: “A. SANTI”

20) Mercato del sabato a Pergola, s.d. pastello ocra-marrone su carta beige, cm 22 x 28 in basso a sinistra: “mercato del Sabato / a Pergola” firma in basso a destra: “A. SANTI”

25) Fiori campestri, s.d. matita su carta beige, cm 18 x 15 firma in basso a destra: “A. SANTI” pubblicazioni: Disegni di Archimede Santi, 1939, colophon

21) Mucca, s.d. matita su carta, cm 22 x 30 firma in basso a destra: “A. SANTI”

26) Vaso con fiori, s.d. acquerello, cm 35 x 24

22) Mezzo pollo, s.d. acquerello su carta, cm 36,2 x 21,5

23) Uccellino morto, s.d. acquerello, cm 23 x 15,5

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2) Nature morte 27) Cipolle, s.d. (1914 ca.) acquerello su cartoncino cm 56 x 38 firma in basso a sinistra: “A. SANTI” esposizioni: Alessandria 1914, sala I, n. 16

32) Natura morta con melagrane, limone, coltello, s.d. olio su tavola, cm 31 x 45 firma in alto a destra: “A. SANTI”

28) Vaso con zinnie giallo-arancio, s.d. olio su cartone telato, cm 36 x 22 firma in basso a destra: “A. SANTI”

33) Riflessi, arance, caffettiera, s.d. olio su tavola, cm 32 x 40

29) Natura morta con gobbo, triglia e bottiglia, s. d. olio su cartone, cm 38 x 52 firma in alto a destra: “ARCHIMEDE SANTI”

30) Natura morta con arancia, s.d. (1925 ca.) olio su tavola, cm 38 x 52 firma in alto a destra: “A. SANTI”

31) Natura morta con boccale, candeliere e mele, s.d. olio su cartone, cm 35 x 50 firma in alto a destra: “ARCHIMEDE / SANTI”

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3) Ritratti e autoritratti 34) Ritratto di bambino con cuffia, 1920 pastello rosso su carta beige, cm 22 x 17 in basso: “11 / II / 920”

39) La madre, s.d. (1915 ca.) sanguigna su carta beige, cm 44,5 x 31,3 firma in basso a destra: “ARCHIMEDE”

35) Ritratto di fanciullo, s.d. matita su carta beige, cm 22 x 17

40) La madre, s.d. (1920 ca.) matita su carta beige, cm 18 x 15 firma in basso a destra: “A. SANTI”

36) Ritratto di giovinetto, s.d. pastello marrone su carta bianca, cm 33 x 24

41) La madre, 1925 matita su carta, cm 15 x 14 in basso a sinistra: “9-IV-925”

37) Ritratto di giovinetta, s.d. pastello marrone su carta beige, cm 22 x 17,2

42) La madre, 1928 matita su carta, cm 16x13 in basso: “Mia Madre / settembre 1928”

38) Ritratto di donna, s. d. pastello marrone su carta, cm 47 x 31

43) La madre, 1928 matita su carta, cm 14 x 13 in basso: “Mia madre / Settembre 1928”

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44) La madre, 1928 matita su carta beige, cm 18 x 15 in basso a destra: “Mia Madre / settembre 1928”

49) La moglie Michelina, s.d. (1908 ca.) pastelli colorati e biacca su carta grigia, cm 55 x 41,5

45) Autoritratto, s.d. (1900 ca.) sanguigna su carta, cm 43 x 31

50) Michelina, s.d. (1915 ca.) pastello viola su carta beige, cm 41 x 25

46) Autoritratto, s.d. (1905 ca.) matita e carboncino nero su carta beige, cm 43,5 x 28,3

51) La figlia Gemma anni 2, 1914 matita rossa, cm 30 x 23 in basso a sinistra: “Gemma anni 2”

47) Autoritratto con berretto, 1944 matita su carta cm 27 x 20 firma e data: “Archimede / 1944”

52) Gemma anni 4, 1916 pastello rosso su carta grigia, cm 41,3 x 29 in basso a sinistra: “GEMMA ANNI 4”

48) Autoritratto, s.d. (1946 ca.) matita e carboncino su carta, cm 48 x 33

53) Gemma, s.d. (1917 ca.) matita e carboncino nero su carta beige, cm 47 x 31

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54) Gemma, s.d. (1918 ca.) pastello rosso e marrone su carta, cm 42 x 31

59) Gemma, s.d. (1922 ca.) sanguigna, cm 46 x 32

55) Gemma, s.d. (1920 ca.) pastello, cm 33 x 24

60) Gemma anni 11, 1923 matita su carta beige cm 22 x 17 in basso: “Gemma anni 11 / 31 /XII / 923”

56) Gemma, 1920 pastello, cm 12,5 x 10 in basso: “Gemmina / 29 / IX / 920”

61) Gemma, s.d. (1923 ca.) matita e carboncino su carta beige, cm 17,6 x 13,2

57) Gemma, s.d. (1920 ca.) matita su cartoncino, cm 34 x 25

62) Gemma, s.d. (1925 ca.) matita su carta beige, cm 22 x 17

58) Gemma, s.d. (1922 ca.) matita nera su cartoncino, cm 34 x 25

63) Gemma, s.d. (1930 ca.) pastello nero e marrone su carta, cm 47,5 x 30,5

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64) Gemma, s.d. (1940 ca.) carboncino su carta beige, cm 47,8 x 33

66) Gemma, 1941 carboncino su carta beige, cm 39,5 x 27,5 in basso a sinistra: “8 / XI / 941

65) Gemma, s.d. ( 1940 ca.) pastello nero, cera, carboncino, cm 47 x 33

4) Dal mare al fiume

67) Torre sul mare, s. d. (1908 ca.) acquerello su carta applicata su controcopertina di rivista, cm 18 x 12

69) Trapani: il mare, s.d. (1908 ca.) olio su cartone, cm 16 x 22 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “Trapani / A. Santi”

68) Mare di Trapani, s.d. (1908 ca.) olio su cartone, cm 16 x 11 sigla in basso a destra: “A. S.” sul retro: “Mare di Trapani”

70) Il castello del Balio - Monte Erice, s.d. cartoncino su cartoncino, cm 24 x 33 firma in basso a destra: “A. SANTI” pubblicazioni: Disegni di Archimede Santi, 1935, tav. 12

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71) Il mare, s.d. olio su tavola, cm 18 x 25 sul retro: “Porto di Ancona / verso Falconara / A. SANTI”

76) Barche (di notte), s.d. carboncino su cartoncino nero, cm 30 x 23

72) Barche, s.d. olio su cartoncino, cm 24 x 35

77) Palazzo sull’acqua, s.d. olio su tavola, cm 21 x 18

73) Barche, s.d. carboncino con tocchi di blu su cartoncino, cm 23 x 30

78) Verso la sorgente del Cesano, s.d. (ante 1935) olio su tavola, cm 33,5 x 42 firma in basso a destra in rosso: “A. SANTI” sul retro: “Sorgente Cesano - Catria” Pubb.: Pergola e dintorni, 1935, tav. 20; Congedo, 1936; AA.VV., Una periferia rivelata, 1992, in copertina

74) Barche di notte, s.d. olio su tavola, cm 20,5 x 31

79) Fiori d’acqua, s.d. olio su cartone, cm 23 x 36

75) Barche, s.d. carboncino su cartoncino, cm 23 x 30

80) Ponticello sul fiume, s.d. olio su tavola, cm 25 x 36,2 firma in basso a destra: “A. SANTI”

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81) Ponticello, s.d. carboncino su carta bianca, cm 33,5 x 25

86) Riflessi sull’acqua, s.d. olio su cartone, cm 22 x 16

82) Lungo il Cesano, s.d. matita e acquerello rosso, cm 17,5 x 22 firma in basso: “A. SANTI”

87) Esplosione di colore, s.d. olio su cartoncino, cm 23 x 31

83) La fontana, s.d. olio su tavola, cm 32 x 45

84) La fontanella, s.d. olio su tavoletta, cm 21 x 14 firma in basso a destra: “A. SANTI”

85) La barchetta, s.d. olio su cartone, cm 24 x 31 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “La barchetta / 30 Agosto 19[…]6

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5) Studi di alberi 88) Alberi, s.d. pastelli su carta nera, cm 32 x 23,5 firma in basso a destra: “A. SANTI”

93) Studio di salici, s.d. olio su cartone, cm 23 x 15

89) Alberi, s.d. pastelli colorati su carta nera, cm 34 x 23,4 firma in basso a destra: “A. SANTI”

94) Paesaggio, s.d. pastello marrone su carta beige, cm 22 x 28 firma in basso a destra: “A. SANTI”

90) Il tronco, s.d. olio su cartone, cm 21 x 23

95) Paesaggio autunnale Alberi in autunno, s.d. olio su tavola, cm 23 x 15,5 firma in basso a destra: “A. SANTI”

91) Tristezza , s.d. olio su cartone, cm 13 x 24 sul retro: “Tristezza / S. Michele / A. SANTI”

96) L’albero doppio, s.d. olio su cartone, cm 23 x 15

92) Cipressi, s.d. olio su tavola telata, cm 23 x 12 firma in basso a destra: “A. SANTI”

97) Il pioppo, s.d. olio su tavola, cm 24,5 x 17

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98) Paesaggio in rosa, s.d. olio su cartone, cm 30 x 23

101) Paesaggio con pioppi, s.d. carboncino su carta, cm 42 x 31

99) L’albero solitario, s.d. olio su tavola, cm 11 x 22 firma in basso a destra: “A. SANTI”

102) Il salice, s.d. olio su tavola, cm 45 x 31 firma in basso a destra: “A. SANTI”

100) L’albero grande, s.d. olio su cartone, cm 43,5 x 24,5 firma in basso a destra: “A. SANTI”

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6) Paesaggi vari 103) Il corso, s.d. olio su tavoletta telata, cm 35 x25

108) Paesaggio, s.d. olio su cartone, cm 24 x 31 firma in basso a destra: “A. SANTI”

104) La doppia porta, s.d. pastello marrone su carta beige, cm 21,5 x 16 firma in basso a sinistra: “A. SANTI”

109) Paesaggio, s.d. olio su tavola, cm 17,3 x 24,7 firma in basso a destra: “A. SANTI”

105) Una casa, s.d. olio su cartone telato, cm 30 x 17 sul retro: “[…] etta / S [AN] TI”

110) Paesaggio, s.d. olio su tavola, cm 18 x 25 firma in basso a destra: “A. SANTI”

106) Casa contadina, s.d. olio su cartoncino, cm 23 x 15

111) Paesaggio, s.d. olio su cartone, cm 24 x 34,5

107) Casa in collina, s.d. olio su cartone, cm 33 x 20 firma in basso a destra: “A. SANTI”

112) Paesaggio, s.d. olio su cartone, cm 23 x 31 firma in basso a destra: “A. SANTI”

129


113) Paesaggio, s.d. olio su cartone, cm 22 x 31 firma in basso a destra: “ A. SANTI”

118) La montagna viola, s.d. olio su cartone, cm 23 x 32 sul retro in alto a sinistra: “Brazone” firma in basso a sinistra: “A. SANTI”

114) Tramonto, s.d. olio su cartone, cm 9,5 x 19 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “Tramonto”

119) Montagne, s.d. carboncino, cm 27 x 22 firma in basso a sinistra in rosso: “A. SANTI”

115) Montagne di Cuneo, s.d. olio su cartone, cm. 14 x 21 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “Montagne di / Cuneo”

120) Rifugio, s.d. olio su cartone, cm 41 x 33 firma in basso a destra: “A. SANTI”

116) Colletto piccolo, s.d. olio su cartone, cm. 23 x 20 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “Colletto piccolo”

117) Tra i monti, s.d. olio su cartoncino telato, cm 15 x 21,5

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7) Immagini di Pergola, dintorni e altri luoghi marchigiani 121) Fonte Avellana, 1907 acquerello su carta, cm 27 x 18 a sinistra, in basso: “A FONTE AVELLANA / AGOSTO 1907 a destra, in basso firma: “A SANTI”

126) Paesaggio, s.d. (1926-27) olio su tavoletta, cm 10 x 17 firma in basso a destra: “A. SANTI”

122) Le galline (Impressione), s.d. (ante 1921) olio su tavola, cm 40 x 30 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “Impressione / A. SANTI Pergola” esposizione (probabile): Milano, dic-genn. 1921-1922, n. 114, col titolo: “Impressione”

127) Veduta di paese (San Vito sul Cesano?), s.d. (1926-27) olio su tavola, cm 17 x 25 firma in basso a destra: “A. SANTI”

123) La chiesetta della grotta di Frasassi, 1926 pastello nero e matita su carta beige, cm 21 x 16,5 firma in basso a destra: “A. SANTI” a sinistra: “La chiesetta della grotta / di Frasassi / 18-VIII-926

128) Vecchie case a Pergola, s.d. (1920-30) olio su tavola, cm 50 x 40 firma in basso a destra: “ARCHIMEDE SANTI” sul retro: “Vecchie case a Pergola / A. SANTI”

124) Dopo la pioggia, s.d. olio su tavola, cm 17 x 24 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “ Dopo la pioggia. La Strega / Sassoferrato

129) Via del Rialto, s. d. (1920-30) olio su cartoncino telato, cm 31 x 24,5 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “Via del Rialto / Pergola / A. Santi”

125) Panni stesi, s.d. (1926-27) olio su tavoletta, cm 11 x 16 firma in basso a destra: “A. SANTI”

130) La sassaiola, s.d. (1920-30) olio su tavoletta, cm 23,5 x 16,5 sul retro: “Sassaiola / Pergola / A. Santi”

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131) Viuzza - Vaseria, s.d. (1920-30) olio su tavoletta, cm 50 x 35 sul retro: ”VIUZZA / VASERIA / A. SANTI”

136) La porta di Fenigli , s.d. (1930-34) olio su cartone, cm 25 x 18 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “La porta / di Fenigli / Pergola pubblicazioni: Pergola e dintorni, 1935, tav. 17

132) Veduta di Pergola con il campanile di San Marco, s.d. (1925-30) olio su cartone, cm 18 x 24 sul retro: “[S]anti ORTI”

137) Fenigli, s.d.(1930-34) olio su tavola, cm 20 x 33 firma: “A. SANTI” sul retro: “Fenigli / Dintorni di Pergola”

133) Il campanile della chiesa di Santa Maria Assunta al Cimitero, s.d. (1925- 30) olio su cartone, cm 24 x 18 firma in basso a destra: “ A. SANTI” sul retro: “Il Campanile del Cimitero / Pergola / A. Santi”

138) Cimitero di Fenigli, s. d. (1930-34) olio su tavola, cm 24 x 18 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “CIMITERO DI FENIGLI / ARCHIMEDE SANTI / ALESSANDRIA VIA MAZZINI”

134) S. Antonio Abate, s.d. olio su tavola, cm 25 x 18 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “ S. Antonio Abate / Cattedrale / 17-I”

139) La porta del cimitero, s.d. olio su tavola, cm 25 x 17

135) Decadenza, s.d. (1930-34) olio su tavola, cm 46 x 31 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “Decadenza”

140) Cimitero, s.d. olio su cartone, cm 22 x 22

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141) Tetti a Pergola, s.d. olio su tavola, cm 19 x 14 firma in basso a destra: “A. SANTI”

146) Filari di viti, s.d. olio su tavoletta, cm 21 x 35 firma in basso a destra: “A. SANTI”

142) Tetti a Pergola, olio su tavola, cm 18 x 12 - 19 x 14 firma in basso a destra: “SANTI”

147) Novembre, s.d. olio su cartone, cm 30 x 24 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: ”NOVEMBRE - Dintorni di Pergola / A. SANTI”

143) Il campanile, s.d. pastelli colorati su carta grigia, cm 17 x 24,5 firma in basso a sinistra: “A. SANTI”

148) Pagliai, s.d. olio su tavola, cm 24 x 36 firma in basso a destra: “A. SANTI”

144) Tetti del Borgo (Pergola), s.d. pastelli e cera su carta, cm 42 x 29

149) Frasassi, s.d. (1935-40) olio su tavoletta, cm 24 x 18 firma in basso a sinistra: “A. SANTI” sul retro in alto a destra: “Frasassi”

145) Case del Borgo (Pergola), s.d. olio su tavola, cm 21 x 16 firma in basso a destra: “A. SANTI”

150) Grotta di Frasassi, s. d. (1935- 40) olio su tavola, cm 18 x 24 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro in alto a sinistra: “Grotta di Frasassi / Genga / Ancona; a destra: “A. SANTI”

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156) Casa di campagna con pagliaio, s.d. (1943 ca.) olio su tavola, cm 40 x 31

151) Tetti a Pergola, 1941 olio su tavola, cm 26 x 20 sul retro: “Tetti a / Pergola / A. SANTI / 1941”

152) Case ai Viticchi, 1942 olio su tavoletta telata, cm 40 x 30 firma: “ARCHIMEDE SANTI” sul retro: ”Luci di tramonto / Case ai Viticchi / A. SANTI / Ottobre 1942”

153) Autunno, s.d. olio su cartone, cm 30 x 24 sul retro: “Autunno / dintorni di Pergola / A. SANTI”

154) Il pioppo del cortile, 1943 olio su tavola, cm 50 x 35 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “Il pioppo del cortile / in fondo Monte Petrano / A. Santi / Marzo 1943”

155) Le torri di San Vittore, s.d. (1943 ca.) olio su tavola, cm 36 x 51 firma in basso a destra: “ARCHIMEDE / SANTI” sul retro: “Le torri di San Vittore Genga / Ancona / A. SANTI”

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8) Vedute di Assisi 157) La Rocca di Assisi, 1926 olio su tavola, cm 23 x 18 firma in basso a destra: “ARCHIMEDE / SANTI / 1926 sul retro: “La Rocca / Assisi

162) Assisi: vicolo, s.d. (1926-27) olio su tavoletta, cm 18 x 24 firmato in basso a destra: “ARCHIMEDE / SANTI / ASSISI” sul retro: “ASSISI”

158) Salita alla Rocca, s.d. (1926) olio su cartone, cm 27 x 16

163) San Pietro di Assisi, s.d. (1926-1927) olio su tavoletta, cm 23 x 18 firma in basso a destra: “ARCHIMEDE / SANTI / 19 […]” sul retro: “S. Pietro - ASSISI”

159) Porta San Giacomo, 1927 oli su tavola, cm 23 x 17 firma in basso a destra: “A. SANTI / ASSISI” sul retro: “PORTA S. GIACOMO / ASSISI / 1927”

160) Il Tescio sotto Assisi, s.d. (1926-27) olio su cartone, cm 17 x 23 firma in basso a sinistra: “A. SANTI” sul retro: “Il Tescio sotto Assisi”

161) Scorcio di Assisi , s.d. (19261927) olio su tavola, cm 42 x 32 firma in basso a sinistra: “ARCHIMEDE SANTI / ASSISI”

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9) Vedute di Vicenza e dintorni 164) Dal Monte Berico, 1922 matita su carta beige, cm 18 x 15 in basso a sinistra: “16/ IV/ 922 / Pasqua”; a destra: “Dal Monte / Berico”

169) Gli stagni, s.d. (1922 ca.) olio su tavoletta, cm 13 x 19 firma in basso a sinistra: “A. Santi” sul retro: “gli stagni / Vicenza / A. Santi”

165) Dintorni di Vicenza, 1922 olio su cartone, cm 16 x 24 firma in basso a sinistra: “A. SANTI” sul retro: “Pasqua 1922 / Dintorni di Vicenza / A. SANTI”

170) Il lago, s.d. (1922 ca.) olio su tavola, cm 31 x 41

166) Paesaggio: fine di ottobre (dintorni di Vicenza?), s. d. olio su cartoncino, cm 17 x 24 firma a destra in basso: “A. SANTI”

171) Gli stagni, s.d. (1922 ca.) olio su tavola, cm 24,3 x 16,3 sul retro: “Gli stagni / Vicenza / A. Santi”

167) Preparativi per le corse, s.d. (1922 ca.) olio su tavola, cm 22 x 34 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “Preparativi per le corse / Campo Marzio / Vicenza”

172) Gli stagni al tramonto, s.d. (1922 ca.) olio su cartone, cm 17 x 24 firma in basso a destra: “A. SANTI”

168) Vicenza: Ponte delle barche, s.d. (1922 ca.) olio su tavola, cm 21 x 18 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “Ponte delle Barche / Vicenza”

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10) Vari luoghi di Alessandria 173) Ottobre, 1911 olio su cartone, cm 23 x 31 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “Ottobre / Alessandria / 1911”

178) Giardino pubblico,1939 pastello marrone su carta bianca, cm 33 x 24 in basso a destra: “A / SANTI / Aprile 1939” in basso a sinistra: “Giardino pubblico / Alessandria” pubblicazioni: “Alexandria”, Anno VII, n. 4, aprile 1939, XVII E. F., p. 124

174) Pioppo, 1920 matita su verso di ricevuta di vaglia da Lire dieci, cm 12,5 x 10 sul recto: “N 217 F.N.I.S.M. / Ricevuto dal sig. / Prof. Santi Archimede / LIRE dieci / come seconda rata per l’anno 1920 / Alessandria 243-1920 / La CASSIERA: Foà Olga”

179) Parco delle rimembranze, 1939 carboncino su carta bianca, cm 20 x 15 firma in basso a destra: “A. SANTI” a sinistra: “Parco delle rimembranze / Alessandria 5-V-1939” / XVII pubblicazioni: “Alexandria”, Anno VII, n. 4, aprile 1939, XVII E. F., p. 124

175) Piazza Rattazzi, 1920 carboncino e biacca su carta grigio azzurra, cm 31 x 23 in basso a destra: “A. SANTI” in basso a sinistra: “24 - IV - 920 / Piazza Rattazzi”

180) Giardino pubblico, 1939 ca. carboncino su carta, cm 33 x 24 firma: “in basso a destra: “A. SANTI” A sinistra: Giardino pubblico / Alessandria” pubblicazioni: “Alexandria”, Anno VII, nn. 9-12, settembre-dicembre 1939, XVII E. F.

176) Gli orti, s.d. (1926-27). olio su tavola, cm 35 x 50 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “ORTI”

181) Sole di marzo, s. d. olio su tavoletta, cm 20 x 15 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “Sole di Marzo / A. SANTI / Alessandria”

177) Viale alberato, s.d. acquerello su cartoncino bianco, cm 33,5 x 24,8

182) Il fossato della cittadella, s. d. (1930-40) olio su tavola, cm 37 x 25 firma in basso a destra: “A. Santi” sul retro a sinistra : “Fossato della cittadella / Alessandria; a destra: “A. SANTI” esposizioni: Alessandria, 17-31 maggio 1942, n. 17

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183) Ai giardini, s.d. (1930-40) olio su tavola, cm 15 x 24,5 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “Ai Giardini /Alessandria / A. SANTI” esposizioni: Alessandria 17-31 maggio 1942, n. 16 o 19

188) Nevicata, s. d. (1930-40) olio su cartone, cm 13 x 19 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “Nevicata / Mezzano / Alessandria / A. SANTI” esposizioni: Alessandria 17-31 maggio 1942

184) Piazzetta del cimitero, s.d. (1930 -1940) olio su cartone, cm 16 x 25 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “Piazzetta del Cimitero / Alessandria / A. Santi” Esposizioni: Alessandria 17-31 maggio 1942

189) Febbraio, s. d. (1930-40) olio su cartone, cm 19 x 12 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “Febbraio / A. SANTI” esposizioni: Alessandria, 17-31 maggio 1942, n. 40

185) Sotto i vecchi bastioni, s.d. (1930-40) olio su cartone, cm 21,8 x 13,6 (23 x 15) in basso a destra: “A. S”. sul retro: “Autunno / Sotto i vecchi bastioni Alessandria / A. SANTI” esposizioni: Alessandria 17-31 maggio 1942, n. 25

190) La piazza dopo la pioggia, s.d. (1930 -1940) s. d., olio su tavola, cm 22,5 x 30 firmato in basso sa destra: “A. SANTI” sul retro: “La Piazza dopo / la pioggia / Alessandria / A. SANTI” esposizioni, Alessandria 17-31 maggio 1942, n. 44

186) Nevicata in marzo, s. d. (1930-40) olio su tavola, cm 25 x 35 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro: “ Nevicata in marzo / tenuta / Fornace / ALESSANDRIA esposizioni: Alessandria, 17-31 maggio 1942, n. 27

191) Il carrozzone del circo, s.d. olio su tavola, cm 14 x 37 firma in basso a destra: “A. SANTI”

187) Nevicata, s.d. (1930-40) olio su cartone, cm 25 x 18 firma in basso a destra: “A. SANTI” esposizioni: Alessandria, 17-31 maggio 1942

192) Tronchi sul fiume (Riflessi?), s.d. olio su tavola, cm 32 x 45

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11) Vedute di Vernante

193) San Nicolao, s.d. (1939) pastello marrone su carta, cm 33 x24 firma in basso a destra: “A. SANTI” pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav. 1

198) Il Castello, s.d. (1939) carboncino su cartoncino, cm 32,5 x 23,5 firma in basso a destra: “A. SANTI” pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav. 11

194) San Rocco, s.d. (1939) carboncino su carta bianca, cm 24 x 17 firma in basso a destra: “A. SANTI” pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav. 2

199) Il Castello, s.d. (1939) pastello marrone su carta, cm 15 x 12 firma in basso a destra: “A. SANTI” pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav. 12

195) San Sebastiano dal Castello, s. d. (1939) pastello e carboncino su carta, cm 19,5 x 14,2 firma in basso a destra: “A. SANTI” pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav. 3

200) Rovine del Castello, s.d. (1939) carboncino su carta bianca, cm 24 x 17 firma in basso a destra: “A. SANTI” pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna ,1940, tav. 13

196) La Madonna della Valle, s.d. (1939) carboncino su carta bianca, cm 24, 5 x 17 firma in basso a sinistra: “A. SANTI” pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav., tav. 5

201) Canale, s.d. (1939) carboncino su carta, cm 15 x 12 firma in basso a destra: “A. SANTI” pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav. 15

197) Tetti, s.d. (1939) carboncino su carta bianca, cm 15 x 12, 5 firma in basso a destra: “A. SANTI” pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav. 10

202) Molino sottano, s.d. (1939) carboncino su carta bianca, cm 24 x 17 firma in basso a destra: “A. SANTI” pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav. 17

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203) Torrente Vermenagna, s.d. (1939) carboncino su carta bianca, cm 24,2 x 16,5 firma in basso a destra: “A. SANTI” pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav. 19

208) Monti verso Limone, s.d. (1939) pastello viola e lilla su carta, cm 17 x 25 firma in basso a destra: “A. SANTI” pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav. 25

204) Torrente Vermenagna, s. d. (1939) carboncino su carta beige, cm 12 x 15 firma in basso a destra: “A. SANTI” pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav. 20

209) Dintorni, s.d. (1939) matita su carta, cm 15 x 12 firma in basso a destra: “A. SANTI”, pubblicazioni: Vernante valle Vermenagna, 1940, tav. 26

205) Monte Colombo, s.d. (1939) carboncino su carta bianca, cm 16 x 24 firma in basso a destra: “A. SANTI” pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav. 22

210) Dintorni, s.d. (1939) pastello nero e carboncino su carta beige, cm 11,8 x 14,8 firma in basso a destra: “ A. SANTI” pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav. 27

206) Verso Limone, s.d. (1939) pastello marrone su carta, cm 15 x 12 firma in basso a destra: “A. SANTI” pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav. 23

211) Dintorni, s.d. (1939) carboncino su carta bianca, cm 14,5 x 11,7 firma in basso a destra: “A. SANTI” pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav. 28

207) Vallone secco, s.d. (1939) carboncino su carta bianca, cm 12 x 15 firma in basso a destra : “A. SANTI” pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav. 24

212) Il prato della Valle, s. d. (1939) matita e carboncino su carta, cm 15 x 12 firma in basso a destra: “A. SANTI” pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav. 29

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213) La porta del cimitero, s.d. (1939) carboncino su carta bianca, cm 24 x 16,7 firma in basso a destra: “A. SANTI” pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav. 30

*Oltre le opere sopra elencate risultano, tra le carte del Santi, alcuni schizzi e prove che non si è ritenuto opportuno inserire in catalogo. Tra i dipinti giunti alla Banca di Credito Cooperativo c’è un Paesaggio invernale, olio su cartoncino pressato di cm 23 x 14, la cui attribuzione resta incerta. Collezioni private Studi e Nature morte 1) Rebecca al pozzo (da Gustavo Dorè), s.d. (fine ’800 - inizio ’900) acquerello nero, 32 x 25 firma: “A. SANTI” in basso: “REBECCA” Pergola, coll. Lacania-Temperini.

4) Studio per una Deposizione, s.d. (fine ’800 - inizio ’900) sanguigna su carta, cm 33 x 24 Pergola, coll. Lacania-Temperini

2) Annunciazione (da Gustavo Dorè), s.d. (fine ‘800-inizio ’900) acquerello grigio, inchiostro nero e biacca su carta, cm 29 x 19 firma: “A. SANTI”. Pergola, coll. Lacania-Temperini

5) Angeli, s.d. (1898-99) penna o china su carta, cm 48 x 32 firma a destra: “A. SANTI” a sinistra timbro: “Scuola Professionale per le Arti Decorative Bologna” Pergola, coll. Lacania-Temperini

3) Studi di figure, 1898 penna e inchiostro nero su carta, cm 34 x 25 in basso a sinistra: “I / II / 98” Pergola, coll. Lacania-Temperini

6) Putti, s.d. (1898-99) penna e inchiostro nero su carta, cm 29,5 x 20,5 firma in basso a destra: “A. SANTI” a sinistra timbro: “Scuola Professionale per le Arti Decorative Bologna” Pergola, coll. Lacania-Temperini

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7) La signora, s.d. (inizio ’900) penna e acquerello grigio su carta beige, cm 42,2 x 30,5 Pergola, coll. Lacania - Temperini

12) Febbraio, s.d. (1910-15 ca.) inchiostro e biacca su carta bianca, cm 12,5 x 38 firma in basso a destra: “A. Santi” Pergola, coll. Lacania-Temperini pubblicazioni: “L’Artista Moderno”, VII, nn. 3-4, 1908, p. 41

8) Sicania, s.d. (1905 -10) china su carta bianca, cm 22 x 43 scritta: “SICANIA / rivista illustrata” in basso a sinistra: “A. S” Pergola, coll. Lacania-Temperini

13) Vaso con cactus, s.d. (1910 ca.) china colorata, cm 32 x 21. Pergola, coll. Lacania-Temperini

9) Venezia, s.d. (1907) china su carta bianca, cm 24 x 44,5. scritta: VENEZIA VII ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE D’ARTE 22 Aprile 31 Ottobre. Sigla: “A.S.” Pergola, coll. Lacania-Temperini pubblicazioni: “L’Artista Moderno”, VI, nn. 17-18, sett. 1907, p. 243

14) Vaso con fiori, 1923 china su carta, cm 22 x 17 a destra in basso: “Pasqua / 1923 / A. SANTI” Pergola, coll. Lacania-Temperini

10) Novembre, s.d. (1910-15) inchiostro, biacca su carta bianca, cm 23 x 80 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. Lacania-Temperini pubblicazioni: “L’Artista Moderno”, VI, n. 22, 1907, p. 303

15) Altri tempi, s.d. (1925 ca.) carboncino su carta beige, cm 23 x 31,5 in alto a sinistra: “altri tempi” firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. Lacania-Temperini

11) Dicembre, s.d. (1910-15) inchiostro e biacca su carta, cm 23 x 80 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. Lacania-Temperini pubblicazioni: “L’Artista Moderno”, VI, n. 24, p. 327

16) Natura morta con zucche e rape, s.d. (1920-25) olio su tavola, cm 31 x 41 firma in alto a destra: “ARCHIMEDE / SANTI” Pergola, coll. Lacania-Temperini

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17) Tavola apparecchiata, s.d. (1920-25 ca.) olio su cartone pressato, cm 34,6 x 50 Pergola, coll. Lacania-Temperini

19) Garofani, s.d.(1925 ca.) olio su tela, cm 46,5 x 66,5 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. Lacania-Temperini

18) Margherite, s.d. (1925 ca.) olio su tavola, cm 32,5 x 19 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. Lacania Temperini

Ritratti

20) Studio di volto maschile, s.d. (1900 ca.) matita su carta bianca, cm 36 x 23 Pergola, coll. Lacania-Temperini

22) La moglie Michelina, s.d. (1915 ca.) carboncino su carta, cm 48 x 33 Pergola, coll. Lacania-Temperini

21) Craparo, s.d. (1905-1910) pastelli colorati su carta beige, cm 46,6 x 34,2 firma a sinistra: “A. SANTI” Pergola, coll. Lacania-Temperini

23) La figlia Gemma, 1921 matita su carta bianca, cm 34 x 25 data: “30 / XII / 921” Pergola, coll. Lacania-Temperini

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24) Autoritratto, s.d. (1925 ca.) sanguigna su carta filigranata, cm 47,5 x 30,5 Pergola, coll. Lacania-Temperini

25) Ritratto di Gisleno Gaggini (1931-1999), s. d. (1940 ca.) carboncino su carta avana, cm 21,6 x 21,7 in basso a sinistra: “Gisleno” Pergola, coll. Lacania-Temperini

Paesaggi

26) S. Francesco, 1926 china su carta 27,5 x 19 in basso a sinistra: “SAN FRANCESCO / ASSISI” a destra in alto: “ARCHIMEDE / SANTI / 1926” Pergola, coll. Lacania-Temperini pubblicazioni: Gli adornatori del libro in Italia, V, Bologna 1926, tav. 43

29) L’albero, s.d. (1925-30) acquerello su carta ruvida, cm 33 x 24 Pergola, coll. Lacania-Temperini

27) S. Rufino, s.d. (1926-27) olio su cartone pressato, cm 41,5 x 33,5 firma: “ARCHIMEDE SANTI / ASSISI” Sul retro: “S. RUFFINO / ASSISI” Pergola, coll. Lacania-Temperini

30) Paesaggio, s.d. (1930 ca.) pastello su carta, cm 19 x 16 Pergola, coll. Lacania-Temperini

28) Abbeveratoio, s.d. (1925-30) olio su cartone, cm 23 x 31 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. Lacania-Temperini

31) Paesaggio sul fiume, s.d. (1935-38) pastelli colorati su carta avana, cm 29 x 21 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. Lacania-Temperini

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32) Pagliai, s.d. (1935-40) olio su cartone, cm 22,2 x 16 firma in basso a destra, in rosso: “A. SANTI” Pergola, coll. Lacania-Temperini

37) Giardino a Paparella, s.d. carboncino su carta bianca, cm 33 x 24 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. Lacania-Temperini pubblicazioni: Disegni di Archimede Santi, 1939, tav. 15

33) Pozzo fiorito, s.d. matita su carta, cm 33 x 24,5 firma in basso a destra: A. SANTI” pubblicazioni: Disegni di Archimede Santi, Bologna 1939, tav. 10 Pergola, coll. Lacania-Temperini

38) Vicolo, s.d. (1939) pastello marrone su carta bianca, cm 33 x 23 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. Lacania-Temperini pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav. 7

34) Cortile - Monte Erice, s.d. pastello fucsia, cm 34 x 24,5 In basso a sinistra: “cortile di Monte Erice” Firma in basso a sinistra: “ARCHIMEDE / SANTI” Pergola, coll. Lacania-Temperini pubblicazioni: Disegni di Archimede Santi, Bologna 1939, tav. 11

39) Vecchia casetta, s.d. (1939) matita, pastello, carboncino, tocchi di pastello rosa su carta grigia, cm 20 x 29,3 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. Lacania-Temperini pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav. 8

35) S. Giovanni. Monte Erice, s.d. matita su carta, cm 33 x 24,5 in basso, al centro: “S. Giovanni / Monte Erice” a destra firma: “ARCHIMEDE / SANTI” Pergola, coll. Lacania-Temperini pubblicazioni: Disegni di Archimede Santi, Bologna 1939, tav. 13

40) La casa Giordanengo (dall’Albergo Aurora), s.d. (1939) carboncino su carta bianca, cm 33 x 24 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. Lacania-Temperini pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav. 9

36) Bonagia, s.d. pastello azzurro su carta bianca, cm 33 x 24 firma in basso a destra: “A. SANTI pubblicazioni: Disegni di Archimede Santi, 1939, tav. 14; “a b c”: rivista d’arte, anno VII, n. 5, maggio 1939, XVII, p. 16 Pergola, coll. Lacania-Temperini

41) La fontanella della Madonna della valle, s.d. (1939) carboncino su cartoncino bianco, cm 33 x 24 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. Lacania-Temperini pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna,1940, tav. 14

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42) Il molino della Madonna della Valle, s.d. (1939) carboncino su carta bianca, cm 24 x15,8 firma in basso a sinistra: “A. SANTI” Pergola, coll. Lacania-Temperini pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav. 16

43) Ponte S. Giovanni, s.d. (1939) carboncino su carta bianca, cm 32,5 x 24 Pergola, coll. Lacania-Temperini pubblicazioni: Vernante Valle Vermenagna, 1940, tav. 18

Pergola e dintorni

44) Stemma di Pergola s.d., (1930-34) china su carta bianca, cm 32,5 x 24 firma a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: Pergola e dintorni, 1935, frontespizio

47) Il campanile di S. Orsola, s.d. (1930-34) matita su carta beige, cm 15 x 13 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: Pergola e dintorni, 1935, tav. 3

45) Il campanile del Duomo, s.d. (1930-34) carboncino su cartoncino bianco, cm 29 x 22 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: Pergola e dintorni, 1935, tav. 1; “La nostra Valle”, n. 283, giugno 2003, in copertina

48) Santa Maria delle Tinte, s.d. (1930-34 ) matita su carta beige sottile, cm 19,2 x 14,3 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: Pergola e dintorni, 1935 tav. 5, col titolo: “S. Maria delle Tinte”

46) Campanili (Zoccolanti-Cattedrale-Ospedale), s.d. (1930-34) matita su carta beige sottile, cm 19,4 x 14 firma destra a penna blu: “A. SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: Pergola e dintorni, 1935, tav. 2

49) San Francesco, s.d. (1930-34) carboncino su cartoncino bianco, cm 34 x 23 firma a destra in basso, appena avvertibile, “SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: Pergola e dintorni, 1935, tav. 6

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50) Il portale di San Francesco, s.d. (1930-34) acquerello su cartoncino bianco, cm 32 x 23 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: Pergola e dintorni, 1935, tav. 7 esposizioni: Pergola, 1981, ex Istituto Giannini

55) La Rocca, s.d. (1930-34) carboncino su carta ruvida bianca, cm 25 x 21 a destra in basso: “La Rocca” firma in basso a sinistra: “ARCHIMEDE / SANTI” Pergola, coll. privata Pubblicazioni: Pergola e dintorni, 1935, tav. 12

51) Il campanile di San Biagio. I Barbanti, s.d. (1930-34) matita su carta beige, cm 24,5 x 19 firma in basso a sinistra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: Pergola e dintorni, 1935, tav. 8

56) Il ponte delle Birarelle, s.d. (1930-34) matita su carta beige, cm 15 x 18 in alto a destra: “Ponte delle / Birarelle / Pergola” firma in basso a sinistra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: Pergola e dintorni, 1935, tav. 14

52) La Madonna dell’Olmo. Fenigli, s.d. (1930-34) matita su carta beige sottile, cm 20 x 17,5 firma in basso a destra a penna blu: “A. SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: Pergola e dintorni, 1935, tav. 9

57) La Cona, s.d. (1930-34) matita su carta marroncina, cm 17 x 22 in alto a destra: “La Cona / Pergola” firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata Pubblicazioni: Pergola e dintorni, 1935, tav. 15

53) Il campanile della chiesa di S. Maria Assunta (cimitero), s.d. (1930-34) carboncino su carta beige, cm 29 x 17 firma in basso a sinistra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: Pergola e dintorni, 1935, tav. 10; “Il Glauco”, 1942, p. 3

58) Il canale del mulino di S. Biagio. Pergola, s.d. (1930-34) carboncino su cartoncino grigio, cm 26,5 x 20 in basso a sinistra: “Il canale del mulino / di S. BiagioPergola; a destra firma: “A. SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: Pergola e dintorni, 1935, tav. 16; AA.VV., 1992, p. 143

54) Case del “Piano”, il Catria e la chiesa del cimitero, s.d.(1930-34) matita su cartoncino, cm 16 x 22 firma in basso a sinistra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: Pergola e dintorni, 1935, tav. 11

59) Il monte Strega dagli Zoccolanti, s.d. (1930-34) matita su carta beige, cm 16,2 x 22,5 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: Pergola e dintorni,1935, tav. 18

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60) Il Catria, s.d. (1930-34) matita su carta sottile, cm14 x 20 in basso a destra: “tanto che i tuoni assai suonan più bassi/e fanno un gibbo che si chiama Catria” firma in basso a sinistra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: Pergola e dintorni, 1935, tav. 19

65) La fossatella, s.d. (1930-34) carboncino su cartoncino ruvido, cm 33,5 x 23,5 firma in basso a sinistra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: Pergola dintorni, 1935, tav. 26

61) Lungo il Cesano, s.d. (1930-34) matita su carta beige (notes), cm 15 x 18 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: Pergola e dintorni,1935, tav. 21

66) Dintorni di Pergola , s.d. (1930-34) cartoncino su carta bianca, cm 24 x 33 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: Pergola e dintorni,1935, tav. 27

62) Il Cesano alle Birarelle, s.d. (1930-34) matita su carta beige (notes), cm 15 x 18 in basso a sinistra: “Cesano/ Pergola” firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: Pergola e dintorni, 1935, tav. 23

67) Querce (fine di autunno), s.d. (1930-34) carboncino su cartoncino bianco, cm 26,5 x 20 a sinistra in basso, a carboncino: “PERGOLA” firma a destra in basso, a carboncino, appena avvertibile: “SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: Pergola e dintorni, 1935, tav. 28

63) La vallata del Cinisco, s.d. (1930-34) matita su carta sottile, cm 17 x 26 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: Pergola e dintorni, 1935, tav. 24

68) Dintorni (stradetta), s.d. (1930-34) carboncino su cartoncino bianco, cm 26 x 19 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: Pergola e dintorni, 1935, tav. 29

64) Lungo il Cinisco, s.d. (1930-34) carboncino su carta beige cm 20,8 x 29 firma in basso a sinistra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: “L’Artista Moderno”, marzo 1936, p. 59; Pergola e dintorni,1935, tav. 25

69) La pergola, s.d. (1930-35) matita su carta beige (notes), cm18 x 15 in basso a sinistra: “birarelle” firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata pubblicazioni: Pergola e dintorni, 1935, tav. 30

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70) Sotto la rocca - Pergola, 1938 carboncino su carta beige, cm 36 x 25 firma e data in basso a sinistra: “ARCHIMEDE SANTI Pergola / 1938” Pergola, collezione privata pubblicazioni: Disegni di Archimede Santi, 1939, tav. 1

75) Il laghetto di Bellisio e la Madonna del Sasso, s.d. (1930-38) matita su carta beige, cm 31,5 x 22 firma in basso a sinista: “A. SANTI” Pergola, collezione privata pubblicazioni: Disegni di Archimede Santi, 1939, tav. 6

71) Case del Campetello-Pergola, 1938 matita su carta beige sottile, cm 27 x 20,5 a sinistra in basso: “Pergola / 1938” firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, collezione privata pubblicazioni: Disegni di Archimede Santi, 1939, tav. 2; “a b c”: rivista d’arte, anno VII, N. 5, maggio 1939-XVII, p. 17

76) Nubi sul Catria, s.d. (1930-38) matita su cartoncino, cm 23,5 x 33 firma in basso a destra: “ARCHIMEDE / SANTI” Pergola, collezione privata pubblicazioni: Disegni di Archimede Santi, 1939, tav. 7

72) Case del borgo-Pergola, s.d. (1930-38) matita su carta beige sottile, cm 19 x 30 firma in basso a destra: “ARCHIMEDE / SANTI” Pergola, collezione privata pubblicazioni: Disegni di Archimede Santi, 1939, tav. 3

77) Casa colonica (campagna marchigiana), s.d. (1934-1938) carboncino su cartoncino ruvido (P M FABRIANO1934), cm 23 x 32,2 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, collezione privata pubblicazione: Disegni di Archimede Santi, 1939, tav. 8

73) Zoccolanti-Pergola, s.d. (1930-38) matita su carta beige sottile, 19,5 x 14,5 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, collezione privata pubblicazioni: Disegni di Archimede Santi, 1939, tav. 4

78) Pagliai (campagna marchigiana), s.d. (1930-38) carboncino su carta Fabriano, cm 21,5 x 29,5 firma in basso a sinistra: “A. SANTI” Pergola, collezione privata pubblicazioni: Disegni di Archimede Santi, 1939, tav. 9

74) Dintorni di Pergola, 1937 matita su carta ingiallita sottile, cm 20 x 30 firma e data in basso a sinistra: “A. SANTI / 1937” Pergola, collezione privata pubblicazioni: Disegni di Archimede Santi, 1939, tav. 5

79) Scorcio di Pergola con il campanile del Duomo, s.d. (1938 ca.) carboncino su carta bianca (Fabriano 1938), cm 34 x 24,5 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, collezione privata

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80) Chiesetta tra gli alberi, s.d. carboncino su carta beige sottile, cm 28 x 22 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata

83) Paesaggio fluviale con alberi, s.d. carboncino su carta liscia (P M FABRIANO 1938), cm 33 x 24,5 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata

81) La tarpea, s.d. sanguigna su cartoncino bianco, cm. 29 x 21 a sinistra in basso: “la tarpea” firmato in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata

84) Paesaggio fluviale, s.d. pastello marrone su carta sottile, cm 28 x 22 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata

82) Case del Borgo (Pergola), s.d. carboncino su carta sottile (EXTRA TENAX / MINERVA), cm 28 x 22 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata

85) Veduta di Pergola dal rione “Birarelle”, s.d. (1938 ca.) carboncino marrone su carta (P M FABRIANO 1938), cm 49 x 33 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, coll. privata

Altre opere

86) Ritratto di Mons. Alfonso Maria Andreoli, s.d. (inizio ’900) olio su tela, cm 82 x 60 firma a destra: “A. SANTI” Pergola, chiesa Cattedrale, sagrestia

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87) Ritratto di Giuseppina Arbizzoni Bartolucci, s.d. (inizio ’900) pastello su cartoncino, cm 58 x 38 (91 x 71, con cornice interna; con cornice 102 x 80) firma a destra: “A. SANTI” Pergola, collezione privata esposizioni: “Naif di Adalberto da Pergola”, Pergola, 26 luglio 1996


88) Casette di Fenigli, s.d. olio su tavoletta, cm 18 x 24 firma in basso a destra: “A. SANTI” sul retro, in basso a sinistra: “Casette di Fenigli” a destra in alto:

90) Strada alberata olio su tavoletta, cm 18 x 25 Pergola, proprietà Luigi Antinori

“A FRANCO DOMENICHELLI CON I MIGLIORI AUGURI / A. SANTI”

Pergola, collezione privata 89) Paesaggio lacustre, s.d. olio sutavoletta, cm 22 x 31 firma in basso a destra: “A. SANTI” Pergola, collezione privata

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ARCHIMEDE SANTI: Biografia Archimede Santi nasce a Pergola il 6 marzo 1876 da Giuseppe e Anna Stefanucci 1891-1894 Urbino, frequenta l’ Istituto di Belle Arti delle Marche 1895 Parma, presso il Regio Istituto delle Belle Arti ottiene il diploma di Abilitazione all’insegnamento del Disegno nelle R. Scuole Tecniche e Normali 1896-1897 Pergola, insegna gratuitamente presso l’Istituto Giannini 1897- 1899 Bologna, servizio militare, disegna nel Laboratorio Pirotecnico Frequenta la Scuola Professionale per le Arti Decorative 1900-1904 Pergola, insegna nella Scuola serale di disegno per gli artieri 1904, 25 novembre Mistretta (Messina), è nominato supplente di Disegno nella Regia Scuola Normale 1904 - settembre 1910 Mistretta 1907 Inizia una assidua collaborazione con la rivista “L’Artista Moderno” di Torino 1908, 19 ottobre Trapani, sposa la prof. Michelina Pappalardo nata a Trapani, il 4 ottobre 1876 da Melchiorre e Domenica Schiavo 1910, 1 ottobre Alessandria, è nominato professore ordinario di disegno alla Regia Scuola Normale (poi Regio Istituto magistrale) “Diodata Roero Saluzzo” 153


1909-1910 Collabora con le riviste:“La casa” e “Novissima”, della Società editrice di “Novissima” di Roma; 1912 Collabora con la rivista “Roma” rassegna illustrata 1912, 30 dicembre Alessandria, nasce la figlia Gemma 1914 Alessandria, espone alcuni dipinti alla Esposizione artistica prò rimpatriati e disoccupati 1918, 7 ottobre Alessandria, muore la moglie Michelina 1921-1923 Illustra i Libretti itinerario delle Ferrovie per la casa editrice di “Novissima” di Roma Dicembre 1921-gennaio 1922 Milano, espone un suo quadro alla Mostra annuale intima Famiglia Artistica 1922 Collabora con la rivista “La vita cinematografica” di Torino 1926 Inizia a collaborare con Cesare Ratta; sue testate, fregi e decorazioni, compaiono in Gli adornatori del Libro in Italia vol. V, VI, VII, VIII, Bologna 1926 Espone alcuni dipinti alla Mostra d’arte in vantaggio dell’Ente benefico Il Fanciullo d’Italia 1930-1933 Collabora a L’ex Libris italiano contemporaneo di Cesare Ratta, Bologna 1935 Pubblica Pergola e dintorni. Impressioni di Archimede Santi, Cesare Ratta,Bologna 1936 Collabora a Congedo, di Cesare Ratta, Bologna 1938 Collabora ad Artisti dell’Ottocento e del Novecento, di Cesare Ratta, Bologna 1939 Collabora con la rivista “Alexandria”, Rivista mensile della Provincia di Alessandria Pubblica Disegni di Archimede Santi, Testo di Luigi Servolini, Bologna

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1940 Pubblica Vernante Valle Vermenagna. Impressioni di Archimede Santi, Bologna 1942, maggio Alessandria, promuove la mostra Alessandria e dintorni. Impressioni di Archimede Santi 1943, aprile Alessandria, espone due dipinti alla mostra nella Sala del Dopolavoro 17 maggio 1943-1946 Ritorna definitivamente a Pergola Viene nominato Ispettore Onorario ai Monumenti 1947, 20 aprile Muore a Pergola

Autoritratto, s.d. (1900 ca.) sanguigno su carta, cm 43 x 31

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Senza data A. Santi, Modellini di disegno ornamentale, disegno d’ornato applicato al disegno geometrico, I serie, tavv. 16, Casa editrice “L’Artista Moderno”, Torino. Libretti itinerario per l’utilità del viaggiatore autorizzata dalle Ferrovie dello Stato, Società Editrice di “Novissima”, Roma, s. d., ma 1921-1922. Gli adornatori del libro in Italia, vol. VII, a cura e spese di Cesare Ratta, Bologna, s.d., ma 1927. Gli adornatori del libro in Italia, vol. VIII, a cura e spese di Cesare Ratta, Bologna, s.d., ma 1927. Artisti moderni italiani, a cura di Cesare Ratta, Casa Editrice Apollo, Bologna s.d., ma post 1928. L’ex libris italiano (Serie prima), a cura di Cesare Ratta editore, Bologna s.d., ma 1932. 130 ex libris italiani moderni, allegorie ecc. Serie quinta ed ultima, a cura di Cesare Ratta editore, Bologna s. d., ma 1932. Illustrazioni per il Libro italiano, Quinto quaderno Ratta, Sezione Tipografica dell’Istituto Aldini-Valeriani Bologna, s.d., ma post 1934. S. Sebastianelli, Patrimonio culturale pergolese, Marzocca (AN) s.d., ma 1981. In corso di stampa S. Sebastianelli, Attività pergolese nei secoli. Documenti, Tipografia Garofoli, Sassoferrato

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Giordano Borri - Sindaco di Pergola Dario Bruschi - Presidente Banca di Credito Cooperativo di Pergola

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Franco Di Colli - Direttore generale Banca di Credito Cooperativo di Pergola

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Premessa Pietro Scarpellini

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La vicenda di Archimede Santi dalle Marche all’Emilia, alla Sicilia, al Piemonte Marisa Baldelli e Alessandra Oradei

29

“ Ricordanze…” Marisa Baldelli

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Viaggio a Vernante alla ricerca di segnali, memorie, impressioni (agosto 2001) Alessandra Oradei

35

Note

45

Antologia critica

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Archimede Santi professore presso la Scuola Serale di Disegno per gli artieri a Pergola

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Archimede Santi e la grafica

63

Le mostre

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Le pubblicazioni di Archimede Santi

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Tavole

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Catalogo delle opere

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Archimede Santi: Biografia

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Bibliografia

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Ringraziamenti Ringraziamo la Banca di Credito Cooperativo, nelle persone della Dott.ssa Anna Maria Bartolini e del Dott. Franco Di Colli, dei Dott. Marco Battistini e Dario Bruschi che si sono succeduti nelle cariche di Direttore e Presidente, durante il periodo, ormai decennale, intercorso dal momento dell’acquisizione delle opere del Santi e della decisione di pubblicare questo volume. Grazie anche alla signora Floriana De Luca, costante e gentile testimone dell’intera vicenda. Con affetto e malinconia ricordiamo Sandro Sebastianelli, Don Corrado Leonardi e Otello Gili che da poco ci hanno lasciato e le conversazioni con loro sulle storie piccole e grandi di Pergola e dintorni e sul Santi. Ringraziamo Don Lino Ricci e Don Sesto Biondi per i suggerimenti e la cortese disponibilità. Siamo grate all’Assessore alla Cultura del Comune di Pergola Maria Pia Fratini; ad Alessandro Crinelli, per l’aiuto prestatoci nella ricerca di documenti presso l’Ufficio Anagrafe e l’Archivio Storico del Municipio di Pergola, attualmente non aperto agli studiosi; al signor Antonio Temperini e alla signora Carmela Lacania Temperini per la gentilezza con cui ci hanno consentito, nel corso degli anni, la visione di opere e documenti relativi ad Archimede Santi; al Prof. Domenico Picchio, Dirigente Scolastico dell’Istituto Superiore “Saluzzo-Plana” di Alessandria e ad Antonella Malatesta e Antonella Cacci, Assistenti Amministrative; alla Signora Elsa Clementi dell’Istituto d’Arte di Urbino; al Prof. Marco Roccia, Dirigente Scolastico dell’Istituto d’Arte di Bologna ed a Claudia Bergonzoni bibliotecaria e Simonetta Nicolini addetta alla catalogazione, per le ricerche, tuttora in corso, utili ad una maggiore conoscenza del Santi. Grazie all’amica Claudia Montagna, per lo scambio di idee e i suggerimenti; al dott. Luciano Bartolucci, ai signori Luigi Antinori e Giacchino Bonacorsi; alle signore Mirella Brunella Oradei e Maria Luisa Bartolucci Amirante; all’artista Walter Valentini e all’amico Graziano Ilari; a quanti ci hanno aiutato nel reperimento di notizie e di vecchie e recenti pubblicazioni. Esprimiamo, infine, viva gratitudine al Prof. Pietro Scarpellini e a Rosalba Barbanti Scarpellini per il concreto aiuto, le indicazioni di metodo e le informazioni sull’artista. Referenze fotografiche Foto Charly di Maurizio Bucarelli Arturo Domenichelli Maurizio Gili Eleonora Guerra

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FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI GIUGNO 2006 DALLA SAYRING DI PERGOLA GRAFICA E IMPAGINAZIONE FEDERICO POSSANZA

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