Segnali dal Verde dossier Bovino

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Parola

o III Ann

nostra!

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Segnali dal verde Quello che pochi conoscono...

Le nuove frontiere per un futuro sostenibile, per un pianeta pulito.

SU QUESTO

NUMERO

ovabili e Energie rinn nologico sviluppo tec uti: omia dei rifi n o c e a v o u pag. 5 La n 2 riciclare CO

pag. 1

(Albert Einstein)

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Periodico a cura dell’Istituto Comprensivo di Bovino, Castelluccio dei Sauri e Panni

Non si può risolvere un problema adottando lo stesso modo di pensare che lo ha creato.

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iali Alberi artific ioplastiche pag. 8 Le b ei rifiuti postaggio d pag. 10 Com rganici e concimi o

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DOSSIER 1

ENERGIE RINNOVABILI E SVILUPPO TECNOLOGICO Redazione

I combustibili fossili, l’energia nucleare e le altre fonti di energia in uso sono dannosi per l’ambiente. E’ necessario quindi puntare su fonti alternative di energia per la creazione di un ambiente sostenibile. Gli elementi naturali, come la luce solare, il vento, l’acqua, i mari, possono essere utilizzati per generare energia, con un minimo impatto ambientale. Questo settore è oggi in rapida trasformazione e sviluppo su tutto il pianeta. In Europa la strategia comunitaria prevista dal cosiddetto “pacchetto clima ed energia”, approvato dal Parlamento e dal Consiglio europeo nel dicembre 2008, stabilisce che, entro il 2020, il 20% dell’energia del vecchio continente dovrà essere pulita. I maggiori risultati si potranno raggiungere proprio grazie all’utilizzo delle energie rinnovabili. Di qui la necessità di trovare nuove forme di energia pulita e nuove tecnologie. La vera scommessa sulle energie rinnovabili è infatti lo sviluppo tecnologico che permette di migliorare l’efficienza, il rapporto costo-beneficio e la capacità di produrre energia nel tempo. Le tecnologie green rappresentano oggi, anche sul piano culturale, il nuovo modo di pensare e intendere l’approvvigionamento energetico. I notevoli investimenti che i vari paesi stanno effettuando sulle energie alternative fanno capire che il futuro non è nel petrolio o nel nucleare bensì, e per nostra fortuna, nell’energia pulita!

Sono riportate qui di seguito le fonti di energia più promettenti per il prossimo ventennio e le relative innovazioni tecnologiche, di processo e di prodotto. ENERGIA SOLARE Il settore è in rapida trasformazione con la tecnologia del fotovoltaico. In questo ambito accanto ai sistemi tradizionali si stanno sperimentando i pannelli fotovoltaici di terza generazione dove non viene più usato come semiconduttore il silicio cristallino, tradizionalmente in uso, ma altri materiali (silicio idrogenato amorfo, telloruro di cadmio o solfuro di cadmio) di minor costo che rendono questo sistema di produzione di energia elettrica, sempre più conveniente. Sono inoltre in sperimentazione celle solari con “nanocristalli” o “cristalli quantistici” ovvero semiconduttori composti da un

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ridottissimo numero di atomi, capaci di sfruttare sia la luce che il calore del sole e pertanto in grado di triplicare la produzione di energia, rispetto agli attuali sistemi fotovoltaici che usano semiconduttori per convertire la luce direttamente in corrente elettrica. La scoperta è stata fatta da un gruppo di ingegneri dell’ Università di Stanrford, i quali hanno chiamato hanno chiamato P.E.T.E. (acronimo di “photon enhanced

thermionic emission“) questo nuovo processo di solare termico o termoelettrico, che potrebbe essere commercializzato a breve.

Ai pannelli di terza generazione si aggiungono le scoperte dell’Università di Cambridge in Inghilterra sul fotovoltaico flessibile che potrebbe, grazie all’ uso di materiali malleabili, rendere più semplice e vantaggiosa economicamente l’installazione di impianti fotovoltaici. Lo studio riguarda lo sviluppo del fotovoltaico organico: al posto del silicio si vanno ad utilizzare materiali meno costosi, a base di lunghe catene di carbonio che simulano la fotosintesi delle piante verdi. Grazie a questa tecnologia si realizzano materiali capaci di ottenere pannelli solari flessibili e trasparenti che possono essere facilmente srotolati ed installati velocemente nelle strutture degli edifici o addirittura direttamente sulle finestre quasi fossero complementi di arredo. Altra novità che si affaccia all’orizzonte è quella del fotovoltaico trasparente ovvero pannelli a film sottile, trasparenti e in silicio amorfo, in grado di integrarsi totalmente con l’edificio e di essere posizionati anche su vetrate. L’innovazione tecnologica più rivoluzionaria arriva dalla Norvegia: uno spray in grado di stendere delle pellicole fotovoltaiche capaci di catturare le radiazioni solari . Si tratta di nanoparticelle metalliche e trasparenti, in grado di apporsi anche sulle vetrate o su qualsiasi tipo di superficie. Secondo gli studiosi norvegesi che collaborano con l’Università inglese di Leicester, già nel 2016 sarà disponibile sul mercato un piccolo dispositivo capace di spruzzare particelle sulle superfici degli edifici, trasformandoli in impianti fotovoltaici.


DOSSIER 2

ENERGIA EOLICA Il consumo di energia eolica è destinato ad aumentare di quasi il 100% nei prossimi dieci anni. Oltre ai tradizionali design danesi a tre pale, si troveranno sul mercato nuove bozze a due pale e turbine eoliche ad asse verticale per la generazione di piccole quantità di energia. Per eliminare l’ impatto ambientale e paesaggistico si studia la creazione di siti eolici off-shore, anche se ciò richiede la costruzione di lunghe linee di trasmissione. ENERGIA EOLICA MARINA (OWP) Impianti eolici sorgono anche al largo degli oceani. In mare aperto, infatti, grazie alla maggiore forza del vento rispetto alla terraferma, è possibile produrre più energia ad un costo minore. BIOENERGIA E’ l’ energia ottenuta da biomasse come, ad esempio, il biodiesel e l’etanolo. L’etanolo è a base di mais, mentre il biodiesel è fatto con oli vegetali e grassi animali. Prodotte nei laboratori da fermentazioni e reazioni chimiche, queste fonti energetiche sono molto più pulite rispetto ai combustibili fossili. Bruciano per il 75% in maniera più pulita rispetto al gasolio. Inoltre, la produzione di ozono si riduce di quasi la metà. Essendo create dai raccolti agricoli, producono minori emissioni di anidride carbonica e sicuramente non hanno il problema dell’estinzione. L’unico elemento negativo: non sono al 100% verdi e il loro processo di produzione è ad alta intensità energetica. Sebbene il loro potenziale di sfruttamento sia minore rispetto all’energia eolica e solare, il loro mercato è destinato a raddoppiare nei prossimi dieci anni. Molti veicoli in Brasile sono alimentati con etanolo.

ENERGIA DELLE ONDE OCEANICHE Le potenti onde e la forza delle maree con le continue fluttuazioni di pressione possono essere trasformate in energia. Il potenziale di questa nuova fonte è enorme: basterebbe da sola a fornire tutta l’energia elettrica di cui ha bisogno il nostro pianeta; tuttavia, sono ancora molti gli ostacoli di ordine tecnico e ambientale alla realizzazione degli impianti. Alcune multinazionali più rinomate come la Shell, la Chevron , la Pacific gas & electrics stanno lavorando per lo sviluppo di questa tecnologia, che può richiedere dagli otto ai dieci anni per essere applicata commercialmente. ENERGIA GEOTERMICA Un flusso di acqua calda a getto, proveniente da sotto il livello del suolo, è una potenziale fonte di energia. Generatori rotanti a turbina vengono utilizzati per generare energia in questi posti. Circa 180 progetti geotermici sono attualmente in corso negli Stati Uniti e la tecnologia viene sfruttata in almeno 15 stati. In California e Nevada c’è il più grande mercato di questa tecnologia. L’Italia è stata all’avanguardia con la costruzione delle prime centrali geotermiche del mondo agli inizi del 1900. Quasi tutti gli impianti nazionali sono concentrati sul monte Amiata, con il 10% della produzione geotermica mondiale. Nonostante i nostri primati, oggi l’energia geotermica è sfruttata in modo più efficiente in Islanda. ENERGIA CINETICA L’energia cinetica generata dai nostri passi può essere convertita in energia elettrica pulita. In questo settore il mercato ha già prodotto alcune interessanti scoperte tecnologiche come delle speciali scarpe ( Nanopower Instep) che generano 20W di energia elettrica per ogni passo e sono in grado di fornire sufficiente energia per i piccoli dispositivi elettronici come i portatili o i cellulari. Vi sono poi sistemi di piastrelle, già immessi sul mercato, che sono in grado di generare elettricità verde dai passi dei pedoni di una strada trafficata, o dei danzatori di una pista da ballo.

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DOSSIER 3

I BIOCARBURANTI Antonio Botticelli, Michele Marseglia e Michele Soragnese

Negli ultimi anni l’uomo è sempre più dipendente dai combustibili fossili come il petrolio e il carbone. Da tempo si cercano quindi alternative alla benzina, e una delle più valide è costituita dai biocarburanti. I biocarburanti (o biocombustibili) sono prodotti agricoli in grado di sostituire la benzina e il diesel. La loro origine naturale è più facilmente riassorbibile dalla natura e consente di ridurre del 70% le emissioni di gas serra da trasporto privato e diminuire l’importazione di petrolio dall’estero. Esistono attualmente quattro tipologie di biocarburanti, che sono appunto divisi in biocarburanti di prima, seconda, terza e quarta generazione. I biocarcuranti di 1° generazione sono quelli che possono contare su colture alimentari come materia prima. Mais, soia, palma e canna da zucchero sono tutte ottime fonti facilmente accessibili di zuccheri, amidi e oli. I biocarburanti di 2° generazione o lignocellulosici utilizzano residui agricoli o residui di mais come fonte per la produzione del biocarburante. I sistemi di produzione appositamente progettati utilizzano microrganismi per lavorare una materia prima dura come la cellulosa per estrarne zucchero poi fermentato. In alternativa processi termochimici vengono utilizzati per trasformare la biomassa in liquido e poi gas trattato. La 3° generazione di biocarburanti cerca di migliorare la qualità dei biocarburanti di secondo tipo. Quando si parla quindi di biocarburanti di terzo tipo, ci si riferisce ad organismi migliorati geneticamente, come mais e alghe, che se da una parte garantiscono minore rilascio di CO2, dall’altra non sono accettati da numerosi paesi del mondo, per il problema etico delle trasformazioni genetiche. L’ ultima frontiera in questo ambito è costituita dai biocarburanti di 4° generazione cioè da microrganismi geneticamente modificati in grado di catturare grandi quantità di CO2, microbi e batteri, in modo tale che que-

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sti producano combustibile. La chiave per l’intero processo è l’utilizzo del gas serra CO2, un sistema che rende la produzione un processo davvero in “negativo”. Tuttavia, l’anello debole della catena risulta nella tecnologia in grado di catturare la CO2 pura per fornirla ai microbi. Un’azienda californiana, sta cercando di realizzare un unico processo per trasformare l’anidride carbonica in biocarburante liquido, utilizzando un “convertitore” ad energia solare. La società ritiene che il processo, chiamato eliocoltura , potrebbe produrre fino a 80.000 litri di biocombustibili all’anno allo stesso costo dei combustibili fossili. Nell’ultimo periodo si sta studiando un interessante processo prodotto dai comuni batteri e.coli, una delle specie di batteri che vivono nell’intestino degli animali, che sono necessari per la digestione corretta del cibo. I ricercatori hanno individuato in questi batteri delle sostanze in grado di creare dei biocarburanti di quarto tipo. Tutti questi sistemi mettono la genetica a servizio dell’ ambiente, in modo da creare fonti energetiche, pulite e poco inquinanti. Noi riteniamo che i biocarburanti di 4° generazione siano veramente la strada giusta per un futuro più verde!


DOSSIER 4

DESERTI E OCEANI DA COLTIVARE Michele Marseglia

La produzione di biocarburanti richiede spazi enormi per la coltivazione delle biomasse, che quindi sottraggono suoli coltivabili all’agricoltura. La soluzione a questo problema, di sfruttare le vaste superfici desertiche e oceaniche, è giunta da più esperti mondiali e già sono in arrivo i primi progetti di sperimentazione. IL DESERTO Fra Israele e la Giordania, a circa due chilometri dal Mar Morto, dove la pioggia cade raramente e dove la tempe-

ratura media ad agosto è di 50°C un esperimento ha dimostrato che si può far crescere alberi da frutto nel deserto. Infatti, una società situata negli Emirati Arabi Uniti, la DIME, ha creato una sabbia impermeabile idrofoba che si può stendere direttamente a terra o su una superficie a strati.

e dove qualsiasi pioggia evapora lasciando dietro sali che si accumulano nella parte superiore del terreno. L’OCEANO La NASA sta progettando sistemi per la coltivazione di alghe cresciute in appositi sacchetti di plastica in mare.

I grandi sacchetti di plastica riempiti con liquame verrebbero messi in mare e creerebbero un habitat molto favorevole alla crescita di alghe. Questi sacchetti, creati appositamente dalla NASA, avrebbero delle membrane semi-permeabili che consentirebbero alle alghe di crescere, utilizzando un flusso di acqua dolce ottenuta per evaporazione. In sostanza si tratta degli stessi involucri che vengono già usati dalla NASA per studiare il riciclaggio delle acque

sporche nelle missioni spaziali. Il vantaggio di tali sacchetti è che semplicemente questi galleggiano nel mare quindi sarebbero facilmente utilizzabili e non farebbero consumare acqua preziosa, altrimenti utilizzata per l’irrigazione in agricoltura. Questo sistema di coltivazione della NASA lascia sempre più speranze al nuovo biocarburante di ultima generazione.

L’obiettivo è quello di impedire il rilascio della preziosa umidità che si forma nel deserto durante la notte, rendendola disponibile alle radici delle piante. Questo sottilissima coltre di “super sabbia” è attualmente in fase di produzione al ritmo di 3000 tonnellate al giorno e promette una rivoluzione nel deserto. Mohammad Saeed Hareb, ingegnere della DIME, ha spiegato, che un foglio di sabbia impermeabile al di sotto della

sabbia del deserto potrebbe combattere la desertificazione e facilitare la crescita delle piante, anche nei climi più aridi. Questo farebbe diminuire l’utilizzo di acqua fino al 75%, oltre ad impedire l’utilizzo eccessivo delle falde profonde acquifere. Addirittura sarebbe possibile con il tempo coltivare in deserti dai suoli salini, dove le precipitazioni sono ancora più basse

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DOSSIER 5

LA NUOVA ECONOMIA DEI RIFIUTI:RICICLARE CO2 Michela Brienza e Wanessa Di Sapio

l termine economia dei rifiuti si riferisce alla tendenza a sfruttare l’anidride carbonica, responsabile del surriscaldamento del pianeta, per costruire nuovi materiali e combustibili, col fine di eliminare il problema delle emissioni di CO2 , traendo profitti da un rifiuto che avrà nei prossimi 20 anni altissimi costi di smaltimento.

L’ultima conferenza sul Clima di Durban ben ha evidenziato la difficoltà di trovare strade comuni e soluzioni condivise tra i vari paesi e soprattutto tra quelli maggiormente responsabili delle emissioni di CO2 come USA e Cina,che devono impegnare ingenti capitali. La risoluzione al problema quindi, non è al momento univoca né concreta. La stessa soluzione di sotterrare l’anidride carbonica in eccesso non convince perché ha costi altissimi. Nel frattempo le principali società e ricercatori americani sperimentano metodi per produrre nuove energie. Una società ha pensato di creare dei biocarburanti ricavati da ceppi di alghe che per crescere utilizzano l’ anidride carbonica. Un laboratorio americano sta sperimentando un nuovo modo di utilizzare l‘anidride carbonica come carburante per auto. Essa sarebbe riscaldata a circa 1200°c e

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miscelata con acqua per creare vari idrocarburi del tipo che già utilizziamo per le nostre automobili. Il processo per il calore prodotto è energicamente piuttosto costoso ma, risolto il problema del calore, questo può essere economicamente e facilmente più realizzabile della produzione di biocarburanti dalle alghe che richiedono migliaia di ettari per un uguale paragone di utilizzo della CO2. Un’ altra società vorrebbe utilizzarla per fabbricare DVD e CD e quindi racchiudere il CO2 nei materiali ma anche per fabbricare oggetti in plastica monouso perché nel mondo ogni giorno vengono utilizzati milioni di oggetti di plastica. Un ricercatore statunitense ha studiato l’ utilizzo dell’ anidride carbonica per produrre bicarbonato; durante questo processo l’ anidride carbonica riesce a rimuovere anche i metalli pesanti. Un’ azienda americana ha creato un processo che utilizza l’ anidride carbonica per diversi motivi. Ad esempio ha trovato un metodo che mescola l’anidride carbonica con i minerali di calcio polverizzati , per ottenere carbonato di calcio, una sostanza chimica industriale che è utilizzata in migliaia di applicazioni come nel PVC o nella sua forma più pura come intonaco.


DOSSIER 6

MOF E CARBONI ATTIVI Gaetano Frisoli

Il numero 350 parti per milione, indica il limite di CO2 in atmosfera che secondo gli scienziati non si dovrebbe oltrepassare per evitare le conseguenze del surriscaldamento. Oggi siamo a 392 con la necessità di cambiare subito rotta. La grande scommessa per le imprese del settore chimico è quella di catturare, senza dispendio di energia, l’anidride carbonica prodotta dai grandi impianti a carbone o dal settore dei trasporti.

Negli USA molti scienziati stanno tentando di creare una nuova generazione di materiali solidi porosi , in grado di intrappolare le molecole di CO2. Tali solidi sono derivati del carbonio che diventano dei veri e propri setacci molecolari per CO2; queste molecole formano una grande rete in grado di riuscire a catturare alcune sostanze chimiche. In prima linea in questo settore c’è il laboratorio di OMAR YAGHI presso l’Università della California, che nel corso degli ultimi dieci anni ha contribuito a creare un nuovo settore della chimica industriale con delle sostanze organiche: i MOF il quali già si pensa possano diventare la base per trattenere in modo stabile

idrogeno nei serbatoi o CO2 in impianti, fungendo da depuratori. Ad occhio nudo i MOF assomigliano a delle pietre porose o spugne, con una struttura a nido d’ape. Secondo le ricerche, ci vogliono due minuti per far rilasciare 1 grammo di CO2 da ogni grammo di MOF per poi essere il materiale nuovamente pronto per un ulteriore uso. Il segreto del MOF risiede nella molecola composta da molecole di metalli connessi fra loro da legami organici che possono essere facilmente modificati. Il laboratorio ha realizzato migliaia di versioni diverse delle molecole, per testare quale fosse la forma corretta per assorbire al meglio CO2. La sostanza MOF potrà essere facilmente applicata al settore industriale e in particolare ai grandi impianti a carbone. Si pensa che a breve la molecola sarà pronta per entrare in commercializzazione su scala industriale. Il Dipartimento dell’energia degli USA ha recentemente

annunciato un altro progetto di ricerca di una particolare forma di carbone attivo. Il carbone attivo è estremamente poroso e viene utilizzato per assorbire veleni e nel risanamento delle acque di falda o di trattamento delle acque reflue. Il nuovo carbone attivo è dotato di due diverse dimensioni dei pori, chiamati mesopori e micropori, ed è in grado di incrementare ulteriormente l’ assorbimento di CO2 rispetto al tradizionale carbone attivo. L’uso di materiali solidi per catturare CO2 al posto dei liquidi rappresenta una interessante alternativa, nel panorama delle possibili soluzioni al problema del riscaldamento del pianeta.

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DOSSIER 7

ALBERI ARTIFICIALI Michele Soragnese

L’anidride carbonica aumenta, gli alberi che l’assorbono e la trasformano in ossigeno diminuiscono. Sarebbe bello se gli alberi potessero aumentare in modo rapido, proteggendo noi ed il nostro Pianeta dall’inquinamento, ma occorrerebbe una superficie immensa! Questo deve aver pensato Klaus Lackner, docente di Geofisica al Dipartimento di Ingegneria per l’Ambiente e la Terra presso la Columbia University, prima di progettare SCRUBBER, l’albero artificiale. Scrubber contrasta gli effetti negativi del disboscamento perché funziona come un albero, le cui foglie sono costituite da un grande pannello radiatore in grado di assorbire ogni giorno una tonnellata di anidride carbonica: l’equivalente di ben 1000 alberi! Inoltre, dopo aver intrappolato la

risulta quanto meno improbabile per un’applicazione pratica. Al momento persistono anche problemi di stampo prettamente finanziario, dato che un albero sembra possa costare, al minimo, 20mila euro - con la prospettiva di 48 miliardi di dollari necessari solo per costruire la foresta necessaria all’assorbimento della CO2 emessa dal parco auto statunitense. Secondo gli esperti di geoingegneria questa potrebbe essere una delle risposte per ridurre il problema dell’ effetto serra del conseguente surriscaldamento climatico. Attualmente nelle Università americane sono allo studio altre tecniche di geo-ingegneria planetaria, come aumentare l’abedo terrestre per diminuire la temperatura al suolo usando superfici chiare e riflettenti sui tetti o

CO2, Scrubber la comprime al punto da liquefarla e utilizzarla poi per il confezionamento di fertilizzanti e carburante. Fino all’invenzione del team di Lackner, questo processo non era mai stato adottato perché era sempre risultato estremamente complicato separare l’anidride carbonica dalle resine alle quali si combinava, processo riuscito al team della Columbia University, grazie all’uso calibrato di semplici correnti di aria umidificata. Questi alberi, che somigliano piuttosto a dei giganteschi scaccia-mosche, sfruttano la reazione chimica tra l’idrossido di sodio che contengono al loro interno e l’anidride carbonica presente nell’atmosfera: una volta realizzato il contatto, il risultato è una soluzione liquida di carbonato di sodio che – come al solito - non si sa bene dove smaltire. La sempreverde soluzione di sotterrarli in caverne ad hoc, ad un più attento esame

coltivare piante che riflettono più luce, o coprire le facciate di coltivazioni di alghe con la possibilità di farne, in un secondo momento, biocarburanti. Secondo noi cercare soluzioni tecnologiche che assorbano CO2 può essere utile ma non elimina il problema. Solo riducendo le emissioni al minimo e facendo in modo che tutti i paesi del mondo collaborino con capitali e impegni a scadenza, si potrà sperare nella risoluzione seria del problema! Purtroppo le conclusioni dell’ ultima Conferenza sul clima a Durban, in Africa, che ha prorogato i termini di scadenza degli impegni presi a Tokio, non lasciano per il momento intravedere una soluzione rapida al problema.

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DOSSIER 8

LE BIOPLASTICHE Luigi Fattibene e Renato D’ Alessandro

“Continuare o non continuare a produrre plastiche usando il petrolio?” Molti si interrogano così sul futuro della plastica, ma i ricercatori sanno che continuare a usare petrolio per produrre plastiche sarebbe un grande spreco di oro nero e soprattutto una cosa impossibile per l’ aumento dei costi di produzione. In questi ultimi anni molte aziende stanno cercando di creare materiali alternativi, naturali ed ecocompatibili con cui sostituire il petrolio. La ricetta del futuro per la produzione delle materie plastiche prevede una varietà di catalizzatori che reagendo con le emissioni di CO2, formano polimeri. Un’azienda americana ha persino creato PELLET di BIOPLASTICA usando microrganismi che utilizzano gli zuccheri digerendoli e trasformandoli in polimeri; in questo modo si riciclano rifiuti e si creano bioplastiche. Il pellet può essere poi fuso e rimodellato per creare una vasta gamma di prodotti e materiali. Ora si punta a creare materiali biodegradabili, ottenuti da risorse rinnovabili. Tra le aziende che utilizzano CO2 per creare polimeri per materie plastiche, vi è la NOVOMER che ha già immesso sul mercato un materiale plastico, composto al 50% da biossido di carbonio. Questo prodotto presenta numerosi vantaggi. Il tempo di decomposizione è di

qualche mese in compostaggio contro i 1000 anni richiesti dalle materie plastiche sintetiche derivate dal petrolio. Questa bioplastica ha il pregio di non rendere sterile il terreno sul quale viene depositato. Inoltre dopo l’uso, consente di ricavare concime fertilizzante. Un altro passo in avanti per le bioplastiche arriva dall’industria alimentare. Per evitare l’ ossidazione è essenziale tenere l’ossigeno al di fuori degli alimenti confezionati. Plastiche come PE (polietilene) e PP (polipropilene) sono eccellenti per il blocco dell’umidità ma per tenere fuori l’ossigeno dagli imballaggi devono essere rivestite di costosi polimeri sintetici. La IRIS, una società di ricerca con sede a Barcellona, ha creato un nuovo imballaggio che sostituisce le componenti sintetiche con fibre di plastica rivestite con proteine derivanti

dal siero del latte. Dopo l’utilizzo, le proteine del siero del latte possono essere chimicamente rimosse e la plastica sottostante può essere facilmente riciclata. Oltre al risparmio di denaro e di materie prime, questa nuova applicazione potrebbe utilizzare i milioni di tonnellate di siero di latte che finiscono nelle discariche europee. Il siero di scarto, raccolto dai produttori di formaggio, filtrato ed essiccato per estrarre le proteine del siero di latte puro, può infatti essere utilizzato in diversi strati sottili per creare una pellicola di plastica da utilzzare negli imballaggi alimentari. Anche se la confezione è soggetta ancora ad analisi per il brevetto, i ricercatori si aspettano che venga impiegata nei prodotti di consumo almeno entro un anno. Inizialmente si prevede l’utilizzo della bioplastica come imballaggio per prodotti di cosmesi e successivamente come imballaggio alimentare.

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DOSSIER 9

PLEXIGLAS BIOSINTETICO Gaetano Frisoli

Alcuni ricercatori in un università della Germania (Duisberg Essen) hanno scoperto un enzima batterico in grado di creare il materiale per fabbricare il PLEXIGLAS. Con questo enzima si potrebbe fornire un nuovo percorso per la produzione di materie plastiche senza utilizzare combustibili fossili o produrre rifiuti tossici. E’ la prima volta che gli scienziati scoprono un percorso “biosintetico” per creare il Plexiglas, la trasparente e resistente materia plastica spesso utilizzata come superficie intangibile e alternativa al vetro. L’opinione dei ricercatori è che il vetro acrilico( plexiglas) grazie alla recente scoperta dell’enzima ha la possibilità di entrare in commercio entro un decennio. Rohwerder e il suo collega Roland Müller del Centro di Ricerca Ambientale in Germania, inizialmente sono partiti dallo studio di un metodo di biodegradazione terziario del metil

butil etere (MTBE), un additivo della benzina. In un documento pubblicato nel giugno 2006,gli scienziati, han-

no descritto come un enzima possa degradare l’MTdell’enzima che produce 2-HIBA, una delle sostanze utilizzate nella produzione del lplexiglas. Il team tedesco è partito a fare ricerca per sviluppare l’enzima e poter creare del vetro acrilico L’enzima in questione produce 2-HIBA, che dopo una serie di semplici reazioni bio chimiche può essere trasformato in PLEXIGLAS BIOSINTETICO. Il Plexiglas è molto diffuso e molti stavano studiando un sistema per produrlo utilizzando metodi biologici. Produrlo quindi sarà un grande risultato per l’industria chimica. Una società tedesca ha già comprato il brevetto per questo enzima batterico e l’uso del vetro acrilico potrà diventare una realtà nel giro di dieci anni.

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DOSSIER 10

COMPOSTAGGIO DEI

RIFIUTI E CONCIMI ORGANICI Antonio Botticelli

E’ chiaro: per inquinare meno la natura bisogna cambiare modo di pensare e di agire. Soprattutto bisogna cambiare il modo di coltivare il terreno e una soluzione per ridurre l’inquinamento del terreno è il compost, cioè l’insieme dei rifiuti organici . Esso infatti, è il più antico concime naturale: mantiene fertile e sano il terreno ed inoltre nutre in modo naturale le piante. Con la raccolta differenziata dei rifiuti organici e il loro compostaggio, noi produciamo non soltanto un ottimo concime per le nostre piante ma diamo soprattutto un grande contributo all’ambiente, concimando in modo ecologico senza ricorrere a prodotti chimici. Ormai in tutte le regioni d’Italia stanno fiorendo stabilimenti e industrie che trasformano i rifiuti organici in concimi naturali e, se tutti gli agricoltori usassero compost, oltre a inquinare meno, favorirebbero il consumo di cibi genuini. Il concime organico deriva dal naturale

processo di decomposizione della sostanza organica che, attraverso degli appositi macchinari, i biotrituratori, produce il compost. Inoltre, la pianta coltivata con un concime organico risulta essere più resistente ed il terreno ne ricava ovvi vantaggi in termini di assunzione di sostanze che rendono il terreno più fertile. Il compost , inoltre, migliora le condizioni della pianta e del terreno. Questo miglioramento è naturalmente progressivo nel tempo e permette: • Un maggiore assorbimento d’acqua • Una maggiore aerazione e nitrificazione e una più rapida decomposizione dei residui organici • Un maggiore potere di assorbimento e quindi minori perdite di elementi fertilizzanti per dilavamento • Disponibilità di elementi fertilizzanti più regolare nel tempo. Il concime è adatto ad ogni tipo di pianta ed inoltre è molto economico: un motivo in più per farne uso. Nell’ultimo periodo si è sviluppato molto il compostaggio domestico, cioè un sistema che permette di trasformare i rifiuti organici domestici in compost, attraverso le compostiere. Queste compostiere permettono di produrre del concime attraverso un processo naturale. Il bello delle compostiere è che possono essere sistemate anche in un piccolo spazio della casa o del giardino. Queste piccole strutture sono state sistemate anche in alcune scuole, costituendo non solo un contributo all’ambiente ma anche un esempio di rispetto della natura per i giovani alunni.

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DOSSIER 11

INNOVAZIONI ECOLOGICHE Brienza Michela, Di Giovanni Maria Pia, Di Sapio Wanessa Pia e Silvana Russo

Le innovazioni ecologiche non riguardano solo il settore tecnologico, ma anche altri settori come la moda, il design, l’architettura, il cibo... Riporto qui di seguito alcune interessanti novità green.

Nel 2007 si è calcolato che sul pianeta ci sono 3 miliardi di cellulari: troppi! Il marketing dei cellulari ci invoglia a cambiare e il risultato è che la durata di un cellulare è minore di un anno. I cellulari più sono sofisticati e più consumano energia e le case produttrici per evitare questo spreco corrono ai ripari con cellulari ecologici anche perché le onde

elettromagnetiche dei ripetitori danneggiano la salute dell’uomo. Così la cinese Hi-Tech Wealth ha creato un cellulare che si ricarica ad energia solare: basta un’ora di ricarica solare per 40 minuti. Dato il costo eccessivo delle cartucce per stampanti e l’inquinamento che immettono,i designer hanno pensato di creare un nuovo tipo di stampante,denominata RITI. È molto curiosa,perché al posto delle abituali cartucce ad inchiostro utilizza i fondi di caffè o di tè. Si tratta di un progetto sostenibile,molto facile da utilizzare. Basta,infatti,inserire il caffè o il tè in uno scomparto che si trova nella parte superiore della stampante,inserire il foglio e muovere lo scomparto da destra verso sinistra o viceversa,in modo tale da stampare il materiale,in bianco e nero. Poi basterà ripulire il contenitore dai fondi di caffè. Si può utilizzare anche caffè liquido in quanto la stampante è dotata di un bicchierino nel quale si può versare. Utilizzando questo nuovo modello di stampante si risparmia molto denaro per l’acquisto di cartucce ad inchiostro e non si spreca elettricità, in quanto per stampare basta un movimento manuale.

È stata presentata a New York per la Greener Gagets Design Competition dal suo ideatore Jeon Hwan Ju. Siccome i bevitori di caffè sono sempre in aumento, questo nuovo tipo di stampante potrebbe,in poco tempo,affermarsi nell’economia sostenibile. Questa stampante può essere utilizzata anche nei posti di lavoro. Inoltre il colore della stampante non è comune inchiostro nero ma marrone e chissà se quando stampa emette anche quel gradevole profumo di caffè! L’architettura e il design per la

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DOSSIER 12

casa hanno ormai raggiunto alti livelli di eco compatibilità sia nelle tecnologie sia nei materiali sempre più naturali e volti al risparmio energetico. Tra i materiali di isolamento termico viene sempre più utilizzata la cosiddetta “lana di roccia”. La lana di roccia è stata scoperta nelle isole Hawaii agli inizi del secolo scorso e deve la sua origine al processo di solidificazione, sotto forma di fibre, della lava vulcanica, lanciata in aria durante le attività eruttive. Oltre ad essere un materiale prettamente naturale ed avere una capacità di isolamento termico elevata, la lana di roccia, grazie alla sua struttura a celle aperte, è anche un ottimo materiale fonoassorbente. Più precisamente, è l’unico materiale che riesce a coniugare in sé quattro doti fondamentali: isolamento termico, fonoassorbimento, carattere ignifugo perché fonde a temperature elevate, eco-compatibilità. È infatti tra i pochi prodotti industriali ad avere un impatto positivo

sull’ambiente poiché permette di risparmiare fino a 100 volte l’energia utilizzata per la sua produzione. Tradizionalmente usato per realizzare mobili orientali, oggi il bambù viene sempre più impiegato anche nel design occidentale, come materiale ecosostenibile col quale costruire mobili innovativi e resistenti. Il bambù infatti è diventato materiale interessante anche per i più moderni designer, grazie ai progressi della tecnologia che negli ultimi anni ha permesso di lavorarlo in modo da ricavarne dei listelli rettificati. Il bambù è la pianta con la crescita più rapida al mondo e si riproduce spontaneamente. E oltre ad essere facilmente reperibile, flessibile, duttile e leggero, se opportunamente lavorato diventa anche duro e stabile. Vari designer hanno scelto il bambù per la realizzazione dei loro progetti coniugando la sapienza artigianale orientale con la moderna tecnologia occidentale. Fra essi troviamo la chaise-longue da esterno chiamata Lofoten Lounger disegnata dall’australiano Corey Baker, realizzata in bambù, senza l’uso di vernici tossiche e tanto sinuosa da sembrare quasi una seduta in tessuto. Lo stesso effetto scultoreo si trova nella Bamboo Chair di Renè VeenHuizen, realizzata con listelli intrecciati. Singolarissima è poi la proposta di Laura Martini “ STICK YOUR GUM HERE”, cioè “attacca qui la tua gomma da masticare” che mira a rieducare il cittadino al rispetto dell’ambiente, combattendo la cattiva abitudine di attaccare chewingum dietro lo schienale della sedia. Questo progetto è volto ad aumentare il senso civico, l’educazione e a diminuire i costi di smaltimento per il recupero delle chewingum.

PAROLA NOSTRA - n. 1 Gennaio 2012


DOSSIER 13

UNA BARCA DI BOTTIGLIE PER RICICLARE DI PIÙ Ilaria Nunno e Monica Russo

L’ obiettivo che da anni si cerca di raggiungere in diversi paesi è quello di riciclare quantità significative di rifiuti. Nel nostro Paese si fa la raccolta differenziata, ma molte persone ancora non accettano questa modalità di smaltimento dei rifiuti. Ben vengano quindi le campagne di sensibilizzazione!David Mayer de Rothschild con alcuni collaboratori ha costruito una barca fatta solo da bottiglie di plastica usate, per fare in modo che nel mondo la gente capisse quanto è importante il riciclaggio di questo materiale. La barca si chiama Plastiki ed è un catamarano di plastica, e adesivo ecologico. È lunga 20 metri e l’ energia usata a bordo è data dai pannelli solari e da una dinamo azionata da una bicicletta. Sono state usate per la usa costruzione circa 13.000 di bottiglie e moltissime buste di plastica. Plastiki è partita il 20

marzo da San Francisco, in California, ed è approdata circa tre mesi dopo a Sydney in Australia, dopo aver percorso 15.000 chilometri per mare.

PAROLA NOSTRA - n. 1 Gennaio 2012

L’ equipaggio del Plastiki ,formato da sei persone coraggiose, si è diretto alla cosiddetta “isola di plastica” che è una sorta di isola dove i rifiuti buttati a mare da tutto il mondo circolano liberamente in una corrente vorticosa nel bel mazzo del Pacifico. L’ avventura del Plastiki ha voluto denunciare soprattut-

to l’ inquinamento dell’oceano Pacifico dove ogni anno moltissimi uccelli marini, mammiferi acquatici e tartarughe muoiono avvelenati dai rifiuti o imprigionati dalla plastica buttata in mare. I mari e gli oceani stanno diventando una discarica a cielo aperto con tutte le conseguenze sulla fauna marina e l’alimentazione umana. Il riciclaggio è l’ unico sistema che consente di diminuire in modo significativo i rifiuti ed è proprio per questo che tutti dobbiamo continuare a fare la raccolta differenziata, perché un piccolo gesto come questo rende più vivibile ogni luogo!


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DOSSIER

Segnali dal verde L’ Istituto Comprensivo di Bovino, Castelluccio dei Sauri, Panni partecipa alla VI edizione del Concorso Nazionale ed Internazionale

giornalisti Nell’erba

PAROLA NOSTRA - n. 1 Gennaio 2012


ISTITUTO COMPRENSIVO Scuola Infanzia,Primaria e Secondaria di 1° Grado” BOVINO-CASTELLUCCIO DEI SAURI- PANNI Via dei Mille, 10 – 71023 BOVINO (FG) Tel. 0881 96 30 89 e-mail: FGIC81600N@istruzione.it - PEC: fgic81600n@pec.istruzione.it Sito web www.istitutocomprensivobovino.it Codice fiscale 80031240718 Codice Scuola FGIC81600N

Dirigente Scolastico prof. DE MASI Gaetano PROGETTO d’ ISTITUTO Referente: prof.ssa GESUALDI Anna Maria

Parola

nostra!

Segnali dal verde Redazione di Bovino Scuola Secondaria di Primo Grado Alunni: Classe II A Brienza Michela, D’ Alessandro Renato, Di Giovanni Maria Pia, Di Sapio Wanessa, Fattibene Luigi, Lobozzo Michelangelo, Marseglia Michele, Nunno Ilaria, Russo Monica, Russo Silvana,Travisani Antonio. Classe III A Botticelli Antonio, Gesualdi Maria Pia, Magnatta Marianna, Morsuillo Alessandro, Lombardi Francesco, Rampino Carmen. Classe III B Frisoli Gaetano, Micco Mario, Soragnese Michele


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