Scheda tecnica Rapporto BES

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RAPPORTO BES 2011-2013 Analisi dei dati Qualche giorno fa è stato pubblicato il Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (BES), redatto dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel) e dall’Istat. Attraverso l’analisi di alcuni indicatori, il rapporto tenta di scattare una fotografia del Paese più completa, complessa e realistica di indicatori 'freddi' e 'rigidi' come il PIL, sempre meno adatto a fungere da indicatore di riferimento del benessere sociale di un Paese. Il Rapporto BES è scaricabile qui. Il capitolo 2 del rapporto è interamente dedicato al tema dell'istruzione e della formazione. La relazione è imperniata su 10 indicatori che restituiscono una situazione decisamente sconfortante. Nonostante tra il 2011 e il 2013 siano migliorati quasi tutti gli indicatori sulla formazione – fa eccezione in particolare il dato sulla cosiddetta 'partecipazione culturale', sul quale torneremo dopo – la crescita è così lenta che il divario tra l'Italia e gli altri Paesi europei, anziché colmarsi, si sta progressivamente allargando, con profonde disparità sociali e territoriali nell'accesso all'istruzione. Il risultato è che “solo un terzo degli italiani tra i 16 e i 65 anni raggiunge un livello accettabile di competenza alfabetica mentre un altro terzo è ad un livello così basso che non è in grado di sintetizzare un'informazione scritta”. Il livello di formazione della popolazione Un aumento contenuto dei livelli di formazione nel biennio 2011-2013 non risolve la distanza strutturale tra il nostro Paese e l'area europea. Nella fascia di popolazione dai 25 ai 64 anni, il 58,2% è diplomato (74,9% nell'UE), tra i 30 e i 34 anni il 22,4% degli italiani è laureato (40% nell'UE). Il 6,2% della popolazione italiana è coinvolta in un percorso formativo (10,7% nell'UE), il 17% abbandona gli studi prima dell'adempimento dell'obbligo scolastico (12% nell'UE). Il dato sull'abbandono scolastico è particolarmente emblematico sull’inesistenza nel nostro paese di investimenti in diritto allo studio, di percorsi di orientamento e rimotivazione scolastica. Competenza alfabetica Dall’indagine internazionale sulle competenze degli adulti condotta nei paesi Ocse emerge Rete della Conoscenza - Via IV Novembre, 98 - 00187 Roma info@retedellaconoscenza.it Tel. 06/69770332


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un dato ancor più allarmante, come si evidenziava nell’introduzione: nel 2012 gli indicatori di competenza alfabetica tra i 16 e i 65 anni di età collocano l’italia all’ultimo posto tra i Paesi dell’area considerata, analoga la situazione rispetto alla competenza numerica che vede l’Italia al penultimo posto. Questo studio mette dunque in evidenza come il 30% degli italiani raggiunga un livello di competenza alfabetica accettabile mentre un altro 30% non è in grado di sintetizzare un informazione scritta. Dalla analisi OCSE si evince anche come le problematiche si concentrino principalmente sulle scuole medie inferiori e superiori, in quanto nell’anno 2011/2012 il tasso di partecipazione alla scuola dell’infanzia e alla scuola primaria raggiunge il 96%, valore superiore alla media europea che va scemando man mano che sale il ivello di istruzione. Immatricolazioni e Neet: un dato sconfortante Per quanto riguarda il tasso immatricolazione all’università dei dicianovenni il dato è ancora più preoccupante: se nel 2007/2008 la percentuale era aumentata dal 25% del 2001 al 33,1%, ha poi seguito un andamento discendente fino al 29,8% del 2012/2013. Il calo ha coinvolto principalmente le donne con una riduzione del 40,6% nel 2007/2008 e del 36,4% nel 2012/2013. La quota dei Neet, tra i 15 e i 29 anni ha subito un drastico aumento passando dal dato stabile tra il 19% e il 20,5% dal 2004 al 2009 al picco negativo nel 2013 del 26%. Forme di partecipazione culturale Le forme di partecipazioni culturale mostrano da un lato un calo generale, dall’altro una riconfigurazione nelle forme prevalenti di attività culturale che si svolgono: il calo generale dal 27,9% del 2012 al 25,9% del 2013, in particolare con la diminuzione della lettura di libri e quotidiani, di partecipazione a spettacoli teatrali e cinematografici, dovuta senza dubbio alla crisi economica è compensato in parte dalle forme di fruizione non convenzionali: Internet, Dvd, streaming. La percentuale di chi svolge attività culturali di questo tipo sale al 35,7% nel 2013. In generale il dato evidenzia l’assenza quasi totale di politiche di incentivo alla fruizione culturale informale ed extrascolastica/extrauniversitaria, che potrebbe essere stimolata con forme di reddito indiretto (agevolazioni per musei, mostre, concerti, cinema, acquisto di libri, cd, dvd etc.). Le differenze territoriali Le differenze territoriali in termini di istruzione e formazione restano sostanzialmente invariate nel tempo, ma aumenta il divario tra Nord e Sud rispetto al tasso di uscita precoce dal sistema di istruzione, che al Nord diminuisce di due punti percentuali mentre Rete della Conoscenza - Via IV Novembre, 98 - 00187 Roma info@retedellaconoscenza.it Tel. 06/69770332


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al Mezzogiorno rimane invariato. l tasso di diplomati in Puglia, Sicilia e Sardegna non supera il 50% mentre in Trentino Alto Adige si attesta al 67%. Lo stesso dicasi per la percentuale di laureati tra i 30 e i 34 anni che al Nord è del 24% mentre al Sud solo del 18,2%. Anche la distribuzione dei Neet è emblematica, con un 19% al Nord mentre nel Mezzogiorno si sfiorano picchi del 35,4% e questo dato si qualifica come caratterizzante della situazione nel Sud Italia soprattutto in Regioni come la Puglia, Campania, Calabria e Sicilia. Anche dal punto di vista delle competenze acquisite il divario è fortissimo, gli studenti delle scuole medie superiori al Nord hanno livelli di competenza alfabetica e matematica, rispettivamente 201,9 e 213,2, mentre al Sud i punteggi sono rispettivamente di 189,2 e 186,2. Le differenze di genere Le donne conseguono risultati nettamente migliori nelle performance OCSE e dai dati si evince un netto distacco dagli uomini: la differenza tra i 30-34enni che hanno conseguito un titolo universitario è elevatissima, nel 2013 le donne si sono attestate al 27,2% mentre gli uomini al 17,7%. Gli uomini mantengono un vantaggio solo nei livelli di competenza numerica e informatica con un distacco di 13 punti anche se tra il 2012 e il 2013 si è verificata un’inversione di tendenza tra le ragazze tra i 16 e i 19 anni che hanno registrato un aumento di 8 punti. Rimane però più alta, rispetto agli uomini, la percentuale di donne che non studiano e non lavorano. Per quanto riguarda la partecipazione culturale si registra un leggero vantaggio per le donne, 26,3% contro il 25,6% degli uomini, divario che viene colmato se nel computo si inserisce la visione di film, la navigazione online etc. I divari generazionali I livelli di istruzione e formazione sono meno elevati per le classi età più anziane: la quota di persone che ha conseguito il diploma di scuola superiore tra i 25 e i 34 anni è del 75,7% mentre tra le persone di di 60-64 anni raggiunge solo il 40,1%. Un divario simile si registra anche rispetto alla formazione continua e alla partecipazione culturale. Mentre il dato più sensibile lo si ha rispetto al livello di competenze informatiche che supera il 40% tre i 16 e i 34 anni e diventa il 2,8 per gli individui di 64 anni o più. Il dato di incremento rispetto alle persone di 64 anni o più, passato dallo 0,9 al 2,8%, è dovuto solamente all’invecchiamento di generazioni istruite e non ad un investimento nella formazione continua.

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Le differenze sociali Il background sociale di provenienza condiziona fortemente la riuscita dei percorsi formativi dei ragazzi. Nel 2013 i figli di genitori con al massimo la scuola dell’obbligo hanno avuto un tasso di abbandono scolastico del 27,3% mentre i figli di genitori laureati del 2,7%. Anche rispetto alla condizione di Neet la distanza è elevata, i figli di genitori con al massimo la scuola dell’obbligo raggiungono il 33,3% nel 2013 mentre i figli di genitori laureati si attestano all’11,1%.

Quali prospettive? Questi dati ci consegnano un panorama del mondo dell’istruzione desolante, rendono palese la necessità di una riforma strutturale della scuola italiana e soprattutto un rifinanziamento della stessa. Il dato sulla dispersione scolastica, che raggiunge i picchi del 50% in Puglia, Sicilia e Campania, assieme all’analisi del tasso di abbandono scolastico in rapporto al background sociale di provenienza ci mostra come anni di attacchi alle forme di welfare studentesco abbiano inficiato le possibilità per gli studenti di raggiungere persino livelli minimi di istruzione, dato che poi si ripercuote anche sulle percentuali di occupazione dei giovani e soprattutto sull’aumento vertiginoso della percentuale dei Neet verificatosi negli ultimi anni. Anche sulle forme di partecipazione culturale il dato ci mostra come la cultura sia sempre meno accessibile, a causa dei costi troppo elevati. Si palesa quindi la mancanza di una politica che incentivi la fruizione di attività culturali, e questo dato è supportato anche dallo spostamento verso attività culturali a basso costo come la visione di film in streaming e la navigazione su internet. La risposta a questi dati deve essere strutturale e coinvolgere tutti gli aspetti della formazione e della cultura in senso lato. Si ravvisa infatti la necessità di una riforma dei cicli scolastici, poiché se si vede come da una parte le scuole elementari riescano ancora a soddisfare le necessità degli studenti, invece le scuole medie superiori e le università si dimostrano totalmente inadeguate, per come sono strutturate attualmente, a soddisfare i bisogni dei giovani. Altro punto cardine deve essere la liberazione della cultura. Troppo spesso i musei, i teatri e tutte le forme di cultura sono viste come una merce al pari di tante altre e non come uno strumento di accrescimento personale e collettivo e di emancipazione: per questo sono necessari forti investimenti e una politica di demercificazione della cultura e di accesso gratuito ai contenuti in modo tale da renderli accessibili a tutti.

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