Russia Beyond the Headlines (Italia)

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giovedì 30 ottobre 2014

Notizie e approfondimenti

L’inserto è preparato e pubblicato da Rossiyskaya G azeta (Russia) e non coinvolge le strutture giornalistiche ed editoriali de Il supplemento rientra nel progetto Russia Beyond the Headlines, che pubblica inserti in diverse lingue, in allegato a The Daily Telegraph, Le Figaro, El Pais La memoria e il futuro. In vista dei 25 anni dalla caduta del Muro di Berlino, Mikhail Gorbaciov ha rilasciato un’intervista esclusiva a Rbth. È stata l’occasione per ricordare quei momenti e riflettere sul nuovo muro che si sta alzando tra Oriente e Occidente. Tra le tensioni e le speranze di quei giorni e i rischi del presente. Il 1989 fu l’anno della caduta del Muro di Berlino. L’evento avvenne soltanto a novembre, ma già in estate arrivarono da parte sua segnali in quella direzione. Durante la conferenza stampa seguita a un suo colloquio a Bonn con il cancelliere Kohl, le domandarono cosa sarebbe stato del Muro, e lei rispose: «A questo mondo nulla dura in eterno. [...] Il Muro cadrà quando verranno meno i presupposti che ne hanno causato la creazione. Non vedo grossi problemi in questo senso». A quell’epoca come pensava che si sarebbero svolti gli avvenimenti? Né io, né Helmut Kohl, nell’estate del 1989 ci aspettavamo che tutto sarebbe avvenuto così presto. Ed entrambi in seguito lo ammettemmo. Non pretendo di essere considerato un profeta. Accade talvolta che la storia acceleri il proprio corso, che punisca i ritardatari. Ma la storia punisce ancor più severamente quanti cercano di ostacolare il suo cammino. Sarebbe stato un grosso errore restare aggrappati alla“cortina di ferro”. Per questo, da parte nostra non vi fu alcuna pressione nei confronti del governo della Repubblica Democratica Tedesca. Quando il corso degli eventi ebbe un’accelerazione per noi tutti imprevista, il governo sovietico all’unanimità - ci tengo a sottolinearlo decise per la non ingerenza nei processi interni alla Ddr, e che le nostre truppe non avrebbero in alcun caso varcato i confini delle zone in cui erano dislocate. Oggi sono convinto che quella fu la decisione giusta.

Non sono un profeta. Accade, talvolta, che la Storia acceleri il proprio corso. E che punisca i ritardatari. Ma la Storia punisce ancor più severamente chi cerca di ostacolare il suo cammino”

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Mikhail gorbaciov

in questo numero Metallurgia, le nuove prospettive Le aziende si ristrutturano per ritrovare la strada della crescita PAGINE 4 - 5

Il vertice euroasiatico rilancia il dialogo Segue a pagina 2

o pi n i o n i

Att u a litÀ

L ibri

Ebola, la diffusione del virus nel mondo e i possibili rischi per la Federazione

Tragedia a Vnukovo: il futuro di Total dopo la morte di De Margerie

Il rapporto tra poesia e politica: come i versi influenzano la società moderna

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danil golovkin

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Che cosa permise in ultima analisi di superare la divisione della Germania? Chi, secondo Lei, ebbe un ruolo decisivo nel processo della sua riunificazione pacifica? Il ruolo più importante nella riunificazione della Germania lo ebbero sicuramente i tedeschi. Non parlo solo delle manifestazioni di massa in favore dell’unità, ma anche del fatto che nei decenni successivi alla guerra, i tedeschi - nell’Est come nell’Ovest - dimostrarono di aver tratto insegnamento dal passato e di meritare la nostra fiducia. Credo che nel determinare il carattere pacifico della riunificazione e nel fatto che tale processo non portò a una pericolosa crisi internazionale ebbe un ruolo decisivo l’Unione Sovietica. Noi membri del governo sapevamo che i russi e tutti i popoli dell’Urss comprendevano l’aspirazione dei tedeschi a vivere in uno stato unito e democratico. Vorrei osservare che, oltre a noi, anche gli altri protagonisti del processo di definitiva risoluzione della questione tedesca dimostrarono equilibrio e responsabilità. Penso ai paesi della coalizione antihitleriana: Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia. Ormai non è più un segreto che François Mitterrand e Margaret Thatcher nutrivano forti dubbi sui tempi della riunificazione. La guerra, dopo tutto, aveva lasciato tracce profonde. Ma quando tutti gli aspetti della questione furono regolati, i due leader politici firmarono i documenti che ponevano fine una volta per tutte alla Guerra fredda.

Analisi a confronto sull’esito del Summit Asem di Milano PAGINA 7

club valdai, i commenti sull’intervento di putin it.rbth.com/33181


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Storia

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l'intervista mikhail gorbaciov segue dalla prima pagina

Toccò a lei risolvere il fatidico problema dello sviluppo mondiale. La soluzione internazionale della questione tedesca, con la partecipazione delle grandi potenze e di altri stati, fu una dimostrazione della grande responsabilità e dell'elevata "qualità" dei politici di quella generazione. Lei dimostrò che una soluzione era possibile se ci si faceva guidare, come ebbe a dire, da "un nuovo pensiero". Quanto gli attuali leader delle grandi potenze, a suo avviso sono in grado di risolvere in maniera pacifica i problemi contemporanei, e come è cambiato negli ultimi 25 anni la ricerca di risposte alle sfide geopolitiche? La riunificazione della Germania non fu un fenomeno isolato, ma fece parte di un processo di superamento della Guerra fredda. Alla riunificazione aprirono la strada la Perestrojka e la democratizzazione nel nostro paese. Senza di esse, l'Europa forse sarebbe rimasta ancora per decenni in una situazione di spaccamento e di "congelamento". E uscire da una situazione simile sarebbe stato, ne sono convinto, enormemente più difficile. In cosa consisteva questo nuovo pensiero? Significava riconoscere l'esistenza di minacce globali; allora si trattava soprattutto della minaccia di un conflitto nucleare, che poteva essere allontanata soltanto grazie a un impe-

gno congiunto. Occorreva dunque costruire le nostre relazioni in modo nuovo, instaurare un dialogo, cercare delle vie per porre fine alla corsa agli armamenti. Riconoscere la libertà di scelta di tutti i popoli, e al tempo stesso tenere conto dei rispettivi interessi, costruire una cooperazione, instaurare dei rapporti per eliminare ogni possibilità di conflitti e di guerre in Europa. Questi principi vennero posti a fondamento della Carta di Parigi per una nuova Europa (1990), un importantissimo documento politico sottoscritto da tutti i paesi dell'Europa, dagli Stati Uniti e dal Canada. In seguito si sarebbero dovute sviluppare e concretizzare queste clausole, creare delle strutture esecutive, dei meccanismi di prevenzione e di cooperazione. In quel periodo, per esempio, fu proposta la creazione di un Consiglio di sicurezza per l'Europa. Non voglio mettere a confronto quella generazione di leader politici con quella successiva. Resta però il fatto che tutto ciò non venne realizzato. Lo sviluppo dell'Europa assunse un carattere unilaterale, cosa che, va detto, fu favorita

mai più

anche dall'indebolimento della Russia negli anni Novanta.

ta e in cosa, purtroppo, essa è stata trasformata negli ultimi anni.

È preoccupato dallo scenario attuale? Siamo di fronte a una crisi della politica europea e mondiale. Una delle cause di questa situazione, ma non l'unica, è la non disponibilità dei nostri partner occidentali a tenere conto del punto di vista della Russia e dei legittimi interessi della sua sicurezza. A parole si plaudeva alla Federazione, soprattutto negli anni di Eltsin, ma di fatto non la si teneva in considerazione. Parlo soprattutto dell'allargamento della Nato, dei progetti di sviluppo dello scudo antimissilistico, delle azioni intraprese dall'Occidente in regioni importanti per la Russia (Jugoslavia, Iraq, Georgia, Ucraina). Si diceva letteralmente così: «Non sono affari vostri». Il risultato di tutto ciò è stata la formazione di un ascesso che poi è scoppiato. Consiglierei ai leader occidentali di analizzare attentamente la situazione, invece di dare tutte le colpe alla Russia. E di ricordare quale Europa eravamo riusciti a creare all'inizio degli anni Novan-

Una delle principali questioni che si pongono attualmente rispetto a quanto sta accadendo in Ucraina è l'allargamento a Est della Nato. Ha l'impressione che i partner occidentali la ingannarono elaborando i loro piani successivi nell'Europa Orientale? Perché non insistette sulla formalizzazionegiuridicadellepromesse ricevute, e in particolare delle rassicurazioni del segretario di stato americano, James Baker, sui confini orientali dell'Alleanza? La questione non era oggetto di discussione ai tempi. Lo dico con piena responsabilità. Nessun paese dell'Europa orientale aveva sollevato la questione, neppure dopo l'abolizione del Patto di Varsavia nel 1991, né l'avevano sollevata i governanti occidentali. Si discuteva di altro, di evitare che - dopo la riunificazione della Germania- vi fosse un avanzamento delle strutture militari

della Nato e un ulteriore dispiegamento di forze armate dell'Alleanza nel territorio di quella che allora era la Ddr. In questo contesto Baker fece la dichiarazione che lei ha ricordato nella sua domanda. Ne parlavano anche Kohl e Genscher. Tutto ciò che si poteva e si doveva fare per fissare questo impegno politico venne fatto, e mantenuto. Nell'accordo con la Germania sulla definitiva pacificazione fu scritto che nella parte orientale del paese non sarebbero state create nuove strutture militari, non vi sarebbero stati ulteriori dispiegamenti di truppe, e non sarebbero state dislocate armi di distruzione di massa. Queste condizioni sono state rispettate per tutti questi anni. Pertanto non bisogna dipingere Gorbaciov e i

Il mondo è pieno di tensioni, di sfide comuni. Vi sono moltissimi problemi che possono essere risolti solo con degli sforzi congiunti. La mancanza di comunicazione tra Russia e Unione Europea finisce con il danneggiare tutte le parti in causa"

I numeri

2

giorni dopo il crollo del Muro, il principale giornale dell'epoca, la Pravda, uscì con la prima frase su quanto stava accadendo

25

anni sono trascorsi dalla caduta del Muro di Berlino (9 novembre 1989): un evento che ha cambiato il corso della storia

155

chilometri era la lunghezza complessiva del Muro che divideva la Germania tra Est e Ovest, di cui 43 chilometri situati nel territorio di Berlino

l'approfondimento

La Guerra fredda, la Nato e l'Europa Tra Berlino e le Rivoluzioni di Velluto Andrei Suschentsov

L

analista

a controversia fra Russia e Occidente sull'ampliamento dei confini Nato in Europa è il nodo più importante per la sicurezza del Continente. Le sue radici sono insite nella diversa interpretazione degli esiti della Guerra fredda, oltre che delle sue conseguenze. La Russia ritiene che questa sia terminata grazie agli sforzi congiunti di Unione Sovietica e Stati Uniti alla fine del 1980, nel periodo di transizione dal confronto-rivalità alla collaborazione fra le due superpotenze. Così riteneva anche l'Occidente, perlomeno fino a quando, nel 1991, cadde l'Unione Sovietica. Già dal gennaio successivo il presidente degli Stati Uniti, George Bush senior, dichiarò: «Con la grazia di Dio, l'America ha vinto la Guerra fredda». Questo avvenimento venne letto dall'Occidente come uno spartiacque che apriva una nuova epoca storica nella quale non sarebbero stati più validi gli accordi del passato. L'approccio sovietico proponeva invece che, a seguito della decisione condivisa di porre fine all'epo-

ca di contrapposizione, le due parti operassero insieme per decidere del futuro di quelle terre nelle quali si intersecavano i rispettivi interessi. Il discorso riguardava innanzitutto la sicurezza europea, che doveva basarsi sull'equilibrio degli obiettivi delle nazioni più forti, che avrebbero dovuto agire di comune accordo all'interno della cornice dell'Ocse. La questione principale riguardava il futuro della Nato, organo creato in contrapposizione alla Russia. Alla fine degli anni Ottanta, a proposito della Germania, le parti convennero che il nullaosta dell'Urss all'unificazione del paese e il ritiro delle truppe sovietiche dal territorio non avrebbero condotto a un ampliamento dell'Alleanza Atlantica. Il segretario Usa, James Baker, spiegò: «Le consultazioni e le dicussioni nella cornice del formato “2+4” dovranno garantire che la riunione della Germania non comporti un ingrandimento dell'organizzazione militare Nato in Oriente». I paesi dell'Alleanza Atlantica presero l'impegno di non piazzare alcuna infrastruttura militare nel territorio della Germania dell'Est, accordo valido tutt'ora. Nonostante la posizione russa sull'inammissibilità di una espansione Nato fosse stata espressa in termini molto chia-

ri, l'intesa non venne di fatto stipulata. Nel corso del biennio 1989-1990 questo discorso non venne più toccato, dal momento che continuava a sussistere l'Organizzazione del Patto di Varsavia. Ma nell 1991 l'Unione Sovietica perse il controllo sugli eventi in corso in Europa centrale e orientale. “Le rivoluzioni di velluto” e lo scioglimento forzato del patto di Varsavia generarono una situazione in cui l'Occidente non si affrettava a dare alcun obbligo a Mosca. La situazione si complicò ulteriormente in seguito al tentativo di colpo di stato in Urss e alla divisione del paese. I leader della nuova Russia misero da parte le esigenze sovietiche sulle garanzie di una non espansione della Nato. Boris Eltsyn scrisse nel 1990: «Quasi a beffa dei nostri quattro e passa anni di Perestrojka, nel giro di pochi giorni la Repubblica Democratica Tedesca, la Cecoslovacchia e la Bulgaria hanno compiuto un tale passo in avanti verso l'umana, civile società, che non è chiaro ora se ci sia possibile raggiungerli». Queste parole illustrano la tolleranza nei confronti degli stati dell'ex-patto diventati membri della Nato. Da parte loro, i leader dell'Alleanza Nordatlantica in-

terpretarono la situazione come una propria vittoria netta e allungarono così il programma di trasformazione del blocco in un sistema universale per la sicurezza. In questo contesto, la Russia cessò di essere considerata partner alla pari per andare a occupare, nella concezione della Nato, il ruolo di un qualsiasi altro paese europeo con il quale l'Alleanza avrebbe intrattenuto rapporti secondo le regole da essa stessa fissate. Queste tendenze portarono all'inasprimento di profonde discrepanze nella sfera della sicurezza europea, divenute in seguito, alla metà degli anni Novanta, oggetto delle principali dispute fra Russia e Nato. All'inizio del 1990 si perse dunque l'occasione per un profondo ripensamento dei rapporti russo-occidentali. La scelta del silenzio, delle condizioni che volevano essere sottintese, ma che di fatto non lo erano, il perenne non accordarsi portarono all'assoluta, reciproca incomprensione. Di fatto, l'Occidente rinunciò interamente ad adottare una politica mirata nei confronti della Russia. Era comune pensare che Mosca da sola sarebbe andata incontro all'Occidente e che questo unilaterali-


Storia

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muri

membri del governo sovietico di allora come degli ingenui che si lasciarono abbindolare. Se vi fu dell'ingenuità, fu in seguito, quando si pose la questione e la Russia inizialmente "non ebbe nulla da ridire". La decisione degli Stati Uniti e dei loro alleati circa l'allargamento a Est della Nato prese forma definitivamente nel 1993. Io dissi subito che quello era un grave errore. Indubbiamente veniva violato lo spirito delle dichiarazioni e delle assicurazioni che ci erano state fornite nel 1990. Per quanto riguarda la Germania, quelle assicurazioni erano state giuridicamente fissate, e sono rispettate ancora oggi. Per tutti i russi l'Ucraina e i rapporti con essa in questo periodo costitui-

scono un tema dolente. Anche Lei, che è per metà russo e per metà ucraino, nella postfazione al suo libro Posle Kremlya (Dopo il Cremilno, ndr) scrive che quanto sta accadendo oggi in Ucraina le causa un profondo dolore. A suo modo di vedere qual è la via d'uscita e cosa ci aspetta nei prossimi anni? Per l'immediato futuro è tutto abbastanza chiaro: bisogna adempiere a tutti gli impegni sottoscritti negli accordi di Minsk del 5 e del 19 settembre. Per ora la situazione reale appare molto fragile. L'armistizio viene continuamente violato. In questi ultimi giorni, però, si ha l'impressione che il processo si sia "messo in moto". Si sta creando una zona di separazione tra gli schieramenti, e gli armamenti pesanti vengono ritirati. Stanno arrivando gli osservatori dell'Ocse, tra i quali vi sono anche dei russi. Se riusciremo a consolidare tutto questo, sarà un enorme risultato, ma si tratterà soltanto del primo

tanto di garanzie costituzionali e giuridiche, quanto della vita quotidiana, reale. Per questo raccomanderei di cominciare al più presto a lavorare con l'obiettivo di organizzare una "tavola rotonda" nella quale siano rappresentate tutte le regioni e tutti gli strati della popolazione, e in seno alla quale sia possibile proporre e discutere qualsiasi questione che abbia un particolare interesse.

passo. Bisogna ammettere che i rapporti tra la Russia e l'Ucraina hanno subito un danno enorme. Non dobbiamo permettere a tutto ciò di trasformarsi in un reciproco allontanamento tra i nostri popoli. In questo senso un'enorme responsabilità poggia sulle spalle dei leader, i presidenti Putin e Poroshenko: sono loro che devono dare l'esempio. Bisogna calmare le passioni. Più avanti cercheremo di chiarire chi ha ragione e chi ha torto. Adesso la cosa più importante è instaurare un dialogo su delle questioni concrete. Ripristinare le normali condizioni di vita nelle regioni che hanno sofferto maggiormente, lasciando da parte per ora i problemi di status. In questo sia l'Ucraina, che la Russia e l'Occidente potrebbero essere di aiuto, sia singolarmente, che attraverso un'azione congiunta. Gli ucraini avranno un grande lavoro da fare per operare una riconciliazione nel paese, per fare in modo che ciascuno si senta un cittadino i cui diritti e interessi sono fermamente garantiti. Non si tratta

da leggere

Come vede l'evoluzione dei rapporti con l'Occidente? Il primo passo da compiere è uscire dalla logica delle accuse e delle sanzioni reciproche. A mio modo di vedere, la Russia ha già compiuto un passo in questa direzione, rinunciando a imporre misure di risposta all'ultimo round di sanzioni occidentali. Ora la parola passa ai nostri partner. Credo che essi debbano in primo luogo rinunciare alle cosiddette "sanzioni personali". Come si può condurre un dialogo, se si "puniscono" le persone che prendono decisioni capaci di influenzare la politica? Bisogna parlarsi. Questo è un assioma che hanno assolutamente sbagliato a dimenticare. Sono convinto che non appena il dialogo sarà riavviato, si troveranno dei punti di contatto. Basta guardarsi intorno: il mondo è pieno di tensioni, di sfide comuni, vi sono moltissimi problemi che possono essere risolti solo con degli sforzi congiunti. La mancanza di comunicazione tra Russia e Ue danneggia tutti; essa indebolisce l'Europa in un momento in cui la concorrenza globale sta crescendo, e altri "centri di gravità" della politica mondiale si stanno rafforzando. Il testo analizza un paese in costante movimento. I cambiamenti degli ultimi 20 anni, gli sviluppi della politica interna e le relazioni con l'Occidente

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Il suo, quindi, è un invito a non restare con le mani in mano? Non ci si può impantanare in una nuova Guerra fredda. Le minacce alla nostra sicurezza comune non sono venute meno. Negli ultimi tempi sono comparsi nuovi movimenti estremistici assai pericolosi: in particolare, il cosiddetto "Stato islamico". Si stanno aggravando i problemi dell'ecologia, della povertà, dell'emigrazione, delle epidemie. Di fronte alle sfide comuni possiamo ritrovare un terreno di dialogo. Non sarà facile, ma non esistono altre vie. L'Ucraina si prepara a erigere un muro sul confine con la Russia. Secondo lei, come è potuto accadere che idue popoli, che sono sempre stati amici e hanno fatto parte di uno stesso stato, improvvisamente abbiano litigato e ora potrebbero essere divisi da un muro non solo politico, ma anche fisico? La risposta a questa domanda è molto semplice: io sono contrario a qualsiasi tipo di muro. Coloro che stanno progettando questa "costruzione" dovrebbero ripensarci. Credo comunque che tra i nostri popoli non prevarrà la discordia. Siamo troppo simili, sotto ogni punto di vista. Non esistono problemi insormontabili e differenze inconciliabili. Molto, però, dipenderà dagli intellettuali e dai mezzi di informazione. Se essi lavoreranno per l'isolamento, se provocheranno discordie e conflitti, sarà un disastro. Abbiamo già visto degli esempi del genere. Per questo raccomando agli intellettuali di tenere un comportamento responsabile. Maksim Korshunov

L'autobiografia di Mikhail Gorbaciov è stata pubblicata in Italia nel 2013. L'autore ne parla orgogliosamente come «il racconto della nostra vita»

Stampa Dalla reticenza iniziale alle prime notizie

"Ma cosa succede in Germania?" Quelle ore di giornali silenziosi Il 9 novembre 1989 la stampa mondiale pubblicava continui aggiornamenti. Non quella sovietica, che, per molti giorni, cancellò l'evento. ullstein bild/vostock-photo

smo non l'avrebbe danneggiata. Questa politica non era volta a ignorare gli interessi russi, ma questo fu proprio ciò che avvenne nella realtà dei fatti. I piani non vennero rivisti neppure dopo i primi seri scontri fra Russia e Nato intorno al conflitto nei Balcani. In risposta agli appelli lanciati da Mosca per coordinare le strategie nella sfera della sicurezza europea (in merito, ad esempio, all'ampliamento dell'organizzazione e all'installazione del sistema antimissilistico americano), dall'Occidente risposero: «Non siamo più nemici, fate come vi pare». Washington e Bruxelles non erano preoccupati per i passi simmetrici della Russia compiuti in materia di autodifesa, poiché consideravano che Mosca non avrebbe rappresentato alcuna minaccia. La crisi ucraina è stata l'ultima e più importante testimonianza di questo sbilanciamento dell'ordinamento internazionale. Guardando in prospettiva, i conflitti in Europa potranno essere superati solo se la Russia e l'Occidente si accorderanno sulle nuove regole di interazione nel Vecchio Continente e nel mondo. L'autore è professore associato dell'Università Mgimo di Mosca e ricercatore del club Valdai

sul nostro sito Interviste in esclusiva ai personaggi che hanno fatto la storia. Reportage dagli angoli più sconosciuti della Russia: fotografie, infografiche e video multimediali ›› www.it.rbth.com

Esiste la possibilità di costruire davvero una casa paneuropea? Se si conservasse l'Unione Sovietica, non come impero comunista, ma come comunità ragionevole, legata da reciproci vantaggi, l'integrazione si sosterrebbe su due pilastri: Bruxelles e Mosca ›› www.it.rbth.com/33175

georgij manaev rbth

In quei giorni, gli abitanti dell'Urss poterono venire a sapere del crollo del Muro solo per sentito dire o per i mezzi accenni“sfuggiti”alla stampa centrale. Il 9 novembre 1989 ai chioschi dove vendevano i giornali sovietici, non pervenne un'intera serie di giornali. Non uscirono il Moskovskij Komsomolets, la Sovetskaja Rossija, il Trud. Quel giorno comparvero solo i numeri nuovi dei due principali quotidiani del paese Pravda e Izvestija. Tuttavia, in queste edizioni i lettori non videro neppure una parola sulla caduta del Muro di Berlino.

Fra le righe

«I cambiamenti nella Repubblica Democratica Tedesca», così è intitolata la nota del corrispondente della Pravda a Berlino, Maja Podkljuchnikova, datata 9 ottobre, e che comunica delle dimissioni del governo della Germania dell'Est. Podkljuchnikova cita l'appello del Consiglio dei Ministri della Ddr: «Noi ci rivolgiamo a tutti i nostri cittadini intenzionati ad abbando-

nare la repubblica, chiedendo di riflettere su questo passo». Un lettore attento avrebbe potuto trarre da queste parole la conclusione che ai cittadini della Germania dell'Est era comparsa all'improvviso la possibilità di uscire dal paese e che dunque il muro di Berlino non esisteva più. Un accenno al reale corso degli eventi lo si può trovare nel numero della Pravda dell'11 novembre. Nella nota “La visita interrotta”si dice che il cancelliere della Repubblica Federale Tedesca, Helmut Kohl, aveva interrotto la sua visita di un giorno in Polonia per tornare a Bonn «in relazione alla situazione drammatica al confine fra i due stati tedeschi». Nella seconda decade di novembre, la Pravda continuava a informare degli avvenimenti politici nelle due repubbliche, ma in nessun articolo c'era il benché minimo accenno al muro. Nel contempo tuttavia, nell'articolo di Podkljuchnikova, si parlava di nuovo di "trasloco di massa" e di consegna da parte dei tedeschi dell'Est dei tesserini del partito Socialista Unificato di Germania (Sed). Finalmente, il 14 novembre si aggiunse anche la voce del quotidiano Moskovskij Komsomolets che aveva pubblicato nella rubrica“in breve”un appunto sull'ordine impartito agli eserciti di frontiera della Repubblica Democratica Tedesca. Il comando inviato diceva che «si doveva fare tutto il possibile per contribuire all'esecuzione or-

dinata e costante delle nuove leggi governanti il regime di passaggio al confine tra le due repubbiche e a Berlino ovest». Per un commento a questa affermazione ci siamo rivolti alla redazione della Pravda. Secondo le parole del suo collaboratore, Nikolai Kozhanov, attualmente al giornale non ci sono quasi più i redattori che avevano scritto nel 1989. Tuttavia egli stesso dubita dell'esistenza di una direttiva dall'alto, in special modo riguardante la carta stampata. «I giornalisti della Pravda si sono sempre distinti per fiuto politico. E sicuramente, quando giunse la notizia della caduta del muro di Berlino, non si affrettarono a pubblicarla. Questo avvenimento significava il fallimento della parte socialista, darne la notizia significava ammetterne la sconfitta», continua Kozhanov. Che rivela anche come funzionava il dispositivo che legava stampa e partito: «Non serve pensare che fosse proprio il corrispondente della Pravda a Berlino a non conoscere i fatti», dice l'attuale redattore del quotidiano. «In simili casi il corrispondente era obbligato a scrivere una lettera chiusa al Comitato centrale del partito. Nella missiva veniva data la descrizione dettagliata della situazione reale. Solo in un secondo momento i funzionari del partito avrebbero preso la decisione di cosa e come avrebbe scritto la Pravda».


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Economia

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industria dell'acciaio le aziende del settore sono in ripresa dopo le ristrutturazioni

La Federazione si afferma sempre più come produttore di acciaio, metalli non ferrosi e preziosi. Settori destinati a crescere negli anni a venire, trainati dalla domanda dei paesi emergenti. leonid khomeriki rbth

La turbolenza che ha investito negli ultimi tempi le quotazioni dei metalli sta spingendo le aziende metallurgiche russe a mettere in campo importanti piani di ristrutturazione. Nella consapevolezza che il settore assumerà un peso crescente nell'economia nazionale (oggi conta per il 5%, ma già nel 2018 dovrebbe arrivare a sfiorare il 7%), alla luce della domanda che arriva dai paesi emergenti e di alcuni fattori legati più alla situazione nazionale. La svalutazione del rublo ha reso più competitiva la produzione all'interno del paese, stimolando così nuovi mercati di esportazione. Un altro fattore rilevante è costituito dalla situazione in Ucraina. Prima della crisi, Kiev esportava in Russia un volume consistente di metallo laminato. Ora, invece, quelle quantità si sono ridotte, avvantaggiando così le acciaierie russe. In terzo luogo, lo sviluppo della meccanica (specialmente quella pesante) darà una spinta alla domanda interna di metallo. Negli ultimi 10-15 anni quasi tutte le aziende metalmeccaniche russe si sono lanciate nella produzione ad alto valore aggiunto. Questo approccio strategico consente di aumentare i profitti e di vendere direttamente al consumatore finale, anziché ad altre imprese intermediarie, come sottolineato dal rappresentante di Magnitogorsk, uno dei quattro grandi produttori di acciaio presenti nella Federazione (gli altri sono Evraz, Severstal e Nlmk). In presenza di un costo più basso dell'energia elettrica, per alcuni anni gli operatori russi avevano potuto contare su un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti esteri. Tuttavia, in conseguenza della riforma (che ha alzato la tassazione sulle infrastrutture energetiche per finanziare la spesa sociale), il vantaggio è andato via via perduto.

Un anno difficile

Il 2014 è stato fino a questo momento un anno nero per le quotazioni delle materie prime, in seguito al calo della domanda mondiale di metalli, dovuta in primo luogo all'incertezza che caratterizza il quadro macro nel Vecchio Continente. Si è venuto così a creare un eccesso di offerta rispetto alla domanda intorno al 10%. Questo trend ha influito in maniera sostanziale sui prezzi dei prodotti finiti, che sono scesi tra il 10 e il 15%, con punte fino al 25%. Le aziende del settore non sono rimaste a guardare e, prendendo atto dei mutamenti in atto nel mercato, hanno annunciato piani di ristrutturazione, che in primo luogo puntano ad abbattere la situazione debitoria,

LA CADUTA DEL RUBLO http://it.rbth.com/33163

in modo da renderla più sostenibile. Alla fine del primo semestre la maggior parte dei giganti metallurgici della Federazione è tornata a registrare profitti. Per molti si è trattato del primo risultato positivo dopo parecchi anni. Così, ad esempio, la compagnia Evraz, che ha chiuso il periodo con un utile poco più che simbolico di 1 milione di dollari. Per ritrovare il segno positivo occorre andare indietro fino al 2011 (453 milioni di dollari). Una delle più grandi fabbriche metallurgiche russe, quella di Magnitogorsk, per la prima volta dal primo trimestre del 2013 ha registrato un tasso di crescita. Nel secondo trimestre del 2014 c'è stato, infatti, un profitto di 159 milioni di dollari (che ha consentito di chiudere il semestre con un bilancio positivo per 80 milioni di dollari). Mentre Novolipetsk ha concluso la prima metà dell'anno in corso con un utile di 332 milioni di dollari, vale a dire 4,6 volte di più rispetto a quanto registrato nell'analogo periodo del 2013. Anche il gigante dell'alluminio Rusal, rappresentante dell'industria metallurigca non ferrosa, ha fatto un passo avanti per la prima volta dall'inizio del 2013. Nel secondo trimestre del 2014 il guadagno è stato di 116 milioni di dollari. Nel caso specifico, il miglioramento dei risultati finanziari è legato alla crescita dei prezzi dell'alluminio (dopo il calo registrato all'inizio del 2014, il prezzo è salito fino a quota 2.100 dollari per tonnellata) e alle efficaci azioni di gestione per il controllo dei costi. La chiusura di una serie di centri di produzione inefficienti ha influito positivamente sulla dinamica delle qutazioni, che gli analisti vedono stabili per i mesi a venire. In sostanza, la ripresa per i gruppi metallurgici russi è stata possibile grazie a due ragioni: da una parte la ri-

duzione dei costi e dall'altra la vendita degli attivi inefficienti. Evraz in aprile ha ceduto lo stabilimento ceco di Vitkovice Steel e si è liberata degli attivi in perdita legati a minerali e carbone. Le cessioni aiutano a ridurre l'esposizione finanziaria, in modo da rendere più sostenibile il pagamento degli interessi ed evitare che questi comprimano troppo i margini. Le uscite sono limitate anche dalla prudenza sul fronte degli investimenti. In passato molte aziende del settore hanno messo mano al portafoglio, e ora attendono di vedere i risultati prima di programmare nuove spese importanti. Anche alla luce dell'incertezza dettata dalle tensioni con l'Occidente per via della questione ucraina. Proseguendo nella disamina dei metalli, va segnalata la persistente debolezza del nichel, che viene usato soprattutto per la produzione di acciaio inox. Le sue quotazioni viaggiano non lontane dai minimi storici perché scontano la debolezza della domanda cinese. Nondimeno, secondo Semen Nemtsov, analista di Ik Russ-Invest, l'embargo sul prodotto proveniente dall'Indonesia (il più grande fornitore al mondo) porterà alla scarsità di questo metallo nel corso del prossimo anno, e conseguentemente a un aumento del suo prezzo. Questo scenario promette di influire positivamente sulle quotazioni dei produttori russi, a cominciare dal gruppo leader Nornikel. Infine uno sguardo al più noto tra i metalli preziosi. «L'estrazione di oro continuerà a crescere perché la Banca Centrale e il governo intendono accumulare riserve in ottica di diversificazione», è la convinzione del gestore Platon Maguta. Un parere condiviso da altri analisti del settore, per i quali l'incremento delle riserve aiuterà a ridurre l'esposizione ai rischi.

max avdeev

viaggio nella terra del metallo pesante

Commodity Il cambio di rotta dei produttori

Cala il prezzo dell'oro meno estrazioni in vista? Dopo il crollo delle quotazioni negli ultimi due anni, l'ipotesi è una diminuzione delle quantità da immetere sul mercato per evitare un'ulteriore caduta delle quotazioni. Maksim filatov rbth

La Russia è uno dei paesi più importanti al mondo per la produzione di oro. Per buona parte degli ultimi dieci anni, il prezzo in crescita della materia prima lo ha reso una sicurezza per gli investitori scoraggiati dall’instabilità dei mercati azionari. Ma nel 2013 vi è stata una brusca inversione del trend, che per molti analisti è destinato a durare a lungo a causa di un'offerta che supera nettamente la domanda di mercato. I produttori russi continuano imperterriti nelle loro operazioni. Alla fine del 2013, per la prima volta in 25 anni, la Federazione ha superato gli Stati Uniti nell'estrazione, raggiungendo così il terzo posto nella classifica mondiale. Secondo quanto dichiarato dall'associazione russa dei produttori di oro,

nella prima metà del 2014, l'estrazione è aumentata del 27% nel confronto a un anno, superando le 116,7 tonnellate. «Constatiamo che i consumi sono stabili», dice Nikolai Zelenskij, direttore generale di Nordgold. «La domanda è più sostenuta nei paesi in via di sviluppo rispetto alle economie avanzate». Stando alle sue dichiarazioni, la domanda di oro della Cina nel 2014 è approssimativamente di mille tonnellate all’anno, pari al 24% circa di tutto il consumo mondiale. «Se teniamo presente che la Russia ha una serie di progetti di sviluppo, nei prossimi quattrocinque anni la produzione continuerà ad aumentare», aggiunge Zelenskij. Le regioni russe continuano a espandere

DIETRO LA CRISI DEL GAS http://it.rbth.com/33123

le loro operazioni di estrazione. In particolare, secondoVladimir Pechenij, governatore di Magadan (la regione che produce più oro nell’Estremo oriente russo), lo sviluppo di depositi minerari aiuterà la regione a estrarre fino a 80 tonnellate di oro all’anno, un dato nettamente superiore rispetto alle 24 tonnellate attuali. L’aumento dell'offerta non favorisce di certo la ripresa delle quotazioni (-24% lo scorso anno). Nella sua intervista al quotidiano economico Kommersant, il ceo di Polymetal, Vitalij Nesis, ha affermato che se il prezzo scenderà sotto i mille dollari l’oncia (attualmente viaggia poco sopra quota 1.200), alcune operazioni legate alla sua produzione dovranno essere chiuse. Secondo Nesis, l’incentivo economico ad avviare nuove imprese esiste soltanto quando il prezzo dell’oro arriva a 1.500-1.600 dollari, non meno del 20% in più rispetto a oggi. Di conseguenza, la ripresa del mercato potrà aver luogo soltanto dopo una riduzione in tutto il mondo della

produzione di oro e argento, conclude Nesis. Una prospettiva di non facile realizzazione, considerato che richiederebbe un coordinamento a livello internazionale oggi difficile anche solo da ipotizzare. Così, secondo gli analisti, gli operatori del settore sono chiamati a prendere decisioni strategiche per tornare alla redditività. In alcuni casi sarà opportuno chiudere gli impianti che si dimostrano inefficienti, in altri risulterà più conveniente un consolidamento del mercato, che consenta di generare economie di scala. «Penso che il processo di fusioni e acquisizioni nel nostro settore sia destinato a intensificarsi», conclude Zelenskij.

ENERGIA, COSÌ SI INVESTE SUL SOLE http://it.rbth.com/32921


Economia

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05

Gaia Russo

Il caso Mechel, la difficile situazione finanziaria del polo siderurgico

Il colosso lotta per sopravvivere La situazione di Mechel, indebitata per quasi 8 miliardi di dollari, è un caso di scuola. Si tratta di un colosso minerario e siderurgico con circa 30 fabbriche tra Russia (è presente in 13 regioni), Stati Uniti, Kazakistan, Lituania e Ucraina. Il gruppo controlla anche tre porti commerciali, aziende di trasporto, reti di vendita e di assistenza internazionali. L'attenzione su Mechel è cresciuta a partire dal 2008. Dopo un incontro con l'ex primo ministroVladimir Putin, il valore dell'azienda è sceso di 5 miliardi di dollari. «Naturalmente la malattia è una malattia, ma penso che Igor Vladimirovich (Zyuzin, presidente della società, ndr) dovrebbe quanto prima risolvere la situazione. Altrimenti dovrà intervenire il medico per smussare e risolvere tutti questi problemi», aveva dichiarato all'epoca il capo del governo durante l'incontro. Il suo disappunto era dovuto non solo all'assenza nella riunione del capo della compagnia, ma anche al fatto che per Mechel fosse più conveniente vendere materie prime all'estero, che nel mercato interno. In risposta, le azioni della società scesero del 37,6%. Oltre alla componente politica, un ruolo importante nel destino della compagnia lo ha giocato la congiuntura di mercato. «La situazione più drammatica del mercato metallurgico riguarda il settore siderurgico», dice Sergei Khestanov, managing director della compagnia Alor. «Fino al 2008 la domanda di metallo superava l’offerta, ma - con la crisi - si è avuto un eccesso di offerta», spiega Khestanov. «Il calo della domanda dall'estero, insieme alla discesa

del prezzo di quasi il 40% rispetto all'inizio dell'anno, ha colpito i profitti delle compagnie russe», osserva l’analista di Bcs, Oleg Petropavlovskij. Tuttavia, mentre altri produttori di acciaio, tra i quali la Evraz di Roman Abramovich e la Rusal di Oleg Deripaska, rimangono a galla svendendo il patrimonio e trovando la possibilità di rimborsare i prestiti, Mechel sceglie un'altra strada, continuando a indebitarsi. «In un momento in cui i tassi sono saliti fino al 10-12% annuo, Mechel ha preso crediti per lo sviluppo della so-

la storia

Situazione difficile, ma prevale l'ottimismo Mechel è stata fondata nel 2003. Il 65,5% delle azioni è di proprietà dell’imprenditore russo Igor Zyuzin (che presiede il consiglio della società) Secondo i rappresentanti di Mechel, oggi il debito della società ammonta a 7,7 miliardi di dollari, per il 69% con banche di Stato russe Le autorità si aspettano che, dopo aver convertito i 3 miliardi di dollari di debito verso Sberbank, Vtb e Gazprombank nel 75% delle azioni, la società riuscirà a salvarsi dal fallimento

cietà», spiega Hestanov. «Prima della crisi gli attivi si acquistavano sul credito e a prezzi elevati», ha dichiarato Oleg Petropavlovskij. «Inoltre, un ruolo significativo è stato svolto dallo sviluppo indipendente dei giacimenti di Elgin». L’assenza di un partner ha fatto sì che tutti i rischi finanziari siano stati assunti da Mechel. Secondo i rappresentanti di Mechel, oggi il debito della società ammonta a 7,7 miliardi di dollari, per il 69% con banche di Stato russe. I finanziatori stanno perdendo la pazienza e la speranza di avere indietro i soldi "in modo amichevole". Secondo la compagnia, entro la fine del 2014 è necessario ristrutturare circa 680 milioni di dollari di debito. In base all’accordo raggiunto con Gazprombank, il creditore ha accettato di rinviare il pagamento di un anno. Il governo russo intende salvare Mechel, cedendo l'azienda ai creditori. Le autorità si aspettano che, dopo aver convertito i 3 miliardi di dollari di debito verso Sberbank,Vtb e Gazprombank nel 75% delle azioni, la società riuscirà a salvarsi dal fallimento. Nella compagnia non vogliono cambiare la proprietà, preferendo pagare i debiti con il patrimonio. Come detto all'inizio di ottobre dal direttore generale di Mechel, Oleg Korzhov, la compagnia è alla ricerca di acquirenti. «Abbiamo proposte dalle parti interessate, stiamo negoziando», ha dichiarato. Per gli esperti, la situazione è talmente critica da rendere difficile in questa fase la ricerca di compratori. La sensazione è che solo le autorità potranno decidere il futuro della compagnia metallurgica. Maria Karnaukh

Carbone Russia e Cina firmano un contratto per massimizzare i profitti dei giacimenti di fossile presenti in Siberia

Le sanzioni spingono i grandi gruppi a guardare verso Est Il conglomerato tecnologico statale Rostech ha firmato un accordo per i giacimenti di carbone con il gruppo Shenhua. david miller rbth

Rostech, conglomerato statale russo attivo nei settori tecnologico e difesa, ha firmato un accordo con il gruppo cinese Shenhua, il più grande produttore di carbone al mondo, per esplorare e far fruttare i giacimenti di carbone in Siberia e nell’Estremo Oriente russo. Il costo complessivo del progetto, che comprende la costruzione di centrali energetiche alimentate a carbone che venderanno elettricità in Russia, in Cina e in altri paesi asiatici, sarà di 8-10 miliardi di dollari. La società moscovita

controlla un vasto network di operazioni hi-tech sia in campo civile, sia in quello della difesa, compresa l’azienda che produce il famoso fucile russo Kalashnikov. L’azienda compare nell’elenco di quelle colpite dalle sanzioni di Stati Uniti e Unione Europea che intendono limitare l’accesso dell’azienda ai mercati finanziari occidentali. Il contratto tra Rostech e Shenhua arriva in un periodo di intensa collaborazione tra Russia e Cina in campo energetico, stimolata dai rapporti sempre più difficili tra Russia e paesi occidentali. A maggio, dopo anni di trattative, Gazprom, il colosso russo che esporta gas naturale, e la China National Petroleum Corporation hanno finalmente firmato uno storico contratto trentennale del valore di 400 miliardi di dol-

lari per approvvigionare di gas il gigante asiatico. Con una dichiarazione ufficiale, Rostech ha risposto alle sanzioni di Usa e Ue accusando i politici dell’Unione di voler provocare un’escalation del conflitto, aggiungendo che i provvedimenti presi nei mesi scorsi finiranno con il danneggiare entrambe le controparti. «Chi impone sanzioni dovrebbe capire che questa cooperazione è a due direzioni» si legge nella dichiarazione dell’azienda. «Entrambe le parti soffriranno in seguito all’interruzione della cooperazione». Tornando all'accordo sul carbone, le due compagnie intendono esplorare e far fruttare il giacimento carbonifero di Ogodzhinskoye, situato nella regione dell’Amur. Le riserve nella miniera sono stimate in 1,6 miliardi di tonnellate me-

triche. Rostech prevede che lo sfruttamento del fossile possa iniziare nel 2019 con una produzione annuale che promette di raggiungere 30 milioni di tonnellate. Rostech e Shenhua hanno pianificato anche la costruzione di un terminal carbonifero marittimo a Porto Vera, nel territorio di Primorsky, con una capienza annuale di 20 milioni di tonnellate. Le due aziende hanno concordato di iniziarne la realizzazione nel 2015, così che Porto Vera possa avviare le sue operazioni nel 2018 o, al più tardi, l'anno successivo. La strategia russa per lo sviluppo del settore carbonifero da qui al 2030, così come è stata delineata dal ministro dell’Energia del paese, prevede di trasferire il centro della produzione alle regioni orientali della Russia, dove il

carbone, grazie alle distanze inferiori per il trasporto, potrà competere sui mercati asiatici, che rappresentano al momento l’80% dei consumatori mondiali. «La regione asiatica e quella pacifica sono le locomotive mondiali per le importazioni di carbone, mentre l’Europa non sembra poter essere un potenziale consumatore», dice Aleksandr Grigoriev, direttore della ricerca presso il Tek Institute of Natural Monopoly Issues. «Nonostante ciò, la situazione dei prezzi negli ultimi 12-18 mesi resta depressa», aggiunge. «In Russia la redditività operativa supera a stento il 10%», sottolinea Kharek Avakyan, direttore analisi finanziaria di Bpr Consult. «Tenuto conto delle spese, il settore è a malapena in equilibrio sul margine della produttività».


Energia

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06

Nucleare La Federazione aumenterà il proprio impegno, soprattutto grazie agli accordi internazionali

Un futuro edificato sull'atomo? Lo sviluppo di tecnologie per il nucleare è in forte accelerazione nella Federazione, proprio mentre altre aree del mondo fanno marcia indietro su questo versante. konstantin leonidov rbth

il commento

Nuove carte da giocare per le fonti tradizionali Stanislav Shubin

C

analista

L'autore è vice direttore del Dipartimento per lo sviluppo dei mercati dell'energia elettrica

Gaia Russo

redo che il dibattito sullo sviluppo energetico debba considerare le specificità che caratterizzano i diversi paesi. Quanto al settore delle rinnovabili in Europa, molto si è detto sulla natura ecologica di questa scelta, ma credo che il vero motore sia la necessità di aumentare la sicurezza energetica dell'area. Inoltre, sostenendo il settore, la Ue ha creato un nuovo segmento dell'industria, con tutte le ricadute che ne derivano, anche sul fronte occupazionale. In merito alla Russia, si sostiene che lo sviluppo delle fonti alternative consentirebbe di fornire elettricità e calore alle regioni più lontane e difficilmente raggiungibili del paese, dove risulta assai dispendioso l'approvvigionamento di combustibile. Ma viene spontaneo domandarsi: perché stimolare lo sviluppo di questo comparto, quando sarebbe sufficiente mantenere le tariffe correnti della produzione energetica tradizionale, in una prospettiva di lungo termine? Un'altra ragione che viene addotta per sviluppare queste fonti (dal fotovoltaico all'eolico, passando per l'idroelettrico) nella Federazione è di tipo ecologico. Su questo aspetto non c'è molto da discutere, ma la domanda è: siamo disposti a pagare di più per l'elettricità verde quando tutte le altre industrie non si preoccupano in maniera particolare dell'ecosostenibilità dei loro prodotti? A mio modo di vedere, sarebbe meglio dirottare gli investimenti sulle tecnologie per la produzione energetica tradizionale, una strada che produrrebbe un effetto moltiplicatore, ora che si sta facendo incombente la necessità di rinnovare gli impianti di generazione termoelettrica esistenti. Non meno efficace sarebbe la scelta di investire risorse importanti nella produzione nucleare, settore nel quale siamo già tra i big a livello mondiale. L'Occidente è già leader nel settore delle fonti rinnovabili e noi possiamo solo cercare di ridurre le distanze o, al massimo, di raggiungerlo. Ma è un'impresa che, considerando i diversi volumi dei rispettivi investimenti, appare assai complessa. Forse non vale la pena inseguire nuove strade. Chi troppo vuole...

pressurizzata hanno dimostrato di essere affidabili. Oggi il settore nucleare russo è caratterizzato da circa 350 aziende e organizzazioni, che impiegano oltre 330mila persone. Nel paese sono attive dieci centrali nucleari (in totale 33 blocchi dalla potenza stabilita di 24,2 Gw). Nel 2013 le stazioni atomiche hanno prodotto più di 172 miliardi di kWh. Secondo l'analisi di Sergei Kirienko, capo del gigante del settore Rosatom, la produttività delle imprese è cresciuta del 25% in due anni. «Nella Federazione si presta molta attenzione all'energia atomica e le si attribuisce un ruolo fondamentale, dato che si tratta di una delle fonti di produzione più economiche, in grado di coprire grandi fabbisogni», spiega Anna Kokoreva, analista di Alpari. «Probabilmente questo è tra i pochi ambiti in cui siamo ancora leader, mentre gli Stati Uniti sono rimasti indietro e, non a caso, si servono in parte delle nostre tecnologie», sottolinea l'esperta. Negli ultimi dieci anni il settore nucleare russo non solo è uscito dalla stagnazione, ma ha anche raggiunto notevoli successi. Il pacchetto di accordi internazionali stipu-

L’energia alternativa sta diventando sempre più diffusa nel mondo. Molti paesi, soprattutto europei, discutono la necessità di aumentare in modo significativo la quota di fonti di energia rinnovabile nel proprio mix produttivo. Considerando che la Russia è uno tra i big mondiali sul fronte del gas naturale, risulta logico che la maggior parte dell'energia elettrica nel paese (circa 53%) venga prodotta in questo modo. In effetti, il carbone rappresenta solo il 14% della produzione, i prodotti derivanti dal petrolio arrivano al 18-19% e il resto è imputabile al nucleare (circa 13%). In linea con quanto avviene a livello mondiale, anche nella Federazione cresce l'interesse verso le fonti rinnovabili, che tuttavia oggi non superano l'1%. Né ci si può attendere una sensibile crescita nel breve periodo. «Al giorno d'oggi l'attenzione è concentrata sulla necessità di soddisfare il bisogno di idrocarburi nei il fatto paesi dell'Asia-Pacifico», evidenzia Maria Ananieva, analista di Rosatom sta sviluppando soluzioni di Gradient Alfa. Una rifornimento di energia ai lavori per conferma in tal senso la conquista dell'Artico. Il costo totale arriva dal recente acdei minerali estraibili concentrati nella cordo da 400 miliardi di dollari (oltre 310 regione artica della Russia supera i miliardi di euro) per la 30 trilioni di dollari fornitura trentennale di gas alla Cina. Intanto proseguono gli investimenti di Mosca per un ulte- lati da Rosatom comprende 21 unità di riore sviluppo dell'energia nucleare. Se- produzione di energia, e con i partner condo quanto dichiarato da Vladimir stranieri si sta valutando la possibilità Putin, in occasione del Forum econo- di costruire circa 40 altri blocchi. In termico di San Pietroburgo della scorsa mini monetari la somma dei contratti primavera, la Russia vuole raggiunge- esteri del colosso energetico è di circa re attraverso il nucleare almeno il 25% 100 miliardi di dollari (quasi 79 miliardel proprio bilancio energetico, di fatto di di euro). Dal 2007 al 2011 Rosatom raddoppiando l'incidenza attuale. «Que- ha aumentato il suo fatturato di due sta esigenza è più che ragionevole se si volte e mezza, fino a 15 miliardi di dolconsidera che l'atomo è fonte di inno- lari (poco meno di 12 miliardi di euro). vazione nella medicina, nell'industria Secondo quanto dichiarato dal capo di aerospaziale, in quella degli armamen- Rosatom, Sergei Kirienko, entro il 2030 ti, nel settore della ricerca geologica e la produzione atomica russa dovrebbe in altre sfere di importanza vitale», sot- crescere di cinque volte, arrivando a sfiotolinea Ananieva. Su questo fronte la rare l'equivalente di 60 miliardi di euro. La Russia possiede materie prime per Russia è all'avanguardia per il livello tecnico-scientifico raggiunto nella pro- la realizzazione di un ambizioso progettazione dei reattori, nonché per gramma di costruzione e gestione di l'esperienza nello sfruttamento delle nuove centrali nucleari. Le quantità prestazioni atomiche. Inoltre la Federazio- senti nei depositi russi ed esteri (Kazane possiede le migliori tecnologie di ar- kistan in particolare) è sufficiente a garicchimento, e i progetti delle centrali rantire i progetti nazionali e internaelettriche con reattori nucleari ad acqua zionali di Rosatom per i 100 anni.


Opinioni

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07

dibattiti dopo il forum di milano

ritrovare la volontà di costruire insieme L'importanza dell'Italia Per la ripresa del dialogo Evgeny Utkin

R

giornalista

icordate Trieste? A fine novembre dello scorso anno, il vertice bilaterale con il premier Enrico Letta e il Presidente russo Vladimir Putin era stato all'insegna della cordialità: abbracci, accordi e prospettive rosee per i rapporti italo-russi. Meno di un anno dopo, una nuova visita di Putin in Italia, a Milano, capitale della moda e del business (nonché di Expo 2015). E una situazione radicalmente cambiata: le facce tese dei leader europei, i sorrisi tirati e concessi di malavoglia, il clima di sanzioni e controsanzioni e le recenti dichiarazioni della nuova lady Pesc, Federica Mogherini: «La Russia non è più il partner strategico dell’Europa». Ci voleva dunque ancora Putin con la sua visita a Milano per invertire la rotta di collisione fra Russia ed Europa. Arrivato la sera del primo giorno del summit Asem (il vertice euro-asiatico che si è svolto il 16 e 17 ottobre nel capoluogo lombardo, alla presenza dei capi di stato e di governo di 43 paesi), il Presidente russo ha tenuto una serie di incontri, incluso quello con l’amico

La serie di colloqui tra il Presidente russo e i leader europei ha consentito di allentare le tensioni Silvio Berlusconi. Non c'è stato il tempo per incontrare a tu per tu i premier inglese e giapponese David Cameron e Shinzo Abe, ma ha avuto ben tre colloqui con il Presidente ucraino Petro Poroshenko, oltre a incontrare Napolitano, oltre che - a sorpresa - il leader della Lega Salvini. Se al termine del primo colloquiocolazione in prefettura a otto (Putin, Poroshenko, Renzi, Hollande, Merkel, Cameron, Barroso e Von Rompuy), i leader europei sono usciti con i volti accigliati, già il secondo confronto a quattro (Putin, Poroshenko, Hollande, Merkel) è risultato più proficuo. Poi, finalmente, il pranzo cordiale fra Renzi e Putin, nel corso del quale sono stati strappati dei sorrisi, fino al faccia a faccia Putin-Poroshenko che ha mutato l'atteggiamento europeo nei confronti di Mosca. Il Presidente russo ha dimostrato di essere deciso, ma flessibile, di saper cedere su alcuni punti, ma di voler tenere la barra dritta sulle questioni che maggiormente gli stanno a cuore. Ha mosso un attacco all’Ucraina, a mio

Russia Beyond the Headlines È finanziato dal quotidiano russo Rossiyskaya Gazeta. questo inserto È stato realizzato senza la partecipazione dei giornalisti e dei redattori de la repubblica. RBTH È finanziato dai provenienti dell'attivitÀ pubblicitaria e dagli sponsor commerciali, cosÌ come da mezzi di enti russi. manteniamo una

Il nuovo asse con l'Asia e i rapporti con l'Europa

modo di vedere motivato, a proposito del contenzioso del gas, per poi dichiarare: «La Russia non darà più nulla a credito», e data la situazione «saranno i nostri partner europei a offrire aiuto e sostegno all’Ucraina». Dopo il faccia a faccia con Putin, Renzi ha capito di avere un interlocutore serio, che porta avanti la sua linea e difende gli interessi del suo paese. Un player, insomma, da rispettare e con il quale è impossibile parlare mantenendo posizioni di forza; un interlocutore con il quale si possono solo fare compromessi. Troppo banale e unilaterale è definire il premier italiano pro-americano. Vero è che ha amici e consiglieri vicini alla linea statunitense, anche se a mio avviso sarebbe meglio parlare di linea europeista. L'incontro di Milano è stato un ottimo momento per riflettere. Tante sono le categorie professionali, da Confindustria a Confcommercio, che chiedono maggiore cautela sulle sanzioni contro la Russia, perché le contromisure di Mosca colpiscono l’Italia in modo molto pesante. Ci sono politici, come Matteo Salvini, che con gli slogan“dalla parte di Putin” e “basta alle sanzioni contro la Russia”sta guadagnando consensi. E Renzi non può non vedere tutto questo. Così da Milano ha preso corpo l’idea di non chiudere alla Russia, di non isolarla ostacolandola con le sanzioni, bensì di cercare «un maggiore coinvolgimento nell'arena internazionale». Questa la dichiarazione del premier italiano alla conclusione del Summit Asem, mentre il 22 ottobre in Parlamento ha affermato: «L'Italia non ha un'ansia energetica, non sottovalutiamo le preoccupazioni economiche, ma il ruolo della Russia non vale solo per le imprese italiane», ma soprattutto «per il mantenimento dell'equilibrio internazionale. Il processo di recupero della Russia è importante per il ruolo che ha di punto di riferimento per il popolo ucraino, per l'Europa e la comunità internazionale. Un'Europa forte si costruisce nel rispetto e nel dialogo». Un'apertura allo «spirito di Milano», come lo ha definito lo stesso Renzi. In conclusione, l’incontro di Milano è stato molto importante per il Vecchio Continente, e per l'Italia in particolare. Nel breve termine è difficile prospettare un annullamento delle sanzioni, ma un dialogo più aperto ci sarà, nello spirito degli interessi comuni. Le aziende italiane stanno già cercando strade alternative per aggirare le sanzioni, ma anche la linea politica deve cambiare. L'autore è un analista e giornalista russo che vive in Italia, esperto di tematiche energetiche e internazionali

posizione di redazione indipendente e rappresentiamo diversi punti di vista relativi agli eventi che coinvolgono la russia e il resto del mondo, grazie a materiali di qualitÀ e al parere di esperti. fin da quando È iniziata la nostra attivitÀ, nel 2007, cerchiamo di rispettare i piÙ alti standarD redazionali, mostrando i migliori esempi di giornalismo in Russia e

Carlo Filippini

P

focus sul web Il vento di crisi tra Mosca e Bruxelles Fedor Lukyanov

analista

I rapporti tra la Russia e l'Unione Europea continuano a essere tesi. La crisi in Ucraina e le sanzioni economiche hanno inciso negativamente sulle relazioni commerciali. Quali sono le condizioni per ritrovare il filo del dialogo? Cosa fare per ripartire su basi paritarie? www.it.rbth.com/33009

il braccio di ferro con l’Occidente Dmitri Babich

ricercatore

I provvedimenti presi dall’Occidente ai danni della Federazione vengono visti dalle aziende russe come un’interessante opportunità per trovare nuovi partner e mercati diversi in Asia e in America Latina. Come sta cambiando lo scenario del commercio ai tempi delle sanzioni. www.it.rbth.com/33135

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sulla russia. il nostro obiettivo è creare una sorta di valore aggiunto per rendere più ampio il racconto della federazione russa. oltre che in italia, RBTH È presente con 26 inserti in 21 paesi del mondo, per un pubblico di lettori pari a 33 milioni di persone. esistono inoltre 19 siti Internet, aggiornati quotidianamente, in 16 diverse lingue.

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esperto

er comprendere la rilevanza dei risultati raggiunti nel corso del recente Summit di Milano occorre ricordare che l’Asem si autodefinisce come un processo informale di dialogo e cooperazione che coinvolge una ventina di paesi asiatici e una trentina di paesi europei, con tre“colonne”o settori principali di attività: quello politico, l'economico e il socio-culturale. Mi preme sottolineare che quest’ultimo ambito è ritenuto molto importante e si concretizza in numerose attività specifiche soprattutto a livello universitario; l’Asem, infatti, ritiene che l’incontro personale e la conoscenza reciproca siano il fondamento di ogni collaborazione e accordo. Va sottolineato, inoltre, che la struttura burocratica dell’Asem è estremamente snella: in questo senso, si tratta di un esempio unico tra le organizzazioni internazionali. Nel concreto, gli incontri si tengono ogni due anni - alternativamente in Asia e in Europa e sono gestiti prioritariamente da uffici del paese/gruppo che lo ospita. In preparazione e contemporaneamente ai summit si svolgono decine di riunioni ufficiali (a livello ministeriale o di esperti dei paesi membri) e di associazioni esterne, ma che comunque si richiamano ai valori professati dall’Asem. Inoltre la presenza dei capi di stato o di governo fornisce l’occasione di mettere in calendario una serie di incontri bilaterali o multilaterali per cercare di risolvere conflitti più o meno latenti tra paesi membri: nel caso di Milano, basti pensare ai faccia a faccia che vi sono stati tra gli esponenti russi e quelli ucraini. Un altro aspetto da considerare è relativo alle visite ufficiali al paese ospitante: nel caso italiano, quella del premier cinese a Roma, che ha portato alla firma di una serie di accordi commerciali tra l'Italia e il gigante asiatico. Il tema del Summit milanese è stato "Una partnership responsabile per lo sviluppo e la sicurezza". Al suo termine, il Presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, ha fatto una dichiarazione che sintetizza i risultati raggiunti. Non si tratta di una dichiarazione sottoscritta e approvata da tutti i partecipanti, ma di una sintesi concordata dei punti sui quali vi è stata convergenza; mentre gli aspetti sui quali le posizioni restano distanti sono ricordati in modo obliquo e quasi criptico: è una modalità più asiatica che occidentale o europea, utile però per non sottolineare e inasprire i contrasti. Una sempre maggiore interconnessione tra le due regioni o continenti è

stata auspicata con particolare riferimento alle riforme economiche e finanziarie ma anche ad aspetti molto concreti, quali i sistemi di trasporto e le reti a banda larga. In particolare è da considerarsi di grande rilievo la presa di posizione a favore del libero commercio internazionale contro ogni tendenza protezionistica che in periodi di crisi solleva la testa («l’origine dei nostri mali è sempre l’altro, lo straniero»). Interessante è pure il sostegno alle piccole e medie imprese (creatrici di occupazione, molto più delle grandi organizzazioni), alla protezione dei diritti di proprietà intellettuale, alle tecnologie rispettose dell’ambiente e alla lotta all’evasione fiscale. La sottolineatura dei diritti umani e della lotta a ogni forma di discriminazione - che riflette forse più la posizione europea che quella asiatica - ha un significato non trascurabile; come pure il forte sostegno a un’istruzione diffusa e generalizzata, assai più caro alla tradizione asiatica e in particolare confuciana. Un accenno solo indiretto è stato riservato ai temi scottanti: le dispute territoriali o marittime tra Giappone e Cina e tra quest’ultima e alcuni paesi Asean sono richiamate da un generico appello alla loro risoluzione secondo i principi del

Una crescente interconnessione tra le due regioni è stata auspicata soprattutto sul fronte delle riforme economiche diritto internazionale. Come già richiamato, gli accordi formali vengono discussi e finalizzati in altre sfere, tra gruppi di nazioni più ristretti e omogenei. Ad esempio possiamo ricordare la Tpp (Trans–Pacific Parternship) tra i paesi americani e quelli asiatici, la Ttip (Transatlantic Trade and Investment Partnership) tra gli Stati Uniti e l'Unione Europea, l’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Giappone e quelli che ruotano intorno alla Cina. Si tratta di intese ancora in fase di discussione, che richiederanno forse anni prima di essere sottoscritte, destinate a modificare in misura non trascurabile le nostre economie. L’Asem è un momento e un promotore importante, anche se informale, di questi progressi; il suo prossimo e undicesimo summit, durante il quale si celebreranno i primi venti anni di attività, sarà ospitato dalla Mongolia nel 2016. L'autore è professore emerito di Economia presso l'Università Bocconi di Milano

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Vecchi mestieri Icone, la bellezza che non muore

La professione è in forte crescita nella Federazione. La maggior parte dei pittori arriva da accademie artistiche e scuole di specializzazione che coniugano tradizione e innovazione. marina obrazkova rbth

Il prete ortodosso Aleksandr Egorov si è imbattuto per la prima volta nella pittura delle icone durante alcune letture di storia dell’arte presso un istituto artistico. Anche se è diventato consapevole del valore spirituale della pittura iconica solo quando ha visto la Trinità di Andrei Rublev che era esposta presso la Galleria Tretyakov. «In un primo momento ho guardato l'opera dal punto di vista di un artista, ma poi attraverso lo splendore dei colori ho visto la luce interiore e questo mi ha completamente galvanizzato», dice. «Da allora l’ho guardata come una fonte di luce, come la fonte della nostra vita. Andrei Rublev è stato capace di svelare il mistero della Santissima Trinità, è stato in grado di trasmettere quella luce».

Un enigma per gli impressionisti

In Russia per secoli la pittura delle icone è rimasta nascosta. L’interesse artistico si è sviluppato solo nei secoli 19esimo e 20esimo, quando è stato possibile restaurare le opere antiche. «Il problema è che le immagini sacre venivano ricoperte con olio di lino che

si anneriva nel corso dei secoli, rendendo a loro volta le icone oscure e annerite», dice Padre Aleksandr. «Quando lo strato di olio di lino veniva rimosso, i colori brillavano e splendevano. Si è scoperto che i dipinti risplendevano nella loro intera tavolozza di colori». Molti impressionisti francesi che cercavano la purezza e l'armonia della luce erano affascinati dalla pittura iconica dell'antica Russia. «Henri Matisse era molto interessato alla pittura russa delle immagini sacre e aveva compreso molto bene il suo schema di colori», spiega il sacerdote. «Il matematico Boris Rauschenbach ha studiato le icone russe e la Trinità di Rublev in particolare dal punto di vista matematico, e ha scoperto le più importanti leggi della matematica in questo lavoro».

Una corporazione della pittura

Lo studio di Ekaterina Ilynsky produce icone di tutti i tipi. E i pittori di immagini sacre che vi lavorano non sono monaci. L’artistaYelena Petyaskina dice che attualmente ci sono molti workshop sulle icone all'interno della Federazione e che questa tradizione artistica è ritornata in voga e si sta nuovamente evolvendo. «Cinque-sei anni fa c'erano ancora pochissimi workshop, mentre adesso è impossibile contarli tutti», dice Petyaskina, sottolineando il grande interesse da parte delle donne su

il parco Gorkij

Qui una bella fotografia (o un selfie autunnale) è garantita a tutti i visitatori. Si trovano elementi interessanti per arricchire i propri scatti, come il simbolo stesso del parco, la legendaria scultura de "La ragazza del remo". Inoltre è possibile ottenere impressioni particolari dalla combinazione del fogliame variopinto e dei balli sul lungofiume della Moscova. Il parco è collegato con unico sistema di percorsi pedonali e ciclabili a Vorobyevy Gory, attraverso la riva sopraelevata del fiume, da dove si apre una vista panoramica sulla città capitale. Salendo sulla funicolare si possono ammirare dall'alto i bellissimi colori dell'autunno

sergey maksimishin / salt images

Custodi del Sacro Tra numeri e arte

questo fronte. «Noi dipingiamo le icone secondo le tradizioni del 15esimo16esimo secolo, così come secondo lo stile del 19esimo secolo». Lo studio funziona a livello di team: un artista dipinge i volti, un altro i corpi, un terzo la doratura e così via. «Ogni pittore contribuisce con quello che sa fare meglio», dice Petyaskina. Yelena Petyaskina ha dipinto la sua prima icona durante l’infanzia come regalo per la nonna. «Ho fatto un piatto di argilla, ho disegnato un'immagine con un chiodo e poi l’ho colorata!», dice. «Ho pensato che fosse davvero bello. L’argilla non era bruciata, perciò il lavoro non si è conservato. I prezzi per le opere artistiche religiose partono da 5mila rubli (corrisponden-

ti all'circa a 100 euro) e possono raggiungere anche il mezzo milione di rubli (oltre 9mila euro)», spiega, ricordando che questi prezzi sono leggermente più elevati rispetto alla media del mercato. «In ogni caso, le icone non sono mai state un prodotto a buon mercato e in passato gli appassionati del settore dovevano risparmiare per molti anni in modo da avere le risorse necessarie a realizzare l'acquisto». La situazione è in parte cambiata con il trascorrere del tempo: «Oggi ci sono molte stampe di icone che non sono male, ma noi abbiamo deciso di rispettare la tradizione nella realizzazione di queste opere. Abbiamo veri e propri artisti che lavorano nel nostro studio, con impegno e qualità. Le icone

la capitale russa puÒ essere considerata una delle megalopoli piÙ verdi al mondo. in cittÀ ci sono piÙ di cinquanta posti dove poter ammirare la natura autunnale. se vi trovate da queste parti, ecco un elenco dei luoghi piÙ belli

sono decorate con argento e pietre preziose. Ecco perché il risultato finale è completamente diverso rispetto ad altre realizzazioni presenti sul mercato. Produrre un’icona può richiedere due o tre mesi». Petyaskina conclude spiegando che gli stranieri che arrivano presso il suo studio non comprano le immagini sacre perché le ritengono troppo costose. «Per loro le icone sono souvenir». Una riflessione che spinge l'esperta a svolgere anche un ruolo "educativo" per far comprendere il reale valore delle opere in vendita, la loro particolarità e tutto il lavoro che si nasconde dietro un manufatto, che solo all'apparenza o a un occhio inesperto può apparire semplice.

parco izmaylovskij

Questo parco è il migliore per chi ama praticare l'hiking (escursionismo) autunnale all'interno della città. A differenza degli altri parchi e residenze presenti all'interno della capitale della Federazione, l'Izmaylovskij non è così “civilizzato”, bensì ha l'aspetto di una vera e propria foresta. Un luogo perfetto per chi ama davvero immergersi e perdersi nella natura incontaminata

il giardino botanico

tsarytsyno

Tsarytsyno è l'unico paesaggio inglese a Mosca. Si tratta di un parco unico per la gamma di colori, la combinazione del mattone rosso con decorazioni in pietra bianca. I palazzi, gli archi e i ponti fanno da contorno al paesaggio autunnale

Giuda ai luoghi piÙ pittoreschi per ammirare l'autunno a mosca

La perla del Giardino Botanico è il giardino giapponese, costruito in osservanza di tutte le finezze dell'arte nazionale nipponica. Questo è il posto migliore a Mosca per la contemplazione solitaria dell'armonia della natura autunnale, nonché un'opportunità unica per praticare il momidzi-gari, vale a dire il tradizionale rito di osservazione degli aceri. Al centro della composizione c'è una pagoda di pietra, simbolo del tempio buddista, portata direttamente dal Giappone, mentre nella casetta Adzumaja si svolgono periodocamente i riti del tè

la tenuta kuskovo

Il parco francese, abbellito da sculture originali di marmo raffiguranti personaggi mitologici, anche palazzo estivo con la ricca collezione di arredamento autentico dell'epoca e di porcellane, che contribuiscono a fare di questa tenuta un luogo unico. Un posto ideale per ammirare la geometria autunnale del paesaggio

Kolomenskoe

Il suggestivo paesaggio del villaggio di Kolomenskoe, con gli antichi giardini di meli Djakovskij, Kazanskij e Voznesenskij. Solo qui è possibile sentire l'odore dei meli e delle foglie secche, diventato ormai una rarità a Mosca. Non c'è luogo in città più calmo e amabile durante questa stagione t r av e l 2 m o s c o w. c o m


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