Rivista Fralerighe CRIME N.4

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FRALERIGHE DICE NO ALL’EDITORIA A PAGAMENTO


INDICE Editoriale

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RACCONTI Pet society La vendetta di Alexandra Snifferò sulle vostre tombe Strangers in the night

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RECENSIONI Una brutta storia - Piergiorgio Pulixi La trilogia di Fabio Montale - Jean Claude Izzo Il momento è delicato - Niccolò Ammaniti I sussurri della morte - Simon Beckett The Black Album - Carlotto & Amici Anime e Sangue - Francesco Grimaldi Nella Carne - Sara Bilotti

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INTERVISTA A SARA BILOTTI di Giorgio Picarone

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ARTICOLI I detective nel giallo di Aniello Troiano Uno studio in nero di Simona Tassara Le origini del noir italiano di Omar Gatti Manifesto ideologico del pulp vol. II di Andrea Mariani Rasputin, l'omicidio del diavolo vol. II di Scilla Bonfiglioli Io uccido perchè sono Dio di Diego Di Dio

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INTERVISTA A PIERGIORGIO PULIXI di Aniello Troiano 68 PROMOZIONE EMERGENTI Ogni bene e le tracce del mulo - Cristian Fabbi Il fiuto dello squalo - Gianni Solla Il morso degli angeli - Maria Silvia Avanzato Doppia indagine - Marzia Musneci Venti corpi nella neve - Giuliano Pasini

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NOVITA' EDITORIALI

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Edizioni E/O Delitto alle olimpiadi - Paolo Foschi D’estate i gatti si annoiano - Philippe Georget Tre, numero imperfetto - Patrizia Rinaldi

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Revolver BD La Scorciatoia - P.G. Sturges Terra di confine - Brian McGilloway

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TimeCRIME Morte di uno sbirro - William Landay Punto di rottura - Simon Lelic

86 87

Mondadori Ora mi vedi - Sharon Bolton Senza lasciare traccia - Harlan Coben La prima regola - Robert Crais La profezia di Michelangelo - Patrizia TamĂ Istinto cieco - Andreas Winkelmann

88 89 90 91 93

Crediti

94


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GEMELLAGGIO CON PESCEPIRATA FORUM SCRITTORI

Pesce PiratA Forum di Scrittura Lettura Editing collettivo Perche pesce? Pesce perche lo scrittore e un po' come un pesce... parla poco, e silenzioso, si muove rasente al fondale muovendo appena coda e pinne, ma scruta tutto, vede perfino quello che succede alle sue spalle. Perche Pirata? Perche come i pirati informatici sposiamo in pieno la filosofia dell'web 2.0 Ovvero il voler rendere pubblico e accessibile il lavoro frutto del singolo o della collettivitĂ .

http://www.pescepirata.it/


EDITORIALE Lettrici e lettori, come avrete potuto notare ci sono delle novità, per quanto riguarda la rivista. Abbiamo deciso di raddoppiare la rivista, creandone una dedicata al Crime e una dedicata al Fantastico. La rivista del Fantastico sarà diretta da Michele Greco, già collaboratore di spicco nelle sezioni fantasy e fantascienza, mentre la rivista Crime sarà diretta da me, che sarò anche direttore generale della rivista nel suo insieme, oltre che fondatore. Premesso ciò, passo a illustrarvi questo numero. Abbiamo recensito e intervistato, per voi, due nuovi talenti italiani: Sara Bilotti, con la sua raccolta di racconti noir intrisi di quotidianità, Nella Carne, pubblicata dalla Termidoro; e Piergiorgio Pulixi, con il suo poderoso romanzo a base di poliziotti corrotti e mafia cecena, Una brutta storia, pubblicato da Edizioni E/O. Questi due autori sono delle autentiche bombe, due stili diversi accomunati da una grande qualità. Ma soprattutto, dettaglio da non sottovalutare, queste storie, in quanto italiane al cento per cento, riescono a parlare al lettore in un modo che i thriller americani e i gialli scandinavi, per quanto eccelsi, non possono eguagliare. Sembra di leggere della terra che calpestiamo e dell’aria che respiriamo, in questi due libri, anche se parliamo di terra sporca di sangue e aria satura di cattiveria. Abbiamo deciso di aprire la rivista ai blog, per condividere con voi lettrici e lettori ciò che consideriamo sia valido e degno di essere promosso. In fondo agli articoli troverete l’eventuale link al blog di provenienza. Oltre alle recensioni e alle interviste, non mancano racconti - dei lettori e dei membri della redazione -, né articoli d’approfondimento su diversi temi. In più, troverete diverse segnalazioni di romanzi in uscita e di autori emergenti nostrani che meritano di essere letti. Infine, abbiamo deciso di adottare una nuova veste grafica, che speriamo vi piaccia più della precedente. Non ho altro da aggiungere. Spero che la rivista vi piaccia e che possa essere più interessante dei numeri precedenti. Il Direttore Aniello Troiano



PET SOCIETY “Lei ci va su Facebook, Maresciallo?” L’uomo che stava parlando lo chiamavano Pozzo perché era nero nero come la morte, compresa la voce. Tuttavia aveva la fedina penale meno sporca di quanto la gente credesse, tanto che, per esempio, non aveva mai ammazzato nessuno. Ma in fondo al pozzo è buio, non si riesce a vedere e la gente non ha idea di cosa ci sia, lì infondo. Tira a indovinare, spesso sbagliando. “Io no, ma so come funziona”, fu la risposta di Bruno Savelli. Aveva imparato in fretta che, per ottenere quello che serve, bisogna dire il minimo indispensabile e lasciar fare all’interlocutore. Pozzo voleva collaborare, ma voleva farlo a maniera sua. Cosa gli costava assecondarlo? “Scommetto che è per via di suo figlio”, proseguì imperterrito l'altro. “Anche per me è così. Ci sta appiccicato tutto il giorno, scambiandosi cazzate coi compagni di classe. A stare a sentire i ragazzini, però, si imparano un sacco di cose.” Pozzo fumava sigari toscani, proprio come lui. Se ne accesero uno ciascuno, in silenzio, rintanati ognuno nel proprio spazio vitale, dove quel tratto d’unione era visto come una banale coincidenza. Un paio di boccate e il Commissario tornò a parlare. “A me l’idea di imparare dai ragazzini non piace, ma se lei dice che è possibile, sono curioso di ascoltare qualcuna di queste perle di saggezza.” Pozzo sorrise, il Maresciallo pure, ma le coincidenze continuavano a restare solo coincidenze. Lo spazio vitale, per gente come loro, ha il contorno preciso del ruolo assunto nella società, e i ruoli sono fatti come le divise, stoffa rigida e linee dritte. Pozzo, invece, stava recitando la parte del criminale spavaldo. “C’è una cosa che mi ha colpito, in particolare. Un gioco. Il gioco degli animaletti.” “Pet Society. È così che si chiama, se non ricordo male.” “Sì, sì, proprio quello, grazie.” “Che c’è di interessante in quel gioco?” “Ognuno ha un animale, che è amico solo degli animali delle persone che sono amiche sue. All’inizio del gioco viene assegnata una casa piccola e con poche cose. La casa fa parte di un paese con tanti negozi,


tutti con roba bella e costosa, e dalle case degli amici.” "Come le villette che stanno costruendo qua intorno.” Pozzo annuì come fanno i maestri di scuola durante le interrogazioni. “Proprio questo è il punto. Un paese fatto di singole case e di pochi negozi, tutti di proprietà dei gestori del gioco. Sa come si guadagnano da vivere, gli animaletti? Facendo visite e favori agli amici. Non un vero lavoro, qui ti pagano se vai a trovare gli altri animaletti, se li pulisci quando i proprietari se ne scordano. E più amici hai e più soldi fai, rendendo più bella non la città stessa, ma l’interno di casa tua.” "Che sta cercando di dirmi? Il maresciallo Savelli aveva capito dove stavano andando a parare, e quel posto non gli piaceva affatto. “Che lei può pure arrestarmi, Maresciallo, e arrestare quelli per cui lavoro, e i capi dei loro capi, ma non servirà a niente.” Savelli sospirò annoiato, Pozzo non era affatto il primo mafioso che arrestava a parlare come il personaggio di un brutto film americano. “Il sistema è stato creato, ci importa solo della nostra casa e di guadagnare facendo favori agli amici. Questa città è Pet Society, la controlla chi l’ha costruita, a darle informazioni io non ci guadagnerei niente, e tutto sommato nemmeno lei.” Per questa parte Savelli dovette riconoscere a Pozzo una certa originalità. Anche l’interpretazione era stata da Oscar, coi gomiti appoggiati alla scrivania e il toscanello penzolante all’angolo della bocca. “Torni a casa da suo figlio, ci parli un po’ di più e si limiti a fare quel poco che le garantisce di intascare lo stipendio mensile.” Qui il maresciallo decise che poteva bastare. “La smetta” gli intimò. Pozzo mantenne la posizione, imperturbabile. “Lei ha un amico, lo Stato, che la fa guadagnare poco. È zozzo come la morte, ma si fa passare per uno splendore per non cacciare fuori le monete d’oro.” Sembrava un venditore, più che un criminale. Uno di quei bottegai vecchio stampo, che fanno finta di tenerti da parte il prodotto migliore. Pensando questo al Maresciallo Savelli venne voglia di baccalà. Sua madre lo andava sempre a comprare da un norcino secco e lungo, che gli faceva una paura tremenda. Senza nemmeno rispondere a quella


provocazione diede l’ordine di portare via Pozzo. Rimasto solo si affacciò alla finestra, tormentando il mozzicone di toscanello coi denti. Pensò al quartiere dove abitava, una lunga via isolata puntellata da bifamiliari giallo senape. Il giorno in cui l’aveva comprata sapeva benissimo a chi stava regalando i suoi soldi, ma ignorò volutamente la questione per via del prezzo più basso che era riuscito a strappare all’agenzia immobiliare. Non sapeva se la storia del gioco fosse vera, ma la sensazione che il suo lavoro gli procurava, negli ultimi tempi, era quella di essere un animaletto dai movimenti limitati. Schiacciò il mozzicone in un posacenere a forma di Colosseo, regalo del figlio andato a Roma in gita scolastica l’anno prima. La giornata era lunga, e forse con un caffè sarebbe apparsa meno dura. Bruno Savelli non era uomo da dubbi universali: animaletto o no sapeva che l'unica cosa che poteva fare era continuare il proprio lavoro. Di proposte come quella di Pozzo ne avrebbe ricevute altre: bastava ignorarle. O almeno così sperava. Daniela Gervasi


LA VENDETTA DI ALEXANDRA (estratto da Mandorle Amare) Christopher si ritrovò improvvisamente da solo in sala da pranzo, come unico compagno il led ammiccante della telecamera di sorveglianza. Non riusciva ancora a credere d'essere rimasto. Alexandra aveva lo aveva invitato nelle sue stanze con un tono di voce un po' troppo minaccioso. Quando bussò alla porta che gli era stata indicata non sentì alcuna risposta, decise d'entrare ugualmente. La stanza aveva un arredamento cupo, pareti in damascato verde muschio e tappeti amaranto che coprivano quasi per intero il pavimento in linoleum lucido. Dieci ampie librerie erano colme di tomi scientifici in lingua originale, fascicoli enciclopedici ed edizioni antiche che mai prima d'allora aveva visto dal vivo. Sulla scrivania al centro della stanza, mogano e noce, faceva capolino una lampada in stile belle époque oro e vetro verde. Christopher si lasciò sprofondare su un divano tra due librerie che contenevano prime edizioni di Copernico e Tycho Brahe. Chiuse gli occhi ed improvvisamente gli sembrò di aver solo sognato l'intera veglia funebre, il discorso concitato di Alexandra, l'avvelenamento che li aveva costretti ad accettare il suo folle gioco e Dean che decideva di… «Credevi d'essere più furbo di me, Christopher Sherman?» Si ridestò da quel vacuo stato di quiete appena in tempo per accorgersi della tempesta che si sarebbe abbattuta su di lui, sensuale e inesorabile nella sua vestaglia in raso e taffetà. «Credevi di potermi fregare» gli sussurrò ad un orecchio, era così vicina da permettere al suo ospite di contarle ogni efelide sul naso, «ma forse hai dimenticato chi sono io. E sta sicuro che te la farò pagare, ma non subito. Potresti andartene, lo sai? Tu non hai mai accettato di rimanere e non hai bevuto. Non sentiresti più parlare di me, di questa storia, torneresti alla tua vita.» Christopher provò un'improvvisa morsa allo stomaco. Tentò di alzarsi, avrebbe davvero voluto abbandonare al più presto quella stanza, ma lei lo trattenne posandogli entrambe le mani sul petto. Gli sorrise e si aprì la vestaglia, mostrandogli un foglio piegato in quattro che teneva al sicuro nella tasca interna.


«Sai cos'è?» lui scosse la testa. «Questa è una lettera di mio marito, avrebbe voluto consegnarla al suo notaio in via confidenziale. Voleva che l'avesse prima di morire. In questa lettera dichiara che, se mai gli fosse accaduto qualcosa, tu saresti stato il primo ad essere contattato.» «Non capisco… » «Nemmeno io. Temo di aver accidentalmente frainteso. Sai, ho subito detto a Moore che c'era un altro uomo con Daniel la notte in cui è successo tutto. Ipotizziamo, per un solo istante, che io avessi intenzione di lasciarlo; lui avrebbe perso tutto: mio padre avrebbe fatto in modo che finisse sotto un ponte a chiedere l'elemosina, non avrebbe più avuto un centesimo. Ed ecco che Daniel si ricorda del suo vecchio amico del campeggio, un ragazzo sveglio, con alcuni problemi economici ed un alibi di ferro, e pensa: se lui mi aiutasse io potrei farla franca. Allora Daniel ed il suo amico vengono qui, in questa casa, uccidono i miei genitori e mi drogano così da farmi sembrare in qualche modo implicata nell'incidente, magari mettendo me al posto di guida. Daniel avrebbe ereditato l'intero patrimonio, ma il suo amico non era contento della quota che avevano pattuito. Così litigano, le cose si complicano e Daniel viene sopraffatto. Il complice decide di inscenare comunque l'incidente ed andarsene finché è in tempo, magari nessuno verrà mai a saperlo. Purtroppo per lui, io non sono morta e adesso l'unico modo per passarla liscia è togliermi di mezzo perché io avrei potuto infondere dei sospetti su di lui, dicendo al capitano Moore che il rapporto tra mio marito e questo suo amico non era affatto tiepido come lui avrebbe voluto far credere. Fin qui mi segui?» Christopher non riusciva a credere alle proprie orecchie. «Mi hai incastrato? Perché?» «Perché tu hai tentato di guadagnarti la mia fiducia mentendo, detective. Hai sbagliato a giocare le tue carte, adesso ne paghi le conseguenze. Se tenterai di andartene giuro che non esiterò un solo istante a chiamare il tuo distretto e sparare agli ospiti con la tua pistola. Me compresa.» «Tu sei… » «Folle, una stronza, ma è proprio questo il bello. Adesso ti dirò cosa faremo io e te, se lo riferirai a qualcuno giuro che ti caverò gli occhi e


ti torcerò ogni estremità finché non mi chiederai di piantarti un proiettile in fronte. È chiaro?» Alexandra tornò a sorridergli dolcemente. Le sue parole avevano colpito Christopher come un mattone e adesso lo avevano definitivamente abbattuto, costringendolo a sostenere il peso del mondo. Qualsiasi cosa avesse deciso di fare lo avrebbe reso colpevole, l'unica differenza ovviamente consisteva in ciò che ne sarebbe stato del fratello: se fosse andato via ci sarebbero state poche probabilità di sopravvivenza per Dean. Non poteva permetterlo. «Stiamo giocando a scacchi, Chris: hai una possibilità su quattro di uscirne vincitore, una ti dà perdente e le altre due ti permetteranno di uscirne incolume. Sei davvero così coraggioso da chiederti cosa accadrebbe a tuo fratello dopo lo scacco matto?» Non lo era. Reclinò il capo e si arrese: sarebbe stato un suo complice e avrebbe sperato in uno stallo. Christine Amberpit


SNIFFERO’ SULLE VOSTRE TOMBE Loomis si scolla la canottiera dal petto e sistema la padella piena d’olio sul fornello. Accende la fiammella del gas con lo Zippo e si volta a guardare l’uomo seduto alle sue spalle. “Di’, conosci la storia del signor Barraco?” “Mi venisse un colpo se so di cosa parli!” Loomis schiude le labbra mostrando una fila di denti ingialliti. “Allora incolla quel tuo culone flaccido alla sedia e fammi raccontare.” “Prima lasciami sniffare questa polvere, così non rischio di addormentarmi.” “Che roba è?” “Sono le ceneri di un povero cristo. Quando ha tirato le zampe aveva così tanta droga in corpo che lo sballo è assicurato.” Loomis strofina le mani in uno straccio sporco e riempie la padella di fette di melanzane. L’olio inizia a friggere e sfrigolare. “Ascolta. L’altro giorno questo tizio si sveglia di buon mattino, apre gli occhi e non vede più un cazzo di niente, buio completo. Buon Dio, la cosa non torna visto che fino alla sera prima aveva una vista d’aquila. Ad ogni modo, chiede aiuto e finisce al Pronto Soccorso. Il dottorino di turno lo visita dalla testa ai piedi ma non trova nessuna causa per quell’improvvisa cecità, così lo rispedisce a casa. Disperato, il signor Barraco raggiunge a tentoni l’unico bar che c’è in paese e si abbandona ad un pianto disperato. Un messo comunale gli si avvicina e gli chiede se per caso non si sia dimenticato di pagare la bolletta della luce. Al signor Barraco viene quasi da ridere. Ma poi pensa all’ordinanza voluta dal Sindaco ed entrata in vigore il giorno prima, così si fa accompagnare all’Ufficio Pagamenti, salda il debito e torna a vedere.” Loomis scuote la testa. “Cose da non credere. Ma ci pensi a che cazzo si sono inventati in quel posto per obbligarti a pagare le tasse?” Si blocca e inizia a tossire fin quasi a scoppiare. L’uomo in poltrona lo guarda con un ghigno sadico. “Scommetto che non hai pagato la nuova tassa sull’ossigeno. Beh, sarà uno spasso vederti schiattare. E garantito che mi snifferò tutte le tue ceneri.” Andrea Mariani Ossarotte http://www.facebook.com/#!/andrea.marianiossarotte


STRANGERS IN THE NIGHT Eccola lì, la mia ultima conquista. Il vestito a mezza gamba rosso fuoco fa risaltare le sue curve sinuose sul divano in pelle nera, in un contrasto eccitante. Beve un altro sorso di Martini dal bicchiere che regge con grazia nella mano destra. Le osservo le unghie. Sono smaltate di rosso. Donna passionale. Interessante. L’ho rimorchiata in un bar di classe. Uno dei miei soliti. Con gli anni ho affinato la tecnica. Quando voglio rimorchiare mi presento al bar ben vestito, profumato con un filo di acqua di colonia, mi avvicino discreto ma sicuro all’obiettivo e con fare disinvolto alzo il braccio destro, per richiamare il barman con lo schiocco delle dita. Lei guarda la mano, d’istinto, e nota l’orologio d’oro massiccio, lasciato scoperto dal polsino della camicia tesa sul braccio. Da quel punto in poi è tutta in discesa. Offro un drink alla lei di turno, esibendo di sfuggita il portafogli gonfio, faccio un po’ il ruffiano, ma con discrezione, le offro un altro drink, la imbonisco con un po’ di chiacchiere e poi la invito a casa. Funziona, sempre. Mai un rifiuto. La bellezza che ho qui di fronte ha accettato l’invito con un sorrisino malizioso. Le brillavano gli occhi. Ha voglia di un uomo, e io del corpo di una donna. Le sorrido. «Ti va un altro drink?» Lei mi guarda, gli occhi sono lontani, persi nei soliti pensieri. Concedersi, non concedersi. Come se la risposta non fosse già scritta. «Sì, grazie.» Mi avvicino al minibar, prendo un bicchiere e chiedo «Un altro Martini?» Annuisce. Prendo un bicchiere e verso il Martini, poi mi avvicino al giradischi e senza chiedere nulla metto su un vinile di Frank Sinatra. Strangers in the night. Fa parte del piano. Funziona, sempre. Prendo il Martini e glie lo porto, accomodandomi vicino a lei, sul divano. Sento l’odore della sua pelle vellutata, e un fremito mi corre lungo la schiena. Il fremito. Fa parte del piano. Anzi, a dire il vero il piano nasce per arrivare al fremito. E il fremito per arrivare al piacere.


Lei beve il suo Martini, mentre io inizio ad accarezzarle la mano. Finisce il suo drink in fretta. Ha voglia di concludere. Non immagina quanto lo voglia io. Mi alzo e mi avvicino al giradischi. «Capisci l’inglese? Vorrei farti sentire una canzone.» Le brillano gli occhi, di nuovo. Sente che ci stiamo avvicinando. «O vuoi che ti traduca io le parole, seduto accanto a te?» chiedo, senza darle il tempo di rispondere alla domanda precedente. Faccio partire il disco e vado a sedermi sul divano. Ecco che parte la breve introduzione musicale. Lei posa il bicchiere sul tavolino basso davanti al divano. Le prendo la mano, delicatamente, la porto alla bocca e la bacio. Il caro vecchio Frank attacca: Strangers in the night - Estranei nella notte… exchanging glances che si scambiano occhiate… Wondering in the night Chiedendoci nella notte what were the chances Quali fossero le possibilità We'd be sharing love che condividessimo l'amore before the night was through Prima che la notte fosse finita La fisso per tutto il tempo, accarezzandola lungo il braccio, fino alla spalla. Something in your eyes was so inviting - Qualcosa nei tuoi occhi era così invitante Something in you smile was so exciting Qualcosa nel tuo sorriso era così eccitante Something in my heart Qualcosa nel mio cuore told me I must have you Mi ha detto che dovevo averti


La mano sale fino al collo, la spingo appena verso di me, lei chiude gli occhi, ci baciamo. Sento il suo corpo ardere di passione. La bacio più forte. Inizia la parte della canzone più appassionata, dove Frank da libero sfogo alla sua voce. Strangers in the night Two lonely people, we were strangers in the night Up to the moment when we said our first hello, little did we know Love was just a glance away, a warm embracing dance away Porto anche l’altra mano sul suo viso, le scosto i capelli, la tengo ferma e la bacio. Restiamo così per un attimo che le sembra una vita. Poi le spezzo il collo. Il rumore delle ossa che si rompono è quello di sempre. La serata è andata a buon fine. Come da piano. Funziona, sempre. Mi alzo e vado vicino alla libreria. Faccio scorrere la parete finta, finché non vedo la sala dei trofei. Sette cadaveri di donne imbalsamate, sedute su poltrone in velluto rosso, con il collo tenuto dritto da un’astina di metallo inserita dall’interno. L’ottava sedia è già pronta. Vado a prendere il trofeo sul divano e canticchio la traduzione della canzone, che è arrivata all’ultima strofa, come sempre. Ever since that night, we’ve been together Da quella notte siamo stati insieme Lovers at first sight, in love forever Amanti a prima vista, innamorati per sempre It turned out so right for strangers in the night E' finito col funzionare così bene per due estranei nella notte. Sistemo cadavere e attrezzi sul tavolo, mentre Frank canticchia la strofa finale. Aniello Troiano



RECENSIONE: UNA BRUTTA STORIA – P. PULIXI Una brutta storia (Edizioni E/O, 439 pagine, 16 €) è il romanzo d’esordio di Piergiorgio Pulixi nella collana Sabot/Age, già attivo dai tempi di Perdas de Fogu nel collettivo Sabot. La storia è ambientata in un’anonima città del nord Italia. Biagio è il capo di una banda di criminali che controllano il traffico di droga. L’Ispettore Mazzeo è il leader carismatico della Narcotici. Cosa succede se Biagio e Mazzeo sono la stessa persona? Che il traffico di droga viene controllato da una banda di sbirri corrotti, spietati con i rivali e uniti dalla sete di soldi e potere. Ma la vita di strada, si sa, logora. E così Biagio programma il colpo della vita; un colpo che potrà renderli tutti ricchi sfondati. A rompere l’equilibrio perfetto della banda di sbirri/criminali e i loro piani, però, c’è la morte accidentale di un ceceno, tale Goran Ivankov, ucciso da una banda di nigeriani alle dipendenze di Mazzeo durante una rapina punitiva ai danni di un supermarket. Goran non è un ceceno qualsiasi. E’ il fratello di Sergej Ivankov, boss di una delle più potenti organizzazioni criminali della Russia. E fa della vendetta la sua filosofia di vita. Lo scontro tra le due gang sarà inevitabile e spietato: chi vincerà? La banda in divisa o quella in doppio petto? E quale sarà il prezzo da pagare? Tra corruzione, droga, potere, denaro, sesso e violenza, Pulixi ci condurrà attraverso un romanzo corale che attinge sia dal noir


mediterraneo che dai grandi film e serie tv americane, in una miscela esplosiva e ben riuscita. Pulixi è meticoloso e la sua scrittura è dettagliata, minuziosa. La storia è ricca di flashback e descrizioni, che rendono credibili i numerosi personaggi di questa storia, ma al contempo non è mai carente in azione, grazie alle numerose scene di violenza e sesso, che concorrono a mostrare la psicologia dei personaggi, sviscerandola minuziosamente. Questo romanzo è un diesel, che parte lentamente per poi riscaldarsi e decollare, divenendo praticamente impossibile da fermare. Una storia dura, spietata, dove la violenza non è camuffata da piroette, katane e veleni esotici, ma viene mostrata nel suo reale aspetto, crudo e doloroso. Dove il crimine e il criminale vengono analizzati con attenzione e freddezza, mostrando come l’aggressore sia sempre un ex aggredito, e come la pietà e i rimorsi debbano essere stuprati e uccisi sempre di più, ogni volta, fino a perdere del tutto l’umanità, e a sacrificare tutto ciò che nella vita c’è di buono, in primis l’amore. Consiglio questo romanzo agli amanti delle storie corali, dove i molti personaggi non fungono solo da mezzi per l’intreccio ma anche e soprattutto da modelli, da esempi per analizzare e spiegare le radici del crimine. Agli amanti de I Soprano, di Scarface, del noir mediterraneo e dei romanzi di Carlotto. Voto: 8/9


Jean-Claude Izzo: La TRILOGIA di FABIO MONTALE Editore: Edizioni e/o Collana: Dal mondo Data di pubblicazione: 13 marzo 2011 Pagine: 736 Prezzo di copertina: € 19,50 Titolo originale: La trilogie Fabio Montale, 2006, Editions Gallimard, Paris. In un breve saggio contenuto nella raccolta edita in Italia con il titolo Aglio, menta e basilico – Marsiglia, il noir e il Mediterraneo (Edizioni e/o), Jean-Claude Izzo lo mette nero su bianco: “Non penso di essere uno scrittore che desta unanimi consensi. (…) Non faccio concessioni, né nel merito né nella forma”. L’affermazione è a prova di smentita. L’opera del noirista francese, che si caratterizza per una potente prosa lirica mai disgiunta dall’impegno politico, ha lasciato il segno nel panorama della letteratura poliziesca proprio in virtù dell’estrema limpidezza tematica e stilistica. Izzo ha vissuto e scritto in simbiosi con i suoi ideali, e il trittico di romanzi in commento – la cosiddetta “trilogia marsigliese” – né dà piena testimonianza. La prosa è agile, ritmata, priva di abbellimenti. Come ricorda Nadia Dhoukar nella sua introduzione, l’autore ha mosso i primi passi come poeta: ciò conferisce alla sua scrittura una particolare concisione evocativa e un’enfasi quasi lirica; gli enunciati brevi, talvolta brevissimi, abbozzano più che descrivere e – forse per tale ragione – finiscono col restituire immagini sorprendentemente nitide. La penna di Izzo scolpisce, riduce all’osso. Il risultato è un mix sapiente di toni aspri e amabili, un linguaggio puro e al tempo stesso ricercato che non rinuncia alla delicatezza anche nella rappresentazione dei crimini più


feroci: Izzo, insomma, mette in scena la violenza con una sensibilità che costituisce un unicum nell’universo noir. La chiave per comprendere e apprezzare sino in fondo l’opera del noirista marsigliese è contenuta, a ben vedere, in una parola: musicalità. Musicalità del linguaggio, lo si è detto. Ma vi è di più. La musica gioca infatti un ruolo fondamentale, negli scritti di Izzo, corre sotto la pelle del testo permeandolo di un’energia vibrante. Come Fabio Montale – il tormentato protagonista della trilogia – Izzo è appassionato di jazz e dissemina la narrazione di gustosi intermezzi musicali; Montale ascolta John Coltrane, Ray Charles, Dizzy Gillespie, Nat King Cole, il nostro Paolo Conte. Gli stessi titoli dei romanzi che compongono la trilogia richiamano brani o gruppi musicali: Casino Totale cita il gruppo marsigliese degli IAM, Chourmo (che in provenzale significa letteralmente “la ciurma, i rematori della galera”) chiama in causa i Massilia Sound System, altro gruppo marsigliese, mentre Solea ci riporta a uno dei pezzi più belli e struggenti di Miles Davis.Se veniamo poi ad analizzare le tematiche affrontate nella raccolta, non sfuggirà come al lirismo metropolitano si accompagni una forte presa di posizione politica. Nonostante abbia affermato in più occasioni che “scrivere gialli non è un altro modo di militare” ma soltanto “una maniera di trasmettere … dubbi … angosce … felicità … piaceri”, vi è sempre, in Izzo, una forma di militanza: contro l’indifferenza (considerata la piaga più dolorosa del nostro tempo) e la cultura dell’omologazione; contro prevaricazione, xenofobia e ogni manifestazione di intolleranza; contro il sistema di intrecci fra imprese, politica e criminalità organizzata. Contro tutti i poteri forti, insomma, in sintonia con gli ultimi della società.


Fabio Montale, il narratore delle tre vicende marsigliesi, dà voce alle istanze dell’autore e si fa interprete delle sue tribolazioni e delle sue speranze. Nato e cresciuto nei quartieri più poveri di una Marsiglia in cui “anche per perdere bisogna sapersi battere”, lascia la strada dell’illegalità e diventa sbirro; sbirro atipico, tuttavia, più educatore di strada che poliziotto. Il personaggio è forte e ben delineato; in una parola: riuscitissimo. Con il suo creatore, Montale condivide, oltre alle competenze musicali di cui si è detto, anche l’amore per il buon mangiare e per il buon vino. L’attenzione per la cucina non è affatto una novità, nel panorama poliziesco contemporaneo – basti pensare ai detective “buongustai” Pepe Carvalho e Montalbano – ; in Izzo, tuttavia, la tradizione e l’arte culinaria arrivano ad esprimere il senso di appartenenza a un’intera comunità.


L’autore ci rimanda costantemente ai sapori della sua città (vero e proprio personaggio della trilogia in commento e protagonista indiscussa al pari di Fabio Montale) e con essi all’anima di un luogo che non può non riscattarsi insieme a tutto ciò che è bello. Scritta e pubblicata negli anni Novanta del secolo scorso, la trilogia ha conosciuto un enorme successo di critica e di pubblico. Letta d’un fiato, essa apparirà come un’unica narrazione in tre atti attraversata da un senso di tragedia incombente che rimanda ai classici della letteraria greca. In Casino totale (titolo originale Total Khéops, 1995, Gallimard Série Noire), primo capitolo della trilogia, Pierre Ugolini abbandona il suo buen retiro nei Mari del Sud e torna a Marsiglia per vendicare un compagno di gioventù assassinato dalla malavita; quando lui stesso rimarrà ucciso, toccherà a Fabio Montale il compito di fare giustizia. Chourmo – Il cuore di Marsiglia (1996) è il più marcatamente “sofocleo” fra i romanzi in oggetto e racconta la discesa agli inferi di una famiglia apparentemente esemplare ma divorata al suo interno dal cancro feroce della criminalità organizzata. A innescare l’intreccio è l’omicidio di Guitou, un ragazzo alle prime esperienze di vita; nel tentativo di vederci chiaro Montale, che dopo il “casino totale” della precedente indagine ha lasciato la polizia, scoperchierà il classico vaso di Pandora e assisterà, in un crescendo di violenza, all’abbattersi di un destino sanguinoso e beffardo sulle macerie della sua stessa famiglia. Nell’ultimo (e più struggente) episodio della trilogia, Solea (1998), Montale raccoglie la disperata richiesta di aiuto di un’amica giornalista finita nei guai a causa di un’inchiesta sulle lliaisons dangereuses tra mafia, politica e alta finanza.


E’ in questo romanzo che Izzo definisce più compiutamente i confini del “noir mediterraneo”. Come osserva il noirista Massimo Carlotto nella sua pregevole introduzione all’edizione italiana di Aglio, menta e basilico, “il romanzo non racconta più solo una storia nera in un determinato luogo e in un determinato momento ma lo fa a partire da un’analisi ben precisa della criminalità organizzata”, e lo fa per “raccontare storie di ampio respiro”. Storie di chi, come Izzo e il suo alter ego letterario, “ha dei valori. Dubita. E’ solitario. Ma crede in un certo numero di cose” e ha la sfrontatezza di sperare in un futuro migliore. Simona Tassara


IL MOMENTO È DELICATO - Niccolò Ammaniti Einaudi, 2012 pp. 370, € 17,50 Racconti: - Giochiamo? (scritto con Antonio Manzini) - Un uccello molto serio - Amore e pipistrelli - La medicina del momento - Respira. Piano. Ma respira - Alba tragica - A letto col nemico - La figlia di Shiva - Fa un po' male - Rane e girini - L'amico di Jeffrey Dahmer è l'amico mio - Gelida manina - Racconto per bambini cattivi - Il Festival Piú Importante Del Mondo - Sei il mio tesoro (scritto con Antonio Manzini) - Apocalisse Ho appena finito di leggere Il momento è delicato, il nuovo libro di Ammaniti edito da Einaudi. Si tratta di una raccolta di racconti caratterizzati da un sapore grottesco che scivola sul palato sfrigolando come acido muriatico. Il pulp che si mischia all’humour nero. Ho ancora davanti agli occhi il chirurgo Paolo Bocchi che cerca di mettere le mani sulle tette di una famosa showgirl in cerca del suo tesoro o il povero Fabietto Ricotti alle prese con un compagno di giochi da clinica


psichiatrica. Per non parlare della figlia di Shiva, da piegarsi dal ridere. Sedici racconti e un dito medio ben alzato, perché con questa raccolta Ammaniti ha voluto sfidare il mercato editoriale italiano che considera la scrittura breve poca cosa rispetto alle rotondità del romanzo. Vien da pensare: vale di più il peso dell’opera (in termini di pagine) o la fottuta qualità artistica? A voi rispondere. Se non avete mai letto niente di Ammaniti è arrivato il momento di farvi un esame di coscienza (mi verrebbe da aggiungere “come Dio comanda”, ma sarebbe una citazione che non potreste capire visto che non conoscete l’autore). Andrea Mariani Ossarotte http://www.facebook.com/#!/andrea.marianiossarotte


I SUSSURRI DELLA MORTE Terzo libro della saga su David Hunter che, come promesso, si concluderà con la prossima uscita. Sono trascorsi diversi mesi da quando abbiamo abbandonato un David Hunter morente sulla soglia di casa, alle prese con una lama di coltello piantata a fondo nell'addome. Così si concludeva scritto nelle ossa, un finale che ha lasciato l'amaro in bocca a molti dei lettori italiani che hanno dovuto attendere ben tre anni prima di conoscere la sorte dell'anatomopatologo londinese. Hunter decide di tornare in America, alla “body farm” di Knoxville (Tennessee) per incontrare il suo vecchio amico e mentore Tom Lieberman. Mentre i due si dedicano allo studio della decomposizione nell'istituto, in un bungalow viene rinvenuto il cadavere di un uomo nudo, con mani e piedi legati e numerose ferite d'arma da taglio inferte, probabilmente, ante mortem. A rendere il tutto più confuso è la presenza di impronte digitali appartenenti ad un uomo deceduto sei mesi prima. Presto altri corpi verranno ritrovati nello stesso stato e il coinvolgimento del TBI (Tennessee Bureau of Investigation) non renderà certo le indagini più rapide. Un ennesimo caso difficile che vedrà Hunter in azione, costretto a compiere delle scelte difficili e dire per sempre addio a vecchi amici. A differenza delle aspettative nutrite dai fedeli lettori di Simon Beckett, i sussurri della morte risulta essere alquanto ostico in certi passaggi. Per gran parte del tempo, lettore e protagonista brancolano letteralmente nel buio, portando ad un'inevitabile perdita d'interesse fino al punto in


cui si arriva ad una svolta. Il che è davvero un peccato perché, a conti fatti, si tratta di un'altra indagine con la i maiuscola. Dovendo dare un voto da 1 a 5 credo che opterei per un 2,5. Ancora una volta consiglio una lettura approfondita dei precedenti libri a chiunque voglia cimentarsi con questo e di non scoraggiarsi – come hanno fatto in molti – quando gli elementi a disposizione del lettore inizieranno ad essere confusi. (rimando al mio articolo sul secondo numero di Fralerighe per la biografia dell'autore.) Titolo: I sussurri della morte Autore: Simon Beckett Editore: Bompiani Data di pubblicazione: 2010 Pagine: 454 Prezzo di Copertina: 12,90€

Christine Amberpit


RECENSIONE: THE BLACK ALBUM SAGGIO-INTERVISTA Il Black Album (Carocci Editore, €13) è un saggio sul noir italiano, sulle sue origini, il suo passato e il suo futuro prossimo, scritto sotto forma di intervista, fatta da Marco Amici a Massimo Carlotto. I due affrontano – oltre all’analisi dei romanzi dell’autore, da “Il fuggiasco” fino all’ultimo, “Respiro corto”, passando per gli immancabili casi dell’Alligatore e per le storie aventi come protagonista Giorgio Pellegrini – questioni come il destino del genere come mezzo per una scrittura politica, d’inchiesta; la saturazione del noir; le origini del poliziesco; il pericolo di ripetere vecchi schemi e cliché e la necessità di andare oltre il genere stesso. Gli spunti di riflessione, per lettori, scrittori, studiosi del genere o semplici appassionati, non mancano affatto. Si affrontano diversi punti particolarmente interessanti, e le risposte ai quesiti sono sempre esaustive. Molto interessante è l’invito fatto da Massimo Carlotto agli scrittori del genere, ovvero quello di abbandonare la scrittura della crisi per passare alla scrittura del conflitto, ovvero raccontare come viene vissuto il conflitto derivante dalla crisi. Il noir ha anticipato la crisi negli anni in cui si diceva che i ristoranti erano pieni e che la crisi non era reale. Oggi che è conclamata, non ha più senso parlarne, secondo Carlotto. Il volume è privo di parti superflue, è asciutto e essenziale, ma al contempo esaustivo. La lettura risulta molto veloce e scorrevole.


Una volta finito non si avverte nessun senso di incompiuto o di vuoto, né si avverte la carenza di qualche domanda interessante che vada oltre le curiosità – tutto sommato inutili – che ognuno può avere. Il saggio ha quindi superato gli ostacoli più frequenti della categoria di appartenenza, come l’abuso di tecnicismi, la tendenza a essere prolissi e a lasciare un senso di vacuo nel lettore. Una buona lettura, decisamente consigliata. L’unico contro rilevato è il prezzo, un po’ alto per il numero di pagine; anche se, va detto, il contenuto non fa affatto rimpiangere l’acquisto. Dovendo dare un voto darei un 8 pieno. Aniello Troiano

P.S. Potete trovare un resoconto della presentazione del Black Album a Roma, presso la libreria MEL Book Store sul mio blog personale. Qui il link: http://aniellotroiano.wordpress.com/2012/06/14/presentazione-di-theblack-album-saggio-intervista-sucon-massimo-carlotto-13612-roma/


RECENSIONE ANIME E SANGUE Anime e Sangue, di Francesco Grimaldi (Edizioni 0111, cartaceo 12.50, ebook 8.49) è un giallo medievale. Il romanzo è un po' fuori dagli schemi triti e ritriti, un investigatore alternativo che si troverà a fare i conti con la propria coscienza e le proprie emozioni. Minuziosa la descrizione di Bologna nell'anno 1325, con le sue torri, i suoi vicoli malfamati, le taverne da quattro soldi dove si potevano annegare i dispiaceri della vita o, al contrario, cercare un po' di vita nella carne di qualche prostituta. Ben tratteggiata la figura di Jacopo Lamberti, uomo di giustizia incaricato di indagare sulla serie di omicidi che insanguina la città. Personaggio complesso, a volte introverso, enigmatico, il più delle volte quasi antipatico e che , alla fine, si ritrova invischiato in un gioco più grande di lui, emotivamente e fisicamente. In questo libro non si scopre l'assassino alla fine, l'autore ce lo serve su un piatto d'argento e gioca sulla psicologia dei personaggi, gioca con la mente dei lettori, la stuzzica, la invoglia a proseguire questo giallo storico tutto sommato abbastanza "alternativo". Scrittura coinvolgente e molto chiara, senza fronzoli o artifici, trama diretta come un classico giallo, il libro risulta molto piacevole da leggere anche se a mio modesto parere l'autore avrebbe dovuto buttarsi di più nell'arricchire certe scene e certi personaggi. Insomma, avrei preferito un libro più lungo per gustare al meglio l'evolversi della situazione. Voto: 6/10 Patrizia Seghezzi Originariamente postato su Thrillerpages: http://thrillerpages.blogspot.it/2012/05/recensione-anime-e-sangue-difrancesco.html


RECENSIONE: NELLA CARNE – SARA BILOTTI Nella carne (Termidoro edizioni, 14€) è una raccolta di racconti scritta da Sara Bilotti, autrice napoletana al suo esordio, dallo stile personale e promettente. La raccolta si suddivide in dodici racconti. Al centro di questi, ambientati in una periferia cittadina mediocre, gretta e cattiva, vi è il lato oscuro: delle persone e della vita. Violenze, abusi, solitudine, sofferenza (inferta e subita), rabbia, invidia, odio e tanto altro trovano spazio in queste storie, viscerali e dolorose, capaci di far sentire “i serpenti nella pancia” ai lettori, per usare un’espressione cara all’autrice ( e che mi ha molto colpito). I personaggi che affollano queste pagine sono tra i più disparati, ma tutti strettamente legati al quotidiano. Non ci sono eroi né tantomeno antieroi, in questi racconti. Ma gente “normale” che soffre e fa soffrire, che tenta di non annegare nel mare oscuro del Male, con fortune alterne. Ciò che più mi ha colpito è lo stile di Sara Bilotti. Lei non si limita a mostrare, come vuole il mantra della scrittura creativa moderna, lo “show don’t tell”. Non mostra e non racconta: si fa da parte. Sara Bilotti ti porta dentro una palude, ti da una bombola d’ossigeno e, appena l'hai allacciata, ti spinge nell'acqua melmosa, con un colpo leggero ma letale. Ti fa sprofondare nel marcio limitandosi a dare


l'input, svanendo subito dopo, per lasciare il campo al Buio. Il buio della mente, ma soprattutto quello che si nasconde in fondo al cuore. Un buio profondo, totale, che distrugge e fagocita, che tutti prima o poi abbiamo conosciuto, ma che pochi, anzi pochissimi sanno rendere cosĂŹ bene. Nel complesso un ottimo esordio. Dovendo dare un voto, darei un 8/9. Peccato per il formato: non sono un estimatore della raccolta di racconti. Sono piĂš che sicuro che Sara Bilotti sia capace di scrivere un bel romanzo, viscerale e oscuro ma al contempo leggero, come le storie che compongono Nella Carne. Che dire, non ci resta che aspettare fiduciosi. E consigliare Nella Carne agli amici, ovvio.

Aniello Troiano



INTERVISTA A SARA BILOTTI Inauguro questa nuova sezione del mio blog relativa alle interviste lasciando spazio ad una scrittrice che esordirà a maggio nel panorama letterario italiano con la sua prima raccolta di dodici racconti noir dal titolo "Nella carne". Lei si chiama Sara Bilotti, classe 1971, napoletana e mi è stata segnalata come uno dei migliori talenti noir emergenti. 1) “Nella Carne” : come è nato questo titolo? S: E' il titolo di uno dei racconti, ed è stato scelto da Massimo Rainer. Massimo, che ho avuto l'onore di avere come editor, conosce la genesi del libro e sente i miei scritti in modo particolare: il titolo rispecchia la sensazione quasi fisica che ha avuto leggendoli, come se ogni racconto l'avesse segnato “nella carne”. 2) Napoli è la tua città; passionale, che vive di emozioni sulla sua stessa pelle. Quanta Napoli c’è “Nella Carne”? S: Napoli è dentro me come un marchio a fuoco, con i suoi pregi e i suoi difetti. Ma nei racconti c'è tantissimo della piccola realtà in cui vivo da trent'anni: un paese di periferia che ha segnato profondamente la mia adolescenza e parte dell'età matura. E' un microcosmo in cui si vive cercando affannosamente di soddisfare le aspettative altrui, nascondendo dietro una facciata abilmente costruita una pressoché totale assenza di valori. 3) In che misura il noir è il mezzo per poter descrivere la realtà che ci circonda? S: Non ho la pretesa di definire il noir, è un genere complesso che attualmente, secondo me, sfugge a classificazioni. Però sento che solo attraverso il tentativo di descrizione del Lato Oscuro che è in ognuno


di noi si possa trovare una chiave per raccontare la realtà, scovare il nocciolo profondo dell'anima, attorno al quale costruiamo l'immagine del sé, la maschera da indossare per presentarci al mondo. 4) Quali autori e quali personalità ti hanno ispirato nella stesura dei racconti? S: Il mio punto di riferimento è sicuramente il cosiddetto Brat Pack Letterario, formato principalmente da Bret Easton Ellis, Tama Janowitz e Jay McInerney, che negli anni Ottanta cambiarono per sempre il modo di concepire la letteratura. Questi autori descrivevano situazioni efferatissime usando un linguaggio pulito, minimalista, senza ricorrere a effetti speciali. Il risultato era veramente devastante per il lettore, e lo è ancora oggi. 5) La tua raccolta traccia profili di contesti famigliari in cui il male riversa tutta la sua ferocia. Esiste un rifugio da questo orrore? S: La famiglia dovrebbe essere il nido in cui riposare quando il mondo ci crolla addosso, ma non è sempre così. E quando nella famiglia non trovi riparo ma orrore, soprattutto durante l'infanzia, sei condannato a non trovare mai più il tuo nido, in nessun contesto, per il resto della vita. L'infanzia negata, purtroppo, è una condanna. 6) Prima di dedicarti alla carriera di scrittrice, hai svolto anche i lavori di ghostwriter e traduttrice. Quanto queste esperienze hanno influito nella tua formazione e quanto è effettivamente rimasto nei tuoi racconti? S: Della mia esperienza di ghostwriter è rimasto ben poco: solo una vaga nausea al solo sentir parlare di Vampiri romantici. La traduzione invece mi ha dato tantissimo: l'impegno profuso nel costante tentativo di adattare stili e pensieri appartenenti a culture lontane mi ha aiutata a sviluppare una profonda empatia, una visione “dall'alto” delle diverse culture, che mi ha permesso di notare una sorprendente quantità di punti in comune. Credo che solo dalla comprensione e dall'unione di ciò che è diverso possa nascere il Bello.


7) Sei diplomata in danza classica. Quanto è importante il ritmo in una storia e come definiresti il ritmo delle tue? S: Il ritmo è fondamentale, ed è innato. Certo, si può sempre migliorare, ma fondamentalmente lo ritengo un talento: o ce l'hai o non ce l'hai. Spero che le mie storie abbiano la loro musica interiore, ma non ne posso essere certa: purtroppo, o per fortuna (ancora non lo so!), la mia scrittura è molto istintiva, è una sorta di bisogno primordiale, e analizzarla con la ragione mi risulta impossibile. 8) Un libro alla cui conclusione ti è capitato di esclamare “Vorrei averlo scritto io”. S: Dio di Illusioni, di Donna Tartt, un libro che ho letto e saccheggiato per anni. Una storia di relazioni morbose e malate, il romanzo che mi ha insegnato che la Bellezza non è mai consolatoria, e che i progetti e le utopie condivise possono acquistare una forza che può cambiare la realtà, spesso in modo irreversibile. 9) Domanda finale ma imprescindibile nella sua banalità: perché hai deciso di addentrarti nel Lato Oscuro della scrittura? C’è un’immagine che fino a questo momento ha fissato la tua esperienza con la penna? S: Da ragazzina divoravo i romanzi di Stephen King, avvertendo sulla pelle l'inquietudine e il disagio che erano capaci di infondere. King utilizza una tecnica, se vogliamo chiamarla così, molto particolare. Descrive una situazione assolutamente normale, per qualche rigo. Poi ci butta dentro, a volte addirittura tra parentesi, un particolare anomalo, una sorta di distorsione della realtà, per poi continuare, come se niente fosse, a descrivere gesti e situazioni quotidiane. Ricordo di aver pensato: Ecco, è questo il modo per descrivere il mondo interiore, quello vero, quello dietro la maschera della quotidianità. Il Lato Oscuro nella scrittura non va descritto, va evocato con immagini precise, disturbanti, che allargano e distorcono le maglie fitte della realtà, quando meno te lo aspetti. Intervista già pubblicata su: http://langolodelnero.blogspot.it


Per la rivista Fralerighe, Giorgio Picarone ha posto a Sara Bilotti altre domande, che seguono:

1) Addentrandoci nello specifico della raccolta, ci puoi raccontare in breve la genesi di queste storie? Ho sempre grosse difficoltà a parlare della genesi dei miei scritti. Solitamente accade questo: osservo una situazione apparentemente "normale", o ascolto un dialogo tra due persone, e noto un particolare anomalo, un gesto compulsivo, per esempio, o una parola ripetuta troppe volte. Da quel particolare nasce una storia. In questi racconti la normalità, come spesso accade nella vita, è solo una facciata, dietro la quale si nascondono nevrosi e segreti inconfessabili. Solo due racconti hanno una genesi precisa: Farfalla, che riflette la realtà meschina di un piccolo paese di provincia, i cui abitanti sarebbero disposti a uccidere pur di mantenere la loro maschera di persone rispettabili. E Senza Voce, che nasce dalla mia esperienza con i bambini vittime di abusi, dalla difficoltà di rapportarsi a loro. Questi bambini hanno subìto, spesso per tutta la vita, una realtà diametralmente opposta alla nostra: per loro, che non sono abituati alle cure amorevoli, è la tenerezza a diventare violenza. 2) Le tue storie colpiscono perché sanno essere dure ma corroborate di una leggerezza senza eguali. In Farfalla, racconto che apre il tuo libro, ci descrivi in modo nitido un dramma che ci circonda ma che le persone


sottovalutano o peggio fanno finta di non vedere. Hai avuto una qualche testimonianza diretta per descriverlo in maniera cosi nitida ed efficace?(se sono stato troppo indiscreto questa la togliamo) In tutti i miei scritti è racchiusa la mia esperienza, seppure descritta in modo romanzato. E il dramma descritto in Farfalla riflette una delle tante problematiche che facciamo finta di non vedere, per vigliaccheria e quieto vivere. A me piacerebbe molto riuscire a chiudere gli occhi, ma purtroppo non è nella mia natura. Per fortuna, ho la possibilità di scriverne: scrivere (ma in generale dedicarsi all'arte) aiuta a liberarsi dal peso del proprio dolore, e anche da quello che gli altri ti scaricano addosso.

3) Il tradimento che si tramuta in colpa, il rancore che degenera in rabbia selvaggia sono tutti aspetti del Male che descrivi. Passo numero quattro e Niente da perdere presentano due personaggi che cadono vittime di tutto ciò forse vittime dell'Amore. Il Bene, quello con la B maiuscola, è un'effimera illusione o esiste? Esiste, ma è costantemente accompagnato dal suo opposto, come la luce e l'ombra. Se non accettiamo questa realtà saremo sempre tormentati dall'impossibilità di assomigliare all'immagine ideale che abbiamo di noi stessi. Un ideale irrealizzabile, la maggior parte delle volte. 4)" ...tra un ossicino ed un nervo si rifugia l'anima." . Questa citazione tratta da Nella carne, racconto che dà il titolo alla raccolta è stupenda e sintetizza il cuore del racconto. Un personaggio travagliato, incompleto, alla continua ricerca dell'amore. Due battute per descriverla e se, in parte, ti rivedi in lei. Rivedo in lei alcuni aspetti miseramente umani della mia esistenza, ma anche di quella di tutti noi. Capita di volere a tutti i costi che una


persona ci appartenga, al punto da annientarla. Naturalmente questo è l'unico modo veramente sbagliato di amare, ma a volte sfogare le proprie insicurezze e frustrazioni su chi amiamo è un meccanismo inconscio, incontrollabile. Trovare l'equilibrio e star bene con se stessi senza far del male a nessuno è spesso un'utopia.

5) Athina è libera, il racconto che chiude la raccolta, scritto a quattro mani con Massimo Rainer, ti ha permesso di confrontarti con una tipologia di scrittura diversa dalla tua ma che, a mio modo di vedere, è complementare a te. Aggressiva, diretta e tosta quella di Massimo, leggera e precisa come uno stiletto la tua. E' stato difficile coniugare le vostre due voci in un unica direzione? E' stato molto semplice, in realtà. Io tendo ad assimilare gli stili degli autori che leggo, e nella mia scrittura c'è tanto di ognuno di loro. Ho scritto Athina è libera in pieno "stile Rainer" per ringraziare Massimo del suo immenso lavoro di editing sui miei racconti, poiché la scrittura rappresenta la mia parte più "vera", ed è il dono più grande che io sia capace di fare. Successivamente, Massimo ha messo mano al testo in più punti e ha ideato il vero colpo di scena del racconto.

6) "Chi subisce il Male deve condividerlo, da solo non riesce a sopportarne il peso. Anche a costo di scaricarlo sui propri figli"( cit. L'uomo nero). Siamo tutti carnefici e vittime quindi? Sono convinta di sì. Chi dice di non aver mai fatto del male a nessuno, di aver sempre svolto con razionalità il suo bravo compitino di marito/moglie, genitore, amico, mi spaventa. La natura umana, come dicevo prima, comprende il Bene e il Male, e per controllare il nostro Lato Oscuro è necessario averne consapevolezza, accettarlo, per poi arginarlo. Giorgio Picarone



I DETECTIVE NEL GIALLO Tempo fa riflettevo sul fatto che il detective, nella finzione poliziesca, tende a essere sempre un po’ stereotipato, un po’ sagomato. Allo stesso tempo, mi chiedevo come fosse possibile che romanzi aventi come protagonisti dei detective dal “sapore” già sentito fossero dei tali bestsellers. Alla seconda domanda ho trovato facilmente risposta: un personaggio vicino ai canoni della categoria sa di familiare, consente al lettore di immedesimarsi prima, di farsi prendere dalla storia; e si sa, questa è una delle chiavi del successo di un romanzo, al di là di generi e etichette. Così mi sono detto: va bene, per piacere piacciono, per vendere vendono, per funzionare funzionano, ma è possibile che non si possa andare oltre i soliti modelli di detective? Ci ho riflettuto un po’, e alla fine sono arrivato alla conclusione che no, non si può andare oltre quei pochi ma immortali modelli. E ve lo dimostro. Ipotizziamo di scrivere a quattro mani, io e te, un romanzo poliziesco. Abbiamo pensato al delitto, l’input della storia, e sappiamo chi lo ha commesso. Sappiamo perché lo ha fatto e dove, in che luogo. A questo punto abbiamo bisogno di un detective, che investighi sul caso. Uno di noi potrebbe proporre di usare come detective una persona molto intelligente e deduttiva, dato che il suo compito è quello di usare la logica. Bene, in questo caso avremmo creato un detective del tipo 1, alla Sherlock Holmes, Poirot, ecc, come ce ne sono a bizzeffe. Potremmo allora pensare di creare un personaggio forte, intelligente sì, ma non un cervellotico, un uomo d’azione, un duro. Dice niente la


scuola Hard Boiled? L’Ispettore Callaghan e i classici detective privati all’americana attaccati alla bottiglia di whiskey? A questo punto, dopo un po’ di riflessioni, potremmo arrivare alla conclusione di voler creare un detective più moderato, più realistico. Una via di mezzo tra il cervellotico e il duro, vicino all’uomo medio. Una persona normale dotata di un certo senso della giustizia e una discreta capacità di investigazione. Bene! Ce l’abbiamo fatta! Se escludiamo Maigret, Carvalho, Montalbano e diversi altri eroi in voga, abbiamo trovato davvero una soluzione originale. Peccato che i tre nominati in precedenza siano un attimino famosi… Come vedete, che il detective sia un cervellone, un uomo comune o un osso duro, non si sfugge da modelli già usati, da archetipi veri e propri. E quindi, direte voi, non ci resta che rassegnarci agli stereotipi, o archetipi che dir si voglia? Sì e no. L’archetipo è qualcosa di imprescindibile, ma proprio perché inevitabile va lavorato molto per far venire fuori un personaggio vivo e un minimo diverso dagli altri, e non una sagoma di cartone presa in prestito dalla memoria del genere. Ciò che consente di rendere il nostro detective archetipo il detective X, apprezzato e ricordato dai lettori, sono i dettagli. Una caratterizzazione precisa, un passato ben chiaro (almeno nei punti chiave) che ha formato il carattere del nostro detective, dei gusti ben definiti e un atteggiamento coerente (non può parlare ora forbito ora rozzo, a meno che non stia interrogando prima un nobile e poi un uomo del popolo, ecc), ma soprattutto una buona


dose di conflitto, permettono di far “vivere” il nostro archetipo… pardon, detective. Per concludere, c’è da dire che oggi si è aperta una nuova tendenza, che è quella di inserire elementi fantastici nella figura del detective, come “il Fatto” (la capacità di vedere i morti) del commissario Ricciardi, creato da Maurizio de Giovanni, o “la Danza” del commissario Serra, di Giuliano Pasini. Questa è una delle tante scelte soggettive che un romanziere può fare, ma bisogna precisare che sì, rappresenta una novità rispetto agli archetipi, ma può essere attuata solo “riscrivendo” un po’ le regole del genere, uscendo cioè dall’ambito del reale, che è il territorio naturale e storico del poliziesco di ogni colore. Aniello Troiano Puoi seguire l’autore su: http://aniellotroiano.wordpress.com/


UNO STUDIO IN NERO: LA LETTERATURA POLIZIESCA TRA SPIAGGE DORATE E GIUNGLE D’ASFALTO. L’area della letteratura poliziesca che definiamo noir (ammesso che abbia ancora un senso applicare etichette ai generi letterari e perdersi nel maelström dei sottogeneri) porta un nome francese ma vanta natali a stelle e strisce. La genesi del noir è legata alle opere di Raymond Chandler (nel disegno a sinistra) e Dashiell Hammett, capiscuola indiscussi del genere – e già ricadiamo nel girone infernale delle classificazioni! – hard-boiled. Nel saggio La semplice arte del delitto (1944), Chandler getta le basi del romanzo poliziesco realistico e riconosce a Hammett “il merito di aver tolto il delitto dal vaso di cristallo del poliziesco all’inglese per buttarlo in mezzo alla strada, restituendolo così alla gente che lo commette per un motivo – e non semplicemente per fornire un cadavere a lettori oziosi, e con mezzi accessibili – non con pistole da duello intarsiate, curaro e pesci tropicali”. Un lungo e ponderato addio al giallo tradizionale, insomma, per intingere la penna in qualcosa di più nero dell’inchiostro: il cuore violento di una società profondamente ingiusta. Il delitto, da Chandler in avanti, cesserà di costituire un mero problema di logica, un innocuo puzzle da ricomporre per ristabilire un ordine ad esso preesistente. A partire dal filone hard-boiled la letteratura nordamericana sfornerà alcuni fra i più grandi capolavori del genere: romanzi neri accomunati dalla presa di coscienza di una realtà nella quale il confine tra legalità e illegalità è sfumato e la rabbia degli ultimi si scontra con la glaciale indifferenza degli “arrivati”. Sandro Ferri (editore e/o) osserva giustamente che in questo tipo di narrazioni non vi è nulla di consolatorio: “il caos regna prima e dopo, indipendentemente dall’esito dell’inchiesta” perché vi è la consapevolezza che la regola – e non già l’eccezione – del mondo è la violenza. Terreno narrativo comune è la metropoli (tanto che si arriva a coniare la suggestiva locuzione “noir metropolitano”), vero e proprio character delle opere in esame; nella letteratura poliziesca


d’oltreoceano, degrado urbano e degrado morale vanno di pari passo, e il ritmo della narrazione è il ritmo – irrimediabilmente frenetico – della città. Basti pensare alla Los Angeles cinica e corrotta di James Ellroy, protagonista assoluta della tetralogia L.A. Quartet (Dalia nera, Il grande nulla, L.A. Confidential, White Jazz); i quattro romanzi, ambientati a Hollywood fra gli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso, restituiscono l’immagine impietosa di un luogo dalla superficie dorata e l’anima in necrosi. Un rapido coast-to-coast ed ecco profilarsi la New York violenta di Ed McBain. Il romanzo Il seme della violenza (firmato con il suo vero nome: Evan Hunter) e 87° distretto (serie di police procedural che ha ispirato alcuni famosi film TV come “NYPD Blue” e ha contribuito non poco a condizionare il nostro sguardo – e forse anche i nostri giudizi – sulla Grande Mela) sono addirittura considerati, da taluni, i titoli/manifesto del noir metropolitano. * Al di qua dell’Oceano, la letteratura poliziesca si evolve in maniera analoga, affrancandosi progressivamente dal giallo inteso come lettura di puro intrattenimento e spostando il fuoco dell’attenzione dal chi e


dal come al perché del delitto, analizzando le ripercussioni che l’attività criminale ha sul tessuto sociale. Gli ingredienti di base, tuttavia, sono diversi, e sebbene il poliziesco europeo finisca col diventare anch’esso “metropolitano” – nel senso che il territorio assume un ruolo centrale all’interno della narrazione – è altrettanto vero che lo diventerà in maniera peculiare. L’occhio del noir si posa infatti su una realtà difficilmente comparabile con quella nordamericana: in primo luogo in virtù delle diverse condizioni socioambientali; in secondo luogo, e soprattutto, in quanto i popoli del mediterraneo condividono un retroterra culturale con caratteristiche ben precise e uniche al mondo. “In principio è il Libro”, spiega il noirista Jean-Claude Izzo nella raccolta di saggi Aglio, menta e basilico – Marsiglia, il noir e il Mediterraneo (titolo originale: Marseille, pubblicato in Italia nel 2006 dalle Edizioni e/o), “(e) il momento in cui Caino uccide suo fratello Abele. Con il sangue di questo fratricidio, il Mediterraneo ci regala da leggere il primo dei romanzi noir”. Considerato all’unanimità il padre del “noir mediterraneo”, Izzo ha ambientato i suoi romanzi nel quartiere più povero di una Marsiglia cupa e dolente ma che conserva intatto il suo fascino di luogo di confine. Egli definisce il noir mediterraneo come “l’accettazione fatalista del dramma che grava su di noi da quando l’uomo ha ucciso suo fratello su una delle rive di questo mare”. Tutti i grandi classici della nostra letteratura, a ben vedere, raffigurano il crimine come la forza che governa il mondo e i rapporti fra gli uomini; “in principio, infatti, vi erano tutte le ragioni di uccidere. L’invidia, la gelosia. Il desiderio, la paura. Il denaro. Il potere. L’odio. (…) la tragedia greca mette in scena questo”, ci ricorda Izzo. In quest’ottica, se i poemi omerici possono considerarsi meravigliose antologie noir ante litteram, alla vicenda di Edipo calza a pennello il ruolo di prima sceneggiatura noir della storia. Ne era ben consapevole Patrick Raynal, direttore della Série Noire di Gallimard, al punto che decise di inserire nella celebre collana una riscrittura in chiave noir dell’Edipo re. “Se definiamo (…) la scrittura


noir, l’ispirazione noir come uno sguardo sul mondo”, ebbe a dichiarare Raynal in un’intervista rilasciata alla rivista Les Temps Modernes, “uno sguardo sul lato oscuro, opaco, criminale del mondo, pervaso dall’intensa percezione della fatalità che ci portiamo dentro e che nasce dal fatto che l’unica cosa che sappiamo veramente è che moriremo, allora sì, dico che l’Edipo re è il primo romanzo noir”. Il capolavoro sofocleo si apre, del resto, con un’indagine: Edipo si impegna a identificare e punire in maniera esemplare l’uccisore di Laio, suo predecessore sul trono di Tebe. Non sa ancora, non può immaginare, che la verità è già a portata di mano: pericolosamente, mortalmente vicina… Secondo Jean-Claude Izzo, “i rapporti fra tragedia greca e noir saltano agli occhi” e sono tanti gli autori moderni che s’iscrivono in un vero e proprio rapporto di filiazione con il tragico greco. Primo fra tutti Albert Camus, uno dei più brillanti intellettuali del Novecento. A parere del noirista marsigliese il romanzo Lo straniero (titolo originale L’étranger) può considerarsi “il romanzo contemporaneo fondatore del giallo mediterraneo”. Protagonista è Meursault, un modesto impiegato algerino che uccide inspiegabilmente un arabo su una spiaggia assolata; egli si consegnerà alla giustizia senza cercare alcun tipo di giustificazione, nella più totale indifferenza al crimine commesso e alle sue conseguenze. Il romanzo in parola riporta in vita gli elementi caratteristici della tradizione medi-


terranea, svela il destino di tragedia che grava sull’umanità sin dagli albori. Ci ricorda, insomma, che la storia del Mediterraneo è intrisa di sangue e scura come l’anima di Caino, e che la struggente bellezza da cui siamo circondati l’abbiamo avuta a caro prezzo. Se vi è una peculiarità del noir mediterraneo rispetto alle altre declinazioni della narrativa nera contemporanea, essa risiede proprio nel suo incessante dividersi tra la violenza fratricida e l’incanto dei paesaggi, tra la necessità di raccontare l’aberrazione (che non fa sconti e colpisce in egual misura i panorami da cartolina e il grigiume della città) e il sentimento di commossa ammirazione per quel che resta di un paradiso perduto. Tra due colori, come ha sintetizzato Jean-Claude Izzo: “l’azzurro del cielo e del mare e il nero della morte e dell’odio”. Simona Tassara Puoi seguire l’autrice su: www.arcadiaedintorni.altervista.org http://unostudioingiallo.blogspot.it


PILLOLE DI STORIA NOIR: N.1: LE ORIGINI DEL ROMANZO NOIR IN ITALIA Il noir e il romanzo d’ambientazione poliziesca in genere non ha una vera e propria data di nascita. In letteratura esistono molti testi che denotano componenti d’intrigo e di mistero ma si tratta di casi sporadici e per lo più non voluti. Gli studiosi di letteratura poliziesca ritengono che il “giallo” come genere sia nato con la pubblicazione del romanzo “I delitti della Rue Morgue” (1841) di Edgar Allan Poe, nel quale fa la sua apparizione il primo detective della storia della letteratura, Auguste Dupin. In Italia il romanzo poliziesco tarda a svilupparsi, sia per il pregiudizio dei lettori che lo ritengono un sottogenere senza importanza sia per la mancanza di acume degli editori, che non investono negli autori nostrani. Mentre in Francia lo scrittore Gaboriau inventa il personaggio del poliziotto Lecocq e in Inghilterra spopolano le opere di Conan Doyle, in Italia gli unici intenti di letteratura d’intrigo e mistero sono dedicati al feuilleton. Il romanzo d’appendice è un genere che nel nostro paese vivrà un’epoca dorata dalla fine dell’Ottocento fino alla Seconda Guerra Mondiale. Si tratta di romanzi pubblicati a puntate, allegati a riviste in voga, il cui scopo alle volte è proprio quello d’incentivarne le vendite. Il romanzo d’appendice è di per sé un progenitore del romanzo rosa. Infatti solitamente le storie vertono su amori impossibili, storie appassionanti e disgrazie personali di eroine dal cuore infranto, con le varie puntate che terminano sul più bello, obbligando il lettore ad acquistare il numero seguente della rivista. Alcuni romanzi d’appendice, soprattutto quelli del napoletano Francesco Mastriani (1819-1891), si distinguono per la presenza di elementi misteriosi e criminosi. Questi ambienterà le proprie storie nel sottobosco della Napoli povera e disagiata, nella quale si muovono senza soluzione di continuità poveri cristi e criminali prezzolati. Il romanzo “Il mio cadavere” del 1852 (sempre pubblicato a dispense) è considerato come il primo giallo italiano, romanzo nel quale si parla di eredità, miseria, figli illegittimi e morti violente.


Mastriani scriverà anche studi e racconti che hanno come protagonista la nascente camorra napoletana. I toni non sono quelli del noir (ancora di là da venire) bensì quelli canonici del verismo italiano. Anche se un paragone tra verismo e noir può apparire azzardato, i due generi hanno in comune la capacità di indagare nel tessuto sociale e nella realtà dell’ambientazione in cui si svolgono le trame. Questo un estratto dal romanzo “I Vermi, la Camorra elegante” del 1863 (tratto da Wikipedia): “... - Fermiamoci qui un momento - mi disse Augusto - ecco, per esempio, una curiosa partita d'écarté. Ma, prima di tutto, è d'uopo che io ti faccia conoscere questi signori. Quel giovinotto biondo è il signor conte Teofilo K... Feci qualche protesta ad Augusto, il quale seguitò... - Il meccanismo di questo miracolo - egli disse - sta in questo: quel giovinotto forma parte della paranza o della società... Non faccia meraviglia di ritrovare anche qui la paranza; e questa mi sembra assai più pericolosa di quelle che si stabiliscono nei camorristi di bassa mano... Questi camorristi co' guanti paglini si ficcano nelle imprese de' teatri, e prendono aggi scandalosi in su le scritture da essi procurate. Questa classe pericolosa non può vivere che nelle febbrili commozioni del giuoco. Non conoscendo il valore del danaro, perché avvezzi a vedersene le tasche ripiene...” Altro caso è quello della piemontese Carolina Invernizio (1851-1916) una tra le più importanti e longeve scrittrici di romanzi d’appendice. La base dei romanzi è pressoché identica e si basa sul dualismo fra protagonisti positivi e antagonisti maledetti e cattivi, caratteristica tipica del feuilleton. Alcuni titoli, come “La sepolta viva”, prendono spunto dal romanzo gotico (precursore del genere horror) e per le tematiche intriganti e misteriosi possono essere considerati dei prototipi di romanzi polizieschi moderni. In tutto ha


pubblicato circa centocin-quanta romanzi, pubblicati a dispense su varie riviste dell’epoca. Molti romanzi d’appendice dell’epoca prenderanno spunto da fatti di cronaca che hanno destato curiosità nell’opinione pubblica. Si tratta soprattutto di donne tradite, amanti vendicative o di uomini senza scrupoli ma non mancano le vicende d’innamorati che non riescono a coronare il proprio sogno d’amore e per questo si uccidono. I tempi sono ancora acerbi ma nei lettori italiani è stato gettato il seme che porterà al successo dei Gialli Mondadori, il primo fenomeno di massa italiano per quello che riguarda la letteratura poliziesca e noir.

Omar Gatti Articolo originariamente postato su Noir Italiano http://noiritaliano.wordpress.com/


MANIFESTO IDEOLOGICO PULP, parte II “Cazzo scrivi?” Sollevo la testa dal quadernetto e metto a fuoco lo spurgo che ho davanti. Sembra la brutta copia di Johnny Rotten con i capelli rossi. Ho quasi la tentazione di cantare Anarchy In The UK e togliermelo di torno. All’ultimo desisto. “Roba pulp” rispondo, muovendo la penna tra le dita. Il tizio ciuccia una sorsata dalla lattina di birra e trattiene un rutto. “E che cazzo di genere sarebbe?” “Storie torbide piene di sesso e violenza.” “Merda, sei un altro Bukowski del cazzo col cervello in pappa.” Sospiro. “A dirla tutta, Bukowski non mi ha mai fatto impazzire. Preferisco Chuck Palahniuk.” Il tizio si gratta la testa. “Già sentito” borbotta e increspa la fronte. “Ci sono! È quel finocchio che ha scritto Pasto nudo!” Scuoto la testa. “Hai le idee un attimo confuse, bello. Quello è William Burroughs.” Johnny Rotten non sembra far caso al mio commento. Sposta lo sgabello e parcheggia il culo, sentendosi in dovere di trattenersi. Guarda il barista e chiede un altro giro di birra. “La meno cara che hai!” grida, neanche fossimo al mercato del pesce. “Spiegami meglio che cazzo è questo pulp visto che ti dai arie da primo della classe.” Appoggio il gomito sul bancone. “Il sangue è l’ingrediente principale, mischiato a una generosa dose di humour nero. A grandi linee si tratta di una rimasticatura del noir e del thriller, per dar vita ad un pastone grottesco.” Il cantante dei Sex Pistols si strofina la nuca. Mi fissa con occhi da cerebroleso. Probabilmente il cervello non lo aiuta. Porcalaputtana… Mi trasformo nella controfigura di Gandhi. Regolo al massimo i livelli di autocontrollo e ricomincio.


“I personaggi di questo genere sono sempre immersi in vicende quotidiane (il giornalaio che solleva la serranda o la vecchina che cerca di scavallare la fila in Posta, tanto per intenderci) e il pulp nasce dal contrasto tra questo aspetto e quello che poi fanno questi personaggi: assassini, stupri, torture. Claro?” Johnny Rotten si guarda intorno. Forse cerca l’aiuto del pubblico. Ho un’ultima carta da giocare. Se non capisce così… Anziché sfilare un asso dalla manica, infilo la mano nella mia borsettina di pelle e impugno una rivoltella che non guasterebbe in un film di Tarantino. “Vedi” gli dico, “io sono un aspirante scrittore e fin qui nulla di nuovo, ma potrei anche essere il protagonista di un racconto grottesco.” Sollevo il braccio e riduco in poltiglia la faccia dello spurgo che ho davanti. L’inutile materia grigia che gli riempiva il cranio fino a un secondo prima si spiaccica contro la parete in una chiazza di vomito dai toni accesi. “Ecco” sbraito come un cow-boy dopo uno scontro a fuoco, “questo è fottutamente pulp!!”

Andrea Mariani Ossarotte http://www.facebook.com/#!/andrea.marianiossarotte


RASPUTIN: L’OMICIDIO DEL DIAVOLO – PARTE II La versione dell’omicidio di Rasputin che Jusupov stesso rilasciò alle stampe, fece rapidamente il giro del mondo e si confermò come quella ufficiale della morte del monaco che aveva soggiogato la Russia. Per quanto incredibile, si trattava di un resoconto troppo affascinante, troppo romanzesco, troppo perfetto per non lasciare il segno. La Russia, in quegli anni, era la patria del teatro: grandi scenografie, splendide prove d’attore incantavano nelle sale e nelle cantine un pubblico affamato, disposto a credere all’impossibile. Anche in questo caso, andò così. La sospensione dell’incredulità rese il pubblico – non solo quello russo, ma quello di tutto il mondo – più incline ad accettare il fatto che Rasputin fosse un demone immortale che non si lasciava mettere nella tomba, piuttosto che un vecchio maltrattato. Dietro al mito si affaccia una realtà diversa. Non meno affascinante (anzi, più tenera, più domestica) ma senz’altro meno epica. E più pruriginosa di quanto già appaia. Consapevole dell’amore tenero che Rasputin nutriva per lui (come per gran parte dei giovani uomini e delle donne di qualunque età che visitavano la sua casa, peraltro) Feliks Jusupov lo blandì per tutto il tempo durante il quale ne organizzò la morte. Lo blandì perfino promettendogli che gli avrebbe fatto incontrare la sua bella e delicata moglie, la Contessa Irina, che fu complice di Jusupov fino all’ultimo momento: spaventata dalle leggende che circolavano attorno a


Rasputin e ai suoi presunti poteri oscuri, la notte stessa dell’assassinio non raggiunse il marito sul luogo del delitto. Jusupov dovette andare da solo alla casa del contadino, dovette convincerlo a vestirsi e a uscire nella notte gelida, nonostante le precarie condizioni di salute – prima di morire, Rasputin aveva già subito diversi attentati alla sua persona e uno di essi, per mano di una donna, lo aveva particolarmente debilitato. Ciononostante, Rasputin seguì il suo “Piccolo Jusupov” fuori di casa, fino alla residenza dove avrebbe dovuto incontrare Irina. E dove invece incontrò la morte. Il medico Puriškevič e il granduca Dimitrij Pavlovič, intanto e come predisposto, avevano davvero sistemato il seminterrato come Jusupov aveva raccontato. C’era davvero i calici di vino, i pasticcini avvelenati alla crema rosa e al cioccolato, il grammofono che suonava Yankee Doodle. E molto probabilmente attesero davvero al piano di sopra mentre Jusupov cercava di assassinare il suo ospite, ma non così a lungo come venne descritto. Rasputin non era davvero il demonio degli inferi che il veleno non riuscì a uccidere. Piuttosto, il cianuro di potassio non ebbe alcun effetto. Perché? La fiala mescolata al vino risultò troppo diluita per causare veri danni alla vittima. E in quanto ai pasticcini farciti di cianuro (il vero pericolo letale per la concentrazione di veleno) non si trattò alla fine di un’autentica minaccia. In tutta la sua vita Rasputin non fu mai goloso di dolci – un dettaglio che Jusupov non poteva conoscere per via dei troppi doni delle ammiratrici del monaco sciamano che, ignare, gli riempivano la casa di dolciumi. Quella sera, come di consueto, Rasputin non consumò dolci. La quantità di cianuro di potassio che ingerì non gli causò altro che un annebbiamento dei sensi. Questo spiega perché non si accorse della rivoltella nella mano di Jusupov, quando questi tornò da lui dopo essere salito a confrontarsi con i complici Puriškevič e Pavlovič.


Ma il motivo per cui non si difese, né tentò di scappare immediatamente, è probabilmente da imputarsi alla fiducia che nutriva nel giovane, alla promessa languida di un incontro intimo con lui e con Irina. Jusupov sparò, ma non era un assassino e il suo colpo, in seguito, si dimostrò superficiale. I complici lo raggiunsero e insieme stabilirono frettolosamente la morte del contadino. Quindi bevvero qualcosa al piano di sopra, aspettando che la città si addormentasse e le strade si svuotassero, in modo da poter trasportare via il cadavere con comodo. Intanto però Rasputin, sul tappeto nel seminterrato, riprese i sensi. Finalmente, tentò la fuga, ma venne brutalmente freddato a revolverate davanti al cancello. Grigorij Rasputin era ancora vivo quando lo gettarono nelle acque della Neva attraverso un foro praticato sul ghiaccio. Le autorità recuperarono dalle acque gelide il cadavere seminudo e lo trovarono congelato, le unghie spaccate e le braccia ripiegate di chi cercava di rompere la barriera di ghiaccio e salire dal fiume. Tutto quello che aggiunse Jusupov nella sua confessione, fu inventato con cura e con cura stilato: “bisogna tenere presente che avevamo combattuto contro una persona eccezionale!” disse. Il diavolo, che loro erano riusciti a vincere. Scilla Bonfiglioli


IO UCCIDO PERCHÉ SONO DIO Prima cabarettista, poi showman e infine cantautore. Da dieci anni, Giorgio Faletti pubblica bestseller tradotti in tutto il mondo. «L’uomo è uno e nessuno». Questo è l’inizio, la frase improvvisa, il colpo d’occhio incuriosito che ce lo ha fatto conoscere nella sua ultima veste, quella di scrittore. Nome: Giorgio. Cognome: Faletti. Uno e nessuno. È questo l’incipit, dal sapore vagamente pirandelliano, del suo primo romanzo, Io uccido. Libro che ci ha lasciati tutti un po’ perplessi, non tanto per la mole considerevole o per la copertina splatter, quanto per il nome dell’autore, dal colore spocchiosamente dorato, che campeggiava sulla sommità della copertina. Nato ad Asti nel 1950, laureato in Giurisprudenza, negli anni ’80 avevamo imparato a conoscerlo come cabarettista di successo, battutista esasperato e interprete di personaggi irriverenti. Avevamo imparato a conoscerlo, forse leggermente increduli, come cantautore e interprete di Signor tenente, canzone seconda classificata al Festival di Sanremo del 1994. Ma non ci saremmo mai aspettati di vederlo in libreria, nel 2002, con un romanzo piuttosto lungo, dal titolo così immediato. E, addirittura, sulla quarta di copertina, la frase iperbolica di Antonio D’Orrico: «Non ci crederete, ma oggi quest’uomo è il più grande scrittore italiano». Con il classico scetticismo che accompagna da sempre l’inconsueto, abbiamo comprato questo libro, lo abbiamo letto, lo abbiamo assaporato e poi amato. Non credevamo potesse scrivere un thriller di quel genere perché, fino a quel momento, il thriller/hard boiled di


grande tiratura era stato appannaggio esclusivo della scuola anglostatunitense: autori come Michael Connelly, Jeffery Deaver, Jess Walter, John Grisham e James Patterson in Italia non c’erano. C’erano, però, i vari Camilleri, Carlotto, Lucarelli. E, da qualche anno, gli strepitosi De Giovanni e Carrisi. Autori di polizieschi all’italiana, ambientati sovente nella provincia, con personaggi forti e caratterizzati, immersi in contesti spesso locali. Sono questi i punti di forza della nostra narrativa di genere, sono queste le coordinate sottese al solco tracciato dal giallo italiano. Ma Faletti è uno e nessuno. E dopo il cabarettista, il cantautore e l’attore, arriva lo scrittore. E questo scrittore getta un ponte, costruisce una via percorribile là dove prima c’era uno spartiacque: Io uccido mutua gli stilemi del thriller d’oltreoceano, li innesta su uno sfondo suggestivo come quello del Principato di Monaco e dipana la fitta trama attraverso un linguaggio scorrevole, a tratti addirittura poetico. Un linguaggio ammaliante del quale, uno come Faletti, sinceramente non lo ritenevamo capace. Ecco che le quattro milioni di copie vendute, solo in Italia, trovano una giustificazione. E dopo Io uccido, a distanza di qualche anno, arriva il secondo thriller, dal titolo ancora più bello: Niente di vero tranne gli occhi (2004). Ambientazione newyorkese, trama fitta e calibrata, serial killer da catturare. Frase d’apertura: «Il buio e l’attesa hanno lo stesso colore». E anche stavolta, come la prima, siamo d’accordo con lui. L’attesa è durata due anni e ha avuto il colore impalpabile dell’oscurità. Ma ne è valsa la pena. Perché Faletti, uno e nessuno, ci ha appassionati di nuovo. Forse non come la prima volta, ma ce lo aspettavamo: già il fatto d’essersi mantenuto a livelli non eccessivamente inferiori rispetto all’exploit d’esordio è una buona conquista.


Accanto alle celebrazioni, però, cominciano a fioccare le prime critiche. Per molti, Faletti non è un autore “genuino”, uno che scrive di quello che sa, che semina la farina del proprio sacco. Per molti, è uno scrittore che “scimmiotta”, un autore furbo e scaltro che imita i grandi maestri americani. Nonostante queste voci fuori dal coro, dopo il secondo esperimento arriva il terzo: a quattro anni da Io uccido, ecco Fuori da un evidente destino (2006). Trama gialla, storia ambientata in Arizona e indiani Navajos che fanno la loro comparsa tra i personaggi principali. Ma stavolta qualcosa è cambiato. Il sovrannaturale fa il suo ingresso nel mondo noir, e quello di Faletti non è più un timido tentativo letterario, ma un manifesto culturale. E le milioni di copie vendute in tutto il mondo rispondono alle frequenti critiche secondo le quali lo scrittore, nel lavorare al primo romanzo, si sarebbe fatto aiutare dal suo amico e collega Jeffery Deaver (l’autore de Il collezionista di ossa, per intenderci). A questo punto l’autore spiazza un po’ tutti con una curiosa parentesi fantahorror: la raccolta di racconti Pochi inutili nascondigli (2008). Un’antologia di sette storie oscillanti tra alti e bassi, una manciata di racconti costruita sulla falsariga di Stephen King e Clive Barker. L’anno successivo, sempre per la Baldini&Castoldi (il suo editore storico), ecco il suo trionfale ritorno al thriller: Io sono Dio (2009). Nel titolo niente di


autobiografico, tiene a specificare l’autore, ridendoci sopra. Si tratta di un ritorno piacevole al giallo originario, con tanto di colpo di scena finale e flashback sulla guerra in Vietnam. La storia è buona, la scrittura decente, l’idea originale. Ma forse qualcosa manca. Manca l’irresistibile slancio poetico di Io uccido, manca la suspense capillare e crescente di Niente di vero tranne gli occhi. Insomma, nei contorni indefiniti di una lettura sempre sull’orlo dell’attesa, ci rendiamo conto che qualcosa non c’è e, forse, proprio l’incapacità di definire questa mancanza è l’origine della mancanza stessa. Giorgio Faletti scrive bene, c’è poco da dire. Ha una proprietà di linguaggio e una capacità di tessere trame che lo hanno fatto passare da esordiente impacciato a professionista del mestiere in pochi anni. La sua prosa è poetica, elegante, i personaggi caratterizzati in maniera originale e puntuale. Forse, però, col tempo emergono quelli che sono i suoi difetti di fondo: una scrittura che può risultare ridondante, la voglia di strafare, alcune vicende tirate per i capelli. Difetti che si palesano in Io sono Dio e forse, ancora di più, in Appunti di un venditore di donne (2010). Quest’ultimo segna un’altra piccola svolta, giacché in questo caso il thriller falettiano non è più ambientato negli USA, ma nella provincia italiana di qualche decennio fa. Sembra un passo indietro, una sorta di virata verso il noir all’italiana che ha in un altro Giorgio (Scerbabenco) il suo padre fondatore. Benché la storia sia scritta bene, e nonostante i personaggi siano marchiati a fuoco tra le pagine, l’ultima fatica di Faletti dimostra più delle altre alcune lacune di fondo, che l’autore a stento riesce a colmare. La pomposa ricerca del col-po di scena, la spasmodica


tensione verso una frase a effetto, la costru-zione chirurgica e meticolosa di una trama tanto complessa che, alla fine, perde credibilità e fascino. E forse qui e per questo, s’inserisce l’ultima scelta, il colpo di coda che pochi hanno capito, pochi hanno compreso. Tre atti, due tempi (2011), ultimo libro di Giorgio. Non è un thriller e l’editore non è Baldini&Castoldi, ma Einaudi. Stavolta a reggere le fila della storia è una vicenda di provincia, una storia drammatica sulla corruzione nel calcio e sul conflitto tra genitori e figli. Un romanzo mainstream che poco o nulla sembra avere in comune con i libri precedenti. Come spesso accade, però, la critica e il pubblico si sono divisi. Alcuni hanno apprezzato il tentativo, la sortita letteraria che sa tanto di rifiuto a farsi etichettare; dall’altro, molti hanno urlato per pubblici proclami la nostalgia per il Faletti vecchio stile, per i gialli pomposi ambientati nelle megalopoli statunitensi e per le trame calibrate e sherlockiane. Quale sia il futuro di Faletti non possiamo saperlo. Forse nemmeno lui lo sa. E i suoi libri, così avvincenti e così venduti, dividono lettori e critica con una separazione quasi manichea. Ma una cosa possiamo dirla. Faletti non lascia indifferenti. Non può lasciare indifferenti, perché i suoi libri hanno raggiunto vette da capogiro. Nessun italiano, prima di lui, ha mai nemmeno sognato di toccare cifre del genere con romanzi gialli. E se è vero che la quantità non sempre si accoppia alla qualità, è pur vero che al cospetto di un fenomeno popolare di tale portata occorrerebbe chiedersi il perché di un tale successo. Perché era già


famoso, dicono alcuni. Perché i suoi libri sono capolavori, sostengono altri. Forse hanno ragione entrambi e nessuno. O forse, cosa probabile, l’unico ad avere ragione è ancora lui, Giorgio Faletti. Un nome che incute rispetto per la persona, ancor prima che per lo scrittore. Perché quella di scrittore, oltre che una passione, è anche una maschera. È il viso plastificato di Guy Fuwkes che copre le fattezze del protagonista di V per Vendetta e attraverso la quale la sua voce roca ci ricorda che dietro la maschera, come dietro la scrittura e lo scrittore, non c’è solo carne, ma c’è un’idea. Soprattutto, c’è un sogno. Quello di realizzare le proprie ambizioni, di essere in pace con se stessi, di essere felici. In poche parole, il sogno di un uomo nato per vincere. Diego Di Dio



INTERVISTA A PIERGIORGIO PULIXI Ciao Piergiorgio, benvenuto su questo numero di Fralerighe. Iniziamo con le domande: 1) Piergiorgio Pulixi: chi è? Presentati ai nostri lettori. Sono nato a Cagliari nel 1982, e vivo tra Cagliari e Padova. Faccio parte del Collettivo Sabot creato da Massimo Carlotto di cui sono allievo. Oltre a scrivere collaboro con le case editrici e cerco di affinarmi come edi-tor. 2) Quando hai iniziato a scrivere? A scrivere in una maniera più “professionale” e consapevole dalla creazione del Collettivo e dal periodo di formazione con Massimo Carlotto, che ha aiutato me e i Sabot a costruirci un bagaglio di conoscenze letterarie e professionalità, che poi ci hanno aiutato ad affrontare la scrittura con più sicurezza e meno improvvisazione. La passione della scrittura è strettamente collegata a quella per la lettura. Dal mio punto di vista – e nella mia modestissima esperienza – le due cose sono inscindibili. 3) La tua formazione in ambito letterario? Sia come lettore che come scrittore. All'interno genere da attenzione quella di

del Collettivo abbiamo studiato la nascita e l'evoluzione del Edgar Allan Poe ai giorni nostri, dedicando particolare al ruolo sociale che ha avuto la letteratura, in particolare genere, dal 1800 in poi. Come in qualsiasi lavoro


padroneggiare le basi è fondamentale: le nostre basi sono i testi di Luca Serianni sulla lingua italiana e la sua grammatica, i classici tout court e i capisaldi del genere noir, più un bagaglio di strumenti legati al giornalismo d'inchiesta. 4) Quando ti sei avvicinato al genere noir? Fino ai ventidue anni sono stato un grandissimo appasionato di thriller e horror, soprattutto americani. Poi ho messo le mani su un libro di Jim Thompson – Colpo di Spugna – e da quel momento mi sono innamorato del genere. Un ruolo particolare lo hanno avuto anche diverse serie televisive come The Shield, I Soprano, e film come L.A Confidential e C'era una volta in America. Poi da Thompson sono passato a James M. Cain, Chandler, Hammett, Carlotto, Lucarelli, Dazieri, Vachss, e l'elenco è pressoché infinito. 5) Come è nata l’idea per Una brutta storia? Un giorno mi è capitato di leggere un articolo dove era scritto che nella notte passata erano stati arrestati 16 poliziotti tutti assieme facenti parte della stessa Sezione. Tra loro si era creata una dinamica da “famiglia mafiosa”. La cosa mi ha affascinato. Ho deciso di usare quello stratagemma narra-tivo, questo della famiglia, del branco, per parlare di corruzione all'interno delle forze di polizia. 6) Com’è stato scrivere questo romanzo? Una figata. Qualsiasi altra parola sarebbe riduttiva.


7) Quali sono le maggiori difficoltà che hai incontrato? E quali sono le cose che ti hanno divertito maggiormente? Sin dall'inizio volevo scrivere un noir atipico, epico, che avesse il peso del thriller, ma l'epica dei grandi classici, da Omero ai maestri russi; un'epopea criminale alla Il Padrino, una saga criminale alla Ellroy. Per fare questo il romanzo doveva essere necessariamente corale con tanti personaggi, ognuno ben tratteggiato con un suo passato e delle motivazioni forti. Ecco, gestire così tanti personaggi non è stato facile. Mi hanno divertito maggiormente i momenti di rilassatezza che vivevano i personaggi di tanto in tanto. So che può sembrare strano e a tratti folle, ma alla fine entri così in simbiosi con loro che anche tu diventi parte della loro squadra, e ti diverti con loro dentro le pagine. 8) Il personaggio a cui ti senti più legato? E quello che hai odiato? Forse mi attirerò le antipatie dei lettori, ma Biagio è indissolubilmente una parte di me, nel senso che ci ho convissuto per così tanto tempo che mi è difficile giudicarlo per le sue azioni e le sue scelte. Biagio è Biagio, il boss, il ragazzo cattivo che però tutti vorremmo avere come amico, perché ti risolve i problemi, non ti abbandona mai... Ma anche Sergej, Varga, Donna, Sonja, sono tutti personaggi che ho amato tanto. Vitalij è quello che invece ho odiato da subito. Lui rappresenta il villain per antonomasia, quello che agisce solo per interesse personale. 9) Nel tuo romanzo ho colto diverse citazioni, più o meno palesi, di film e serie tv come I Soprano e Scarface. Confermi? Cosa hai imparato e fatto tuo dei film di cui sopra? Hai colto bene. Da quei film ho imparato il rapporto stretto tra scelte, libertà e responsabilità. Credo che noi tutti siamo liberi di scegliere ma non siamo liberi dalle conseguenze delle nostre scelte. Nel mio romanzo è questo il motore della narrazione: i danni collaterali.


10) Come ti sei documentato? In particolare per quanto riguarda le procedure poliziesche e la mafia cecena. Ho avuto delle fonti interne molto coraggiose e precise. Ho studiato atti processuali e inchieste giornalistiche, soprattutto quelle di una grande cronista come Federica Angeli di Repubblica che si è occupata del caso dei NOCS: un'inchiesta che le ha fatto vincere un premio prestigioso. Sulla mafia cecena è stato più complicato perché nessuno ne sa niente e nessuno ne vuole parlare. Però se chiedi a qualche poliziotto che si occupa di Narcotici o guerra alla droga a un certo livello e gli chiedi dei ceceni, ti basta la sua espressione per capire tutto. 11) Il tuo romanzo preferito? E il film preferito? Dirne uno è impossibile. L'oscura immensità della morte di Massimo Carlotto e Shella: il buio nel cuore di Andrew Vachss. Il Padrino e Il Lungo Addio di Altman i film. 12) Cosa ne pensi del momento che sta vivendo attualmente il noir in Italia? Penso che stia vivendo un momento di forte crisi, soprattutto identitaria. Ma sono convinto che questo sarà positivo perché porterà a una rivoluzione e una palingenesi del genere, che lo rinnoverà. 13) Le tue esperienze letterarie precedenti: Perdas de Fogu e Un amore sporco. Cosa ci dici al riguardo? Sono state fondamentali per tracciare le direttrici dei miei lavori successivi da “Una brutta storia” in poi. Lavorare insieme a una casa editrice come E/O, poi, devo dire che è un'esperienza formativa pazzesca. Ogni libro con loro – e quindi ogni editing con un editor prestigioso come Claudio Cecciarelli – rappresentano per me una sorta di master universitario in scrittura creativa.


14) Secondo te il noir mediterraneo - o comunque il romanzo d’inchiesta, di denuncia sociale - può “solo” raccontare i problemi reali o può in qualche modo contribuire a combatterli, incrementando la consapevolezza della gente rispetto a tematiche non sempre chiare? Non ho mai creduto nel potere salvifico della letteratura. I libri, gli oggetti libro intendo, purtroppo non hanno un potere taumaturgico come in qualche racconto fantasy. Io credo nel ruolo sociale e politico del noir come atto di ribellione alla macchina della menzogna mediatica: i suoi contenuti sono sovversivi di per sé. In questo credo. Come credo nella condivisione delle esperienze e del sapere. Per il resto voglio solo raccontare storie avvincenti con personaggi ben costruiti e al contempo togliermi qualche sassolino dalle scarpe, se possibile. 15) Progetti per il futuro? Sto lavorando al seguito di “Una brutta storia”, che spero uscirà l'anno prossimo. Il progetto narrativo è ambizioso perché composto da parecchi libri nei quali viene approfondito ognuno dei poliziotti della squadra di Mazzeo e al contempo raccontare la caduta agli inferi della loro città. In questo la serialità televisiva è un punto di riferimento imprescindibile. Ti ringrazio. In bocca al lupo! Ciao! Grazie mille a voi.



Ognibene e le tracce del mulo - Cristian Fabbi Editore: Edizioni Forme Libere Data di pubblicazione: febbraio 2010 Pagine: 135 Prezzo di copertina: € 13,50 Un gruppo di silenziosi vecchietti albanesi, un giornalista anarchico, un medico antifascista, un maestro di larghe vedute, due fratelli irascibili, la guerra di Grecia alle porte, una torre misteriosa, un orto, una croce, le tracce di un mulo, una vacca da mungere, due storie d'amore, secchi di latte, fiumi di “raki”, e ancora un “bajraktar” beffardo, un “giakës” introvabile, una “kulla” trasformata in caserma. Questi gli ingredienti dell'indagine che dovranno affrontare tre carabinieri distaccati in un villaggio sulle montagne dell'Albania, durante l'occupazione nel 1940. Un giallo storico ambientato nelle terribili montagne del “Paese delle Aquile”, dove vige il secolare Codice Consuetudinario: il “Kanun”. Cristian Fabbi è nato in provincia di Reggio Emilia nel 1973. Ha vinto lo Sherlock Magazine Award 2008 con l’apocrifo La presa del sangue. Finalista al Gran Giallo Città di Cattolica 2009 con La Pallottola Benedetta, ha pubblicato: La strategia di Ismail nell’antologia “Unico Indizio”, La Besa nell’antologia “Incipit” e Püpel in “Lama e Trama” 2009. Nel 2010 ha vinto il Premio Delitto d’Autore con il romanzo Si muore come mosche, Ognibene, e ha pubblicato: Sherlock Holmes e l’avventura nella città vecchia in La rabbia, l’amore e le nuvole senza tempo (Damster) e Il nickname dell’assassino in “Unico Indizio” (Damster). Ognibene e le tracce del mulo è il suo primo romanzo, terzo al premio Passi nel Buio. a cura di Simona Tassara


PROMOZIONE EMERGENTE: IL FIUTO DELLO SQUALO – GIANNI SOLLA Titolo: Il fiuto dello squalo Autore: Gianni Solla Editore: Marsilio Prezzo: 16,50€ Quarta di copertina: Sergio Scozzacane è un impresario musicale. Lo chiamano "lo Squalo" per la forma a pinna del suo naso. Un soprannome, ma anche un destino da carnivoro: è il proprietario della casa discografica Musica Blue Records, che produce dischi a pagamento, vendendo illusioni a cantanti privi di talento che lui chiama "pazienti". Alloggiato in una pensione d'infimo ordine e sommerso dai debiti contratti anche con la camorra (costatigli il mignolo del piede sinistro), lo Squalo progetta una improbabile uscita di scena. Ma quando tutto sembra perduto, una speranza si riaccende: Mattia, un giovane cantante che ha ancora sotto contratto per due mesi, vince un talent show televisivo, e portarlo al festival di Sanremo sembra l'occasione di riscatto della sua vita da discografico fallito e per salvare la pelle. Con passo incalzante e capacità dissacratoria, Gianni Solla mette in scena un romanzo sull'impossibilità di sottrarsi alla propria natura, la storia di un antieroe che lotta per la sopravvivenza in una Napoli divisa tra mediocri cantanti neomelodici e clan della camorra, una commedia amara sui fallimenti umani.

A cura di Enzo Carcello. Potete seguire l’autore su: http://corpifreddi.blogspot.it/


PROMOZIONE EMERGENTE: IL MORSO DEGLI ANGELI – MARIA SILVIA AVANZATO Titolo: Il morso degli angeli Autrice: Maria Silvia Avanzato Editore: SenzaPatria Prezzo: 5,00€ Quarta di copertina: Una madre ostile, i baci di Serena, due bambini che s'incontrano di nascosto, un vecchio negozio di antiquariato. Ivo percorre l'A1 di notte, mentre i suoi demoni tornano a prenderlo. Stavolta bisogna metterli a tacere.

A cura di Enzo Carcello. Potete seguire l’autore su: http://corpifreddi.blogspot.it/


PROMOZIONE EMERGENTE: DOPPIA INDAGINE – MARZIA MUSNECI Titolo: Doppia Indagine Autrice: Marzia Musneci Editore: Giallo Mondadori Prezzo: 4,90€ Quarta di copertina: Stella è scomparsa da tre settimane. Il suo volto sorridente si è impresso nella memoria collettiva, riproposto ossessivamente sulle pagine dei giornali, sugli schermi televisivi, sui volantini affissi per le strade. Tutti la cercano, e nessuno la trova. Sua madre ha lanciato appelli, pregato e implorato, inutilmente. Da quel maledetto giorno di metà ottobre, all’uscita da scuola, non c’è più traccia della ragazzina undicenne dai lunghi capelli biondi. Studiosa e determinata, piena di talenti, amata da tutti... No, evidentemente non da tutti. Scoprire chi l’ha portata via è un’impresa disperata, presto le ricerche saranno abbandonate. Forse soltanto un idealista, un sentimentale, uno che se la prenda a cuore quasi fosse una questione personale avrebbe la tenacia necessaria a non mollare. Uno come l’investigatore privato Matteo Montesi. L’unico che sembra credere a un legame con un vecchio caso irrisolto: la scomparsa del padre di Stella, dieci anni prima. Perché una pista fredda, a volte, può celare la chiave del mistero. A cura di Enzo Carcello. Potete seguire l’autore su: http://corpifreddi.blogspot.it/


PROMOZIONE EMERGENTE: VENTI CORPI NELLA NEVE – GIULIANO PASINI Titolo: Venti corpi nella neve Autore: Giuliano Pasini Editore: TimeCrime (Fanucci) Prezzo: 7,70€ Quarta di copertina: Case Rosse, minuscolo borgo nell'Appennino tosco-emiliano, ha un primato: è la sede del commissariato più piccolo d'Italia, diretto da Roberto Serra - che viene da Roma ed è considerato uno 'ed fora' - con l'aiuto dell'agente Manzini. Non succede mai nulla se non qualche rissa tra ubriachi il sabato sera. Ma la notte del Capodanno del 1995 una telefonata sveglia Manzini in piena notte. Ci sono tre cadaveri al Prà grand, uccisi senza pietà. I due poliziotti accorrono sul luogo del delitto e uno spettacolo raccapricciante si presenta ai loro occhi: un uomo, una donna e una bambina sono stati colpiti a morte da distanza ravvicinata con un fucile. È un'esecuzione, senza alcun dubbio. Ma non ci sono schizzi di sangue intorno alle vittime e la loro posizione non combacia con la traiettoria degli spari. A chi appartengono questi corpi straziati che chiedono giustizia? Chi ha violato la pace di quel piccolo paese perso tra le montagne, e per quale motivo? E perché così tanta violenza da sorprendere anche un uomo come Roberto Serra, abituato a omicidi ben più efferati? Per il commissario comincerà un'indagine che lo porterà a rivivere il passato del luogo in cui si è rifugiato, e ad affrontare i demoni che albergano nella sua anima e nel suo cuore. A cura di Enzo Carcello. Potete seguire l’autore su: http://corpifreddi.blogspot.it/



PAOLO FOSCHI

Delitto alle Olimpiadi Prezzo € 14 - pagg. 150 E/Originals Il romanzo Giovane, bella, e famosa, l’ostacolista Marinella Paris è la stella della squadra azzurra di atletica per le Olimpiadi di Londra. Ma alla vigilia della partenza per l’Inghilterra il suo cadavere viene trovato sulla spiaggia di Ostia dove la nazionale è in ritiro per rifinire la preparazione. Nessun sospettato. Niente arma del delitto. L’inchiesta è affidata al com-missario Igor Attila, ex pugile medaglia d’argento alle Olimpiadi di Seul del 1988, con un passato di frustrazioni sportive e una dolorosa delusione amorosa alle spalle, ma tutt’altro che arreso al destino. Sarà lui a guidare il pool di agenti della Sezione Crimini Sportivi in un’indagine che farà luce sui compromessi e gli inganni del mondo dorato delle stelle dello sport. L’autore Paolo Foschi è nato a Roma nel 1967. Diplomato in educazione fisica, ha tre grandi passioni: la musica, lo sport e la letteratura. Giornalista al Corriere della Sera, ha lavorato all’Unità, al gruppo Espresso e in Mondadori.


PHILIPPE GEORGET

D’estate i gatti si annoiano Prezzo € 15 - pagg. 416 Trad. di Silvia Manfredo

Il romanzo È estate, fa caldo, i turisti sono arrivati e, al commissariato di Perpignan, Sebag e Molina, poliziotti disillusi divorati dalla routine, si occupano dei casi in corso senza grande entusiasmo. Ma all'improvviso una giovane olandese viene brutalmente ammazzata su una spiaggia ad Argelès e un'altra sparisce tra le viuzze della città senza lasciar traccia. Serial killer o no, la stampa si scatena in un batter d'occhio! Ritrovatosi suo malgrado al centro di un gioco diabolico, Sebag, alla mercé di uno psicopatico, metterà da parte preoccupazioni, problemi di cuore e interrogativi esistenziali per salvare ciò che ancora può essere salvato. «Aspetta senza gioia, pazienta e si abbandona. La casa di pietra diverrà la sua tomba. Chi fa cosa, chi acchiappa chi? Chi è il gatto e chi il topo?». L’autore Philippe Georget nasce a Épinay-sur-Seine nel 1963. Dopo una laurea in Storia, decide di dedicarsi al giornalismo. Appassionato viaggiatore, nel 2001 con la moglie e i tre figli fa il giro del Mediterraneo in camper. Vive a Perpignan. Con L'éte tous le chats s'ennuient, suo romanzo d'esordio, ha vinto nel 2011 il Prix SNCF du Polar e il Prix du Premier Roman Policier de la ville de Lens.


PATRIZIA RINALDI

Tre, numero imperfetto Prezzo € 16 - pagg. 192

Il romanzo Non è un fascicolo come gli altri quello che un giorno compare sulla scrivania del commissario Martusciello: il corpo senza vita del cantante napoletano Vittorio Vialdi trovato allo stadio San Paolo di Napoli, il cadavere di una donna misteriosa al Bentegodi di Verona. I corpi composti in posizione fetale, l’assenza di segni di violenza, la sfida lanciata ai tutori della legge, metodo e follia nel celare in bella vista un segreto inconfessabile. La polizia brancola nel buio, ma non la sovrintendente Blanca Occhiuzzi: bellissima, senza vista dalla nascita, costretta dal buio che l’avvolge a percepire con gli altri sensi ciò che la circonda e i tremiti degli uomini. Sarà lei, questa volta, a prendere per mano Martusciello, e a guidarlo col suo intuito sensuale nel buio della mente dell’assassino. L’autrice Patrizia Rinaldi vive e lavora a Napoli, dove è nata nel 1960. È autrice di diversi gialli, tra cui Il commissario Gargiulo (1995), Napoli-Pozzuoli. Uscita 14 (2007), Ninetta Ridolfi e gli oggetti affettuosi (2008), Blanca (2009). È anche autrice di libri per ragazzi, tra cui Rock sentimentale (2011), E poi domani guarisco (2011).


REVOLVER Edizioni BD – La scorciatoia - P. G. Sturges “P.G. Sturges è il degno successore di Raymond Chandler.” MICHAEL CONNELLY

Autore: P. G. Sturges Traduttore: Fabrizio Fulio Bragoni Pagine: 224 ISBN: 9788866346067 Prezzo: 12,50 € Trama: Los Angeles, oggi. L’ex marinaio e poliziotto Dick Henry si guadagna da vivere come “Scorciatoia”: risolve problemi. Tra sfratti e minacce, riscossioni e deludenti visite alla ex-moglie, Dick se la spassa con infuocate notti di sesso con Lynette, arrapante strega dal viso d’angelo. Ma, a rompere la routine, arriva Artie Benjamin, cinquantenne re del porno disposto a dargli un sacco di soldi per indagare sulla moglie Judy, sospetta fedifraga. Henry accetta il caso, e si vedrà costretto a organizzare l’omicidio dell’amante della donna, un uomo la cui identità non gli è per nulla estranea. In una giostra delirante di colpi di scena e invenzioni da commedia nera, Sturges confeziona un noir irresistibile che mescola lo humour corrosivo di Elmore Leonard con il ritmo e la verve più action di Josh Bazell.


– Terra di confine - Brian McGilloway “Fra le attuali serie poliziesche, quella dell’ispettore Devlin è certamente una delle più affascinanti.” JOHN CONNOLLY

Autore: Brian McGilloway Traduttore: Marco Piva Dittrich Pagine: 276 ISBN: 9788866346074 Prezzo: 13,50 € Trama: C’è una lingua di terra che corre tra Repubblica d’Irlanda e Irlanda del Nord. Al centro di essa, a Lifford, viene trovato sotto la neve il cadavere di Angela Cashell, una ragazzina di quindici anni. L’indagine è affidata all’ispettore Ben Devlin della Garda Police, la polizia nazionale irlandese. Unici indizi: un anello con una pietra di luna e una vecchia fotografia. In gabbia, intanto, finisce il padre della ragazza, Johnny Cashell, colpevole di aver appiccato il fuoco, insieme ai fratelli, a un accampamento di nomadi per farla pagare a un certo Whitey McKelvey. È Whitey l’assassino di Angela? È lui che ha cercato di vendere l’anello a un banco pegni e che si trovava insieme alla ragazza la notte dell’omicidio? Alla ricerca di risposte, Devlin sprofonda in una storia nerissima. Un rompicapo maledetto, in cui ogni indizio rimanda a un passato tragico consumato in quella terra di confine. Brian McGilloway rilegge la tradizione del romanzo poliziesco con classe da veterano, crea un intreccio di grande complessità e suspense, e consegna ai lettori un affascinante affresco irlandese.


FANUCCI – TIMECRIME - WILLIAM LANDAY – MORTE DI UNO SBIRRO Autore: William Landay Titolo: Morte di uno sbirro Pagine: 496 Prezzo: 10€ Trama: Qualsiasi storico ve lo può confermare: le concatenazioni di eventi non hanno mai fine. Non esiste alcuna causa senza un effetto, alcun incidente senza il suo seguito. Versailles è una tranquilla località turistica del Maine che si anima solo d’estate, con l’arrivo dei bostoniani in vacanza. Per il resto dell’anno è semideserta e non vi accade mai nulla: ecco perché, a soli 24 anni, Ben Truman ha raggiunto la carica di capo della polizia un tempo ricoperta dal padre. Ma un giorno d’autunno, in una casa sul lago, viene trovato il cadavere di Robert Danziger, procuratore distrettuale. Il caso sembra già risolto: la vittima stava indagando su un traffico di droga a Mission Flats, il quartiere più malfamato di Boston. Eppure, qualcosa non torna: le forze dell’ordine, stranamente, non sembrano voler collaborare alle indagini, mentre iniziano a emergere oscuri legami tra la morte di Danziger e due vecchi casi mai chiariti. Lentamente, Truman si trovadavanti un invalicabile muro di omertà, quasi che la verità fosse troppo sconcertante per essere portata alla luce. Con questa folgorante opera d’esordio, salutata dal pieno plauso della critica e del pubblico, William Landay si colloca definitivamente tra i maestri del thriller americano, al fianco di autori del calibro di Michael Connelly, David Baldacci, Dennis Lehane.


- SIMON LELIC – PUNTO DI ROTTURA

Autore: Simon Lelic Titolo: Punto di rottura Pagine: 304 Prezzo: 10€ Trama: Estate. Mattina. Una scuola come tante, in un sobborgo di Londra. Professori, preside e alunni sono riuniti in assemblea plenaria nell’aula magna. Tema all’ordine del giorno, la violenza: qualche tempo prima Elliot Samson è stato selvaggiamente aggredito da un gruppo di compagni più grandi. Pochi minuti dopo uno dei docenti, Samuel Szajkowski, apre il fuoco sui presenti. Quattro morti, tre allievi e un’insegnante. La quinta vittima è l’omicida: un colpo solo, alla testa. Il caso viene aperto e subi-to chiuso visto che, in realtà, un caso non c’è. Ma l’ispettore Lucia May non si arrende all’evidenza: caparbiamente, inizia a interrogare allievi, docenti, il preside, i genitori delle vittime. Cosa ha spinto un timido, riservato professore di storia a commettere un crimine così efferato? Ognuno ha una spiegazione da dare, una sua interpretazione dei fatti, dei moventi; ma la verità è una terra straniera, un labirinto di dubbi attraverso cui emergono, via via più nitidi, il ritratto di un uomo qua-lunque e le motivazioni della sua scelta. Fare fuoco, per non soccom-bere. Simon Lelic ci regala un romanzo poetico e feroce, forte di una trama di tale potenza e attualità e di una così inequivocabile qualità letteraria da essere diventato un caso sia in Europa che negli Stati Uniti, dove è stato segnalato dal New York Times come il crime più importante dell’anno.


MONDADORI SHARON BOLTON

ORA MI VEDI Pagine: 432 Prezzo: 12,90€ È notte fonda e Lacey Flint, una detective della polizia di Londra, si sta dirigendo alla propria auto nella zona sud della città quando all’improvviso si trova di fronte una donna che, orrendamente pugnalata, le muore tra le braccia. In un primo momento Lacey viene tenuta lontano dalle indagini: non solo è giovane e inesperta, ma si trovava anche sul luogo del delitto. A questo omicidio ne seguono presto altri e lei si rende conto che ricalcano esattamente quelli compiuti da Jack Lo Squartatore, il sanguinario assassino che seminava il terrore nel quartiere di Whitechapel alla fine dell’Ottocento. C’è dunque qualcuno deciso a ripeterne le efferatezze? E se così fosse, come individuare il prossimo obiettivo e salvarlo? Affascinata fin da ragazzina dal caso del famoso serial killer, di cui ha studiato tutti gli omicidi nei particolari, Lacey è la persona più indicata ad aiutare i colleghi che stanno indagando. Inizia così a collaborare con il detective Mark Joesbury, che è attratto da lei pur non essendo totalmente convinto della sua innocenza. Lacey si rende conto che per interrompere la scia di sangue dovrà ingaggiare una corsa contro il tempo e che l’assassino è più che mai pronto a colpire. Ora mi vedi è un moderno romanzo gotico, ben costruito e pieno di suspense, pregi che hanno consentito all’autrice di imporsi con pieno merito sulla scena internazionale.


HARLAN COBEN

SENZA LASCIARE TRACCIA Pagine: 300 Prezzo: 12,90€ Da diversi anni il detective Myron Bolitar non ha più notizie di Terese Collins, con cui diversi anni prima aveva avuto una breve ma appassionata relazione e che sembrava scomparsa nel nulla. Così, quando lei lo chiama da Parigi chiedendogli di raggiungerla subito, la telefonata lo coglie totalmente di sorpresa. Myron decide di aiutarla e la donna, in una sconvolgente confessione, gli rivela la tragica morte della figlia Miriam dieci anni prima in un incidente d’auto. E questo è solo l’inizio: arrivata in Francia per incontrare l’ex marito, un famoso reporter investigativo, scopre che l’uomo è stato ucciso e che lei è la sospettata numero uno dell’omicidio. Ma una prova sorprendente rinvenuta sulla scena del delitto apre una nuova prospettiva, portando alla luce fatti rimasti nascosti per molto tempo e suggerendo la possibilità che Miriam sia ancora viva. Myron e Terese iniziano a indagare per scoprire che cosa le è realmente accaduto e si ritrovano ben presto alle prese con nemici misteriosi, in un paese dove niente è come sembra, al centro di un complotto terroristico internazionale. Con la consueta padronanza dei meccanismi del thriller, Harlan Coben regala ai lettori una storia dall’intreccio mozzafiato, dal ritmo travolgente di un film d’azione e un protagonista, Myron Bolitar, pronto a tutto pur di difendere ciò che gli è più caro e di arrivare alla verità.


ROBERT CRAIS

LA PRIMA REGOLA PAGINE: 324 PREZZO: 12,90 euro Frank e Cindy Meyer, una coppia felice con due bambini, sono la perfetta incarnazione del sogno americano, fino al giorno in cui una banda di ladri professionisti fa irruzione nella loro casa di Los Angeles uccidendo tutta la famiglia e Ana, la loro baby sitter serba. È il settimo colpo messo a segno dalla banda in pochi mesi. I suoi membri sono degli specialisti e non lasciano indizi utili alle indagini, solo una scia di cadaveri. L’unico elemento in comune tra le vittime è che si era sempre trattato di criminali che nascondevano grandi quantità di droga e denaro. Ma non è certo il caso di Frank Meyer, un commerciante di abbigliamento la cui unica eccezione a una vita tranquilla era di aver lavorato molto tempo prima come mercenario. La polizia, però, sospetta che fosse implicato in certi affari sporchi, anche in ragione del suo passato. È lì che va cercata la causa di una fine così crudele? Di quel passato fa parte anche l’investigatore Joe Pike: Frank era uno dei suoi uomini migliori nelle missioni da lui condotte negli angoli più pericolosi del pianeta. Pike non riesce a credere che il suo vecchio compagno fosse immischiato con la malavita e comincia una propria indagine, deciso a sgombrare il campo dai sospetti e a vendicare l’amico. Perché Frank e la sua famiglia sono stati sterminati? Con l’aiuto del fidato socio Elvis Cole e di un altro ex mercenario, il beffardo e feroce Jon Stone, Pike si addentra in una Los Angeles oscura e violenta, nei covi dei più spietati criminali provenienti dalle repubbliche dell’ex Unione Sovietica e dall’Europa dell’Est. Questi uomini agiscono secondo un codice di regole che non lasciano scampo a chi lo tradisce. Ma presto conosceranno un’altra regola: quella di Joe Pike. Un thriller pieno di azione, dai ritmi vertiginosi fino all’ultima pagina, che conferma il talento di uno dei maggiori autori del genere.


PATRIZIA TAMÀ

LA PROFEZIA DI MICHELANGELO PAGINE: 456 PREZZO: 12, 90 euro Città del Vaticano, 1991. Il restauratore Gabriel De León è esterre-fatto: il volto affrescato che ha appena riportato alla luce è identico al suo. Sembra il suo ritratto. Ma è stato dipinto da Michelangelo tra i beati del Giudizio Universale alcuni secoli prima che lui nascesse. Gabriel è un restauratore molto quotato; da anni partecipa ai lavori nella Cappella Sistina, ma dopo quest’inquietante scoperta la sua vita non sarà più la stessa. Pablo Picasso, Salvador Dalí, Francesco Borromini, Napoleone Bonaparte e madre Teresa di Calcutta: questi saranno soltanto alcuni dei personaggi che De León individuerà tra i visi affrescati dal Buonarroti a metà del Cinquecento. Molti gli daranno del pazzo. La sua follia, però, nasconde un immenso segreto... Firenze, 1490. A Palazzo de’ Medici tutti sono immersi nel sonno, ma Michelangelo Buonarroti non riesce a dormire. Così vaga fino al Giardino di San Marco, che di giorno funziona come scuola d’arte allestita dal mecenate Lorenzo, dove scoprirà di poter avere accesso ai preziosi misteri custoditi dalla cerchia più ristretta del Magnifico. Marsilio Ficino, Pico della Mirandola e un Maestro che indossa un copricapo bianco gli riveleranno Verità destinate a illuminare tutta la sua arte, ma a essere visibili solo a pochi...


Roma, 2012. La studiosa Beatrice Maureeno, famosa per aver rintracciato la Quarta Cantica dantesca, riceve un messaggio di Gabriel De León. Ma, non appena apre la busta, perde i sensi e viene colta da una visione. Al suo risveglio, il messaggio è sparito. Poco dopo il vecchio De León viene trovato morto nella clinica psichiatrica dove era ricoverato: sembrerebbe un suicidio, ma ben presto emerge invece il sospetto che si tratti di omicidio. Gabriel era forse troppo vicino a un segreto scomodo? Per Beatrice inizia un’avventura che la porterà a scoprire le passioni e i percorsi più intimi di Michelangelo. Un viaggio in cui rischierà la vita e dovrà fare i conti con l’amore, le paure, i desideri più profondi. Un romanzo che scava nella Storia e insieme un thriller dal ritmo serrato, popolato di personaggi straordinari, che – tra rivelazioni esoteriche e inseguimenti mozzafiato – ci regala un’originalissima interpretazione del capolavoro della Sistina: forse a tutti noi è accaduto di alzare lo sguardo per ammirarne gli affreschi, ma oggi Patrizia Tamà ce ne svela alcuni impensabili segreti.


ANDREAS WINKELMANN

ISTINTO CIECO PAGINE: 372 PREZZO: 12,90 euro In un lontano giorno d’estate, in un bel giardino, Sina, una bambina dai capelli rossi, si dondola felice sull’altalena. Intorno a lei un mare di fiori colorati, che però non vede perché è cieca. Sente qualcuno avvicinarsi e capisce che qualcosa non va. Cerca di fuggire, ma invano. Dieci anni dopo, un’altra bambina, Sarah, anche lei con i capelli rossi e gli occhi vuoti, vive lo stesso incubo. Come era avvenuto con Sina, nessuno sente e nessuno vede. Franziska Gottlob, commissario della polizia criminale di Hannover, ha i capelli rossi e la pelle delicata, ma i suoi occhi sono vivi, penetranti e in grado di cogliere anche i più piccoli segnali. È lei che ha il compito di scoprire cos’è successo alla piccola Sarah e di fermare il colpevole. Ed è il suo intuito femminile a farle notare le similitudini con l’altro vecchio caso ormai dimenticato e ancora irrisolto. Franziska si mette così in contatto con Max Ungemach, campione di pugilato e fratello di Sina, deciso a trovare a tutti i costi il responsabile della scomparsa della sorella. L’incontro fra i due riaprirà le antiche ferite di Max, mai rimarginate, ma Franziska sarà in grado anche di comprendere la sua fragilità d’animo e di aiutarlo. I due sono assolutamente intenzionati a ritrovare la piccola Sarah, ma sono consapevoli di avere poco tempo e non hanno idea di quanto lo psicopatico al quale danno la caccia sia crudele e sadico con chi si mette sulla sua strada. Istinto cieco è un thriller psicologico che unisce gli ingredienti tipici del noir angloamericano agli elementi del realismo nordico, trascinando il lettore negli abissi più profondi della psiche umana.


CREDITI Hanno lavorato a questo numero di Fralerighe CRIME: - Aniello Troiano: Fondatore di Fralerighe, direttore di Fralerighe CRIME, autore dell'articolo "I detective nel giallo", le recensioni di "Una brutta storia", "Nella carne", "The Black Album", l'intervista a Piergiorgio Pulixi e curatore delle novità editoriali. - Simona Tassara: Autrice dell'articolo "Uno studio in nero: la letteratura poliziesca tra spiagge dorate e giungle d'asfalto" , della recensione della "Trilogia di Fabio Montale" e della promozione emergente "Cristian Fabbi" - Silvia Di Mauro: Autrice della recensione di "I sussurri della morte" - Scilla Bonfiglioli: Autrice dell'articolo "Rasputin, l'omicidio del diavolo - Parte II" - Andrea Mariani: Autore dell'articolo "Manifesto ideologico del pulp - parte II" e della recensione "il momento è delicato" di Ammaniti. - Omar Gatti: Autore dell'articolo "Le origini del noir italiano - parte I" pubblicato precedentemente sul blog Noir Italiano - Giorgio Picarone: Autore dell'intervista a Sara Bilotti, già pubblicata parzialmente sul blog "l'angolodelnero". - Enzo Carcello: Curatore delle promozioni emergenti di Solla, Avanzato, Musneci, Pasini - Diego Di Dio: Autore dell'articolo "Io uccido perché sono Dio" - Patrizia Seghezzi: Autrice della recensione di "Anime e Sangue", già pubblicata per Thrillerpages.



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