Vincenzo Capuano "Sant'Antuono e le battuglie di pastellessa. Fede e tradizione a Macerata Campania"

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Sant'Antuono e le battuglie di pastellessa. Fede e tradizione a Macerata Campania

90000

ID: 24016417 www.lulu.com

9 780244 439699

Vincenzo Capuano

ISBN 978-0-244-43969-9



Edizione speciale Questo libro è stato realizzato per la partecipazione al Forum mondiale delle ONG accreditate UNESCO “Capacity Building workshop” e alla XII Sessione del Comitato Intergovernativo UNESCO per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale – Jeju (Corea del Sud), dicembre 2017 – in occasione della speciale proiezione, per la prima volta nella tradizione del Forum, del docufilm «Libera nos a malo: la musica di Sant‟Antuono contro il diavolo a Macerata Campania» di Luigi Ferraiuolo, prodotto da Rete Blu per Tv2000 Copyright © 2017 Vincenzo Capuano Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e a norma delle convenzioni internazionali Seconda Edizione: 2018 ISBN: 978-0-244-43969-9 Pubblicato da Vincenzo Capuano Stampato da Lulu Press, Inc., https://www.lulu.com/it Copertina di Vincenzo Polcari Edizione 1

Anno 2

2017

2018

Progetto di ricerca “La festa di Sant‟Antuono, patrimonio culturale immateriale di Macerata Campania” a cura del Centro Studi Historia Loci dell‟Associazione Sant‟Antuono & le Battuglie di Pastellessa Centro Studi Historia Loci Associazione Sant‟Antuono & le Battuglie di Pastellessa Corso Umberto I, 62 c/o Chiesa Abbaziale San Martino Vescovo 81047 Macerata Campania (Caserta) https://historialoci.santantuono.it


Sant’Antuono e le battuglie di pastellessa Fede e tradizione a Macerata Campania Vincenzo Capuano

Centro Studi Historia Loci



Al mio caro papĂ , uomo onesto e grande maestro di vita



Introduzione di Luigi Ferraiuolo * «Gli uomini vanno ad ammirare le vette dei monti, le onde enormi del mare, le correnti amplissime dei fiumi, la circonferenza dell‟oceano, le orbite degli astri, mentre trascurano se stessi», diceva Sant‟Agostino. Succede così anche a Macerata Campania, dove l‟antichissima festa cristiana di Sant‟Antuono, Sant‟Antonio Abate, celebrato in tutto il mondo come il protettore dei lari familiari, del lavoro nei campi, degli animali domestici, diventa anche il Santo del ritmo primordiale, della musica primigenia; ma della sua storia, di ciò che rappresenta, in molti sanno ben poco. È questo il principale motivo per cui è meritoria questa agile pubblicazione di Vincenzo Capuano, che da circa dieci anni ormai ciondola, si aggira, studia, tocca, prega, fa propria l‟anima di questa festa religiosa unica al mondo. Secondo l‟uso corrente – spesso un po‟ becero e semplificatore – degli studiosi delle tradizioni dei popoli, queste feste, specialmente quelle religiose, sono sempre il lento stratificarsi di usi e costumi diversi inglobati man mano da tradizioni più forti successive. Io credo non sia così! A Macerata Campania sono convinto che questa sia, come nella maggior parte dei casi, una festa religiosa, unicamente cristiana e cattolica, che partendo dalla necessità di sconfiggere il diavolo che poteva dannare il lavoro di una vita intera o di un solo anno, individua il modo migliore come comunicare alla propria gente il “metodo” per lottarlo. E il modo migliore per parlare alla maniera dei maceratesi,

* Luigi Ferraiuolo, nato a Lodi, originario del borgo medievale di Casertavecchia, è giornalista e scrittore. Ha raccontato sulla carta e in video le storie più disparate: dalla guerra in Iraq, al ritorno di Padre Pio a Pietrelcina, a Claudio Baglioni e Lampedusa. Il suo ultimo lavoro “Libera nos a malo: la musica di Sant‟Antuono contro il diavolo a Macerata Campania” è dedicato alla festa di Sant‟Antuono e alla tradizione dei bottari di Macerata Campania: il primo documentario a essere proiettato al Forum mondiale delle NGO accreditate UNESCO. @luigiferraiuolo


Sant’Antuono e le battuglie di pastellessa. Fede e tradizione a Macerata Campania

ma nello stesso tempo l‟empito naturale del popolo di Macerata verso la fede, si espresse attraverso il culto di Sant‟Antuono. Si badi bene, questa non è una riscrittura o una rilettura delle origini della festa, ma semplicemente la corretta interpretazione religiosa. Non c‟è soluzione di continuità nel Cristianesimo nel prima e dopo Cristo. Se poteva accadere il fenomeno – unico al mondo – di perpetuare o far nascere il ritmo primordiale, nell‟aura di Sant‟Antuono o grazie a Sant‟Antuono, si sarebbe potuto verificare solo a Macerata Campania, in tutto il nostro pianeta. Solo qui infatti esiste ed esisteva il brodo di cultura capace di creare e tutelare nei secoli la musica di Sant‟Antuono. Non a caso in questa piccola cittadina, in questo paese, c‟è la più alta densità di suonatori tradizionali d‟Europa: ben mille su diecimila abitanti, come ha molto ben argomentato su “Il Mattino” il giornalista Claudio Lombardi. Infatti, Macerata Campania si autodefinisce, lo spiega bene Capuano, il “Paese della Pastellessa”, della musica a pastellessa: per onorare cioè le battuglie di pastellessa (vere e proprie orchestre ambulanti), composte dai bottari che suonano sulle Arche che girano per le strade del paese durante la festa. Io, a dire la verità, però, lo chiamerei “Paese della musica” o del “ritmo primordiale” o meglio ancora il “Paese della musica di Sant‟Antuono”. Sarebbe più confacente alla sua storia e al suo vero valore, e nello stesso tempo avrebbe un effetto paideutico sugli abitanti, ma soprattutto su chi arriva a Macerata Campania per conoscerlo, visitarlo, partecipare alla festa di Sant‟Antuono. Macerata, in pratica, è un paese di musicisti, il paese della musica; ma nessuno, se non chi viene da fuori e si dedica alla sua gente, se ne accorge. Eppure proprio su questo versante gli Enti, come la Regione o lo Stato o i Conservatori Musicali, dovrebbero fare molto di più: incentivare strutture che insegnino la musica, laboratori di danza e canto, centri studi sui ritmi digitali; ma purtroppo mancano gli adeguati investimenti. Però, qualcosa nel suo piccolo la cittadina, oggi amministrata con tanto impegno dal sindaco Stefano Antonio Cioffi, ha fatto, anche se da sola: nel 2012 ha avviato significativi interventi di salvaguardia e sostegno del patrimonio culturale immateriale e della diversità culturale della comunità, riconoscendo ufficialmente la festa di 8


Sant’Antuono e le battuglie di pastellessa. Fede e tradizione a Macerata Campania

Sant‟Antuono, in linea con le Convenzioni UNESCO1. Quasi a seguire, l‟Associazione Sant‟Antuono & le Battuglie di Pastellessa è stata accreditata dall‟UNESCO2, varcando così i confini nazionali. C‟è poi l‟Istituto Comprensivo diretto dalla dirigente scolastica Carmela Mascolo, a cui va un plauso forte, che è a indirizzo musicale e ha avviato un progetto con i propri docenti e gli alunni per la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio culturale cittadino. Un progetto in cui ha coinvolto in modo attivo la comunità e gli anziani del posto, nella veste di maestri dei giovani alunni, e che gli ha consentito di aderire alla Rete Nazionale delle Scuole Associate all‟UNESCO3. Le scuole elementari e medie, inoltre, sono intimamente legate, come tutta la comunità, alla Parrocchia di San Martino Vescovo retta da don Rosario Ventriglia e il loro lavoro condiviso sta dando tanti frutti. Infatti è nel cuore pulsante ecclesiale che la festa e il ritmo musicale si sono formalizzati ed è quello il recipiente che tutto tiene e protegge. È questo un percorso da proseguire, aumentando la consapevolezza dei maceratesi di essere in un luogo speciale, poi tutto verrà da solo. È bello come nel libro, proprio partendo da questo, Capuano cerchi di inserire anche tutte le generazioni che hanno dato qualcosa alla salvaguardia della festa: dal presidente Alfonso Munno, a Mimì Salzillo ad Andrea Massaro. L‟elenco è lungo, bisogna necessariamente scorrere le pagine del volume. Leggendo il testo, viene poi fuori anche che i maceratesi, pur se conoscono la loro festa, non la raccontano bene. La prima cosa da fare per il paese è aumentare l‟input alle ricerche e dare almeno a tutti i gruppi musicali e poi a tutti i maceratesi la consapevolezza di essere 1

Il 29 novembre 2012 il Comune di Macerata Campania ha approvato la Deliberazione del Consiglio Comunale N. 29 con oggetto: “Interventi di salvaguardia e di sostegno del patrimonio culturale immateriale e della diversità culturale della comunità di Macerata Campania e riconoscimento della festa di Sant‟Antuono”. 2 Nel mese di giugno 2014 l‟Associazione Sant‟Antuono & le Battuglie di Pastellessa è stata accreditata dall‟UNESCO come Organizzazione Non Governativa (ONG), presso il Comitato Intergovernativo per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale. 3 Negli anni scolastici 2015-2016, 2016-2017 e 2017-2018 l‟Istituto Comprensivo di Macerata Campania ha svolto il Progetto “Saperi, arti e tradizioni in cattedra”, coinvolgendo il Comune di Macerata Campania, la Parrocchia San Martino Vescovo di Macerata Campania, l‟Associazione Sant‟Antuono & le Battuglie di Pastellessa e il suo Centro Studi Historia Loci.

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in un luogo straordinario, anche con un univoco modo di presentarsi al pubblico. Una specie di corporate branding civica. Sfogliando le pagine di Vincenzo Capuano, mi ritornano alla mente, come nel docufilm “Libera nos a malo”, i vari momenti della storia della città… È come fosse una trascrizione in saggio di molte di quelle storie: ecco, se fosse possibile, io vorrei che una copia di questo libro e una copia del docufilm fossero in tutte le case di Macerata, sempre sul comodino e accanto al televisore o al PC. Ci provi Capuano a farne una copia per tutta la città! Un altro aspetto che il segretario della Ong tocca è quello della lotta contro il demonio. Quest‟ultimo è un tema da approfondire. Non esiste al mondo – a mia modesta memoria – un altro luogo dove le persone hanno un‟arma per combattere il diavolo e, per chi non crede, il male. Ed è bellissimo che sia poi la musica, un ritmo musicale. Ecco questo è tutto un altro filone da approfondire e divulgare. Anche perché io, da modesto viaggiatore, sono venuto a Macerata la prima volta anche per questo motivo. Per la curiosità di capire cosa avesse a che fare il diavolo con un borgo rurale come era un tempo Macerata Campania e con la musica. E quante altre persone verrebbero, se lo sapessero? La risposta è stata sorprendente: un docufilm. «Libera nos a malo: la musica di Sant‟Antuono contro il diavolo a Macerata Campania»4. Leggete il libro di Capuano e subito dopo mettetevi in auto e venite a Macerata Campania. Il docufilm lo potete trovare su YouTube.

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Tv2000, Libera nos a malo: la musica di Sant‟Antuono contro il diavolo a Macerata Campania, Regia di Luigi Ferraiuolo, Rete Blu, 2017, URL: https://youtu.be/caIi6dsrjVM.

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La musica del fuoco di Luca Rossi * La musica dei bottari di Macerata Campania è sicuramente fra le espressioni musicali più rappresentative ed emotivamente intense in tutto il mondo, frutto dell‟anima musicale e passionale del Sud Italia e della Campania in particolare. Non solo per il suo ritmo secolare e forse l‟unico giunto a noi puro dal mondo antico, ma anche per gli strumenti particolari utilizzati: gli strumenti che fin dalla notte dei tempi servono a coltivare i campi. Uomini e bambini, infatti, suonano su grandi carri, addobbati da arche che solcano il mare, per portare ritualmente il buon augurio. Ogni 17 gennaio, nel giorno dedicato a Sant‟Antonio Abate, colui che secondo la tradizione cristiana sconfisse il demonio in più occasioni, si ripete a Macerata Campania la straordinaria processione che è oltre a un momento intenso di spiritualità religiosa, prima di tutto un immenso concerto: un concerto per gigantesche orchestre. Ogni arca infatti è una orchestra con le sue musiche, ritmi, melodie. «Il bene dentro, il male fuori»: questa frase, che ricordo ascoltai a Macerata, la feci mia diversi anni fa e la ripeto in tutti i concerti col pubblico. Questa funzione apotropaica credo sia la principale necessità ed evidenza di questa musica antica. Come quella che risiede nel suono e nel canto della tammorra: lo strumento che imbraccio da quando ero ragazzino e che è perfetto contraltare della musica dei bottari. La tammorra, infatti, come le falci e le botti è uno strumento appartenente alla cultura contadina arcaica: strumenti a percussione che hanno da secoli accompagnato la voce di chi non aveva voce. Nel lavoro, nel disagio, nella devozione e certamente nella festa.

* Nato a Caserta, in Italia, il 21 gennaio 1984, Luca Rossi è probabilmente il più importante suonatore di tammorra al mondo. La tammorra è uno strumento musicale a percussione: un tamburo a cornice caratterizzato da una membrana di pelle animale. È uno degli strumenti musicali più antichi conosciuti, è già rappresentato su crateri della Grecia antica nel quarto secolo avanti Cristo.


Sant’Antuono e le battuglie di pastellessa. Fede e tradizione a Macerata Campania

Quando, in diverse occasioni, ho assistito alla sfilata del 17 gennaio a Macerata Campania, ho ascoltato una musica potente: una marcia di gioia. Ho visto in quei momenti una sorta di Quarto Stato armato di mazzuoli, botti e tini. Avevano la forza emotiva del carro dei vinti, ma mai si erano arresi. E mai lo faranno! Una bellissima celebrazione della vita. Lâ€&#x;inverno che si supera da principio, con il fuoco di questa terra di fuoco.

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«Chiedete con cuore sincero quel grande Spirito di fuoco che io stesso ho ricevuto, ed esso vi sarà dato» Sant‟Antonio Abate

[Fig. 1] I bottari di Macerata Campania.



Sant’Antuono a Macerata Campania «Il valore di un luogo risiede nella sua storia. Sono le usanze, le abitudini che determinano l‟unicità di un paese. Una città sente il bisogno di tenere in vita le testimonianze del suo passato, gli eventi su cui si fonda la sua storia e di ricordarli e soprattutto tramandarli alle generazioni future. Riscoprire, ricordare, soprattutto rivivere le antiche tradizioni permette ai cittadini di sentirsi parte integrante di una comunità ed è questo secondo noi il valore più importante di una festa popolare» Corrada Onorifico

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«Chi festeggia Sant‟Antuono, tutto l‟anno „o passa bbuono»6, è questo l‟augurio recitato il 17 gennaio in tante comunità italiane, in occasione della ricorrenza di Sant‟Antonio Abate. Venerato da tutte le Chiese che ammettono il culto dei Santi, la devozione per il monaco dalla lunga barba bianca, con il bastone a T e la campanella, accompagna da secoli le comunità contadine, con un rituale legato indissolubilmente ad antichi riti di passaggio. Il libro pone l‟attenzione su Macerata Campania, comunità casertana un tempo parte di Capua antica, in cui si svolge una delle feste più ritmate del mondo. Qui il Santo viene festeggiato con grande partecipazione popolare a colpi di botti, tini e falci e il risultato è davvero unico. È questa la festa di Sant‟Antuono, la festa del “Paese della Pastellessa”, della mia terra, che ogni anno riesce a far palpitare il cuore di migliaia di persone provenienti da tutta l‟Italia. Molti emigrati, infatti, tornano in paese proprio per tale ricorrenza e a loro si aggiungono un nugolo di persone provenienti da fuori, al fine di assistere alla manifestazione. I più fortunati, poi, entrano a far parte delle battuglia di pastellessa e partecipano come esecutori sui carri di Sant‟Antuono, vivendo un‟esperienza davvero irripetibile. 5

NTV Viaggi & Sapori, Note di chiusura di Corrada Onorifico, in Cartolina per un Weekend. Rubrica di approfondimento sul tempo libero – Puntata dedicata alla festa di Sant‟Antuono di Macerata Campania, Regia di Corrada Onorifico, Napolitivù, 2012, URL: https://youtu.be/8a35vgO8YNU. 6 Si traduce in: «Chi festeggia Sant‟Antonio Abate, trascorrerà bene tutto l‟anno».


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Uomini, ma anche donne e bambini, l‟intera comunità, prendono posto sui carri dedicati al Santo eremita. L‟entusiasmo con cui si vive la festa è particolare e tutto ciò in un crescendo di emozioni che iniziano con i primi preparativi, per concludersi il 17 gennaio con l‟ultima esibizione dei bottari di Macerata Campania. Passeggiando per le vie del paese, ci si rende conto che la festa di Sant‟Antuono è sempre presente nei discorsi della gente, come quell‟evento tanto atteso che ferma il tempo, annulla le distanze sociali, rinnova la fede e fa rivivere la città, in una magica e sacra atmosfera. La festa di Sant‟Antuono, come la musica eseguita dai bottari maceratesi, ha un grande potenziale comunicativo ed è di ispirazione per tante comunità, tanto da essere presa a modello ed emulata; ma solo a Macerata Campania conserva il suo vero significato religioso, civile e culturale, ma anche le melodie più belle.

[Fig. 2] Un momento della festa di Sant‟Antuono che si svolge ogni anno a Macerata Campania, in provincia di Caserta, il 17 gennaio e nei giorni che lo precedono.

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Una tradizione millenaria alla cui base c‟è la tipica “musica di Sant‟Antuono”, un ritmo eseguito dai maceratesi con lo scopo di allontanare il male; una musica contro il demonio che si rinnova di anno in anno, che non ha mai perso il suo ruolo di nucleo centrale di identità e coesione popolare, tramandata e insegnata ai bambini di padre in figlio, senza soluzione di continuità. Con fede, onore, rispetto e passione, i maceratesi portano avanti questa tradizione da secoli, ricordando che sono dei suoi figli e non dei suoi padroni. La musica di Sant‟Antuono, in questo particolare contesto, non è solo uno straordinario esempio di musica primigenia ed espressione genuina del patrimonio sonoro italiano, ma è la storia tangibile e visibile di una grande civiltà, di un‟identità e di un‟appartenenza senza pari al mondo.

[Fig. 3] Il simbolo più rappresentativo della battuglia di pastellessa è la botte. Viene utilizzata in diverse dimensioni, dagli 8 ai 12 quintali, levando uno dei fondi, per poi essere percossa dai bottari di Macerata Campania con il tipico mazzafune.

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La festa Tra le molteplici rappresentazioni religiose che compongono il patrimonio culturale immateriale della Campania, merita una particolare attenzione la festa di Sant‟Antonio Abate, celebrata il 17 gennaio a Macerata Campania. È questa la festa più importante e amata dai maceratesi, alla quale accorrono tutti gli anni migliaia di visitatori provenienti da ogni parte d‟Italia. L‟unione del culto cristiano e della devozione per il Santo eremita, chiamato Sant‟Antuono7 dai maceratesi, con antichi retaggi pagani, rendono la festa un evento di importanza culturale e popolare capace di coinvolgere non solo tutta la città, ma anche le comunità limitrofe. L‟evento, infatti, assume una connotazione intercomunale, che porta a ricoprire un vasto territorio che comprende l‟intero Comune di Macerata Campania, a cui si aggiungono le pertinenze extra comunali della Parrocchia San Martino Vescovo8, che congiuntamente all‟area maceratese, comprende parte dei territori limitrofi di Curti e Portico di Caserta. Giovani, adulti, anziani e perfino bambini, uniscono le proprie forze per la preparazione di questo evento, soprattutto nella creazione dei carri di Sant‟Antuono, enormi carri a forma di barca9 che nei giorni di festa sfilano per le strade del paese.

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Sant‟Antonio Abate in molte comunità dell‟Italia meridionale è chiamato Sant‟Antuono per distinguerlo da Sant‟Antonio di Padova. 8 Macerata Campania comprende tre Parrocchie appartenenti alla Forania di Macerata Campania – Marcianise dell‟Arcidiocesi di Capua, ovvero: la Parrocchia Santa Maria delle Grazie nella località Casalba, la Parrocchia San Marcello Martire nella località Caturano e la Parrocchia San Martino Vescovo, il cui parroco detiene il titolo di abate. 9 Il carro di Sant‟Antuono una volta finito si presenta esteticamente come una grossa arca con una lunghezza di circa 14 metri. Per il traino vengono utilizzati dei potenti trattori, che hanno preso il posto di buoi e cavalli usati fino alla metà del XX secolo. La forma del carro a barca simboleggia l‟attraversata del Santo dall‟Egitto verso l‟Italia. Ovviamente questo è solo un mito perché Sant‟Antonio Abate non è mai arrivato in Italia, bensì le sue reliquie, dopo il ritrovamento in Egitto nel Deserto della Tebaide, furono prima traslate nella città di Alessandria nella metà del VI secolo, poi portate a Costantinopoli attorno al 670 e infine in Francia nel XI secolo.

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[Fig. 4] La sfilata dei carri di Sant‟Antuono nella piazza principale del paese, ripetuta più volte nel corso della festa.

Sui carri prende posto la battuglia di pastellessa, ovvero una particolare orchestra composta da circa 50 esecutori – percussionisti, detti bottari, diretta dal capobattuglia nella veste di maestro. Gli strumenti utilizzati sono botti, tini e falci, comuni attrezzi della terra che per l‟occasione vengono percossi adeguatamente ed assumono una nuova funzione musicale. Il risultato ottenuto è straordinario e dà vita a delle sonorità che entrano immediatamente nel cuore e nella mente di chi le ascolta, un ritmo sincopato che travolge suonatori stessi in primis e il pubblico ovviamente, una musica primigenia che per la popolazione di Macerata Campania assume uno spiccato valore devozionale. Fra gli elementi decorativi del carro di Sant‟Antuono ritroviamo le foglie di palma, le quali simboleggiano le origini egiziane del Santo. È facile ritrovare, poi, forme o moderne maschere legate all‟iconografia di Sant‟Antonio Abate, oppure volti demoniaci che

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[Fig. 5] La processione in onore di Sant‟Antonio Abate a Macerata Campania.

nell‟immaginario collettivo rappresentano il male, il diavolo, da allontanare mediante la percussione di botti, tini e falci10. Genericamente, con il termine pastellessa si usa indicare il suono che viene fuori dalla percussione di questi atipici strumenti, ma è anche il nome del piatto tipico di Macerata Campania, la past‟e‟llessa (pasta con le castagne lesse), che si consuma in occasione della festa antoniana. L‟evento dura svariati giorni e termina il 17 gennaio: è un susseguirsi di attività che si intrecciano, animano il paese e si aggiungono alla liturgia ecclesiastica con la processione dedicata al Santo e alla folcloristica sfilata dei carri di Sant‟Antuono. Questo è il compimento di un lungo e meticoloso lavoro di preparazione che dura un anno intero e che coinvolge tutte le famiglie del paese, tanto da segnare gli usi e costumi dell‟intera comunità e da 10

La botte è percossa con il cosiddetto mazzafune, cioè una mazza di legno lunga circa 45 cm ricoperta nella parte superiore con fune di canapa (o come accade oggigiorno con la gomma della camera d‟aria); il tino è percosso con due mazzette di legno lunghe circa 30 cm e diametro di 3 cm; la falce è percossa con una bacchetta di metallo lunga circa 20 cm.

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rappresentare l‟argomento più discusso per l‟intero anno. Infatti, sono oltre 1000 i bottari che nei giorni di festa si esibiscono sui carri di Sant‟Antuono, che arrivano a essere anche 20, un numero abbastanza consistente se si considera la popolazione del paese, che è pressappoco di 10500 abitanti11.

[Fig. 6] Alcuni momenti della festa lungo Via Gobetti, una delle strade principali del paese.

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Gli oltre 1000 percussionisti attivi a Macerata Campania rappresentano circa il 10% della popolazione; questa situazione ci consente di affermare che forse Macerata Campania è il posto in Europa con la più alta densità di percussionisti.

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[Fig. 7] La riffa con la vendita all‟asta dei beni offerti dalla popolazione al Santo.

Tutti questi fattori hanno spinto l‟Amministrazione Comunale, nel 2012, ad attribuire alla città la denominazione tipica di “Paese della Pastellessa”, al fine di rimarcare il forte legame della comunità con la tradizione delle battuglie di pastellessa e con la festa di Sant‟Antuono. Già a partire dalle prime ore del 17 gennaio il paese si anima. Il rombo dei mortai dà il via alla processione in onore di Sant‟Antonio Abate; la statua, portata a spalla dai fedeli, segue le strade della Parrocchia e si giunge alla solenne Messa in onore del Santo. Questa è preceduta dal Triduo, a conclusione del quale, nella serata del 16 gennaio, c‟è la benedizione degli animali, di cui Sant‟Antonio Abate è il protettore, e del fuoco, simbolo di purificazione dal male e della lotta del Santo contro il diavolo. Nelle prime ore pomeridiane del 17 gennaio, in Largo Croce, è possibile assistere alla tradizionale riffa, cioè la vendita all‟asta di tutti i beni in natura offerti dai devoti al Santo durante la precedente questua svolta in giro per il paese. La vendita è animata dal banditore

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locale, che al grido di «e uno… e doje… e tre!»12 batte all‟asta tutta la merce messa a disposizione. I proventi della vendita servono a finanziare parte delle spese utili all‟organizzazione della festa. È possibile assistere a più sfilate dei carri e i percorsi scelti consentono di attraversare tutto il paese. La prima sfilata, solitamente, avviene il sabato che precede il 17 gennaio ed è ripetuta la domenica a seguire con un‟altra mattutina e una serale. Quest‟ultima è il momento più atteso e prevede l‟esibizione dei gruppi davanti al sagrato della Chiesa Abbaziale San Martino Vescovo, che nell‟occasione si trasforma in una piccola arena, capace di accogliere centinaia di persone. L‟emozione che si respira è molto intensa e l‟atmosfera è resa particolare dalle urla di incitamento della folla e dalla presenza del Santo, in esposizione nella navata centrale della Chiesa: è come se Sant‟Antonio Abate fosse lì a osservare l‟esibizione dei bottari in suo onore.

[Fig. 8] La figura del ciuccio, fatta esplodere il 17 gennaio, simboleggia il centauro apparso al Santo durante il suo viaggio in visita a San Paolo.

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Si traduce in: «e uno… e due… e tre!».

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Le esibizioni delle battuglie di pastellessa si completano con le ultime 2 sfilate dei carri di Sant‟Antuono nella giornata del 17 gennaio, ultimo giorno di festività. I bottari si esibiscono nella cosiddetta Piazza Mercato (ovvero Piazza De Gasperi)13 sia nel primo arco della giornata, che in serata. Ad anticipare il tutto c‟è l‟accensione a mezzogiorno dei fuochi pirotecnici figurati, in cui si ritrovano delle figure legate alla vita e al culto del Santo cioè una signora detta “di fuoco”, un maiale, un ciuccio e una scala, fatti esplodere sotto la visione attenta del popolo festante. Essi arricchiscono la simbologia della festa, rappresentando con la loro distruzione anche quella del male.

[Fig. 9] La sagoma del ciuccio sino agli inizi degli anni „80 del secolo scorso veniva portata a spalla in giro per la piazza del paese e poi fatta esplodere tra la folla. Per ragioni di sicurezza, oggi il ciuccio viene montato su un carrettino a rotelle e portato in giro lontano sia da chi lo trascina e sia dalla folla accorsa in piazza.

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Il vero nome di Piazza Mercato è Piazza De Gasperi ed è la piazza principale del paese. È detta nel primo modo essendo stata utilizzata per decenni come area fiera settimanale.

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Il ciclo delle manifestazioni folcloriche per Sant‟Antuono è chiuso con la consegna di un trofeo ai gruppi partecipanti, in ricordo della festa, al termine dell‟ultima esibizione. I giochi tradizionali, come il palo di sapone e il tiro alla fune, svolti solitamente il 16 gennaio, rievocano l‟aspetto ludico della comunità e completano il programma della festa.

[Fig. 10] La figura della scala nell‟iconografia del Santo, fatta esplodere il 17 gennaio, è una prerogativa esclusiva di Macerata Campania, forse legata a un ex voto riferibile a qualche miracolo operato dal Santo e nel quale l‟attrezzo da lavoro assume una presenza negativa da purificare.

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[Fig. 11] Le percussioni ottenute dal battere continuo dei mazzafuni sulle botti, il rollio delle mazze sui tini e gli alti ottenuti battendo dei ferri sulle falci portano alla creazione di quel “magico” suono chiamato pastellessa.

Le battuglie di pastellessa Le battuglie di pastellessa che prendono parte alla festa di Sant‟Antuono sono l‟espressione dei vari rioni del paese o semplicemente gruppi di persone legate da amicizia. Ad oggi sul territorio maceratese si contano oltre 20 battuglie di pastellessa attive. La cosa che sorprende è che la stragrande maggioranza dei componenti non ha mai intrapreso nella vita studi specifici in ambito musicale. In tal caso la trasmissione del “sapere” avviene in modo orale, seguendo un processo che dura da secoli, passando da generazione in generazione e che a partire dai più piccoli coinvolge tutta la popolazione14. 14

Cfr. Pasquale Capuano, Vincenzo Capuano, Mariano Fresta, Sac. Gennaro Iodice, Andrea Massaro, Michele Antonio Piccirillo e Vincenzo Polcari, „A festa „e Sant‟Antuono nel Paese della Pastellessa. Sant‟Antonio Abate, il 17 gennaio a Macerata Campania, Guida Editori, Napoli, 2018.

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Sant’Antuono e le battuglie di pastellessa. Fede e tradizione a Macerata Campania

[Fig. 12] La figura femminile, detta „a signora „e fuoco, fatta esplodere il 17 gennaio, rappresenta la tentazione nella carne fatta dal demonio al Santo.

Dal 2009 al 2018 hanno preso parte all‟evento i seguenti gruppi: 'A cantenella • 'A cumpagnia 'e Sant‟Antuono • 'A cumpagnia nov' • 'A gioventù nov' • 'A sellara • 'A storia nov' • 'A storia nov' e na passione • Battuglia libera • Cantica popolare • Cantica popolare caturanese • Casalba… passato e presente • 'E facce nov' • Gli amici di Sant‟Antonio • I fedelissimi di Sant‟Antuono • I furastieri • I ragazzi del 2000 • I ragazzi dello York Cafè • I wagliun ru Coffee's Time • I wagliun ra vie 'e for' • I wagliun ro Muntagnuolo • Incanto popolare • Insuperabile maceratese • L‟anema 'e Sant‟Antuono • L‟epoca nov' • L‟ombra nov' • La band • La compagnia de “I punto esclamativo” • La compagnia del 2011 • La piccola compagnia de “I punto esclamativo” • 'O ritorno 'e Sant‟Antuono • Pastellesse sound group • Suoni antichi • 'U carr' 'e Casavr' • 'U carr' 'e vasc' 'o vasto. L‟elemento più rappresentativo della battuglia di pastellessa è senza dubbio il capobattuglia, il quale come un vero trascinatore caratterizza enormemente l‟esecuzione musicale del gruppo. 27


Sant’Antuono e le battuglie di pastellessa. Fede e tradizione a Macerata Campania

[Fig. 13] La figura del maiale è molto frequente nell‟iconografia del Santo e la sua esplosione, il 17 gennaio, rappresenta la vittoria della fede sul male.

Il culto Sant‟Antonio Abate15, ricordato nel Calendario dei Santi il 17 gennaio, è uno dei più illustri eremiti della storia della Chiesa. Nacque a Coma in Egitto (oggi Qumans) intorno all‟anno 250, da un‟agiata famiglia cristiana. Indiscusso e valido predicatore, famoso in ogni parte dell‟Egitto, visse nel Deserto della Tebaide in solitudine, tra mille tentazioni e attacchi diretti del demonio. Morì il 17 gennaio 356 all‟età di 105 anni. Le sue reliquie, portate in Francia nel XI secolo, oggi riposano nelle città di Arles e Saint-Antoine-l‟Abbaye. Sant‟Antonio è ritenuto il primo degli abati e considerato il fondatore e precursore dell‟ascetismo monastico cristiano, ovvero di uno stile di vita più essenziale, fatto di rinunce materiali, in favore di un‟esistenza maggiormente spirituale.

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Cfr. Graziano Pesenti OCD, Sant‟Antonio abate, 2a edizione, Editrice VELAR, 2010.

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[Fig. 14] La benedizione del fuoco a Macerata Campania.

L‟iniziale esperienza dell‟abate Antonio fu seguita nel tempo dai suoi discepoli, che portarono avanti l‟insegnamento del loro maestro. Per la prima volta nella storia cristiana si costituì una famiglia monastica in senso lato: non c‟era una Regola scritta o un abito specifico, ma vi erano norme generali che rispettavano i voti di povertà, castità e carità, dedicandosi alla preghiera e al lavoro. La vita di Sant‟Antonio Abate è nota soprattutto attraverso la biografia “Vita Antonii”, scritta nel 357 circa da Sant‟Atanasio d‟Alessandria16, che conobbe personalmente il Santo. Venerato nel corso dei secoli, il nome Antonio è fra i più diffusi del cattolicesimo. Nelle iconografie il Santo è quasi sempre rappresentato anziano con la barba bianca, con il saio addosso e il libro17 fra le mani, in contemplazione oppure in viaggio con il bastone a forma di T da eremita e la fiamma ardente, che simboleggia il fuoco purificatore. È 16

Cfr. Atanasio di Alessandria, Sant‟Antonio Abate. La sua vita, Sources Chrétiennes, Edizioni Studio Domenicano (12), Bologna, 2013. 17 Nell‟iconografia di Sant‟Antonio Abate il libro è un chiaro riferimento alla Regola monastica.

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spesso in balia del demonio o circondato da donne procaci, simbolo delle tentazioni carnali, ma di sovente è accanto ad animali domestici e più spesso ancora vicino a un maiale con una campanella legata al collo. Tradizionalmente, nel giorno dedicato all‟abate Antonio, il 17 gennaio, la Chiesa benedice gli animali e le stalle, ponendoli sotto la protezione del Santo, pertanto è considerato il protettore degli animali ed è invocato contro gli incendi18. Nella stessa giornata, in moltissime città italiane, per celebrare il Santo, si accendono dei falò, il cippo di Sant‟Antuono come viene chiamato a Macerata Campania, un rituale legato indissolubilmente ad antichi cerimoniali del mondo contadino, che avevano lo scopo di risvegliare la natura e propiziare l‟arrivo della bella stagione, nonché di un raccolto rigoglioso. A Macerata Campania, nella Chiesa Abbaziale San Martino Vescovo, è conservata una scultura ottocentesca raffigurante Sant‟Antonio Abate. La statua, realizzata in legno di pero, è ispirata a modelli settecenteschi e con molta probabilità ha preso il posto di un precedente simulacro o di una diversa raffigurazione, di cui, però, purtroppo, non si hanno notizie. Il simulacro, realizzato da uno scultore ignoto di cultura napoletana, in piedi è alto 170 cm, si poggia con la destra al bastone a T e con la sinistra tiene il libro su cui arde la fiamma; il saio è bianco, il manto è nero e gli occhi sono di vetro. Sul lato sinistro, ai piedi della statua, vi era un porcellino, sempre realizzato in legno, trafugato intorno al 1982. Nella statua maceratese il campanellino, in argento e di manifattura ottocentesca, è presente solo come accessorio e normalmente viene posto in occasione della processione del 17 gennaio. Al campanellino di Sant‟Antuono è collegato un antico rito appartenente al culto maceratese, secondo il quale avrebbe proprietà curative. L‟antico rito, oramai in disuso, consisteva nel far bere dell‟acqua dal campanellino alle persone affette da tosse convulsa oppure ai bambini, dai 2 ai 3 anni, i quali avevano delle difficoltà nell‟iniziare a parlare, con l‟augurio di risolvere le problematiche. 18

Da secoli Sant‟Antonio Abate è invocato anche contro le malattie della pelle, le quali, seppure clinicamente differenti tra loro, provocano dolore e bruciore intensi. In Italia, ad esempio, ancora oggi indichiamo l‟herpes zoster come “fuoco di Sant‟Antonio”.

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[Fig. 15] La statua lignea di Sant‟Antonio Abate conservata nella Chiesa Abbaziale San Martino Vescovo di Macerata Campania, donata nel XIX secolo dalla famiglia Palmiero, oggi Massaro, detta „e Sant‟Antuono.

Nell‟area corrispondente a Capua antica ritroviamo diverse tracce inerenti a Sant‟Antonio Abate, che consentono di datare l‟origine del culto a Macerata Campania. Ne sono un esempio gli affreschi presenti nel nartece della Basilica di San Michele Arcangelo a Sant‟Angelo in Formis, i quali ritraggono scene della vita di Sant‟Antonio Abate e San Paolo Eremita, che pur non avendo una datazione sicura, possono risalire sia alla data di costruzione del nartece verso la fine del XII 31


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[Fig. 16] Un momento della questua in onore del Santo nel 1966. La donna sulla sinistra, vestita in nero, è Maria Stella Palmiero nata il 10/12/1898 e morta il 02/08/1974 a Macerata Campania. Il suo nome compare nella dicitura, aggiunta nel corso del XX secolo, alla base della statua lignea del Santo: “A DEV.NE DI MARIA STELLA PALMIERI”.

secolo, sia a quella del primo portico, la cui costruzione risale al IX secolo19. Spostando l‟attenzione verso Capodrise, nella piccola Chiesa dedicata al Santo, si rilevano degli affreschi databili tra il XIV e il 19

Laura Fenelli, Sant‟Antonio Abate: parole, reliquie, immagini, pp. 198-199, Alma Mater Studiorum Università degli Studi di Bologna, Dottorato di ricerca in Storia medievale, XIX ciclo a.a. 2006/2007.

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XVI secolo20. La vicinanza di Macerata Campania con i luoghi sopraccitati, trovandosi a mezza strada e a pochi km tra Sant‟Angelo in Formis e Capodrise, con molta probabilità, conferma quanto fornito dalla tradizione orale, secondo cui la festa in onore di Sant‟Antonio Abate a Macerata Campania abbia avuto origine nel XIII secolo21.

Le origini Il Comune di Macerata Campania, le cui origini sono legate alle vicende che hanno accompagnato Capua antica, avendone fatto parte per un lungo periodo22, è stato fino al boom economico degli anni „60 del secolo scorso, un paese prevalentemente agricolo. La lavorazione della canapa e le altre attività della terra sono state le principali fonti economiche della comunità per moltissimi secoli. Accanto a questa attività agricola ha avuto successo l‟artigianato, comunque legato alle attività campestri, come l‟arte dei mannesi e dei bottari, bravi artigiani del legno, addetti alla produzione di carri e attrezzi per la lavorazione della canapa, oltre che di botti e tini, utili alla vendemmia e alle attività domestiche necessarie alla conservazione dell‟acqua; a essi si aggiungevano i fabbri, preposti alla produzione di zappe, vanghe, falci e altri attrezzi per la terra, oltre ai tanti braccianti, così come testimoniato nel Catasto onciario dell‟Università di Macerata, redatto nel 175423. Da qui la presenza di questi modesti e umili attrezzi nello strumentario delle battuglie di pastellessa. Pur non essendoci notizie scritte, la tradizione orale fa risalire l‟origine della festa di Sant‟Antuono al XIII secolo. Gli artigiani del posto, per evidenziare la solidità degli attrezzi da un lato e per attirare l‟attenzione dei passanti dall‟altro, percuotevano botti, tini e falci, 20

Giovanna Sarnella, Capodrise guida storico artistica italiano-inglese, pp. 45-50, Capodrise (CE), 1997. 21 Andrea Massaro, Aspetti di vita a Macerata e Caturano nei secoli passati, pp. 125-127, Macerata Campania (CE), 1987. 22 Secondo Francesco Granata la città di Capua antica si estendeva in un territorio di circa 6 miglia e che al suo tempo, nel XVIII secolo, era occupato dai seguenti casali della nuova Capua: Santa Maria Maggiore, San Pietro in Corpo, Curti, Macerata e Sant‟Andrea de' Lagni (Cfr. Francesco Granata, Storia civile della fedelissima città di Capua, vol. 1-2, p. 79, Napoli, 1752). 23 Massaro, Aspetti di vita a Macerata e Caturano nei secoli passati, pp. 125-127.

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riproponendo quelle sonorità che oggi caratterizzano i carri di Sant‟Antuono; con il passare del tempo la fiera artigianale si è così inserita nelle manifestazioni, in onore del Santo eremita24. Non a caso la scelta di Sant‟Antonio Abate, protettore degli animali e del fuoco, in una società agricola ha trovato un rapporto con il divino, proprio perché la morte di un animale o l‟incendio di un raccolto, procuravano un danno incalcolabile per dei poveri braccianti e contadini. La devozione tributata al Santo ha assunto così un significato protettivo e di sicurezza per la vita dell‟intera comunità. Per dimostrare la devozione e il culto, nei giorni precedenti il 17 gennaio, ha preso quindi origine la preparazione dei carri di Sant‟Antuono, i quali, pur presentando le caratteristiche del divertimento, non vanno confusi con i carri allestiti, in tante parti d‟Italia, in occasione del Carnevale. Alcuni documenti del XVIII secolo ci restituiscono delle tracce riguardo lo svolgimento della festa. Ne è un esempio il bilancio predisposto dall‟Università di Macerata per l‟anno contabile 17911792, dove vi è stanziata la somma di 20 ducati «per celebrare le feste dell‟Immacolata Concezione, per la Novena del Natale, Triduo di Carnevale e le feste del Protettore S. Martino e di S. Antuono Abbate»25, o la richiesta inoltrata nel 1766 dall‟Abate curato don Consalvo Piccerillo a Ferdinando IV, Re di Napoli, per l‟autorizzazione a eseguire una questua come «solita a farsi ogni anno in onore del Santo, a cui i cittadini professano grandissima devozione»26. I ritmi che rendono unica la festa di Sant‟Antuono hanno una origine più antica, la quale va ricercata negli usi e nei costumi della popolazione che ha caratterizzato il territorio di Capua antica, fondata probabilmente intorno all‟800 avanti Cristo27. Questi riti agresti dell‟antichità servivano a risvegliare la terra per il nuovo raccolto, riti 24

Ibidem. Massaro, Aspetti di vita a Macerata e Caturano nei secoli passati, p. 72. 26 Pasquale Capuano, Anno 1766 - Il culto di Sant‟Antuono nel tempo, URL: http://www.omniamaceratacampania.it. / Andrea Massaro, Cuzzoli, un “competente” paese misteriosamente scomparso (Frammenti di vita passata), p. 76, WM Edizioni, Atripalda (AV), 1988. 27 Enciclopedia Treccani, Capua. Enciclopedie on line, URL: http://www.treccani.it/enciclopedia/capua. 25

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pagani che con il tempo sono confluiti nella festa antoniana, pur mantenendo la loro funzione primaria di esorcizzare il male e di protezione contro le avversità della natura.

[Fig. 17] Un carro di Sant‟Antuono negli anni „30 del XX secolo con buoi da tiro.

Il “rumore”, che a Macerata Campania è prodotto con botti, tini e falci, ci ricollega a quelli che sono i riti di passaggio 28; l‟utilizzo di questi attrezzi in funzione musicale/sacrale rievoca quelli che sono «i riti di inizio d‟anno, quando, per accogliere il nuovo ciclo annuale, si praticano usi diretti a scacciare demoni e spiriti maligni, oltre che a favorire il rinascere della natura e ad augurarsi buoni raccolti»29. In 28

Secondo l‟antropologo Mariano Fresta i riti di passaggio «in genere sottolineano un momento di rottura nel cosmo o nella vita di una comunità o dei singoli, quando si passa, per esempio, dall‟anno vecchio all‟anno nuovo, o quando si cambia status sociale o in momenti topici del ciclo della vita» (Cfr. Mariano Fresta, La festa di sant‟Antonio Abate: tradizione e innovazione nel Casertano, in Archivio di Etnografia, nuova serie, anno III, n. 2, p. 11, Edizioni di Pagina, Bari, 2008). 29 Ivi, p. 28.

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questo contesto, ad esempio, «la botte può essere intesa come un contenitore di spiriti che con la percussione sono costretti ad andarsene»30.

[Fig. 18] Un carro di Sant‟Antuono nella prima metà del XX secolo con cavalli da tiro.

Un‟antica leggenda locale, infatti, racconta di contadini che percuotevano freneticamente botti, tini e falci nel tentativo di scacciare gli spiriti maligni dagli angoli bui delle loro cantine; questo rituale, ripetuto poi all‟aperto, secondo l‟antica leggenda, costituiva un aiuto propiziatorio per il buon raccolto nel nuovo anno. Il percuotere di botti, tini e falci assumeva, quindi, una funzione lustrale e fecondante, che potrebbe derivare da un culto preesistente, come quello riconducibile all‟Aedes Alba, il tempio di Capua antica

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Annabella Rossi e Roberto De Simone, Il rituale di Macerata Campania, in Carnevale si chiamava Vincenzo, p. 66, De Luca Editore, Roma, 1977.

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dedicato alla “Matuta, luce del mattino”, presente a Macerata Campania in epoca romana presso la località Casalba31. Nella mitologia romana la Mater Matuta rappresentava la protettrice della nascita degli uomini e delle cose, un culto molto sentito in Capua antica, come testimoniato dalle oltre 160 statue in tufo, raffiguranti delle madri (sono degli ex voto in onore della Mater Matuta), rinvenute nel tardo Ottocento nel fondo Patturelli di Curti, a meno di 2 km dal centro di Macerata Campania.

[Fig. 19] Fino all‟inizio degli „80 del secolo scorso si è assistito a carri di Sant‟Antuono di modeste dimensioni, che al massimo ospitavano 20 esecutori. Nel ventennio precedente, in taluni casi, quando il carro era troppo piccolo, gli esecutori seguivano il carro a piedi percuotendo gli attrezzi. Il carro utilizzato era la cosiddetta “trainella”, riportata in foto, che tirata a mano riusciva a malapena a trasportare 2 botti; i tini, invece, venivano portati a tracollo dai bottari a mo‟ di tamburo. Negli ultimi 40 anni una maggiore disponibilità di potenza fornita dai trattori, usati al posto degli animali da tiro, ha consentito la crescita delle dimensioni dei carri, che pian piano nelle misure sono anche triplicati, tanto da riuscire a ospitare 50 e più persone.

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Nicola Maciariello, Terra di Lavoro, in La ricerca archeologia nell‟Italia meridionale suoi riflessi culturali e turistici, pp. 67-73, Fausto Fiorentino Editore, Napoli, 1960.

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L‟arrivo del Cristianesimo ha consentito di evangelizzare questa antichissima tradizione con la testimonianza di Sant‟Antonio Abate, dandole un senso più pieno, comprendendo che bisognava santificare e quindi separare dal male non solo la natura, simboleggiata dal fuoco e dagli animali, ma anche le persone32.

[Fig. 20] Un carro di Sant‟Antuono nel 1956/1957.

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Intervista di Giacomo Avanzi a don Rosario Ventriglia, abate della Parrocchia San Martino Vescovo di Macerata Campania, per il programma “Bel tempo si spera” andato in onda il 17 gennaio 2017 sull‟emittente televisiva Tv2000.

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[Fig. 21] Dimensioni indicative del carro di Santâ€&#x;Antuono.

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La musica di Sant’Antuono Le percussioni che caratterizzano i carri di Sant‟Antuono non seguono delle regole prestabilite, ma sono eseguite secondo l‟inventiva del capobattuglia – maestro di esecuzione. Il rituale eseguito in onore di Sant‟Antonio Abate si basa essenzialmente su tre modelli ritmico-musicali, che all‟occorrenza vengono fusi e che danno vita a delle particolari poliritmie. Queste poliritmie, solitamente, sono indicate con il nome di “pastellessa” (o “pastellesse”), anche se tale nome è solo uno dei tre modelli base. L‟etimologia del termine pastellessa deriva dall‟espressione, in lingua locale, past‟e‟llessa, che si traduce in “pasta con le castagne lesse”: è questo il nome del piatto tipico di Macerata Campania, cucinato abitualmente nel giorno dedicato a Sant‟Antonio Abate. Sulle percussioni vengono eseguiti dei canti in dialetto locale, con testi del tutto inediti, scritti e musicati appositamente per la festa dai partecipanti: in essi è facile ritrovare dei riferimenti al Santo, alla festa, alla tradizione, al territorio, alla vita quotidiana e al sociale. A questi canti si aggiungono i canti tipici di Terra di Lavoro, eseguiti in passato dai contadini durante il lavoro nei campi o nelle case dei massari, ad esempio nella lavorazione della canapa. Il primo modello ritmico-musicale è detto “a Sant‟Antuono”, o anche “battuglia a Sant‟Antuono” o semplicemente “battuglia”. È questo il ritmo più ricorrente della festa e prevede l‟utilizzo di botti, tini e falci. Falce

Tino mano dx

Tino mano sx Botte

[Fig. 22] Ritmo “a Sant‟Antuono”. Trascrizione del M° Giuseppe Bruno.

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Il ritmo, di solito, è iniziato e concluso con una nota continua che può variare nella velocità di esecuzione: normalmente è detta “ruglio” (o anche “rullo”), oppure “strenta”, se eseguita in modo veloce. Qui gli esecutori battono in modo continuato e simultaneo gli strumenti, mentre il capobattuglia, per attirare l‟attenzione degli esecutori, fa dei gesti con le mani, aiutandosi in alcuni casi con dei prolungati colpi di fischietto fino a che, improvvisamente, lo stesso emette il grido «Ohì!», seguito da un colpo simultaneo e conciso dei tre strumenti, per poi riprendere il ritmo con la classica esclamazione «Pronti, avanti, ohì!». Falce Tino mano dx

Tino mano sx Botte

[Fig. 23] “Ruglio” o “Strenta”. Trascrizione del M° Giuseppe Bruno.

Sul ritmo a Sant‟Antuono viene eseguito, solitamente, il canto “Sole e sole”. In antichità, il canto veniva intonato dai contadini durante la mietitura del grano e l‟estirpazione della canapa. Nel testo si denota un incoraggiamento e un autoconvincimento a lavorare, nonostante il Sole cocente delle lunghe giornate estive. Le imprecazioni e i doppi sensi rivolti al proprietario terriero erano un‟espressione genuina del lavoro svolto nei campi, dove il canto e lo scherzo distoglievano la mente dalla durezza della fatica. Sole e sole (Autore testo: Ignoto; Provenienza: Marcianise) (Si esegue il ritmo a Sant‟Antuono) Piglie e vogna „a rata, né guagliò vattenne „a llocche. Ah Sole e sole, je „o Sole ci voglio sta! 41


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Ije comme vire a Peppe mmieze „e ddete na sigarette. Ah Sole e sole, je „o Sole ci voglio sta! Vavatenne „a lloche „mbronte, si nu chiuove senza ponte. Ah Sole e sole, je „o Sole ci voglio sta! „U mallaneme ru macchiavielle tiene „e ccorne sotto „o cappiello. Ah Sole e sole, je „o Sole ci voglio sta! „U mallaneme „e chi te muorte me schiattate na vena „ncuorpe. Ah Sole e sole, je „o Sole ci voglio sta! „U mallaneme ru pisciature senza maneca e senza culo. Ah Sole e sole, je „o Sole ci voglio sta! Chi te cura e chi te penza, chi ta rà sta conferenza. Ah Sole e sole, je „o Sole ci voglio sta! Chi te cura e chi t‟ha curato, sta conferenza chi t‟ha rato. Ah Sole e sole, je „o Sole ci voglio sta! „O Sole se fa russo e „o padrone allonga „o musso. Ah Sole e sole, je „o Sole ci voglio sta! Nuje venimmo ro Mazzone ije che chiaveca „e padrone. Ah Sole e sole, je „o Sole ci voglio sta! 33 Sempre legato all‟antica lavorazione della canapa è il testo “Ojè tiritò”, anch‟esso eseguito al ritmo a Sant‟Antuono ma con un andamento più mosso, nel quale viene schernita una ipotetica bella donna di facile costumi, che vive con i proventi della sua attività amatoria. Questo canto, detto anche delle maciunnieliatrici, veniva eseguito in forma responsoriale e cadenzava il lavoro alla maciulla (la 33

Il testo si traduce in “Sole e sole”: «Ti investo ragazzo se non te ne vai di la. / Ah Sole e sole, io al Sole ci voglio stare! / Peppe ha sempre in mano una sigaretta. / Ah Sole e sole, io al Sole ci voglio stare! / Vattene da la di fronte, sei un chiodo senza punta. / Ah Sole e sole, io al Sole ci voglio stare! / All‟anima (espressione dialettale: male all‟anima) del machiavello hai le corna sotto il cappello. / Ah Sole e sole, io al Sole ci voglio stare! / All‟anima di chi ti è morto mi hai schiattato una vena in corpo. / Ah Sole e sole, io al Sole ci voglio stare! / All‟anima dell‟orinatoio senza manica e senza culo. / Ah Sole e sole, io al Sole ci voglio stare! / Chi te cura e chi te pensa, chi te la da questa confidenza. / Ah Sole e sole, io al Sole ci voglio stare! / Chi ti cura e chi ti ha curato, questa confidenza chi te l‟ha data. / Ah Sole e sole, io al Sole ci voglio stare! / Il Sole si fa rosso e il padrone fa il muso lungo. / Ah Sole e sole, io al Sole ci voglio stare! / Noi veniamo dal Mazzone e che chiavica di padrone. / Ah Sole e sole, io al Sole ci voglio stare».

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macènnula)34, dove alla strofa intonata dal cantore seguiva in riposta il ritornello eseguito dal coro dei lavoratori. Oje tiritò (Autore testo: Ignoto; Provenienza: Marcianise) (Si esegue il ritmo a Sant‟Antuono con andamento mosso) E t‟è fatta „a vesta nera pè parlà c‟‟o sposo „a sera. Oje tiritò bom, bom, bo. Oje tiritò bom, bom, ba. E t‟è fatta „a vesta rossa quanno cammini faje sule mosse. Oje tiritò bom, bom, bo. Oje tiritò bom, bom, ba. E t‟è fatte „o reggipetto cu li sorde „e masto Peppe. Oje tiritò bom, bom, bo. Oje tiritò bom, bom, ba. E t‟è fatta „a permanente cu li sorde d‟‟o tenente. Oje tiritò bom, bom, bo. Oje tiritò bom, bom, ba.

[Fig. 24] Un tipico carro di Sant‟Antuono decorato con foglie di palma.

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La maciulla (detta anche gramola) è un attrezzo che veniva usato nella lavorazione della canapa per separare la fibra tessile dalla parte legnosa.

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E t‟è fatto li ricchini cu li sorde d‟‟e marrucchine. Oje tiritò bom, bom, bo. Oje tiritò bom, bom, ba. E t‟è fatto lu suttanino cu li sorde d‟‟o signorino. Oje tiritò bom, bom, bo. Oje tiritò bom, bom, ba. E t‟è fatto „o reggipetto cu li sorde „e „on Alberto. Oje tiritò bom, bom, bo. Oje tiritò bom, bom, ba. E t‟è fatta „a bracassina cu li sorde „e zì Peppino. Oje tiritò bom, bom, bo. Oje tiritò bom, bom, ba. Oje faccia „ngiallanuta manche e cani t‟hanno vulute. Oje tiritò bom, bom, bo. Oje tiritò bom, bom, ba. E tanto che si puttana te conosce pure „o paricchiano. Oje tiritò bom, bom, bo. Oje tiritò bom, bom, ba. (3 volte)

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Il secondo modello ritmico-musicale è chiamato “a pastellessa” e si presenta come un ritmo processionale. Questo ritmo, di rado indicato come “musica dei morti”, è forse il più antico dei tre modelli base ed è eseguito su botti e tini, senza l‟ausilio di falce, con un‟andatura più lenta rispetto al primo. Una variante molto frequente prevede l‟utilizzo della falce che segue lo stesso tempo della botte. Sul ritmo a pastellessa, non proprio adatto all‟esecuzione dei canti, viene eseguito, abitualmente, il brano “Nenna né”. Molto diffuso nell‟antica provincia di Terra di Lavoro, il canto è indirizzato all‟avido proprietario terriero ed evidenzia la sua continua insoddisfazione, alla quale si contrappone la protesta dei braccianti alle sue dipendenze.

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Il testo si traduce in “Oje tiritò”: «E ti sei fatta la vesta nera per parlare con lo sposo di sera. / Oje tiritò bom, bom, bo. Oje tiritò bom, bom, ba. / E ti sei fatta la vesta rossa quando cammini fai solo mosse. / Oje tiritò bom, bom, bo. Oje tiritò bom, bom, ba. / E ti sei fatta il reggipetto con i sodi di mastro Peppe. / Oje tiritò bom, bom, bo. Oje tiritò bom, bom, ba. / E ti sei fatta la permanente con i soldi del tenente. / Oje tiritò bom, bom, bo. Oje tiritò bom, bom, ba. / E ti sei fatta gli orecchini con i soldi dei marocchini. / Oje tiritò bom, bom, bo. Oje tiritò bom, bom, ba. / E ti sei fatta la sottoveste con i soldi del signorino. / Oje tiritò bom, bom, bo. Oje tiritò bom, bom, ba. / E ti sei fatta il reggipetto con i soldi di don Alberto. / Oje tiritò bom, bom, bo. Oje tiritò bom, bom, ba. / E ti sei fatta la mutandina con i soldi di zio Peppino. / Oje tiritò bom, bom, bo. Oje tiritò bom, bom, ba. / Oje faccia ingiallita nemmeno i cani ti hanno voluta. / Oje tiritò bom, bom, bo. Oje tiritò bom, bom, ba. / E tanto che sei puttana ti conosce pure il parrocco. / Oje tiritò bom, bom, bo. Oje tiritò bom, bom, ba».

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Sant’Antuono e le battuglie di pastellessa. Fede e tradizione a Macerata Campania Falce

Botte

Tino mano dx Tino mano sx

[Fig. 25] Ritmo “a pastellessa”. Trascrizione del M° Giuseppe Bruno.

Nenna né (Autore testo: Ignoto; Provenienza: Terra di Lavoro) (Si esegue il ritmo a pastellessa) Nuje simme asciute prieste stammatina nenna né. (2 volte) Pe „nghi a verè lu Sole addò riposa nenna nenna. Lu Sole riposa abbascia alla marina nenna né. (2 volte) Dinto a nu ciardiniello cuglienne „e rose nenna nenna. Cuglienne li rose me so punto „o rito nenna né. (2 volte) Chillo è lu ninno mio che vò caccosa nenna nenna. E vò caccosa ije „nce l‟aggio dato nenna né. (2 volte) Nu pizzico e nu garofano je l‟aggio rato nenna nenna. Caru padrone nun facimme a „bresca nenna né. (2 volte) „Nvece ro vino „nce porti l‟acqua fresca nenna nenna E fatta la pizza e nun me ne rato na fella nenna né. (2 volte) Se adda carè o culo ra tiella nenna nenna. S‟è fatta notte e lu padrone suspira nenna né. (2 volte) Dice che è stata corta la jurnata nenna nenna. Caru padrone mio non supirare nenna né. (2 volte) Chello che „nze fa oggi se fa dimane nenna nenna. 36 36

Il testo si traduce in “Nenna né”: «Noi siamo partiti all‟alba stamattina nenna né. / Per guardare il Sole dove riposa (osservare l‟Alba) nenna nenna. / Il Sole riposa giù alla marina nenna nè. / In un giardino raccogliendo le rose nenna nenna. / Raccogliendo le rose mi sono punto il dito nenna nè. / Quello è il mio ragazzo che vuole qualcosa nenna nenna. / E vuole qualcosa e io gliel‟ho dato nenna nè. / Un pizzico e un garofano gli ho dato nenna nenna. /

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Sant’Antuono e le battuglie di pastellessa. Fede e tradizione a Macerata Campania

[Fig. 26] A partire dal mese di novembre, che precede l‟evento, iniziano le prove musicali delle battuglie di pastellessa. Per l‟occasione vengono utilizzati gli ampi cortili dove una volta si svolgeva parte della lavorazione della canapa. I maceratesi già da un‟età di 4-5 anni iniziano la loro esperienza sui carri di Sant‟Antuono. Nel corso delle prove gli anziani del paese, in veste di maestri, trasferiscono pazientemente ai più giovani i loro saperi. Tutto ciò è alla base del processo di rinnovo generazionale che da secoli alimenta il patrimonio culturale immateriale della comunità.

Il terzo modello ritmico-musicale, detto “a tarantella”, prevede l‟utilizzo di botti, tini e falci e serve, normalmente, per accompagnare i canti. Il ritmo è caratterizzato da alcune varianti che prevedono l‟utilizzo o meno della falce e del rollio di una mazza sul tino. Ai tre modelli ritmico-musicali si aggiunge uno stacchetto, detto “„e tre”, che serve a unire una forma ritmica semplice a una composta.

Caro padrone non imbrogliarci nenna nè. / Invece del vino ci porti l‟acqua fresca nenna nenna. / Hai fatto la pizza e non me ne hai dato una fetta nenna nè. / Possa cadere il fondo della padella nenna nenna. / È notte e il padrone sospira nenna nè. / Dice che è stata corta la giornata (abbiamo lavorato poco) nenna nenna. / Mio caro padrone non sospirare nenna nè. / Quello che non si fa oggi si fa domani nenna nè».

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Sant’Antuono e le battuglie di pastellessa. Fede e tradizione a Macerata Campania Falce Tino mano dx Tino mano sx

Botte

[Fig. 27] Ritmo “a tarantella”. Trascrizione del M° Giuseppe Bruno.

Falce Tino mano dx Tino mano sx

Botte

[Fig. 28] Stacchetto “„e tre”. Trascrizione del M° Giuseppe Bruno.

Fra i testi eseguiti al ritmo di tarantella troviamo il canto “„A festa „e Sant‟Antuono”. Composto da un autore ignoto all‟inizio del Novecento, descrive lo svolgersi dell‟evento nei vari momenti, restituendoci il vero senso della festa di Sant‟Antuono, con l‟allegria dei suoni, capace di coinvolgere non solo i maceratesi, ma anche gli abitanti dei paesi limitrofi. Nel testo si fa riferimento a due personaggi di Macerata Campania, ovvero al capobattuglia Antonio Di Matteo (detto zì Antonio „e pastellessa)37 e al bottaro Pasquale Ventriglia 37

Antonio Di Matteo, in arte zì Antonio „e pastellessa, è nato il 18/01/1872 ed è morto il 25/03/1951 a Macerata Campania. Famoso al suo tempo per la sua cantina in Via Santo Stefano a Macerata Campania, dove era possibile degustare la pasta con le castagne lesse (cioè la past‟e‟llessa), come tanti altri capobattuglia era solito organizzare uno dei carri di Sant‟Antuono per la sfilata in onore del Santo. Come accade oggi, a quel tempo ogni gruppo era contraddistinto da un nome e quello del carro di zì Antonio „e pastellessa era, appunto, la “Battuglia „e Pastellessa”, legato senza dubbio al suo soprannome. La fama di questo gruppo

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(detto Pascale „a vorpe)38. Presumibilmente il testo è stato composto fra il 1910 e il 1920, quando Pasquale Ventriglia aveva 20-30 anni, arrivando al giorno d‟oggi come una significativa testimonianza del passato. ‘A festa ‘e Sant’Antuono (Autore testo: Ignoto; Provenienza: Macerata Campania) (Si esegue il ritmo di tarantella) Vedite che ve caccia Macerata pe chistu Santo vanno ascì a „mpazzì. Se scassano „i strumiente int‟a sunata, ma chistu vizio nun se po perdì. Ce sta Pascale „A vorpe ca pur‟isso fa furore e quasi tutte ll‟anne sempe „a votta adda scassà. Sunamme caccavelle, friscarielle e bughitibù na festa comm „a chesta nun „a verite „cchiù! Sunamme caccavelle, friscarielle e bughitibù na festa comm „a chesta nun „nce ne stanne „cchiù! „A festa „e Sant‟Antuono è n‟alleria sti suoni e sti guagliuni a pazzià. Dicene tutt‟a gente „e tutti sti paise: “Jamme a verè „a festa e n‟anno fa”. Sunamme caccavelle, friscarielle e bughitibù na festa comm „a chesta nun „a verite „cchiù! Sunamme caccavelle, friscarielle e bughitibù na festa comm „a chesta nun „nce ne stanne „cchiù! Vedite „ngoppa „a Chiesa che ammuina, se spare „o ffuoco che è na rarità. Chillo ca port‟ „o ciuccio spara e corre e „a ggente alluccano e strille pe scappà.

e la bravura di Antonio Di Matteo, anche fuori dalle mura cittadine, ha portato con il tempo a indicare tutti i gruppi disposti sui carri di Sant‟Antuono con la nomenclatura di battuglie di pastellessa e a incrementare, quindi, la diffusione del termine pastellessa. 38 Pasquale Ventriglia, in arte Pascale „a vorpe, è nato il 05/10/1888 ed è morto il 09/02/1965 a Macerata Campania.

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[Fig. 29] La festa negli anni „50 del secolo scorso.

Ce sta Pastellessa ca pur‟isso se ra ra fa, „o carro ammartenato della banda a cumannà. Verite Pastellessa che v‟ha saputo fa. Sunamme caccavelle, friscarielle e bughitibù na festa comm „a chesta nun „a verite „cchiù! Sunamme caccavelle, friscarielle e bughitibù na festa comm „a chesta nun „nce ne stanne „cchiù!

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[Fig. 30] Il capobattuglia ha un ruolo fondamentale durante l‟esecuzione musicale, con la coordinazione degli esecutori che compongono la battuglia di pastellessa.

(A questo punto si esegue la strenta e poi il ritmo di tarantella) Femmene longhe, femmene corte, chesti cupelle che nuje sunamme, scetavaiasse, bughitibù, chelle che è state nun torna cchiù. ‟A festa ‟e Sant‟Antuono amma vedè, pensammo a divertirci nenna né. ‟A festa ‟e Sant‟Antuono amma vedè, pensammo a divertirci nenna né. 39 39

Il testo si traduce in “La festa di Sant‟Antonio (Abate)”: «Guardate di cosa è capace Macerata (Campania) / per questo Santo vanno pazzi. / Si rompono gli strumenti in una suonata, / ma questo vizio non si può perdere. / Ci sta Pasquale la volpe che pure lui fa furore / e quasi tutti gli anni la botte deve sfondare. / Suoniamo caccavelle, fischietti e bughitibù / una festa come questa non la vedrete più! / Suoniamo caccavelle, fischietti e bughitibù / una festa come questa non la vedrete più! / La festa di Sant‟Antonio (Abate) è un‟allegria / questi suoni e questi ragazzi a giocare. / Dice la gente di tutti questi paesi: / “Andiamo a la festa di un anno fa”. / Suoniamo caccavelle, fischietti e bughitibù / una festa come questa non la vedrete più! / Suoniamo caccavelle, fischietti e bughitibù / una festa come

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[Fig. 31] Alcuni momenti della festa in Piazza De Gasperi.

Il canto maggiormente eseguito è forse quello de “Le sei sorelle”. Questo canto potrebbe riferirsi a una diffusa credenza popolare, secondo cui si ritiene che le Madonne in Campania siano sette sorelle, sei belle e una brutta e nera40. Le possibili sette sorelle sono: la Madonna del Carmine, detta anche la Bruna, la Madonna dell‟Arco, il cui santuario situato a Sant‟Anastasia è meta di pellegrinaggio da parte dei maceratesi, la questa non la vedrete più! / Guadate sulla Chiesa che ammuina, / si spara il fuoco che è una rarità. / Chi porta il ciuccio spara e corre / e la gente urla e strilla mentre scappa. / Ci sta Pastellessa che anche lui si da, da fare, / il carro elegante della banda a comandare. / Vedete Pastellessa che ha saputo fare. / Suoniamo caccavelle, fischietti e bughitibù / una festa come questa non la vedrete più! / Suoniamo caccavelle, fischietti e bughitibù / una festa come questa non la vedrete più! / Femmine alte, femmine corte, / questi tini che noi suoniamo, / scetavaiasse, bughitibù, / quello che è stato non torna più. / La festa di Sant‟Antonio (Abate) dobbiamo vedere, / pensiamo a divertirci nenna né. / La festa di Sant‟Antonio (Abate) dobbiamo vedere, / pensiamo a divertirci nenna né». 40 Secondo il musicologo Roberto De Simone «nella cultura campana la “settima” è la Madonna di Montevergine, ed è l'unica ricorrente, le altre sei possono essere qualsiasi; infatti i nomi variano da paese a paese» (Cfr. Gianni Gugliotta, L‟Antico Presente. Canti delle campagne di Terra di Lavoro, pp. 14-15, Russo Editore, Caserta, 1984).

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Madonna di Piedigrotta (Napoli) a cui sono soliti affidarsi pescatori e marinai, la Madonna delle Galline, che si festeggia la domenica in Albis a Pagani, la Madonna della Pace, venerata a Giugliano in Campania, la Madonna di Briano, la cui antica chiesetta si trova a Villa di Briano e infine la Madonna di Montevergine, la “Madonna nera”, chiamata anche “Mamma Schiavona” per il suo colore bruno, come la pelle degli schiavi saraceni, il cui Santuario posto a Mercogliano è meta di pellegrini. Le sei sorelle (Autore testo: Ignoto; Provenienza: Macerata Campania) (Si esegue il ritmo di tarantella) Son sei sorelle son tutte belle, son tutte belle per far l‟amor! E c‟è la prima che è piccolina, che è piccolina per far l‟amor! E c‟è la seconda che è riccia e bionda, che è riccia e bionda per far l‟amor! E c‟è la terza che vuol la sferza, che vuol la sferza per far l‟amor! E c‟è la quarta che fa la sarta, che fa la sarta per far l‟amor! E c‟è la quinta che marcia in cinta, che marcia in cinta per far l‟amor! E c‟è la sesta che è disonesta, che è disonesta per far l‟amor! Son sei sorelle son tutte belle, son tutte belle per far l‟amor! Sul ritmo di tarantella è facile ritrovare dei canti a sfottò come “Ajere ist‟„a festa”. È questa una variante della classica serenata e a Macerata Campania era in uso eseguirla quando si rompeva il fidanzamento o la promessa di matrimonio veniva ritirata. In questo caso il fidanzato era autorizzato a recarsi sotto il balcone della sua ex e sfogarsi attraverso allusioni o veri e propri “rinfacci” o addirittura 52


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[Fig. 32] La sfilata dei carri di Sant‟Antuono nel 1981. Nella foto il gruppo La vecchia gloria di Via Diana, che all‟inizio degli anni „80 del secondo scorso ha contribuito significatamene alla trasmissione verso le giovani generazioni della musica tradizionale dei carri di Sant‟Antuono, favorendo in modo fattivo la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale della comunità.

offese. Non era raro che i parenti della ragazza avessero delle reazioni violente o che lanciassero dall‟alto ogni genere di cose per allontanare il molestatore. Ajere ist’‘a festa (Autore testo: Ignoto; Provenienza: Macerata Campania) (Si esegue il ritmo di tarantella) Ajere ist‟„a festa e a mme non mo diciste me l‟hanno ritto „a ggente che cci abballaste tu. Abballa con chi vuoi non tengo giulusia scordete „o nomme mio e non ci pienso cchiù. E non ci penso più e non ci penso mai 53


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mannaggia quanno mai, m‟annammurai „e te. M‟annammurai „e te, m‟annammurai „e nu sciore mannaggia „o primmo ammore e chi so po‟ scurdà. I vasi che mme rato li tengo sotto i piedi e quando li vuò verè li porto a pascolà. Ajere ist‟„a festa e a mme non mo diciste me l‟hanno ritto „a ggente che cci abballaste tu. 41 O ancora dei testi dedicati alla figura del Santo come “„A mamma „e Sant‟Antuono”, il quale in modo fantasioso racconta l‟origine della festa a Macerata Campania. ‘A mamma ‘e Sant’Antuono (Autore testo: Ignoto; Provenienza: Macerata Campania) (Si esegue il ritmo di tarantella) „A mamma „e Sant‟Antuono glieva truvanno nu guaglione, nu juorno s‟avviaje e Gesù Cristo co priava. Ricette figlio figlio, vuje na cosa m‟avita fa, nu bello figliulillo pure vuje m‟ata mannà. Gesù Cristo ca rispunette, ca cu riavulo se ne jette, comme a nu nomme, comme a nu sciore, nascette allora Sant‟Antuono. Sant'Antuono quand‟era guaglione jeve facenno „o purcajuolo. Sant'Antuono nascette pe‟ mare, se ne scennette pa via d‟‟o mare. Se facette na sunata, una bona, meglia „e n‟ata. Se ne jette „e diciassette e chesta festa ce rimanette.

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Il testo si traduce in “Ieri sei andata alla festa”: «Ieri sei andata alla festa e a me non lo hai detto / la gente mi ha riferito che hai ballato con lui. / Balla con chi vuoi non sono geloso / dimenticati il mio nome io già non ti penso più. / E non ti penso più e non ti penso mai / mannaggia quando mai, mi innamorai di te. / Mi innamorai di te, mi innamorai di un fiore / mannaggia il primo amore e chi lo può dimenticare. / I baci che mi hai dato li tengo sotto i piedi /e quando li vuoi vedere li porto a pascolare. / Ieri sei andata alla festa e a me non lo hai detto / la gente mi ha riferito che hai ballato con lui».

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[Fig. 33] La sfilata dei carri di Sant‟Antuono nel 1982. Nei carri l‟utilizzo dei trattori al posto dei cavalli e dei buoi da tiro ha consentito l‟introduzione dei primi impianti di amplificazione, tanto da divenire una consuetudine a partire dagli anni „80 del XX secolo. I canti che in precedenza venivano strillati, più che cantati, assunsero una forma più melodiosa, accompagnati nel contempo da ritmi musicali sempre più elaborati.

(Da qui viene ripreso il canto „A festa „e Sant‟Antuono) „A festa „e Sant‟Antuono è n‟alleria sti suoni e sti guagliuni a pazzià. Dicene tutt‟a gente „e tutti sti paise: “Jamme a verè „a festa e n‟anno fa”. Sunamme caccavelle, friscarielle e bughitibù na festa comm „a chesta nun „a verite „cchiù! Sunamme caccavelle, friscarielle e bughitibù nu carro comm „a chisto nun „o verite „cchiù! 42 42

Il testo si traduce in “La mamma di Sant‟Antonio (Abate)”: «La mamma di Sant‟Antonio (Abate) era in cerca di un ragazzo, / un giorno si avviò e Gesù Cristo pregava. / Disse figlio figlio, voi una cosa mi dovete fare, / un bel figlioletto mi dovete far nascere. / Gesù Cristo che rispose, col diavolo se ne andò, / come un nome, come un fiore, / nacque allora

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La past’e’llessa Nell‟antica società contadina i giorni di festa rappresentavano, soprattutto, un periodo di meritato riposo e una giustificata interruzione del lavoro nei campi. Le festività erano quelle pochissime occasioni in cui era consentito mangiare meglio e abbondante, nonché un importante momento di aggregazione sociale, in cui ritrovare vecchi amici e i propri familiari. Oggi, come ieri, il cibo tipico della festa di Sant‟Antuono è la pasta con le castagne lesse, indicata con il termine locale past‟e‟llessa (o past‟e‟llesse). Preparata come da tradizione il 17 gennaio, al dolce della castagna, la ricetta associa il piccante del peperoncino, creando un gusto abbastanza gradevole. Questo piatto si accompagna bene al vino rosso, prodotto con l‟uva fragola autoctona, raccolta nei vitigni quasi ormai inesistenti nel territorio maceratese43. L‟ingrediente che caratterizza il piatto è senza dubbio la castagna, cioè il “pane d‟albero” della cucina povera. In antichità è stato un valido alimento, soprattutto di inverno, in molte comunità montane dove la produzione delle graminacee risultava carente. Le castagne erano facilmente conservabili, una buona merce di scambio con i contadini che vivevano a valle e ottime da consumare in tutti i modi, ad esempio arrostite, lessate, oppure macinate ed usate come farina. Nonostante Macerata Campania sia in pianura a 34 m s.l.m., dalla lettura dei testi antichi, si registra nel 1823, a Caturano44, in territorio maceratese, una produzione di castagne oggi del tutto assente. L‟esigua distanza fra Macerata Campania e l‟area collinare di Roccamonfina, famosa per la produzione di questo frutto, ha poi garantito la disponibilità delle castagne nel tempo. Non deve quindi Sant‟Antonio (Abate). / Sant‟Antonio (Abate) quando era giovane / faceva il porcaio. / Sant‟Antonio (Abate) nacque per mare, / scese per la via del mare. / Si fece una suonata, una buona, migliore dell‟altra. / Se ne andò il diciassette (gennaio) e questa festa ci rimase. / La festa di Sant‟Antonio (Abate) è un‟allegria / questi suoni e questi ragazzi a giocare. / Dice la gente di tutti questi paesi: / “Andiamo a la festa di un anno fa”. / Suoniamo caccavelle, fischietti e bughitibù / una festa come questa non la vedrete più! / Suoniamo caccavelle, fischietti e bughitibù / un carro come questo non la vedrete più!». 43 Cfr. Pasquale Capuano, S. Antonio Abate e i Carri di Sant‟Antuono, Macerata Campania (CE), 2007. 44 Giuseppe Maria Alfano, Istorica Descrizione del Regno di Napoli, p. 55, Raffaele Miranda, Napoli, 1823.

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meravigliare la scelta della past‟e‟llessa come piatto tipico della festa di Sant‟Antuono, dove la castagna è l‟ingrediente principale. Il piatto è semplice da preparare e richiede un tempo di circa 20 minuti. Gli ingredienti per 4 persone sono: 200 g di castagne lesse; 300 g di pasta di tipo corto, come le “mezze maniche rigate” o i più piccoli “tubettini”; aglio; olio d‟oliva extravergine; peperoncino; sale; prezzemolo.

[Fig. 34] La past‟e‟llessa (pasta con le castagne lesse). Nel 2011 il piatto tipico maceratese è stato selezionato dall‟Associazione SapereSapori come uno dei 150 piatti tradizionali che più rappresentano le caratteristiche culturali e storiche dell‟Italia (Cfr. AA. VV., Un‟Itàlia: 150 anni, 150 piatti, 150 vini, 150 territori, p. 52, Ci.Vin, 2011).

In una padella capiente bisogna preparare il soffritto, facendo rosolare uno spicchio d‟aglio e del peperoncino in olio d‟oliva, fino a che l‟aglio non è ben colorito. Poi vanno aggiunte le castagne lesse nella padella, in modo da completare il soffritto, avendo cura di aggiungere qualche castagna passata, così da creare un sugo di base, facendo insaporire il tutto a fuoco lento per pochi minuti. Quindi si 57


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prende una pentola e si cuoce la pasta in acqua, salandola al punto giusto. La pasta va scolata al dente e poi fatta saltare in padella per qualche minuto insieme al soffritto. Il piatto, servito a tavola fumante, può essere arricchito con una spruzzata di prezzemolo. Una variante alla ricetta prevede l‟aggiunta nel soffritto di pancetta (100 g per 4 persone) e un po‟ di guanciale di maiale, giusto per dare quel sapore particolare, facendo rosolare il tutto, prima di aggiungere le castagne e completare così il soffritto.

I giochi tradizionali Il complesso delle attività folcloriche della festa di Sant‟Antuono è completato dai classici giochi tradizionali, in cui si evidenzia la fisicità dei giocatori partecipanti. Fra i giochi proposti ritroviamo il tiro alla fune e la corsa nei sacchi, ma anche dei giochi “locali” come il giro della botte, dove i partecipanti si sfidano tra loro in una gara di velocità facendo girare una botte con le mani lungo il bordo.

[Fig. 35] Il gioco del giro della botte.

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Il gioco più atteso dalla popolazione è però il palo di sapone, dove i premi in palio sono dei salumi o altri generi alimentari, sistemati in cima a una pertica. Le squadre partecipanti, composte da 4 giocatori, devono raggiungere la cima del palo alto circa 10 m, posto saldamente nel terreno, disponendo i giocatori nella scalata, gli uni sugli altri.

[Fig. 36] Il gioco del palo di sapone.

Il gioco del palo di sapone affonda le proprie radici nei riti propiziatori che fin dall‟antichità aprivano la nuova stagione agropastorale45. È questa la variante locale dell‟albero della cuccagna, eseguito in tanti posti d‟Italia, il cui nome è legato al sapone, cioè alla sostanza che viene cosparsa sul palo, per renderlo scivoloso.

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Cfr. Associazione Giochi Antichi, Palo di sapone, Macerata Campania, in Giochi Tradizionali d‟Italia. Viaggio nel Paese che gioca, pp. 147-151, Ediciclo Editore, Verona, 2015.

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Premi

Palo di legno

Asta di legno per collocare i premi

Campo da gioco

Foro per il palo Campo da gioco

[Fig. 37] Palo di sapone: schema del campo da gioco.

I giochi tradizionali, in antichità, venivano eseguiti soprattutto nei periodi di pausa dei lavori nei campi, su cui si basava l‟economia del paese. Erano questi momenti di aggregazione e di svago nei tempi in cui esisteva unicamente la fatica di tutti i giorni. Di solito venivano svolti durante l‟anno, nelle varie feste o sagre paesane. Questi giochi erano basati sulla destrezza e sulla creatività dei partecipanti, erano dei semplici passatempi in cui si favoriva l‟interazione fra grandi e piccoli, creando o rafforzando, in tal modo, un solido legame generazionale. Oggi essi rappresentano una parte importante del patrimonio culturale immateriale di Macerata Campania e trovano la giusta collocazione nella festa di Sant‟Antuono, dove vengono ricreati quei momenti ludici della comunità.

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[Fig. 38] Un carro di Santâ€&#x;Antuono nel 1964 lungo Via Gobetti.


[Fig. 39] Un carro di Santâ€&#x;Antuono nel 1956/1957 lungo Corso Umberto I.


Alla conquista di un Impero di Luigi Ferraiuolo A giugno del 2017, quando «Libera nos a malo: la musica di Sant‟Antuono contro il diavolo a Macerata Campania» è andato in onda non avrei mai immaginato, e nemmeno la Ong «Sant‟Antuono & le Battuglie di Pastellessa» (di seguito solo Sant‟Antuono), che a fine anno, nel giro di pochi mesi, saremmo finiti all‟«Unesco», dove avremmo presentato, al Forum delle Ngo, per la prima volta assoluta, un documentario e proprio il mio documentario, che racconta la tradizione della musica Sant‟Antuono! Tutto è cominciato il 23 maggio 2017 con la presentazione del documentario al Senato, a cui hanno partecipato, moderati dalla collega de «Il Velino» Ornella Petrucci, il senatore Lucio Romano, il nostro padrone di casa; il direttore dell‟Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia, Leandro Ventura; il presidente del Pontificio Istituto di Musica Sacra, monsignor Vincenzo De Gregorio; il sindaco di Macerata Campania, Stefano Antonio Cioffi; il presidente dell‟Associazione Sant‟Antuono, Alfonso Munno; accompagnato dal vicepresidente Domenico Salzillo e dal segretario, l‟ingegner Vincenzo Capuano; e ovviamente il direttore di Tv2000, Paolo Ruffini, che aveva promosso il docufilm. La presentazione andò benissimo, ma soprattutto, il documentario piacque così tanto al direttore dell‟Istituto di Demoetnoantropologia, preposto proprio al vaglio delle tradizioni popolari italiane, che ci invitò per la manifestazione romana della Festa Europea della Musica, che si sarebbe tenuta il 21 giugno 2017 a Roma, al Museo Loria, all‟Eur. Da lì nacque la consapevolezza – dopo i molti complimenti degli addetti ai lavori – che il documentario, e la stessa festa di cui parlava, piaceva. Piaceva così tanto che si parlò di proporlo all‟Unesco, alla futura assemblea che si sarebbe tenuta in Corea del Sud, sul patrimonio immateriale dell‟Umanità. A dire la verità fu un «pour parler», un sogno a occhi aperti diciamo, che nessuno immaginava si potesse realizzare. E invece no! Esistono anche nella realtà le storie positive. Le Ong dell‟Unesco – ci arrivò una e-mail il primo ottobre 2017 – volevano proiettare il primo dicembre seguente, contro ogni standard e ogni abitudine, il mio


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documentario, che raccontava la musica di Sant‟Antuono a Macerata Campania. L‟appuntamento era per il primo dicembre 2017 in Corea, in occasione della dodicesima sessione dell‟assemblea Unesco per il patrimonio immateriale, all‟International Convention Center di Jeju. Era la prima volta e noi avremmo fatto da apripista. Dico noi, perché era la prima volta in assoluto della proiezione di un documentario; ma anche la prima volta che si proiettava un lavoro su una festa che ambisce a divenire patrimonio dell‟umanità, ma non ha nemmeno formalizzato la richiesta. E l‟invito non è arrivato tramite i normali canali diplomatici tra Stati, ma direttamente dal Forum delle Ong. Bypassando tutti. Tanto che a Roma: alla Commissione e al Governo non ne sapevano nulla. Ci organizziamo! Per la proiezione serve il documentario sottotitolato. Ci pensa, anzi ci stava già pensando, perché nel piano iniziale era già prevista la sottotitolazione, l‟Università di Napoli Parthenope, con il suo Dottorato di ricerca in Eurolinguaggi e Terminologie Specialistiche, coordinato dalla professoressa Carolina Diglio. «È stato un lavoro intenso – spiega la ricercatrice Maria Giovanna Petrillo, membro del collegio docenti e da sempre innamorata del progetto – ma ci siamo riusciti nonostante le tante difficoltà del testo e del parlato del documentario. E abbiamo fatto bella figura in Corea, a Jeju. Una Università deve far questo, dare una mano a far emergere i migliori lavori culturali del territorio e sostenerli con le sue competenze. In modo da far rete e rendere più forte la nostra terra, ricca di storia e di tradizioni uniche al mondo». D‟altro canto diffondiamo la notizia tra le Istituzioni: otteniamo tanti consensi e sostegno. La Regione e la Provincia ci danno il patrocinio e ci nominano in pratica “Ambasciatori culturali di Terra di Lavoro e della Campania”, ma nessuno sostiene la Ong nelle spese per andare in Corea. Alla fine può venire solo l‟ingegnere Capuano a Jeju; i bottari non possono fare un‟esibizione. Sarebbe costato troppo e nessuno ha capito l‟incredibile potenzialità dell‟evento: un‟occasione unica per promuovere il Casertano e la Campania. Mentre negli stessi giorni l‟Arte del Pizzaiuolo napoletano, la pizza, entra nella storia. Siamo 64


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dei navigatori solitari, dei corsari moderni che «soli» hanno capito l‟enorme potenzialità dell‟appuntamento coreano. Un anno prima l‟ingegnere Capuano aveva proposto un articolo per un volume dell‟Ichcap (Il Centro per l‟Asia e il Pacifico dell‟Unesco per il patrimonio immateriale) “Traditional Medicine”, “Medicina Tradizionale”; e l‟opportunità del viaggio per il documentario diventa un‟occasione importante anche per lui. Illustrerà dal vivo, splendidamente, ai colleghi delle Ngo di tutto il mondo: dalla Siria alla Cina, dal Burkina Faso al Canada, la potenza taumaturgica della musica di Sant‟Antuono. Forse, se non ci fosse stato il documentario non sarebbe andato; e se non fosse andato non avrebbe potuto presentare il suo articolo. E non avrebbe potuto cogliere la forza enorme di essere presenti a ogni appuntamento in quella assise. Ha sbagliato chi non ha sostenuto l‟Associazione. Il Casertano è sempre poco amichevole con il suo meglio. Un grazie va al Presidente della Regione Vincenzo De Luca, per il patrocinio; e al Presidente della Provincia di Caserta, Giorgio Magliocca, che oltre a nominarci espressamente «Ambasciatori di Terra di Lavoro», ci ha ospitati per una bella conferenza stampa nella sala Giunta dell‟Ente a Caserta, prima della partenza. Ora potrebbe presentarsi una nuova opportunità: andare a Parigi a suonare le botti e far assaggiare la past‟e‟llessa, senza nemmeno aver ancora presentato formalmente la domanda. Potrebbe essere una occasione pubblicitaria imperdibile per molte imprese, ma di certo i nostri imprenditori e politici la perderanno. E anche quella occasione, grazie a «Libera nos a malo» è diventata realtà: a Parigi ci siamo stati a giugno 2018. E abbiamo mandato il documentario in onda sui televisori dell‟assemblea generale. «Libera nos a malo» «Libera nos a malo» è andato benissimo. Ho tenuto la presentazione/introduzione del docufilm in francese, perché le lingue dell‟Unesco sono solo francese e inglese e dovevo parlare in una delle due. L‟ho letta a testa bassa per timore di guardare l‟assemblea, troppo vasta. La proiezione ha riscosso così tanti consensi che abbiamo ricevuto quattro inviti per quattro presentazioni in tre 65


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continenti diversi: Cina, India, Brasile e Bruxelles. Non so ancora se ci andrò, se ci andremo perché con me ci sarà sempre la Ong; perché significa sottrarre troppo tempo al lavoro, ma è una grandissima soddisfazione. E soprattutto è una soddisfazione per «Sant‟Antuono», perché il documentario racconta fedelmente la festa di Macerata Campania. Quindi i suoi consensi sono quelli della festa. E la festa piace, tanto. Bisogna solo fare le cose per bene, spiegarlo, anzi farlo sapere al Governo Italiano, e diventerà il prossimo patrimonio immateriale dell‟umanità. A ruba è andato anche il piccolo gadget che Tv2000 aveva preparato, ideato da Liliana Alfiero: una penna con memoria usb, contenente il documentario, una presentazione di Tv2000 e un video promozionale del Casertano; oltre il commento del Direttore di Rete Paolo Ruffini. Se non ci fossero stati Direttori come Paolo Ruffini e Lucio Brunelli quando ho proposto e insistito – non molto a dire la verità, perché ne hanno compreso al volo l‟importanza – per girare «Libera nos a malo», non ci sarebbe stato il documentario. Li ringrazio per la fiducia. E le tante domande sulla nostra Tv da parte del segretario dell‟Unesco per il patrimonio immateriale Tim Curtis e i complimenti arrivati da ogni parte, credo li ripaghino. Perché erano tutti rivolti alla Tv, che indegnamente rappresentavo. Anche se il documentario era il mio, la proiezione in Corea è stata tutta per Tv2000, che aveva avuto il coraggio di credere nell‟idea. Tanto che altre Ong ci hanno chiesto di poter insegnare come si fa un documentario nei loro paesi o di raccontare le loro tradizioni. «Siamo così abituati – aveva spiegato il direttore di Tv2000, Paolo Ruffini – ad attribuire un valore solo alle cose che possono essere comprate e vendute che abbiamo disimparato il significato vero della parola valore. Che ha più a che fare con l‟immateriale che con il materiale. Credo che la televisione abbia fra i tanti il compito di preservare il valore di quel che siamo, di ciò che ci unisce, che ci fa popolo. Il valore della memoria come una cosa viva. Il valore delle tradizioni popolari come un patrimonio inestimabile». Lucio Brunelli, invece, mentre lavoravo al documentario, mi ha suggerito, quasi imposto, se fosse possibile con un tipo cocciuto come me: «Metti subito la musica. È la cosa veramente forte, falla sentire». E il documentario in realtà è un documentario musicale, come entrambi mi avevano suggerito. Dimenticavo! Un grazie particolare, 66


Sant’Antuono e le battuglie di pastellessa. Fede e tradizione a Macerata Campania

va, oltre che a tutti coloro che hanno lavorato al documentario e sono tanti, a Marcello Baldi. Per una cosa in particolare: l‟impegno. A un certo punto avevamo deciso che il documentario doveva essere sottotitolato. Credevo che la parte difficile fosse la traduzione. Ho scoperto poi che a Tv2000 non si era mai sottotitolato un documentario. Marcello Baldi si è messo lì, all‟inizio aiutato da Stefano De Angelis, più noto come Sisio, il capo dei montatori; e da Fulvio Gallo, il capotecnico; ma poi ha portato sulle spalle da solo questo ingrato compito. Senza mai fermarsi; senza arretrare; senza mai scorarsi. E alla fine lo ha portato a termine bene; come tutto il resto. Grazie Marcello! «Traditional Medicine and Music: The Pastellessa as Musicotherapy» Medicina tradizionale e musica: la musica di Sant‟Antuono come musicoterapia. È questo il titolo dell‟articolo46 che l‟ingegnere Capuano non aveva mai immaginato di presentare, eppure lo ha fatto. Sant‟Antuono lo assiste e lui – devoto e rispettoso – ha ringraziato tutti dal palco del Forum mondiale delle Ong Unesco quando ha terminato. Tutti coloro che lo hanno accompagnato in questi anni, a partire dal parroco don Rosario Ventriglia. Un ringraziamento a don Rosario lo devo anche io, senza le nostre chiacchierate non avrei mai capito una festa che pur frequento da anni. L‟obiettivo è ora pubblicare un nuovo articolo il prossimo anno, per continuare a far parlare della musica di Sant‟Antuono e di Macerata Campania. L’Arte del Pizzaiuolo Napoletano e l’unica vera pizza Se l‟andata in Corea è stata una grande gioia per la mia passione di documentarista, quando ho scoperto che a dicembre sarebbe stata anche iscritta nel patrimonio dell‟umanità l‟Arte del Pizzaiuolo Napoletano, colui che fa la pizza, si è risvegliata in me l‟anima del cronista. Tanto che ho dato per primo l‟annuncio sul quotidiano 46

Emanuela Esposito e Vincenzo Capuano, Traditional Medicine and Music: The Pastellessa as Musicotherapy, in Eivind Falk (a cura di), Traditional Medicine. Sharing Experiences from the Field, pp. 63-70, ICHCAP, #HeritageAlive, Repubblica di Corea, 2017.

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Sant’Antuono e le battuglie di pastellessa. Fede e tradizione a Macerata Campania

“Avvenire” che la candidatura italiana aveva già raggiunto l‟unanimità nell‟assemblea Unesco. Un piccolo grande scoop! E poi con Tv2000 ho fatto vedere le immagini del trionfo e della festa in Corea in esclusiva: nessun altro le ha potute trasmettere. E per finire la Reuters, la maggiore agenzia video mondiale, mi ha immortalato mentre gioivo a piena voce della vittoria, membro ormai a pieno diritto – essendo uno dei pochi italiani a Jeju – del team italiano guidato da Pier Luigi Petrillo e dall‟ambasciatore Vincenza Lomonaco. E non dimentichiamo un‟ultima cosa. Molto importante per me che sono molto affezionato per motivi professionali a San Pio da Pietrelcina. Sant‟Antuono Abate, il santo della festa di Macerata Campania, è anche il protettore dei pizzaiuoli. Il fato ha voluto che la musica di Sant‟Antuono risuonasse nello stesso palazzo e negli stessi giorni dove poi è stato deciso che l‟arte del pizzaiuolo divenisse patrimonio dell‟umanità. Una coincidenza per molti. Opera della provvidenza per noi! Che avventura! Ora la dovremo ripetere con la musica di Sant‟Antuono. A presto. Post scriptum. Dimenticavo. L‟Impero di cui si parla nel titolo è quello della cultura mondiale. Noi della vecchia “Campania Felix” ne facciamo parte di diritto, dobbiamo solo ricordarcelo. A questo serve “Libera nos a malo”, come ha detto Paolo Ruffini: «Il documentario di Luigi Ferraiuolo fa questo. Crea una magia e la fa racconto». Scheda tecnica «Libera nos a malo: la musica di Sant’Antuono contro il diavolo a Macerata Campania»  Regia e ideazione: Luigi Ferraiuolo  Durata: 00‟56 minuti  Montaggio e post produzione: Marcello Baldi  Fotografia: Danilo Proietti e Andrea Tramontano  Fonico: Stefano Arditi  Specializzato di ripresa: Daniele di Francesco ed Emiliano D‟Agostino 68


Sant’Antuono e le battuglie di pastellessa. Fede e tradizione a Macerata Campania

 Progetto grafico: Ugo D‟Orazio  Coordinamento troupe: Alessandro Vittori  Consulenza scientifica: Alda Della Selva, Vincenzo De Gregorio, Pietro De Felice, Valentino Picazio, Augusto Ferraiuolo, Dottorato di ricerca in Eurolinguaggi e Terminologie Specialistiche dell‟Università Parthenope di Napoli, Fausto Mesolella  Per le immagini con il drone: Enzo De Marino e Domenico Ferraro  Una produzione Rete Blu per Tv2000

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[Fig. 40] Articolo di Andrea Massaro pubblicato nel 1984 sul quotidiano “Il Mattino�.


Postfazione I bottari di Macerata Campania di Corrado Sfogli * La cultura popolare ha sempre saputo distinguere nella natura che lo circondava gli spiriti buoni da quelli cattivi, trattando quindi la natura come una individualità vitale. I demoni meridiani, ovvero quelli della sesta ora, erano pronti ad insidiare e sapevano ben nascondersi nella calura di mezzogiorno. E dato che il Sole era allo zenit, neanche l‟ombra ne poteva denunciare la presenza… C‟erano poi quelli che al contrario si celavano nelle buie cantine, dietro le botti e i tini che affollavano le cavità sotterranee. In questa visione animistica del mondo l‟uomo doveva disperatamente cercare armi per combattere tutte quelle forze che tormentavano la sua esistenza ed il suo sonno… E allora quale arma migliore se non la mistica musica con il suo mistico ritmo, e cioè quella ottenuta dagli strumenti percussivi, poteva mettere in fuga il male ed il maligno? E più grandi erano le percussioni e più efficaci sarebbero diventate. Il battito cupo dei tamburi diventava allora il pulsare stesso di una inarrestabile forza vitale, la vibrazione primordiale del cosmo, quella stessa vibrazione che è anche generatrice di vita e quindi di salvezza dalla morte. La falce stavolta non è impugnata dalla morte, ma al contrario da coloro che devono difendersi da essa ed intimorirla. A loro volta i tini e le botti diventano il simbolo del magico cerchio e cioè dell‟unità stessa degli eterni opposti: giorno e notte, bene e male, malattia e guarigione… La ritmicità che le percussioni producono, guidata e diretta come una cosmica orchestra dal capobattuglia (il capo di quelli che battono), deve attraverso la sua regolarità ristabilire l‟armonia e cioè l‟equilibrio degli opposti.

* Corrado Sfogli è il direttore artistico e musicale della Nuova Compagnia di Canto Popolare, il più importante gruppo di musica folk ed etnica italiano, tra i maggiori al mondo.


Sant’Antuono e le battuglie di pastellessa. Fede e tradizione a Macerata Campania

Equilibrio che consente la guarigione e la sopravvivenza. In particolare la guarigione è concepita come una rinascita, che si verifica partendo dall‟opposto complementare che è rappresentato dalla morte. Libera nos ab malo diventa dunque la funzione della tarantella e di tutti i balli processionali fondati sul suo ritmo che sono presenti nel sud del nostro paese. E a Sant‟Antonio, San Vito, San Michele e tanti altri spetta l‟arduo compito di fermare e scacciare le armate del male e in più di guarire anche dalle malattie. I simboli presenti durante la funzione del 17 gennaio a Macerata Campania: la signora, il maiale, l‟asino, il fuoco e la scala, sono tipici della nostra tradizione. In particolare la scala rappresenta esotericamente l‟esistenza dell‟uomo e la gerarchia delle anime che partendo dal basso devono ascendere verso il cielo e quindi verso la purificazione. La processione dei carri di Sant‟Antuono doveva essere sicuramente accompagnata da balli (oggi, scomparsi) che si modellavano sui ritmi tipici dei bottari, come quello lento della pastellessa e quello più rapido della battuglia a Sant‟Antuono. Su tutto ciò aleggia la presenza di Sant‟Antonio che nell‟immaginario collettivo rappresenta l‟ultimo baluardo contro il male strisciante, il paladino del bene, e sopra ogni cosa della speranza… Sant‟Antonio, abbate putente, libera „sti devote d‟ „e mmale lengue, da fuoco de terra e d‟ „a mmala gente…

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Ringraziamenti Per la realizzazione del libro ringrazio Pasquale Capuano, Mariano Fresta, don Gennaro Iodice, Andrea Massaro, Michele Antonio Piccirillo e Vincenzo Polcari, con i quali dal 2010 ho avuto il piacere di condividere il lavoro di documentazione e studio della festa di Sant‟Antuono, parte del progetto di ricerca “La festa di Sant‟Antuono, patrimonio culturale immateriale di Macerata Campania”; Luigi Ferraiuolo per l‟introduzione al libro e per il continuo sostegno nel processo di valorizzazione della festa di Sant‟Antuono; Corrado Sfogli e Luca Rossi per i loro prestigiosi interventi che pubblico nel volume; Alfonso Munno e Domenico Salzillo per avermi trasferito i loro saperi e per il continuo confronto sulle tematiche del libro; don Rosario Ventriglia e don Gianfranco Boccia per i loro insegnamenti; Giuseppe Bruno per la trascrizione dei ritmi base dei carri di Sant‟Antuono; le persone che hanno realizzato o fornito le figure presenti nel libro, in aggiunta alle mie, ovvero Antonio Pascarella, Vincenzo Polcari, Stanislao Roggiero, Andrea Massaro, Bartolo Braccio, Michele Antonio Piccirillo, Giuseppe Bruno, Pasquale Capuano, Alessandro Santulli, Giovanni Casertano, Michele Sbarra, Gaetano Natale e Umberto Gravino; ancora Vincenzo Polcari per la copertina; Salvatore Capitelli per il supporto nella correzione della bozza; i tanti informatori, come Antonio D‟Amico, Giovanni D‟Amico, Pierino D‟Amico, Pietro Di Matteo, Antonio Fabozzi, Luigi Nacca, Martino Piccerillo, Michele Sbarra e Pasquale Ventriglia, con i quali ho parlato più volte della festa di Sant‟Antuono; mio fratello Donato e i gruppi „A Sellara e Pastellesse Sound Group per avermi dato la possibilità di salire su un carro di Sant‟Antuono e vivere un‟esperienza unica; la mia famiglia per la grande pazienza e il continuo supporto nelle mie attività; il popolo di Macerata Campania e le battuglie di pastellessa, espressione genuina della comunità, che hanno il merito di aver tenuto in vita nei secoli un bene così prezioso chiamato „A festa „e Sant‟Antuono. Vincenzo Capuano


Làmpo, sajètta e truono... chèsta è „a mùseca „e Sànt‟Antuóno!


Bibliografia  AA. VV., Un‟Itàlia: 150 anni, 150 piatti, 150 vini, 150 territori, Ci.Vin, 2011.  Associazione Giochi Antichi, Palo di sapone, Macerata Campania, in Giochi Tradizionali d‟Italia. Viaggio nel Paese che gioca, Ediciclo Editore, Verona, 2015.  Atanasio di Alessandria, Sant‟Antonio Abate. La sua vita, Sources Chrétiennes, Edizioni Studio Domenicano (12), Bologna, 2013.  Giuseppe Maria Alfano, Istorica Descrizione del Regno di Napoli, Raffaele Miranda, Napoli, 1823.  Pasquale Capuano, Vincenzo Capuano, Mariano Fresta, Sac. Gennaro Iodice, Andrea Massaro, Michele Antonio Piccirillo e Vincenzo Polcari, „A festa „e Sant‟Antuono nel Paese della Pastellessa. Sant‟Antonio Abate, il 17 gennaio a Macerata Campania, Guida Editori, Napoli, 2018.  Pasquale Capuano, Macerata: le origini, il sito, il nome, la lingua, Macerata Campania, 2003.  Pasquale Capuano, S. Antonio Abate e i Carri di Sant‟Antuono, Macerata Campania, 2007.  Pasquale Capuano, Anno 1766 - Il culto di Sant‟Antuono nel tempo, URL: http://www.omniamaceratacampania.it.  Enciclopedia Treccani, Capua. Enciclopedie on line, URL: http://www.treccani.it/enciclopedia/capua.  Emanuela Esposito e Vincenzo Capuano, Traditional Medicine and Music: The Pastellessa as Musicotherapy, in Eivind Falk (a cura di), Traditional Medicine. Sharing Experiences from the Field, ICHCAP, #HeritageAlive, Repubblica di Corea, 2017.  Laura Fenelli, Sant‟Antonio Abate: parole, reliquie, immagini, Alma Mater Studiorum Università degli Studi di Bologna, Dottorato di ricerca in Storia medievale, XIX ciclo a.a. 2006/2007.


Sant’Antuono e le battuglie di pastellessa. Fede e tradizione a Macerata Campania

 Mariano Fresta, La festa di sant‟Antonio Abate: tradizione e innovazione nel Casertano, in Archivio di Etnografia, nuova serie, anno III, n. 2, Edizioni di Pagina, Bari, 2008.  Francesco Granata, Storia civile della fedelissima città di Capua, vol. 1-2, Napoli, 1752.  Gianni Gugliotta, L‟Antico Presente. Canti delle campagne di Terra di Lavoro, Russo Editore, Caserta, 1984.  Nicola Maciariello, Terra di Lavoro, in La ricerca archeologia nell‟Italia meridionale suoi riflessi culturali e turistici, Fausto Fiorentino Editore, Napoli, 1960.  Andrea Massaro, Aspetti di vita a Macerata e Caturano nei secoli passati, Macerata Campania (CE), 1987.  Andrea Massaro, Cuzzoli, un “competente” paese misteriosamente scomparso (Frammenti di vita passata), WM Edizioni, Atripalda (AV), 1988.  Andrea Massaro, Ricordi ed Immagini di Macerata Campania, Caturano e Casalba, Grafic Way Edizioni, Avellino, 1993.  NTV Viaggi & Sapori, Cartolina per un Week-end. Rubrica di approfondimento sul tempo libero – Puntata dedicata alla festa di Sant‟Antuono di Macerata Campania, Regia di Corrada Onorifico, Napolitivù, 2012, URL: https://youtu.be/8a35vgO8YNU.  Graziano Pesenti OCD, Sant‟Antonio abate, 2a edizione, Editrice VELAR, 2010.  Annabella Rossi e Roberto De Simone, Il rituale di Macerata Campania, in Carnevale si chiamava Vincenzo, De Luca Editore, Roma, 1977.  Giovanna Sarnella, Capodrise guida storico artistica italianoinglese, Capodrise (CE), 1997.  Tv2000, Bel tempo si spera – Puntata del 17/01/2017, Rete Blu, 2017, URL: https://youtu.be/OSxEpnjjBPk.  Tv2000, Libera nos a malo: la musica di Sant‟Antuono contro il diavolo a Macerata Campania, Regia di Luigi Ferraiuolo, Rete Blu, 2017, URL: https://youtu.be/caIi6dsrjVM. 76


Indice delle figure Fig.

Pag.

Descrizione

1

13

I bottari di Macerata Campania: „A cantenella, Macerata Campania, 2017. Foto di Antonio Pascarella.

2

16

Un momento della festa: L‟epoca nov‟, Macerata Campania, 2016. Foto di Vincenzo Capuano.

3

17

La sfilata dei carri di Sant‟Antuono: „A cantenella, Macerata Campania, 2016. Foto di Antonio Pascarella.

4

19

La sfilata dei carri di Sant‟Antuono: „A gioventù nov‟, Macerata Campania, 2015. Foto di Vincenzo Capuano.

5

20

La processione in onore di Sant‟Antonio Abate, Macerata Campania, 2016. Foto di Vincenzo Polcari.

6

21

Alcuni momenti della festa lungo Via Gobetti: La compagnia del 2011, Macerata Campania, 2015. Foto di Antonio Pascarella.

7

22

La riffa, Macerata Campania, 2017. Foto di Vincenzo Capuano.

8

23

Fuochi pirotecnici figurati: Il ciuccio, Macerata Campania, 2011. Foto di Vincenzo Capuano.

9

24

Fuochi pirotecnici figurati: Il ciuccio portato a spalla, Macerata Campania, anni „70 del XX secolo. Foto fornita da Stanislao Roggiero.

10

25

Fuochi pirotecnici figurati: La scala, Macerata Campania, 2011. Foto di Vincenzo Capuano.

11

26

I bottari di Macerata Campania, Macerata Campania, 2013. Foto di Alessandro Santulli.

12

27

Fuochi pirotecnici figurati: La signora “di fuoco”, Macerata Campania, 2011. Foto di Vincenzo Capuano.

13

28

Fuochi pirotecnici figurati: Il maiale, Macerata Campania, 2011. Foto di Vincenzo Capuano.


Sant’Antuono e le battuglie di pastellessa. Fede e tradizione a Macerata Campania

Fig.

Pag.

Descrizione

14

29

La benedizione del fuoco, Macerata Campania, 2016. Foto di Vincenzo Capuano.

15

31

La statua lignea di Sant‟Antonio Abate, Macerata Campania, 2015. Foto di Vincenzo Polcari.

16

32

Un momento della questua in onore di Santo nel 1966, Macerata Campania, 1966. Foto fornita da Umberto Gravino.

17

35

Il carro delle tre finestre, Macerata Campania, anni „30 del XX secolo. Foto tratta da “Andrea Massaro, Ricordi ed Immagini di Macerata Campania, Caturano e Casalba, p. 94, Grafic Way Edizioni, Avellino, 1993”.

18

36

Un carro di Sant‟Antuono nella prima metà del XX secolo, Macerata Campania, datazione incerta anni „20/„40 del XX secolo. Foto tratta da “Andrea Massaro, Ricordi ed Immagini di Macerata Campania, Caturano e Casalba, p. 94, Grafic Way Edizioni, Avellino, 1993”.

19

37

La “trainella”, Macerata Campania, fine anni „60 del XX secolo. Foto fornita da Bartolo Braccio.

20

38

Il carro de „A banda „e Giuliano, Macerata Campania, 1956/1957. Foto fornita da Michele Antonio Piccirillo.

21

39

Dimensioni indicative del carro di Sant‟Antuono, Macerata Campania, 2018. Figura di Vincenzo Capuano.

22

40

Ritmo “a Sant‟Antuono”. Trascrizione di M° Giuseppe Bruno, Caserta, 2015. Figura di Giuseppe Bruno.

23

41

“Ruglio” o “Strenta”. Trascrizione del M° Giuseppe Bruno, Caserta, 2015. Figura di Giuseppe Bruno.

24

43

Un tipico carro di Sant‟Antuono: Suoni Antichi, Macerata Campania, 2016. Foto di Vincenzo Capuano.

78


Sant’Antuono e le battuglie di pastellessa. Fede e tradizione a Macerata Campania

Fig.

Pag.

Descrizione

25

45

Ritmo “a pastellessa”. Trascrizione del M° Giuseppe Bruno, Caserta, 2015. Figura di Giuseppe Bruno.

26

46

Le prove musicali: Stany Roggiero e i bottari della Cantica Popolare, Macerata Campania, 2014. Foto di Vincenzo Polcari.

27

47

Ritmo “a tarantella”. Trascrizione del M° Giuseppe Bruno, Caserta, 2015. Figura di Giuseppe Bruno.

28

47

Stacchetto “„e tre”. Trascrizione del M° Giuseppe Bruno, Caserta, 2015. Figura di Giuseppe Bruno.

29

49

La sfilata dei carri di Sant‟Antuono negli anni „50 del XX secolo lungo Corso Umberto I, Macerata Campania, anni „50 del XX secolo. Foto fornita da Pasquale Capuano.

30

50

Il capobattuglia Antonio D‟Amico, detto „O scavatore, con La compagnia de “I punto esclamativo”, Macerata Campania, 2013. Foto di Alessandro Santulli.

31

51

Alcuni momenti della festa in Piazza De Gasperi: Pastellesse Sound Group, Macerata Campania, 2009. Foto di Giovanni Casertano.

32

53

La vecchia gloria di Via Diana, Macerata Campania, 1981. Foto fornita da Michele Sbarra.

33

55

La sfilata dei carri di Sant‟Antuono nel 1982, Macerata Campania, 1982. Foto fornita da Vincenzo Polcari.

34

57

La past‟e‟llessa (pasta con le castagne lesse), Macerata Campania, 2015. Foto di Vincenzo Capuano.

35

58

Il gioco del giro della botte, Macerata Campania, 2016. Figura di Vincenzo Polcari.

36

59

Il gioco del palo di sapone, Macerata Campania, 2016. Foto di Vincenzo Capuano.

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Sant’Antuono e le battuglie di pastellessa. Fede e tradizione a Macerata Campania

Fig.

Pag.

Descrizione

37

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Palo di sapone: schema del campo da gioco, Macerata Campania, 2015. Figura di Vincenzo Capuano.

38

61

Un carro di Sant‟Antuono nel 1964 lungo Via Gobetti, Macerata Campania, 1964. Foto fornita da Gaetano Natale.

39

62

Il carro de „A banda „e Giuliano, Macerata Campania, 1956/1957. Foto fornita da Andrea Massaro.

40

70

Articolo di Andrea Massaro pubblicato nel 1984 sul quotidiano “Il Mattino”, Il Mattino, 1984. Immagine fornita da Andrea Massaro.

80


Indice Introduzione (di Luigi Ferraiuolo)

7

La musica del fuoco (di Luca Rossi)

11

Sant’Antuono a Macerata Campania

15

La festa

18

Le battuglie di pastellessa

26

Il culto

28

Le origini

33

La musica di Sant’Antuono

40

La past’e’llessa

56

I giochi tradizionali

58

Alla conquista di un Impero (di Luigi Ferraiuolo)

63

Postfazione (di Corrado Sfogli)

71

Ringraziamenti

73

Bibliografia

75

Indice delle figure

77



L‟Associazione Sant‟Antuono & le Battuglie di Pastellessa è una ONG accreditata presso il Comitato Intergovernativo UNESCO per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale. Il logo dell‟Associazione Sant‟Antuono & le Battuglie di Pastellessa è stato realizzato da Stanislao Massaro. Il logo del Centro Studi Historia Loci è stato realizzato da Vincenzo Polcari. I due loghi sono di proprietà dell‟Associazione Sant‟Antuono & le Battuglie di Pastellessa. © Tutti i diritti sono riservati al proprietario.

Per informazioni e contatti: sito web www.santantuono.it e-mail info@santantuono.it facebook www.facebook.com/santantuono



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