processo penale minorile

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Da quanto sopra si può desumere che il giudizio di irresponsabilità scatta quando una “perizia medica” accerta l’esistenza di una “scarsa intelligenza” e di una “età mentale inferiore alla cronologica”, a tal punto che “il ragazzo, al momento del fatto, non si è reso conto della gravità morale e giuridica del proprio operato” (T.M. Milano, 15 gennaio 1937). In una sentenza si legge “l’accurato esame medico psicologico eseguito al Centro di Osservazione dei Minorenni di Milano consente al Tribunale di stabilire che il L., non affetto da tare fisiopsichiche particolari, è, per patrimonio culturale e per intelligenza, capace di intendere, ma non del pari è capace di volere, nel senso che la sua volontà intesa come reazione a impulsi istintivi affettivi antisociali è notevolmente compromessa…” (T.M. Milano, 2 dicembre 1938). Quando ad essere giudicata per furto è una ragazza, si ricorre a termini quali “un’isterica con capacità intellettuali assai ridotte, per cui non era in grado di comprendere l’illiceità delle sue azioni” (T.M. Milano, 18 luglio 1939), o, “frenastenica, incorreggibile e incline alla vita libertina” e, peggio, dopola sua fuga dalla casa delle minorenni, aveva “soggiornato per tre giorni presso un saltimbanco…” (T.M. Milano, 13 aprile 1935). Riguardo un’imputazione per appropriazione indebita così viene delineato il profilo del soggetto: “trattasi di un soggetto taciturno e chiuso, affetto da sonnambulismo, figlio di padre epilettico, dimodocchè appare, a detta del perito, che il fatto commesso derivi da un’impulsione ambulatoria e che la morbosità dell’azione si debba spiegare con la epilessia del padre” (T.M. Milano, 20 novembre 1935). Il testo delle sentenze fa chiaramente comprendere come la differenza fra responsabilità e irresponsabilità, o meglio, fra maturità e immaturità, si basi sull’individuazione di deficits psico-fisici, tali da compromettere la capacità di intendere e di volere. Una tale interpretazione riconduce il concetto di non imputabilità del minore a quelli di infermità o infermità mentale, in molti casi, quindi la minore età come un minus di capacità da misurare e curare. Si sottolinea ancora una volta come, con la legge minorile n.1404 del 1934, fu riconosciuta l’appartenenza del minorenne all’area della non normalità biologica e psichica, nonché della sospetta patologia; il minore preso in carico era considerato una persona incompleta, un individuo suggestionabile e per questo diverso (nel senso di mancante di qualcosa) dall’adulto. Il criterio uniformante l’intera materia minorile era la personalità del minore che connotava l’intero sistema in termini di tutela del minore. La legge del 1934 era il tentativo di specificare e trattare in modo omogeneo tutte le problematiche del minore e quindi non soltanto i fenomeni di devianza e di delinquenza.

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