Don Rocca, sacerdote "Ribelle per amore"

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Don Rocca, sacerdote “Ribelle per amore”

Don Giovanni Battista Rocca parroco di Esino Lario dal 1927 al 1965 sacerdote “Ribelle per amore”

La ricorrenza del 25 aprile

"La Resistenza è ancora momento centrale nella storia recente del nostro Paese. La lontananza dagli avvenimenti, d'altro canto, se porta con sé il rischio di rimuovere il passato, offre viceversa l'opportunità di superare il coinvolgimento emotivo e consente un giudizio più sereno e distaccato. Rileggere la storia è sempre utile e costruttivo, cancellare o negare il passato è invece operazione di corto respiro: la scomparsa delle persone non può implicare anche quella delle idee, in virtù dell'accelerazione che a questo processo hanno dato la fine del comunismo e il tramonto delle ideologie. II periodo che, dalla fase finale dell'ultimo conflitto mondiale alla ricostruzione nazionale, passa attraverso la Resistenza, si presenta con un'inedita ricchezza di apporti alla costruzione di quel patto sociale tra componenti culturali diverse che è a fondamento del nuovo Stato repubblicano. La risoluzione degli attuali e pressanti problemi di un mondo globalizzato, non può fare a meno di trarre ispirazione dai grandi valori affermati dalla Resistenza." (Ernesto Preziosi)

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Don Rocca, sacerdote “Ribelle per amore” Per comprendere meglio l’apostolato di don Giovanni Battista Rocca, parroco di Esino Lario dal 1927 al 1965, si dovrebbe partire dallo studio del ventennio fascista e approfondire il periodo della Resistenza e i primi anni dopo il 25 aprile 1945. Su di lui invece si è finora concentrata l’attenzione su altre sue iniziative, che se pur originali e a visibilità nazionale, distolgono l’attenzione dal quadro storico in cui è vissuto e dalle vicissitudini che ha dovuto affrontare, che invece delineano e accompagnano le scelte di apostolato di don Rocca e le sue innovative e coraggiose pastorali. Le ragioni di questa incompletezza, nella ricostruzione del quadro storico dell’epoca, hanno origini diverse. Da un lato la non conoscenza di molte carte, che a poco a poco stanno riaffiorando dagli archivi, dall’altro una ricostruzione parziale della sua storia, confinata prevalentemente nei suoi interessi per la botanica e nella scuola degli arazzi, che certamente ha accompagnato nell’oblio fatti e ricordi di cui non c’era l’interesse a parlarne. Prima o dopo però bisogna fare i conti con la storia e lo studio e il racconto del passato è fondamentale per comprendere il nostro presente e costruire il prossimo futuro. Del rischio del non conoscere la storia ne scriveva già tempo fa, in modo allarmistico padre Davide Maria Turoldo: «Oggi abbiamo giovani senza ricordi: giovani astorici. Generazioni rapinate del dono della memoria; perciò incapaci, o almeno inadatte, a credere perfino in un loro definito avvenire. Non sanno nulla del passato, nulla sanno del futuro. Così rischiano d’essere alla mercé del cinismo o almeno dell’indifferenza». Finora, nell’occasione della ricorrenza del 25 aprile, i non più giovani esinesi ricordavano don Rocca nel ruolo di coordinatore partigiano che oltre a difendere il paese da rappresaglie dei fascisti, salvando la popolazione, ebbe il merito di ospitare di nascosto e proteggere la nuora e i nipoti di Mussolini, figli di Vittorio per ben due mesi, malati di pertosse. Dopo la guarigione fece in modo che tornassero altrove, in piena sicurezza evitando ogni possibile azione di ricatto che avrebbe anche potuto influire sulle sorti degli eventi. L’ospitalità e la protezione dei parenti del duce furono per don Rocca l’assicurazione della vita. Infatti, pochi giorni dopo la loro partenza da Esino, don Rocca fu arrestato e costretto ad autoaccusarsi. Si era già predisposto il plotone di esecuzione per la fucilazione. Fu lì che ai suoi aguzzini chiese per quali ragioni dovesse essere fucilato, visto che in fin dei conti lui si occupava solo di carità cristiana e per meglio dimostrare le sue affermazioni mostrò la lettera personale ricevuta qualche giorno prima dalla segreteria personale del duce che lo ringraziava per l’ospitalità e la protezione dei suoi famigliari. Ebbe la grande intuizione di conservare e portare quella lettera sempre con sé e mai una polizza vita ebbe un effetto così immediato.

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Di questo ne scrisse più volte al cardinal Schuster. Tra le sue carte riservate c’è dell’altro.

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Don Rocca, sacerdote “Ribelle per amore” Molti hanno avuto salva la vita per merito suo, anche appartenenti alle opposte fazioni. Di qualcuno fa il nome, di altri mantiene il riserbo più totale. Ricerche minuziose però ci hanno fatto scoprire qualche prelato importante ricercato dai nazisti e indirizzato a nascondersi a Esino direttamente dal cardinale di Milano.

Negli appunti di don Rocca troviamo scritto: Nell’inverno e primavera 1945 fu possibile organizzare una resistenza armata; ciò perché si era saputo che il maresciallo Kesserling aveva deciso di fare l’ultima resistenza sul lago di Como. Infatti i gerarchi fascisti si portarono sul lago di Como e il maresciallo Graziani stabilì il suo quartier generale a Mandello del Lario, come risulta dal suo processo. Ma per fortuna, gli eventi della liberazione precipitarono e non ci fu battaglia. Al di là del lago tutto finì a Dongo e al di qua l’unica colonna tedesca che vi arrivò fu fermata nelle gallerie di Grumo. La strada di Esino, che doveva essere interrotta, rimase intatta. Ma l’esplosione dei giorni della liberazione sarebbe stata grave anche a Esino se non ci fosse stata l’opera calmieratrice e cristiana del parroco, che ripeteva e ripeteva: la vita è sacra a Dio. Così tenne nascosto in una sua villa un ricercato dai partigiani, finché passarono i bollori, impedì l’arresto di personalità non solo di Esino, ma soprattutto fece rientrare un ordine di fucilazione di fascisti (tra cui alcuni esinesi) che il comando partigiano di Mandello aveva decretato di compiere a Fiumelatte, sul posto dove qualche mese prima erano stati trucidati quattro partigiani. Il parroco si adoperò anche che il Comune non cadesse in mano di comunisti forestieri che tentarono di occuparlo. Quante preghiere, tridui e novene furono fatte in parrocchia, specialmente alla Madonna di Lourdes in quegli anni. E veramente dobbiamo dire che la Madonna protesse Esino. E ora sia la pace.

Il 25 aprile del 1976, la comunità di Esino Lario, con la sua amministrazione comunale guidata dal sindaco Bertarini e alla presenza di autorità civili, militari e religiose, tra cui don Piero Oriani che fu coadiutore di don Rocca per 22 anni, commemorò il suo più autentico benefattore, dedicando il piazzale del Municipio al nome del Cav. Rev. Don Giovanni Battista Rocca. Fui testimone di quell’evento raccontato nei dettagli da Enzo Venini, giornalista, che fu sindaco di Varenna.

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Don Rocca, sacerdote “Ribelle per amore” Fu quella, dopo trent’anni, la prima volta che si commemorò il 25 aprile a Esino; mai fu fatto prima di allora. Tra gli interventi di quel giorno riportiamo la testimonianza di Lino Poletti, comandante della 89a Brigata partigiana che operò nella zona delle Grigne fra l’ottobre del 1943 e l’aprile del 1945, che ebbe a dire: “Voglio ricordare don Rocca in qualità di uomo che seppe sempre fare del bene in qualsiasi situazione. Il suo ideale era la libertà, libertà che difese e nella quale si affermò come uomo giusto, come persona fuori da qualsiasi influenza politica e per la quale subì, nel 1944, la prigionia e maltrattamenti”. Ricordò inoltre tre episodi della resistenza di don Rocca, atti a testimoniare la nobile figura di questo grande personaggio. Eccoli raccontati testualmente: “Nel giugno 1944, vengo chiamato da don Rocca che mi dà un appuntamento alle ore 22 nel suo giardino. Mi disse: Lino…guarda che nella colonia del Pime si trovano i nipoti di Mussolini. Monzeglio i li accompagna. Lo sappiamo io, tu e il Gilera. Ti raccomando: tieni lontani il più possibile i partigiani della zona. Sono bambini. Noi non siamo delinquenti. Finché rimarranno dobbiamo salvaguardarli da qualsiasi pericolo. Rimasero in Esino, senza contasti, tranquilli come gli altri bambini che erano ospiti al Pime. Il secondo episodio è di un giorno dell’agosto del 1944. Sempre Poletti racconta: ”Ai partigiani giunge una segnalazione che un gruppo di fascisti si trova in una trattoria a Esino. Ero al Cainallo. Corro con i miei uomini a Esino. Siamo decisi ad attaccare. Mi avvicino e li vedo: per noi non ci sono pericoli. Ma in quel momento vedo anche don Rocca che, fiutando la nostra presenza, viene avanti sulla strada da Roc a Esino. Mi dice quasi in tono d’ordine: Cos’hai intenzione di fare? Vuoi che Esino sia distrutta come succede in tante altre zone?...Guarda prima se il gioco vale la posta!...Ti raccomando: noi siamo tutti uniti con te, ma voi finita l’azione siete liberi e ve ne andate. Noi no! Così ha salvato Esino e mi ha dato delle direttive e dei consigli che ho sempre mantenuto”. Ecco il terzo episodio sempre raccontato dal comandante Lino Poletti. “Il 25 aprile 1945, don Rocca mi chiama e mi dice: Ho fatto del bene a tutti e attualmente voglio continuare. Ti raccomando di non permettere rappresaglie contro gli avversari, contro coloro che nella lotta partigiana ci hanno fatto anche del male. Cerchiamo di chiudere questa pagina con onore nostro. Siamo sempre stati galantuomini, onesti, combattenti leali. Non permettere che il nostro nome sia infangato. Quel che succede in Esino lo si sappia prima e non si prendano decisioni insensate. Promisi di ubbidire, diedi disposizioni al riguardo e niente successe di grave, all’infuori di qualche piccolezza di nessuna importanza”. Poletti concluse il suo racconto dicendo: “don Rocca era il vero Pastore, il vero uomo, il vero patriota, che ha dato tanto per tutti, indipendentemente dal colore e dalla linea politica”.

E la conferma di chi fu don Rocca la troviamo ben sintetizzata in poche righe scritte da don Piero Oriani: “don Rocca diede pascolo al suo gregge e gli procurò nutrimento spirituale, cibo materiale, direzione di governo”. Quanta direzione di governo don Rocca diede ai suoi parrocchiani e non solo, negli anni terribili della resistenza, dove lui stesso scrisse: “va ricordato che in tutto quel periodo di autorità civili non si vide l’ombra. Solo il parroco esisteva di fronte a tedeschi, fascisti e partigiani”.

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Don Rocca, sacerdote “Ribelle per amore” E certamente per quella capacità di direzione di governo che lo accompagnò per tutto il ventennio fascista, evitando di essere mandato al confino, e sulla quale costruì le sue coraggiose pastorali che tanto bene fecero ai suoi parrocchiani e ai tanti villeggianti, meritò quel 25 aprile 1976 l’intitolazione della piazza del Municipio. Certamente, se fosse stato in vita si sarebbe opposto con fermezza a questo riconoscimento. Don Rocca era l’uomo del fare e non dell’apparire. Era infatti solito ricorrere ad una frase tratta dal libro L’imitazione di Cristo: “Ama nesciri et pro nihilo reputari” che nella traduzione in lingua italiana significa: “desidera essere ignorato e stimato un nulla”. In suo scritto dice anche che questo pensiero è stato un po’ il suo cavallo di battaglia, a mo’ dei primi gesuiti. Ma per ironia della sorte ci pensò un’altra amministrazione a soddisfare il desiderio di don Rocca, rimuovendo, trent’anni dopo, l’intitolazione della piazza e il suo significato simbolico, e trasferendone la memoria nella intitolazione del Viale della Chiesa. Il profilo di don Rocca che leggiamo nel totem all’inizio del viale limita e riconduce l’operato e l’apostolato del più autentico benefattore della Comunità di Esino negli interessi della botanica e nella scuola di arazzeria.

Nulla è stato menzionato d’altro di questo prete, invece ricordato nel bellissimo libro Memoria di sacerdoti “Ribelli per amore” 1943-1945. Curatore di quest’opera fu monsignor Giovanni Barbareschi, che da seminarista e poi da sacerdote appena consacrato fu protagonista della Resistenza ambrosiana: anima del gruppo scout delle “Aquile randagie”, redattore del giornale clandestino Il Ribelle, assistente religioso delle Fiamme Verdi, ricordato nel Giardino dei Giusti di Milano. A lui si rivolse il cardinale Carlo Maria Martini perché fossero diligentemente raccolte le “memorie” di quei sacerdoti che in quei giorni terribili si «ribellarono per amore». E fu lo stesso arcivescovo di Milano a chiarire in che modo doveva essere intesa questa espressione, che a prima vista poteva suscitare qualche stupore, affermando che «la loro “Resistenza” è stata anzitutto una resistenza morale, la loro “ribellione” è stata la scelta consapevole dell’umano contro il disumano». «Sono stati preti che hanno educato al senso autentico della libertà – scriveva ancora Martini nella presentazione dell’opera -. La loro Resistenza fu anzitutto un’opera di carità, di ospitalità, di fratellanza. Di questi preti il Vescovo, la Diocesi, possono essere fieri, perché sono stati preti, soltanto preti. Per i loro fratelli si sono sacrificati, hanno rischiato per l’uomo, per il fratello emarginato, sofferente, per l’ebreo, per il forestiero, per l’escluso. Hanno rischiato per il rispetto dei valori, per “farsi prossimo”. Lo testimonia anche il fatto che dopo il 25 aprile ’45 non hanno esitato ad aiutare “gli altri”, i nuovi ricercati, perseguitati, braccati». Don Rocca ha fatto parte di questa ristretta élite di preti, assieme ad altri 178 sacerdoti della diocesi ambrosiana.

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Don Rocca, sacerdote “Ribelle per amore” E don Rocca, sempre applicando il pensiero “desidera essere ignorato e stimato un nulla”, a mo’ dei primi gesuiti, volle chiudere quel triste periodo con una lettera del 6 febbraio 1946 indirizzata al Cardinal Schuster. L’occasione gli fu data dalle continue lettere anonime accusatorie prive di ogni fondamento, inviate al Cardinale, in cui lo si accusava di essere un ricchissimo affarista che trascurava la parrocchia. I diffamatori erano ben noti e il Cardinale ne era a conoscenza. Don Rocca com’era solito reagire, in modo sintetico rispose: “che la parrocchia sia trascurata credo non sia vero. Può testimoniare in merito Mons. Mainardi che fu qui due mesi fa a predicare le SS. Quarantore. Allego qui il biglietto delle comunioni fatte nel 1945, che sono il miglior indice della pietà della parrocchia”. E concluse il suo scritto altrettanto sinteticamente: “costoro si divertono con le lettere anonime. Ma la massa della popolazione è col parroco. Ho proibito di formare partiti; ed Esino è l’unico paese della provincia dove non c’è ancora nessuna sezione di nessun partito. Basta il partito di Dio”.

Valerio Ricciardelli Responsabile archivio parrocchiale Presidente Associazione Quaderni di storia Esinese

Esino Lario, 25 aprile 2021

Eraldo Monzeglio calciatore, due volte campione del mondo, fu anche fascista, molto legato a Benito Mussolini e alla sua famiglia. Lo seguì anche a Salò. Il famoso terzino era infatti considerato l’uomo tuttofare della famiglia.

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