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«VIVA KERENSKY ! »

Un dispaccio da Pietrogrado dice :

« I Comitati del Consiglio dei delegati degli operai e militari ed il Consiglio dei delegati ·dei contadini hanno redatto in comune cinque vibranti e pressanti appelli diretti rispettivamente: il p ri mo a tutti i · Consigli dei delegati degli operai e soldati in Russia, il secondo alla popolazione russa, H t eno agli o~rai, il quarto ai contadini, il quinto all'esercito. Gli appelli annunziano Ja forma zione del Governo di salute pubblica " in pieno accordo con noiessi dicolW - sotto forÌna di dittatura rivoluzionaria, che prenderà una serie di misure atte a difendere ed a rafforzare il fronte, a respingere i nemici, ad introdurre riforme democratiche e sociali, a ris tabilire con mano ferrea l'ordine rivoluzionario"•

.: I Comitati del Consiglio dei de legati degli operai e dei soldati ed il Consiglio dei delegati dei contadi~i, con la deliberazione votala ieti, SCOm· p aiono dinanzi al Governo. che diYiene indipendente ed onnipotente, cretto in Comitato di salute pubblica, riconoscendo in Kcrensky un capo d'autorità io. contestata, li Ministero sarà probabilmente allargato con l'entrata di un rapprC· sentante dei cadetti che accettano completammte il programma stabilito, ll solo programma, il solo scopo è di riunire tut te le buone volontà pe r salvare il paese. (Sttf.) ».

C'è una logica fatale negli avvenimenti e queilo che nelle vicende umane si attribuisce al caso o all' imprevisto non è che Ja confessione di una nostra imperfetta, manchevole conoscenza dei fatti. Quello che succede in Russia è logico, fatalmente. Ieri salutavamo in K erensky il dittatore che avrebbe salvato la Rivoluzione russa e la Russia della Rivoluzione; oggi il telegrafo ci ·annunzia che la dittatura è già stata proclainata e riconosciuta dalle due massime organizzazioni nelle quali si concentrava e si disperdeva ad un tempo il potere e l'amministrazione della « cosa pubblica ».

Il periodo convulsionario e inevitabile dopo a uno spostamento cosl grandioso di interessi economici e politici, dopo a un capovolgimento cosi radicale di valori morali, si è conchiuso. L'equilibrio ritorna. La massa esprime un uomo. Si affida a uo uomo. Si sintetizza in un uomo. La Russia oggi è Kerensky. A un certo momento la tivoluzione francese è stata Camot, più tardi Napoleone. la saggezza vichiana aveva già pensato le linee di questo fenomeno che si accompagna a ·tutti i grandi sommovimenti di popoli. li disquilibrio all'interno, che ebbe la

Opera Omnca Di Benito Mussolini

sua più acuta e· pericolosa manifestazione nella rivolta degli estremisti pietrogradesi, è l'antitesi dello squilibrio provocatQ. daUa politica autocratica dei Romanoff. E cco la sintesi che concilia e annulla i contrari; Kerensky.

Noi salutiamo con un ·senso di trepida e profonda ammirazione ì: . quest'uomo che accetta la dittatura come si accetta il più alto dovere, Ja più dura responsabilità, la più difficile missione. Ma noi crediamo che le spalle giovani di Kerensky siano su.fficentemente forti per reggere il peso della Russia che vuol vincere la guerra e salvare la Rivoluzione. . I termini guerra e Rivoluzione sono inscindibili. La prova che Ke- · rensky ha fatto crune ministro della guerra è ra.ssicurante, malgrado la controffensiva scatenata dagli imperiali, grazie al tradimento di Unille.

Il compito del dittatore è fondamentalmente duplice : « una serie di misure atte a difendere ed a raffonare il fronte, a respingere i nemici e a ristabilire con mano ferrea l'ordine rivoluzionario ». Questo è if programma della massima intensificazione della guerra. Kerensky e i suoi amici del Comitato degli operai e dei soldati e del Comitato. d ei contadini, dopo un periodo - che in altri tempi sarebbe apparso assai breve, cronologicamente parlando - di vaneggiamenti dietro le ideologie pacifondaie, hanno capito che se Ja Russia non vince la guerra non e' è più una Rivoluzione e nemmeno una Russia : c'è soltanto un Kaiser che dilata il regime delle caserme prussiane su tutto iJ · mondo. Ma la guerra non può essere continuata, se dietro ali'esercito che çombatte nelle prime linee, non e' è tutta la Nazione raccolta nello sforzo della produzione intensificata e ordinata; ecco perché gli operai e i contadini affidano a Kerensky il compito di « ristabilire con mano fer• rea l'ordine rivoluzionario». Già. La Rivoluzione non è il caos, non è il disordine, non è l o sfascia.mento d i ogni attività, di ogni vincolo della vita sociale, come opinano gli estremisti idioti di certi paesi; la Rivoluzione ha un senso e una portata storica soltanto quando. rappresenta un ordine superiore, un sistema politico, ·economko, morale di una sfera più elevata; altrimenti è la reazione, è la Vandea. La Rivoluzione è una disciplina che si sostituisce a un'altra disciplina, è Wla gerarchia che prende il posto di un'altra gerarchia :B altamente si· gnificativo che la Russia ultra-democratica vada alla dittatura. ·[ Cem11ra].

Noi crediamo che Kerensky - dittatore - assolverà il compito che si è imposto. Ma quand'anche, sotto l'urto di circostan2e e di forze superiori alla sua volontà, dovesse fallire, noi gli saremo grati egualmente di non av~r disperato della salvezza della Russia, di aver creduto nella vittoria della Rivoluzione. ·

Da Il Popolo d'Italia, N . 205, 26 luglio 1917, IV.

E ADESSO, AI FATTI !

Come quella di Roma, come fe altre molte che la precedettero, anche la conferenza interalleata di Parigi ha creduto opportuno di chiudere i suoi lavori con Una impegnativa e· solenne dichiarazione d i princip io. L'opinione pubblica delle Nazioni occidentali che ha sentito dpe· tere a Londra, a Parigi, a Roma le mille volte le stesse cose, con un linguaggio su per giù sempre identico, avrebbe trovato un motivo di più lato compiacimento se gli Alleati, invece di tenersi sulle generali , fossero discesi all'« applicazione geografi.ca» dei princip! contenuti nella loro dichiarazione. E la soddisfazione sarebbe stata ancora più profonda, se almeno qualche spiraglio di luce ci .fosse stato concesso circa la solu· zione data a problemi d'indole politico-militare come l'intervento ormai inevitabile della Grecia.

Ma le riunioni dei diplomatici continuano a tem:rsi col rituale misterioso di prima e noi siamo condannati al regime dell'eterno pupillaggio. Forse questa dichiarazione di principi che a noi sembra superflua, è stata concertata per garantire la democrazia russa sugli obiettivi di guerra anti-imperialistici delle Potenze occidentali, Lo scopo di guerra che sovrasta tutti gli altri, secondo la formula uscita dalla conferenza di Parigi;· ·è « quello di rendere impossibile il ripetersi di una criminosa aggressione come quella di cui l'imperialismo degli Imperi Centrali porta la responsabilità».

Come tutte le formule, anche questa ha bisogno di essere chiarita, altrimenti può dar luogo a qualche equivoco funesto. Ci si domanda : in che modo si vuol render.e « impossibile » una nuova aggression e austro-tedesca? Con un sistema di garanzie giuridico-politiche che la Germania potrebbe anche alla fine accettare, quando la guerra si chiudesse con partita patta dal punto di vista territoriale e peruni:irio, o con un nuovo assetto territoriale europeo che la Germania potrà subire per forza ma non accetterà mai di libera volontà? In questi ultimi tempi - per effetto dell'intervento nord-americano e dell'estremismo rosso - è venuta alla luce una tenden2:a per la. quale i problemi di integrazione e di redenzione nazionale sono passati in -seconda linea di fronte alle garanzie della pace futura del mondo. In un recente di· scorso di Lloyd George e nella dichiarazione degli Alleati, ci par di scorgere una vaga parziale accettazione di quest'ordine d'idee. Ci si .in· cammina sopra u_n piano inclinato e insidioso. Pur di tornare .allo staJu quo anJe Ja Germania può, a un dato momento, presentarsi nella più democratica delle toitelles, Un primo timido passo in questo senso è già stato compiuto coll'abolizione dell'anacronistico suffragio di casta in Prussia. Domani, la Germania, può accedere - ipocritamente - sul terreno delle garanzie e delle mutue intese fra i popoli. C'è una traccia di questa eventualità nella mozione votata dalla maggioranza del Reichstag. La Germània non ci perde nulla. Ma dobbiamo proprio essere noi ad offrire alla Germania il modo di trarsi dal vicolo cieco dove si è cacciata? Spetta proprio alla Quadniplice di gettare una cord~ d ì saJ. \'ataggio - sotto la forma anodina di garanzie non ben determinate p er la pace futura - agli Imperi Centrali?

B tempo di dire e di ripetere altamente che una Germania democratizzata s ino alla repubblica, un'Austria-Ungheria realizzante il più liberale dei regimi federalistic i, non costituiscono garanzie sufficenti per la pace futura, se )'Europa di domani. Jarà territor;alment e uguale a quella di ieri, Non aggiriamoci in un circolo chiuso e vizioso. Per essere sicuri che la « criminosa aggressione austro-tedesca non si ripeterà p iù » bisogna punire la Germania costringendola non solo a restituire quello che ha predato in questa guerra, ma anche il bottino rapinato ai danni della Francia nel 1870-'71; bisogna far saJtare il brillante feudo deJla Germania: l'Impero degli Absburgo. Molto giustamente la dichiarazione di Parigi accomuna nella stessa responsabifoà di aver scatenato la guerra Germania e Austria-Ungheria. Liquidate la Turchia e l'Austria-Ungheria, e la Germania non ·oserà più, perché non lo « potrà » più, attaccare nuovamente l'Eu ropa. la vera garanzia della pace futura consiste precisamente nel finii Austriae. Tutto il resto è secondario. Di questa suprema neceSSiti dovrebbero cominciare ad essere convinti quegli austrofili di Parigi e di Londra che sono rimasti in ritardo di mez.zo secolo a lmeno!

L'Austria non deve essere salvata. Come organismo statale non ha più nessuna missione da compiere, nemmeno quella che le assegnavano i tedeschi di casa nostra durante il periodo della neutralità : quella di fare da antèmurale alla marcia del panslavismo verso il sud-ovest. Fra le nazionalità. che compongono l'Impero absburgico, tutti i vincoli sono spezzati. Gli czeco-slovacchi lanciano alle Potenze dell'Intesa questo grido ·:

Smembrate l'Austria-Ungheria! Fate la Boemia una e indipendente! Sono dodici milion/. Perduti i polacchi, i serbi della Bosnia-Erzegovina, g1i italiani ()ell'Istria e della Dalmazia, i romeni deJJa Transilvania, che cosa rimane dell'AuStria di ieri? L'elemento tedesco, il magiaro, lo slovenocroato. Venti milioni, coll'impossibj[jtà di convivere insieme e la probabilità, quindi, della costituzione di tre nuovi organismi politici indipen-

DALLA CRISI DEL

BOSBLLJ, ECC, 81 denti, o di due, se i croati-sloveni si uniranno ai serbi. Non è la fine dell'Austria-Ungheria? E una Germania senza l'appoggio deirAustria-Un· gheria, come può ripetere o solamente pensare di ripetere il suo tentativo di aggressione?

L'equilibrio dell'Europa di dòmani, o, in altri termini, la durata e la fecondità della pace m ondiale, è strettamente legata - in ragione di assoluta dipendenza -a un assetto territoriale che corrisponda alle legittime ·aspirazioni dei popoli e segni la fine di tutti gli irredentismi. Non ci saci più fondato motivo di nuove guerre, quando i popoli saranno liber i nelle loro frontiere. Altre garanzie potranno essere escogitate e attuate, ma la fondamentale, Ja pregiudiziale, è quella che noi abbiamo prospettato.

E adesso che la con ferenza di Parigi ha mostrato che le Potenze dell' Intesa sono più strettamente unite che ma.i - il che significa nei nostri riguardi ch e le questioni italo-jugo-slava· e italo-greca banno trovato u na soddisfacente soluzione - è tempo di passare ai « fatti )> per realizzare - nel concreto - i principi ideali.

D a 1/ Popolo d'Italia, N 207, 28 luglio 1917, IV.

Che cosa significa il « morale )> , · p iù o meno elevato, di un esercito in guerra, è palese, con un 'evidenza dòlo«lsa, nelle attuali vicende dell'esercito russo. Se, oggi, gli austro-tedeschi hanno potuto riguadagnare tutto il terreno abba ndonato in seguito all'offensiva intrap resa dai g loriosi reggimenti del 1° luglio e stanno - inoltre - avanzando nella Bucovina ; se oggi Tarnopol, . Stanislau, Kolomea sono in dominio deg li imperiali, se Cernowitz stessa - la perla del Pruth - è minacciata; se; in somma, tutto ciò ch e rappresentava il frutto degli ingenti sacrifici d i ieri, da part:e dei russi, è o sta per essere nuovamente perduto, la responsabil ità non tocca ai generali traditori come n ella battag lia dei laghi Masuri, la causa non deve attribuirsi alla schiacciante supedorità deg li armamenti"nemici, come nella primavera del 19 15,... tutto ciò avviene perché il «morale» di molti soldati è stato corrotto, minato dalla propaganda bestiale dei pacifondai venduti alla Germania. I leninian i: ecco i responsabili della critica situazione in cui si trovano gli esercit i russi del sud C'è nei bollettini russi - è sempre un merito grande quello di dire la verità anche quando ci può affliggere· o umiliare - la documentazione. - giorno per giorno - dei fattor i di natura eminente• mente morale che hanno imposto a Brusiloff il duro compito della ritirata. [Censura] .

Può essere che lo Stato Maggiore n1:5so carichi le tinte e infoschi la situauone per p rovocare l'intervento energico e immediato del Governo provvisorio e del dittatore e per determinare nell'opii::iione pubblica u no scoppio d'i~dignazione contro i responsabili materiali e morali di questi avvenimenti; ma anche accogliendo questa possibilità, la realtà dei fatti rimane sempre assai grave.

Aggiungiamo ·subito che non c'è motivo di abbandonarsi alla disperazione e per le ragioni che seguono. [Censura]. In certe località, dove i russi resistono accanitamente, l'avanzata, a confessione deg li stessi tedeschi, incontra serie difficoltà. Finalmente, alcuni sintomi autorizzano a credere che il periodo più acuto di questa crisi militare sia sorpassato: Kerensky, che è tornato al fronte, può rianimare colla sua ardente parola le truppe, rior8anizzarle e Janciad e fra poco alla controffensiva. Il G o. veino provvisorio - composto, giova sempre ricordarlo, ne lla sua tota• lità, di socialisti rivoluzionari - è finalmente compreso della necessità di adottare misure estreine. Prova ne sia il ristabilimento della pena capitale per i soldati che tradiscono Il compito 'd el Governo provvisorio è chiaro: evitare a qualunque costo, con <Jualunque mezzo, la disfatta, per· ché la disfatta militare significa la contro-rivoluzione; significa il cittadino Romanoff rimesso sul trono imperiale da Guglielmo di HohenzolJern . Lénine e soci ~anno lavorato per la Germania e per la controrivoluzione!

Noi crediamo fermamente che la Russia rivoluzionaria - viva io sterminato di energie umane - riuscirà a contenere g li eserciti e a salva re se stessa.

Ma c'è - negli avvenimenti di q uesti giorni - una « le zione» che non deve anda re perduta, E la lezione si riassume in questo « coma nda.mento » : BisOgna vigilare, colla màssima diligenza, sulla « salute morale » degli eserciti. A che cosa giovano migliaia di cannoni, montag ne di proiettili, moltitudini di soldati, se l'an imo manca o non sa più affrontare il sacrificio? Un tempo -:- agli esordi della guerra - il problemà massimo per la Quadruplice fu un problema di ordine materiale, tecnico; oggi, dopo tre anni - J'efficenza dei mezzi tecnici è raggiunta - bi. sogna tener presente l'altra necessità : Ja "resistenza morale degli eserciti e de lle popolazioni.

A dire il vero, noi ci troviamo ancora in buone condizioni. Ma potrebbero essere infinitamente migliori, se il Governo di Salandra prima, di Boselli poi, avesse seguito una politica diversa, più energica, p iù previ<:l.ente~ più sp!egiudicata. Noi ripetiamo la n ostra parola d 'ordine: bisogna dare un'anima all'esercito! E per quanto riguarda le condizioni interne dell'Italia di doman i aggiungiamo: bisogna dare un contenuto « sociale » a lla guerra ! Andare ai soldat i: ma non colle promesse incerte, che per la loro stessa inconsistenza non possono sollevare enhlsiasmi, ina con « fa tti » i quali dimostrino ai soldati che tutta la Nazione è con loro, che tutta la Nazioneè concentrata nello sforzo di preparare una Italia nuova per l'esercito che tornerà v ittorioso dalle frontiere ri· conquistate

Noi non c'intendiamo affatto di strategia, né di tattica militare, m1 conosciamo molto bene il meccanismo interiore dell'anima popolare, perché le stesse folle che 'portano~ oggi le stellette, noi le abbiamo avute nel pugno, in tempi non troppo lontani , e sappiamo le parole ch e b isogna dire e quelle che non si devon o dire; sippiamo quali molle devono essere toccate perché questi uomini « SCattino » nell'azione.... A questa gente che vi ha dato e vi dà il sangue, non si può parJare sempre attria.verso ai paragrafi di uq regolamento di guerra, buono forse per gli eserciti di caserma del vecchio Piemonte, non più certamente per la Nazione armata. Ma che la letter~ debba sempre uccidere lo spirito?

D a li Popolo d'Italia, N. 208, 29 luglio 1917, IV.