Mensile dell'Associazione Trentini nel Mondo del mese di giugno 2020

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MENSILE DELL’ASSOCIAZIONE TRENTINI NEL MONDO onlus ADERENTE ALLA F.U.S.I.E

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Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Trento - Taxe Percue

anno 63°

Francesco Bocchetti, direttore della Trentini nel mondo, durante la diretta da Fai della Paganella per il secondo appuntamento con «Dal Trentino con affetto» (alle pagine 2-3).


comunicazioni Convocazione Assemblea Ordinaria e Straordinaria Associazione Trentini nel mondo o.n.l.u.s. Caro socio, a norma degli artt.7-8-9-10-11 dello Statuto è convocata l’Assemblea Ordinaria e Straordinaria dell’Associazione Trentini nel mondo o.n.l.u.s. La prima convocazione è prevista per il giorno giovedì 8 ottobre ad ore 23.30, la seconda convocazione sarà: VENERDÌ 9 OTTOBRE alle ore 17.30 presso la SALA POLIVALENTE DELLA CIRCOSCRIZIONE DI COGNOLA in via CARLO E VALERIA JULG, 9 a Cognola di Trento In considerazione delle particolari circostanze e dell’importanza dell’Assemblea, l’evento sarà trasmesso in videoconferenza. I soci che desiderano collegarsi in questa modalità devono richiedere le credenziali di accesso inviando una email all’indirizzo info@trentininelmondo.it entro le ore 12.00 del giorno 7 ottobre 2020.

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I soci potranno visionare la bozza del nuovo statuto all’indirizzo web www.trentininelmondo.it/component/content/article/807-nuovo-statuto.html a partire dal giorno 26 settembre 2020. Ordine del giorno: 1. Lettura e approvazione del verbale seduta precedente; 2. Approvazione nuovo Statuto dell’Associazione; 3. Relazione del Presidente; 4. Bilancio consuntivo 2019: relazione al bilancio, relazione dei revisori dei conti, approvazione; 5. Varie ed eventuali Si ricorda che possono partecipare all’Assemblea solamente i soci in regola con il pagamento della quota sociale 2020. Chi non avesse ancora provveduto al versamento della quota annuale di Euro 30,00 potrà regolarizzare la propria posizione prima dell’inizio dell’adunanza. Chi desidera rinnovare la quota sociale per il 2020 (pari a Euro 30,00) può fare il versamento, sui seguenti conti correnti intestati all’ASSOCIAZIONE TRENTINI NEL MONDO o.n.l.u.s. 1. c/c postale – Banco Posta, EU IBAN IT 86 U 07601 01800 000012509386 2. c/c bancario - Unicredit sede di Trento di Via G. Galilei, EU IBAN IT 79 P 02008 01820 000005582456 3. c/c bancario – Cassa di Trento sede di via Belenzani , EU IBAN IT 63 F 08304 01807 00000 7772791

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editoriale IN QUESTO NUMERO Pagina 2-3 LA «CARTOLINA» DA FAI DELLA PAGANELLA Pagina 4 AGENDA Pagine 5-10 ATTUALITÀ Pagina 11 60 ANNI D’EUROPA Pagine 12-13 L’INTERVISTA Pagine 14-15 A TU PER TU CON IL SOCIO: LUCIA LARENTIS FLAIM Pagine 16-23 GENTE E FATTI Pagine 24-27 CIRCOLI Pagina 28 DAL TRENTINO

ASSOCIAZIONE TRENTINI NEL MONDO O.n.l.u.s.

Presidente Direttore Alberto Tafner Francesco Bocchetti TRENTINI NEL MONDO Mensile dell’Associazione Trentini nel Mondo aderente alla F.U.S.I.E

Direzione, amministrazione e redazione Via Malfatti, 21 - 38122 TRENTO Tel. 0461/234379 - Fax 0461/230840 sito: www.trentininelmondo.it e-mail:info@trentininelmondo.it Direttore responsabile Maurizio Tomasi Comitato editoriale G. Bacca, C. Barbacovi, B. Cesconi, C. Ciola, M. Dallapè, A. Degaudenz, M. Fia, B. Fronza, L. Imperadori, H. La Nave, E. Lenzi, E. Lorenzini, A. Maistri, G. Michelon, P. P. Mini, F. Pisoni, P. Rizzolli, V. Rodaro, P. Rossi, M. Setti, P. Svaldi, A. Tafner, R. Tommasi, V. Triches, G. Zorzi Hanno collaborato: R. Barchiesi - S. Corradini - G. Degasperi F. Bocchetti - M. Grazzi Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 62 - 6 febbraio 1958 STAMPA: Grafiche Dalpiaz srl Ravina di Trento (TN) Per ricevere il giornale: Dal 2020 il giornale dell’Associazione cambia il rapporto con i propri lettori: non più solo abbonati ma soci della Trentini nel mondo. A pagina 29 il modulo per la richiesta di adesione in qualità di socio. N. 6 - 2020 / Stampato il 25 AGOSTO 2020 Le affermazioni e le opinioni espresse negli articoli firmati rispecchiano le posizioni degli autori.

IL 9 AGOSTO A SEGNO È STATO CELEBRATO IL 375° ANNIVERSARIO DELLA SUA NASCITA

Padre Kino, figura imponente esempio di pace e fratellanza

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i trentini nel mondo ce ne sono a centinaia di migliaia e la gran parte di essi hanno portato in alto il nome del Trentino, la sua cultura ed i suoi principi. Di trentini nel mondo che hanno lasciato un segno nella storia ce ne sono a migliaia e molti di questi vengono ricordati ancora oggi come esempi di scienza e conoscenza. Tra tutti questi emergono poi delle eccellenze riconosciute a livello universale che hanno determinato la crescita e lo sviluppo di intere generazioni, oltre che di Stati diventati nel tempo leader mondiali nel campo delle scienze e della cultura. Uno per tutti: Eusebio Chini. «Assistiamo a livello storico alla tristissima operazione di chi vuole portare l’altro sul suo orizzonte, costringendolo nel proprio pensiero per schierarlo di qua o di là. La forza della libertà non è uno stratagemma per conquistare o sedurre l’altro in modo da portarlo sul terreno del proprio pensiero e della propria vita, al contrario è estrema debolezza». Le parole dell’Arcivescovo di Trento Lauro Tisi si elevano chiare e forti sulla piazza di Segno - Comune di Predaia - Val di Non - Trentino. L’occasione è di quelle importanti: ad un mese dalla promulgazione del Decreto della Congregazione delle Cause dei Santi, delle Virtù Eroiche di Eusebio Chini, al secolo Padre Kino, suggellata da Papa Francesco. Domenica 9 agosto - Eusebio nacque a Segno il 10 agosto 1645 - alla presenza di autorità religiose e civili trentine, messicane e statunitensi, si svolge una cerimonia di carattere storico. Sulla strada della beatificazione, iniziata una cinquantina di anni fa,

La «vision» della Trentini nel mondo prende spunto anche dai valori che hanno ispirato il suo operato, a cominciare dalla solidarietà la S. Messa è un atto appropriato a coinvolgere circa venti milioni di persone in collegamento televisivo satellitare. Dai vari interventi emerge la figura di Padre Eusebio Francisco Kino in tutta la sua imponenza. Missionario, storico e geografo, abile diplomatico, sociologo ante litteram, dal carattere cosmopolita. Nei territori messicani e statunitensi - che ora sono Sonora, California e Arizona – Padre Kino opera su tutti i fronti. Sarà agronomo insegnando agli indigeni nuove colture e allevamenti di animali, costruttore di chiese e villaggi, geografo in una visione anche di scambi commerciali a oriente e occidente. Organizzò missioni comunitarie cristiane in maniera cooperativa, per favorire lo sviluppo sociale autonomo e rispettoso delle popolazioni autoctone. Avendo solo una coperta, un cavallo e una sella, percorre migliaia di chilometri con il coraggio e la determinazione di colui che possiede una fede enorme al servizio degli altri. Non è quindi solo esempio di vita spirituale, ma anche portatore di armonia in processi di vita ora difficilmente immaginabili.

Una sua statua è nel Famedio di Washington, unico italiano tra i grandi, fondatori degli USA. Kino è un trentino nel mondo. così come Cassiano Conzatti, illustre pedagogo e botanico di origini trentine che visse in Messico: a questi due illustri trentini nel 2017 è stato dedicato un seminario organizzato con Silvia Zueck, docente presso l’Istituto di geografia alla Unam di Città del Messico, pure lei di origine nonesa e socia della nostra Associazione. Tra Kino e Conzatti intercorrono quasi trecento anni di storia trentino-messicana, che rappresentano, per riprendere le parole di Alberto Chini, presidente dell’«Associazione Padre Kino», un ponte culturale. SIa Kino che Conzatti hanno fatto delle loro vite una missione di pace e fratellanza, i cui segni positivi sono ancora presenti . La «vision» della Trentini nel mondo che guida l’attività dell’Associazione, prende spunto anche dai principi che hanno ispirato il loro operato, perché rispetto per il prossimo, impegno per la diffusione della cultura e solidarietà, sono valori sempre di attualità. Armando Maistri

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Apprezzata anche la «cartol

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ttimo riscontro anche per il secondo appuntamento con «Dal Trentino con affetto», andato in scena domenica 9 agosto da Fai della Paganella, dopo quello dal Doss Trento del 25 luglio (del quale abbiamo riferito nel precedente numero del giornale). La cartolina virtuale spedita via web dalla Trentini nel Mondo è giunta anche questa volta a destinazione, con più di 50 persone collegate da Brasile, Argentina, Uruguay, Paraguay, Messico e Belgio. Sono stati quattro i punti scelti come “base” dei racconti dallo staff della Trentini nel Mondo, interamente coinvolto nell’iniziativa. Inevitabile scegliere un punto panoramico, trovandosi sulle pendici della montagna che domina la Valle dell’Adige e definita per questo «il balcone del Trentino». Così il direttore Francesco Bocchetti ha incontrato il suo ospite Rosario Fichera al Belvedere Legenda dell’orizzonte: «siamo in località Ori, che in dialetto faiotto vuole dire Orli, inteso proprio come precipizio, perchè Fai si trova a precipizio sulla valle sottostante. Oltre alla Valle dell’Adige, ovviamente ciò che caratterizza Fai è l’appartenenza alla

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Poi colpito da un fulmine venne danneggiato e ricostruito con questa sommità a terrazza di torre. Particolare anche il tetto della Chiesa in scandole, assicelle in le-

Paganella, considerata la porta d’accesso alle Dolomiti di Brenta, patrimonio UNESCO». In centro, all’ombra dell’insolito campanile, che si discosta dalle tradizionali costruzioni di montagna, Maurizio Tomasi ha intervistato Cinzia Perlot, appassionata ed esperta della storia di Fai, che ha illustrato le caratteristiche storiche del paese e della Chiesa di San Nicolò: «sono due le particolarità. Una è il campanile che inizialmente terminava a cuspide, con una piramide in pietra.

gno di larice, tipiche del tirolo.” Ma perché si chiama Fai? “il nome del paese deriva da quello di un albero, il faggio”. Lasciata la Chiesa, di forte interesse storico è anche la


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olina» da Fai della Paganella fontana, costruita nel 1783 in pietra rossa di Fai e per tante epoche punto di ritrovo delle donne del paese che qui lavavano i panni e si incontravano. E qui, oltre alla storia l’occasione è stata ideale anche per l’attesa pausa ristoratrice proposta da Sabina Corradini che ha presentato questa volta la «torta gradela», la crostata di frutta. La regia dei collegamenti, affidata a Rosanna Barchiesi ha trovato posto all’«Arena delle Stelle», incantevole ed ombreggiato anfiteatro naturale al margine del paese, dove Gianni Mottes, abitante di Fai e conoscitore della sua storia e tradizioni, ha risposto alle domande e curiosità poste dai partecipanti. L’interesse

La «squadra» che ha realizzato la diretta da Fai della Paganella (da sinistra): Maurizio Tomasi, Gianni Mottes, Rosanna Barchiesi, Sabina Corradini, Francesco Bocchetti, Thomas Capone, Matteo Bazzocco, Michela Grazzi.

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è andato subito verso le attività sportive che la zona offre: «A Fai e sulla Paganella in generale si può sciare, è un comprensorio moderno, aperto normalmente da dicembre a Pasqua. Da Trento

Fai è raggiungibile in poco più di mezz’ora con i mezzi pubblici». Uno sguardo doveroso è andato sul vicino lago di Molveno: «bello e curato, con una spiaggia accogliente e più volte insignito delle

“Vele azzurre”, simbolo di pulizia delle acque» . Michela Grazzi

Alla sera è stato proiettato «’Ndovat?» La «cartolina» della Trentini nel mondo da Fai della Paganella ha avuto anche un’appendice serale: alle 21.00, presso l’«Arena delle stelle» è stato proiettato il documentario «’Ndovat? Generazione in mobilità», prodotto dalla Trentini nel mondo in collaborazione con l’Ufficio Emigrazione della Provincia Autonoma di Trento, per meglio conoscere il fenomeno della nuova emigrazione direttamente dalle esperienze di chi l’ha vissuta. La proiezione è stata organizzata in collaborazione con il Consorzio Fai Vacanze.

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agenda IL LIBRO È STATO SCRITTO DA ANNE MARIE CASAL LEVEQUE, NATA IN FRANCIA

«I figli del Tirolo», pubblicata la traduzione in italiano

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ascio in eredità questa ricerca ai discendenti della famiglia e in particolare ai miei figli, nipoti, ai miei pronipoti affinché conoscano meglio i loro antenati e il quadro geografico, storico ed economico in cui si sono evoluti coloro che li hanno preceduti. Così scrive Anne Marie Casal-Leveque nella prefazione al suo libro «I figli del Tirolo. Vite singolari. Capriana». Prosegue poi augurandosi «che attraverso questo libro scoprano la bellezza delle Dolomiti, il passato di Capriana e della Valle di Fiemme, ricca di arte e di storia, che siano orgogliosi delle loro radici transalpine e che mantengano e trasmettano i legami con il paese delle nostre origini». Venerdì 14 agosto (foto qui sopra) Anne Marie, accompagnata dal cugino Marco Lazzeri, ha fatto visita alla sede della Tentini nel mondo, per consegnare al direttore dell’Associazione, Francesco Bocchetti, una copia del suo libro finalmente disponibile anche in lingua italiana. Sarebbe però più corretto dire che Anne Marie è tornata alla

Trentini nel mondo. La sua prima visita risale infatti al 24 luglio del 2019, quando aveva portato una copia in francese del libro, frutto di due anni di ricerche. In quella occasione Bocchetti l’aveva sollecitata a pensare anche ad una versione italiana, che adesso è diventata realtà, con grande soddisfazione dell’autrice, Anne Marie Casal-Lèvèque è un ex insegnante di storia e geografia. Era il 1930 quando suo padre Mansueto partiva da Capriana nella valle di Fiemme in cerca di lavoro, per stabilirsi a Chalons en Champagne, capoluogo del dipar-

timento della Marna, nella regione Grand Est della Francia. Nel 1934 lo raggiungeva la moglie Giulia Lazzeri, per tutti divenuta Julie, e l’anno successivo veniva alla luce Anne Marie. Le oltre duecento pagine del libro ripercorrono la storia delle famiglie Casal e Lazzeri risalendo fino al ’700 e raccontano gli anni trascorsi tra la Francia e l’Italia. Ci sono anche la descrizione di Capriana e le vicende storiche di un Trentino che Anne Marie Casal non ha mai smesso di considerare come suo. «Anche se mi percepisco come

francese ho sempre sentito nel profondo di me stessa una voce proveniente dal paese delle Dolomiti, dal dolce nome di Capriana, che mi ha portato a me stessa come diversa, ma anche forte di questa differenza: oggi ho la fortuna di avere dentro di me la ricchezza di due culture», si legge nella prefazione del libro. Come è stato riportato nell’articolo dedicato alla sua prima visita, Anne Marie aveva un desiderio: «Vorrei che questo testo fosse accessibile a quante piú persone possibile, perché oltre a riportare tantissime fotografie e informazioni sul Trentino e sulla realtà dell’emigrazione, contiene numerosi aneddoti familiari che lo trasformano quasi in un romanzo a cui tutti, non solamente i discendenti delle famiglie Casal e Lazzeri, potranno appassionarsi».

Fiocco rosa alla Trentini nel mondo: benvenuta a Febe, figlia di Ilaria «Ciao colleghi! Finalmente abbiamo la foto di famiglia per il giornale :-) (dove lei non è mossa!)»: questo il simpatico testo della mail con la quale Ilaria Turco ha inviato alla redazione la foto pubblicata qui a fianco, che la ritrae insieme al marito Alessandro Battisti e alla loro figlia, Febe, nata alle ore 19 del 13 maggio 2020. Alla nascita pesava 3,6 kg e misurava 51 cm di lunghezza. Febe è un nome femminile di origine greca (Ilaria ha una laurea in lettere con indirizzo archeologico). Deriva infatti dalla pa-

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rola «phoibe» che è poi stata latinizzata in «phoebe» e significa «brillante, luminoso». Nella mitologia greca, tante sono le figure con questo nome, tra le quali compare anche la titanide Febe, che era associata alla luna. L’onomastico viene festeggiato in data 3 settembre in onore a santa Febe di Corinto. Le persone che portano questo nome sono di ampie vedute, curiose e determinate; il loro miglior pregio è la sincerità, a cui non rinunciano mai, a costo anche di risultare antipatiche.


attualità IL MESSAGGIO DEL CAPO DELLO STATO IN OCCASIONE DELLA GIORNATA DEL SACRIFICIO DEL LAVORO ITALIANO NEL MONDO

Mattarella: «Rinnovo la vicinanza della Repubblica ai familiari di quanti hanno perso la vita sul luogo di lavoro»

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abato 8 agosto, 64° anniversario della tragedia di Marcinelle, e dal 2001 «Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo», il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato il seguente messaggio: «Nel giorno che sessantaquattro anni fa a Marcinelle vide scomparire 262 minatori, tra cui 136 italiani, facciamo memoria del sacrificio sul lavoro di tanti nostri connazionali emigrati. La giornata a loro dedicata acquista un altissimo valore: innumerevoli cittadini italiani – in circostanze spesso eccezionalmente complesse e rischiose – hanno dato prova di abnegazione e di impegno nell’adempimento dei propri compiti profes-

sionali, in Patria e all’estero. Se avvertiamo con particolare intensità il ricordo di quanto accadde al Bois du Cazier è anche perché negli ultimi mesi l’emergenza sanitaria ci ha rafforzato la comprensione delle espres-

sioni “sacrificio” e “sicurezza sul lavoro”. La ricerca di un futuro migliore è il messaggio che la tragedia di Marcinelle incarna. Una ricerca che non può prescindere dalla piena realizzazio-

ne del diritto al lavoro in ogni sua sfaccettatura: dalle possibilità di studio e di formazione alle pari opportunità; dalla salvaguardia della salute all’accesso ad ammortizzatori sociali sempre più efficaci, al livello nazionale ed europeo. Rinnovo dunque la più sentita vicinanza della Repubblica ai familiari di quanti hanno perso la vita sul luogo di lavoro. Accanto ai minatori scomparsi 64 anni orsono, mi si consenta di dedicare un pensiero particolare ai moltissimi operatori sanitari deceduti negli ultimi mesi mentre prestavano cure mediche e assistenza ai contagiati dal Covid-19. Oggi, come allora, il sacrificio di questi lavoratori merita il profondo rispetto dell’Italia intera».

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attualità ADRIAN YORIS, ARGENTINO DI ORIGINI TRENTINE, ERA A BEIRUT IL 4 AGOSTO, GIORNO DELLa tremenda ESPLOSIONE

Una nube rossa ha oscurato il cielo e la notte è calata all’improvviso dai e i z i t o n e L atori in d r o o C i r t s no li dei Circo

Cari amici Trentini e lettori del giornale, come uno dei coordinatori dei Circoli dell’Associazione Trentini nel Mondo in Argentina ho segnalato alla redazione della rivista dell’Associazione che sul sito argentino di notizie «Infobae.COM» era apparso un articolo intitolato «Una nuvola rossa oscurò il cielo e la notte calò all’improvviso», firmato da Adrián Yoris, un argentino di Malabrigo, nel quale raccontava la

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’insignificanza della nostra esistenza è un fatto che troviamo difficile da accettare, finché qualcosa di più potente non te lo mostra in un attimo. Martedì 4 agosto sembrava un giorno normale nella nostra vita. Venivamo da quattro giorni di reclusione perchè le infezioni da Covid-19 erano aumentate nelle

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ultime settimane. Erano le sei del pomeriggio a Beirut, stavo tornando in fretta dalla palestra perché avevo un incontro con i colleghi argentini alle 13 ore di quel paese (19 in Libano). Ho preso l’ascensore del palazzo dove abito, per salire al sesto piano dove si trova il mio appartamento. Quando le porte

sua esperienza di testimone dell’esplosione che il 4 agosto ha distrutto il porto di Beirut, danneggiato la città e provocato decine di vittime. Adrián, 35 anni, discendente di Giuseppe Ioris emigrato da Flavon alla fine

del 1800, vive nella capitale del Libano, dove frequenta un postdottorato in neuroscienze. Abbiamo così deciso di contattarlo, per chiedere la sua disponibilità a scrivere un pezzo anche per «Trentini nel mondo»: la richiesta è stata accolta e quello pubblicato su queste due pagine è il testo che ci ha inviato, scritto «con il cuore spezzato». Sue sono anche le foto. Oscar Menapace

cominciarono ad aprirsi, una raffica di polvere ci invase, e subito le porte si richiusero automaticamente. Sapevo di essere in pericolo, ma non capivo perché. Dopo pochi minuti di reclusione, la macchina ha ripreso a funzionare e ci ha lasciati al decimo piano, dove un gruppo di donne e bambini spaventati aspettava di salire. Ho gridato loro di scendere le scale e lo abbiamo fatto. Quando eravamo al sicuro nel giardino dell’edificio, abbiamo visto una nuvola rossa oscurare il

cielo. La notte è calata all’improvviso. Sembrava un film sui disastri naturali o sulla guerra. Ho deciso di prendere i miei documenti, dei soldi e di uscire. Ho pensato di chiamare la mia famiglia per far sapere a loro in prima persona che stavo bene. L’edificio in cui abito era quasi intatto, ma quello di fronte era senza vetri alle finestre. Altre torri moderne vicine sono state parzialmente distrutte. Abbiamo visto persone ferite che passavano, in moto, in macchina, come potevano. Eravamo a


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Adrián Yoris a Beirut

più di due chilometri dall’epicentro dell’esplosione e sapevamo che lì doveva andare tutto molto peggio. Il giorno dopo l’esplosione mi sono alzato determinato a documentare le conseguenze e mi sono recato nella zona più colpita. Ho portato con me la mia macchina fotografica. Mentre mi avvicinavo all’epicentro dell’esplosione, si cominciavano a vedere più prove del disastro. Non c’erano più feriti nelle strade come il giorno prima: rimanevano solo il silenzio e la testimonianza della catastrofe negli edifici. Ad ogni passo sono stato accompagnato dal rumore dei vetri infranti sulla strada e dal lavoro del personale di pulizia incaricato di rimuovere

L’insignificanza della nostra esistenza è un fatto che troviamo difficile da accettare, finché qualcosa di più potente non ce lo mostra in un attimo: è questo il pensiero di Adrian Yoris dopo quello che è successo nella capitale libanese le strutture fragili. Ho camminato per le zone turistiche e mi è sembrato il giorno dopo un grande tornado o una catastrofe meteorologica. Alberi caduti, finestre rotte, porte di garage piegate, muri crollati. C’era qualche curioso che come me scattava foto. Mentre camminavo pensavo «che altro può succedere a questo paese quest’anno?» Una crisi economica senza precedenti, inflazione, salari congelati,

dollaro alle stelle, coronavirus e ora questo. Per noi argentini non sembra poi così strano... abbiamo un master in instabilità dei cambi, ma per qualsiasi altro cittadino del mondo può sembrare impossibile far fronte a tutte queste cose insieme. Sebbene la salute sia prevalentemente privata in questo paese, il governo ha decretato che tutti gli ospedali si occupino delle vittime a spese dello Stato.

I libanesi sono amichevoli, allegri, non hanno paura delle crisi. Il loro umore è molto positivo. Vivono una filosofia nichilista che può essere riassunta in poche parole: la guerra ha insegnato loro che non c’è domani, conta solo l’oggi e che tutto può coesistere allo stesso tempo, un matrimonio in montagna e un attacco nel centro di Beirut. Così vivono giorno e notte. Sicuramente tra pochi mesi lascerò il Libano, ma nonostante tutto so che tornerò, per vedere amici, per godermi i suoi paesaggi e la sua gastronomia, e soprattutto per provare a vivere il presente, perché dopo quello che è successo adesso mi è chiaro quanto siamo insignificanti. Adrian Yoris

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rentino Marketing assieme al Dipartimento Agricoltura e Foreste e all’Agenzia Provinciale per le Foreste Demaniali ha avviato il progetto Trentino Tree Agreement. Nato a seguito della tempesta Vaia dell’ottobre 2018, vuole essere una proposta di sensibilizzazione e comunicazione ambientale, per valorizzare il grande patrimonio forestale del Trentino e favorire una maggiore cultura del bosco, del legno e più in generale della natura alpina. Lo scopo è quello di coinvolgere ogni singolo cittadino, in modo che possa diventare promotore e facilitatore di idee e comportamenti virtuosi volti alla sostenibilità ambientale, impegnandoci tutti insieme a ripristinare questo prezioso patrimonio comune, messo duramente alla prova dalla tempesta di 2 anni fa. Durante la notte del 29 ottobre 2018 4 milioni di metri cubi di alberi in Trentino sono andati distrutti a causa di un’anomala ondata di maltempo. Un’esperienza difficile per il nostro territorio il cui patrimonio boschivo e forestale è parte integrante della storia e della gente vi abita. Sia l’economia che la cultura del Trentino sono infatti fondate su esperienze e attività legate agli alberi, al bosco, alle foreste e alla loro gestione. Ricostruire è dunque necessario ed urgente. Con la consapevolezza che la natura è beneficio e

Con «Trentino Tree Agreement» ognuno può dare il proprio contributo per far rinascere il bosco trentino

patrimonio di tutti. Nasce così la piattaforma www. trentinotreeagreement.it che ripercorre quanto successo nel 2018, fa il punto su quanto fatto fino ad ora per ripristinare le foreste trentine e chiama alla partecipazione i trentini: con una

donazione si può contribuire alla crescita di uno o più alberi che saranno piantati all’interno delle foreste demaniali nelle aree identificate per il progetto. In questo primo momento del progetto gli interventi si concentreranno su tre zone: la Foresta dei Violini di

Paneveggio, la Foresta dell’Eremo a San Martino di Castrozza e la Foresta Nascosta di Cadino. In base all’entità della donazione sono previsti diversi gradi di “restituzione” o “ricompensa”, compresa la possibilità di una targa con il proprio nome o di eventuali familiari all’ingresso del bosco che si è contribuito a ricostruire. Sono quattro i diversi livelli di donazione: 10 euro, 50 euro, 150 euro o un importo libero superiore, secondo le possibilità di ognuno. Si diventa così Amico, Sostenitore, Ambasciatore o Custode del patto con il bosco che verrà. Il ripristino dei boschi è iniziato con lo sgombero degli schianti, la messa in sicurezza delle aree identificate e con le attività di coltivazione e piantumazione degli alberi distrutti. Il monitoraggio delle attività di ripristino viene condiviso con tutti i sostenitori di Trentino Tree Agreement grazie a delle webcam posizionate all’interno delle aree identificate. La prima è stata attivata nella foresta di Paneveggio, lungo la forestale che sale a Malga Bocche, e trasmette in tempo reale le immagini della foresta ferita dove sono state completate la pulizia e la preparazione del terreno che poi accoglierà le nuove piante messe a dimora. Una pagina che diventa un riflettore sempre puntato sul progetto Trentino Tree Agreement, accessibile a tutti i sostenitori e

Perché la tempesta si chiamava «Vaia»? In molti si sono interrogati sull’origine del nome che ha identificato il feroce maltempo che si è abbattuto in ottobre 2018 sul Trentino e nei dintorni. E a lungo nemmeno il più potente motore di ricerca ha saputo saziare la curiosità degli internauti, vista l’incredibile quantità di contenuti prodotti, fra curiose e fantasiose interpretazioni. La soluzione a questo arcano è decisamente meno creativa di molte fra quelle che si sono viste circolare, di certo non scontata, e in qualche modo tragicamente ironica: il battesimo di

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“Vaia” è un regalo. Diversamente dalla nomenclatura delle tempeste tropicali atlantiche statunitensi, che viene decisa dall’Organizzazione meteorologica mondiale -WMO- secondo elenchi in

ordine alfabetico e di numero finito per ogni lettera, in Europa, per convenzione e pratica consolidata, i fenomeni ciclonici e anticiclonici vengono nominati dall’Istituto di Meteorologia della Libera Università di Berlino, seguen-


attualità Obiettivo dell’iniziativa è valorizzare il grande patrimonio forestale del Trentino e favorire una maggiore cultura del bosco, del legno e più in generale della natura alpina

che grazie alle immagini trasmesse permetterà di osservare come un bosco di montagna muta ed evolve nel corso delle stagioni. Un aggiornamento periodico sulle attività del progetto e sui

progressi dei lavori viene inoltre inviato a tutti i sostenitori del progetto, arricchito da altri contributi dedicati patrimonio naturalistico e paesaggistico del Trentino, con l’obbiettivo di sostenere

e diffondere cultura ambientale e buone pratiche. I progetti di valorizzazione e fruizione delle aree coinvolte prevedono l’organizzazione di escursioni guidate, per dare la possibilità a chi ha firmato come Sostenitore, Ambasciatore e Custode di cogliere e capire la natura del fenomeno da vicino e rendersi testimone della rinascita di questi boschi. Ambasciatori e Custodi del progetto, potranno simbolicamente firmare il proprio patto col bosco direttamente nel bosco, facendo custodire la memoria della dona-

zione alle ceppaie rimaste a trattenere il terreno e a testimonianza di quanto successo, sulle quali verranno installate delle targhe dedicate. Ma Trentino Tree Agreement non solo vuole contribuire alla ricostruzione dei boschi trentini, vuole diventare promotore di pratiche di sostenibilità ambientale. Non c’è dubbio che ad innescare quell’eccezionale ondata di maltempo del 2018 siano state condizioni climatiche assolutamente insolite, per intensità e stagione. Condizioni che impongono qualche riflessione: quanto l’essere umano, con le sue scelte e le sue azioni, può salvaguardare l’ambiente? E cosa possiamo fare noi? È sempre più evidente che la tutela dell’ambiente dipende dalle scelte che l’uomo compie. Ed è oramai chiaro che si tratta di un impegno importante per noi CONTINUA A PAGINA 10

Tutte le foto da pagina 8 a pagina 10: Archivio Trentino Marketing

do delle liste di nomi in ordine alfabetico. In queste liste sono incluse anche delle richieste di “battesimo”, stipulate con regolare contratto di registrazione, dal 2002, al prezzo di 199 euro + iva. Ad essere precisi, questo prezzo riguarda solo i fenomeni di bassa pressione, mentre, coerentemente, i fenomeni anticiclonici, che hanno di solito natura più tenace e duratura, e rimangono quindi più a lungo visibili sulle mappe, costano esattamente 100 euro in più. Di certo non pensava di fare uno sgarbo il

signore che ha dedicato alla sorella Vaia Jakob, la zona di bassa pressione che poi si è rivelata essere la tempesta distruttiva, responsabile della deforestazione di circa 14 milioni di metri cubi di alberi, di cui 4 solo in Trentino. Infatti, non sarebbe stato possibile prevedere fin da subito l’evoluzione potente dell’area di depressione. Il battesimo di cicloni e anticicloni è un processo serio e normato da alcune regole precise. L’Istituto accoglie solo nomi propri esistenti fra le proposte, non sono ammessi caratteri

speciali all’infuori della dieresi, inclusa nell’alfabeto tedesco (Umlaut) e il genere deve essere esplicito, anche perché in base all’anno nomi maschili e nomi femminili identificano aree di pressione diverse: negli anni pari sono i nomi femminili destinati a identificare le aree di bassa pressione. Oltre a ciò, il battesimo di questi fenomeni, ha un fine ben più nobile e concreto: sostenere la ricerca dell’Istituto che con l’aumento dei costi, ha visto una riduzione dei mezzi finanziari a disposizione.

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tutti: tanto più una comunità ha una tradizione e una storia nella salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio, tanto più è possibile sensibilizzare il cambiamento. Per questo il Trentino, comunità dalla forte tradizione nella salvaguardia e nella tutela dell’ambiente e del paesaggio, vuole farsi promotrice di buone pratiche. Trentino Tree Agreement è la raccolta fondi gestita dalla Provincia autonoma di Trento per ripristinare i boschi, ma la ricostruzione può e deve diventare il propulsore di un cambiamento più ampio e più profondo. Nel 2018 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 2020 “Anno internazionale della salute delle piante” (IYPH). Un riconoscimento fondamentale, che la comunità umana ha voluto offrire a quella vegetale per renderci consapevoli del ruolo cruciale che la sua salute gioca sul nostro benessere. Come? Garantendoci sicurezza alimentare, approvvigionamento delle materie prime e tutti i servizi forniti dai diversi ecosistemi. Per dirla in pochi ma essenziali numeri: a livello globale le piante sono alla base dell’80% del cibo che mangiamo e generano, insieme agli altri organismi fotosintetizzanti, il 98% dell’ossigeno che respiriamo. Ma non è tutto, le foreste contribuiscono alla stabilità climatica del pianeta, hanno creato le condizioni per la nascita e lo sviluppo

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della nostra civiltà. Mantengono l’equilibrio fra milioni di diversi organismi. A fronte di questa consapevolezza, il quadro che ci offre la FAO , Food and Agriculture Organization, è preoccupante: il 40% delle colture alimentari viene distrutto ogni anno da insetti, virus, batteri, funghi e altri organismi che trasmettono malattie ai vegetali o ai loro prodotti, generando un danno economico, ecosistemico e paesaggistico di proporzioni immense. In Trentino, per fortuna, le cose vanno diversamente. Grazie alla lunga tradizione di gestione e tutela dell’ambiente e del paesag-

gio, i boschi ricoprono una superficie di più di 390 mila ettari, pari al 63% del territorio provinciale. I tipi di bosco più rappresentati sono quelli a prevalenza di abete rosso (32%), faggio (14%), larice (13 %) e abete bianco (11%). Essi vengono gestiti secondo i principi della selvicoltura naturalistica, che favorisce la rinnovazione naturale e promuove i boschi misti, la stabilità idrogeologica e l’incremento della massa legnosa, migliorando la qualità ecologica complessiva dei boschi. Trentino Tree Agreement si

muove nel solco di queta tradizione di attenzione e cura edel territorio, mirando a rinnovare il nostro patto con la natura e a comunicare uno stile di vita sostenibile. Il progetto sta crescendo e oltre ai numerosi privati e associazioni che già hanno sotoscritto la loro partecipazione sta registrando attenzione anche da parte di alcune importanti aziende, tra le quali anche un istututo di credito cooperativo brasiliano, la Sicoob Trentocredi, di Nova Trento (Santa Catarina).

www.trentinotreeagreement.it


60 anni d’Europa L’emergenza della pandemia ha fatto ridurre di molto l’attenzione sul fenomeno migratorio

Dov’è oggi l’ Europa dei diritti? L’

Il numero dei morti sfugge alla contabilità ufficiale, La via più pericolosa e mortale per i migranti si conferma quella del Mediterraneo centrale, dalle coste libiche a quelle italiane pagato un prezzo esorbitante agli scafisti, si parla di «naufragi invisibili». Una espressione tragica, cinica che induce a ritenere che su quelle carrette sgangherate non ci fossero persone, ma fantasmi. I dati disponibili, ma largamente incompleti, mostrano che la via più pericolosa e mortale per i migranti si conferma quella del Mediterraneo centrale, dalle coste libiche a quelle italiane; proprio la più blindata grazie alle politiche di chiusura e respingimento messe in atto dal 2017 in poi in seguito al memorandum fra Italia e Libia del febbraio 2017 (governo Gentiloni e ministro degli interni Minniti) e ai due decreti sicurezza, trasformati in legge, di Salvini. Ultimo, in ordine di tempo, il naufragio del 17 agosto al largo della Libia, il peggiore del 2020, che ha causato la morte di 45 persone fra cui molte donne e bambini. La contabilità delle vittime ufficiali accertate nel 2019 è di

1.295 morti, con un tasso di mortalità pari a 1 ogni 9 arrivi. Una percentuale da decimazione. C’è una tragica continuità con l’accordo firmato a La Valletta il 23 settembre 2019 tra Italia, Germania, Francia e Malta che non solo conferma alla Libia il ruolo di gendarme anti immigrazione, ma prevede che intese analoghe vengano stipulate dalla UE anche con Egitto, Tunisia, Algeria e Marocco. Altri muri analoghi a quelli che hanno fatto del Mediterraneo un immenso cimitero. Secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, i morti nel Mediterraneo dal 2014 ad oggi superano le 20.000 unità. Il Mediterraneo non è più il mare nostrum testimone di tante battaglie al tempo dei Romani ma anche custode di quella pietas che è una virtù non individuale, ma sociale perché rappresenta un ideale di uomo inserito entro una fitta trama di rapporti. Oggi, l’Italia e l’Europa non rappresentano questo ideale nonostante esso sia chiaramente sancito nella Costituzione italiana e nel Trattato istitutivo dell’Unione europea. Il Mediterraneo è diventato, grazie all’ignavia europea e alla distratta miopia italiana, un mare monstrum, creatura terrificante, qualcosa di orribile nella tradizione popolare. Due episodi emblematici. 25 maggio 2020: 324 migranti e profughi vengono bloccati in mare al largo della Libia e costretti al rientro forzato

in questo Paese dalla guardia costiera e, dopo una sparatoria con alcuni morti, trasferiti in vari centri di detenzione (ce ne sono almeno trenta dove regna violenza, tortura e, spesso, omicidio). Anche con i soldi del nostro Paese. Il secondo episodio è quello del naufragio del 17 agosto con 45 morti dovuti a omissione di assistenza da parte di quegli Stati che, complice l’Unione europea, fanno finta di non vedere e di non sentire. Dov’è oggi l’Europa dei diritti? Il vescovo di Mazara del Vallo, mons. Mogavero, qualche giorno fa, ha dichiarato «la cosa tragica è che mentre Europa e Italia stanno a guardare, Libia e Malta sembrano trovare tutte le scappatoie per riportare nei campi di detenzione quelli che, pagando, tentano di poter raggiungere le nostre coste per ridare speranza alla loro vita». Il Mediterraneo è diventato il mare del malaffare dove lo jus gentium, il diritto internazionale, la pietas umana non trovano più spazio. Sono sempre le parole del vescovo di Mazara, «quella pietas che avevano i romani, ma che oggi non appartiene più a questa società, perché noi siamo figli indegni di una civiltà giuridica, di una civiltà umana che avrebbe altre prospettive da indicare al nostro tempo, al nostro Paese e all’Europa». Vittorino Rodaro Trento, 24 agosto 2020

© Multimedia Centre European Parliament

emergenza della pandemia del coronavirus ha fatto dimenticare o ridurre di molto l’attenzione su un’altra emergenza, non meno grave per quanto riguarda il destino di tanti esseri umani che fuggono da guerre, persecuzioni, miseria, disperazione. I migranti sono stati accantonati, messi da parte o come sospesi anche nella gran cassa della retorica leghista di cui costituivano l’ingrediente principale. Eppure, il fenomeno migratorio non si è arrestato. Le rotte balcaniche e le tre direttrici del Mediterraneo Turchia-Grecia, LibiaItalia, Marocco-Spagna hanno registrato flussi significativi di persone, molte donne e bambini, provenienti dalle zone più martoriate di Paesi del Medio ed Estremo Oriente e dall’inferno subsahariano e libico. Il numero dei morti sfugge alla contabilità ufficiale, non solo dei Paesi verso i quali erano orientate le speranze di una vita migliore delle persone che perdono la vita per naufragio o per altre cause nella percorrenza di rotte terrestri; sfugge anche alla contabilità di organizzazioni internazionali come l’OIM, l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e l’UNHCR, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Quando diventa difficile (è proprio così?) individuare o localizzare gommoni e barconi in avaria, stracarichi di persone che hanno

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l’intervista HA INIZIATO LA carriera DIPLOMATICA Vent’anni fa. LA SUA NOMINA RISALE AL GIUGNO 2019

Sabrina Dallafior, un anno a Milano come Console generale della Svizzera

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onsole Dallafior, qual è stato il suo percorso? Ho iniziato la mia carriera diplomatica vent’anni fa quando sono entrata nel Dipartimento degli Affari Esteri. Prima di venire a Milano mi sono sempre occupata di diplomazia multilaterale. Ho lavorato alla Missione svizzera presso la Nato a Bruxelles, la Missione svizzera presso l’Unione Europea sempre a Bruxelles, poi alla centrale a Berna ero responsabile per l’OSCE nonché vicedirettrice della divisione responsabile per tanti processi multilaterali nell’ambito dei diritti umani e della politica umanitaria. In ultimo, prima di trasferirmi a Milano come Console generale, ero Ambasciatrice per il Disarmo presso l’Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra. Ho quindi una lunga carriera alle spalle, tenendo anche conto che ho sempre lavorato mentre frequentavo l’università con vari contatti anche all’estero: ho infatti trascorso molto tempo a Mosca studiando la russistica. A quel punto poi ho deciso di intraprendere la carriera diplomatica. Console Dallafior, ho letto che lei ha genitori Italiani.

Nata a Basilea, è figlia di Luciano Dallafior, originario di Baselga di Piné, per anni socio del Circolo trentino della città svizzera, ai tempi della presidenza di Giuliano Morandini

Sono figlia di genitori italiani, emigrati entrambi nel 1960. Mia madre è originaria del Friuli e mio padre del Trentino, però io e le mie due sorelle siamo nate e cresciute a Basilea. Ci riteniamo a tutti gli effetti svizzere e basilesi. Cosa conserva dell’italianità? Secondo mio marito (svizzero tedesco), il temperamento. Devo ammettere che a Milano sto riscoprendo tanti lati nuovi dello spirito italiano. Durante la mia infanzia e adolescenza l’Italia non rappresentava nulla di più che il paese delle vacanze. Ora invece è tutta un’avventura, una vera riscoperta dell’Italia. Non la avverto affatto estranea e culturalmente mi sento vicina. È vero, il tedesco e lo svizzero tedesco sono la mia lingua madre, però il mio italiano conserva l’accento delle origini e dunque anche qui in Lombardia, sorprendentemente, riconoscono la mia provenienza geografica. Quindi c’è questa grande affinità e ne sono felice. Quali sono i valori che regolano il suo operato? Per me è sempre stato importantissimo lo spirito di squadra.

Il progetto «I talenti delle donne» Ci può spiegare il progetto “I talenti delle donne”? Il palinsesto “I talenti delle donne” è un progetto del Comune di Milano lanciato per l’anno 2020. Quando la Città, e più concretamente l’Assessore alla Cultura Filippo del Corno, ci ha invitato a prendere parte a tale progetto mi sono subito entusiasmata perché è un tema che sento molto. Il Consolato generale di Svizzera a Milano, fra l’altro, è diretto da una squadra tutta al femminile: io, la mia vice e la capo cancelleria. E la parità rientra tra le prio-

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rità della politica estera della Svizzera. Diciamo qui che interessi personali e professionali si sono fortunatamente incrociati. La prospettiva poi di poter collaborare a stretto contatto con il Comune di Milano mi ha subito motivata. Quindi abbiamo risposto positivamente all’invito e fin dall’inizio abbiamo avuto l’ambizione di partecipare non solo con uno o due progetti di portata limitata bensì di ideare un vero e proprio palinsesto nel palin-

sesto. Da qui la campagna #DonneFrauenDunnasFemmes, o più brevemente #DFDF, dedicata a figure femminili svizzere particolarmente talentuose del mondo della cultura, dell’economia, della scienza e della politica. Inizialmente avevamo progettato diverse manifestazioni quali proiezioni di film anche all’aperto (che avevamo chiamato “Il cinema in cortile” perché ambientate nel cortile interno del Centro Svizzero di Milano), mostre fotografiche,


l’intervista

Tale spirito, permeato da valori quali la credibilità e l’autenticità, rappresenta un vantaggio per tutti e consente di raggiungere più facilmente gli obiettivi. Tra l’altro questi valori rappresentano anche la società svizzera e soprattutto la diplomazia svizzera insieme a integrità, affidabilità e concretezza. E qui torniamo a Milano, dove la parola “concretezza” la fa da padrone. Console, Lei ha incontrato difficoltà nell’affermarsi professionalmente? Personalmente non credo di avere mai subito disparità di trattamento nella mia vita professionale. Il Dipartimento sotto questo aspetto è ormai attento, anche se non siamo ancora alla parità 50:50, soprattutto per quanto concerne posizioni ad alti livelli. È chiaro che larga parte delle esperienze o percezioni dipendono

anche dal carattere di ciascuno ed io, per quanto mi concerne, sono sempre stata molto determinata. E poi ogni persona ha i suoi modi per affermarsi. Proprio apprezzando le diversità ho voluto fortemente la campagna «#DFDF» quale opportunità per le donne di dar prova della loro forza, intraprendenza e del loro coraggio così da essere modello e fonte d’spirazione per altre donne, affinché credano in sé stesse e raggiungano così i loro obiettivi. Un messaggio quindi assolutamente positivo. Con ciò non voglio dire che il metodo debba essere per forza questo e che un

Quella pubblicata su queste due pagine è una parte dell’intervista apparsa il 24 giugno a firma di Paola Fuso sul sito del «Corriere dell’italianità», un mezzo di comunicazione digitale indipendente, aparti-

tavole rotonde, incontri, discussioni che poi con la pandemia purtroppo sopraggiunta abbiamo dovuto rimandare. Proprio da questa necessità è nata la campagna online #DFDF, un adattamento alla nuova normalità post emergenza sanitaria COVID-19, che ci ha permesso di essere presenti e raggiungibili nonostante il distanziamento sociale.

approccio più critico o più rivendicativo, dove vengono sottolineate le differenze di trattamento, sia meno efficace o sacrificabile. Al contrario. Credo piuttosto che queste due strategie siano assolutamente complementari. Senza alcun dubbio la legge, a fronte di processi culturali che potrebbero rivelarsi troppo lunghi, è necessaria e presupposto irrinunciabile per raggiungere la parità. Tanto più che essa è un diritto umano fondamentale. Alle donne molto spesso si rimprovera l’incapacità di fare rete. Cosa ne pensa? Io ho il privilegio di fare un la-

tico, aconfessionale, libero da ideologie, edito dall’Associazione Corriere degli Italiani per l’italianità, con sede a Zurigo. Ringraziamo la direzione della testata per aver autorizzato la riproduzione.

L’obiettivo della campagna #DFDF è quello di presentare ogni settimana, da giugno fino alla fine dell’anno, sui canali social media Facebook, Instagram e Twitter del Consolato generale una donna svizzera, o che abbia un forte legame con la Svizzera. Attraverso un breve filmato realizzato in maniera genuina ed amatoriale con il proprio smartphone, donne particolarmente rappresentative e

voro ove trovare delle soluzioni e fare rete è assolutamente centrale. È la base della mia professione. Non ho mai compreso se è davvero un limite femminile o se prescinda dal genere. Come diplomatica lo ritengo essenziale e indispensabile. Come vede dall’Italia la condizione delle donne in Svizzera? In Svizzera siamo stati in ritardo soprattutto riguardo al diritto al voto, ma abbiamo recuperato e ad oggi siamo in linea con la maggior parte dei paesi europei anche se il modello del Nord Europa è ancora lontano. Allo stesso tempo, con le elezioni dell’anno scorso, la percentuale di deputati donne nel consiglio nazionale è salito al 42% e con ciò la Svizzera, a livello mondiale, si posiziona al 15° posto – sorpassando paesi come la Norvegia. Ci sono sempre nuove sfide con cui confrontarsi, ma ancora una volta credo che lo sforzo comune, unito a modelli positivi a cui ispirarsi, non possa che determinare un miglioramento della società nel suo complesso. Paola Fuso

carismatiche, che incarnano un modello e che ispirano attraverso il loro esempio, si presentano e ci propongono le loro riflessioni sul tema. Abbiamo iniziato con una famosa virologa per continuare la scorsa settimana con Marina Carrobbio, Consigliera agli Stati, prima donna ticinese alla Camera dei Cantoni e Presidente del Consiglio Nazionale 2018/19. La lista comprende donne molto diverse fra loro, più o meno conosciute, per dare alle voci femminili il più ampio ventaglio possibile. P.F.

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a tu per tu co

Lucia Larentis Flaim, una brava tren

Provincia di Trento: incidenza %; genere; età

46.929 persone

8,7% della popolazione provinciale

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ntusiasmo, voglia di fare e convinzione non53,4% sono mai donne mancate in ogni avventura intrapresa da Lucia Larentis Flaim. Senza quell’invadenza di chi vuole prendersi spazi non suoi “non ho mai chiesto ruoli o incarichi particolari”, ma inarrestabile se crede davvero in un’idea “se mi proponevano progetti in cui vedevo un’occasione e corrispondevano alle mie corde mi ci buttavo.” È così che Lucia Larentis è diventata per molti un riferimento: per i trentini in Canada e per i trentini a Trento. Un vulcano di idee ed uno stimolo continuo per costruire rapporti e rinsaldare legami. Nata a Trento, “figlia della guerra” come si definisce, nel 1944, qui ha compiuto gli studi diplomandosi all’IPC, l’Istituto per il Commercio. Prima però ha fatto le medie alle Bellesini dove proprio con il suo anno è stato introdotto in forma sperimentale l’inglese come seconda lingua. “Per fortuna, perché sentivo mio fratello studiare il tedesco e già mi vedevo in grande difficoltà.” L’inglese invece poi tornerà utile. Eccome. Così come la massima che il papà, ispettore viaggiante della Trento-Malé, ripeteva sempre e che diventerà elemento importante nel modo di pensare ed organizzare le attività proposte da Lucia: “storia e geografia della terra vostra prima di uscir di casa”. Grazie al lavoro del padre Lucia ha avuto l’opportunità di viaggiare gratuitamente e così il Trentino l’ha conosciuto bene, il territorio e le persone. La Val di Non soprattutto. Ed è proprio li che nell’agosto del 1969 al matrimonio di un’amica ha conosciuto il cugino canadese della sposa: Tommaso Flaim. “Due settimane dopo eravamo fidanzati. Nell’aprile del ‘70 Tommy è tornato a Trento e a maggio, il 24, ci siamo sposati. Insomma quest’anno in pieno lockdown abbiamo festeggiato i

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Nata a Trento, da 50 anni oltreoceano dove è emigrata per amore, è stata presidente del Circolo di Toronto 50 di matrimonio.” E insieme i 50 anni di vita in Canada per Lucia. “Lui non voleva saperne di stare in Italia: arrivò in Canada nel ‘63, ma dalla Germania, dove andò appena finita la scuola alberghiera. A me invece Trento non andava affatto stretta, era una dimensione che mi andava bene. Anche culturalmente: c’erano il cinema e il teatro: e c’era già anche l’università. Con Toronto l’impatto non fu positivo, non mi aveva entusiasmato. L’unica cosa che mi diede calore inizialmente era il Natale: le case erano tutte illuminate e da noi non c’era questa abitudine. Vivevo una sorta di continuo sbalzo di realtà e di sentimenti contrastanti.” Il contatto con il Circolo è arrivato subito? “Per niente. A conoscere altri “trentini” ci ho messo un anno e mezzo perché Tommy era un po’ isolato nel suo mondo e nel suo lavoro, non sapeva neppure che esistesse un Club di trentini. Appena arrivata ho fatto un corso di inglese, previsto dal governo per chi arriva con una professione in mano, permette di migliorare la

comprensione della lingua ed entrare nel mondo del lavoro. Poi ho fatto l’equivalente delle superiori a Toronto. In un periodo di difficoltà mia mi hanno consigliato di rivolgermi al «COSTI», un centro comunitario (di cui uno dei fondatori era un trentino) per un colloquio personale, per avere una mano. Invece mi hanno offerto un lavoro. Sono rimasta lì otto anni. Nel 1972 l’arcivescovo di Trento, monsignor Gottardi, venne a Toronto e visitò anche il Centro, accompagnato da presidente e vice presidente del Club dei trentini. Si sono presentati e mi hanno convinta ad entrare nel Club come segretaria del direttivo e da subito mi sono resa conto che le donne non partecipavano alla vita del Club, non erano coinvolte

1978, Mauro Lando nella redazione di Trento del quotidiano «Alto Adige»

nelle attività. Ho attirato un po’ l’attenzione e si sono accese delle lampadine di allerta.” E dopo il «COSTI»? “Dopo otto anni mi sembrava non ci fosse più nulla che potessi dare. Sono così arrivata alla Ryerson University, dove sono rimasta più di 35 anni nel dipartimento di Computer Science, come «Student Academic Advisor» lavorando a diretto contatto con gli studenti. È per me motivo di grande soddisfazione essere riuscita, una volta in pensione a istituire una borsa di studio a mio nome destinata a studentesse con una buona media accademica ma anche coinvolte nella comunità universitaria e nella loro comunità a livello di volontariato. Quest’anno sarà assegnata la quarta borsa.” In tutto questo il Circolo è rimasto un impegno costante? “In realtà io mi ero un po’ defilata, impegnata tra il lavoro nuovo e la famiglia che nel frattempo era cresciuta. Ma nel 1982 la 5a Convention dei trentini del Nord America si sarebbe dovuta svolgere per la prima volta in Canada. Così nel ‘81 mi hanno chiamata ma per quello che avevano in mente non vedevo utile un mio coinvolgimento, non capivo come avrei potuto contribuire. Con un progetto di altro tipo invece mi sa-


u con il socio

ntina diventata una brava canadese Con l’approvazione dell’allora presidente del Circolo, Gino Osti, nel 1983 ha fondato il «Gruppo donne»

«Se mi proponevano progetti in cui vedevo un’occasione e corrispondevano alle mie corde mi ci buttavo»

rei buttata. Hanno accettato ed ho iniziato ad inviare lettere a tutti in Trentino: presidente della Provincia, della Regione, alla Camera di commercio. Nessuno ha risposto, così mi hanno “inviata” direttamente a Trento per prendere i contatti. Ne è uscita la prima Convention che non si è limitata alla semplice cena tipica. Avevamo la mostra del libro trentino, la mostra dell’artigianato, i formaggi trentini e il coro della Sat. Una proposta più culturale, insomma. Qualcosa di nuovo. A quel punto anche a Trento mi hanno scoperta e mi sono vista nominare Consultore della Provincia per il Canada, carica che ricopro ancora. Tra l’altro, per essere certa di poter svolgere al meglio questo ruolo ho conseguito alla Ryerson Universi-

di origine. È stato un modo per averli accanto. Nadia è quella forse più legata all’Italia, ma anche Eric torna spesso, è tornato con la bimba piccola per presentarla alla famiglia trentina. Roger, il primogenito, forse è venuto meno, ma quando riesce sta in Italia un paio di mesi.” Tornando al Club, l’esperienza non si chiuse nel 1982… “Diciamo che mi ero messa in disparte. Nel 2003 però il presidente voleva lasciare l’incarico ma nessuno si stava proponendo. Qualcuno ha fatto il mio nome e mi sono detta “ecco, un’altra volta mi si presenta l’occasione per fare qualcosa, costruire e lasciare qualcosa”. Sono stata presidente per otto anni, ho lasciato nel 2012 a David Corazza. C’è una stagione per tutto io credo: cambia il mondo e ci vogliono idee adatte. Ora ad esempio la mostra del libro del ‘82 non avrebbe più senso.” Tagliato il traguardo dei 50 anni oltre oceano, oggi si sente canadese o trentina? “Questo è il vero dramma dell’emigrazione. Io sono qui e penso a Trento come casa, sono a Trento e chiamo Toronto casa. Dico sempre che sono diventata una brava canadese perché ero una brava trentina. Michela Grazzi

Lucia Larentis Flaim alla Convention del 1982 e sotto (prima a destra) durante un’iniziativa con il «Gruppo Donne».

Con il marito Tommy, la figlia Nadia e Paola de Manincor.

ty il diploma in Management and Community Studies e quello di Public Relations.” Vinta una sfida però ne arriva subito un’altra. “A quel punto mi sono detta: “adesso è ora di prestare la dovuta attenzione ad alcune voci” e così con l’approvazione dell’allora presidente del Circolo, Gino Osti, nel 1983 ho fondato il Gruppo donne, che ha dato uno scossone alla comunità. La filosofia di fondo era quella di mio papà: storia e geografia della propria terra prima di visitare altro. Così, visto che la richiesta principale era di viaggiare, siamo andate a conoscere il Canada: Ottawa, Montreal e la provincia dell’Ontario nel dettaglio. Per molte è stata la prima occasione per uscire dal contesto domestico e famigliare ed entrare in contatto con la cultura del paese dove vivevano. Per il 25° di fondazione del Gruppo Femminile sono riuscita a portare a Toronto Paola de Manincor, così ora abbiamo l’unico suo murale realizzato in Nord America.” Ha trasmesso ai figli questa “curiosità” del mondo e questa voglia di tenere la mente

aperta? “Sono sempre stata una mamma particolare agli occhi della comunità trentina. I miei figli non hanno frequentato la scuola del rione, per tenerli vicini al mio posto di lavoro ho scelto scuole in centro. Quindi scuole multietniche e multiculturali che in più erano vicine al mio posto di lavoro: non erano forse gli unici bianchi, ma di certo gli unici italiani. Non sono rimasti chiusi nel “giro” ristretto della comunità italiana. E quando Nadia, la secondogenita e figlia femmina, è andata a studiare a Windsor a 400 km da Toronto … apriti cielo. Ma sono molto orgogliosa di questo e di ciò che sono diventati. ” E traspare tutta la sua contentezza nella voce di Lucia quando parla dei figli: Roger, avvocato presso il ministero federale di giustizia, Nadia, Senior Marketing Manager per la CBC Sports, ed Eric, professore di chimica e direttore del nanoFAB, il centro di nanotecnologie dell’Università dell’Alberta. “Tutti nati in Canada ma battezzati in Italia perché ci tenevo a coinvolgere entrambe le famiglie

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gente e fatti alberto emer ha collaborato ad un progetto di reinserimento sociale e recupero dalle tossicodipendenze

Sei mesi a Villa Regina, in Argentina «dove sono stato impegnato e utile»

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ovevano essere tre mesi, sono stati invece sei quelli trascorsi da Alberto Emer in Argentina. Partito, come abbiamo raccontato nell’ultimo numero del 2019 di questa rivista, per fare il volontario in una piccola azienda agricola che fa della coltivazione un mezzo di riabilitazione per persone con problemi di tossicodipendenza, Alberto è stato “bloccato” dalla pandemia, ma non solo. “Sono partito con il visto turistico, quindi di tre mesi, e avevo il biglietto di rientro per il 27 marzo, ma ad inizio mese sono arrivate le prime notizie della situazione in Europa ed hanno iniziato a cancellare i voli e chiudere le frontiere. Io – ammette senza indugio - non mi sono attivato per trovare una soluzione e rientrare comunque. Ho pensato che in Italia sarei stato solo in quarantena, bloccato senza poter far nulla. E magari utilizzando e sprecando risorse che potevano esser più utili a chi doveva rientrare veramente con urgenza. Io ero integrato nella comunità, non era un problema prolungare la mia permanenza. E poi restando a Villa Regina, pur con le limitazioni che poi sono subentrate, un minimo di attività ho continuato a farla. I servizi sociali e di sostegno alle persone avevano permessi speciali: sono stato impegnato ed utile. Ho sentito che in quel momento la mia vita ha avuto un senso profondo proprio perchè ero lì. Vivevo nella sede del Circolo Trentino, in quel periodo non utilizzato, e sono riuscito con

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Attraverso le persone e gli incontri si scopre qualcosa di se stessi, ci si conosce di più, una parte di noi ce la raccontano gli altri, anche e soprattutto di altre culture, per scoprirsi diversi ma non troppo. È sempre un arricchimento, un regalo della vita piccoli lavoretti a sistemare qualcosa anche a casa.” In cosa eri impegnato? Che lavoro hai svolto? Ho seguito l’attività di un progetto sociale nato dal basso, dall’idea di un salesiano di origini trentine, dal Primiero, padre Angel Tissot. Lui si è sempre impegnato nei quartieri più poveri con progetti di reinserimento sociale e recupero dalle dipendenze di sostanze, lavorando in diverse zone dell’Argentina, da Bariloche a Buenos Aires. Ora è tornato nella “sua” Villa Regina con l’idea di costruire una famiglia a sostegno di persone in stato di marginalità o di dipendenza, ragazzi molto giovani, sui 15-18 anni, con storie famigliari difficili in un barrio svantaggiato. All’in-

terno di questo quartiere c’è un oratorio dei salesiani, punto di incontro dove, prima del corona virus, ci si riuniva ogni mattina per un momento di confronto o anche solo per uno scambio breve di saluti: un incontro terapeutico basato sulla parola. Si tratta di una piccola azienda agricola, anzi neppure. Il progetto è quello di diventare prima o poi una cooperativa agricola, ma per ora è molto informale. È un orto di circa cinque ettari, coltivato dai ragazzi del quartiere e dove i volontari possono portare idee e suggerimenti. Quando sono andato via l’attività si stava ampliando con la costruzione di un piccolo pollaio. Non sei alla prima esperienza simile: anche nel 2006 sei

andato in Australia per impegnarti nel sociale, nelle realtà problematiche delle zone che vai a conoscere. Credo che in parte sia nella mia natura. Mi piace viaggiare, ma attraverso l’incontro con le persone. Se togli le relazioni resta il paesaggio, che è bellissimo, ma manca il cuore delle persone. È un po’ la mia storia che mi porta a cercare ed entrare in queste esperienze nel sociale che mi hanno sempre fatto vivere profondamente i paesi che ho conosciuto. Che magari non sono tantissimi, ma sono state tutte esperienze profonde. Perché sei arrivato proprio a Villa Regina? Seguendo il mio cuore. Ho costruito il progetto di questo viaggio giorno per giorno, incontro dopo incontro. Ho lavorato sul rifugio Altissimo a contatto con due argentini e lì ho avuto il primo avvicinamento a questo paese che mi ha subito affascinato. Mi sono rivolto quindi alla Trentini nel Mondo, da qui il contatto con Roberto Paolazzi, coordinatore dell’associazione per il Sud America. A lui ho esposto la mia idea di fermarmi tre mesi per impegnarmi nel volontariato sociale o ambientale. Lui ha coinvolto Rodolfo Veronesi, uno dei coordinatori del Circoli trentini dell’Argentina che a sua volta ha coinvolto il Circolo di Villa Regina con il suo presidente Maurizcio Delladio. Mi è stato proposto questo progetto, dove già aveva lavorato anche un altro ragazzo trentino, Amos Sandri, che ha


gente e fatti

Alberto Emer, con la maglietta bianca e il cartello di benvenuto, al suo arrivo a Villa Regina, accolto da alcuni soci del Circolo trentino. A fianco, uno scorcio del centro giovanile salesiano «Jesus Buen Pastor», dove ha svolto il suo lavoro come volontario.

fatto una tesi di ricerca sul barrio. Ho incontrato anche Amos a Trento prima di partire. Tutto si è costruito attraverso le persone. Una volta arrivato a Villa Regina cosa hai trovato? Ho ricevuto una calda accoglienza fin dal principio. Al mio arrivo c’erano persone del Circolo e dell’oratorio del Buen Pastor ad attendermi. In generale probabilmente si è trattato del calore argentino, ma immagino sia anche perché si tratta di una terra di emigranti: ci tengono ad incontrare chi vuole andare a conoscerli, ripercorrendo quello che è stato il viaggio dei loro nonni. Poi c’è ovviamente il calore dell’America latina, qui l’incontro con la persona è più facile, al di là degli stereotipi, che non in Trentino. Anche territorialmente è un ambiente molto diverso (foto in basso sulla pagina a fianco): siamo nel nord della Patagonia, senza montagne, nel mezzo della meseta patagonica, quindi un deserto fatto di arbusti, rivitalizzato dal fiume Rio Negro, dal quale ad inizio 900 gli ingegneri italiani hanno sviluppato una rete di canali. Èdiventata una terra di produzione agricola, una terra della mela. Senza sceglierla direttamente sono finito dalla Val di Non ad un’altra terra di mele. Una modalità di viaggio insolita. Un’esperienza che consiglieresti a tutti? Innanzitutto credo che ognuno debba conoscersi, sentire dentro com’è e cosa vuole fare. Se si ha voglia di scoprire e curiosità per il mondo, un’esperienza simile

è da fare: attraverso le persone, gli incontri si scopre qualcosa di se stessi, ci si conosce di più, una parte di noi ce la raccontano gli altri, anche e soprattutto di altre culture, per scoprirsi diversi ma non troppo. È sempre un arricchimento, un regalo della vita.

Le persone che ho trovato a Villa Regina, al Circolo e all’oratorio, ma anche tutta la rete di supporto che mi ha portato in Argentina è stata fondamentale. Io da solo forse non avrei vissuto l’esperienza nello stesso modo. La fiducia che mi ha dato ogni persona

mi ha permesso di crescere ogni giorno. Non ho l’intraprendenza personale per costruire questa rete di rapporti umani. Così invece ho avuto le chiavi di una comunità, per arrivare e farne parte, sentirmi parte di qualcosa. Questo non è scontato. Ho costruito dei legami molto intensi e, anche se i mezzi di comunicazione aiutano a restare in conatto, penso che l’Argentina mi richiamerà prima o poi, per tornare a trovare le persone. Anche per il rientro in realtà è stata fondamentale questa rete, su un piano in questo caso molto pratico. Sono entrato in contatto con altri due ragazzi trentini, Nicola Potrich e Jessica Garbari (foto qui sotto, Alberto è il primo a sinistra), che durante il loro viaggio in Argentina sono stati bloccati dalla pandemia a Bariloche. Abbiamo trovato un volo per il rientro, ma solo grazie a Francisco Nardelli e ai suoi contatti diretti con il consolato e grazie alla Trentini nel mondo siamo riusciti ad avere i permessi necessari per raggiungere in auto Buenos Aires e l’aereoporto. Sei già pronto per ripartire? Una prossima meta in realtà ora non c’è. Il viaggio è sempre importante, ma devo trovare quale sarà il prossimo cammino. Per ora questo è il momento della testimonianza, per condividere le sensazioni vissute. Come altre persone hanno fatto con me prima, facendo nascere la mia voglia di scoprire. Raccontare può lasciare piccole tracce negli altri. Michela Grazzi

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Curare un orto e imparare l’italiano, un progetto con risultati concreti

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ell’ambito del progetto “Prima l’italiano”, nato lo scorso anno a seguito dei tagli ai corsi di italiano per immigrati e richiedenti asilo, Auser del Trentino, Cgil e Spi Cgil del Trentino hanno promosso presso la «Residenza Fersina» di Trento (la struttura di accoglienza che ospita richiedenti asilo) un’iniziativa per l’insegnamento della lingua italiana attraverso la creazione e la cura di un orto presso la Residenza stessa. Il progetto, denominato “Coltiviamo l’italiano”, fa intuire lo scopo di questa proposta: offrire l’opportunità di apprendere la lingua italiana attraverso un’attività concreta. Infatti coltivando la terra e raccogliendo i prodotti, si fa conversazione, si impara una lingua, si imparano le parole legate alla terra, alle verdure che si coltivano nell’orto, si intrecciano relazioni e si impara un lavoro trasferibile in altri contesti. Coltivando l’orto i ragazzi possono vedere e rappresentarsi tutte le sequenze necessarie per arrivare ai prodotti finali: preparazione del terreno, copertura con la paglia, concimazione, messa a dimora delle piantine, irrigazione, controllo delle erbacce, raccolta dei prodotti. Questo è stato possibile grazie all’impegno e alle competenze dei volontari dell’associazione Auser del Trentino: gli insegnanti Daniele Siviero, Ezio Ferretti e di un agronomo in pensione Angelo Pecile, esperto in agricoltura biologica. Importante è stata la collaborazione delle cooperative Kaleidoscopio e Nircoop, gestori della struttura lo scorso anno e della Croce Rossa attuale gestore.. L’orto si trova vicino all’edificio principale e così i ragazzi possono osservare quotidianamente la crescita delle verdure, togliere le erbacce, controllare l’impianto di irrigazione. Quest’anno si è ampliato lo spazio coltivato,

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dai 200 metri quadri dello scorso anno si sono coltivate verdure in una superficie doppia. Si sono messe a dimora: pomodori, fagiolini, cetrioli, cavoli cappucci, cipollotti, zucchine, porri, rape rosse, fagiolini, insalata, peperoni, biete. Sono prodotti biologici, tanto è vero che l’Auser ha preso contatti con i Gas (Gruppi d’acquisto solidale), che hanno accettato con entusiasmo di avere questi prodotti a un

prezzo simbolico. Il ricavato serve per dare un riconoscimento ai partecipanti e all’acquisto dell’attrezzatura e delle sementi, perché la coltivazione proseguirà anche in autunno con le verdure invernali. Oltre ai Gruppi di acquisto solidale anche Auser, la Cgil e lo Spi Cgil prenotano settimanalmente le verdure che vengono consegnate il giovedì alle ore 18.00 presso il piazzale della Circoscrizione Oltrefersina, in via Clarina 2 a Trento. Chiara Vegher

Cos’è e cosa fa l’«Auser» L’Auser (Associazione per l’autogestione dei servizi e la solidarietà) costituita nel 1989 a Roma dalla CGIL e dal Sindacato dei pensionati Spi-Cgil, è presente con oltre 1.500 sedi in tutta Italia. In Trentino sono stati costituiti Auser del Trentino e cinque centri sul territorio: Trento, Pergine, Levico, Giudicarie, AltoGarda/Ledro. Auser è un’associazione di volontariato e di promozione sociale, impegnata nel favorire l’invecchiamento attivo degli anziani e valorizzare il loro ruolo nella società. Si rivolge prioritariamente agli anziani, ma è aperta alle relazioni di dialogo, tra generazioni, nazionalità, culture diverse. Auser si propone di migliorare la qualità della vita; contrastare ogni forma di esclusione e discriminazione sociale, in particolare nei confronti dei migranti e delle donne di tutte le età; sostenere le fragilità; diffondere la cultura e la pratica della solidarietà e della partecipazione; valorizzare l’esperienza, le capacità, la creatività e le idee degli anziani; sviluppare i rapporti di solidarietà e scambio con le generazioni più giovani.


gente e fatti interessante «reportage» di monica fadanelli, presidente del circolo trentino di colonia manuel gonzalez

In Messico si è reagito alla pandemia coltivando in casa frutta e verdura

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a pandemia, le conseguenti restrizioni e la crisi economica. Problemi che hanno interessato ogni parte del mondo negli ultimi mesi. E che ha costretto molti a ripensare il proprio quotidiano, trovando, in alcuni casi, risorse inaspettate. È il caso di alcune proposte sviluppate nel comune di Zentla, al centro dello stato di Veracruz in Messico, dove la famiglia Cruz Fadanelli, del Circolo Trentino di Colonia Manuel González, ha avviato in questo periodo l’esperienza degli orti familiari. Il coronavirus è presente in Messico dall’inizio di marzo 2020. Le scuole e i negozi sono stati chiusi, vietate le attività ricre-

ative nei luoghi pubblici. Ma la diffusione del virus nello stato di Veracruz si è intensificata fino a metà giugno. Tutto questo ha portato ad un cambiamento nel modo di vivere di milioni di persone: rimanere a casa in isolamento ha dato più tempo alle famiglie per convivere, anche se l’economia risente della chiusura delle imprese e della mancanza di occupazione. Una delle cose che si possono fare in questi periodi è la creazione di un orto familiare, dove tutti i membri della famiglia possono essere coinvolti e partecipare si-

stemando il terreno, seminando, annaffiando o pulendo le piante. La coltivazione di un orto familiare o di cortile ha come funzione principale quella di fornire cibo mentre si svolgono pratiche produttive tradizionali e alternative che promuovono la conservazione delle risorse naturali. La produzione alimentare è generalmente destinata al consumo familiare, ma il surplus può essere commercializzato per produrre un reddito economico. In questo modo si generano consapevolezza, responsabilità e una vita migliore e più sana.

Il comune di Zentla, situato nel centro dello stato di Veracruz, con un’altitudine che va da 940 a 1200 metri sul livello del mare ed un clima caldo-umido in cui si verificano temporali notturni, presenta condizioni favorevoli per la coltivazione da cortile, e soprattutto per verdure come mais, zucca, peperoncino, cetriolo, anguria e pomodoro, tra gli altri. Ma adatto anche alle erbe aromatiche come timo, menta, origano, epazote, coriandolo e condimenti come pepe, aglio e curcuma. Su questa pagina, le foto del piccolo orto - frutteto della famiglia Cruz Fadanelli del Circolo Trentino di Colonia Manuel González.

In un orto familiare tutti i membri della famiglia possono essere coinvolti e partecipare sistemando il terreno, seminando, annaffiando o pulendo le piante. Il clima caldo-umido del Comune di Zentla è quanto mai adatto per questo titpo di coltivazione

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La vita e l’opera di Santa Paolina in un documentario girato a Vigolo Vattaro e in Brasile

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el giorno in cui la Chiesa onora Santa Madre Paolina, Vigolo Vattaro, suo paese natale, ha ricordato la sua figlia più illustre con una solenne celebrazione Eucaristica, presieduta dall’Arcivescovo di Trento, Mons. Lauro Tisi, e quest’anno con la prima proiezione assoluta di un documentario a lei dedicato realizzato da Franco Delli Guanti. Il doppio appuntamento si è svolto nella serata di giovedì 9 luglio dapprima nella Chiesa Parrocchiale di Vigolo Vattaro per la messa, al termine della quale i presenti si sono trasferiti nel piazzale esterno per assistere alla proiezione organizzata dall’Amministrazione Comunale. Dopo aver realizzato nel 2018 il documentario dedicato a Padre Andrea Bortolameotti - disponibile in tutte le librerie Edizioni Paoline d’Italia - è nata l’idea di proseguire il progetto dando vita anche ad un analogo filmato sulla compaesana del sacerdote, Santa Madre Paolina, canonizzata da Giovanni Paolo II nel 2002. Analogamente a quanto fatto per «Un Santo vive tra noi. Padre Andrea Bortolameotti» l’idea è quella di raccontare il percorso di vita di Madre Paolina mettendo in evidenza le sue origini trentine. A differenza però del docu-

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Il volto di Santa Paulina ricostruito nel 2015 da Cícero Moraes e dall’Arc-Team di Cles. Nella foto a fianco, il momento dell’intervista al Vescovo di San Paolo. In basso a destra il Santuario eretto a Nova Trento e a sinistra la troupe trentina con la Superiora Generale della Congregazione delle Piccole suore dell’Immacolata Concezione (seconda da destra) e con suor Irma.

mentario su Padre Andrea Bortolameotti, dove è stato possibile trovare testimonianze dirette di persone che hanno conosciuto il sacerdote, per il documentario su Santa Paolina si è lavorato maggiormente sul contesto storico che ha portato la piccola Amabile Visintainer a compiere insieme ai genitori e ad altri compaesani il lungo viaggio verso il Brasile e su quanto oggi rimane della sua opera in quella lontana terra attraverso una conoscenza approfondita dell’Ordine da lei fondato, le Piccole suore dell’Immacolata Concezione. Le riprese sono state ambientate a Vigolo Vattaro e in Brasile dove la Congregazione è presente

con numerose comunità. Le Piccole suore dell’Immacolata Concezione si dedicano a varie opere educative e sanitarie: sono particolarmente attive presso le comunità dell’Africa e dell’America Latina. Oltre che in Brasile, sono presenti in Argentina, Bolivia, Camerun, Ciad, Cile, Colombia, Guatemala, Italia, Mozambico e Nicaragua. In totale circa cinquecento religiose distribuite in oltre cento comunità. La troupe guidata da Franco Delli Guanti è stata esattamente un anno fa in Brasile per le riprese a San Paolo, dove ha sede l’Ordine, e successivamente a Nova Trento e Vigolo dove la piccola Amabile Visintainer arrivò con la

famiglia nel lontano 1875. In Brasile Delli Guanti, tra le altre cose, ha potuto incontrare anche due anziane consorelle che hanno conosciuto personalmente Santa Paolina. La produzione del documentario - il cui titolo è «Amabile, Paolina. Dal Trentino al Brasile al servizio dei più poveri» - è dell’Associazione Culturale Officina Immagine di Riva del Garda insieme a Mediaomnia Produzioni televisive con il sostegno della Provincia Autonoma di Trento, del Comune dell’Altipiano della Vigolana, delle Casse Rurali Trentine, della Cassa Rurale Alta Valsugana e del Mediocredito Trentino Alto Adige. Il documentario è stato selezionato per la partecipazione, al Festival Cinematografico “Sacrae Scenae” di Ardesio (Bergamo), in calendario dal 28 al 30 agosto.


gente e fatti

Il Trentino Alto Adige è la regione con la migliore reputazione turistica

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l Trentino -Alto Adige si conferma in prima posizione nella classifica generale del «Regional Tourism Reputation Index» di Demoskopika. È di fatto la regione italiana che dimostra di avere una maggiore reputazione turistica. A pesare più che positivamente sulla medaglia d’oro conquistata è il primo posto quale destinazione “più social d’Italia”. La seconda posizione nel ranking generale è della Sicilia, la destinazione turistica più ricercata sul web dai consumatori e la meta turistica preferita dai vacanzieri italiani per il 2020. Al terzo posto altra new entry dopo la Sicilia: la Toscana che entra nel medagliere di Demoskopika grazie al suo sistema ricettivo, considerato il più “apprezzato” del Belpaese. Alla Sardegna, infine, spetta il primato della destinazione regionale con la migliore performance rispetto al 2019 meritando un balzo in avanti di ben 9 posizioni nel Regional Tourism Reputation Index. Oltre 1,1 milioni di pagine indicizzate, circa 5 milioni di like e follower sulle reti sociali, poco più di 40 milioni le recensioni conteggiate e ben 533 mila le strutture ricettive osservate: questi sono i numeri generati dalle regioni italiane per costruire la reputazione turistica delle destinazioni e presi in esame da Demoskopika per stilare il «Regional Tourism Reputation Index», giunto al suo quarto anno. La ricerca di Demoskopika vuole fornire alcune utili indicazioni circa il livello di reputazione del sistema turistico regionale, analizzando alcuni indicatori ritenuti “sensibili”, come la visibilità e l’interesse dei portali

Anche per il 2020 si conferma a destinazione più social d’Italia, ossia dotata di maggiore capacità di appeal, grazie ad una dote complessiva di oltre 1,2 milioni di like e follower conteggiati dalle pagine social ufficiali di promozione turistica del Trentino e dell’Alto Adige

turistici istituzionali regionali e il loro social appeal presso gli stakeholder, la popolarità, la fiducia e le tendenze di ciascuna destinazione

turistica regionale nel complesso e, infine, la reputazione del sistema ricettivo. «Il nostro studio - commenta il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio - stimola alcune considerazioni su un aspetto che ruota attorno alla costruzione della reputazione turistica delle destinazioni regionali: la necessità di una strategia integrata e condivisa tra i vari stakeholder del sistema pubblico-privato. L’offerta turistica di una destinazione deve essere messa a punto in collaborazione con tutti i soggetti interessati del settore pubblico e privato». La strategia del Trentino - Alto Adige si conferma vincente in particolar modo grazie all’attrattiva dei portali turistici. Con 128,8 punti la nostra regione si conferma anche per il 2020 la destinazione più social d’Italia, ossia dotata di maggiore capacità di appeal. In particolare il Trentino-Alto Adige ottiene la visibilità più rilevante, con una dote complessiva di oltre 1,2 milioni di like e follower conteggiati dalle pagine social ufficiali (instagram, facebook e twitter) di promozione turistica del Trentino e dell’Alto Adige. Lo studio offre anche un’analisi sul futuro del turismo italiano: Sicilia, Toscana e Puglia sono le destinazioni più gettonate. Sarà principalmente il Sud a trainare la ripresa del settore turistico italiano nella fase post Covid-19, stando al sondaggio realizzato a fine maggio da Demoskopika. Decisamente rilevanti anche le indicazioni espresse per altre quattro destinazioni turistiche: Trentino-Alto Adige, Calabria, Emilia-Romagna e Sardegna.

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Si girano a Trento le scene per il film su Chiara Lubich

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Proseguono le riprese per il film dedicato alla figura di Chiara Lubich, il tv movie diretto da Giacomo Campiotti e ispirato alla fondatrice del Movimento dei Focolari. Il programma prevede quattro settimane di riprese in Trentino e una tra Roma e Viterbo per il ritratto di una donna libera, appassionata, laica e coraggiosa. Una figura affascinante e rivoluzionaria ma anche un personaggio complesso per la Chiesa dell’epoca che, dopo averla sottoposta al giudizio del Sant’Uffizio, la riconosce definitivamente con Papa Paolo VI. Il 18 agosto (foto a fianco) erano a Trento, in via Belenzani, il regista Giacomo Campiotti, la protagonista Cristiana Capoton-

di e il produttore creativo Saverio D’Ercole, oltre a Luca Ferrario di Trentino Film Commission. «Si tratta di un film straordinariamente attuale, su un progetto nato 4 anni fa che ci permette di conoscere Chiara Lubich a 23 anni, di incontrare una giovane donna e il suo sogno, quello di lavorare per realizzare la fratellanza universale», ha commentato il produttore creativo Saverio D’Ercole. «Cerchiamo di toccare il cuore delle persone tramite la figura di una donna speciale», ha aggiunto il regista Campiotti ripercorrendo i momenti della sua vita che hanno avuto importanza universale. «Proprio oggi abbiamo la possibilità di girare alcuni ciak nel rifugio antiaereo,

Via Belenzani trasformata in set per il film su Chiara Lubich [ ph Federica Di Benedetto]

sotto la chiesa dei Cappuccini di Trento», ha concluso il regista. Della figura speciale di Chiara Lubich ha parlato anche l’attrice, Cristiana Capotondi: «Il mio

approccio a Chiara Lubich è laico. Desidero interpretare il suo messaggio universale, di pace, che deve essere fatto nostro». Sceneggiato da Francesco Arlanch, Giacomo Campiotti, Luisa Cotta Ramosino, Lea Tafuri, il tv movie è una coproduzione Rai Fiction - Casanova Multimedia. Il film in Trentino vede il supporto della Film Commission, dei Comuni di Trento, di Rovereto e di Pergine Valsugana, dell’Azienda per il Turismo San Martino di Castrozza, Passo Rolle, Primiero e Vanoi, della Comunità del Primiero, di Trentino Sviluppo S.P.A. (Uff. Stampa PAT)

Nuovo sito internet per le Acli Trentine Il sito internet delle ACLI trentine si è rinnovato ed è ora online all’indirizzo www.aclitrentine.it Una nuova veste grafica e un’architettura semplificata accoglie l’utente interessato ai servizi e alle proposte acliste in un momento storico contrassegnato dall’esigenza di rafforzare le reti della solidarietà e le filiere dello sviluppo locale. Si tratta della risposta “comunicativa” del movimento aclista trentino di fronte all’emergenza di questi mesi che ha portato alla riscoperta e al rafforzamento dei valori della comunità e dei servizi sociali alla persona e

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alle famiglie. Da qui l’esigenza di una più stretta sinergia fra servizi ed associazioni aderenti alle Acli anche dal punto di vista della comu-

nicazione e dell’informazione al cittadino che sono ora compattamente e immediatamente a disposizione dell’utente presso un unico indirizzo. Grazie a un sistema di ricerca avanzato e intuitivo l’utente può trovare agevolmente ciò che gli interessa. Il nuovo sito è stato progettato per consentire un accesso ottimale ai contenuti anche a quelle persone che hanno bisogno di utilizzare strumenti di screen reader e screen magnifier, ovvero dei sistemi di supporto vocale e di ingrandimento che riconoscono i testi e le parti grafiche in Internet.


gente e fatti I DATI DEL PRIMO SEMESTRE 2020 rilevati ED ELABORATI dalla camera di commercio di trento

Saldo positivo per le imprese guidate da stranieri I n base ai dati elaborati dall’Ufficio studi e ricerche della Camera di Commercio di Trento, al 30 giugno di quest’anno le imprese gestite da cittadini stranieri, registrate sul suolo provinciale, erano 3.598. Esse rappresentano una realtà ormai consolidata nell’ambito del nostro sistema imprenditoriale e costituiscono il 7,1% di tutte le aziende che compongono il tessuto economico locale. Nonostante tale incidenza sia inferiore rispetto a quanto rilevato nel Nord-Est (11,2%) e a livello nazionale (10,2%), negli ultimi anni le imprese straniere hanno sperimentato una discreta espansione, seguendo un trend di crescita quasi costante. Rispetto al 2011 (primo anno disponibile per questa tipologia di dati) sono cresciute, infatti, del 17,5%, a fronte di un calo del 3,7% del totale delle imprese provinciali. Nei primi sei mesi dell’anno il bilancio tra aperture e chiusure di imprese straniere ha segnato un saldo positivo di 55 unità. Dal punto vista settoriale, la quota più consistente (26,5%) opera nel comparto delle costruzioni; anche i settori del commercio (20,7%) e del turismo (13,8%), in particolare la componente legata alla ristorazione, rappresentano ambiti di attività di rilevante interesse per gli imprenditori immigrati. Sotto il profilo della struttura organizzativa si conferma la prevalenza di imprese individuali che, con 2.522 unità, rappresentano oltre il 70% del totale delle attività guidate da stranieri. Seguono le società di capitale (18,1%), le società di persone (11,3%) e le altre forme, fra cui

PRINCIPALI PAESI DI PROVENIENZA DEGLI IMPRENDITORI STRANIERI Provincia di Trento – Imprese individuali – 30 giugno 2020

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Prevalgono le imprese individuali che operano soprattutto nei settori delle costruzioni e del commercio si rilevano soprattutto le cooperative (0,4%). Tra i Paesi di provenienza degli imprenditori immigrati (con riferimento alle sole imprese

individuali, le uniche per cui è possibile associare la nazionalità al titolare), quello più rappresentato è l’Albania, con 334 imprese individuali operanti alla fine del giugno scorso (13,2% del totale). Seguono la Romania con 279 unità (11,1%), il Marocco con 211 (8,4%), la Svizzera – area dalla quale si è verificato un sensibile fenomeno “migratorio di ritorno” da parte dei figli di emigrati italiani – con 174 (6,9%), la Cina con 159 (6,3%) e, con numeri più contenuti, il Pakistan, la Mace-

donia e la Moldavia. Gli imprenditori albanesi e rumeni risultano maggiormente presenti nel settore delle costruzioni, dove incidono rispettivamente per l’8,6% e il 5,2% delle imprese individuali con titolare straniero. Gli imprenditori marocchini e cinesi sono invece più impegnati nel settore del commercio, soprattutto al dettaglio, dove rappresentano rispettivamente il 4,4% e l’1,9%. Ufficio Stampa CCIAA Trento

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circoli LA PREMIAZIONE SI È SVOLTA VIA INTERNET A CAUSA DELLE RESTRIZIONI IMPOSTE DALLA PANDEMIA

Nove i film selezionati per la finale del festival del cinema di Bento Gonçalves

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l Bento Gonçalves Film Festival, alla sua 5a edizione, ha ricevuto 37 iscrizioni per opere nel segmento documentario e cortometraggi di finzione, nazionali e internazionali. Fin dalla sua prima edizione il festival ha cercato di portare a Bento Gonçalves qualcosa di nuovo e permettere di apprezzare le produzioni cinematografiche realizzate nel Rio Grande do Sul, oltre a quelle di livello nazionale e internazionale. Per la fase finale sono stati selezionati nove film. Ed è stato il 18 luglio, attraverso il «live» della premiazione trasmesso sulla pagina Facebook del Festival, che sono state presentate le opere vincitrici. Cris Lopes, grazie alla sua esperienza e alla famigliarità con le telecamere, ha spiccato per la sua brillante presentazione. È importante sottolineare la partecipazione del produttore Moreno di Franceschi, che in questa edizione ha svolto il ruolo di giurato analizzando le opere internazionali. Le opere selezionate hanno colpito per la qualità e l’eccellente presentazione, nonché per la partecipazione dei registi alla diretta online del 16 luglio, durante la quale hanno potuto presentare nel dettaglio le emozioni che hanno guidato alla creazione delle rispettive opere.

L’inaugurazione del Festival si era svolta il 15 luglio con la presentazione del vino ufficiale di questa edizione: il «Malbec 2019» di Videiras Carraro ha incantato l’attrice Cris Lopes che ne ha elogiato la qualità. Il 16 luglio c’è stata la diretta con il collegamento da Trento, in Italia, con Alberto Battocchi della Trentino Film Commission alla quale è seguito l’incontro con i registi dei film, conclusosi in nottata. È stato un momento meraviglioso ed emozionante. Il 17 luglio alle 20.00 e il 18 luglio alle 15.00 i film selezionati sono stati proiettati sulla pagina facebook del Festival. Al fine di preservare le opere dopo la loro proiezione, i video sono stati rimossi. E alle 20.00 del 18 c’è stato il grande momento di premiazione e chiusura del 5° Festival del Cinema di Bento Gonçalves. La presentazione dei vincitori è stata condotta da Sandro Giordani, Responsabile del Festival, e Cris Lopes, attrice e presentatrice, che con una brillante performance ha saputo guidare al meglio questo magico momento per i partecipanti in gara. Sandro Giordani, responsabile del Festival, si rammarica per la formula che, causa il Coronavirus, si è stati costretti ad adottare: «pec-

cato non sia stato possibile riunire il team dei film selezionati e altri appassionati di cinema per fraternizzare e apprezzare le opere selezionate e premiate, ma ci auguriamo per la prossima edizione di essere tutti presenti in un momento di ripresa della vita sociale e cinematografica.

I vincitori • Miglior film e regia a “Entre Olhares” del regista Ivann Willing. • Miglior sceneggiatura a “A Floresta de Malu” (La foresta di Malu) del regista André Grejio de Alencar. • Migliore fotografia per “O Canto do Sabiá” (Il canto di Sabia) della regista Amanda Mergulhão Ferrari. • Miglior attore: Daniel Satti in EntreOlhares. • Migliore attrice: Marina Azze in EntreOlhares. • Menzione d’onore alla sceneggiatura di “O fantasma do general” (il fantasma del Generale) del regista Humberto Petrarca. • Menzione d’onore alla fotografia di “Veraneiro” (Estate) del regista Nelson Diniz. Nella Fiction internazionale è stato premiato come miglior film “Chateau Sauvignon: terroir” del regista statunitense D.M. Night Maire e come migliore sceneggiatura il film “#quarantine” del regista Nikita Chisnikov della Federazione Russa. Per il documentario nazionale, è stata premiata la migliore sceneggiatura di “Um sohno” (un sogno) del regista Leandro Olimpio.

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circoli

Al «Ponto de cultura» di Bento Gonçalves inaugurata una nuova sala espositiva A

perto in Brasile, a Bento Goncalves, il “Ponto de Cultura Vale dos Vinhedos / il Centro Culturale nella Valle dei Vigneti”, un nuovo punto di riferimento per le attività di valorizzazione delle tradizioni dei discendenti trentini, che propone attività culturali come il gioco della morra, l’artigianato, la lavorazione dei

vimini, ma anche il filò. In programma ci sono visite culturali, Attività d’Epoca ed Eventi Enogastronomici: tutto incentrato sulla cultura dei “bisnonni”. Il Centro dispone già della Sala Esposizioni “Città del Vino” per la mostra permanente di oggetti antichi di uso quotidiano degli

immigrati italiani ed occasionalmente potrà ospitare anche altre mostre culturali. Situato in via Trento, nella Valle dei vigneti, è aperto per ora il sabato mattina, dalle 9 alle 11. Ma ci si augura di poter prolungare presto gli orari di presenza ed il funzionamento dei laboratori. Oltre alla sala espositiva infatti il Ponto de Cultura dispone di un laboratorio/sala prove, un laboratorio/sala gastronomia, un parcheggio per biciclette e lo spazio dedicato ai giochi tipici . In tempi di pandemia, alcuni laboratori si sono svolti online. Ma l’obbiettivo è in futuro di farsi conoscere sempre più dalla comunità, per far apprezzare la mostra e lo spazio disponibile per le attività culturali.

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circoli

Fine attività per il Circolo di Borgosesia

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ra il 5 aprile 1974 quando a Borgosesia (Piemonte) venne fondata la «Famiglia Trentina», diventata poi Circolo trentino. Il 6 agosto 2020 Piergiorgio Furlan ha incontrato il direttore della Trentini nel mondo, Francesco Bocchetti, per informarlo ufficialmente che il Circolo ha cessato la sua attività e per restituire alla Trentini nel mondo il labaro del Circolo, insieme ad altri documenti. All’incontro ha partecipato anche Aldo Degaudenz. Bocchetti e Degaudenz hanno espresso rammarico per la notizia ma anche la gratitudine dell’Associazione per il proficuo impegno con il quale il Circolo ha svolto per anni il suo ruolo di aggregazione per i trentini emigrati in quella zona. Non c’è stato alcun ricambio generazionale, ha spiegato Furlan, la totale integrazione della comunità trentina nel tessuto economico e sociale di Borgosesia ha fatto venir meno l’esigenza dei fondatori di avere un punto di riferiento specifico. Già da alcuni anni l’attività del Circolo si limitava a pochi appuntamenti, per cui è stato deciso di prendere atto della situazione e di affidare alla Trentini nel mondo il compito di custodire la memoria storica di quanto fatto dal Circolo. Una preziosa documentazione è già riportata nel primo dei tre

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volumi «Tanti volti, un’unica comunità. Storia e realtà dei Circoli Trentini nel mondo», che l’Associazione ha pubblicato nel 2007 in occasione del suo cinquantesimo di fondazione (nella foto in alto a destra).

Ecco cosa era stato scritto. Storia dell’emigrazione. Già a partire dall’inizio del ‘900 la zona fu meta di un’emigrazione trentina stagionale di artigiani, come ad esempio i “moleti” (arrotini).

Nella seconda metà del 1900 si verificarono due distinte ondate: la prima era ancora un’emigrazione di tipo “stagionale”, di persone che rimanevano nella zona alcuni mesi all’anno; la seconda formata, invece, da quanti, trovato un lavoro fisso, vi si fermarono stabilmente. Molti sono i trentini tuttora presenti a Borgosesia, provenienti in particolare dalla Valsugana, dal Bleggio e dalla Val Rendena, arrivati qui spesso come arrotini ed affermatisi poi in molti altri settori. Vita del circolo. Fra quelli che si stabilirono definitivamente nella zona c’erano le famiglie di Angelo Scroffernecher, Ernesto Dellana, i Furlan, i Chiletto , i Casagrande e altri; furono loro che, nei primi anni ’70, diedero vita a quella che fu allora chiamata Famiglia Trentina e che poi fu rinominata Circolo Trentino di Borgosesia. Con il passare degli anni si sono aggiunte altre famiglie provenienti dal Trentino, non necessariamente per lavoro. Oggi è più facile trovare famiglie miste trentino-piemontesi, che hanno parenti nei propri paesi e quindi non sentono la necessità di associarsi. Però quando ci si incontra e si scoprono le origini comuni si prova subito una grande simpatia reciproca: «Sara l’aria del Trentino…»


circoli la delegazione era composta dalla presidente silvia norbis, dal segretario jorge zas e da roberto brezzo

Cordiale incontro del Circolo di Montevideo con il nuovo Ambasciatore d’Italia, Iannuzzi Occasione istituzionale di rilievo per il Circolo Trentino di Montevideo che, rappresentato dalla presidente Silvia Norbis, Roberto Brezzo e dal segretario Jorge Zás, ha incontrato il nuovo Ambasciatore italiano in Uruguay, il Dott. Giovanni Iannuzzi e il Primo Segretario di Ambasciata Dott. Alessandro Costa. È stata l’occasione per evidenziare la varietà di attività svolte dal Circolo: i cinque corsi di italiano attivi in questo momento e tenuti da insegnanti di italiano; la costituzipone della «Rete delle Università Trentine» e la collaborazione con l’Associazione Trentini nel Mondo, che ha consentito tra l’altro di organizzare in passato a Montevideo un ciclo di conferenze sulla figura di Alcide Degasperi tenute da Giuseppe Zorzi, il gemellaggio di Caldonazzo con la città di Salto,

ed il corso di cucina con lo chef Rinaldo Dalsasso. Si è parlato anche degli incontri nazionali e regionali, dei quattro Circoli dell’Uruguay e

degli Incontri con i Circoli del Rio Grande do Sul e la zona centrale dell’Argentina. Un incontro proficuo, conclusosi con la conferma che l’Am-

basciatore sarà presente in occasione del prossimo incontro nazionale dei Circoli dell’Uruguay, in programma in settembre «on line».

Circolo di Toronto: nonostante la pandemia, continuiamo sempre uniti in spirito di fratellanza Qui di seguito riportiamo il testo del messaggio di David Corazza, presidente del Circolo trentino di Toronto (Canada), puubblicato sull’ultimo numero del periodico «Notizie dalla Baita». Con questo mio messaggio spero di trovare tutti i nostri membri del Trentino Club e le loro famiglie sani e salvi. La nostra società qui in Canada come anche in Italia e nel resto del mondo, è stata messa alla prova con una situazione unica che tutt’ora sta cambiando la nostra vita quotidiana. Però se questo ci ha impedito di riunirci insieme in un modo fisico, continuamo sempre uniti in spirito e fratellanza. I lavori di rinnovamento del nostro Club sono in ritardo a causa di Covid 19, ma la nostra speranza è di vedere il completamento alla fine dell’anno ed in seguito il permesso del governo provinciale di riaprire. Poi ci ri-

troveremo in una bella festa d’inaugurazione. Sfortunatamente le attività a cui ci tenevamo tanto sono state cancellate oppure rimandate. La Convention di 2020 ITTONA è stata cancellata, e si discute la possibilità che avrà luogo nel 2021. Il picnic è stato cancellato e abbiamo fermato il nostro deposito per il

8 agosto 2021. A questo punto non abbiamo programmato nessuna cena, in attesa delle direttive provinciali. Il torneo di golf di quest’anno sarà limitato al solo golf con eventuale spuntino presso il parcheggio del Club. Pranzo, cena o premi non sono ancora determinati e speriamo di sapere presto prima della data stabilita cosa possiamo e non possiamo fare. Sarà domenica 27 settembre 2020 al Royal Woodbine Golf Course. Il formato sarà «Best Ball» (come gli anni precedenti) ma NON un Shot Gun Start. Il primo tee-off sarà alle 10:00 e l’ultimo tee off sarà intorno a mezzogiorno. Lo spazio sarà limitato in quanto abbiamo un massimo di 12 quartetti consentiti sul percorso. Se necessario, ogni golfista avrà il proprio carrello elettrico per mantenere la distanza sociale. Per quanto riguarda la Festa di Santa Claus, aspettiamo ulteriori informazioni.

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dal Trentino sono il risultato del progetto della Provincia e di Trentino Sviluppo «Per un nuovo futuro cimbro»

La montagna rivive a Luserna con tre nuove aziende «territoriali»

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na struttura alpina dedicata alla formazione aziendale, alla coltivazione biodinamica e all’ospitalità; il laboratorio di fitocosmetici che utilizza le essenze dei boschi locali; l’impresa turistica tutta al femminile con un’offerta dedicata al vivere lento e alla produzione di trasformati agricoli d’eccellenza. Queste sono le tre aziende - rispettivamente Maso Micheal, Anna Paola’s Herbs e Prukaren - che si insedieranno a Luserna, grazie al progetto “Per un nuovo futuro cimbro. idee e progetti per il rilancio di Luserna - Vor naüge zaitn. Idee un prodjekte vürzovüara Lusèrn”. L’iniziativa nata a seguito degli Stati Generale della Montagna, ha visto il concreto avvio lo scorso novembre per iniziativa della Provincia autonoma

di Trento e di Trentino Sviluppo. “Abbiamo portato a termine - spiega l’assessore provinciale agli enti locali, Mattia Gottardi - la scommessa sulla nascita di nuove imprese a Luserna, come

«Maso Micheal» vuol essere un’impresa a tutto tondo. Si propone come centro per la formazione aziendale dal forte carattere esperienziale, capace di offrire, come elemento determinante per l’efficacia della formazione, il vivere a stretto contatto con la vita di montagna e in un territorio marginale carico di valori ambientali e particolarità culturali. Questa l’idea di impresa di un gruppo di professionisti che intende fare di una struttura alberghiera un centro poliservizi, con proposte formative rivolte alle grandi imprese del nord Italia, con percorsi di medicina olistica rivolti anche ad un pubblico più diversificato, con attività di autoproduzione e commercio di prodotti da agricola rigorosamente biodinamica, frutto di una pluriennale esperienza. Per loro e per le loro famiglie, anche una scelta radicale di vita lontano dalla città.

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strumento per combattere lo spopolamento e il declino di questa area marginale particolarmente importante per il Trentino. A Luserna vive l’ultima comunità di minoranza di lingua cimbra a

«Biografia» delle tre iniziative I boschi intorno a Luserna sono un elemento che colpisce chiunque si avvicini alle porte della piccola comunità cimbra, conservatasi isola linguistica anche per il suo isolamento. «Anna Paola’s Herbs», un’impresa tutta al femminile, dai boschi e dal suo ricco patrimonio di essenze intende ricavare prodotti per una cosmesi altamente sostenibile e destinata ad un mercato che fa della qualità e del chilometro zero una scelta etica e di investimento sul futuro. L’imprenditrice, al rientro a Luserna, vuole aprire nel nuovo centro artigianale di Luserna un piccolo laboratorio di produzione di fitocosmetici e di altri integratori alimentari totalmente naturali. Per farlo ricorrerà alla collaborazione di altre donne del luogo, valorizzandone finalmente le competenze professionali e l’esperienza.

livello nazionale e l’impegno a garantirne la continuità deriva alla Provincia direttamente dallo Statuto di autonomia”. Nel 2018 Luserna registrava 262 abitanti e una riduzione del 25% della popolazione negli ultimi vent’anni (Dati Ispat). L’erosione della comunità e delle minoranza cimbra ha dato il via a interventi mirati: da un lato gli incentivi all’insediamento in abitazioni di edilizia convenzionata, dall’altro un percorso per formare nuovi imprenditori, il Progetto Per un nuovo futuro cimbro. Le imprese che intendono nascere a Luserna hanno tutte una forte ambizione territoriale: considerare la montagna e il territorio cimbro come un valore aggiunto insostituibile della propria azione economica. (Uff. Stampa PAT)

L’altra realtà che intende aprire a Luserna è una piccola impresa turistica con un passato di eccellenza nella produzione di trasformati agricoli e nell’offerta di ospitalità lenta. Si tratta di un’azienda familiare veneta che ora punta decisamente sul territorio cimbro come portatore di precisi valori che sono alla base della propria idea di vita. Rivolgendosi a ospiti attenti alla qualità della vacanza, il «Prukaren» già nel nome promette immersione nella cultura locale, una permanenza in ambienti totalmente strutturati secondo i più rigorosi standard di sostenibilità ambientale e un clima familiare. La lunga esperienza nella produzione di eccellenti trasformati agricoli completa il quadro di una proposta turistica pienamente coerente con i valori ambientali del piccolo comune cimbro.


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Foto: Matteo Bazzocco

Lo staff della Trentini nel mondo, con il capitano degli Alpini Roberto Bertuol, al termine dell’iniziativa «Dal Trentino con affetto» in collegamento dal Doss Trento (articolo alle


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