Mensile dell'Associazione Trentini nel Mondo del mese di febbraio 2021

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MENSILE DELL’ASSOCIAZIONE TRENTINI NEL MONDO onlus ADERENTE ALLA F.U.S.I.E

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Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Trento - Taxe Percue

anno 64°

Per la prima volta, causa pandemia Covid-19, il convegno EZA-UNAIE si è svolto in modalità streaming, diffuso dalla sede della Trentini nel mondo.


CIRCOLI, DELEGAZIONI E FEDERAZIONI/COORDINAMENTI DI CIRCOLI dell’Associazione Trentini nel Mondo - onlus

Coordinamenti Argentina, Australia, Benelux, Bosnia, Brasile, Canada, Germania, Messico, Paraguay, Stati Uniti e Uruguay Argentina - 57 circoli - 1 delegazione Alta Gracia, Avellaneda, Azul, Bahia Blanca, Bariloche, Buenos Aires, Catamarca, Chajarì, Chilecito, Colonia Tirolesa, Concepción del Uruguay, Concordia, Cordoba, Cordoba Sud, Corrientes, Corzuela, Cruz del Eje, Formosa, General Roca, General San Martín, La Carlotta, La Plata, La Toma, Lanteri, Las Breñas, Machagai Plaza, Makallè, Malabrigo, Malagueño, Mar del Plata, Mendoza, Olavarria, Pampa del Infierno, Presidente Roque Sáenz Peña, Puerto Tirol, Quitilipi, Reconquista, Resistencia, Río Cuarto, Romang, Rosario, Salta, San Jaime, Sampacho, San José (Depto. Colon), San Nicolas de los Arroyos, Santa Fé, Santa Rosa de la Pampa, Tandil, Tucuman, Venado Tuerto, Viedma, Villa Carlos Paz, Villa General Belgrano, Villa Ocampo, Villa Regina, Zárate - Comodoro Rivadavia

Canada - 5 circoli Alberta, Montreal, Toronto, Vancouver, Windsor & Detroit

Australia - 8 circoli - 2 delegazioni Adelaide, Canberra, Mackay, Melbourne, Myrtleford, Perth, Sydney, Wollongong Tasmania, Townsville

Germania - 6 circoli - 3 delegazioni Colonia, Dortmund, Reno Neckar, Stoccarda – Berlino, Monaco, Norimberga

Belgio - 4 circoli - 2 delegazioni Centre du Borinage,Charleroi, La Louviére, Liegi – Limburgo, Bruxelles Bolivia - 1 circolo La Paz Bosnia - 4 circoli Banja Luka, Sarajevo, Stivor, Tuzla

Cile - 3 circoli Copiapò, La Serena, Santiago Colombia - 1 circolo Bogotá Danimarca - 1 circolo Copenaghen Ex emigrati - 3 circoli Australia, Stivor (BIH), Svizzera Francia - 3 circoli Grenoble, Lorena, Parigi

Gran Bretagna - 2 circolo Londra, Trentini UK-Irlanda Italia - 13 circoli Biella; Borgosesia; Brescia; Bresciani amici del Trentino; Como; Famiglia Trentina di Roma; Friuli; Milano; Pontino; Predazzani nel Mondo; Roma; Società Americana di Storo; Trieste Lussemburgo - 1 circolo Lussemburgo

Brasile - 61 circoli Ascurra, Belo Horizonte, Bento Gonçalves, Blumenau, Brusque, Caxias do Sul, Colatina, Coronel Pilar, Corupà, Curitiba, Divino di Laranjeiras, Encantado, Erexim, Florianopolis, Garibaldi, Gasparin, Gramado, Guaramirim, Indaial, Jahú, Jaraguà do Sul, Joinville, Jundiaì, Laurentino, Londrina, Luzerna, Nereu Ramos, Nova Brescia, Nova Trento, Ouro Fino, Passo Fundo, Piracicaba, Porto Alegre, Presidente Getulio, Rio de Janeiro, Rio do Oeste, Rio do Sul, Rio dos Cedros, Rodeio, Salete, Salvador, São Paulo, Sananduva, Santa María, Santa Olímpia, Santa Teresa, Santa Tereza do Rio Taquarì, São Bento do Sul, São João Batista, São Miguel do Oeste,São Sepe, São Valentim do Sul, Taiò, Tapejara, Trentin, Três de Maio, Tucunduva, Venda Nova do Emigrante, Veranòpolis, Vitoria, Xanxerè

Federazioni ITTONA (Canada e Stati Uniti) Messico - 13 circoli - 1 delegazione Aguas Calientes, Citlatepetl, Città del Messico, Colonia Manuel Gonzalez, Colonia Diez Gutierrez, Cordoba, Huatusco, Monterrey, Puebla, San Luis de Potosí, Tijuana, Veracruz, Xalapa - Cuernavaca Paraguay - 10 circoli Asunción, Atyrà, Caacupé, Caaguazù, Concepción, Fernando de la Mora, Lambaré, Luque, Paso Barreto, San Pedro Ycuamandiyù Peru - 1 circolo Lima Portogallo - 1 circolo Portogallo Romania - 1 circolo Romania Serbia - 1 circolo Indija Stati Uniti - 21 circoli Alliance, Chicago, Cleveland, Denver, Hazleton, Milwaukee, Minnesota, New England, New York, Norway, Ogden, Pittsburgh, Readsboro, San Francisco, Seattle, Solvay, South Alabama, South East Pennsylvania, Seattle, Southern California, Washington, Wyoming Sud Africa - 2 delegazioni Pretoria, Cape Town Svizzera - 6 circoli - 1 delegazione Amriswil, Basilea, Ticino, Winterthur, Zofingen Sciaffusa Uruguay - 5 circoli Carmelo, Cerro Largo, Colonia del Sacramento, Montevideo, Rivera (S. Ana do Livramento - BR) Venezuela - 1 circolo Caracas


editoriale IN QUESTO NUMERO Pagine 3-5 CONVEGNO EZA-UNAIE Pagina 6 AGENDA Pagine 7-12 GENTE E FATTI Pagine 13-16 EDITORIA: «RUMO IS CALLING» Pagina 17 DAL TRENTINO Pagine 18 - 19 60 ANNI D'EUROPA Pagine 20-21 CIRCOLI Pagine 22-23 IN RICORDO Pagina 24 - 28 ATTUALITÀ

ASSOCIAZIONE TRENTINI NEL MONDO O.n.l.u.s.

Presidente Direttore Alberto Tafner Francesco Bocchetti TRENTINI NEL MONDO Mensile dell’Associazione Trentini nel Mondo aderente alla F.U.S.I.E

Direzione, amministrazione e redazione Via Malfatti, 21 - 38122 TRENTO Tel. 0461/234379 - Fax 0461/230840 sito: www.trentininelmondo.it e-mail:info@trentininelmondo.it Direttore responsabile Maurizio Tomasi Comitato editoriale G. Bacca, C. Barbacovi, B. Cesconi, C. Ciola, M. Dallapè, A. Degaudenz, M. Fia, B. Fronza, L. Imperadori, H. La Nave, E. Lenzi, E. Lorenzini, A. Maistri, G. Michelon, P. Rizzolli, V. Rodaro, P. Rossi, M. Setti, P. Svaldi, A. Tafner, R. Tommasi, V. Triches, G. Zorzi Hanno collaborato: R. Barchiesi - S. Corradini - G. Degasperi F. Bocchetti - M. Grazzi Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 62 - 6 febbraio 1958 STAMPA: Grafiche Dalpiaz srl Ravina di Trento (TN) Per ricevere il giornale: Dal 2020 il giornale dell’Associazione cambia il rapporto con i propri lettori: non più solo abbonati ma soci della Trentini nel mondo. A pagina 29 il modulo per la richiesta di adesione in qualità di socio. N. 2 - 2021 - Stampato il 3 MARZO 2021 Le affermazioni e le opinioni espresse negli articoli firmati rispecchiano le posizioni degli autori.

una situazione che produce danni sociali, politici e culturali evidenti

Della migrazione esiste una percezione distorta I l lavoro, la mobilità e l’emigrazione, intesi sia come pratica individuale che come manifestazione collettiva, sono naturalmente ed evidentemente connessi strettamente tra loro. Conseguentemente vanno a comporre uno degli elementi fondamentali nell’equilibrio e nella struttura della società, in quanto incidono nel profondo degli assetti culturali, caratteriali ed economici dell’umanità nel suo complesso. Queste tre realtà, inoltre, hanno sempre fatto parte della storia e del vissuto dell’uomo, tanto che avrebbero dovuto ormai essere metabolizzate già da tempo e dovrebbero essere assorbite ormai geneticamente nella memoria collettiva, come un comune patrimonio sociale e culturale. Almeno così viene spontaneo pensare. Ma l’uso del ricordo e della memoria invece non sembra faccia parte delle necessità primarie del momento, nonostante ci si trovi di fronte ad una ragguardevole recrudescenza del fenomeno migratorio e contestualmente dell’aumento esponenziale delle problematiche legate al mondo del lavoro. Coltivare la memoria invece è indispensabile per disegnare un futuro migliore: particolarmente nel campo della mobilità. Se un tempo le cause più usuali delle migrazioni erano quelle provocate da avvenimenti esterni come le pestilenze, le guerre, la disoccupazione e le carestie, oggi a questi motivi che inducono alla mobilità vanno aggiunti quelli attinenti alla volontà di un’emancipazione personale o familiare, quelli legati alla ricerca di una diversa libertà di espressione e quelli connessi con la crescita culturale e la curiosità intellettuale. Ieri come oggi andando a pesca-

«La mobilità dei lavoratori: da pratica individuale a fenomeno sociale» era il titolo della relazione con la quale il presidente della Trentini nel mondo ha aperto il convegno EZA-UNAIE «Mobilità e migrazioni all'interno dei confini dell'Europa». L'editoriale di questo numero ne propone alcuni significativi stralci

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re nella memoria, possiamo vedere come le cause scatenanti la volontà o la necessità di emigrare si possono riconoscere in gran parte nell’ineluttabilità degli eventi, a cui va aggiunto la costante ricerca di una sempre maggiore conoscenza e il desiderio di miglioramento che fanno parte della natura umana. Appare poco comprensibile dunque come nel trascorrere del tempo non si sia approfittato delle esperienze custodite nella memoria e nei ricordi per evitare di dover ripetere la parte più drammatica e dolorosa di una storia che continua a riproporsi in misura pressoché identica. Tanto più non si capisce questo disinteresse per la vita vissuta, in

presenza di un costante aumento della precarietà e davanti al disequilibrio tra un passato dimenticato e un futuro decisamente incerto, nonostante oggi si abbiano risorse impensabili nel campo scientifico e tecnologico. Prendendo ad esempio l’Italia, vediamo che oggi si trova in equilibrio tra due spinte : da una parte c’è il Paese che viene considerato come terra di immigrazione (e qualcuno parla addirittura di conquista) da quelle popolazioni provenienti da territori ben più poveri e sfruttati del nostro ; dall’altra parte però una parte del nostro Paese appare come risucchiata da una spirale che conduce i giovani CONTINUA A PAGINA 2

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Della migrazione esiste una percezione distorta CONTINUA DA PAGINA 1

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(ma non solo ) verso territori che presentano maggiori opportunità di lavoro e di sviluppo. Secondo il decimo «Rapporto annuale sull’economia dell’emigrazione» si rileva come gli occupati stranieri nel nostro Paese producono il 9,5% del PIL italiano, pari a 146,7 miliardi di euro. Ed è una cifra al ribasso in quanto falsato dalla presenza di un’alta percentuale di lavoro nero e dalla presenza di un numero imprecisato di irregolari. Restano comunque cifre significative d’impiego, concentrate prevalentemente sulle professioni meno qualificate e abbandonate dagli italiani che non intendono più svolgerle ormai da parecchi anni e che preferiscono a loro volta affrontare la via dell’emigrazione in cerca di fortuna altrove. Ciò nonostante la narrazione popolare, spesso alimentata ad arte per fini elettorali, continua a girare attorno alla paura dell’invasione da parte degli immigrati, tralasciando il pericolo del progressivo abbandono dell’Italia da un numero sempre maggiore di concittadini. A questo proposito il «Rapporto italiani nel mondo» riporta che attualmente i concittadini residenti all’estero costituirebbero il 9,1% di circa 60 milioni di censiti italiani che in base alle iscrizioni AIRE equivarrebbe a circa 5 milioni e mezzo di persone che hanno lasciato il Paese. Anche in questo caso però si tratta di dati sfalsati al ribasso in quanto non tutti i cittadini che risiedono all’estero per più di 12 mesi (così come prevede la legge 470 del 1988) ritengono giusto ed utile iscriversi all’Anagrafe dei residenti all’estero. Questo avviene per una molteplicità di motivi che vanno da

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Le cause scatenanti la volontà o la necessità di emigrare si possono riconoscere in gran parte nell’ineluttabilità degli eventi, cui va aggiunto la costante ricerca di una sempre maggiore conoscenza e il desiderio di miglioramento che fanno parte della natura umana quelli più strettamente personali a quelli più pratici come, ad esempio, il timore di essere esclusi dalle tutele del servizio sanitario nazionale che, se per chi emigra in un paese europeo non ha conseguenze rilevanti, può invece averne per chi si sposta in Paesi extra europei, sia sotto il profilo della qualità della copertura sanitaria che dei costi relativi ad un eventuale ricorso alle assicurazioni private. Inoltre è ritenuto che l’iscrizione all’AIRE possa determinare la permanenza dell’obbligo fiscale anche in Italia, con la conseguente doppia tassazione e la perdita del credito d’imposta. La sensibilità sociale, civica e culturale di chi espatria, dunque, non sembra adeguatamente supportata dalla pubblica amministrazione che, per parte sua, lamenta comunque un drastico

taglio delle strutture (si calcola una sessantina circa nel mondo) con conseguente depotenziamento del personale addetto. Se questa è la situazione che interessa direttamente ognuno dei sempre più numerosi “nuovi emigrati” , dobbiamo tener conto anche delle conseguenze sempre più pesanti che si riflettono sull’intera collettività e che – tanto per fare un esempio - si possono evidenziare nelle progressiva perdita di figure qualificate per l’Italia. Si calcola infatti che il 53% dei connazionali che se ne vanno risultano in possesso di un titolo di studio medio alto e ciò rende sempre più squilibrato il saldo migratorio tanto che, riferendosi al solo ultimo decennio, lo si può paragonare alla cancellazione di intere città delle dimensioni di Mantova, Pisa, Brindisi o Treviso. E tutto ciò mentre viene alimentata

ancora la narrazione popolare che gira tutt’attorno alla paura dell’invasione degli immigrati e sorvola sull’inarrestabile fuga all’estero degli italiani. Ci troviamo dunque ad avere una percezione distorta della realtà che, oltre a produrre danni sociali, politici e culturali evidenti, favorisce l’insorgere di un sempre più diffuso senso di risentimento nei confronti del proprio Paese ritenuto incapace di affrontare seriamente i problemi che stanno all’origine della ripresa migratoria alla ricerca di migliori condizioni di vita. Ovviamente la situazione dipende da una molteplicità di fattori che, come afferma il sociologo del lavoro Bruno Manghi, danno origine ad una “grande trasformazione” causata anche dal prolungamento della durata della vita, dal rallentamento delle nascite, da eventi come la terziarizzazione del sistema produttivo, le innovazioni tecniche, da quelle informatiche e da quelle organizzative, il tutto inserito in un periodo che ha visto la diffusione di un benessere economico sconosciuto alle generazioni precedenti. Però tutto questo non basta ancora a definire l’intero quadro. Il professor Manghi cita infatti altri elementi che sono intervenuti a modificare il sistema del lavoro e tra questi annovera la crescente dimensione internazionale dell’economia e degli scambi che stimolano di conseguenza altri fattori come lo sviluppo di un capitalismo finanziario mobilissimo ed insofferente alle regole; l’apporto delle nuove tecnologie che consentono di operare in tempo reale e l’irrompere sulla scena di nuovi paesi come la Cina, l’India o il Brasile che rappresentano più di un terzo della popolazione mondiale. Alberto Tafner


Il convegno EZAUNAIE organizzato dalla Trentini nel Mondo, si è svolto per la prima volta in modalità online il 19 e 20 febbraio

Emigrare non deve essere una scelta obbligata

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er la prima volta, causa emergenza sanitaria SarsCov-2, il convegno che ogni anno viene organizzato dalla Trentini nel Mondo per conto e in nome di UNAIE (Unione Nazionale Associazione Immigrati ed Emigrati) ed EZA (Europäeisches Zentrum für Arbeitnehmerfragen) si è svolto in modalità online il 19 e 20 febbraio, trasmesso in streaming dalla sede della Trentini nel mondo. «Migrazioni e mobilità all’interno dei confini dell’Europa» era il tema, che è stato approfondito con il contributo di diciassette relatori. Al convegno, sovvenzionato dall'Unione Europa, si sono iscritti 107 partecipanti. Oltre all’Italia, i Paesi Europei rappresentati sono stati: Bulgaria, Albania, Francia, Bosnia, Germania, Slovenia, Belgio, Croazia, Slovacchia, Malta, Regno Unito, Spagna, Paesi Bassi, Romania, Portogallo, Lituania. Da Paesi extraeuropei si sono avuti collegamenti da: Argentina, Messico, Uruguay, Brasile, Stati Uniti. Il convegno si è articolato in tre sessioni, «Mobilità da pratica individuale a fenomeno sociale» (venerdì 19 pomeriggio); «Focus Est Europa (sabato 20 mattina)»; tavola rotonda con testimoni in mobilità e conclusioni (sabato 20 pomeriggio), più una sessione

Tra le preoccupazioni emerse dalle relazioni presentate al convegno «Migrazioni e mobilità all’interno dei confini dell’Europa» c'è quella per un futuro nel quale le forze lavoro innovative e propulsive si concentrano solo in luoghi capaci di attrarre, lasciandone altri totalmente sguarniti e destinati alla stagnazione e alla recessione extra speciale il venerdì sera dedicata ad un argomento di grande attualità: «Sars-cov-2 e la mobilità: cosa sappiamo». I lavori del convegno hanno delineato un quadro più completo e chiaro del fenomeno migratorio e della mobilità all’interno dei confini europei, ma anche dell’importanza dei media nel presentare e nell’orientare l’opinione pubblica, potere spesso governato dalla necessità di fare audience piutto-

sto che dalla volontà di trasmettere dati e informare. Appare chiara la preoccupazione verso il futuro che vede la desertificazione di alcune regioni e il sovrappopolamento di altre, che vede le forze lavoro innovative e propulsive concentrarsi solo in alcuni posti capaci di attrarre, lasciandone altri totalmente sguarniti e destinati alla stagnazione e recessione. Si è sottolineato come il proces-

so di scelta individuale dettato dal binomio «miglioramento della propria condizione – emigrare», diventa fenomeno sociale quando la scelta è diffusa in ampie porzioni della popolazione e sottostà a dinamiche viziate dalla mancanza dell’applicazione del «Pilastro dei diritti sociali» e dalla mancanza di interesse dell’Europa a risolvere dumping sociale e processi di sfruttamento dei lavoratori e di concorrenza sleale in un mercato che dovrebbe essere comunitario. Emigrare non deve essere una scelta obbligata e l’emigrazione in Europa dovrebbe essere circolare e non direzionale. Per la realizzazione di questa edizione in streaming del convegno sono stati coinvolti quattro tecnici che hanno curato la regia dello streaming, tre moderatori, due traduttrici, cinque componenti dello staff della Trentini nel mondo. CONTINUA ALLE PAGINE 4 E 5

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agenda

Prima sessione I l convegno è iniziato con l’intervento di Alberto Tafner (Presidente della Trentini nel Mondo e vice presidente UNAIE) che ha proposto una riflessione sul concetto di emigrazione e mobilità come fenomeno profondamente umano, fatto sì di soffrenze ma anche di speranza, e di quegli effetti collaterali che stanno agendo sui comportamenti sociali e economici e che nella condotta quotidiana del vivere, stanno generando ansia e precarietà crescente invece che arricchimento e sicurezza come era auspicabile. Tafner ha parlato della neces-

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sità di osmosi tra confini e avvicinamento delle culture per creare i cittadini europei di domani, sottolineando le difficoltà emerse nell’ultimo anno proprio per coloro che vivono e lavorano in mobi-

rina Diana Madroane (Università ovest di Timisoara) e Alexandru I. Carlan (Università nazionale di studi politici e di pubblica amministrazione di Bucarest) hanno parlato della mobilità rumena, ed in particolare della narrazione del fenomeno sui media rumeni e internazionali. Come sono visti i migranti rumeni dai loro connazionali e dalla gente dei paesi dove vanno? Si sono inoltre evidenziate problematiche sociali legate alla mole del flusso emigratorio, che vede partire intere porzioni di popolazione, lasciando non solo vuoti demografici, ma anche problemi culturali, sociali e di gestione delle famiglie, uno fra tutti la così detta “sindrome Romania” (bambini che crescono con l’assenza della figura materna e di altre figure femminili di riferimento poiché impegnate a lavorare all’estero). Gyorgy Lajtai (MOSZ Ungheria) ha delineato l’evoluzione dei processi migratori in relazione a riforme del mercato del lavoro dal 2004, anno di ingresso nell’area Schengen dell’Ungheria, ad oggi. Ha mostrato i risultati di sondaggi che miravano a indagare le principali motivazioni che

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lità, e per le loro famiglie. Delfina Licata (ricercatrice della Fondazione Migrantes e curatrice del «Rapporto Italiani nel Mondo) ha presentato il report degli italiani nel mondo, focalizzando la ricerca sulla mobilità degli italiani in Europa e delineando il profilo dei migranti moderni, le problematiche e le sfide del futuro. Luciano Rocchetti (Direttore dell’Ufficio Emigrazione della Provincia Autonoma di Trento)

Seconda sessione spingono gli Ungheresi ad emigrare, suddivisi per livello d’istruzione. Ha poi elencato le problematiche di questa emigrazione, che riguardano, come per molte nazioni dove il flusso è unidirezionale, il vuoto che resta a livello sociale, culturale e familiare, ma anche in molti ambiti lavorativi, che vedono un’emorragia di manodopera altamente qualificata verso paesi con paghe e welfare migliori. La svolta si ha nel 2016 quando viene fatto un accordo quadro tra sindacati e stato per diminuire il cuneo del costo del lavoro, dimostrando che l’emigrazione è spesso scelta obbligata dettata da come viene gestito il mercato del lavoro. Rumen Valchev (Open Education Center Foundation) ha introdotto la sua relazione parlando della situazione generale dell’emigrazione dall’Est Europa, per poi concentrarsi sulla Bulgaria. In particolare ha analizzato la situazione migratoria in relazione all’ingresso nell’Unione Europea, al livello di istruzione, l’appartenenza etnicolinguistica, l’età e il sesso, la residenza in città

ha parlato di cosa e come l’istituzione pubblica, di concerto con le istituzioni europee e di altri Stati, può gestire e aiutare un fenomeno molto volubile. Lara Olivetti (avvocato di diritto internazionale a Stoccolma) era presente in duplice ruolo: emigrata (ha parlato del suo percorso, delle difficoltà, dell’integrazione, sfatando alcuni luoghi comuni che spingono molti a partire poco preparati) e di avvocato

o nelle zone rurali, evidenziando un quadro abbastanza diversificato. Le motivazioni sono spesso legate al migliorare la propria condizione economica, e se è vero che molti non vorrebbero emigrare, o vorrebbero lavorare all’estero per un periodo limitato e poi reinvestire nel proprio paese quanto guadagnato, i dati dicono che molti sono costretti ad emigrare e difficilmente rientrano in patria. Ha parlato anche di un fenomeno reso possibile dall’ingresso in UE: le migrazioni stagionali, dove molti 30enni lavorano per metà anno in altre nazioni per guadagnare il surplus che garantisce loro standard migliori in Bulgaria. Caterina Ghobert (dottoranda all’Università di Vienna) ha presentato i Balcani come terra di immigrazione, emigrazione e passaggio, inquadrando il fenomeno da un punto di vista storico, sociale e di sviluppo territoriale. Ha analizzato poi gli stereotipi nati da sostanziale disinformazione e deformazione della realtà da parte dei media, che tendono ad appiattire la complessa situazione polarizzando il dibattito esclusivamente sui due fronti pro-contro accoglienza dei rifugiati. Ha poi parlato dell’atteggiamento della politica locale, delle forze dell’ordine, ma soprattutto dell’EU nella gestione della Balkan Route. Ha moderato Davide Sighele (Giornalista presso Osservatorio dei Balcani).


agenda

Conclusioni (ha parlato dei nodi ancora da sciogliere sulla mobilità europea, dove alla libertà di movimento non sono andate di pari passo tutele e legislazioni ad hoc). Edith Pichler (Professoressa dell’Università di Potsdam a Berlino in Germania) ha fatto un parallelismo tra le condizioni in cui i migranti arrivavano in Germania negli anni 70, ed oggi, analizzando statistiche e dati sull’occupazione, l’integrazione, i salari, l’accesso al welfare, la disoccupazione e il rientro in patria. Ha toccato inoltre il tema dell’integra-

zione e dei rapporti tra gruppi di diverse origine. Ha inoltre parlato dell’immagine della Germania edulcorata che si ha fuori confine con invece le problematiche note solo a chi vi risiede. Frederic Spagnoli (Professore Università della Franche-Comté di Besançon in Francia) ha parlato dell’immigrazione storica nella regione della Franche-Comté e in

particolare a Besançon, e di quella moderna, sottolineando il ruolo importante delle università e del progetto Erasmus per incentivare la mobilità giovanile e per creare quindi cittadini Europei. Hanno moderato Maurizio Tomasi (giornalista, direttore della rivista “Trentini nel mondo”) e Michela Grazzi (giornalista e conduttrice radiofonica).

Terza sessione: tavola rotonda e conclusioni La tavola rotonda ha visto quattro testimoni diretti della mobilità in Europa confrontarsi e dialogare su diverse questioni suddivisibili in queste macro tematiche: scelta e motivazioni dietro la partenza; inserimento nella nuova realtà e interazione con altri migranti, con i locali e con il proprio paese, difficoltà e punti di forza; come il Covid ha cambiato il lavoro, gli spostamenti e il vivere all’estero, se e

Sessione extra

come è cambiata la visione dell’Europa nel quotidiano durante la pandemia. I partecipanti erano Luca Endrizzi (giornalista a Parigi), Pierpaolo Bastiani (manager di Venues ldn a Londra), Elisabetta Zontini (Ricercatrice alla Nottingham University), Giada Pellegrin (esperta di finanza internazionale in Lussemburgo). Ha moderato Maurizio Tomasi.

La dottoressa Ilaria Dorigatti (dell'Imperial College London) - che fa parte del team di epidemiologi che hanno studiato, e studiano tuttora, la pandemia del Covid-19 da un punto di vista statistico e di modelli matematici, sia per capirne l’evoluzione e le dinamiche, sia per delineare il prossimo futuro - ha spiegato come è stata fatta la ricerca, l’esatto significato di molti termini che sentiamo spesso, l’utilità o meno dei lockdown, della mascherina e dei vaccini, e inquadrato il ruolo della mobilità nella diffusione. Ha delineato poi qualche ipotesi sul futuro degli spostamenti, che nel breve periodo sicuramente non torneranno come erano prima. Ha moderato Michela Grazzi (giornalista e conduttrice radiofonica).

A concludere il seminario è stato l'intervento di Vittorino Rodaro, consigliere dell’Associazione Trentini del Mondo e della piattaforma PICM di EZA. Nel ripercorrere le tappe del convegno Rodaro ha fatto osservazioni mirate a sollecitare le istituzioni Europee che sembrano intorpidite e sempre più distanti dai cittadini. Un' Europa che ha mostrato prima durante la crisi dei rifugiati, poi con la pandemia, un volto debole e non solidale. Dove a riforme e intese economiche e monetarie non fanno da contrappeso riforme e intese sociali e previdenziali dei lavoratori in mobilità. Amarezza per un Europa delle istituzioni e non dei cittadini. Ma una speranza viene proprio dal formarsi di identità miste e composite dei molti giovani e meno giovani che vivono in mobilità in diversi Paesi Europei. Sono due i messaggi chiave che si possono cogliere da questo webinar: che la mobilità è intrinseca nell’uomo e che va implementato il Pilastro Europeo dei Diritti Sociali, per appianare le diseguaglianze e creare quel quadro giuridico europeo della tutela del lavoro e del lavoratore che andrebbe così a sradicare le dinamiche di sfruttamento che aumentano il dumping sociale e la mobilità direzionale, a discapito della vera parificazione dei diritti tra vari paesi membri. Rodaro ha concluso lanciando un appello alle associazioni che dovrebbero avere un ruolo di collegamento tra Istituzioni Europee e cittadini, portando le istanze di questi ultimi e osservando e segnalando i ritardi e le inadempienze delle prime.

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L'Associazione ha incontrato il nuovo Reggente di Maria Dolens

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n cordiale e approfondito incontro tra la rinnovata governance della Fondazione Opera Campana dei Caduti e la Trentini nel Mondo ha ribadito il profondo senso di amicizia e di collaborazione tra le due istituzioni. Il nuovo reggente – l’ex ambasciatore Marco Marsilli (secondo da sinistra nella foto) subentrato recentemente al prof. Alberto Robol – in compagnia della direttrice Morena Berti (prima a destra), si è incontrato presso la sede dell’Associazione con il presidente ed il vice presidente della Trentini nel Mondo, non solo per un cordiale approfondimento della reciproca conoscenza, ma anche per ricordare il lungo cammino comune fin qui percorso e per scambiarsi idee e abbozzare alcuni programmi da sviluppare insieme nel prossimo futuro. Si è innanzitutto espressa la volontà che i propositi comuni rimangano quelli rivolti a rafforzare in primo luogo i valori come la pace e la fratellanza, di cui Maria Dolens è rappresentante universale e che la Trentini nel Mondo si è impegnata a promuovere a livello internazionale utilizzando i Circoli Trentini all’estero e le sue relazioni istituzionali e diplomatiche costruite in oltre 60 anni di storia e di cultura legata all’emigrazione. Rivestono un ruolo di rilevante importanza i nostri sistemi di comunicazione che, in un disegno di collaborazione, potranno offrire un notevole implemento, nella linea di ampliare la platea mondiale di persone interessate alle tematiche che sosteniamo assieme. Il nostro impegno ci porterà a realizzare nuove e stimolanti iniziative, a partire dal prossimo possibile incontro col Grupo Consular de America Latina y el Caribe e cioè tutti i Consoli (più di 30)

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Marco Marsilli, recentemente subentrato ad Alberto Robol al vertice della Fondazione Opera Campana dei Caduti di Rovereto, e la direttrice Morena Berti, sono stati ospiti presso la sede della Trentini nel mondo: durante il cordiale e approfondito colloquio è stato confermato il profondo senso di amicizia e di collaborazione tra le due istituzioni di lingua spagnola e portoghese delle Americhe. L’accordo di collaborazione tra la Trentini nel Mondo e la Fondazione Opera Campana dei Caduti, stipulato nel 2008 e rinnovato nel 2015, sostiene lo scopo comune di condividere i valori di questo importante simbolo della Pace, del rispetto dei diritti dell’Uomo e della solidale convivenza tra i Popoli. Anche per questo accordo Maria Dolens ha all’attivo un partenariato forte con il Consiglio d’Europa a Strasburgo e con le Nazioni Unite a New York. Nel segno di collaborazione, reciprocità e vocazione internazionale, la ricerca della pace e della fratellanza tra i popoli è un comune sentire nelle iniziative che periodicamente condividiamo. Custodire e veicolare la memo-

ria, superare l’indifferenza sui contenuti legati a Pace e Fratellanza, è il comune lavoro che orgogliosamente portiamo avanti da molto tempo. In questa linea i nostri associati - sparsi in tutto il Mondo – assumono il ruolo di Ambasciatori di Maria Dolens, sostenendo e rinforzando la vocazione internazionale dell’Opera Campana. Sono 99 le bandiere issate sul Colle di Miravalle a rappresentare altrettanti Paesi e popoli. Nata da un’idea di don Antonio Rossaro, la Campana dei Caduti di Rovereto venne fusa a Trento nel 1924 con il bronzo dei cannoni delle nazioni partecipanti alla Prima guerra mondiale. Battezzata con il nome di Maria Dolens, fu collocata sul torrione Malipiero del Castello di Rovereto. La Cam-

pana, rifusa a Verona nel 1939 tornò a Rovereto esattamente un anno dopo. Nel 1960, in seguito ad una grave e irreparabile incrinatura, Maria Dolens venne rifusa presso le fonderie Capanni a Castelnovo Né Monti (Reggio Emilia). L’attuale bronzo benedetto da Papa Paolo VI, venne collocato sul colle di Miravalle il 4 novembre 1965, da dove domina tuttora la città di Rovereto. Da allora la Campana della Pace - con i suoi cento rintocchi quotidiani - fa memoria delle vittime di tutte le guerre e lancia un monito ai vivi perché non dimentichino gli orrori dei conflitti, specialmente di quelli ancora in corso. L’emergenza Covid non ha fermato l’attività. La giornata mondiale per il settantacinquesimo anniversario dell’ONU il 24 ottobre 2020 ha stimolato l’iniziativa della «NOTTE BLU». In quell’occasione diversi nostri Circoli hanno portato - in diretta streaming - il loro autentico contributo. Persone concrete, con il cuore diviso tra la terra dei loro padri e quella dei loro figli, hanno raccontato l’attività delle “Ambasciate della Campana nel Mondo”, quali sono i nostri Circoli. “…Suona ancora campana che non stai su nessun campanile”. Armando Maistri


gente e fatti

Le notizie dai nostri ri Coordinato Ciao Maurizio, con molto piacere questa volta ti segnalo la figura di Fernando Lopez, socio del nostro Circolo, impegnato ad alti livelli nella pubblica amministrazione. Jorge Zas

Fernando Lopez è stato eletto nella «Giunta Dipartimentale di Montevideo» Da trent'anni è socio del Circolo trentino di Montevideo e attualmente è componente della Commissione Fiscale

Nelle ultime elezioni dipartimentali, che si sono svolte nel 2020, Fernando López si è candidato nella «Lista 106» del Partito Frente Amplio ed è stato eletto consigliere supplente della Giunta Dipartimentale (un organismo che si può paragonare alla Giunta provinciale di Trento). Ha più volte partecipato sia alle sedute della Giunta (che ha sede nel Palazzo Gomez, nella foto in alto), che a quelle della Commissione per lo sviluppo economico, la cooperazione e l'integrazione, della quale è un membro. Fernando, che rimarrà in carica fino al 2025, si è messo a disposizione del Circolo di Montevideo e di tutti i trentini che voglio proporre iniziative o manifestare le loro preoccupazioni sui

temi dei quali si occupa a livello istituzionale. Fernando López è sposato con Liliana Vivaldelli Simonelli, figlia di Cristina Simonelli e Alfiero Vivaldelli, emigrato trentino arrivato in Uruguay nel 1949. Alfiero è nato a Varone di Riva nel 1936. Fernando e Liliana hanno tre figli: Santiago, Diego e Carolina. Fernando è membro della Commissione Fiscale del Circolo trentino di Montevideo, del quale è socio da trent'anni. Sua moglie Liliana è componente del Consiglio di amministrazione e ha frequentato il Circolo da sempre.

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gente e fatti il suo bisnonno, santo francesco, ERA emigrato in messico alla fine del 1800

Terza volta in Trentino per Daniella Lazzeri D

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aniella Lazzeri, 33enne di Guadalajara, in Messico, arriva alla sede della Trentini nel mondo quando sta per ripartire alla volta di “casa”. Pochi giorni e rientrerà in Messico, dopo quasi tre mesi trascorsi in Trentino. Non ci è tornata molte volte in Italia, questa è la terza, ma ogni volta per periodi piuttosto lunghi. Ha avuto modo, insomma, di conoscere davvero questa terra e la gente trentina: «sempre meravigliosa - sottolinea con un tono di voce che trasmette gratitudine Daniella, raccontandoci la sua permanenza a Trento – le persone sono sempre state molto carine con me. Io mi trovo davvero bene, mi trasmettono amabilità. La gente trentina ha un bel cuore, tutti mi accolgono sempre bene».

Le sue origini sono roveretane, il bisnonno Santo Francesco Lazzeri, partì alla volta del Messico da Borgo Sacco alla fine dell'800. «A 21 anni, dodici anni fa – prosegue nel suo racconto Daniella - sono arrivata in Trentino per la

Daniela nella sede della Trentini nel mondo con (da sinistra) Renzo Tommasi, il presidente Alberto Tafner e il vice presidente Armando Maistri.

prima volta grazie al progetto di interscambio giovanile dell'Ufficio emigrazione della Provincia. Non sapevo bene cosa aspettarmi ma di certo non dimenticherò mai quell'esperienza: è stata forte ed interessante. Ci sono cose di me e della mia famiglia, caratteristiche fisiche o caratteriali, il mio modo di essere, che mi sono sempre sembrate strane in Messico, non comuni. Poi arrivi qui, in una terra

che non conosci e non hai mai visto, e le ritrovi tutte. E capisci che alcune tue caratteristiche o abitudini venivano proprio da qui: ti ritrovi “a casa” senza esserci mai stato. Trovi le tue radici». Fino a 21 anni nessun contatto con l'Italia e il Trentino? No, nessuno. Mio nonno Enrique non aveva modo di ricercare e mantenere i legami con il Trentino. I documenti erano andati

persi. È stato mio papà, Jorge, che ha sempre cercato di ricostruire le sue origini. Non è stato semplice, ma dopo più di sei anni di ricerce e viaggi, quando io avevo 17 anni abbiamo finalmente avuto la doppia cittadinanza. Da quel momento ho iniziato a studiare italiano, da autodidatta. Durante questi studi e questa ricerca mio padre ha scoperto che tra i nostri antenati c'è una beata, Domenica Lazzeri. All'epoca mi accennò a questa scoperta particolare, ma non ci abbiamo dato peso più di tanto. Ora però, in questo viaggio, è successa una cosa particolare, una coincidenza incredibile. Durante questa mia permanza a Trento per far visita a mio padre, che da alcuni anni vive qui, casualmente ho incontrato e conosciuto una famiglia in particolare e siamo diventati amici. Mi hanno chiesto di cantare in Chiesa e mi hanno portata a Capriana, per cantare nella Chiesa del paese. Neppure sapevo dove fosse

La Beata Meneghina Lazzeri di Capriana Maria Domenica Lazzeri, nota anche come la “Beata Meneghina”, è una mistica vissuta in val di Fiemme nella prima metà dell'800 e non ancora riconosciuta Beata dalla Chiesa Cattolica. Nacque il 16 marzo 1815 a Capriana. Dopo una giovinezza vissuta in maniera particolarmente ritirata e nella devota lettura delle Sacre Scritture, a partire dal 1832 la sua salute cominciò a peggiorare fino a costringerla immobile a letto dove visse per quattordici anni senza assumere

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né cibo né bevande, a eccezione dell’Eucaristia che le veniva somministrata con frequenza

settimanale. A partire dal 1834 comparvero sulla fronte, sulle mani, sui piedi e sul costato delle stimmate che sanguinavano tutti i venerdì. Morì a 33 anni il 4 aprile 1848 in fama di santità. Di Maria Domenica Lazzeri furono note le facoltà dell’ubiquità, della telepatia, la preveggenza, la conoscenza di lingue mai studiate, nonché la capacità di sentire, stando nel proprio letto, ciò che veniva detto altrove. Venne visitata da illustri personaggi, provenienti dall'Italia, Francia,

Inghilterra perfino dall'Australia. La Chiesa cattolica riconosce Maria Domenica Lazzeri come Serva di Dio. Nel 1988 è sorta a Capriana l’associazione “Amici della Meneghina” allo scopo di postularne la causa di beatificazione. Il 4 aprile 1995 l'allora Arcivescovo di Trento Giovanni Maria Sartori ha celebrato nella Chiesa di Capriana l'apertura del processo di Beatificazione della Serva di Dio Maria Domenica Lazzeri, "l'Addolorata di Capriana".


Daniella nei pressi del vulcano Paricutin (Michoacán -Messico) e, a sinistra, fra le nevi del Trentino.

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«Ci sono cose di me e della mia famiglia, caratteristiche fisiche o caratteriali, il mio modo di essere, che mi sono sempre sembrate strane in Messico, non comuni. Poi arrivi qui e le ritrovi tutte. Ti ritrovi "a casa" senza esserci mai stato. Trovi le tue radici» Capriana, ma appena entrata la mia attenzione è stata catturata da un affresco, rappresentante una giovane. Mi sono avvicinata e immagina la mia sorpresa: era l'affresco dedicato a Domenica Lazzeri. Senza volerlo e del tutto casualmente sono finita proprio li, in quella Chiesa. A questo punto, questa volta hai approfondito la storia della Beata Meneghina? “Sì, ora sì. Ovviamente non posso più ignorare questa parentela. Ho studiato un po' ed ho visto anche un documentario. Ora conosco la sua storia. Del Trentino cosa ti affascina di più ? Oltre alle persone? La natura, indubbiamente. È splendida. In particolare con l'esperienza dell'interscambio ci hanno fatto davvero vedere il meglio del territorio: i monti, i laghi. Tutto mi

stupiva. Io vengo da una zona desertica, ero affascinata da tutto. A voi, che ci siete abituati, probabilmente sembrerà tutto normale ma per me aprire la finestra e vedere le montagne così vicine, o la neve... è incredibile” Sei un'artista come già il papà (noto musicista, direttore d'orchestra e compositore) e la mamma (cantante). Tu pittrice, ma soprattutto musicista. Sì, e in questi giorni trentini ho scritto una canzone nuova. L'ispirazione in Trentino non manca e con due chitarre “prestate” ho iniziato a comporre. E' in inglese, ma deve la sua nascita al territorio trentino. Quando rientrerò in Messico andrò ad inciderla, ma qualche anticipazione posso darla: parla di un albero giallo e dell'autunno, come metafora della

vita. Ogni giorno restavo incantata a guardare le montagne che si coloravano giorno dopo giorno: un quadro vivente. E ciò che mi colpiva di più era la presenza di un albero

giallo che spiccava in mezzo alle tante sfumature di rosso. Quell'albero è il protagonista del testo, quell'immagine trentina è il centro della canzone. La tua anima pittorica non ha trovato invece ispirazione? Sì, certo. Da qui riparto anche con una serie di ritratti dedicati a mio papà (qui a fianco uno dei disegni realizzati) che ho chiamato “il filosofo”. Mi piacerebbe farne una mostra appena rientro in Messico: sono disegni in bianco e nero, che rappresentano mio padre e il suo legame alla terra. Sembra quasi legarsi alle rocce di questo territorio in cui ha vouto, da qualche anno, tornare a vivere. Michela Grazzi

Biografia di Jorge Lazzeri, il padre di Daniella Compositore di origine trentina nato nel Distretto Federale di Città del Messico nell’ottobre del 1956. Ha studiato composizione presso la ENM (Escuela Nacional de Música) della UNAM (Universidad Nacional Autónoma de México) e seguito i corsi di direzione con il maestro Gabor Friss, dell’Accademia Franz Liszt di Budapest. Assieme a Juan Antonio Rosado ha fondato il circolo Disenus, i cui membri dovevano promuovere la musica di compositori messicani eseguendo opere per solisti, coro e

gruppo da camera. Nei quattro anni di vita del circolo furono organizzati più di settanta concerti e si diffusero le opere di più di sessanta compositori messicani. L’opera di Jorge Lazzeri contempla musica orchestrale e musica da camera. Ha composto musica per documentari. È stato consulente musicale e direttore artistico del Festival Internacional Cervantino, nonché consulente musicale per la produzione di video della Orquesta Sinfónica de Minería.

Dal 1985 al 1987 fu produttore di registrazione dell’INBA (Instituto Nacional de Bellas Artes), curando la fonica di tutti i concerti, recital, opere, balletti e festival realizzati nel Palacio de Bellas Artes e nei fori dell’INBA statali. Nel 2012 è stato regista del documentario biografico “La montagna di Don Guetti”, che racconta la vita e il pensiero del fondatore, nella seconda metà dell'800, delle Famiglie Cooperative e della Cassa Rurale.

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gente e fatti SI INTITOLA «NOM DE DIEU!» LA "GRAPHIC NOVEL" DELL'ARTISTA AUTODIDATTA TRENTINO CHE VIVE IN BELGIO

Duecento pagine e 800 disegni per l'ultima fatica di Fontanari D

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opo qualche anno di lavoro certosino senza uso di mezzi tecnologici e con l’ausilio delle sole mani ben guidate dai suoi milioni di neuroni cerebrali, Giorgio Fontanari pubblica un nuovo fumetto, chiamato con termine inglese “graphic novel” tradotto in “romanzo grafico”, una forma narrativa del fumetto in cui le storie hanno la struttura del romanzo. La realizzazione dell’opera è frutto di un’intensa collaborazione mediante la posta elettronica tra Giorgio e il sottoscritto, al quale ha inviato a puntate il suo lavoro da me tradotto e con l’aiuto della Publistampa ho confezionato il volume che tocca le duecento pagine con più di ottocento disegni. Giorgio Fontanari è nato a Sant’Orsola nel 1947 e a meno di due anni la sua famiglia è emigrata in Belgio; il padre ha lavorato

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Giorgio Fontanari ( a sinistra) con Lino Beber.

nelle miniere di carbone. Giorgio vive con la famiglia a Corroy-leChâteau nella provincia di Namur in Vallonia e ora, da pensionato, trascorre gran parte del suo tempo a disegnare, a scolpire la dura pietra, a scrivere racconti e poesie.

Nel 2012 è uscito il suo primo libro “Il destino fuorviato - Addio alla montagna” (Publistampa), due racconti in un unico volume da lui scritti e illustrati da oltre cinquanta suoi disegni e nel 2016 il suo primo romanzo a fumetti “Disparition - Scomparsa” (Publi-

stampa) sempre con la mia traduzione e presentazione. Il titolo “Nom de Dieu!” si presta a numerose interpretazioni, dalla più semplice Nome di Dio, a Dio mio, per Dio, per l’amor di Dio, nelle quali figura la parola Dio, fino alle esclamazioni accidenti, dannazione, maledizione e perfino alla bestemmia. A ciascuno di noi decidere quella che più aggrada. Nel nuovo fumetto Giorgio, sempre sotto forma di romanzo giallo affronta con coraggio temi assai delicati: la religione, un certo mondo della medicina e della ricerca farmacologica più dedite al tornaconto economico che alla salute, il nazismo e la Shoah, i servizi segreti al servizio dei potenti della Terra in un thriller onirico alla Dan Brown. L’autore nel suo racconto ci presenta, sia pur in modo surreale, un Cristo umano che vuol demi-


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Il suo nuovo fumetto affronta temi assai delicati: la religione, un certo mondo della medicina e della ricerca farmacologica più dedite al tornaconto economico che alla salute , il nazismo e la Shoah, i servizi segreti dei potenti della Terra tizzare la sua figura di martire crocifisso per redimere l’umanità dal peccato originale. L’intento non è però quello di becera critica nei confronti della chiesa cattolica, anche se a tratti potrebbe apparire, ma di porre interrogativi che ogni essere umano può essersi posto nel corso della vita. La critica si fa dura di fronte al comportamento deviato in particolare delle gerarchie ecclesiastiche sia nel campo della morale che nell’attaccamento ai beni materiali. Quando uno dei protagonisti chiede al Cristo ribelle cosa ne pensa di san Francesco e di altre figure di cristiani che si sono battuti per giusti ideali, appare chiaro che Giorgio non vuol fare di ogni erba un fascio. La trama del racconto rivela ancora una volta la feconda fantasia del caro artista autodidatta che a quattordici anni, suo malgrado, ha dovuto andare a lavorare in fabbrica per guadagnarsi la pagnotta. Giorgio avrebbe preferito dedicarsi agli studi artistici e, alla sua richiesta rivolta al padre emigrato in Belgio per il duro lavoro nelle miniere di carbone di proseguire gli studi, ha purtroppo ottenuto un diniego legato ai tempi di vacche magre. Ma ciò non gli ha impedito di coltivare la sua gran-

de passione per il disegno, per la scultura, per la scrittura sia in prosa che in poesia e di mantenere in tal modo il cervello sempre attivo. Nel fumetto sono soprattutto le immagini a coinvolgere il lettore. Il testo scritto dentro le nuvolette

anche questa volta, come in “Disparition - Scomparsa” è scritto in francese e, anche per esigenze economiche, così ho voluto lasciarlo mettendo in calce alla pagina del fumetto una traduzione nella nostra lingua italiana di Dante per aiutare nella lettura chi

non conosce la lingua d’Oltralpe. Chi conosce il francese potrà leggere direttamente dalle nuvolette del fumetto, per gli altri la lettura delle illustrazioni sarà aiutata dalla traduzione. Buona lettura e buona meditazione! Lino Beber

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È il trentino Flavio Deflorian il nuovo rettore dell'Università I

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l nuovo rettore dell’Università di Trento è Flavio Deflorian, ordinario di Scienza e tecnologia dei materiali al Dipartimento di Ingegneria industriale. È stato eletto il 23 febbraio al termine della prima giornata di votazioni con 1.157 preferenze contro le 340 dell’avversario Massimiliano Sala. Una curiosità: si tratta del primo rettore “alumno” della storia dell’Ateneo trentino. Flavio Deflorian infatti si è laureato in Ingegneria dei Materiali (con il massimo dei voti e la lode), nel febbraio 1989 proprio all’Università di Trento, ateneo che guiderà dal primo aprile per sei anni. Le prime congratulazioni al professor Deflorian sono arrivate dal rettore uscente Paolo Collini: «L’Ateneo oggi ha scelto il suo nuovo rettore, con grande partecipazione e senso di responsabilità e questa non può che essere la scelta migliore. Auguro al nuovo rettore eletto un buon lavoro per i prossimi anni a venire. Il professor Deflorian assume questo incarico in una fase difficile con tante incognite legate alla pandemia. Il mio auspicio è che questa situazione di incertezza termini al più presto e che si possa tornare a una situazione di normalità anche per tutta la nostra comunità universitaria.

L’Ateneo ha visto anni di grande crescita sia quantitativa che qualitativa nelle sue attività didattiche e di ricerca. Ma le cose che rimangono da fare sono molte e importanti. Guardo con fiducia al prossimo mandato, perché nel dibattito elettorale sono emerse una grande volontà e buone idee per assicurare alla comunità studentesca e a tutto il nostro Ateneo un futuro sereno e positivo». Nato a Cavalese nel 1964, Flavio Deflorian dopo la maturità scientifica al Liceo Galilei di Trento, si laurea in Ingegneria dei Materiali

all’Università di Trento e consegue il Dottorato di ricerca in Ingegneria dei Materiali all’Università di Bologna. Ottiene poi il Master in Advanced Materials Technology alla University of Surrey di Guildford (U.K.). Nel 1995 inizia la sua carriera nell’Ateneo trentino, dapprima come tecnico di laboratorio e ricercatore, poi dal 2004 come professore associato e infine dal 2015 come ordinario al Dipartimento di Ingegneria Industriale dove attualmente insegna Scienza e tecnologia dei materiali. È stato visiting professor nelle università di Teheran (Iran), Mons (Belgio), alla Queensland University di Brisbane (Australia), alla UNAM di Città del Messico (Messico) e alla Makerere University di Kampala (Uganda). Dal 2006 è responsabile del laboratorio di Rivestimenti e Anticorrosione Industriale del Dipartimento di Ingegneria Industriale. Le sue attività di ricerca riguardano in particolare: i rivestimenti organici protettivi; la corrosione e protezione di materiali avanzati o per applicazioni speciali; l’Ingegneria delle superfici; le tecniche elettrochimiche avanzate per la caratterizzazione di nuovi materiali. Ufficio Stampa Università di Trento

Luca Rigotti primo presidente italiano del gruppo di lavoro vino del «Copa-Cogeca»

L

uca Rigotti è stato eletto per acclamazione Presidente del «Gruppo di Lavoro Vino del Copa-Cogeca», la principale organizzazione di rappresentanza agroalimentare europea. Succede al francese Thierry Coste, che ha mantenuto l’incarico per undici anni. È la prima volta che alla presidenza del gruppo Vino viene eletto un italiano. Luca Rigotti, 56 anni, imprenditore del settore vitivinicolo, laurea in Giurisprudenza, è dal 2012 presidente del Gruppo Mezzacorona e della controllata Nosio S.p.a.; nel 2019 ha assunto il ruo-

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lo di Coordinatore del Settore vitivinicolo dell’Alleanza cooperative Agroalimentari, che associa

400 cantine cooperative che producono il 58% del vino italiano. «Ringrazio tutte le delegazioni per il sostegno e per la fiducia che mi hanno dimostrato sostenendo la mia candidatura come rappresentante italiano» ha dichiarato il presidente Rigotti. «Il mio sarà un mandato all’insegna della continuità con l’importante lavoro svolta da Coste in questi anni – ha proseguito – a cui va un ringraziamento particolare per la professionalità e l’impegno dimostrati. Ritengo che sarà indispensabile continuare a promuovere il dialogo e un attivo coinvolgimen-

to di tutti i Paesi rappresentati all’interno del Gruppo di lavoro: solo così potremo affrontare e vincere le numerose sfide a cui si trova davanti il settore. Se questo è vero in termini assoluti, lo è ancor di più in questa fase di estrema difficoltà che il mondo produttivo si trova ad attraversare». «È mio obiettivo – conclude il neo presidente del gruppo Vino Copa Cogeca - allo stesso tempo, continuare a promuovere un proficuo dialogo con le Istituzioni europee e con le altre organizzazioni europee rappresentative del settore vitivinicolo».


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Chiamata da Rumo Glenda Bacca nata nel New Mexico vive a Turlock, in California ed è socia del Circolo trentino di San Francisco. Dopo aver ereditato da uno zio una valigia piena di ricordi, lettere, fotografie e vecchi documenti, ha iniziato una ricerca sulla sua genealogia che nel 2015 l’ha portata ad intraprendere un viaggio in Italia per raggiungere e visitare Rumo, il paese dal quale era emigrato il nonno Alessandro, dove scopre la storia della sua famiglia e incontra i suoi parenti. Nel 2020 ha scritto un libro, intitolato «Rumo is calling», nel quale racconta questa sua «avventura senza precedenti». Intervista alle pagine 14-15-16.

Foto Ugo Fanti

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Rumo è casa mia e lo sarà sempre Foto Ugo Fanti

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A quando risale il suo primo arrivo a Rumo? La mia prima visita a Rumo è stata nel 2015. Ero già stata in Italia avevo visto Roma, Venezia, Napoli, ecc., Ma non ero mai andata a Rumo prima del 2015. E dopo il 2015? Sono tornata a Rumo ogni anno nel 2016, 2017, 2018 e due volte nel 2019. Purtroppo a causa del Covid non sono riuscita ad andarci nel 2020. Quando ha ricevuto la valigia con lettere, foto e altri documenti da suo zio? In realtà è stato un cugino a darmelo dopo la morte di mio zio Joseph (Joe) Bacca nel 1998. Non ricordo esattamente in quale anno me la regalò, forse nel 1999.

«Ho lavorato per trentaquattro anni nel campo dell’educazione. La passione per la storia familiare e per la genealogia occupano gran parte del mio tempo libero. Amo anche leggere, fare giardinaggio, viaggiare e adoro i musical e le degustazioni di vino - non necessariamente in quest’ordine!»: così si presenta Glenda Bacca sulla copertina del suo libro «Rumo is calling», del quale, in questa intervista, racconta la genesi Il suo interesse per la storia della sua famiglia inizia dopo quell'evento? No, il mio interesse per la mia famiglia era iniziato molto prima

di allora, intorno al 1988. Cosa sapeva già delle sue radici? Conoscevo frammenti, ma alcune erano informazioni errate.

Il libro è in inglese e in italiano «D

opo anni di ricerche, finalmente Glenda decide che l’unico modo per trovare ciò che sta cercando è andare in Italia. Nuovi amici la accolgono senza riserve accompagnandola anche in piacevoli viaggi. I suoi famigliari le dimostrano così tanto affetto

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da toglierle il fiato. L’incontro con l’amore vero, la meraviglia e l’entusiasmo ricorrenti trasformano questa vacanza italiana in un’avventura senza precedenti»: questo il «riassunto» del libro «Rumo is calling» (163 pagine) del quale è disponibile anche la versione in italiano, con il titolo «Chiamata da Rumo», grazie alla traduzione fatta da una cugina di Glenda, Nadia Lucchini di Cunevo, aiutata da una sua amica. Il libro è disponibile su Amazon, sia nella versione cartacea che elettronica.

Sapevo che mio nonno Alessandro veniva dal «Tirolo» italiano. Era venuto negli Stati Uniti rimanendo per circa quattro anni, poi era rientrato in Italia per tre anni per poi tornare negli Stati Uniti per viverci stabilmente. Aveva un fratello, che era venuto negli Stati Uniti ma non gli era piaciuto ed era tornato in Italia. So che c'era una parente negli Stati Uniti, forse a New York, che si chiamava Babe, ma non avevo idea di quale fosse il suo vero nome. Mi era stato detto che mio nonno aveva un cugino che era venuto dall'Italia e che era stato ospitato da Babe in Pennsylvania ma questa informazione non era precisa e mescolata con altri fatti non noti all'epoca. Quanto tempo ha impiegato per esaminare il materiale e tradurlo?


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L'articolo pubblicato nel 2015 Qui di seguito riportamo alcuni stralci dell'articolo dedicato a Glenda Bacca, pubblicato nel numero 7/2015 della rivista. Glenda Bacca è una signora di Turlock, California, che un giorno ha ereditato da uno zio una valigia piena di ricordi: lettere, fotografie, vecchi documenti. Carte senza valore e senza significato se prese una per volta. Glenda però è una signora curiosa e, iniziando da quella valigia, ha intrapreso un cammino di studio che l’ha portata a riscoprire la storia della propria famiglia e una fetta importante della sua identità.

anni del ’900 – erano scritte a mano, con l’inchiostro sbiadito e in una lingua difficile da capire. Non era proprio italiano, ma piuttosto dialetto italianizzato. Infatti ci sono voluti anni per trovare una persona in grado di interpretarle in maniera soddisfacente. Oggi tutti questi ricordi sono stati ordinati con amore, rilegati, tradotti, studiati. Così Glenda ha scoperto che sue origini erano a Rumo, in Val di Non, dove forse ancora vivevano persone che avrebbero potuto arricchire la sua ricerca. Allora ha deciso di compiere, da sola e senza conoscere nessuno, il viaggio verso il paese delle radici, dove ha

Non è stato facile interpretare tutti i documenti, le lettere ad esempio – spedite a partire dai primi

incontrato tante persone, scovato vecchi parenti e scoperto nuovi amici.

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La maggior parte del materiale era facile da consultare e tradurre, come le ricevute che documentavano il denaro che mio nonno inviava ai parenti in Italia. Quella che è stata una sfida sono state le lettere che gli sono state scritte dai membri della famiglia. Il mio italiano è molto povero. Ho provato a utilizzare Google Translate, ma ho avuto difficoltà a leggere la grafia nelle lettere. Mi ci sono voluti diversi anni per tro-

vare qualcuno qui nella mia zona, una comunità con poche persone di origine italiana, che potesse tradurli per me. Una volta trovata una donna che poteva farlo, ci sono volute solo circa tre settimane per tradurre tutte le lettere, inclusa una in tedesco inviata a mio nonno da un amico. Cosa ha trovato particolarmente commovente e interessante nelle lettere? Oh, tante cose, ma in particolare i nomi di molti membri della famiglia, nomi che mi sono stati utili nella mia successiva ricerca. La cosa più commovente, tuttavia, è stata la gratitudine della famiglia per le cose che mio nonno ha mandato loro. Non avevo idea

I nonni di Glenda, Margherita Aimo e Alessandro, con i loro tre figli (da sinistra): John, Frank (il papà di Glenda) e Joseph. A centro pagina una delle lettere inviate in America dai parenti di Rumo. A sinistra, una scultura in legno nei boschi attorno a Rumo, fotografata da Glenda e pubblicata nel libro.

che mandasse non solo denaro ma anche cibo e vestiti alla famiglia in Italia. Avevo letto delle difficoltà create dalla Prima Guerra Mondiale, ma in qualche modo ne ho avuto piena consapevolezza quando nelle lettere i parenti in Italia raccontavano quanto fosse difficile procurarsi il cibo e come sareb-

bero stati bene accolti i vestiti usati che avrebbe potuto inviare loro, perché potevano ripararli e indossarli. Sono stata davvero molto benedetta nella mia vita per non aver mai dovuto lottare così tanto per avere cibo e vestiti. Cosa l'ha spinta a volare olCONTINUA A PAGINA 16

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Foto Ugo Fanti

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tre oceano e raggiungere per la prima volta Rumo? Era da tempo che sognavo di trovare la mia famiglia in Italia. Non avevo mai capito o saputo di Rumo. Dalle lettere sapevo che mio nonno era nato a Corte Superiore (una frazione di Rumo) ed era quello che cercavo quando ho programmato il mio viaggio. Ciò che mi ha spinto in particolare sono state diverse cose: la tecnologia, che offriva la possibilità di cercare e trovare un posto dove stare vicino a Corte Superiore; sapere che potevo usare Google translate per aiutarmi a comunicare, ma soprattutto il fatto che stavo per ritirarmi dal mio lavoro ed avrei così avuto tutto il tempo di cui avevo bisogno per andare effettivamente e cercare la mia famiglia. Mentre mi stavo preparando per andare in pensione, molte persone mi hanno chiesto "Cosa farai adesso?" Ho detto: "Vado in Italia a trovare la mia famiglia". Una volta che l'ho detto ad alta voce, ho sentito di aver preso un impegno su cui non potevo tornare indietro, quindi l'ho fatto. Nel libro scrive che "Splendido, assolutamente stupendo" è stato il pensiero, quando ha visto per la prima volta Rumo alla luce del giorno: era

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oltre la sua immaginazione? Oh, assolutamente. Sapevo che era nel nord Italia, ma non mi ero mai resa conto di quanto sarebbe stato montuoso. Adoro le montagne e i panorami della Val di Non mentre si passeggia per Rumo sono così belli. Qual è il ricordo più dolce del suo soggiorno a Rumo? Oh, sono così tanti! In generale semplicemente incontrare la gente di Rumo. Tutti erano così gentili, disponibili, felici, amichevoli, desiderosi di parlare con me. Mi sentivo davvero come se appartenessi a Rumo. Poi, ovviamen-

te, ogni volta che ho incontrato un altro membro della famiglia è stato così speciale e divertente. Ogni conversazione con loro era una delizia! Qual è il posto di Rumo che occupa un posto speciale nel suo cuore? Sono tanti. L'appartamento in cui ho soggiornato, perché è diventato la mia casa lontano da casa; poi la casa in cui è nato mio nonno e in cui vivono ancora i miei cugini è così speciale per me. Poi ci sono i bar e i ristoranti dove ho incontrato così tante persone e ho avuto conversazioni mera-

La casa natale del nonno Alessandro, dove abitano alcuni cugini di Glenda.

vigliose. Durante il suo soggiorno a Rumo, quanti parenti ha conosciuto? Durante il mio primo soggiorno nel 2015 ho incontrato circa trenta membri della famiglia. Adesso ne conosco almeno quaranta. Non tutti vivono ancora a Rumo ma nei paesi vicini come Cles, Cunevo, ecc. È ancora in contatto con loro? Assolutamente! Come ho detto, sono tornata ogni anno tranne nel 2020. Inoltre, ho indirizzi e-mail e numeri di telefono di molti familiari e amici. Adoro WhatsApp che mi dà la possibilità di vedere i loro bei volti mentre chattiamo. Come si sente dopo questa esperienza speciale che ha vissuto? Mi stupisce ancora sapere di avere così tanti parenti a Rumo che non ho mai conosciuto fino al 2015. Mi rattrista non aver staccato prima dal mio lavoro per andare a Rumo e trovarli. Ci sono molti parenti che sono morti che se fossi andata appena dieci anni prima avrei potuto incontrare e avrebbero potuto raccontarmi altre storie su mio nonno. Tuttavia, mi sento così felice di aver incontrato la famiglia e gli amici che sono lì adesso. Rumo è casa mia e lo sarà sempre. M.T.


dal Trentino

Covid-19 e paura del contagio, qual è il ruolo dei media? M

edia ancora una volta sul banco degli imputati perché la pandemia ne ha riportato in auge il dibattito tra sostenitori e detrattori. Nell'ultimo anno, infatti, si è assistito a un acuirsi del confronto tra chi ritiene che i mezzi di informazione abbiano un ruolo prezioso nell'aiutare la popolazione a comprendere l'emergenza sanitaria e le misure di protezione da adottare e chi, invece, considera i media inutili o, addirittura, colpevoli di creare allarmismo. Tra le voci che sottolineano l'importanza dei media ci sono ora anche quelle di un team di ricerca, coordinato dall'Università di Trento, che ha studiato il legame tra media, preoccupazione per la malattia e percezione del rischio di contagio da Coronavirus. La ricerca ha coinvolto un campione di 547 persone residenti in Italia, nel Regno Unito e in Austria. I risultati sono stati illustrati sulla rivista scientifica «Frontiers in Psychology». Emerge che la preoccupazione per il contagio e la percezione del rischio sarebbero strettamente collegate all'informazione mediatica sull'epidemia e predisporrebbero la popolazione ad assumere misure e comportamenti a tutela della protezione personale e collettiva. «Abbiamo deciso di analizzare i processi che sottendono alla decisione di rispettare le misure di auto-protezione e che sono un fattore essenziale per fare una comunicazione efficace durante la pandemia. Il rispetto dei comportamenti di sicurezza da parte della cittadinanza è infatti determinante perché abbiano successo gli sforzi per contenere la diffusione del Coronavirus» spiega Nicolao Bonini, professore di Psicologia del comportamento del consumatore e direttore del Laboratorio di Neuroscienze del Consumatore

Secondo uno studio coordinato dall'Università di Trento l'informazione giornalistica sulla malattia e la relativa preoccupazione per la pandemia sarebbero i fattori che più spiegano la percezione del rischio e favoriscono l'adozione di misure di protezione (NcLab) al Dipartimento di Economia e Management dell'Università di Trento. Nello studio sono stati misurati i parametri relativi alla percezione del rischio di contrarre l'infezione e all'impegno effettivo della popolazione dei tre paesi nel rispettare le misure di auto-protezione. «L'analisi mostra che tanto maggiore è la reazione emozionale negativa (es. preoccupazione) nei confronti del Coronavirus, tanto maggiore è la percezione del rischio e, a ca-

scata, tanto più la cittadinanza è disponibile ad attuare un comportamento protettivo. Un esito che può sembrare banale. Molto meno scontato però è il risultato che fattori apparentemente "marginali" siano in grado di influenzare la reazione emozionale e successivamente l'attuazione del comportamento protettivo tramite un incremento nella percezione del rischio. Ad esempio, l'uso di un format comunicativo centrato sui decessi (piuttosto che sui guariti) induce maggiore preoccupazione e maggiore percezione del rischio e, indirettamente, una maggiore disponibilità ad attuare i comportamenti protettivi. Si noti come questo fattore permette di prevedere il comportamento protettivo più accuratamente di altri apparentemente più rilevanti come, ad esempio, la fiducia nelle istituzioni o la valutazione sulla efficacia della politica di governo». I risultati di questo tipo di studi sono di interesse per diversi "stakeholders". Per l'azione di governo che può sfruttare tali conoscenze per la progettazione di un'azione più efficace nel contenimento della pandemia. Ma, anche per coloro che hanno a cuore una comunicazione rispettosa e il più possibile comprensibile da parte della popolazione». E mentre la pandemia continua a imperversare, dallo studio si possono trarre dei suggerimenti per contenere il contagio? Da Bonini arriva una risposta affermativa: «Si, oltre al ruolo decisivo del tipo di format comunicativo, abbiamo rilevato come il confronto con epidemie meno gravi come, ad esempio quella influenzale possa determinare, per assimilazione, una sottovalutazione del rischio Coronavirus». Ufficio Stampa Università di Trento

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60 anni d’Europa

L'Europa ha le potenzialità per diventare «casa comune» V

enerdì 19 e sabato 20

pur risiedendo e lavorando da

libro-intervista di padre Bartolo-

identità statica, ma dinamica… A

febbraio,

molti anni, vengono considerati

meo Sorge con la giornalista Chia-

70 anni dalla sua nascita, l’Euro-

estranei.

ra Tintori dal titolo “Perché l’Euro-

pa non è più minorenne. Perciò

la Trentini nel

Mondo, in collaborazione

con EZA Europäisches Zentrum

Davvero un pessimo segnale per

pa ci salverà”, edizioni Terra Santa,

l’unità politica, l’esercito comune,

für Arbeitnehmer fragen – Centro

i futuri rapporti tra il Regno Unito

pubblicato postumo dopo la morte

una politica fiscale condivisa sono

Europeo per le questioni dei lavo-

e i Paesi membri dell’Unione euro-

del grande gesuita avvenuta il 2

traguardi che non si possono più

ratori e UNAIE, Unione Nazionale

pea. C’è da chiedersi se i sostenito-

novembre 2020. Per i due interlo-

rinviare. Per imparare a crescere

Associazioni per gli Immigrati ed

ri e i promotori più scalmanati del-

cutori la pandemia ha smasche-

uniti rispettandoci diversi, occor-

Emigranti, ha organizzato un we-

la Brexit abbiano messo in conto

rato l’inganno dell’individualismo

re ripartire dai valori culturali e

binar internazionale avente per

questi aspetti che non attengono

e ha clamorosamente smentito le

spirituali della nostra millenaria

tema «Mobilità e migrazioni all’in-

tanto alle questioni mercantili, al

diverse forme di sovranismo e di

civiltà: il rispetto della dignità del-

terno dei confini dell’Europa» (di

valore della sterlina o al destino

populismo. Nessuno puó salvarsi

la persona, la libertà solidale, l’e-

cui si parla alle pagine 3-5). Fra i

degli operatori finanziari della City

da solo, ecco perché sarà l’Europa

guaglianza dei diritti e dei doveri,

vari interventi, una tavola rotonda

, ma ai rapporti con gli stranieri

a salvarci.

la sussidiarietà responsabile”.

su “Lavoratori in Europa ai tempi

europei, iperqualificati e non, di

Per Bartolomeo Sorge “l’Europa

A fronte delle tante resistenze

del Covid-19” con la partecipazio-

cui l’Inghilterra ha assolutamente

è ricca di potenzialità e può final-

che ancora si frappongono alla re-

ne di quattro giovani, tre trentini e

bisogno.

mente realizzarsi come casa co-

alizzazione di una effettiva ‘casa

mune. La sua, infatti, non è una

comune’, da un lato la concezione

un friulano, che svolgono attività

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Sto leggendo in questi giorni un

lavorativa in tre Paesi europei. Particolarmente illuminanti le testimonianze di Paolo Bastiani, operatore culturale e promotore di eventi e di Elisabetta Zontini, docente universitaria, entrambi residenti da anni nel Regno Unito. Soddisfatti e orgogliosi del loro lavoro, grati al Paese che li ha accolti diversi anni fa offrendo loro opportunità che in Italia non avrebbero avuto, si pongono ora l’interrogativo se rimanere in Inghilterra o fare ritorno in Italia. Con tutte le incognite e i problemi connessi a una scelta che in ogni caso non sarà certo facile. I due giovani hanno riferito che, dopo la Brexit, lo sguardo degli inglesi nei confronti degli ‘stranieri’ è

significativamente

cambiato:

non più cittadini europei accolti e apprezzati per le loro competenze e le loro capacità, ma, appunto, stranieri, estranei, persone che vengono da fuori a occupare posti che nell’immaginario popolare dovrebbero essere riservati agli inglesi. La pandemia ha contribuito ad appesantire il clima di sospetto e di antipatia che, secondo la testimonianza dei due giovani, sembra accompagnare coloro che,

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Come ha scritto padre Sorge, «per imparare a crescere uniti rispettandoci diversi, occorre ripartire dai valori culturali e spirituali della nostra millenaria civiltà: il rispetto della dignità della persona, la libertà solidale, l’eguaglianza dei diritti e dei doveri, la sussidiarietà responsabile»


60 anni d’Europa

prevalentemente mercantilistica

il conseguente aggravarsi della si-

dei cosiddetti Paesi ‘frugali’, dall’al-

tuazione economico-sociale.

tro la concezione utilitaristica del-

ci diversi. (…) Ritorna l’immagine

che, interesse per il bene comune,

Nel suo discorso al senato del

lo stare all’interno dell’Unione dei

evocata da papa Wojtyla dell’unico

ripudio di volgarità e di banalità

17 febbraio per il voto di fiducia al

Paesi post comunisti dell’Europa

fiume in cui confluiscono i diversi

come strumenti di lotta politica?

suo governo, Draghi ha delineato

dell’Est, i quattro del patto di Vi-

affluenti. Siamo tutti sulla stessa

Nelle nebbie della politica italiana

un’idea di Italia e di Europa su cui

segrad, padre Sorge constata che

barca: o ci salviamo insieme o in-

e nell’inconcludenza del governo

costruire il futuro di entrambe.

tale situazione è propria della sto-

sieme periamo”.

Conte-bis, è emersa la figura di

Sul tema della sovranità nazionale

ria umana. “Perciò non resta che

Come collocare la situazione ita-

Mario Draghi, chiamato dal Presi-

(messaggio ai populisti e ai sovra-

lottare con amore, con apertura

liana odierna in questa prospetti-

dente Mattarella a guidare l’Italia

nisti nostrani) Draghi ha afferma-

mentale (…) cercando tutti di im-

va che richiede visione, capacità di

in questa fase oltremodo difficile

to che “non c’è sovranità nella soli-

parare a vivere uniti rispettando-

dialogo oltre le barriere ideologi-

per il protrarsi della pandemia e

tudine. C’è solo l’inganno di ciò che siamo, nell’oblio di ciò che siamo

Nel discorso al Senato per il voto di fiducia al suo governo, Mario Draghi ha delineato un’idea di Italia e di Europa su cui costruire il futuro di entrambe. Ha affermato che «non c’è sovranità nella solitudine. C’è solo l’inganno di ciò che siamo, nell’oblio di ciò che siamo stati e nella negazione di quello che potremmo essere»

stati e nella negazione di quello che potremmo essere”. Nella visione di Draghi gli Stati nazionali e l’Ue si possono rafforzare insieme. L’Ue va rafforzata approvando “un bilancio pubblico comune capace di sostenere i Paesi nei periodi di recessione” in grado di finanziare anche la produzione di beni pubblici europei (difesa, infrastrutture, contrasto alle epidemie e alla disoccupazione). Di contro, gli Stati nazionali vanno rafforzati attraverso il programma Next Generation EU per costruire il dopo-pandemia attraverso il finanziamento della spesa per ricerca e sviluppo, dell’istruzione e della formazione, della regolamentazione, dell’incentivazione e della tassazione”. Commenta Sergio Fabbrini nel Sole 24 Ore di domenica 21 febbraio: “La visione pluralista di Draghi può esercitare un ruolo cruciale in Europa, riportando l’Italia tra i protagonisti del dibattito europeo, specialmente in vista dell’imminente lancio della Conferenza sul futuro dell’Europa”. Vittorino Rodaro 26 febbraio 2021

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circoli

News dal Circolo trentino di Toronto

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Come sempre «eBaita» la newsletter del Circolo trentino di Toronto, propone ai soci numerose e interessanti notizie ed informazioni. Nella sua edizione del 25 febbraio, ad esempio, dà risalto all’assegnazione del titolo di «Regione del vino dell'anno 2020» al Trentino da parte della rivista «Wine enthusiastic» (con un link alla pagina del rinomato periodico newyorchese). Un risultato prestigioso considerato che, il periodico americano, da oltre trent’anni rappresenta una delle testate più autorevoli del mondo della vite e del vino a livello internazionale. Prendendo poi spunto dal recente arrivo su Marte della sonda della Nasa, «eBaita» informa che

a guidare il veicolo che si sposterà sulla superficie del pianeta è un trentino nato a Rovereto e ora residente a Pasadena, Paolo Bellutta (questo il link all'intervista pubblicata sul sito della Nasa: https://solarsystem.nasa.gov/ people/583/paolo-bellutta/). Un'altra notizia riguarda il can-

tautore Marco Calliari (di Montreal ma con radici anche in Trentino), del quale è uscito l'ultimo singolo, intitolato «Molotov mon amour», che «propone un sound pop rock alternativo frutto del tumultuoso ed eclettico viaggio musicale intrapreso da Marco Calliari». L'origine del cognome Rizzi è il tema di un altro interessante articolo, proposto da Mario Franch. C'è anche la notizia che la Provincia Autonoma di Trento, in collaborazione con l'Università degli Studi di Trento e l'Opera Universitaria di Trento, sta organizzando una selezione per l'assegnazione di cinque borse di studio riservate a discendenti di emigrati trentini residenti all'estero.

Rinviata al 2022 la Convention ITTONA La newsletter del Circolo di Toronto riporta anche la notizia che la Convention ITTONA, la federazione dei Circoli trentini degli Stati Uniti e del Canada, appuntamento che si svolge ogni due anni e che era in programma nel 2020, è stata nuovamente rinviata di un anno. Lo fa pubblicando il messaggio inviato dal presidente di ITTONA: ecco il testo. «Questi sono certamente tempi difficili. Con tutte le situazioni che si ripetono duran-

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te questa pandemia, a volte mi sento come se fossi intrappolato nel "Ground Hog Day" (è un film americano nel quale il protagonista rivive più volte la stessa giornata, ndr). È ancora una volta il momento di pensare alla nostra Convention che già era stata rinviata a quest'anno e che si sarebbe tenuta dal 22 al 25 luglio a Albany, nello stato di New York. Speravamo che con i vaccini la pandemia si sarebbe ridotta. Sfortunatamente, ciò non è accaduto e c'è

ancora grande preoccupazione per la sicurezza dei viaggi. Con questi pensieri in mente, il consiglio di ITTONA ha deciso di rinviare ancora una volta la Convention. Ci auguriamo che tu capisca che quando è stata presa questa decisione abbiamo tenuto nella nostra più grande considerazione la tua salute». Nella foto qui sotto, un momento dell'ultima Convention ITTONA, la 23a, che si è svolta nel 2018 a Milwaukee (USA - Wisconsin).


circoli

N

uovo progetto in vista per l'Associazione Cittadini di Origine Italiana "Rino Zandonai" di Tuzla, in Bosnia ed Erzegovina che in collaborazione con l'Associazione dei Polacchi "Boleslaviec" di Prnjavor, nel dicembre 2020 ha avviato un progetto di interentità denominato "Ascolta le lingue minoritarie", implementato in un progetto dell'Unione Europea e del Consiglio d'Europa di "Promozione della diversità e dell'uguaglianza in Bosnia ed Erzegovina" e che può contare sul supporto del Centro Culturale Tuzla, Centro Culturale Prnjavor, e di quattro associazioni di minoranze nazionali di Tuzla e Prnjavor. Si tratta di un progetto di undici

Il Circolo trentino di Tuzla partecipa ad un progetto europeo di protezione e promozione della lingua italiana mesi che ha l'obiettivo di proteggere e preservare le lingue parlate dai membri delle minoranze nazionali in Bosnia ed Erzegovina, e prevenire l'incitamento all'odio. E si compone di due percorsi diversi. Un primo obbiettivo è la registrazione di una serie di diciotto puntate radiofoniche che promuovano le lingue delle minoranze nazionali dal titolo "Listen to

Minority Languages": realizzate nelle diverse lingue, trasmesse dalle stazioni radio locali e disponibili anche sul canale YouTube "Listen to Minority Languages". Alcune puntate saranno trasmesse in polacco, albanese, ceco, ucraino, tedesco e altre lingue parlate da membri delle minoranze nazionali in Bosnia ed Erzegovina, rendendo questa serie ancora più specifica.

La seconda proposta del progetto sarà un festival cinematografico con contenuti nelle lingue delle minoranze nazionali, e quindi con film in polacco, turco, tedesco, ceco, rumeno, albanese, italiano e russo, con traduzione locale. Tempo e restrizioni sanitarie permettendo, il festival sarà aperto al pubblico e prenderà il via da marzo. La prima parte si terrà a Tuzla da marzo a maggio 2021 sul palco della piccola camera del Centro giovanile. Da giugno ad agosto a Prnjavor, nella Casa della cultura, si proietteranno i film in polacco, turco, tedesco, ceco , rumeno, albanese, italiano e russo, con traduzione locale. Il progetto è finanziato dall'Unione Europea e dal Consiglio d'Europa attraverso una sovvenzione e fa parte del programma congiunto "Strumento orizzontale per i Balcani occidentali e la Turchia 2019- 2022".

In Brasile e Argentina ci sono Circoli che propongono alcune attività «in presenza» Sono diversi i segnali di ripresa e di voglia di tornare alla normalità che arrivano da tanti Circoli Trentini nel Mondo. Dal Brasile in particolare, dove si registra la riapertura di molte attività che, pur facendo i conti e rispettando le restrizioni e le regole imposte dai protocolli per il contenimento e il contrasto del Coronavirus, cercano di riproporre un seppur minimo servizio in presenza. Si parla per lo più di “servizi” per la comunità, non di manifestazioni ed eventi. Come nel caso del Circolo Trentino di Curitiba (Paranà), che dal 20 gennaio è tornato ad essere operativo in presenza riaprendo le sue porte per un tempo limitato. Tutti i mercoledì si può accedere all'ufficio che si occupa dei servizi di

cittadinanza. Negli altri giorni il Circolo resterà raggiungibile via email. Parziale ritorno all'attività anche per il Circolo di Florianópolis (Santa Catarina). Da mercoledì 10 febbraio l'ufficio è aperto al pubblico. Anche in questo caso per un tempo ridotto: solo nella fascia oraria dalle 14:00 alle 17:30 e solo su appuntamento da prendere tramite e-mail o al telefono. Sono proposte differenti quelle del Circolo di Nova Trento (Santa Catarina) che ha messo in calendario più attività. Si tratta in particolare di un corso di italiano intensivo, con il numero di iscrizioni limitato ma che propone comunque due classi di livelli differenti: l'avanzato e il corso per principianti. Con l'inzio fissato al 23

febbraio ed entrambi della durata di tre mesi. La seconda proposta è un invito a riattivarsi, anche fisicamente, in questa estate brasiliana, con una camminata quotidiana guidata da un'istruttrice professionale. Una proposta che interessa tutti giorni della settimana. Anche qui i posti sono limitati e si può scegliere a quali uscite prendere parte. Nel mese di marzo è prevista la partenza anche di un Laboratorio di cucina con il corso di risotti. Riunioni organizzative “in presenza” anche in Argentina. La Commissione Direttiva del Circolo Trentino La Plata si è riunita il 23 gennaio per organizzare l'attività della stagione 2021-2022. Il Circolo di Chajari, invece, ha tenuto la sua assemblea mercoledì 17 febbraio.

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in ricordo

Per Ferruccio Pisoni, persona seria e umile e protagonista della storia dell'emigrazione Integriamo i messaggi di cordoglio per Ferruccio Pisoni, arrivati dopo l'uscita del precedente numero del giornale. Rita Valentini, vedova di Vittorio Ducati e mia mamma, ha letto sulla Vostra rivista che prima di Natale si è spento Ferruccio Pisoni. Lei lo ricorda, avendo lui ai suoi tempi avuto diversi contatti con il mio papà, il quale era stato per molti anni presidente del Circolo Trentino di Winterthur in Svizzera. Mia mamma si ricorda come fosse stato ieri, che mio papà elogiava Ferruccio Pisoni come persona

seria ed umile e naturalmente anche come protagonista competente della storia dell'emigrazione. Siamo vicini col cuore e con la preghiera alla famiglia e alla Trentini nel Mondo. Rita Valentini, Maria Luisa Ducati Monsignor Pedro Wolcan, vescovo di Tacuarembò (Uruguay), ha chiesto di pubblicare la parte finale di una lettera che aveva inviato a Pisoni, dopo un incontro avvenuto in Uruguay: « Come persona, come sacerdote, come

membro della Comunità Trentina di Colonia del Sacramento e come membro della comunità cittadina di questa regione, devo ringraziare il dott. Ferruccio Pisoni per quanto ha fatto in prima persona e con il suo impegno a favore dei miei fratelli e concittadini».

Addio a Lino Zanon 22

Lino Zanon, nato a Rabbi (TN) il 2 aprile 1936, è mancato all’affetto dei suoi cari il 9 ottobre 2020. Nel 1959 emigrò in Svizzera, prima a Stansstad nel Canton Nidvaldo e poi a Basilea dove conobbe Benedetta Bordignon che sposò nel 1966. Dalla loro unione nacque tre anni dopo Mara. Per tanti anni fece parte del Circolo Trentino di Basilea del quale assunse anche il ruolo di Presidente dal 1979 al 1991. Si dedicò con molta passione a questa attività. Nel 1992, dopo 33 anni di emigrazione, ritornò in Italia con Benedetta, stabilendosi in

provincia di Padova, luogo di nascita della moglie e dove già li aveva preceduti la figlia. In pensione, si dedicò al bricolage e alla lavorazione del legno mettendo a frutto le sue competenze di falegname e si godette la gioia dei tre nipoti Gabriele, Lorenzo e Leonardo nati dal matrimonio della figlia Mara e suo marito Marco Bruseghin.

Circolo di Biella in lutto per Carla Romagna Il Circolo trentino di Biella è in lutto per la scomparsa di Carla Romagna (vedova dal 2001 del primo presidente del Circolo, Stefano Romagna). Era nata a Canal San Bovo il 30 giugno 1931 ed è deceduta il 23 gennaio 2021. Lascia due figlie, Laura e Maria Pia.

Brasile, addio a suor Lucila Bebber Suor Lucila Bebber, nata in Brasile il 22 giugno 1913, è scomparsa domenica 7 febbraio, all’età di 107 anni. Suor Lucila faceva parte della congregazione francescana, nella città di Marau (Rio Grande do Sul) ed è stata sepolta al Memoriale della Pace nella vicina città di Passo Fundo. Era figlia di Carlos Bebber, nato in Brasile, figlio di Antonio Bebber e Gioseffa Visintainer, che nel 1882 da Vignola emigra-

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rono in Brasile con le figlie Maria (1876), Vittoria (1878) ed Emma (1879). Antonio Bebber era poi rimasto vedovo e in seconde nozze

sposò Carolina Tronco e sono nati altri tre figli, uno dei quali Antonio junior sposò Catarina Trentin: dalla loro unione sono nati ben tredici figli, uno dei quali è Claudino nato nel 1929 e vescovo cappuccino tuttora vivente a Vacaria (Rio Grande do Sul). La foto di suor Lucila è stata scattata il 22 giugno 2020 in occasione dei suoi 107 anni. Nell'altra foto, i suoi nonni Antonio e Gioseffa Visintainer.


in ricordo TRA I PROTAGONISTI DEL DOCUMENTARIO «'nDOVAT?», È scomparso all'etÀ di 48 anni

Aurelio Laino, innamorato di Londra

L

a prima volta che va in Inghilterra ha 13 anni, se ne innamora subito, e in qualche modo capisce di essere “un po' inglese dentro” come dirà nell’intervista per il documentario 'Ndovat?. Crescendo sviluppa una grande passione per la musica e il teatro, passione che lo porta spesso nel Regno Unito per seguire la scena dei Musical, prima come spettatore poi come professionista. Dopo la laurea in ingegneria, decide di provare a dedicarsi interamente al mondo creativo, studia sceneggiatura e scrittura televisiva allo IED di Roma, vince una borsa per il corso di regia alla London Film Accademy e instaura una buona rete professionale proprio lì a Londra. A quel punto viene naturale, per seguire le sue aspirazioni e passioni, scegliere di trasferirsi da Trento nel Regno Unito, dove inizia ad occuparsi anche di Cinema. Sono molte e diverse le opere di cui cura la scrittura e la regia, come artista poliedrico si occupa anche di teatro, fotografia, musica, ricerche documentaristiche e produzione. Le tematiche delle sue pellicole sono approfondite con un taglio sempre nuovo, un’angolazione inedita, alla ricerca di aspetti meno noti e nascosti tra le righe, per trasmettere la “coscienza” dietro le cose. Proprio questa indole lo porta infine ad occuparsi di documentari, cercando di superare cliché e luoghi comuni, come in «68’ Pop Revolution» presentata in anteprima al Film Festival di Trento nel 2018. L’attività creativa è instancabile e a 360 gradi, fonda e lavora con diversi gruppi e case produttrici, collabora con grandi nomi, per citarne uno, con Erri de Luca, del quale co-produce il cortometraggio «Il turno di notte lo fanno le stelle» (che entra nella short

Laureato in ingegneria, artista poliedrico, si occupava di cinema, teatro, fotografia, musica e produzione. Negli ultimi anni aveva iniziato importanti collaborazioni che gli stavano dando molte soddisfazioni e che lo avevano proiettato ancora di più nel settore del documentario di inchiesta, lavorando a due serie tv internazionali prodotte dalle piattaforme Amazon e Netflix. La Trentini nel mondo e i ragazzi del gruppo «'Ndovat?» lo salutano e lo ringraziano per lo slancio che ha dato e per le riflessioni che ha portato

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list degli Oscar e vince il Tribeca di New York) e il documentario Conversazioni all'aria aperta. La Trentini nel mondo lo ha conosciuto durante l’incontro dei Trentini di nuova emigrazione nel Regno Unito, ad Oxford nel 2018, dove si era iscritto con la moglie Elena Alessia, anche lei professionista del cinema. Da subito è emersa la grande carica, la voglia di mettersi in gioco e di coinvolgere gli altri, per fare gruppo. Preziosi i suoi consigli non solo per capire il fenomeno dell’emigrazione giovanile, ma anche per la realizzazione del nostro documentario Ndovat?. “Se ti

metti più vicina alla telecamera, l’intervistato parlerà fissando l’obiettivo, e sarà come guardare gli spettatori, si creerà un legame…” aveva esordito con gentilezza aiutando i ragazzi che per la prima volta si avvicinavano alle videointerviste. Sarà proprio la sua intervista ad aprire Ndovat?. Da subito aveva messo a disposizione del gruppo il suo entusiasmo, consapevole dell’importanza di fare rete per realizzare cose nel bene comune. Positivo, solare e ironico, dimostrava di aver grande capacità di analisi e conoscenza dell’animo umano. Negli ultimi anni aveva iniziato importanti collaborazioni che gli

stavano dando molte soddisfazioni e che lo avevano proiettato ancora di più nel settore del documentario di inchiesta, lavorando a due serie tv internazionali prodotte dalle piattaforme Amazon e Netflix. Il 2020 è stato un anno duro per molte ragioni, e il 28 novembre si è portato via anche Aurelio, per un male incurabile che combatteva da un po', all’età di 48 anni, mentre si trovava a Londra. La Trentini nel mondo e i ragazzi del gruppo «'Ndovat?» lo salutano e lo ringraziano per lo slancio che ha dato e per le riflessioni che ha portato. Ilaria Turco

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attualità

Università di Trento e SAT

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D

al turismo sostenibile all’architettura dei rifugi allo sport in ambiente alpino. Montagna vuol dire questo e molto altro ancora. Volti e declinazioni da esplorare e valorizzare. Lo raccontano studi e progetti che docenti dell’Università di Trento hanno condotto negli ultimi anni e che intendono sviluppare con il coinvolgimento di soggetti del territorio. Lo dimostra l’attenzione crescente della Sat per iniziative scientifiche e culturali da promuovere a favore della popolazione. Dall’incontro tra la passione per la montagna e il gusto della conoscenza, nasce un rapporto di collaborazione stabile tra l’Ateneo di Trento e la Società degli alpinisti tridentini. Il rettore di UniTrento Paolo Collini e la presidente della Sat Anna Facchini, a Palazzo Sardagna, alla presenza del direttore della Sat Claudio Ambrosi, il 25 febbraio hanno firmato un protocollo di intesa per collaborare nell’ambito della formazione e

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È stato firmato un protocollo d’intesa per iniziative di formazione e ricerca sul tema della montagna e del patrimonio bibliografico dell’ambiente montano. Le attività saranno definite da una Commissione di programmazione scientifica composta da dieci figure accademiche e altrettante espressione della Sat. Obiettivo: una collaborazione stabile per esplorare e valorizzare insieme i tanti volti dell’ambiente montano della ricerca sul tema della montagna e del patrimonio bibliografico dell’ambiente montano. A seguire la cerimonia c’era anche, in video collegamento, un gruppo di docenti parte attiva dell’esperienza. «Ci fa piacere che una istituzione storica di grande valore per il territorio come la Sat abbia trovato nell'Università un partner privilegiato per sviluppare in modo più strutturato nuovi progetti grazie a un approccio scientifico» commenta il rettore Paolo Collini. «Come Ateneo siamo molto contenti di poter contribuire alle future attività di Sat, valorizzandole anche grazie all'entusiasmo

dei colleghi e delle colleghe che, all’attività di ricerca, uniranno la loro passione per la montagna». «Con questo protocollo d'intesa coroniamo un progetto accarezzato da lungo tempo» dichiara Anna Facchini, presidente della Società degli alpinisti tridentini. Parla di relazioni proficue tra

la Sat e l’Università di Trento. «Valorizzare e incentivare l’approfondimento scientifico sui temi della montagna è stato uno dei primi obiettivi che come presidenza ci siamo posti. Viviamo ogni giorno la complessità, il desiderio di conoscenza, l’esigenza di un dialogo a più voci, in grado


attualità

in cordata per la montagna

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di individuare le domande di una società che attraversa una fase di incertezza mai riscontrata prima, alla quale anche la Sat con i suoi 150 anni di storia, deve poter fornire risposte autorevoli». Il protocollo getta le basi per una collaborazione che si avvale delle competenze tecnicoscientifiche e delle reciproche strutture e attrezzature per sviluppare e realizzare idee progettuali, programmi didattici, di studio e di ricerca integrata nei settori di comune interesse. In particolare, UniTrento e Sat si impegnano a sviluppare in modo congiunto ricerche, attività di tirocinio, iniziative di

formazione anche permanente e lo svolgimento di tesi di laurea e di dottorato; a finanziare borse di studio e assegni di ricerca; all’interscambio di documentazione libraria e pubblicazioni scientifiche; all’organizzazione in comune accordo di convegni, seminari e riunioni scientifiche; a partecipare a programmi di ricerca regionali, nazionali, europei e internazionali. A definire il lavoro sarà una Commissione di programmazione scientifica composta da dieci rappresentanti designati dall’Università e selezionati tra il personale docente e ricercatore interessato ai temi della montagna e

da dieci rappresentanti designati dalla Sat tra componenti delle sue commissioni. Alla firma si arriva dopo l’esperienza positiva di docenti, soci del sodalizio, che hanno fornito contributi volontari all’interno delle commissioni satine, dopo varie tesi di laurea dedicate alla montagna come materia di studio e con la Biblioteca della Montagna Sat che è la sede ideale per ogni genere di ricerca riguardante i rifugi, la geologia, la biologia, la climatologia, la letteratura, l’ambiente, i luoghi e i personaggi. Negli anni l’Ateneo di Trento ha sviluppato numerose attività dedicate all’ambiente montano e all’alta quota: dagli studi di impatto ambientale all’osservazione climatica e ai progetti di rigenerazione della montagna, dall’elaborazione di uno specifico modello di management all’analisi dell’architettura di sentieri e rifugi, dall’approfondimento della regolamentazione e responsa-

bilità connesse all’attività sportiva esercitata in montagna alla tecnologia dei materiali. Attività che coinvolgono docenti di aree disciplinari diverse dell’Ateneo di Trento con i dipartimenti di Ingegneria civile, ambientale e meccanica, di Economia, di Fisica, ma anche di Giurisprudenza e di Lettere e Filosofia e con il Centro Agricoltura Alimenti Ambiente. Con una mappatura delle iniziative, sono stati identificati cinque filoni di interesse principali sui quali l’Ateneo si propone ora di collaborare con la Sat: approccio sostenibile alla gestione equilibrata di un territorio montano; biodiversità e turismo; studio e documentazione, meteorologia, architettura e organizzazione dello spazio; sport in montagna; montagna, didattica e comunicazione. L’accordo ha durata di tre anni ed è rinnovabile. (e.b.) - Ufficio stampa Università di Trento

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attualità IL LIBRO È UN'ANTOLOGIA DEI CONTRIBUTI SCRITTI NEL 2020 DAI REDATTORI DEL GIORNALE ON LINE «UNDERTRENTA.IT»

Riflessioni, dubbi, entusiasmi dell'universo giovanile È

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uscito da poche settimane, il volume «UnderTrenta 2020. Souvenir di un anno x», un’antologia dei contributi scritti da giovani redattori e pubblicati nel corso del 2020 sul giornale online Undertrenta.it, il progetto editoriale – nonché laboratorio di scrittura giornalistica – coordinato dalla Fondazione Trentina Alcide De Gasperi e promosso e sostenuto dall’Ufficio per il Sistema bibliotecario trentino e per la Partecipazione culturale della Provincia autonoma di Trento. Il testo, edito da IDESIA, è curato da Mauro Marcantoni e Federico Oselini e introdotto dal Presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Trentino-Alto Adige/Südtirol Mauro Keller. Il giornale online UnderTrenta, fondato nel 2013, vuole rappresentare uno spazio di riflessione per le generazioni più giovani, desiderose di raccontarsi o di farsi raccontare. È nato come un’opportunità di scambio dove incrociare pensieri e opinioni fornendo

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un punto di vista a 360 gradi su un mondo, quello giovanile appunto, di cui spesso si evidenziano esclusivamente le problematiche. In UnderTrenta scrivere non è un obbligo: nessuna scadenza, nessun tema prestabilito, nessuno stile imposto. Solo scrivere perché si ha qualcosa da dire, disposti a rinchiudere il tutto in dieci, venti o al massimo trenta righe. Il 2020, nonostante le sue mille difficoltà e le sue numerose incognite, ha rappresentato per UnderTrenta un momento di svolta, con la nascita di un Comitato di redazione composto interamente da giovani collaboratrici e collaboratori. Il tratto distintivo della testata – e del volume – è il format degli articoli: trenta è infatti il numero massimo di righe di ogni contributo ospitato, nell’ottica di garantire la massima fruibilità dei contenuti senza cadere nell’eccessiva sintesi comunicativa. Una scelta in apparenza controcorrente, quella di affidarsi ad

una scrittura sintetica ma non compressa – in un mondo in cui imperversa la comunicazione visuale e istantanea – che ha però dimostrato quanto sia presente nelle nuove generazioni il bisogno di raccontarsi e far sentire la propria voce. “UnderTrenta 2020. Souvenir di un anno x” raccoglie – suddiviso in categorie (Pensieri pandemici, Sfide del nostro tempo, Giovani e lavoro, Libri, musica, cinema e…, Verso l’Infinito, prima tappa Marte!, Con una penna in mano) – il meglio di una produzione editoriale in cui trova ampio spazio la narrazione in presa diretta del difficile momento storico che stiamo attraversando, raccontato dai giovani con l’intento di cifrarne le fragilità e le risorse e di riflettere sulle “sfide del nostro tempo” che tutti noi siamo chiamati a raccogliere. Tra le incognite principali spicca quella relativa al mondo del lavoro, raccontato “dai giovani ai giovani” attraverso una serie di interviste dedicate. La sezione

culturale del volume ospita numerose recensioni scritte per cristallizzare e trasmettere le emozioni che ogni giorno ci regalano libri, canzoni, film e opere d’arte e la rubrica “Verso l’infinito, prima tappa Marte!” interpreta – nell’anno delle missioni verso il pianeta rosso – la tensione verso l’ignoto che da sempre caratterizza l’essere umano. L’appendice del volume è rappresentata da una raccolta delle poesie e dei racconti brevi della rubrica letteraria di UnderTrenta “Con una penna in mano”, nata per valorizzare giovani autori emergenti. Il volume è in vendita a Trento nelle librerie Mondadori, Ubik, Il Papiro e Àncora, si può acquistare sulle principali piattaforme online oppure scrivendo a info@ idesia.it.

Alle pagine 27 e 28 due testi pubblicati nel libro


attualità

L’uomo che sognava Marte

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hissà cos’avrebbe detto (e scritto) Ray Bradbury delle missioni su Marte. Intervistato da Oriana Fallaci nel romanzo Se il Sole muore, spiega perché, secondo lui, l’uomo parte alla volta della Luna, come di qualsiasi altra missione spaziale. «Per la stessa ragione che ci fa mettere al mondo i figli. Perché abbiamo paura della morte, del buio, e vogliamo vedere la nostra immagine ripetuta e immortale», le spiega, aggiungendo che «la Terra può morire, può esplodere, il Sole può spengersi, si spengerà. E se il Sole muore, se la Terra muore, se la nostra razza muore con la Terra e col Sole, allora ciò che abbiamo fatto fino a quel momento muore. […] Prepariamoci a scappare, scappiamo per continuare la vita su altri pianeti, per ricostruire su altri pianeti le nostre città: non saremo a lungo terrestri». Nel 1950, tre anni prima di scrivere il suo romanzo più famoso, Fahrenheit 451, Bradbury termina la stesura di Cronache marziane, in cui immagina la colonizzazione di Marte a opera dell’uomo tra il 1999 e il 2026. Bradbury scrive libri che i critici definiscono “fantascientifici”, ma rivendica il diritto di poter parlare di tutto nelle sue opere: anche di attualità. La science fiction, secondo lo scrittore, offre la possibilità di «attaccare fascisti, comunisti, razzisti o altro ancora», assieme all’innegabile vantaggio di celare l’attacco. Per questo Cronache marziane è molto più che un semplice libro di fantascienza: è una

Nel 1950, tre anni prima di scrivere il suo più famoso romanzo, «Fahrenheit 451», Ray Bradbury termina la stesura di «Cronache marziane», in cui immagina la colonizzazione del pianeta a opera dell’uomo tra il 1999 e il 2026 lettura critica, proiettata nel futuro e su un altro pianeta, di ciò che l’uomo ha fatto sulla Terra, e in particolare in America, attraverso la colonizzazione. Così, mentre i personaggi creati da Bradbury vanno su Marte per scappare da un’imminente guerra nucleare e dal clima d’ingiustizia che aleggia su tutto il pianeta, quello che essi desiderano riproporre su Marte è in realtà lo stesso schema che hanno adottato sulla Terra: vogliono distruggere la società marziana e costruire sulle basi di questa distruzione la propria civiltà. Allo stesso tempo, però, Marte sembra essere veramente quell’occasione di «continuare la vita su altri pianeti» che Bradbury spiegava alla Fallaci. Molti personaggi di Cronache marziane incontrano su Marte dei parenti morti, che hanno trovato proprio sul pia-

neta rosso la possibilità di vivere una seconda vita. «È un mondo su cui ci è stata offerta una seconda occasione di vivere. Nessuno ci ha spiegato il perché. È vero che nemmeno ci è mai stato detto perché fossimo sulla Terra, del resto. L’altra Terra, intendo. Quella da cui voi venite. Chi ci dice che non ce ne sia stata un’altra ancora prima di quella?», dice la nonna di un astronauta che ha trovato casa su Marte dopo essere morta. Bradbury sottolinea spesso, più o meno velatamente, la “seconda occasione” che Marte rappresenta per l’uomo. D’altronde, il clima in cui viveva era quello della Guerra Fredda, dove la minaccia di una guerra nucleare era avanzata dalle due potenze globali quasi quotidianamente, e in cui, sull’immaginario “fronte statunitense”, si respirava un clima di censura verso tutto ciò che fosse anche solo vagamente additabile come “comunista”. Già in Cronache marziane si respira il clima che sarà poi onnipresente in Fahrenheit 451, dove un manipolo d’innamorati dei libri tenta di salvare i volumi dati alle fiamme dai pompieri e, soprattutto, da una società che punisce sempre più il libero pensiero e lo spirito critico. Bradbury era l’uomo che sognava Marte come si sogna la possibilità di costruire una società migliore. Ed era lì che, come dichiarò qualche anno prima della sua morte, avvenuta nel 2012, avrebbe voluto farsi seppellire. Marianna Malpaga

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Bruce Springsteen e la scintilla che mi ha cambiato la vita

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You can’t start a fire without a spark. Non potete accendere un fuoco senza una scintilla. Oltre che un dato di fatto, è anche una chiave di lettura della vita intera: non si può aspettare che le cose accadano da sé. Bisogna rimboccarsi le maniche, concentrarsi su un sogno e lavorare per realizzarlo. È proprio così che Bruce Springsteen, il Boss del New Jersey, ha preso una chitarra e ha imparato a farla parlare. Il mio amore (adorazione? Devozione? Tutte e tre le cose?) per Springsteen nasce nel lontano e fortunato 2009, allo Stadio Olimpico di Torino. Avevo dieci anni. Al mio posto ci sarebbe dovuta essere mia madre che, insieme a mio padre, è ragionevolmente una springsteeniana forsennata. Tuttavia, quel 21 Luglio 2009, mentre me ne stavo seduta sul divano a pensare ai Jonas Brothers o a qualche altra meteora artistica in voga allora, i miei genitori confabulavano sul mio destino. Sapevano bene

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Mi ricorderò sempre il brivido che provai quando Bruce, seguito dalla E Street Band, salì sul palco. Lo stadio intero saltò in piedi esultando a squarciagola, e io – che non avevo mai provato un’esperienza del genere nei miei modesti dieci anni di vita – ne rimasi travolta che un concerto del genere non mi avrebbe lasciata indifferente, e che sarebbe stato la scintilla di un fuoco che non mi avrebbe abbandonata mai. Ecco quindi

che mia madre rinuncia al suo biglietto e riesce a convincermi (sì, ha dovuto convincermi) ad andare al concerto. In men che non si dica, sono seduta all’Olimpico di Torino, convinta di essere lì solo per abbassare un po’ l’età media dei presenti. Mi ricorderò sempre il brivido che provai quando Bruce, seguito dalla E Street Band, salì sul palco. Lo stadio intero saltò in piedi esultando a squarciagola, e io – che non avevo mai provato un’esperienza del genere nei miei modesti dieci anni di vita – ne rimasi travolta. Da quel momento in poi, fu come stare sulle montagne russe, con il vuoto perenne della discesa nello stomaco. All’epoca, Springsteen aveva esattamente cinquant’anni più di me. Non che lo vedessi come un vecchietto, ma quasi. Di sicuro non mi sarei mai aspettata di entrare tanto in simbiosi con una persona così apparentemente distante da me. Fece, come suo solito, quat-

tro ore di concerto. Quattro ore di salti, di corse, di energia pura. La complicità che aveva con i membri della band mi lasciava senza fiato: mi innamorai subito di quel microcosmo di amicizia e di talento, così lontano dall’inconsistenza dei prodotti dell’industria musicale. Capii velocemente che cosa era davvero la Musica, e non potevo lasciarmela scappare: guarda caso, non molto tempo dopo cominciavano le mie prime lezioni di batteria. La Musica non mi ha mai più abbandonata. Insomma, Bruce Springsteen e il buon senso dei miei genitori mi hanno cambiato la vita. Ma questa è una consapevolezza che aveva già quella bambina di dieci anni, uscita dallo stadio con gli occhi lucidi, stringendo tra le mani la maglietta del “Working on a Dream Tour”. Taglia S, ovviamente. Lucia Mora


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Da località Le Sole verso Monte Cengledino (Giudicarie) - Foto Mario Nardelli


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