Documento Congressuale FuoriKorso Urbino

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3.12.2013 Centro Culturale Golem Urbino

DOCUMENTO CONGRESSUALE

ASSOCIAZIONE STUDENTESCA FUORIKORSO URBINO

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PREFAZIONE Urbino ha una lunghissima e solida tradizione universitaria e culturale nel suo territorio, motivo di orgoglio per chi studia e abita in queste terre. Una tradizione che non trova però riscontro nel dato presente, che ci pare descriva in maniera impietosa un crescente declino tanto dell'università che della città urbinate. Registriamo come negli ultimi anni, complici la crisi economica e le riforme universitarie, si sia assistito ad un costante declino dell'università pubblica e di un inquietante arretramento di quel complesso di garanzie giuridiche – a salvaguardia degli studenti – e visioni culturali – solidali e lungimiranti – che stavano alla base del sistema universitario europeo, nonché italiano. In Italia questo processo di arretramento è stato particolarmente vistoso e aggressivo e le istanze mosse per anni dalle categorie più deboli e fondamentali dell'università, ricercatori e studenti, sono rimaste assolutamente inascoltate e spesso tacciate come miopi conservatorismi ideologici. Similmente questo è accaduto ad Urbino, dove alle lotte politiche di rilevanza nazionale si intrecciavano anche questioni locali non meno gravi. Il composito movimento studentesco ad Urbino si è trovato spesso a dover vestire i panni della sentinella, sempre vigile ma purtroppo spesso impotente davanti all’arretramento di diritti e garanzie posti a tutela degli studenti. Così è avvenuto per le borse di studio, che oggi arrivano a garantire solo i servizi mensa e alloggio senza assicurare la quota monetaria. La crisi economica è un fatto, ma a chi farla pagare è una scelta politica. Emerge l’esigenza di un’alternativa. Il nostro obiettivo è essere un tramite per attuare questa alternativa che vede l’Università come un progetto di conoscenza inclusivo, costruito comunemente tra studenti e docenti; dunque un progetto che non può prescindere dalla difesa dei diritti degli studenti e delle studentesse, diritti che coincidono solo in parte col diritto alla borsa di studio o all'alloggio, ma risiedono anche nella garanzia di godere di un progetto didattico e formativo all'altezza dei tempi nuovi e che promuova lo sviluppo di una personalità sensibile ai problemi della collettività, tollerante delle diversità, elastica e aperta mentalmente. Riteniamo che sia possibile e doveroso che l'università e l'amministrazione ad Urbino affrontino la questione dell'università di oggi e di domani praticando una politica lungimirante che esprima sia una certa capacità progettuale che una indispensabile sensibilità etica e democratica per affrontare i problemi sociali emersi. Temiamo però che una delle ragioni che stanno maggiormente determinando l'evidente declino del nostro ateneo sia proprio la mancanza di progettualità, e spesso anche di responsabilità e capacità amministrativa di porsi all'altezza di questa sfida. La competizione tra gli atenei si è fatta più serrata, le risorse statali sono diminuite, il futuro è ignoto. Ma è anche vero che la città di Urbino è un piccolo gioiello che va custodito e valorizzato, risaltandone la specificità il più possibile rendendo ciò che può apparire un difetto un punto di forza. Un punto di forza indubbio, ma ad oggi solo potenziale, è il sistema ateneo-città che per essere virtuoso deve amalgamarsi in un progetto coerente, dove 2


l'uno esalti le virtù dell'altro. Il calo drastico degli iscritti negli ultimi anni, e la crisi di corsi di laurea caratterizzanti (ad es restauro) sono solo alcuni degli elementi che segnalano come questo rapporto anziché farsi virtuoso tenda a farsi vizioso. Le piccole dimensioni del centro storico più che rispecchiare un'eccellenza culturale pare si accompagnino ad una recente tendenza al provincializzarsi della città e dell'Ateneo, e la ormai nota difficoltà logistica a raggiungere Urbino da ogni angolo d'Italia e perfino dalla costa della propria provincia ha anche un che di simbolico: sembra che la città in un certo senso fugga chiudendosi in se stessa, si rassicuri come nel Medioevo ci si rifugiava in fortezze in cima alle colline per non essere raggiunti. Non si può concepire l'università pubblica come venditrice della merce-conoscenza al consumatore-studente, costruendola in un'ottica privatistica e individualistica. L'università pubblica, vogliamo ribadirlo, non è un'azienda ma un'istituzione di tutti, e concepirla diversamente significa solo forzarla a vestire i panni di un altro, con l'ovvio risultato di costruire un ibrido. Questa università vive come un una palla al piede i diritti di categorie minoritarie e bisognose (ad esempio il caso degli studenti disabili). Non è più di tutti perchè alla cultura dei diritti si è sostituita l'abitudine dei servizi, che quando le cose vanno bene ci sono ma quando vanno male non ci sono più. Non è più di tutti perchè il percorso formativo non è più visto come un progetto di crescita culturale, sociale e civica dello studente, da cui ne deriva il concetto che lo studente “contribuisce” con parte del proprio denaro al progetto collettivo (la c.d. Contribuzione studentesca, nel lessico comune facilmente sostituita con “tasse universitarie”), infatti scopriamo che buona parte degli esami che paghiamo con le “tasse” sono mal preparati, che le lezioni del luminare sono tenuti in realtà dagli assistenti sottopagati e precari, che il tirocinio sbandierato in orientamento è in realtà soltanto un possibile colloquio e che i centri linguistici non vanno oltre l'alfabetizzazione da bignami. Per questo non ci è indifferente che si parli di utenti riferendosi agli studenti, che i “servizi” abbiano preso il posto dei “diritti”, e che si presti il massimo dell'attenzione a fare il marketing dell'ateneo anziché investire energie preziose per garantire un progetto formativo profondo e coerente. L’università rischia di soccombere sotto la logica privatistica se diverrà definitivamente egemonica nella cultura.

COALIZIONI SOCIALI 1 - Per propria natura l’università deve sentirsi parte di ragionamenti su temi quali il ruolo dei saperi all’interno del sistema economico, il lavoro, la questione generazionale e le diverse tematiche sociali come antimafia e ambiente. Al suo interno parlare di coalizione sociale significa ragionare su come costruire ricomposizione e partecipazione all’interno della società. Ciò che dobbiamo fare è dedicarci ad una rete ampia di relazioni, anche riorganizzando le soggettività disperse, che ci permetta di trattare temi costruendo coalizioni di scopo su obiettivi comuni. E’ necessario partire dalla generalizzazione della condizione studentesca di precari e prossimi disoccupati, di senza reddito ne futuro, di cittadini privati di diritti e costretti ad una 3


guerra generazionale. 2 - Una visione globale e organica della società e l’elaborazione di un modello di sviluppo alternativo, attraverso la convivenza con altri soggetti sociali, porta inevitabilmente ad estendere la lotta ben oltre le dinamiche universitarie e a costruire un opposizione ampia alle politiche governative. 3 - Per perseguire i nostri obiettivi non possiamo esonerarci da un dibattito con una realtà sempre più dominata da una forte spinta antipolitica e quindi dal pensare a un metodo che la affronti: riappropriarci degli spazi e riavvicinare partecipazione ristabilendo la fiducia nella possibilità di una risposta collettiva ai problemi che ognuno si trova, individualmente, ad affrontare in questo preciso contesto storico. Dobbiamo potenziare la partecipazione, consci che la rappresentanza attraversa una crollo della propria capacità aggregativa, convinti delle potenzialità di una coalizione sociale di mettere in discussione le presunte priorità del dibattito pubblico e del confronto politico.

ORGANIZZAZIONE STUDENTESCA NAZIONALE 1 - Avere un’organizzazione estesa significa avere da un lato uno spazio collettivo più ampio in cui la proposta politica sia arricchita da esperienze e punti di vista diversi; dall’altro una forza maggiore nelle lotte nazionali e territoriali. 2 - E’ necessario mettere in rete la realtà universitaria locale con il fine di sostenere i diritti degli studenti universitari affermandone il protagonismo nella costruzione del dibattito sociale e politico. 3 - La realtà territoriale, posta in una rete nazionale, è luogo di elaborazione e realizzazione di un'azione politica nazionale mirata ad abbattere le barriere all'accesso ai saperi per tutti e per tutte, rivendicare una didattica di qualità e una ricerca libera, conquistare un nuovo welfare universale come base dell'uguaglianza e della cittadinanza. Vogliamo un'università pubblica, laica e democratica, liberamente accessibile e autonomamente governata dalla comunità accademica come un luogo fondamentale per la costruzione di una coscienza di cambiamento e per il progresso economico, sociale e civile della nostra società, rifiutando le logiche del clientelismo e del profitto.

DIRITTO ALLO STUDIO 1 - Il tema del diritto allo studio ha un ruolo fondamentale nella discussione aperta e portata avanti negli ultimi anni dalla comunità studentesca nazionale e locale. Una discussione che vuole partire da ciò che è stato tolto agli studenti per prenderne consapevolezza, e per cominciare un vero e proprio cammino verso la riappropriazione dei diritti che spettano agli studenti e che devono necessariamente essere garantiti in un Paese civile. L’università italiana come descritta 4


dalla Costituzione è un’università accessibile a tutti, libera, pubblica e democratica. Sappiamo oggi che nella realtà non è così, che troppi studenti sono costretti a lasciare gli studi non potendosi permettere economicamente di pagare tasse, alloggio, libri o trasporti; che troppi studenti, nonostante la borsa di studio, vedono negarsi il pagamento di servizi essenziali, ai quali devono provvedere di tasca propria; che troppi studenti, idonei per legge ad ottenere un contributo per i loro studi, di fatto se lo vedono negare per i vari tagli all’istruzione, accrescendo sempre di più il numero dei “non beneficiari”, una macchia terribile sull’istituzione universitaria e in generale su un Paese che non può (o non vuole) contribuire al futuro delle nuove generazioni. 2 - Il quadro attuale è sconcertante: nell’ambito di diritto allo studio il nostro Paese è tornato indietro di trent’anni, dopo le sistematiche politiche di privatizzazione del sapere universitario, tanto che ad oggi il diritto all’istruzione non è più sentito collettivamente come un diritto universale, ma come un servizio individuale, fruibile da pochi. 3- Dal 2008 ad oggi abbiamo assistito sempre di più agli scellerati interventi degli economisti dei Governi nazionali e regionali, che fedeli alla logica liberista dettata dall’Unione Europea, hanno ridotto drasticamente i finanziamenti statali e regionali all’istruzione pubblica. A tutto ciò si aggiunge la loro visione dell’università pubblica come azienda, come istituzione da definanziare se non produce, non come l’unico strumento che permette di creare una classe dirigente finalmente capace di affrontare i problemi del Paese con una nuova visione. 4 - Anche in ambito territoriale la situazione è la medesima: l'ERSU è un ente regionale nato per garantire il diritto allo studio nella regione Marche, e purtroppo spesso non è all'altezza di questo obiettivo, vuoi per scarsa volontà politica se non per manifesta incapacità dei dirigenti. 5 - Richieste concrete degli studenti vengono oggi del tutto ignorate dall’Università e dall’ERSU, richieste che noi sentiamo nostre come membri della comunità studentesca e come associazione radicata sul territorio, richieste alle quali spesso tentiamo di dar voce, ma troppo spesso la sordità o la noncuranza delle istituzioni locali rendono vani i nostri tentativi di cercare soluzioni concretamente praticabili. 6 - La dinamica su cui regge la discussione sul diritto allo studio nel territorio verte su poche ma fondamentali questioni da affrontare il prima possibile valutando intelligentemente i bisogni degli studenti, facendo autocritica da parte delle amministrazioni di Università e ERSU, in modo da rispondere con proposte che siano davvero degne di essere chiamate tali, e che non rappresentino solo l’ennesimo tentativo di raggiro ai danni degli studenti. Tra le questioni principali c’è il problema dei trasporti, poiché sempre di più la città di Urbino accentua la sua tendenza all’isolamento, non essendo per niente facile da raggiungere dagli studenti a causa dell’aumento smisurato dei prezzi del trasporto pubblico, accompagnato da una sistematica riduzione delle corse urbane ed extraurbane, il tutto aggravato ulteriormente dall’abolizione della tradizionale convenzione con l’attuale società dei trasporti ADIABUS-AMI, che permetteva agli studenti un abbonamento mensile a prezzi alla loro portata. Il diritto a muoversi liberamente è parte integrante del diritto allo studio, soprattutto in una città con una percentuale di fuorisede altissima e che aspira ad essere considerata Città-Campus. 5


7 - Un’altra annosa questione è quella riguardante gli alloggi degli studenti, sia quelli “offerti” dai Collegi Universitari, sia quelli privati. Gli studenti hanno diritto ad un alloggio dignitoso e agevole per studiare e divertirsi, a costi sostenibili, ma purtroppo ad Urbino vivere in un ambiente dignitoso è diventato un lusso. Dopo la ristrutturazione, il collegio Internazionale si è trasformato in un alloggio, si qualitativamente superiore, ma altrettanto costoso ed elitario. Agli studenti con minori possibilità economiche rimangono i Collegi Universitari e gli appartamenti del centro, raramente non a norma di legge e spesso degradati. Riteniamo sia necessario un serio piano di ristrutturazione dei Collegi, così come la messa a punto di criteri equi e progressivi che attuino una profonda riforma dei costi degli affitti che deve essere assolutamente commisurata al reddito. Inoltre è inaccettabile che gli studenti disabili siano costretti a vivere in una condizione che non consente loro di essere autosufficienti, poiché giornalmente le barriere architettoniche degli edifici ostacolano il loro godimento di libertà fondamentali. 8 - Altra questione, non di minore importanza, è quella riguardante la contribuzione studentesca, che secondo gli ultimi dati vede Urbino al terzo posto nella classifica degli Atenei con le tasse più alte. Oltre alla gravosità delle tasse universitarie riteniamo che la fasciazione della contribuzione studentesca sia assolutamente da rivedere secondo un criterio di maggiore progressività, per un’Università più equa ed inclusiva. E a questo proposito, è assurdo anche pensare che non ci sia un criterio di fasciazione per il costo del pasto alla mensa universitaria, che è uguale per tutti. 9 - L’uguaglianza che propone l’Università è dunque soltanto formale, poiché nella sostanza, tutti i giorni, gli studenti più abbienti e quelli con minori possibilità economiche devono pagare allo stesso modo, pregiudicando fortemente il una parte dei diritti correlati al diritto allo studio di questi ultimi. 10 - Siamo convinti che nella attuale situazione ci sia il concreto bisogno di una vera e propria cultura dei diritti e del diritto allo studio, che sia attenta alle esigenze degli studenti. Nonostante la riduzione dei fondi disponibili è ancora possibile praticare il diritto allo studio, ma l’amministrazione deve mostrarsi sensibile alle richieste più che lecite degli studenti, che devono oggi più che mai essere visti come una risorsa per il territorio e per la città di Urbino.

DIDATTICA 1 - La didattica è la base su cui si fonda la vita di un Ateneo e la scelta di uno studente di iscriversi o meno. In base alle proprie capacità e aspirazioni ogni studente sceglie un percorso di studi che lo aiuterà a raggiungere livelli di conoscenza a cui aspira. L’Offerta Formativa, sta alla base stessa del concetto di università ed è costituita dai saperi che vi si insegnano, dai percorsi messi a disposizione e dalle opportunità che si offrono. Un’università senza una didattica degna di essere definita valida non ha motivo di esistere. 2 - Gli ultimi anni hanno visto la progressiva mancanza di considerazione della questione della didattica, anche e soprattutto a causa dei tagli all’istruzione pubblica, che hanno incentivato la scomparsa di corsi, di insegnamenti, svuotando di significato intere facoltà. Il susseguirsi spropositato dei governi, con relativa legislazione in materia, non ha certamente portato ad una chiarezza di definizione della didattica a livello nazionale e, meno che mai, a livello locale. 6


3 - Anzi, la legislazione in materia di didattica ha peggiorato ulteriormente la situazione, creando i dipartimenti, centri di didattica e ricerca, che hanno portato la stessa ad avere più un ruolo politico che ad essere uno strumento a servizio degli studenti. Altri interventi mostrano il tentativo di diminuire il numero dei corsi di laurea, abbassandone la qualità. 4 - Al contrario, l’università deve essere capace di attirare e attrarre gli studenti con le opportunità che offre, ma troppo spesso accade che le lezioni siano viste come perdita di tempo prezioso allo studio, e molti studenti si allontanano dalle facoltà o addirittura abbandonano gli studi per delusione o mancanza d’interesse. È il fallimento di un’università che, in linea con le tendenze nazionali, non riesce più a stare al passo con i cambiamenti della società e degli studenti stessi, i quali oggi chiedono e devono chiedere di più per la loro formazione, che non vede più gli studenti come risorsa fondamentale per il progresso e l’arricchimento della società. 5 - Il fallimento di alcune, troppe università, è causato in larga parte anche dal sistema di valutazione dell’ANVUR inserito dalla legge Gelmini, che valuta gli atenei in base a criteri quantitativi e qualitativi alquanto discutibili e inadatti a descrivere le peculiarità di ogni ateneo, e propone tagli ai finanziamenti agli atenei con valutazioni negative. Il definanziamento non è lo strumento giusto da utilizzare per migliorare la qualità della didattica in un ateneo, è invece fortemente penalizzante, mentre andrebbero prese misure per il miglioramento della qualità dell’offerta formativa, mirando allo studio degli elementi critici di ogni ateneo e intervenendo su quelli, eventualmente finanziando, non tagliando. Provvedimenti del genere portano ad un progressivo indebolimento del sistema universitario italiano a una chiusura ingiustificata e indiscriminata di numerosi corsi di laurea. 6 - Anche l’Università di Urbino ha risentito fortemente dei provvedimenti attuati su scala nazionale in materia di didattica, con un progressivo impoverimento dell’offerta formativa, la cancellazione d’insegnamenti e la chiusura di intere facoltà. La valutazione sull’ateneo è puntualmente negativa, e il sistematico taglio ai finanziamenti ha gravato spesso e volentieri sugli studenti, che vedono il loro dovere di contribuzione alle tasse universitarie sempre maggiore, talvolta anche più oneroso di quello degli studenti di altri atenei italiani. Ma, all’aumento della contribuzione studentesca non corrisponde un aumento della qualità dell’offerta formativa. 7 - Inoltre a Urbino, nonostante si cerchi di far percepire la possibilità di sbocchi lavorativi attraverso l’annuale organizzazione del Career Day, di fatto si assiste sempre di più a un distacco dell’Università dal mondo del lavoro: la spendibilità post lauream di alcuni corsi è quasi del tutto assente sul territorio locale così come si riscontra un forte scollamento fra le aziende e gli enti specializzati che dovrebbero porsi a 'traguardo' del percorso universitario di uno studente. L’offerta di stage, anche per i corsi di studio che prevedono stage obbligatori, è scarna e di bassa qualità, le tempistiche per le pratiche sono lunghe e stancanti. Sono inaccettabili tirocini e stage male organizzati, di corta durata, poco formativi. Sono inaccettabili perché l’università non dovrebbe soltanto infondere saperi, ma dovrebbe aiutare gli studenti a capire come metterli in pratica, ad essere autosufficienti. L’utilità dell’università è anche preparare e accompagnare verso il mondo del lavoro, e ad oggi ciò non accade affatto. 8 - Stessa cosa vale per la mobilità internazionale. La burocrazia interminabile e a volte la bassa 7


disponibilità o preparazione del personale addetto rendono difficile a uno studente l’organizzazione di viaggi studio attraverso la partecipazione a bandi Erasmus, e ancora potremmo dire che gli investimenti in questi progetti sono scarsi e discriminanti, non consentendo la partecipazione a tutti coloro che vorrebbero partire e che non abbiano adeguate possibilità economiche. Un enorme peccato poiché oggi lo studente dovrebbe sentirsi parte del processo di internazionalizzazione o almeno di europeizzazione che l’università dovrebbe attuare. 9 - Un’altra questione particolarmente difficile per gli studenti, e che invece potrebbe essere risolta in poco tempo se ci fosse almeno la volontà, è quella degli appelli d’esame. Troppo pochi, in periodi troppo distanti tra loro, tanto che spessissimo lo studente, si trova costretto a dare due o tre esami nel giro di pochi giorni o addirittura più di un esame nello stesso giorno. Lo studio va incentivato, non ostacolato, dunque non ha senso ostacolare il percorso di studio dello studente diminuendo il numero degli appelli, o distribuendoli male tra loro in una sessione d'esame. Servirebbe invece maggior controllo e garanzia per gli studenti da parte degli organi accademici e a livello di dipartimento. Per evitare i fuoricorso non bisogna semplificare gli esami, ma sarebbe già molto utile rendere più agevoli le sessioni di esame allungandole nel tempo e aumentando il numero degli appelli dove sono insufficienti. Questo permetterebbe meno corsi estivi, a pagamento e perciò discriminatori, e maggior serenità per lo studente di concentrare adeguatamente il proprio sforzo di studio in maniera meglio distribuita nel tempo. 10 - Una didattica migliore, un’università migliore è possibile, ma c’è bisogno oggi di una nuova visione del processo formativo che porta un giovane all’adulto che sarà domani, al lavoro che farà. Siamo convinti che per fare questo la qualità dell’offerta formativa deve essere al centro del dibattito sull’università e sulla formazione, che deve essere caratterizzata da una continua interazione tra docenti e studenti, da un continuo confronto che arricchisca l’ambiente universitario e non renda l’università un mero esamificio finalizzato soltanto al raggiungimento del “pezzo di carta”.

CONTRIBUZIONE STUDENTESCA 1 - Riteniamo assolutamente giusto e doveroso che anche gli studenti e le loro famiglie contribuiscano con il proprio denaro al completamento degli studi in università. Tuttavia riteniamo anche che ciò vada contestualizzato con attenzione, e che in primo luogo si parli di “contribuzione studentesca” e non semplicemente di “tasse universitarie”. Se tassa sottende al pagamento riconosciuto per servizio corrispettivo, contribuzione invece descrive qualcosa di più profondo e complesso: per studiare in Università non è giusto “pagare”, è giusto “contribuire”, perchè attraverso lo studio da una parte e la didattica dall'altra si progredisce nella crescita di tutta la comunità e non solo del singolo laureato. Almeno questo dovrebbe essere, e questo difendiamo tuttora. Ma soprattutto il principio della contribuzione studentesca aiuta a considerare nella giusta prospettiva il problema dell'illegalità in cui riversa il nostro Ateneo, che nonostante la Spending Review del governo Monti è tuttora “fuorilegge” perchè rispetto al finanziamento che riceve dal FFO l'università di Urbino “fa pagare” ai propri studenti una quota 8


percentuale superiore ai limiti di legge. Il limite è il 20%, Urbino era al 35%, poi è arrivata la spending review che, invece di trovare una soluzione ad un problema che accomunava molti atenei, ha deciso di cambiare le regole così che ciò che prima era ingiusto ora è diventato giusto, e le illegalità di ieri per magia diventano le normalità di oggi. Ciò nonostante a differenza di tanti altri atenei, l'ateneo di Urbino continua a essere fuori le norme di legge, sebbene di poco. Riteniamo che la legalità e l'equità siano valori che devono vivere in un ateneo, e nonostante un indubbio sottofinanziamento dei fondi FFO che l'università tuttora soffre a fronte del processo di statalizzazione compiuto recentemente, consideriamo in ogni caso come un dovere delle istituzioni e dei rappresentanti fare tutto ciò che è in loro potere per ristabilire la giusta armonia fiscale e il rispetto dei ruoli. Gli studenti hanno fatto la loro parte, la fanno quotidianamente. Non solo gli studenti di Urbino pagano più tasse di quelle dovute per legge, ma pagano anche una I rata tra le più alte del Paese e un complesso di contribuzione tra i peggiori distribuiti sia in termini di frequenza (due sole rate di pagamento), e in termini di progressività, (una famiglia di medio reddito paga come una famiglia ricchissima). Per questo riteniamo che i problemi di equità e legalità nell'ateneo per ciò che riguarda il complesso della contribuzione studentesca non siano elementi scindibili, e che anzi occorra andare in direzione della piena soluzione dell'uno e dell'altro. Ciò non sta avvenendo, e i lavori dell’ultima commissione per la riforma della fasciazione della contribuzione hanno dato risultati assolutamente scadenti non risolvendo affatto alcuno di questi problemi.

ORGANIZZAZIONE INTERNA Documento organizzativo L'associazione FK Link Urbino si dota di un coordinatore e di un esecutivo, dediti alla struttura gestionale della suddetta, senza detenzione di potere politico ne tantomeno decisionale -in possesso dell'assemblea settimanale-. L'esecutivo consta di tre elementi (responsabile organizzativo, responsabile comunicazione, responsabile università), che andranno a farsi carico della gestione delle tre macroaree fondamentali. L'esecutivo sarà seguito dagli altri membri dell'associazione che, ripartiti in differenti gruppi di lavoro, opereranno sui temi centrali presi in considerazione. La suddivisione in aree e gruppi di lavoro permette un'adeguata attribuzione di responsabilità a tutti i soggetti, sviluppando una struttura ramificata (composta di branche specifiche ma interdipendenti) dedita ad affrontare le questioni in maniera opportuna e adeguata. Tale "ramificazione interdipendente dei ruoli" debella ogni sorta di sistema gerarchico. - Il coordinatore si occupa di coordinare l'esecutivo nonché l'interezza dell'associazione. Convoca e presiede le assemblee settimanali, incaricandosi di individuare un segretario che ne rediga un verbale. Soccombe alle eventuali momentanee mancanze di altre figure, in prima persona o delegando altri. Deve essere percepito come punta unificante dell'associazione, e non come punta di una gerarchia. Il coordinatore può assumersi la responsabilità di prendere decisioni in autonomia solo e soltanto in condizioni di estrema urgenza, e mai riguardo questioni politicamente decisive. Si interessa inoltre di sviluppare saldi rapporti con l'esecutivo nazionale del sindacato studentesco con cui collaboriamo –Link coordinamento Nazionale- , assumendo 9


l'impegno di partecipare a tutti i momenti di riunione nazionali, oltre che di curare i rapporti con le altri basi Link e soggetti simili sul piano regionale. - Il responsabile organizzativo (resp. org.) è una figura di collegamento tra l'aspetto politico e organizzativo, preparato in modo equivalente in entrambi gli ambiti. Non può assolutamente esimersi dal mantenere stretti rapporti con il resp. org. nazionale, soprattutto per quanto riguarda l'organizzazione di momenti politici importanti come le elezioni e/o le manifestazioni nazionali. Dal punto di vista pratico non deve svolgere pratiche che possono essere appannaggio di tutti indiscriminatamente, ma dovrà conoscere tutti gli adempimenti tecnico-burocratici necessari all'organizzazione delle iniziative che abitudinariamente l'associazione promuove, fornendo un valido supporto a tutti i membri dell'associazione sotto questo aspetto. Sul piano locale coordina l'organizzazione di momenti politici, quali: elezioni studentesche, manifestazioni, iniziative politiche. Si occupa inoltre di promuovere l'autofinanziamento, in quanto tesoriere dell'associazione. Può inoltre assumere le veci del coordinatore, in caso di esplicita richiesta da parte dello stesso. - Il responsabile comunicazione (resp. com.) è il veicolo dell'associazione diretto verso l'esterno, incaricato di gestire la comunicazione capillare attraverso tutti i canali di diffusione selezionati. Ha il compito di aggiornare costantemente i suddetti canali, assicurandosi che siano funzionanti al meglio. Si occupa di creare la comunicazione, seguendone tutte le pratiche maggiormente funzionali e innovative. Gestisce inoltre l'ufficio stampa, nonché la comunicazione visiva. -Il responsabile università si occupa di coordinare il lavoro di tutti i rappresentanti degli studenti eletti dall'associazione. Ha il compito di studiare e aggiornarsi costantemente riguardo leggi regionali e nazionali, proposte e riforme sul Diritto allo Studio (DSU). Individua insieme all'associazione le criticità riguardanti il DSU e la didattica ed elabora proposte in merito. La suddivisione dei ruoli all'interno dell'esecutivo non rappresenta l'individuazione di aree di competenza assestante, in quanto ogni responsabile della rispettiva area di competenza potrà svolgere al meglio il proprio ruolo solamente attraverso l'assidua interlocuzione con gli altri membri. Rappresentanza Ogni singolo membro dell'associazione che svolge un ruolo di rappresentanza dovrà relazionare all'associazione in maniera costante rispetto le proprie attività, mirando al confronto con gli altri rappresentanti. Si fanno carico di creare attorno a loro dei gruppi di lavoro composti dagli studenti iscritti alla medesima scuola, determinanti perché possa essere svolto al meglio il proprio ruolo di rappresentanza. I membri dell'associazione non eletti in alcun consiglio studentesco potranno comunque svolgere un ruolo che li qualifichi come portavoce all'interno dei proprio corsi di laurea, mostrandosi sensibili alle varie problematiche e creando momenti politici -e non- che possano coinvolgere i propri colleghi. Il lavoro di sensibilizzazione è fondamentale, in particolare nei confronti degli studenti che sono ancora all'inizio del loro percorso accademico, motivo per cui c'è la necessità di palesarsi spesso agli occhi dei suddetti (così come degli studenti tutti) e mostrarsi disponibili all'ascolto di esigenze varie. È fondamentale che gli studenti vedano e sappiano riconoscere i propri rappresentanti, così che possano apparire come figure vicine e disponibili al confronto. Agendo in questa maniera si potrà rendere coscienti gli studenti riguardo l'importanza della rappresentanza, e confidare in 10


una partecipazione politica maggiore. Autonomia e sostenibilità economica Fk Link Urbino individua un delegato (che affianchi il resp. org.) con lo scopo di partecipare ai vari bandi proposti dall'università oltre che dai diversi enti comunali, provinciali e regionali, seguendoli assiduamente perché si possa trarne il massimo vantaggio. Questa possibilità ci permette di ampliare il nostro raggio d'azione, sia nella costruzione di momenti ludici/ricreativi/culturali che stimolino la partecipazione studentesca, sia nel mettere in campo discussioni con esperti che senza il finanziamento pubblico non potremmo coinvolgere. Nonostante la partecipazione ai diversi bandi, per continuare a mantenere una certa indipendenza economica, poniamo l'autofinanziamento in primo piano, che possa essere una delle formule più efficaci con il fine di far fronte alle spese vissute nel quotidiano in periodi brevi ed immediati. La progettazione rappresenta non solo uno strumento capace di costruire reti partnership tra le università, ma anche tra una pluralità di realtà territoriali. Un esempio può essere quello di Youth Adrinet, una rete tra numerose organizzazioni non profit della provincia di Pesaro-Urbino, che si prefigge l'obiettivo di sfruttare i fondi europei stanziati ma mai utilizzati.

PROMUOVERE LA PARTECIPAZIONE ALLA CONOSCENZA: DEL DSU E DELLE RELATIVE TEMATICHE SOCIALI E POLITICHE Creare una rete comunicativo – conoscitiva Una buona definizione del termine università è stata data dall’architetto Yvonne Farrell: “L’università è il luogo in cui si scambiano le idee”. Si tratta, dunque, del posto nel quale dovrebbe, in linea teorica, crescere e strutturarsi una certa forma mentis, che comprenda non solo quelle nozioni acquisite propriamente attraverso lo studio e la partecipazione agli insegnamenti, ma anche l’acquisizione, se non l’aumento dell’interesse, verso tutte le tematiche sociali e politiche, che delineano il quadro all’interno del quale lo studente si inserisce anche in quanto cittadino.

Tuttavia, negli ultimi anni si è assistito ad una crisi sistemica, che coinvolge purtroppo tanto i luoghi della formazione, quanto la società tutta: per quanto concerne la realtà urbinate, ciò è particolarmente vero se si osservano quelle situazioni di mancato radicamento prima dell’interesse, poi della pratica organizzativa di molti argomenti che dovrebbero rientrare nella sfera di conoscenze dello studente; e, in questo quadro, bisogna sottolineare il fatto che l’università stessa non funge da luogo di aggregazione ed elaborazione politica. In molti casi, si può parlare di un vero e proprio sentimento generale di disaffezione o di esplicito rifiuto del dibattito politico. Tra i vari obiettivi, la nostra organizzazione si pone quello di coinvolgere la comunità studentesca all’interno di una rete comunicativo – conoscitiva, che si espande su vari livelli: vuole divenire un porto per tutte le domande concernenti dsu, didattica, università, nonché un 11


bacino di raccolta delle proposte inerenti che ogni singolo può avanzare. In rispetto del rapporto biunivoco tra rappresentante e rappresentato – relazione che vogliamo divenga effettivamente concreta e che non rimanga una mera aspirazione – proporremo uno spazio al contempo culturale e politico, all’interno del quale si possa creare un costruttivo scambio di conoscenze ed idee. Sicuramente, il principale mezzo di comunicazione che intendiamo utilizzare è costituito dalle assemblee: si tratta di un momento aggregativo che, quando ben organizzato, quindi sentito, riesce pienamente a permettere un proficuo scambio, (di idee, informazioni, proposte, soluzioni). L’assemblea da voce agli studenti, nonché ai rappresentanti, ed ai loro sentimenti: è un momento vivo di dibattito, una delle modalità di espressione migliori che possediamo e che, quindi, vogliamo utilizzare al meglio. Le assemblee, gli incontri culturali, le manifestazioni, i presidi, tutte le attività proposte, però, devono anche essere adeguatamente sponsorizzati: ciò è possibile sia attuando un serio lavoro di divulgazione tramite il social networking, sia attraverso la comunicazione più pragmaticamente visiva, che comprende locandine, volantini, striscioni. Quest’ultimi devono necessariamente essere ben strutturati dal punto di vista grafico, ossia devono incuriosire chi vi si trova davanti: è la curiosità uno dei punti di forza sui quali bisogna insistere, dal momento che, stimolandola, si invogliano studenti e non, anche quelli meno coinvolti nel mondo politico, ad interessarsi, a conoscere. La comunicazione, però, non è fatta soltanto di parole, bensì anche di azioni e gesti simbolici. In virtù del terreno poco fertile per la crescita di una seria coscienza di classe, terreno che, appunto, attualmente ci appartiene, risulta difficile, soprattutto in una realtà relativamente piccola come quella dell’ateneo urbinate, promuovere pratiche di riappropriazioni di spazi dimessi: tuttavia, riteniamo che l’occupazione di spazi che potrebbero funzionare per l’aggregazione sociale possa essere considerata l’obiettivo di un percorso di adesione, da parte della collettività di riferimento, alle problematiche che sono interne e che circondano l’università.

Invece, ci appare fondamentale usufruire di tutti quegli strumenti di comunicazione che ad oggi permettono la diffusione dell’informazione: quindi, in particolare, riteniamo importante l’uso dei social network, blog, alcuni hastag e petizioni online. È evidente che la partecipazione digitale non sia sufficiente ed ha, di per sé, moltissimi limiti, tuttavia è un elemento affermato, che riesce, a differenza di altri, ad incanalare i più. Naturalmente, la sfida che ci poniamo è quella di non rimanere chiusi all’interno di una dinamica puramente virtuale, ma di riattivare la partecipazione nelle piazze e nei luoghi della formazione, che sono, proprio in quanto tali, finalizzati all’aggregazione e che, da questa, non possono far altro che guadagnarci.

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