La TRISE e l'ennesima tassa contro gli studenti

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Il Governo Letta ha intenzione di varare con la legge di stabilità 2013 una nuova tassa. In un primo momento è stata chiamata “service tax”, nell’ultima bozza del testo si evince che sarà chiamata TRISE – Tassa Rifiuti e Servizi. Con questa tassa il Governo ha intenzione di accorpare due tributi esistenti: la tassa sui rifiuti (Tarsu-Tia) e l’imposta sulla prima casa (IMU). Perché si è arrivati alla tassa unica? Come cambiano i due tributi rispetto al passato? Gli studenti fuori sede quanto dovranno pagare? Dalla TARSU alla TIA, 20 anni di confusione legislativa. L’odissea della tassa sui rifiuti inizia nel 1993, tramite il D.gls n. 507 che introduce nel sistema tributario italiano la TARSU (Tassa per lo Smaltimento dei Rifiuti Solidi Urbani). L’obiettivo di questa tassa è quello di far contribuire i cittadini nel pagamento del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti nei comuni. Con la TARSU, infatti, i Comuni dovevano coprire almeno il 50% dei costi di gestione del servizio, ma discrezionalmente potevano decidere di applicare un’aliquota superiore (79% in media). La tassa doveva essere pagata dall’occupante dell’immobile e calcolata sulla quantità degli spazi occupati. Alcuni comuni (es. Novara) nel corso degli anni hanno deciso di non far pagare la tassa agli studenti fuori sede occupanti gli immobili, ma ai proprietari. Altri comuni, invece, hanno previsto riduzioni per studenti universitari (es. Bari) Nel 1997, dopo appena quattro anni, tramite il D.gls n. 22 (detto Decreto Ronchi) viene introdotta la TIA (Tariffa di Igiene Ambientale) che intende “rivoluzionare” la concezione stessa del tributo, ma che di fatto genera un “pasticcio burocratico” su diversi livelli. Innanzitutto da “tassa” diventa “tariffa”, con l’obiettivo di far pagare ai cittadini esattamente per quanti rifiuti producono. Come spesso avviene in Italia, però, sia i comuni che i governi non sono mai riusciti a stabilire un “metro” di misura esatto per quantificare la quantità di rifiuti prodotta dal singolo utente, per questo motivo i comuni hanno applicato la tariffa calcolandola in modo molto diverso tra loro. Inoltre, non essendo un prelievo di natura tributaria, i governi hanno sostenuto per anni che i comuni dovessero applicare l’IVA sulla tariffa. I diversi ricorsi avviati dai consumatori hanno, però, prodotto un’interpretazione diversa della norma, fin quando la Corte Costituzionale con sentenza n. 238/2009 ha stabilito che l’IVA non è applicabile, in quanto riconosce la TIA come tributo e non come corrispettivo. Oltretutto la TIA prevedeva un aumento del costo a carico dei cittadini rispetto alla TARSU, in quanto tramite la TIA il comune era obbligato a coprire il 100% dei costi di gestione dei rifiuti (non il 71% della TARSU), ma anche il servizio di spazzamento delle strade. In questo quadro di confusione giuridica e sostanziale, pochi comuni hanno deciso di adeguarsi alla nuova normativa, infatti nel 2009 (ben 10 anni dopo l’abrogazione della TARSU) il 71,42% dei Comuni continuava ad applicare la TARSU (pari al 54,57% della popolazione) e il 15,50% dei Comuni applicava la TIA (pari al 30,70% della popolazione). Infine bisogna specificare che in questo quadro di incertezza generale, la TARSU rappresenta un tributo evaso da moltissimi cittadini, raggiungendo la percentuale del 75% di evasione nei comuni del Meridione. Ben pochi universitari fuori sede, quindi, hanno pagato negli ultimi dieci anni questa tassa, sia perché oltre il 50% degli studenti occupa gli immobili senza avere un contratto regolare, sia perché i Comuni hanno difficoltà ad individuare i reali occupanti degli immobili (per


esempio il Comune di Catania ha addebitato il costo della tassa agli intestatari del contratto dell’energia). Nel 2013 arriva la TARES, oppure no… Il Governo Monti nel 2011 per mezzo del Decreto n°206 (detto “Salva Italia”) introduce la TARES (Tributo comunale sui rifiuti e sui servizi) come tassa sostitutiva di TARSU e TIA. La tassa doveva entrare in vigore dal 1 Gennaio 2013, ma è stata rinviata prima ad Aprile, poi a Luglio e infine a Gennaio 2014. Tramite la TARES, il Governo Monti intendeva scaricare sulle tasche dei contribuenti non solo il costo del servizio di raccolta rifiuti, ma anche il costo dei cosi detti “servizi indivisibili” (illuminazione pubblica, la sicurezza, l'anagrafe, la manutenzione delle strade, ecc.) fino adesso coperti dai trasferimenti statali ai comuni. Questa scelta politica, è in continuità con l’applicazione del federalismo fiscale avviato dal Governo Berlusconi nel 2009. La ratio della norma è legata all’auto-sostenibilità dei comuni: più tributi i comuni riscuotono dai cittadini, maggior fondi impegnabili avranno in bilancio. Per questi motivi la TARES oltre a coprire il 100% dei costi di raccolta e smaltimento rifiuti (come la TIA, ma +21% circa rispetto alla TARSU), prevedeva un aumento dei costi per gli utenti tra il 14% e il 19% per il pagamento dei servizi indivisibili. La UIL Servizio Politiche Territoriali ha stimato un aumento di circa 97 euro nei comuni che applicano la TARSU e di circa 64 euro nei comuni che applicano la TIA (la quota per i servizi indivisibili è stimata a 27 euro). La TARES, come TARSU e TIA, è pagata da chi occupa gli immobili, quindi, anche in questo caso, dovrebbe essere pagata dagli studenti universitari fuori sede con esborsi stimati tra i 300 e i 450 euro a seconda della città. ICI e le promesse elettorali L’imposta sugli immobili ha una storia relativamente diversa, ma un incipit comune: la necessità da parte dello Stato di tagliare i finanziamenti agli enti locali. Nel 1992 per mezzo del D.gls n°504 il Governo Amato decide di introdurre l’ICI (Imposta Comunale sugli Immobili) , una delle poche imposte legate al patrimonio presenti nel sistema tributario. Infatti, non essendo un’imposta progressiva legata al reddito, l’ICI grava sul valore degli immobili. Inoltre l’ICI ha una finalità redistributiva: ad essere tassato non è l’inquilino (o occupante) dell’immobile, ma il proprietario. Fino al 2007 gravava su tutti gli immobili di proprietà costituendo la maggior entrata per i Comuni, ma poco prima delle elezioni politiche del 2008 il Governo Prodi decise di esentare i proprietari della prima casa (tranne le abitazioni di lusso). Con l’avvento del terzo Governo Berlusconi, nel 2008, viene eliminata l’ICI sulla prima casa per tutte le categorie, anche quelle di lusso, con il solo scopo di mantenere fede alla promessa elettorale di Forza Italia prima delle elezioni.


Per i proprietari di seconde case che affittavano a studenti universitari con contratti a canone agevolato, alcuni comuni applicavano aliquote più basse nel calcolo ICI sull’immobile (es. Roma) , incentivando la sottoscrizione di contratti regolari e aiutando gli studenti ad emergere dal nero. IMU e la stagione del rigore. Introdotta dal Governo Berlusconi nel 2011 con d.gls n°23 in applicazione delle norme sul federalismo fiscale, l’IMU (Imposta Municipale Unica) inizialmente esentava dal pagamento gli immobili dichiarati come prima abitazione (in continuità con quanto fatto con l’ICI). Il Governo Monti, sempre per mezzo del Decreto n°206 (detto “Salva Italia”) , decide di applicare in via sperimentale dal 2012 e a regime dal 2015 il nuovo tributo in sostituzione dell’ICI, allargando l’imponibile anche agli immobili dichiarati come prima casa. Nel 2012 il gettito dell’imposta è stato di 23,7 miliardi di euro (4 miliardi solo sulla prima casa), ma la sua introduzione non è stata condivisa da larghe parti della società, in quanto ha costretto 25,8 milioni di cittadini a pagare in media 900 euro. Anche per l’IMU, i Comuni potevano decidere di applicare riduzioni sugli immobili affittati agli studenti con canone concordato (es. Pisa). L’abolizione dell’IMU e l’introduzione della TRISE Con la composizione del Governo delle “larghe intese” di Letta, ad Agosto 2013 sotto il ricatto della fine anticipata della legislatura, il Consiglio dei Ministri prima e il Parlamento poi ha varato il rinvio del pagamento della prima rata IMU sulla prima casa. Per garantire le risorse della manovra (4 miliardi di euro) ha deciso di accelerare il processo di riforma dei tributi introducendo la TRISE (Tassa Rifiuti e Servizi). La Trise avrà due componenti: TARI e TASI. La Tari sostituirà la Tarsu e la Tia e graverà sugli inquilini degli immobili, mentre la TASI sostituirà l’IMU sulla prima casa e sarà pagata dal proprietario e dall’inquilino. Infatti i comuni dovranno stabilire tramite un regolamento la percentuale che spetta da pagare all’inquilino in una forbice tra il 10% e il 30%. Di fatto si sta intende far pagare un’imposta, originariamente introdotta per tassare gli immobili di proprietà e per ridistribuire la ricchezza, anche agli inquilini, ovvero a coloro che un immobile non posso (i tanti precari) o non intendono acquistarlo (come gli studenti fuori sede). Gli studenti si ritroveranno, quindi, a dover pagare dal 2014 ben due tasse: quella sui rifiuti (TARI) e una parte di quella sugli immobili (TASI), quest’ultima rappresenta un’IMU mascherata da tassa sui servizi, in quanto il Governo Letta non può ammettere di aver cancellato una tassa per poi reintrodurla con un nome diverso. La UIL Servizio Politiche Territoriali ha stimato che per le case in affitto tra IMU seconda casa e Trise si pagheranno mediamente 1098 euro di cui 279 a carico dell’inquilino e 841 euro a carico del proprietario. Le aliquote variano a seconda delle città e gli studenti universitari nelle grandi città si potranno ritrovare a sostenere costi di gran lunga superiori.



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