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[L'EPISODIO DI PARIGI NELLA STAMPA CLERICALE]

... censura .... ]. Se l'episodio massonico di Parigi non fosse deplorevole per altri più seri motivi, l o sarebbe per quello di aver forn ito . ai clericali l'occasione di fare i pavoni colle penne del più sgargiante patriottismo. I giornali del trust clericale - quelli stessi che volevano inchiodare l'Italia alla vergo8na g iol ittiana del << parecChio >> [ censura.... ] - oggi che si tratta di battere la massoneria italiana rinundataria a Parigi, sono tramutati in alfieri di tutte le rivendicazioni na2ionali. Notiamolo con piacere. Notiamo che per i fogli del 1111st cattolico, la Dalmazia - colla sua millenaria italianità - non deve essere sacr ificata alla Serbia.

Con uno scamotaggio, degno di quei saltatori dì fossi che S0!-10 stati e sono dovunque e sempre i preti, j fogli del tru1t danno a in• tendere al loro pubblico che il Popolo d' Italia è partito in lizza per difendere i delegati massoni.

Più che falso, è grottesco!

Gli stessi giornali del Jru1I ammettono che sin dalle prime battute polemiche, noi abbiamo dato una « lavata di capo» alla delegazione m assonica d i Parigi. Un nostro articolo editoriale di domenica, intitolato L 'epiJodio di Parigi, deplorava l'intervento di Nathan anche p er la sua esibizione in t enuta di ufficiale italiano e concludeva coJl'affermare che la faccenda massonica aveva « "urtalo" la co1cienza nazionale italia11a ».

Di più.

Nel nostro articolo ven iva pròspettata l'ipotesi ch e poi, da successive dichiarazioni del Meuaggero, è risultata conforme a verità, che cioè Ja remissività dei delegati italiani fu determinata dall'aggressività più ch e imperialistica dei delegati jugo-slavi, le cui. idee megalomani abbiamo illustrato nel numero di ieri Dopo ciò, per smOittare i t roppo accesi furori patriottici della stampa pretina, basterebbe stampare a chia re lettere qualche nome. Per esempio: Erzberger, FaiduttL

Il Popolo d ' Italia; N. 190, 11 luglio 1917, IV•.

BATTISTI!

U n a nno fa, il boia - _simbofo vivente e rappresentativo dell' Impero d'Absburgo dai tempi di Metternich a quelli di Tisza - ven iva chiamato · telegraficamente d a Vienna per erigere la forca nel cortile del Castello di Trento. L'esecutore delle alte opre giunse col treno p iù rapido, eresse la sua atroce macchina e assicurò al collo dì Cesare Battisti ìl nOdo scorsoio. Uno strappo, un g r ido d i « Viva l'Italia>>, alcuni minuti di terribile agonia, poi, il silenzio e l'immobilità della morte. Dopo un anno - e questi anni sembrano lunghi ·come secoli - basta ritornare col pensiero a quell'episodio di gloria imperitu ra e di infamia senza· nome, p er sentire ancora in tutte le fibre più profonde dell'essere, u n brivido d'angoscia. Nell'illusione rui si abbandona qualche vo lta lo spirito vien fatto di d~mandarsi.: è stori a o leggenda? :E storia. Di ieri, di oggi e sarà di domani, se l'Impero degli Absburgo non verrà fatto «saltare» come un anacronismo tirannico cui è venuta a mancare ogni giustificazione di vita.

Bisogna accostarsi alla guerra con purità di pensieri e d i opere. La guerra, per tutto lo strazio che impone ai popoli, non deve essere oggetto della speculazione macabra dei partiti politici quale si sia la bandiera che essi fanno sventolare e non può essere mot ivo di esibizione letteraria. Bisogna accostarsi al martirio con devozione raccolta e pensosa, come il credente che si genuflette dinanzi all'altare di un d io. Commemorare significa entra re in quella comunione degli spiriti che lega i morti ai vivi, le genera~ioni che furono e quelle che saranno, il dolore aspro di ieri al dovere ancora più aspro di doman i. Commemorare significa fare _ un esame di coscienza, scandagliare sino all'imo l'anima nostra e poi chiedere a noi stessi: saremmo noi, che pure lo indichiamo agli altri, capaci di seguire quell'esempio? Saremmo noi pronti ad affrontare liberamente e deliberatamente il sacrificio est remo, pur- di contribuire al trionfo di un ' idea? Questo esame ci dà tutta la belletta, l'altezza morale, sovrumana quasi, attinta da Cesare Battisti, il giorno in rui Ei decise - conscio di ciò che l'attendeva - di andare incontro, col passo fermo e pesante dell'alp inO, ai carnefici di Vienna.

E costoro non lo risparmia rono. Non ebbero, per lui, nessuna p ietà.

N ~ Egli la sollecitò, né !;avrebbe 3Ccettata. Ferito in combattimento po- teva salvarsi, e no n volle! Prima di cadere prigioniero, poteva sopprimersi e non voJJe. Poteva chiedere di essere g iustiziato in altro modo, meno barbaro. Non volle. ,Ma quale idea lo esaltava, quale forzi!. lo sosteneva? A suggello di q uale apostolato Ei sorrideva trnnquillo al patibolo ? • ll cristian esimo, che ha visto in questa guerra il fallim~nto del precetto evangelico della fraternità fra tutti g li uomini, non ha dato al mondo nessuno dei suoi adept i che abbia avuto il coraggio di un gesto di negazione ·e di rivolta.

Il socialismo meno ancora, Queste idee non hanno spinto nessuno al sacr ificio. Hanno sublto la tempesta in istato di rassegnazione e di impotenza. N essun cristiano, nessun socialista è andato alia morte in nome del cristianesimo o del socialismo. Spettacolosa aridità, morale e storica, del misticismo cattolicizzato e del materialismo sto rico dogmatizzato ! Un'idea è al tramonto, quando non trova più nessuno capace d i difenderla anche a prezzo della vita. Cesare Battisti non è morto in nome del cristianesimo o in nome del sOCialismo qual è comunemente inteso e praticato : è morto in nome della · Patria.

L'internazionalismo facile .degli ulti_mi cinquant'anni di storia europea aveva ormai cacciato fra le anticaglie ideologiche la 002:ione di Patria. Il socialismo tedesco aveva dilatato artific iosamente la classe al d isopra delle frontiere e non era che una manovra pangermanista. Mà la Patria viveva. Nel segreto e nel silenzio, ma viveva.

Quando nell'agosto del 1914 la Germania iniziò la sua impresa di saccheggio e di crimini, )e Pàtri"e minacciate si raccolsero in se stesse, tesero tutte le loro energie, centuplicarono l e loro capacità .di lotta; milioni di uom ini che avevano creduto e g iurato nella «classe», andarono ai confini; la classe fu sommersa nella Nazione, la Patria tornò ad essere una ·realtà insopprimibi le ed eterna. Non si spiega d iversamente il fatto che milioni di uomini siano corsi a combattere e a morire, se non spinti da qualche cosa di superiore, che ha fatto tacere tutte le altre voci, tutti gli altri inteèessi, tutti gli altri amori, tutti gli alt ri istinti, compreso quello primordiale della conservazione. Non basta un regolalD.ento di disciplina o un articolo del Codice Militare, a determinare un fenomeno così grandioso! :E: l'idea di Pat ria che ha avuto i suoi soldati e i suoi martiri, Ja sua consacrazione di sangue, il suo suggello di gloria·.

Guglielmo Oberdan offerse all'Ital ia la sua giovine~:za per dare all'Ital ia Trieste; Cesare Battisti, dopo venticinque anni, rinuncia, con ferreo stoicismo, alla sua forte virilità, per dare Trento all' Italia. O ra o non più. - Cogliere l'attimo storico o morire:

Ma dalle Alpi bianche d i neve e vermiglie di sangue, dalle rive

DALLA CRISI DEL MINISTERO BOSELLI, !!CC, 4~ dell'Isonzo che assiste alla r inascita dell'Jtalia, daUe pietraie orride del Carso; dal petto dei vivi, dalle fosse innumerevoli dei morti, il g rido di Cesare Battisti è stato udito, è stato . raccolto : è diventato un grido . d i battaglia. Ora o non più. Ora: contro la Germania che ha scatenato la guerra, contro l'Austria ch'è stata sua complice, contro la Turchia e la Bulgaria vassalle, ora bisogna battere senza remissione, senza compromessi, sino all'ultimo. Ora, contro tutto ciò .che risorge dal basso per avvilirci, per umiliard, per tradirci, lotta senza quartiere. Ora, per i giusti e sacri confini di nostra gente, per il nostro domani, per la classe redenta nella Nazione, per la Nazione nobilitata nel mondo, bisog na resistere e saper morire. Ora o non più. Il tragico dilemma è inciso a càratteri indelebili nel cuore del popolo italiano.

Per quanto sia grave il fardello, il popolo - malg rado le sobillazioni degli indolenti e dei" criminali - non lo getterà prima di aver toccato la meta. Non si rimette a do mani. 11 processo di liquidazione della vecchia Europa è incominciato e deve finire. Dopo i Romanoff, il turno tocca agli Hohenzollem e ag li Absburgo. Dall' interno o dall'esterno, non importa: il destino degli Imperi Centrali è segnato. La loro potenza è diminuita. Il diritto ch e promana da Dio, sta diventando un inuti le arca ismo, dinanzi al diritto vivente e perenne dei popoli Quando la Rivoluzìone impugna le armi e fa tuonare i cannoni, monarchi e cortigiani sentono che il loro dominio sta per finire.

La forca di Battisti come la croce del Golgota è alta suWorizzonte, mentre tutto intorno la tempesta infuria. Ma i l sereno verrà. Già qualche spiraglio di azzurro s'intravvede tra le nuvole. Jl m eriggio solatio non è lontano. Presto, le nuove generazioni d'Italia and ranno al colle d i S. Giusto e al Castello di Trento per compiervi il rito della r icordanza e della purificazione.