IoArch 107 Sep/Oct 2023

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NATURE BASED SOLUTIONS

DARE VALORE ALLA CULTURA

EDIFICI MUSEALI

ELEMENTS CUCINE

F ONT Srl - Via Siusi 20/a 20132 Milano Poste Italiane SpA Sped. in abb. postale 45% D.L. 353/2003 (conv. in l. 27.02.2004 n. 46) Art. 1 Comma 1 - DCB Milano 107 Anno 17 | Settembre 2023 euro 9,00
2531-9779 DE URBANISTEN | COIMA IMAGE | RENZO PIANO | EMILIO ISGRÒ | ZPZ PARTNERS | JSPA STUDIO OSSIDIANA | MARIO CUCINELLA | TOMAS GHISELLINI | C+S | BARRECA & LA VARRA MATTEO THUN | DANIEL GERMANI | ELENA BERTINOTTI | SLA | CARLO RATTI | ITALO ROTA
ioArch
ISSN
RISCRIVERE LA RELAZIONE
E NATURA
TRA CITTÀ
ISTANBUL MODERN | RENZO PIANO PALAZZO SENZA TEMPO | MARIO CUCINELLA ART PAVILION M | STUDIO OSSIDIANA
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UN PRODOTTO CARBON NEUTRAL BY COSENTINO NEBBIA AVORIO GRIGIO VK03 TK05 TK06 GK07 VK04 VK02 VK01 GRAFITE SABBIA MARMORIO CEPPO
VICENZA KODE TRAVERTINO KODE CEPPO KODE Vi presentiamo Pietra Kode: le pietre italiane di un tempo ricodificate da DEKTON per l’architettura di domani. MURA armchair Project: Università LUISS – Guido Carli Rome, Italy Architects: Alvisi Kirimoto and Studio Gemma
LAMM Srl Headquarters / Showroom Via Verdi 19/21 San Secondo P.se (PR) T. +39 0521 877511 | info@lamm.it lamm.it
Photo © Marco Cappelletti

PER SPE CTI VE

SOMMARIO ioArch 107

DESIGNCAFÈ

12 Osservatorio sull’Architettura italiana | L. PRESTINENZA PUGLISI

16 Trame e compenetrazioni | BALLA E DORAZIO

18 Surrealismo femminile | BONA DE MANDIARGUES

20 Oro e nero | ALBERTO BURRI

22 Il sillogismo del cavallo | EMILIO ISGRÒ

24 Incontrare Christian Martinelli | MERANO ARTE

26 I segni del quotidiano | ED RUSCHA

28 Il legno storto dell’umanità | GEORG BASELITZ

30 Novecento italiano | MARIO SIRONI

32 Arte e spazio pubblico | FRONTE MARE DELL’ARGENTIERA

34 Le storie di LPP | EDAORDO GELLNER

102 / 152 / Libri

REPORT

38 Architetti emergenti. La volontà di diventare autonomi di Aldo Norsa

FOCUS

48 Da 160 anni nel mondo e da 25 in Italia | GEZE

50 La luce enfatizza una scenografia barocca | LINEA LIGHT GROUP

52 Diametro35 in un appartamento milanese | RITMONIO

54 140 anni di storia nel campo delle schermature solari | GRIESSER

56 Edificio residenziale in valle Strona | BRIANZA PLASTICA

58 Torre Velasca, un restauro monumentale | SCHÜCO

WORK IN PROGRESS

62 Monferrato | CARLO RATTI E ITALO ROTA, LA ROVINA ABITABILE

64 Salò | MATTEO THUN, FALKENSTEINER PARK RESORT

66 Trento | C+S ARCHITECTS, RESTAURO E RIUSO DELLE EX CARCERI

68 Campo Tures, Bolzano | ANDREAS GRUBER, OLM L’ECO-APARTHOTEL

70 Parma | DEAMICISARCHITETTI, ITIS LEONARDO DA VINCI

72 San Lazzaro di Savena | MC A, NUOVO CAMPUS SCOLASTICO

74 Firenze | AUT AUT ARCHITETTURA, NIDO D’INFANZIA

76 Pisa | PIERATTELLI ARCHITETTURE, RECUPERO EX CASERMA

78 Provenza | JSPA DESIGN, LA CANTINA IN TERRA CRUDA

80 Islanda | ESJA ARCHITECTURE, L’ANELLO DI BJÓLFUR

82 Azerbaijan | COOP HIMMELB(L)AU, SEDE BANCA CENTRALE

50 18 34

SOMMARIO ioArch 107

LUOGHI DELLA CULTURA

84 ISTANBUL Nella luce del Bosforo | RENZO PIANO BUILDING WORKSHOP

94 PECCIOLI Palazzo senza Tempo | MARIO CUCINELLA ARCHITECTS

98 ALMERE Il padiglione con l’acqua dentro e intorno | STUDIO OSSIDIANA

ARCHIWORKS

126 Tetra Pak Modena Campus | ZPZ PARTNERS

132 Riqualificazione sociale e urbana | BARRECA & LA VARRA

138 Lavorare in una villa urbana | COIMA IMAGE

144 Tradizione reinterpretata | ELENA BERTINOTTI

148 Il designer dei due mondi | DANIEL GERMANI

ELEMENTS a cura di Elena Riolo

153 Cucina

Direttore editoriale

Antonio Morlacchi

Direttore responsabile

Sonia Politi

Comitato di redazione

Myriam De Cesco, Carlo Ezechieli Antonio Morlacchi, Sonia Politi

In copertina Istanbul Modern.

Progetto di Renzo Piano Building Workshop Foto ©Enrico Cano.

Contributi

Jacopo Acciaro, Luisa Castiglioni

Carlo Ezechieli, Roberto Malfatti

Aldo Norsa, Luigi Prestinenza Puglisi

Elena Riolo

Grafica e impaginazione

Alice Ceccherini

Marketing e Pubblicità

Elena Riolo elenariolo@ioarch.it

Editore Font srl, via Siusi 20/a 20132 Milano T. 02 2847274 redazione@ioarch.it www.ioarch.it

Fotolito e stampa Errestampa

Prezzo di copertina euro 9,00 arretrati euro 18,00

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Italia euro 54,00 - Europa 98,00 Resto del mondo euro 164,00 abbonamenti@ioarch.it

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© Diritti di riproduzione riservati. La responsabilità degli articoli firmati è degli autori. Materiali inviati alla redazione salvo diversi accordi non verranno restituiti.

Reg. Tribunale di Milano n. 822 del 23/12/2004.

Periodico iscritto al ROC-Registro degli Operatori della Comunicazione. Spedizione in abbonamento postale 45% D.L. 353/2003 (convertito in legge 27.02.2004 n.46) art. 1, comma 1 - DCB Milano ISSN 2531-9779

Natural Based Copenhagen
SLA
Grandi novità
LAW OLMSTED 114 Paradigma Barcellona
- ARCHITETTI ITALIANI di Luigi Prestinenza Puglisi
Tomas
NATURE BASED SOLUTIONS di Carlo Ezechieli 103 La natura in città 104 Le città che vogliamo | DE URBANISTEN 110
|
112
| FREDERICK
LPP
118
Ghisellini
84 153
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1 Amaart_Alessia Maggio Riqualificazione della stazione ferroviaria di Valle Aurelia 4 Bergmeisterwolf Tagliato casa ts 7. Deltastudio Hype 10 Marasmastudio Hotel Royal Paestum 2 Archisbang GNR_Il Generale 5. Balance Architettura Bicocca Superlab 8 Ghisellini Architetti Il Giardino Segreto 11 MaMe_Marzia Messina La casa di Cristina 3 Associates Architecture Chapel of Silence 6. Corsaro Architetti Villa Aia 9 Giulia de Appolonia Palestra della scuola primaria Zanella
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12 Atelier LRA M Pavilion

ISBN 978-88-6242-798-2

SUPERMOSTRA

OSSERVATORIO PERMANENTE SULL’ARCHITETTURA ITALIANA

Le mostre di architettura si inaugurano, rimangono aperte alcune settimane ed eventualmente, per un certo periodo di tempo, girano. Alla fine si esauriscono e di loro non rimane che un ricordo e un catalogo. Ancora oggi, per esempio, ci rammentiamo della Strada Novissima alla Biennale di Architettura di Venezia del 1980. Per quanto rilevante, la mostra non ha avuto seguito, non ha prodotto altre iniziative, altre strade di eguale rinomanza. Supermostra, curata da Ilaria Olivieri e dal sottoscritto e, via via che si svilupperà, da altri co-curatori, si propone un compito insieme più modesto e più ambizioso: girare su un circuito meno eclatante di quello dei grandi musei e istituzioni, che da sempre snobbano iniziative mirate alla valorizzazione di ciò che ancora non è di moda, e di operare sul versante della continuità. Non un evento una tantum ma un insieme di attività che si svilupperanno nel tempo di almeno un decennio e con diversi media, tra cui IoArch.

A chi si occupa di architettura non sfugge che il titolo richiama una altra mostra, Superarchitettura, svoltasi nel 1966 e nella quale si presentava il lavoro di Archizoom e Superstudio. In effetti, vi è un simile desiderio di presentare quanto di nuovo si muove nel panorama nazionale. Anche a costo di forzare i termini e i toni della comunicazione per sottolineare che in architettura non è mai lecita la posizione di chi sta fermo a guardare solo al passato e che occorre sempre superarsi. Supermostra, come accennavamo, vuole durare. E per farlo, evitando il rischio della ripetizione, ha un progetto di trasformazione nel tempo: diventare un osservatorio. Non è, insomma, limitata ai 22 progettisti che compongono il primo evento che da un anno sta girando per l’Italia e non solo. Supermostra’22 ha, infatti, sinora fatto tappa a Roma, Piombino, Camerino, Tirana e andrà a Lecce, Catania, Monza, Venezia, Milano. Il suo svolgimento può essere seguito su una pagina Instagram

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13. Amaa Pleonastic is Fantastic 14. Francesca Perani Enterprise Rifugio urbano dal sapore persiano 15 Ils+A_Ivana Laura Sorge Villa Mare Luce
Supermostra’22 Osservatorio dell’architettura italiana A cura di Ilaria Olivieri e Luigi Prestinenza Puglisi LetteraVentidue, Siracusa, 2022
pp, 18 euro
144
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16 Mma+_Massimiliano Masellis 3,14

18. O+_Lorella Fulgenzi Ovosodo

20 Studio wok Cascina Otto

22. Silviabrocchinistudio Casa Carbonado

17 Ö Michela Ekström Stone House

19 Studiorossi + secco Piazza della Vittoria

21. Roccatelier Associati_Laura Rocca Villa Dianthus

dedicata e c’è anche un eccellente catalogo edito da LetteraVentidue.

Durante ogni tappa, Supermostra diventa un pretesto per attivare il dialogo con i progettisti locali, di regola selezionati attraverso call aperte, invitandoli a presentare i loro lavori.

Un osservatorio infatti è tale solo se è curioso e aperto agli stimoli e se viene costantemente alimentato, in maniera informale, da nuovi input ed energie.

Supermostra ha in programma di attivare una serie di appuntamenti biennali. Ai progettisti del 2022 se ne sostituiranno altri, con il fine di fornire un quadro, se non esaustivo, abbastanza ampio delle ricerche in atto.

Ecco il motivo per il quale al nome è stato aggiunto il numero 22. Numero che ci ricorda che ci sarà una Supermostra’24 nel 1924 e via di seguito (ci sarà anche una Supermostra’23 dedicata ai progettisti albanesi).

Le mostre, pur non avendo restrizioni di alcun

tipo, puntano e punteranno a coinvolgere i talenti più giovani e meno noti, evitando ogni barriera di genere.

L’intenzione è cercare di individuare, attraverso sensori selezionati nel panorama architettonico, cosa sta covando sotto la cenere, in un periodo come questo che non è certamente caratterizzato da accelerazione delle ricerche, anzi spesso da un bisogno di fare i conti con una realtà che, rispetto per esempio ai velocissimi anni Novanta, preesenta atteggiamenti molto più prudenti e riflessivi. Ad un osservatore distratto potrebbe sembrare che oggi tutto sia fermo ma, come ci dimostrano le cronache del passato, è proprio in questi momenti che fa capolino il cambiamento. Un po’ come successe nella prima citata Strada Novissima di Portoghesi dove esordivano Frank O. Gehry e Rem Koolhaas e quasi nessuno se ne accorse. Ritornando a Supermostra’22, è interessante esaminare le parole chiave attraverso le qua-

li i gruppi di progettazione coinvolti hanno descritto il proprio lavoro. Assente la parola Spazio, citata quasi da tutti la parola Materia. Citate anche le parole Benessere, Equilibrio, Felicità. Segno che stiamo vivendo proprio in un’epoca di scarsa felicità, trascinati da forze e flussi immateriali di cui non abbiamo il controllo. Così, se gli anni Novanta furono il periodo dell’esaltazione del movimento, della dissonanza e della teatralità spaziale, oggi si cerca un centro di gravità. Ci si muove, in altre parole, alla ricerca di un nuovo paradigma che non può essere risolto dando forma al disordine e nemmeno puntando alla sostenibilità o a una fantomatica resilienza, tappezzando di verde strade e palazzi. L’architettura, ecco un messaggio certo di questa Supermostra’22, non può dissolversi nelle sole linee di forza o scomparire dietro le foglie ■

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› DESIGNCAFÈ
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BALLA E DORAZIO, TRAME E COMPENETRAZIONI

A LUGANO FINO AL 14 GENNAIO LA MOSTRA BALLA ’12 DORAZIO ’60. DOVE LA LUCE

A CURA DI GABRIELLA BELLI. PROGETTO DI ALLESTIMENTO DI MARIO BOTTA

Circa cinquant’anni corrono tra la nascita di Giacomo Balla (1871) e quella di Piero Dorazio (1927), quasi lo stesso lasso di tempo che intercorre tra le Compenetrazioni iridescenti del primo e le Trame di Dorazio, messe a confronto come una storia di affinità elettive nel progetto di allestimento di Mario Botta per questa splendida mostra, a cura di Gabriella Belli (che già aveva collaborato con Botta da direttrice del Mart di Rovereto), in scena fino al prossimo 14 gennaio a Lugano, negli spazi della Collezione Giancarlo e Danna Olgiati.

In entrambi i casi il tema è la luce e la possibilità dell’artista di confrontarsi con essa, svelandone il mistero quintessenziale che cattura sguardo e coscienza: nelle sperimentazioni, spesso su semplici fogli di block-notes, condotte da Balla nel 1912 e nelle grandi tele fitte di materia-luce dipinte da Dorazio tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta. Le Compenetrazioni iridescenti – venti gli esemplari in mostra, provenienti da collezioni private e museali – rappresentano uno dei capitoli più interessanti dell’esperienza artistica di Balla: inediti reticoli a pattern triangolari, a nastro o circolari che formano sequenze autonome, articolate in composizioni astrattogeometriche anticipatrici per l’epoca.

Tra le opere esposte, la cartolina indirizzata

da Balla all’amico e allievo Gino Galli nel novembre 1912, che attesta la prima notizia della nuova ricerca sulle Compenetrazioni: sul recto un tipo di iride a sequenza cromatica in cui il pattern decisivo è il triangolo, «figura geometrica usata per descrivere la scomposizione dei fasci luminosi ma che in Balla attiva anche uno speciale simbolismo – spiega Gabriella Belli –non estraneo da argomentazioni ermetiche ed esoteriche»

Venti anche le opere di Dorazio in mostra, fitti reticoli di linee incrociate irregolari ai cui interstizi si formano ombre e luci. «Nella tessitura di questi quadri – prosegue la Belli – si registra un effetto straordinario, come di verità rivelata, che si fa strada attraverso la materia raffinatissima, stesa strato dopo strato» ■

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Piero Dorazio Crack verde (Senza titolo) 1959 Collezione Intesa San Paolo © 2023, ProLitteris, Zurich.
› DESIGNCAFÈ
Giacomo Balla Compenetrazione iridescente n.1 1912 Luigi Carlon, Verona © 2023, ProLitteris, Zurich.
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A sinistra, Diana cacciatrice e cacciata, 1968.

In alto, Preistoria di Venezia, 1959.

A destra, S.T. (Radice), 1953

© Sibylle de Mandiargues. Foto ©Andrea Mignogna.

BONA DE MANDIARGUES SURREALISMO FEMMINILE

RIFARE IL MONDO, LA PRIMA RETROSPETTIVA DI BONA DE MANDIARGUES

AL MUSEO NIVOLA DI ORANI (NUORO) FINO AL 5 FEBBRAIO 2024

Con 71 opere, la mostra Bona de Mandiargues. Rifare il mondo – curata da Giuliana Altea, Antonella Camarda, Luca Cheri e Caterina Ghisu – ricostruisce per la prima volta l’itinerario della nipote e allieva di Filippo De Pisis che a Parigi il critico e scrittore (e futuro marito) André Pieyre de Mandiargues introdusse nel circolo degli intellettuali surrealisti.

Il percorso, aperto da un gruppo di preziosi dipinti che segnano l’avvicinamento di Bona all’immaginario surrealista, prosegue con i paesaggi del 1955-56 e le opere astratte dalle paste spesse e materiche dalla seconda metà degli anni Cinquanta/Sessanta.

Vague à l’âme è il quadro che inaugura nel 1958 la serie dei collage tessili, in cui la sperimenta-

zione tecnica e la ricerca formale sono per l’artista veicoli di un’indagine introspettiva.

Un immaginario denso di riferimenti simbolici e una tavolozza dalle tinte psichedeliche caratterizzano un gruppo di tele dipinte intorno al 1968. Il ricordo della pittura metafisica riemerge negli anni Settanta, con omaggi a De Chirico, Savinio e Magritte, mentre la maturità dell’artista vede lo sviluppo dei filoni di ricerca già avviati e si intensifica la presenza dell’immagine-simbolo della lumaca, proiezione dell’artista, e quella del tema del ritratto e dell’autoritratto.

Quest’ultimo, centrale nella ricerca dell’artista, conosce nella mostra diversi importanti esempi, dal piccolo e aggraziato autoritratto giova-

nile a quello flamboyant del 1968 al volto ieratico e stilizzato di Bona à Mexico (1991), fino a quello del 1994 che mostra il volto di Bona moltiplicato e scomposto in dettagli e specchio della continua tensione tra la frammentazione del soggetto e la sua affermazione.

Le opere in mostra provengono dalla collezione degli eredi e della figlia Sibylle de Mandiargues, che l’ha resa possibile, nonché da raccolte private e pubbliche fra cui la Fondazione Intesa San Paolo, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e le Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara ■

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ORO E NERO

Prende spunto dai cicli che Alberto Burri (1915-1995) elaborò a Ravenna a partire dagli anni Ottanta la mostra a cura di Bruno Corà BurriRavennaOro, dal 14 ottobre al 14 gennaio 2024 nelle sale del Mar, il Museo d’Arte della città di Ravenna. La mostra si svolge in concomitanza con l’viii Biennale di Mosaico Contemporaneo.

Lungo il percorso espositivo sarà ordinato il ciclo, ispirato direttamente ai mosaici della basilica di San Vitale, Neri e S. Vitale : sei grandi cellotex dipinti ad acrilico di colore nero, affiancati dalla produzione grafica del

periodo ravennate e altri dipinti come Nero e l’Oro, del 1993, rievocativo della grande stagione dell’arte bizantina, copiosamente presente in città.

Circa cento le opere in mostra, incluso un modello di Grande Ferro R, la scultura rossa alta 12 metri e formata da cinque archi a sesto ribassato, realizzata nel 1990 su commissione di Raul Gardini e collocata nei pressi del complesso cittadino ‘Pala Mauro De André’. Completa l’esposizione un’area multimediale con alcuni filmati che documentano la vita e l’opera di Burri ■

Dall’alto in senso orario.

Sacco ST 11, 1954. Sacco, olio oro, vinavil su cellotex.

Nero e Oro, 1993. Acrilico, oro in foglia, cellotex su tela.

Nero e Oro, 1993. Acrovinilico oro, vinavil su tela.

Courtesy Città di Castello

Fondazione Palazzo Albizzini

Collezione Burri.

Foto © A. Sarteanesi.

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ALBERTO BURRI AL MAR DI RAVENNA

WELLBEING ACOUSTIC TECHNOLOGIES

Acoustic lamps

Acoustic curtains

Acoustic panels

Acoustic furniture

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EMILIO ISGRÒ E IL SILLOGISMO

DEL CAVALLO

Veloce purosangue che si nutre di segale e avena, animale adatto ai lavori agricoli, al traino di carri leggeri e alla guerra o la sua essenza, disegnata dal maestro della cancellatura nel dittico ‘Sillogismo del cavallo’ (2023)?

L’opera che dà il nome alla mostra organizzata a Palazzo dei Pio di Carpi (fino al 10 dicembre) sintetizza il rapporto di Emilio Isgrò con la parola e con la filosofia.

Dal 1964 Isgrò interviene su testi e altri materiali a stampa coprendone manualmente grandi porzioni (indirettamente esaltando quelle rimaste), ma le 47 opere della mostra di Carpi trattano argomenti prettamente filosofici, dai venti volumi delle Conclusiones (2014) di Pico della Mirandola – che con Carpi intrattenne intensi rapporti politici e professionali – ai testi degli antichi filosofi greci alla filosofia moderna, dove Isgrò cancella le dottrine di Hegel, Sartre e Benedetto Croce.

Inserita nel palinsesto di Festivalfilosofia 2023, la mostra Emilio Isgrò - Sillogismo del cavallo, a cura di Chiara Gatti e Marco Bazzini, è al-

lestita negli splenditi ambienti del loggiato di Palazzo dei Pio.

L’esposizione è prodotta dal Comune di Carpi, Musei di Palazzo dei Pio, con il contributo di Fondazione Cassa Risparmio di Carpi e la collaborazione dell’Archivio Emilio Isgrò ■

Dall’alto, Sillogismo del cavallo, 2023. Collezione privata. La Cabala di Venere, 2014. Collezione privata.

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CARPI, PALAZZO DEI PIO
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INCONTRARE

CHRISTIAN MARTINELLI

Artista e fotografo autodidatta, Christian Martinelli (Merano, 1970 - Innsbruck 2022) ha realizzato reportage in tutto il mondo, dedicandosi parallelamente a una serie di progetti fotografici incentrati sui temi del viaggio, della memoria, della vulnerabilità, della relazione tra uomo e natura.

Con la mostra Incontrare Christian Martinelli, a cura di Ursula Schnitzer e Anna Zinelli, dal 7 ottobre al 28 gennaio 2024 Merano Arte presenta una retrospettiva incentrata, oltre che sui suoi lavori, sulle strumentazioni fotografiche e gli oggetti di arredo che Martinelli autocostruiva: oltre che luogo di vita e lavoro, la sua “Villa Dolores” era infatti un vero e proprio atelier fotografico, una sede laboratoriale ed espositiva in continua trasformazione, un

punto nevralgico di incontri e scambi che ha animato la vita culturale di Merano.

Al centro del percorso espositivo la serie Confini (2014-2022) realizzata con il “cubo”, una grande macchina fotografica di 8 metri quadrati composta da pareti specchianti e capace di produrre immagini direttamente in positivo – quindi pezzi unici – di altissima qualità, simili a dipinti. Con questo strumento, sostanzialmente unico, Christian Martinelli ha percorso il periplo delle coste italiane raccontandone poeticamente i “confini”, in una serie di scatti quasi astratti in cui si ripetono strisce di terra e di mare.

Parallelamente, sono esposti altri progetti, molti dei quali si sono protratti per diversi anni, come le Stories (2000-2022) che, come

affermato dall’artista, «indagano il valore del ricordo», accompagnando per oltre 20 anni la vita di 14 persone e affrontando temi quali la malattia, l’amore, la nascita, l’abbandono e la morte.

Altri due nuclei di opere ruotano intorno alla tematica del viaggio: in googl (2003-2010) un sacchetto rosso attraversa i cieli dei luoghi più disparati del mondo, dalla Cina al Kenya. O ancora, le immagini delle cento nuvole che compongono Infinito (2003-2009) ci restituiscono quello che il curatore Valerio Dehò ha definito “un reportage metafisico” in cui “il tempo è quasi assente proprio perché lo spazio sembra rinunciare ad essere un punto di riferimento certo” ■

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MERANO ARTE
Dall’alto in senso orario
› DESIGNCAFÈ
Wo willst du hin - Dove stai andando (2003-2010) Composizione, Cube. Foto ©Nicola Morandini. Un ritratto di Christian Martinelli.

I SEGNI DEL QUOTIDIANO

CON PIÙ DI 200 OPERE REALIZZATE DAL 1958 A OGGI, È STATA INAUGURATA IL 10 SETTEMBRE AL MOMA LA PIÙ VASTA RETROSPETTIVA DEDICATA AL LAVORO DI ED RUSCHA

Dipinti, grafica, serigrafie, fotografie, libri d’artista e installazioni: fino al 13 gennaio 2024 la mostra Ed Ruscha / Now Then al sesto piano del Moma, organizzata dal museo newyorchese e dal Lacma e curata da Christophe Cherix con Ana Torok e Kiko Aebi in collaborazione con l’artista, riflette il contributo multidisciplinare di Ed Ruscha (Oklahoma City, 1937) all’arte americana del dopoguerra. Un’arte che va al di là delle categorie del Pop e dell’Arte Concettuale per concentrarsi sulle forme, i suoni e l’impatto del linguaggio scritto che invade la vita di tutti i giorni, dalle insegne stradali alla segnaletica pubblica alle confezioni dei beni di consumo. Nell’esposizione, installazioni cross-mediali

rivelano anche il metodo di lavoro di Ruscha, come l’immagine di una stazione di servizio della Standard Oil che, da una piccola riproduzione in bianco e nero sul suo libro autopubblicato Twentysix Gasoline Stations (1963) diventa un monumentale dipinto a olio di 3 metri per 1,6. Un accento è posto anche sulle continue sperimentazioni di Ruscha: manichini dipinti all’aerografo, disegni realizzati con la polvere da sparo, vecchie pelli di tamburo con parole marchiate a fuoco. Non manca la celebre Chocolate Room realizzata la prima volta per la Biennale d’Arte di Venezia del 1970, tappezzata dal pavimento al soffitto di fogli serigrafati con il cioccolato anziché l’inchiostro, e il ciclo di dipinti Course of Empi-

re, dove generici edifici industriali dipinti in bianco e nero nel 1992 vengono rifatti a colori un decennio più tardi per immaginare come potrebbero sopravvivere in realtà sociali ed economiche molto diverse.

Oltre al catalogo, è disponibile una guida digitale alla mostra con l’app Bloomberg Connects ■

Dall’alto in senso orario. Standard Station, Ten-Cent Western Being Torn in Half. 1964, collezione privata. Chocolate Room.

1970/2004, The Museum of Contemporary Art, Los Angeles. Large Trademark with Eight Spotlights. 1962, Whitney Museum of American Art, New York.

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› DESIGNCAFÈ

OS2 75

porte e finestre Secco acciaio zincato verniciato

Situata in un contesto privilegiato, la bellissima baia di Carmel-by-the-Sea in California, luogo prediletto da molte celebrities, la villa Carmel House è una nuova costruzione definita da ampie vetrate, realizzate con il sistema OS2 75 in acciaio zincato verniciato, per ammirare appieno la bellezza del territorio circostante.Un progetto contemporaneo che si armonizza in modo elegante con le più tradizionali “fairy tale cottages” presenti nel territorio, grazie alla suddivisione dei vetri all’inglesina.

seccosistemi.com

Carmel Villa - California Arch. LUCA Studio of architecture credit: Caitlin Atkinson

Dall’alto, Untitled, 2014 e Zero Mobil 2013-2014.

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©Georg Baselitz 2023. Foto ©Jochen Littkemann.

GEORG BASELITZ ALLA SERPENTINE GALLERIES

IL LEGNO STORTO DELL’UMANITÀ

Le dieci sculture in legno della mostra che inaugura il 4 ottobre alla Serpentine Galleries di Londra (fino al 7 gennaio 2024) erano nate come maquette di successive fusioni in bronzo, come la monumentale Zero Dom alta nove metri che accoglie i visitatori nei Royal Parks di Kensington all’esterno della galleria, poggiata su un basamento di cemento.

Ognuna di esse è ricavata da un singolo tronco d’albero utilizzando seghe elettriche, asce e scalpelli, e le incisioni e gli intagli che ne risultano conservano tutta la materialità del legno. Georg Baselitz si rivolse alla scultura dagli anni Ottanta, rendendo tridimensionale la sua poetica figurativa decostruttivista e di denuncia, anche se la mostra di Londra si concen-

tra sugli ultimi lavori, sviluppati tra il 2011 e il 2015, tra cui Sing Sang Zero (2011), sorta di autoritratto con la moglie Elke, e Zero Mobil (2013-2014), meditazione sulla vanitas e sulla mortalità con il tema del teschio e i cavi che come una spina dorsale tengono insieme i vari pezzi e la sospendono al soffitto. Insieme alle sculture la mostra espone 68 bozzetti a matita, penna e inchiostro, realizzati non come concept ma durante la fase preparatoria delle sculture. Insieme si coglie così il percorso che, traducendo la bidimensionalità della pittura nelle tre dimensioni della scultura, ritorna poi bidimensionale nei disegni.

Nato a Deutschbaselitz in Sassonia nel 1938, dopo l’orrore del nazismo e della guerra Ge-

org Baselitz (il suo vero nome è Hans-Georg Kern) ha sperimentato la dittatura comunista della Germania dell’Est. Espulso dall’Accademia di Belle Arti di Dresda perché il suo stile non corrispondeva ai canoni del Realismo Socialista, i suoi dipinti suscitarono scandalo anche alla prima mostra che tenne a Berlino Ovest nel 1960.

Considerato da alcuni come l’artista più influente del suo tempo insieme a Jackson Pollock e Philip Goldstein (ma aggiungeremmo Anselm Kiefer), per sessant’anni il suo lavoro ha contribuito ai dibattiti del dopoguerra su estetica, identità nazionale e condizione umana. Baselitz vive e lavora tra Salisburgo, il lago bavarese di Ammersee e Imperia ■

› DESIGNCAFÈ
Sing Sang Zero 2011. ©Georg Baselitz 2023. Foto ©Jochen Littkemann.

NOVECENTO ITALIANO

MARIO SIRONI IN UNA MOSTRA A MODENA. ANCHE QUANDO È CELEBRATIVA, L’ARTE ESPRIME IL PROPRIO TEMPO IN MODI CHE VANNO AL DI LÀ DELLA VOLONTÀ POLITICA DEI GOVERNI

Nel 1933 Mario Sironi, direttore, insieme a Carlo Alberto Felice, Giovanni Muzio e Gio Ponti, della v Triennale di Milano, realizzò per il Salone d’Onore del Palazzo dell’Arte – per il quale già si era occupato degli esterni, con i sei archi in pietra di Vicenza e gli ingressi monumentali che affacciano sul giardino –l’affresco monumentale Allegoria del Lavoro Come anche le opere di Achille Funi, Massimo Campigli e Giorgio De Chirico, al termine della manifestazione l’affresco venne distrutto (sopravvive tuttora solo il mosaico parietale intitolato Le Arti di Gino Severini). Di quell’affresco oggi rimane il grande (271 x 200 cm) studio preparatorio al centro della mostra Mario Sironi. Solennità e tormento, alla Pinacoteca di Modena fino al 4 febbraio 2024. Promossa dalla Galleria Bper Banca e curata dalla storica dell’arte Daniela Ferrari, l’esposizione presenta 40 opere di Mario Sironi (Sas-

sari, 1885 - Milano, 1961) datate tra il 1926 e il 1958, alcune provenienti da collezioni private e altre appartenenti a un corpus donato al Banco di Sardegna (oggi parte del gruppo bancario) dalla compagna dell’artista Mimì Costa. Insieme alle opere, sono in mostra giornali, manifesti e documenti dell’epoca. Sintesi di un percorso tematico avviato anni prima con Uomo con vanga, i Costruttori e la vetrata dello scalone monumentale di Palazzo Piacentini (oggi sede del Ministero dello Sviluppo Economico) La carta del lavoro, in Allegoria del Lavoro i livelli temporali di una città senza tempo si sovrappongono a celebrare il valore morale del lavoro per l’individuo e per la collettività intesa come Nazione.

Seppure di chiara ispirazione fascista e corporativa, negli anni Trenta del Novecento la celebrazione del lavoro è un tema universale: solo due anni prima, e con intenti politici dia-

metralmente opposti, a San Francisco Diego Rivera realizzava The Making of a Fresco Showing the Building of a City. La mostra di Modena è visitabile da venerdì a domenica, dalle 10 alle 18. Ingresso libero ■

Mario Sironi, Studio preparatorio per l’affresco Allegoria del Lavoro. 1932-33.

Collezione Banco di Sardegna - Gruppo Bper Banca.

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ARTE E SPAZIO PUBBLICO

Avviato nel 2019 dall’associazione LandWorks, il progetto di valorizzazione e rivitalizzazione dell’ex borgata mineraria dell’Argentiera, all’estremità nord-occidentale della Sardegna dove fino agli anni Sessanta si estraeva piombo, zinco e ferro, si arricchisce oggi di ‘Fronte Mare’, una nuova piazza di più di 500 metri quadrati tra il mare e i ruderi del magazzino e di un ex-cinema.

La nuova piazza è animata da elementi mobili di arredo urbano, utilizzabili dal pubblico in forma di sedute o come palcoscenico dagli attori per rappresentazioni all’aperto, realizzati durante un workshop di costruzione partecipata, coordinato da LandWorks, cui hanno preso parte più di 100 volontari dal 26 luglio al 27 agosto scorso, ed è completata da un’o -

L’intervento di Fronte Mare, con elementi mobili di arredo frutto di un workshop partecipato, riqualifica uno spazio non regolamentato.

A terra e a parete gli interventi di arte pubblica di Tellas e 2bleene.

Foto ©Giovanni Emilio Galanello e ©Andrea Maspero.

pera d’arte pubblica di Tellas (Fabio Schirru) e 2bleene (Natalia Nicole Rodriguez). Dipinto a parete e a pavimento nei toni del blu e dell’ocra, l’intervento artistico unisce idealmente mare, terra e cielo e incornicia e delimita lo spazio dedicato alle attività culturali e sportive. L’opera da una parte enfatizza le geometrie degli ex magazzini, un tempo destinati allo stoccaggio dei materiali della miniera, dall’altra traccia le linee e i confini dei campi da basket, pallavolo e pickleball, riportando al centro il gioco come principio di comunità e socialità.

La ‘banchina culturale’ e ambiente di gioco collettivo di Fronte Mare mette a sistema l’ambiente costruito, preservandone le caratteristiche architettoniche di rilievo, e il pae-

saggio marino con equilibrio compositivo, cromatico e materico. La contiguità dell’intervento tra la facciata e il piazzale antistante migliora un’area di transizione in degrado –fino a ieri un parcheggio non regolamentato – rendendola fruibile e funzionale, trasformandola da vuoto a luogo dotato di un nuovo senso di identità e appartenenza.

Tra i vincitori del Premio Creative Living Lab, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, il progetto è stato promosso dall’associazione LandWorks con il sostegno del Comune di Sassari e di numerosi enti (tra i quali il Dipartimento di Architettura, Design e Urbanistica dell’Università di Sassari) e contributori ■

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IL FRONTE MARE DI MAR-MINIERA ARGENTIERA
› DESIGNCAFÈ
[ 34 ] IOARCH_107 › EDOARDO GELLNER

le storie di lpp

Un ritratto di Edoardo Gellner e, a sinistra, la chiesa progettata a quattro mani con Carlo Scarpa e il villaggio-vacanze Eni di

EDOARDO GELLNER l’architetto di Enrico Mattei

di Luigi Prestinenza Puglisi

Illustrazioni di Roberto Malfatti

Edoardo Gellner aveva studiato Disegno e Architettura degli interni a Vienna nella scuola diretta da Josef Hoffmann e, poi, lavorato nella ditta del padre che produceva insegne e allestimenti commerciali. Si laurea tardi, nel 1946, a trentasette anni, a Venezia in una facoltà frequentata da Marcello D’Olivo, Gino Valle, Angelo Masieri e nella quale insegnano Carlo Scarpa e Giuseppe Samonà.

Del suo talento si accorge Bruno Zevi che nel 1950 gli dedica un articolo nel numero 39 della rivista Metron. Pubblica architetture da lui realizzate a Cortina d’Ampezzo: il negozio di abbigliamento Vanotti, gli interni di villa Tabià, casa Menardi, la sala da ballo dell’hotel Savoia e il progetto per l’albergo Sporting Club. Secondo Zevi, quattro sono le influenze che si percepiscono: il buon senso artigiano dell’esperienza viennese della Werkstätte, l’organicismo finlandese di Alvar Aalto, l’influenza di Richard Neutra filtrata dal ripensamento neoplastico di Carlo Scarpa, la lezione wrightiana.

La scelta moderna di Gellner non gli risparmierà critiche e polemiche. Soprattutto per gli interventi che realizza a Cortina, nei primi anni Cinquanta e in occasione delle Olimpiadi invernali del 1956. Obiettivo è abolire il richiamo al folklore, evitando le suggestioni romantiche del vernacolo e dello spontaneo anche puntando sulla polemica e calcando la mano.

È grazie alla collaborazione con Agip (dal 1952 Eni), per la realizzazione di un motel, che Gellner entra in contatto con il personaggio che segnerà la sua carriera: Enrico Mattei. Temperamento autoritario e leader nato, Mattei trasformò l’Eni in un regno personale, gestendo e corrompendo i politici proprio per tenerli al di fuori dalle scelte strategiche dell’ente; promuovendo i propri organi di stampa, per esempio con la proprietà del quotidiano Il Giorno; generando innumerevoli iniziative mirate a favorire lo spirito di corpo dei propri dipendenti. Personalmente integerrimo, Mattei considerava il potere lo strumento necessario per

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› LE STORIE DI LPP
Borca di Cadore.

Nell’illustrazione di Roberto Malfatti, il palazzo di sei piani delle Poste e Telecomunicazioni di Cortina d’Ampezzo (1953-55), caratterizzato da una struttura di pilastri e montanti in calcestruzzo a vista.

promuovere la propria azienda e, quindi, gli interessi italiani. E come una comunità che perseguiva il bene di tutti. Il patrimonio principale di ogni azienda, sosteneva, sono i dipendenti, i quali devono essere posti al centro. Da qui la realizzazione di case per il personale vicino ai complessi industriali di proprietà dell’azienda e la realizzazione di villaggi per le vacanze e il tempo libero per i figli e per le famiglie.

Per perseguire questi obiettivi Mattei punta in particolare su un villaggio vicino a Cortina d’Ampezzo con una colonia per i giovani e miniappartamenti per il personale da assegnare su base egualitaria, senza distinzioni tra dirigenti, funzionari e operai.

A progettare il villaggio, che sorgerà a Borca di Cadore, occupando un’area di circa 200 ettari per una previsione di 6.000 abitanti, è chiamato Gellner il quale sarà coinvolto a partire dalla scelta della stessa localizzazione.

È il 1954: l’architetto ha quarantacinque anni, il capitano d’industria quarantotto. I due si devono essere piaciuti da subito: entrambi perfezionisti, autoritari, ambiziosi e generosi.

Gellner si mette a lavorare alacremente e riesce a realizzare una buona parte dell’ambizioso progetto complessivo che rimarrà incompiuto, esaurendosi di fatto nel 1962, l’anno della morte di Mattei in un incidente aereo da diversi attribuito a un attentato organizzato dalle multinazionali americane o, comunque, dagli oppositori della sua politica energetica. Gellner termina la colonia, un organismo di 80.000 metri cubi che ospita 400 bambini e 200 inservienti,

formata da 17 corpi di fabbrica con dormitori, refettori e l’aula magna per le riunioni. Realizza inoltre circa 270 abitazioni, il campeggio per 200 ragazzi, l’hotel, il residence e la chiesa.

Il risultato è un inserimento pressoché perfetto dell’edilizia nella natura, parte della quale è frutto della stessa progettazione dell’architetto, essendo la zona in origine una pietraia. La buona edilizia, dirà più volte Gellner, genera i luoghi arricchendo il paesaggio e non deturpandolo. È interessante notare che a mano a mano che i lavori procedono, l’architetto tende a semplificare la dotazione di tipi edilizi evitando una eccessiva proliferazione di forme. Utilizza i colori, secondo l’insegnamento di Neutra. Manca solo il verde per il semplice motivo che è fornito dal contesto naturale. Gellner disegna tutto. E tutto nel villaggio tutto proviene dalle migliori aziende italiane: dai materassi alle suppellettili.

L’unica opera a più mani è la chiesa, per la quale Gellner si avvale della collaborazione dell’amato maestro: Carlo Scarpa. I due lavorano gomito a gomito trasformando quello che sarebbe potuto essere un handicap, e cioè l’individualismo sfrenato di entrambi, in un punto di forza. Spesso non è difficile leggere la mano dell’uno o dell’altro in competizione, ma il risultato è un ibrido perfetto che ci racconta ancora una volta che le cose migliori nascono a volte dall’esaltazione delle diversità ■

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› EDOARDO GELLNER

Funzionale + Originale

Presentando Fuld la seduta impilabile orizzontale

Progettate da Stefan Diez in un elegante design a forma di Y rovesciata con sedute che si ribaltano verso l’alto, le sedie Fuld si adattano perfettamente l’una all’altra quando non vengono utilizzate, risparmiando spazio. Con Fuld, la funzionalità diventa interessante.

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Aldo Norsa

Già professore ordinario di tecnologia all’università

Iuav di Venezia, associato al Politecnico di Milano, incaricato all’università di Firenze, a contratto all’università di Chieti e ricercatore all’università di Montréal, Aldo Norsa, master all’università di Princeton, è direttore scientifico della società di ricerca e consulenza Guamari di Milano, che anima l’annuale conferenza Tall Buildings e cura i Report on the Italian Architecture, Engineering and Construction Industry e il Rapporto Classifiche - le Prime 60 Imprese dell’Edilizia Privata www.guamari.it

Architetti emergenti La volontà di diventare autonomi

Esistono per fortuna molte eccezioni a quello che denuncia il Consiglio Nazionale Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori sulla base di uno studio realizzato con il Cresme, ovvero che gli architetti giovani (sotto i 41 anni) siano in gran parte disillusi dalle loro prime esperienze di accesso alla professione.

Analizzando i dati frutto di circa 4.200 interviste (ad architetti di tutte le età) emerge che il 93,5 per cento dei giovani lavora in forma individuale, e che la maggioranza aspira ad associazioni tra professionisti o società di ingegneria, quantomeno per incrementare i redditi. Riguardo all’organizzazione dell’attività professionale il 27,2 per cento degli intervistati ritiene che nel futuro dovrà essere svolta in studi più interdisciplinari, un quarto predilige il coworking e la condivisione degli spazi, il 19,9 le società tra professionisti e il 16,2 l’aggregazione in studi più grandi. Secondo il Cnappc il percorso da fare per garantire un lavoro equo è ancora lungo e parte da un’operazione culturale che, rifiutando lo sfruttamento intellettuale, garantisca equità di trattamento e veda nel confronto con i giovani un arricchimento per la società. Su questa lunghezza d’onda abbiamo scelto di intervistare, tra i giovani architetti, cinque di coloro che hanno avuto

maggiore successo per capire le strategie adottate nel mettersi in proprio. Tutti i nostri intervistati, provenienti da precedenti esperienze maturate in grandi studi, hanno scelto di associarsi per raggiungere una dimensione critica e una maggiore sinergia tra le competenze individuali.

5 DOMANDE PER 5 ARCHITETTI

1 Qual è la motivazione del mettersi in proprio?

2 Come ha scelto i partner e i collaboratori?

3 Qual è la filosofia progettuale dello studio?

4 Come vi rapportate con i clienti?

5 Quali sono i progetti che meglio vi rappresentano?

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› ARCHITETTI EMERGENTI

1 _ Oltre a diverse esperienze italiane ho avuto la fortuna di potermi confrontare con studi internazionali come Foster+Partners a Londra e Grimshaw Architects a New York e ho sempre condiviso i percorsi professionali costruiti all’interno di realtà strutturate, purché se ne riconoscano princìpi e valori. Il contesto italiano è diverso, spesso impostato in modi che non sempre facilitano la crescita all’interno di imprese già avviate. Scegliere di diventare imprenditori ci è sembrata l’unica alternativa per esprimere la nostra visione, continuare ad alimentare ambizioni, motivazioni e promuovere un nuovo modello di business sostenibile.

2 _ Antonio Atripaldi (40 anni) e io, soci e partner di Adat, ci siamo conosciuti allo Iaac (Institute for Advanced Architecture of Catalonia) di Barcellona durante i nostri studi su Tecnologia e scienze naturali applicate a una nuova forma di progettazione integrata. Da allora ci siamo sempre confrontati sulle nostre esperienze lavorative in giro per il mondo promettendoci che prima o poi avremmo fatto qualcosa insieme. Se il mio è stato un percorso lontano dall’Italia, Antonio ha deciso di rimanere qui scegliendo Torino e diventando partner di Carlo Ratti & Associati. Abbiamo la stessa visione e qualità complementari, ritrovarci a Roma e iniziare la nuova esperienza con Adat è stata la naturale evoluzione di quanto raccolto in tutti questi anni.

3 _ Crediamo che l’architettura possa interferire positivamente sugli aspetti sociali, climatici ed economici che stanno mettendo in discussione il nostro ruolo sul pianeta e in generale il rapporto tra uomo e natura.

Con Adat vogliamo definire un nuovo futuro della progettazione, un design adattabile che nella tradizione tecnologica della nostra formazione ripensi il progetto attraverso una rinnovata coscienza civica e ambientale.

4 _ Lavoriamo con diverse realtà, sia pubbliche che private in diversi Paesi, ognuna con esigenze specifiche; potremmo definirci dei mediatori disposti a risolvere complessità e ad aprirci a nuove visioni. La customer experience ricopre un ruolo importante: cerchiamo di mettere in atto una serie di azioni perché il cliente abbia un ruolo centrale, partecipi a tutte le fasi del processo creativo e sia sempre cosciente del valore generato dai progetti.

5 _ Metterei per primo Science Forest, fresco vincitore del bando internazionale per il Museo della Scienza di Roma. È stato il nostro primo concorso, nella nostra città, un progetto urbano che ripensa l’esperienza museale dando vita a uno spazio pubblico condiviso, in cui centrale sarà l’aspetto interattivo e la relazione fra storia, uomo e natura. Menzionerei anche l’Expo, un evento che ricorre spesso nella nostra storia, Antonio ha diretto con Cra la progettazione del masterplan per la candidatura di Roma a Expo 2030, io ho contribuito alla realizzazione del Sustainability Pavilion di Grimshaw per Expo 2020 di Dubai. Quello del carbon zero è un tema su cui siamo piuttosto sensibili ed entrambi i progetti sono pensati come sistemi complessi e tecnologici che affidano la produzione di energia interamente a soluzioni sostenibili.

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In alto, render di Science Forest, il progetto di Adat per il nuovo Museo della Scienza di Roma. Andrea Debilio, 47 anni.
› REPORT
Andrea Debilio Adat, Roma

1 Qual è la motivazione del mettersi in proprio?

2 Come ha scelto i partner e i collaboratori?

3 Qual è la filosofia progettuale dello studio?

4 Come vi rapportate con i clienti?

5 Quali sono i progetti che meglio vi rappresentano?

Andrea Del Pedro Pera Atomaa, Milano

1 _ La motivazione per mettersi in proprio, dopo aver fatto esperienze in altre realtà progettuali, deriva dalla volontà di esplorare e applicare idee e approcci propri. Dopo aver contribuito a importanti studi di architettura (internazionali e italiani) abbiamo acquisito esperienze e competenze preziose che ci hanno fornito una solida base di conoscenze. Sentivamo la necessità di esprimere la nostra creatività in modo indipendente e di mettere in pratica le nostre visioni e valori nel campo dell’architettura e dell’interazione.

2 _ Per quanto riguarda i partners, con Cesare Galligani e Umberto Maj (tutti quarantenni) ci conosciamo dal tempo dell’università e dopo anni passati a discutere di architettura, ma applicarne separatamente la pratica, abbiamo deciso di unire le forze e cercare di soddisfare l’ambizione professionale anche attraverso l’attenta selezione dei collaboratori, la cui scelta è basata sulla complementarietà delle competenze e sulla condivisione di una visione. Alcuni di loro vantano esperienze passate in cui avevamo lavorato insieme: è stato quindi un processo naturale e spontaneo basato sulla reciproca conoscenza. Altri invece provengono da altri contesti, il che ci ha permesso di arricchire il nostro bagaglio di competenze e di prospettive.

3 _ La filosofia progettuale ‘cifra’ del nostro studio è un approccio umanistico che tiene conto delle esigenze, delle aspettative e delle emozioni delle persone che vivranno e useranno gli spazi che progettiamo: le mettiamo al centro del processo di progettazione. Cerchiamo di adottare pratiche e materiali sostenibili

che rispettino l’ambiente, il benessere degli utenti e la durabilità. Ci impegnamo a creare progetti a lungo termine che siano resilienti e rispettosi delle risorse.

4 _ Non siamo del tutto d’accordo con l’idea diffusa che “una volta che hai conquistato il cliente, cominci lentamente a perderlo”. Da un lato quando si comincia a progettare possono manifestarsi aspetti inattesi, esserci distonie: questo è normale. Attraverso una comunicazione aperta e una condivisione di idee si crea una connessione più forte per convincere il cliente che la nostra priorità è soddisfare le sue aspettative e realizzare la sua visione. Lo invitiamo a sedere con noi al tavolo di progettazione per diventarne in qualche modo partecipe, cercando di creare un ambiente collaborativo e costruttivo per la sua avventura.

5 _ Tutti i nostri progetti ci rappresentano per l’eterogeneità che ci contraddistingue. Siamo convinti che la componente di contesto economico, sociale e personale, attraverso i clienti, generi grandi differenze nell’esito progettuale. L’apertura a mescolare le carte, ad assorbire piccole o grandi variazioni è quello che davvero ci rappresenta. Infine ci preme sottolineare il valore (sempre più a rischio di oblio) dell’esperienza di chi sa fare con le mani. Gli artigiani che valorizzano le potenzialità più nascoste dei materiali sono la componente ultima, e prima, del carattere di Atomaa.

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Andrea Del Pedro Pera, 40 anni.
› ARCHITETTI EMERGENTI
Il team dello studio milanese Atomaa, fondato nel 2018.

SIMONSWERK / si – mons – werk /:

1. I nostri prodotti permettono alle porte di aprirsi dal 1889 2. La nostra sfida, rendere il buono sempre migliore

3. Innovazione ed elevati standard qualitativi sono i pilastri del nostro successo 4. La nostra forza sta’ nella cura per i dettagli 5. La parola “Cerniera” è troppo semplice per descrivere i nostri sistemi. 6. In un mondo in costante trasformazione siamo precursori nel cambiamento

7. Semplicemente, SIMONSWERK

www.simonswerk.it

1 Qual è la motivazione del mettersi in proprio?

2 Come ha scelto i partner e i collaboratori?

3 Qual è la filosofia progettuale dello studio?

4 Come vi rapportate con i clienti?

5 Quali sono i progetti che meglio vi rappresentano?

Andrea Rossi A-Fact, Milano

1 _ La motivazione di metterci in proprio dopo le nostre esperienze in studi internazionali – io da ChapmanBdsp a Londra e poi da MC A-Mario Cucinella Architects a Bologna e Milano; Giovanni Sanna (36 anni) con Pad/Enrico Botta in Bahrain e poi da MC A-Mario Cucinella Architects; Pierluigi Turco (35 anni) in-Skidmore, Owings & Merrils a Londra – è figlia di un percorso di crescita e maturazione professionale che ci ha portato a interrogarci sul significato della parola sostenibilità e su quanto essa sia sovra-utilizzata, spesso più come giustificazione di scelte già consolidate che come reale obiettivo progettuale.

2 _ Il rapporto tra di noi è cominciato circa dieci anni fa con i primi concorsi notturni e i primi progetti. Ma soprattutto con il confronto costante rispetto alle sfide progettuali affrontate ogni giorno, nel quale ognuno di noi ha sempre portato il proprio background, dal più creativo al più tecnico, con l’obiettivo comune di trovare sempre nuove soluzioni. Questo è anche ciò che cerchiamo nei nostri collaboratori: un mix di competenze tecnologiche, approcci innovativi e passione per il progetto.

3 _ Crediamo fortemente che l’architettura abbia la responsabilità di plasmare il futuro delle nostre comunità. Traiamo energia dai dati che i diversi contesti ci offrono per generare ecosistemi resilienti dove le persone possano vivere, lavorare e prosperare. Facciamo tutto questo ricercando una “sostenibilità fattuale” che, come dice Hans Rosling nel suo libro Factfulness, ci porta ad accogliere e sviluppare la complessità (in

A-Fact: progetto del nuovo terminal bagagli della stazione marittima di Palermo (render by Walter Vecchio).

totale integrazione con le altre discipline ingegneristiche) diffidando degli slogan e dell’eccessiva semplificazione di alcuni concetti chiave.

4 _ Siamo convinti che il rapporto con i clienti debba essere basato sul loro costante coinvolgimento, fondamentale affinché possano sposare appieno la nostra visione progettuale. Questo avviene dando loro accesso non solo al risultato del progetto ma anche allo sviluppo del nostro processo creativo e della sua evoluzione tecnica in tutte le fasi, dal concept alla costruzione. Per fare ciò, utilizziamo un linguaggio grafico intuitivo che combina schizzi, rendering, modelli, elaborati tecnici, visualizzazione tridimensionale e intelligenza artificiale.

5 _ I progetti che meglio ci rappresentano sono:

• l’edificio polifunzionale per il ritiro bagagli della Stazione Marittima di Palermo per le sue geometrie che interpretano l’architettura portuale e per la sua modularità e totale smontabilità;

• la competition entry per il Museo della Scienza di Roma perché rappresenta il nostro approccio non convenzionale, basato sui dati reali e sulla loro interpretazione compositiva;

• il progetto residenziale Podium, anch’esso a Roma, dove l’obiettivo di dar vita a un ecosistema urbano organico e vitale ha guidato le nostre scelte progettuali e dove la sostenibilità si trasforma in flessibilità e durabilità totalmente integrate al linguaggio architettonico.

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Andrea Rossi, 36 anni.
› ARCHITETTI EMERGENTI

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Sistema di cerniere con chiusura integrata

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1 Qual è la motivazione del mettersi in proprio?

2 Come ha scelto i partner e i collaboratori?

3 Qual è la filosofia progettuale dello studio?

4 Come vi rapportate con i clienti?

5 Quali sono i progetti che meglio vi rappresentano?

Gianluca Bocchetta Velvet Studio, Torino

1 _ La motivazione trainante del mettersi in proprio è l’imprendere: costruire uno studio, un nostro modo di disegnare, progettare, vivere gli spazi e poterlo comunicare, offrire e vendere a un pubblico vasto, in maniera democratica (ma anche a volte esclusiva) che ha voglia di sfidare la nostra inquietudine e sensibilità. Il mio percorso professionale è stato quasi totalmente da autodidatta: ho lavorato sin dal diploma per uno studio di architettura e successivamente per aziende industriali e commerciali, come direttore tecnico e creativo. Nel frattempo ho lavorato, poco prima delle Olimpiadi 2006, per lo studio Archiland di Paolo Maldotti: un’esperienza illuminante. Nel 2012 ho aperto Velvet Lab e Rugine (azienda produttrice di complementi d’arredo tailor made prevalentemente in metallo).

2 _ Non ho scelto realmente i miei partner: li ho incontrati e ci siamo trovati. Inizialmente ero fornitore di Alessio Primavera in un grande cantiere: io rappresentavo Rugine e lui lavorava per MG2 Architetture. Quando dopo sette anni ho deciso di ampliare la mia attività l’ho chiamato per il ricordo positivo, costruttivo e indelebile che avevo conservato. Giulia Farinotti è stata la mia collaboratrice più fedele: ha iniziato con me a 22 anni, si è fidata e è cresciuta con me; è evoluta e diventata parte integrante di Velvet, fino a diventarne socia e partner.

3 _ Ci piace definire Velvet Studio come un’azienda di architettura e design, nata formalmente nel luglio 2022 a 13 anni dall’apertura di Velvet Lab. La società è oggi una realtà con una struttura di tipo anglosas-

Dal 2022 Velvet Studio progetta i ristoranti Fradiavolo nel mondo. Nel render, il locale di Miami, ora in fase di apertura.

sone fatta di partner/soci senior e altri partner junior. Lo studio conta dalle 18 alle 20 persone, 10 delle quali dipendenti a tempo indeterminato. Pensiamo che le nostre risorse fondamentali siano la creatività e le persone: il valore dei progetti è proporzionato al valore dei talenti.

4 _ Progettare diventa un percorso che il cliente vive immerso nella nostra realtà, nei nostri spazi e nella nostra creatività: un percorso coinvolgente che crea un legame con tutto lo studio.

5 _ I progetti che abbiamo affrontato negli ultimi due anni ci rappresentano tutti. Se dovessimo sceglierne uno, selezionerei Fradiavolo. Non è soltanto architettura ma un progetto di sviluppo di un brand giovanissimo e audace dove le criticità diventano punti di forza. Ci ha fatto scoprire capacità nuove, specializzarci e progettare strategie per sopportare tempistiche molto strette e rispondere a esigenze commerciali, estetiche, economiche e architettoniche. Abbiamo disegnato, progettato, diretto e coordinato la realizzazione di 20 ristoranti in 16 mesi. Un indotto pari a 6 milioni, centinaia di collaboratori che hanno ristrutturato e allestito un totale di 50mila metri quadrati complessivi di ambienti dedicati alla ristorazione, tra Torino e Miami. Poi vi sono tanti progetti residenziali dove abbiamo espresso la nostra creatività in modo incondizionato e ‘prepotente’: Casa Fo, Casa a Mano Libera, Prima Casa a Parigi, e ambiziosi come la sede di Acqua Sant’Anna.

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Gianluca Bocchetta, 39 anni.
› ARCHITETTI EMERGENTI

Eleganti profili sottili guidati dal principio del less is more. Ampie superfici vetrate che permettono alla luce di entrare e danzare nelle stanze. Effetti estetici emozionanti dove interni ed esterni dialogano in continuità. Con la serie Minimal, Agostini Group va oltre il puro concetto di finestra come apertura funzionale, trasformando il serramento in vero e proprio elemento di interior design.

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Villa privata - Italy - Progettazione Studio Machina Architetti Associati - 2022

1 Qual è la motivazione del mettersi in proprio?

2 Come ha scelto i partner e i collaboratori?

3 Qual è la filosofia progettuale dello studio?

4 Come vi rapportate con i clienti?

5 Quali sono i progetti che meglio vi rappresentano?

Eurind Caka Soa Architecture, Forlì

1 _ È un fatto fisiologico, fa parte di un processo di crescita professionale. Dopo tanti anni di esperienze presso altri era giunto il momento di sperimentare, mettere a frutto le competenze apprese e spingersi oltre.

2 _ La scelta dei partner è stata del tutto naturale. In particolare l’aver condiviso con Stefano Bastia (31 anni) una parte del percorso di studi ha contribuito a rafforzare il rapporto: sin dai primi anni ci siamo ritrovati affini e nei laboratori di progettazione abbiamo constatato una forte sintonia. Entrambi con il passare del tempo abbiamo realizzato che collaborare ci rendeva migliori; dopo circa sei anni in MC A, nel 2020 abbiamo deciso di compiere il passo successivo: aprire uno studio insieme, Soa Architecture.

3 _ Ci ha sempre affascinato la componente scientifica del nostro mestiere, osservare per poi agire in modo più cosciente e consapevole, analizzare gli elementi che compongono un progetto per giungere a una migliore conclusione. Abbiamo concepito il nostro studio come uno spazio attrezzato per la ricerca e la misura di precisione; un laboratorio dedicato a esperimenti e ricerche nei vari campi della scienza e non, definendo ecosistemi virtuosi incentrati sulle persone, dove raccogliere il maggior numero di parametri possibile al fine di trovare soluzioni ottimali in ogni situazione.

4 _ Ci impegnamo per riuscire a gestire tutte le informazioni in ingresso prima di affrontare il passaggio successivo: la componente creativa. Questo nostro

Soa Architecture: dettaglio della facciata della Scuola Superiore Sami Frashëri a Tirana, il primo progetto completato.

approccio si è fortemente radicato durante l’esperienza in MC A - Mario Cucinella Architects.

5 _ Siamo molto legati a tutti i progetti a cui abbiamo lavorato, anche a quelli sviluppati nelle precedenti esperienze lavorative perché ci hanno accompagnato in un percorso che, nel 2022, ha portato al nostro primo edificio realizzato: la Scuola Superiore Sami Frashëri a Tirana. È un edificio emblematico per il nostro studio, il risultato di tanti anni di ricerca: un progetto sperimentale, quasi fosse la versione beta di un software. Una delle più famose citazioni dello scrittore e filosofo albanese Sami Frashëri, a cui è dedicata la scuola, è: “Il nostro compito principale per l’umanità è studiare e apprendere senza annoiarci”. Ci siamo subito ritrovati in questo concetto che ci ha, sin dalle prime fasi della progettazione, ispirato. Un altro progetto che esprime una sintesi delle nostre ricerche è il Gradient Center, un edificio polifunzionale sempre nella capitale albanese. Il segno che caratterizza tutto l’intervento, facilmente riconoscibile in planimetria, è una ‘virgola’, una semplice geometria organica che, tramite un percorso pedonale sopraelevato, definisce un forte legame tra architettura e natura. In Italia siamo molto legati a un concorso a inviti per la progettazione della nuova sede del gruppo Unieuro a Forlì. L’intervento, per l’ambizione degli obiettivi espressi dalla committenza in termini di innovazione e concezione di nuovi spazi di lavoro, è stata una sfida molto stimolante per il progetto che abbiamo sottoposto alla giuria.

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Eurind Caka, 34 anni.
› ARCHITETTI EMERGENTI

Porte scorrevoli

Assicurano un accesso comodo e sicuro. Poco ingombranti e silenziose, sono indispensabili in molti edifici. Si integrano nei diversi stili, sono durevoli e funzionali e contribuiscono all’abbattimento delle barriere architettoniche.

Sistemi per finestre ed evacuazione fumo e calore Meccanica o automatizzata, la tecnologia per finestre Geze contribuisce al comfort, alla qualità dell’aria indoor e alla sicurezza, con soluzioni di azionamento complete (estrazione di fumo e calore) per la protezione antincendio preventiva.

Building Automation

Standard di comunicazione aperti consentono di integrare facilmente il controllo e il monitoraggio dell’apertura di porte e finestre nel sistema di gestione dell’edificio.

Sistemi per porte a battente

Sia che si tratti di porte automatiche senza barriere, che devono poter essere aperte senza sforzo, sia in caso di chiudiporta per l’apertura manuale, i sistemi di azionamento Geze agiscono in modo confortevole e sicuro.

Il Factory tour

Negli stabilimenti della sede centrale dell’azienda a Leonberg, nel BadenWürttemberg, la produzione e la logistica sono interamente automatizzate. Nelle sale test gli automatismi per porte e finestre vengono sottoposti a migliaia di cicli di apertura. Oltre allo showroom delle soluzioni standard, uno spazio è dedicato alle personalizzazioni, realizzate su progetto, per le quali l’intervento umano rimane fondamentale.

Nel Qr Code qui sotto il video del Factory tour.

Fondata 160 anni fa e specializzata in sistemi di automazione per porte e finestre, quest’anno Geze celebra i venticinque anni di presenza in Italia. Una presenza importante sia per la qualità delle applicazioni sia per il servizio, con la consulenza gratuita offerta alla progettazione e la rapidità degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, effettuati entro 24/48 ore e 365 giorni all’anno sull’intero territorio nazionale.

Presi in considerazione in primo luogo per la comodità dal punto di vista degli utenti, gli ingressi automatici scorrevoli in realtà offrono numerosi vantaggi in termini di sicurezza e igiene. Quello dell’antincendio ad esempio è un tema fondamentale nella progettazione di luoghi pubblici come alberghi, centri commerciali, teatri e auditorium, palazzetti dello sport, ospedali e Rsa, sia dal punto di vista delle vie di fuga sicure sia per quanto riguarda l’evacuazione fumi con l’automazione delle finestre. In generale, ma soprattutto nel caso delle strutture di cura e ospedaliere, si

aggiunge poi il fattore igiene, eliminando le maniglie che contribuiscono alla diffusione dei batteri.

Geze Italia considera la consulenza alla progettazione e la realizzazione su misura di fondamentale importanza: mentre la qualità dei sistemi di automazione è assicurata dall’evoluzione tecnologica e dalla costante attività di ricerca e sviluppo della sede centrale di Leonberg, in Germania, l’applicazione finale è sempre legata alla specificità del singolo progetto. Con cura artigianale, dai laboratori di Geze Italia escono sistemi accessi completi, dalla porta ai profili all’automazione, realizzati su misura del singolo progetto ■

Via Fiorbellina 20 - 20871 Vimercate MB

Tel. 039.9530401

Via Lucrezia Romana, 91 - 00178 Roma

Tel. 039.9530401

italia.it@geze.com - www.geze.it

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GEZE, da 160 anni nel mondo e da 25 in Italia
› GEZE
Ingressi Geze all’UniCredit Pavilion (oggi Ibm Studios) di Michele De Lucchi in piazza Gae Aulenti a Milano

Headquarter

Design e comfort, ma anche sicurezza, efficienza energetica e assenza di barriere rendono vivibili le più moderne sedi aziendali.

I Servizi

Consulenza per la progettazione

Manutenzione ordinaria/ straordinaria

Interventi in 24/48 ore 365 giorni all’anno

I Plus Safety

Sistemi di sicurezza integrati

Security

Progettate per rendere impossibile l’intrusione

Comfort

Aumentare il livello di comfort degli edifici

Igiene

Soluzioni che ottimizzano l’igiene in quanto senza contatto

Ospitalità

Geze propone un’ampia gamma di prodotti specializzati per hotel e ristoranti che facilitano l’accesso e il passaggio grazie all’assenza di barriere negli spazi dell’ospitalità.

Ospedali

L’architettura di cliniche, ospedali e istituti di cura deve fornire un supporto ottimale nel processo di guarigione e deve essere progettata di conseguenza.

Retail

Le soluzioni Geze per i centri commerciali offrono estetica, sicurezza e sono importanti componenti nell’automazione degli impianti tecnici, rendendoli più efficienti anche dal punto di vista energetico.

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› FOCUS

Il nuovo sistema illuminotecnico della Österreichische Nationalbibliothek all’Hofburg di Vienna, firmato dallo studio di progettazione Lighting

Design Austria

La luce di Linea Light enfatizza una scenografia barocca

Un lavoro di grande valore artistico, che dà nuova luce alla Österreichische Nationalbibliothek all’Hofburg, la più grande biblioteca barocca d’Europa, che ospita oltre 200mila volumi e che ha recentemente riaperto dopo un’importante ristrutturazione di tutti gli ambienti interni.

Il suggestivo Salone di Gala della biblioteca coperto da una cupola centrale affrescata nel Settecento dal pittore di corte Daniel Gran. Per illuminarlo sono stati scelti elementi standard che possono essere modificati e adattati alle diverse necessità. Foto ©We Feel.

Il progetto di revisione illuminotecnica ha coinvolto la vasta Prunksaal e la scalinata di accesso e ha visto la sostituzione e il rinnovo di tutti i corpi illuminanti e dei relativi componenti elettrici con l’obiettivo di creare un’illuminazione scenografica, attraverso l’installazione di soluzioni performanti integrate nell’architettura rispettando le normative in materia di conservazione storica. Per esempio, non era possibile illuminare gli scaffali con più di 50/60 lux, per evitare eventuali danni causati da un’eccessiva illuminazione. Si è scelto quindi di optare per un sistema di luci indirette, per organizzare la

distribuzione luminosa senza compromettere le opere, ma valorizzando tanti dettagli che erano rimasti di fatto oscurati, come nel caso dei particolari dorati presenti in molti affreschi. Le soluzioni di Linea Light Group si sono rivelate adatte a rispondere alle esigenze del progetto, grazie soprattutto all’estrema flessibilità che le contraddistingue e alla capacità di fornire alte prestazioni pur risultando pressoché invisibili. Oltre ai proiettori Navata Optus, scelti per l’illuminazione degli scaffali con i libri, gli affreschi a soffitto e alcuni elementi architettonici, sono stati utilizzati gli High Protection in versione custom per enfatizzare le storiche scale a chiocciola che conducono alla galleria. Le statue e i busti sono stati invece illuminati con Periskop, proiettore dalle dimensioni ridotte e ad elevata potenza.

www.linealight.com

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› LINEA LIGHT GROUP

LINEA LIGHT GROUP

Tra le prime realtà in Europa a specializzarsi nella tecnologia

Led, il gruppo Linea Light è composto di dipartimenti specializzati per rispondere alle diverse esigenze progettuali. Tutte le idee si concretizzano in applicazioni integrate dall’elettronica alla meccanica, dall’ottica al design. Il Gruppo associa la produttività e la tecnologia di una grande azienda, con la possibilità di offrire soluzioni custom.

www.linealight.com

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› FOCUS

Diametro35 di Ritmonio per un appartamento milanese

Lo studio co.arch di Andrea Pezzoli e Giulia Urciuoli ha guidato la ristrutturazione di un appartamento milanese di una giovane famiglia con due figli. La committenza ha richiesto di ripensare gli interni, senza stravolgere la struttura originale dell’appartamento. Uno dei nodi fondamentali del progetto è stato aprire la vista della cucina dall’ingresso, ripensandone l’involucro per massimizzare l’apporto di luce naturale e creare spazi abitativi confortevoli e fruibili: ne sono un esempio la libreria a tutta altezza che domina la zona living o la vetrata texturizzata con motivo a righe che funge da elemento di limite e raccordo con le aree più riservate della casa. Nella cucina sono presenti i componenti fondamentali che si richiamano in tutti gli altri spazi, come il motivo a cementine esagonali del pavimento utilizzato anche nei bagni, che in alternanza

di chiaro/scuro nei toni del blu e dell’azzurro, disegna un tappeto geometrico e armonioso. Il nero opaco del piano della cucina ha la stessa finitura della parete vetrata, delle porte e della rubinetteria dei bagni, dove l’intensità del nero della rubinetteria Diametro35 di Ritmonio crea un gioco di contrasti dal forte impatto scenico. La serie, che da oltre vent’anni ha garantito il successo internazionale dell’azienda, permette una grande versatilità progettuale assicurata dalla possibilità di scegliere tra 16 diverse finiture. Ritmonio si mette al servizio degli architetti con un approccio fondato sulla sperimentazione e sull’emozionalità: componenti fondamentali per comprendere le esigenze dell’abitare contemporaneo, interpretate con garbo in questo progetto residenziale.

www.ritmonio.it

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Località Milano Progetto architettonico co.arch studio Sistema Diametro35 di Ritmonio Foto Riccardo Giancola
› FOCUS

KÖMMERLING ALUNEXT®

IL PRIMO SISTEMA RICICLATO CHE UNISCE PVC E ALLUMINIO

Prodotto ibrido, basato sulla piattaforma 76 mm. AluNext® trae il meglio dai due materiali, offre prestazioni termoacustiche imbattibili, unite ad un look elegante e di design.

kommerling.it

IT-102023
RAL 3005 Matt

Schermatura a pacchetto Grinotex

I collegamenti tra le lamelle in alluminio di Grinotex sono realizzati in fune di acciaio rivestita di Pvc mentre il sistema Soft Closing assicura una chiusura silenziosa. Questo sistema di tende di lunga durata è estremamente resistente alle intemperie. Grazie alla funzione anti-sollevamento attiva in qualsiasi posizione, Grinotex viene impiegata in particolare dove è richiesta massima sicurezza. La protezione integrata blocca la tenda non appena le lamelle incontrano un ostacolo.

Tenda di facciata Solozip

La tenda di facciata Solozip presenta una cerniera fissata sul tessuto che la mantiene nella guida per tutta l’altezza e tiene il telo perfettamente teso. Resiste a venti di intensità pari a 92 km/h e può coprire superfici fino a 18 metri quadrati. Numerose le opzioni di design: dai tessuti in colori personalizzati ai cassonetti di varie forme alla possibilità del montaggio su facciata. Per le sue qualità tecniche, Solozip è stata nominata per l’Architects’ Choice 2023.

Persiana a pantografo La persiana a pantografo è un unicum di Griesser. Caratterizzata da ante regolabili orizzontalmente, l’azionamento motorizzato e gli automatismi integrati assicurano la regolazione ottimale della radiazione solare anche in funzione delle condizioni ambientali e aiutano a ridurre i fabbisogni energetici. Le persiane a pantografo sono particolarmente adatte a infissi di grandi dimensioni e vantano una eccezionale resistenza al vento, fino a 120 km/h. Realizzate in alluminio, sono disponibili in 150 colori, nove varianti tinta legno e sono personalizzabili nel disegno.

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› GRIESSER

Griesser, 140 anni di storia nel campo delle schermature solari

Sintesi di meccanica svizzera, competenze artigianali e abilità sartoriali, Griesser presenta la più ampia gamma in Europa di veneziane, tende di facciata, persiane e avvolgibili per la regolazione della luce solare negli ambienti interni.

Realizzati in alluminio riciclabile e materiale tessile, tutti i prodotti Griesser (tranne alcune tipologie di persiana) sono automatizzati, con funzionamento manuale su richiesta.

Le schermature incidono significativamente sul comfort termico e visivo, sul benessere indoor e sul risparmio energetico degli edifici. Non solo prodotto: Griesser è seriamente impegnata in politiche di sostenibilità e rispetto ambientale.

Tende veneziane Le veneziane offrono il pieno controllo della luce naturale e dell’irraggiamento solare. Liberamente posizionabili, le lamelle permettono di modulare la luce e il calore in ingresso secondo necessità personali e climatico-ambientali. Il disegno lineare

le rende versatili e capaci di integrarsi nella cornice architettonica di ogni edificio. 150 le varianti cromatiche a disposizione, oltre all’opzione BiColor che permette di scegliere diversi colori per interni ed esterni. Un meccanismo antisollevamento impedisce alle lamelle bloccate di essere aperte facilmente dall’esterno. Resistenti in caso di intemperie, alcuni modelli sono tarati su venti che raggiungono una velocità di 92 km/h o superiore.

Tende di facciata Stabili e leggere, le tende di facciata combinano design e funzionalità. I tessuti con cui sono prodotte proteggono gli ambienti dalle alte temperature e gli arredi interni dallo sbiadimento dovuto ai raggi solari. Per un prodotto coerente, materiale, texture e colore possono essere combinati a piacimento e anche personalizzati. Repellenti all’acqua e allo sporco, sono estremamente resistenti al vento, alcuni modelli fino anche a 92 km/h.

In collaborazione con l’italiana Parà e la con-

VENEZIANE, TENDE DI FACCIATA, PERSIANE E AVVOLGIBILI AD ALTA EFFICIENZA ASSICURANO UNA CORRETTA

GESTIONE DELLA LUCE, COMFORT, SICUREZZA E RISPARMIO ENERGETICO. ELEMENTI SEMPRE PIÙ INDISPENSABILI A FRONTE DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI E DEL SURRISCALDAMENTO GLOBALE

sociata Weinor, nel 2023 l’azienda ha lanciato la Collection Emotion in Modern Basics Blue, tessuto per tende prodotto per l’85 per cento in Pet riciclato e risparmiando acqua, energia ed emissioni di CO 2 rispetto alle tinture tradizionali.

Persiane Tornate al centro dell’attenzione negli ultimi anni, le persiane offrono protezione, sicurezza e riservatezza personalizzando la facciata. Le persiane Griesser in alluminio (con interni in legno per alcuni modelli) sono quasi esenti da manutenzione. La varietà dei modelli a disposizione ne consente l’abbinamento a diversi stili ed esigenze costruttive. Molte le opzioni sul controllo della luce, con ante che seguono la luce solare, lamelle anche mobili e riempimenti per l’oscuramento totale o disegni personalizzabili. Al tradizionale modello a battente si affianca quello scorrevole e la variante scorrevole e pieghevole.

www.griesser.it

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› FOCUS

Brianza Plastica edificio residenziale in valle Strona

A Chesio, sul versante settentrionale della valle Strona, in Piemonte, un edificio residenziale sviluppato su tre livelli è stato recentemente riqualificato in un’ottica di efficienza energetica attraverso la tecnologia della facciata ventilata.

L’intervento, curato dall’architetto Pier Lugi Alba, è stato mirato in maniera specifica al miglioramento delle performance termiche dell’involucro, per massimizzare il comfort interno e i consumi energetici, in ogni stagione. Il progettista, in accordo con la committenza, ha scelto il sistema termoisolante ventilato in poliuretano Isotec Parete di Brianza Plastica. Si tratta di un sistema composito prefabbricato, dotato di un’anima isolante a elevate prestazioni, costanti e durature nel tempo, rivestito da una lamina di alluminio goffrato sulle due facce, con funzione di protezione e impermeabilizzazione del pannello e dotato di

un correntino metallico asolato per supportare il fissaggio del rivestimento per facciate e per la creazione della camera di ventilazione. Considerato il preesistente strato isolante in intercapedine, il nuovo strato di isolamento è stato dimensionato in uno spessore piuttosto ridotto, pari a 60 mm.

Le elevate capacità isolanti del poliuretano di cui è costituito il sistema Isotec Parete, insieme ai vantaggi della ventilazione naturale che si attiva fra l’isolante e il rivestimento, hanno consentito di portare l’involucro a elevati livelli di efficienza energetica.

Per il rivestimento finale delle facciate si è optato per una soluzione coerente con gli edifici circostanti, prevedendo una finitura a intonaco; sono state utilizzate le lastre portaintonaco in fibrocemento Elycem di Brianza Plastica: leggere e resistenti, si ancorano ai correntini di Isotec Parete con apposite viti.

Il successivo ciclo di rasatura e pittura, permette di realizzare con facilità la classica finitura ad intonaco in abbinamento alla tecnologia della facciata ventilata.

L’edificio ha conseguito il miglioramento di due classi energetiche, passando dalla classe iniziale A2 alla classe finale A4.

isotec.brianzaplastica.it

Località Chesio, Loreglia (Verbano-Cusio-Ossola)

Committente Privato

Progettazione architettonica Pier Luigi Alba

General contractor Iceet

Posatore facciata ventilata Sorych Roman

Isolamento facciate Isotec Parete di Brianza Plastica Rivestimento facciate Lastre in fibrocemento Elycem di Brianza Plastica

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› FOCUS
SISTEMI DI RIVESTIMENTO PER L’ARCHITETTURA SOSTENIBILE WWW.PREFA.IT

IL RESTAURO E LA

VALORIZZAZIONE DELLA TORRE VELASCA, CHE HINES HA

AFFIDATO ALLO STUDIO ASTI ARCHITETTI, RECUPERA LE QUALITÀ SPAZIALI DEL PROGETTO ORIGINARIO ADEGUANDOLE ALLE ESIGENZE D’USO E ALLE ATTUALI PERFORMANCE ENERGETICHE.

TRA I MATERIALI ADOTTATI NELL’INTERVENTO, ALCUNI DEI QUALI RIMESSI APPOSITAMENTE IN PRODUZIONE, LE SOLUZIONI IN ALLUMINIO SCHÜCO

UN RESTAURO MONUMENTALE

Forse l’esempio più eclatante della voglia di riscatto che animò il dopoguerra e la ricostruzione, sicuramente l’intervento più rilevante sullo skyline di Milano, il progetto dei Bbpr che nel 1958, una volta completato, sollevò non poche perplessità era un grattacielo senza uguali nel mondo che, nelle parole di Ernesto Nathan Rogers, si proponeva di «riassumere culturalmente l’atmosfera della città di Milano, il suo ineffabile eppur percepibile carattere».

Mix di brutalismo e neoliberty (si disse ispirata alla torre del fiorentino Filarete al Castello Sforzesco), le sue famose ‘bretelle’ ne definivano con chiarezza anche il programma, con uffici fino al 18esimo piano e appartamenti

di lusso nella parte aggettante, dal 19esimo al 27esimo e ultimo piano.

Una destinazione d’uso che il progetto di Paolo Asti, sviluppato in collaborazione con Ars Aedificandi, studio Ceas e Esa Engineering, conserva, con gli adeguamenti richiesti dalla committenza. Il primo e il 18esimo piano saranno infatti occupati da due ristoranti, mentre il 17esimo sarà lo spazio del members club di Sircle Collection, gruppo internazionale leader nel settore dell’hôtellerie che gestirà anche i 72 serviced-apartment, con metrature da 85 a 280 metri quadrati, dei piani superiori. Al piano interrato è prevista invece una Spa di oltre 1.000 metri quadrati, mentre il →

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TORRE VELASCA, MILANO
› TORRE VELASCA

Per le loro caratteristiche intrinseche, le soluzioni in alluminio Schüco si sono rivelate le più idonee a operare in un contesto architettonico di così elevato valore storico. Schüco Italia ha lavorato fianco a fianco con Asti Architetti per ricalcare il più fedelmente possibile l’aspetto dei serramenti esistenti e rispondere alla necessità di integrare ai nuovi infissi i cassonetti degli avvolgibili senza stravolgere l’involucro.

Le finestre degli spazi commerciali e delle residenze fino al 19esimo piano sono state realizzate con i sistemi in alluminio Schüco AWS 90 BS.SI+ (Block System Super Insulation) con

anta a scomparsa, pensati per rispondere alle esigenze architettoniche e prestazionali di edifici soggetti a riqualificazione.

Il cuore tecnologico del sistema è racchiuso nei profili di anta sottili, che scompaiono all’interno della muratura lasciando in vista soli 73 mm di alluminio. Il design minimale facilita l’ingresso della luce e garantisce performance ottimali di isolamento termico e acustico. All’esterno, l’anta a scomparsa con telaio fisso – che ricopre completamente quello della parte apribile –permette l’integrazione completa degli infissi nella muratura, contribuendo a preservare e

valorizzare la facciata. Nella soluzione Block System, infatti, il telaio fisso è l’unico elemento esterno a vista, con un risultato di rigore e pulizia estetica dell’involucro.

Ottimo l’isolamento termico del sistema, con valori Uf fino a 1,72 W/M2K con sezione in vista di 73,5 mm e Uf fino a 1,63 W/M2K con sezione in vista di 81,5 mm) e l’isolamento acustico fino a 49 dB. La guarnizione centrale continua, frutto della tecnologia Schüco SimplySmart, garantisce infine elevate performance in termini di tenuta all’aria, all’acqua e al vento.

www.schueco.it

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SISTEMI IN ALLUMINIO SCHÜCO
› FOCUS
La Torre Velasca nello skyline di Milano. A destra, dettaglio della nuova facciata. Foto ©Giacomo Albo.

coffee bar aperto al pubblico al piano terra legherà la torre alla città e alla nuova piazza Velasca (sempre di Asti Architetti).

Dal 2011 la Torre è tutelata come monumento nazionale e il progetto ha sviluppato un restauro filologico, anche grazie alla collaborazione dell’architetto Belgiojoso che ha concesso l’accesso agli archivi originali del progetto.

Il cantiere ha utilizzato sia le stesse tecniche sia molti dei materiali originari di rivestimento, mentre sono stati recuperati o riprodotti fedelmente alcuni elementi, in linea con le indicazioni della Soprintendenza: un’operazione resa possibile dalla collaborazione di diverse aziende che hanno rimesso in produzione alcuni elementi, tra cui ad esempio le maniglie disegnate dai Bbpr. Dagli studi per restituire alle facciate la tonalità grigio-rosa originale è nato, in collaborazione con Mapei, persino un prodotto specifico che ha assunto il nome di ‘legante Velasca’.

L’efficientamento dell’involucro, degli impianti e delle finiture e le misure di contenimento dei consumi adottate consentono comunque alla Velasca, riqualificata per la prima volta

dopo 75 anni di vita, di perseguire l’obiettivo della certificazione internazionale Leed Gold cui, per gli 11mila metri quadrati di uffici, si aggiungerà la certificazione Wiredscored Silver, che riconosce gli alti livelli di connessione digitale e smart technology ■

CREDITI

Località Milano

Committente Prelios

Developer Hines Italy per Hevf Milan1 gestito da Prelios

Progetto architettonico Asti Architetti

Progetto esecutivo Fontana Architetti

Project & construction management Prelios Integra

Progetto strutture Ceas

Progetto impianti, luci, acustica Esa Engineering

Certificazioni Esa Engineering

General contractor Ars Aedificandi

Sistemi per finestre Schüco AWS 90 BS.SI+

Serramentista Schüco Partner Tecnomont Service

Altezza 106 metri per 27 piani f.t.

Slp complessiva 34.000 mq di cui 11.000 per uffici

Cronologia 2020-2024

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Le famose ‘bretelle’ nelle recenti foto di cantiere scattate da Giacomo Albo.
› TORRE VELASCA

MONFERRATO

LA ROVINA ABITABILE DI CARLO RATTI E ITALO ROTA

Tecnologie Lidar di rilievo digitale e sistemi costruttivi di prefabbricazione in legno sono al centro di un nuovo progetto di Carlo Ratti Associati, con la direzione creativa di Italo Rota, per trasformare in albergo un rudere – già monastero e in seguito casa colonica – in disuso da decenni sulle colline del Monferrato. La precisa acquisizione, punto per punto, delle dimensioni e delle interferenze degli spazi interni operata da Cra Make, la digital factory dello studio di Carlo Ratti, con laser scanner Lidar, restituirà un modello digitale tridimensionale utile per realizzare in prefabbricazione i componenti della nuova costruzione, che verranno inseriti delicatamente tra le mura esistenti, salvaguardandone sia lo stato attuale sia il suggestivo intrico di alberi, arbusti e rampicanti con cui la natura ha riconquistato nel tempo lo spazio abbandonato. Di fatto, una forma di riuso non invasiva che riduce al minimo le opere di demolizione e che potrebbe diventare un modello per nuovi interventi.

La formula costruttiva del box-in-box non è nuova ma viene in genere adottata per affrontare vincoli funzionali – interventi su edifici tutelati, ‘cappotti’ interni, soluzioni impiantistiche. In questo caso invece conferisce nuova qualità spaziale agli ambienti, creando le condizioni per abitare un’architettura altrimenti destinata alla demolizione – Carlo Ratti cita Ruskin e l’amore dello scrittore inglese per la decadenza degli edifici, che contengono l’impronta delle vite passate –e in naturale simbiosi con una vegetazione spontanea e preesistente.

‘Roccia’, questo il nome del progetto,

sarà anche il test di prova di Maestro, la divisione del gruppo Cra dedicata alla prefabbricazione digitale ■

Progetto architettonico Cra-Carlo Ratti Associati

Team Cra Carlo Ratti, Mykola Murashko (Project Manager), Emanuele Carlo Bussi, Andrea Cassi, Iratxe De Dios, Gary Di Silvio, Marco Guarany, Mohamed Yasser Hariss, Pasquale Millieri, Chiara Morandini, Ginevra Nazzarri, Francesco Strocchio, Gianluca

Zimbardi

Direzione creativa Italo Rota

Progettazione strutturale Paolo Vagaggini

Progettazione Mep Ivan Pavanello

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› WORK IN PROGRESS

PRESYSTEM®

Mineral Wool

Il primo monoblocco termoisolante incombustibile e resistente al fuoco

Per rispondere ai requisiti di prevenzione della propagazione del fuoco in facciata, Alpac ha progettato il primo monoblocco ignifugo e sostenibile, in grado di garantire le prestazioni acustiche e termiche necessarie: PRESYSTEM® Mineral Wool, realizzato con materiali ignifughi come lana di roccia e fibrocemento, assicura una classe di reazione al fuoco A2-s1, d0.

www.alpac.it
Guarda il video per scoprire la case history

SALÒ IL FALKENSTEINER PARK RESORT DI MATTEO THUN

Inizieranno probabilmente già a fine anno i lavori di demolizione dell’ex-stabilimento delle acque minerali Tavina nel comune di Salò. Al suo posto sorgerà un nuovo hotel cinque stelle della Premium Collection di Falkensteiner e, distribuiti in undici nuovi volumi architettonici all’interno dell’area, 170 appartamenti ‘Premium Living’ per una Slp totale di 25.000 metri quadrati e una volumetria complessiva inferiore a quella occupata dallo stabilimento. Il sito, posto tra il tessuto urbano, il lago e un’area verde collinare, misura 37.000 metri quadrati, cui si aggiungono 32.000 mq di parco pubblico. Il progetto architettonico è dello studio Matteo Thun & Partners e il progetto botanico e di paesaggio dell’architetto paesaggista portoghese João Nunes (Proap). La realizzazione è prevista in due fasi.

Nella prima, che sarà completata nel 2025, saranno costruiti l’hotel e 96 appartamenti premium. I restanti 74 appartamenti saranno costruiti nella seconda fase entro il 2027.

L’approccio di Matteo Thun e del suo studio all’architettura, che combina in modo responsabile artigianato, tradizioni, patrimonio culturale e genius loci con l’innovazione tecnologica, ha già permesso al nuovo sviluppo di ottenere la certificazione Leed.

L’investimento totale ammonta a 140 milioni di euro, un segnale forte degli ambiziosi piani di espansione del gruppo nato in Val Pusteria 60 anni fa e che oggi conta 2.500 dipendenti che gestiscono 31 strutture turistiche in 6 Paesi europei. Oltre a Falkensteiner Michaeler Tourism Group (Fmtg), partecipano al progetto

come co-investitori la famiglia bavarese Kerbel e il gruppo viennese Robert König. Arranger e financial advisor della raccolta di capitali la boutique finanziaria Cap Advisory di Milano ■

Località Salò (Brescia)

Committente Salò Resort Srl (Fmtg, famiglia Kerbel, gruppo Robert König)

Progetto architettonico Matteo Thun & Partners

Progetto botanico e di paesaggio João Nunes

(Proap)

Slp hotel 8.000 mq

Slp residenze 17.000 mq

Cronologia 2024-2027

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› WORK IN PROGRESS

Isotec è il sistema termoisolante ad elevate prestazioni per coperture ventilate. Il poliuretano espanso di ultima generazione, di cui è costituito il pannello, offre una durabilità eccellente, con performance costanti nel tempo.

isotec.brianzaplastica.it

Per un isolamento di qualità che dura nel tempo.
Ristrutturazione copertura Auditorium “Lo Squero”, Isola San Giorgio Maggiore, Venezia, realizzata con Isotec e coppi.

TRENTO

IL PROGETTO DI RESTAURO E RIUSO DELLE EX CARCERI DI C+S ARCHITECTS

Potranno iniziare l’anno prossimo, dopo l’approvazione del progetto esecutivo e la gara d’appalto europea, i lavori di restauro delle ex-carceri asburgiche di Trento che saranno trasformate in un nuovo Tribunale, ampliando gli spazi dell’adiacente Palazzo di Giustizia. Il progetto di C+S Architects mira a preservare il più possibile le strutture esistenti innestandovi – dice Carlo Cappai, co-fondatore con Maria Alessandra Segantini dello studio con sedi a Treviso e a Londra – «una nuova infrastruttura delicata capace di tradurre e reinterpretare il complesso per adeguarlo al nuovo programma». L’innesto contemporaneo più evidente è costituito dalle quattro nuove scale esterne di emergenza, prescritte per legge e utili a salvaguardare, conservandole, le tre scale interne esistenti. Inserite in vani di laterizio vetrificato, si pongono in

equilibrio cromatico con l’edificio esistente.

«I mattoni sono stratificati – spiega Maria Alessandra Segantini – in modo da creare una trama di luce che muta in ogni singolo momento della giornata».

Con una serie di ambienti pubblici, l’ala centrale del piano terra diventerà una sorta di ponte tra le due corti esistenti, mentre il primo e il secondo piano ospiteranno le aule del Tribunale Ordinario, distribuite negli spazi già occupati dalle celle che affacciano su un vuoto centrale a tripla altezza. Il progetto prevede poi la trasformazione del terzo livello, in origine un sottotetto, in uno spazio multifunzionale comune, grazie alla sostituzione di alcune capriate esistenti con nuove travi sagomate ad arco in legno lamellare e all’apertura di nuovi lucernari.

A parte gli interventi di restauro e la costruzione di un nuovo livello interrato

destinato ad archivi e locali tecnici, tutti gli interventi previsti sono indipendenti dall’edificio esistente e quindi reversibili, come ad esempio le contropareti metalliche interne previste in continuità con i nuovi serramenti, utili ad adeguare le performance energetiche e a contenere la distribuzione degli impianti Mep ■

Località Trento

Ente appaltante Provincia di Trento

Progetto architettonico e coordinamento tecnico C+S Architects, Carlo Cappai e Maria A. Segantini

Project manager architettura

Stefano di Daniel, C+S Architects

Collaboratori C+S Sai Anugna Buddha, Tu Bui, Federica De Marchi, Giulia Guizzo, Anamika Gupta, Damla Karabay, Jurgis Prikulis

Progetto strutture Pierluigi Coradello

Mep Engineering Oscar Nichelatti, Manuele Rolleri

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› WORK IN PROGRESS

In alto, render dell’intervento. A destra la grande piscina che prosegue in esterno.

CAMPO TURES, BOLZANO OLM, L’ECO-APARTHOTEL DI ANDREAS GRUBER

Circolare nella forma e nell’uso di materiali locali – legno, pietra e fibre naturali – il progetto di bioarchitettura per l’ospitalità Olm (il termine significa ‘malga’) dell’architetto Andreas Gruber amplia, trasformandolo profondamente, un preesistente garnì in Valle Aurina. Una struttura circolare – in calcestruzzo lavato a vista e vetrate a tutt’altezza – del diametro di 110 metri accoglie su due livelli 33 appartamenti da 2 a 6 persone. Al contrario del duro aspetto esterno, gli interni dominati dal legno di larice offrono la calda accoglienza tipica delle abitazioni altoatesine.

Tutte le unità dispongono di una

kitchenette e di un ampio terrazzo esterno e 25 appartamenti comprendono anche una sauna finlandese privata. Il progetto include un’area Spa e wellness di 500 metri quadrati con una piscina di 1,40 metri di profondità per 25 metri di lunghezza che prosegue verso l’esterno, fruibile anche in inverno grazie all’acqua riscaldata, e un percorso Kneipp che termina in un laghetto balneabile esterno con acqua naturale, priva di cloro, proveniente da un pozzo artesiano.

Olm è una struttura a impatto zero (emissioni di CO 2 stimate in 30 Kg/mq/ anno) e autosufficiente dal punto di vista energetico. Il tetto piano accoglie 1.200

pannelli fotovoltaici ad alto rendimento con una resa di 510 kW/p, sufficiente anche per il funzionamento di 126 pompe di calore geotermiche che provvedono alla climatizzazione.

L’apertura di Olm è prevista per il primo dicembre 2023 ■

Località Caminata di Campo Tures

Committente Olm Nature Escape Landwirtschaftliche Progetto architettonico Andreas Gruber Architekten Slp 4.200 mq

Apertura Dicembre 2023

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› WORK IN PROGRESS
Foto: Nicolò Panzeri Progetto: Studio Melesi Lecco | Serramenti: Falegnameria Menaballi Srl

PARMA

L’ITIS LEONARDO DA VINCI DI DEAMICISARCHITETTI

Nell’ambito del concorso di progettazione ‘Futura’, che prevede la realizzazione, finanziata con fondi del Pnrr, di 212 scuole in tutta Italia, lo studio milanese deamicisarchitetti si è aggiudicato il progetto per la realizzazione del nuovo Leonardo da Vinci di Parma. La conclusione dei lavori è prevista entro il 2026. L’edificio, di circa 6.100 metri quadrati e in grado di ospitare 600 studenti, si sviluppa su tre livelli entro un unico corpo di fabbrica, costituito da pochi e chiari elementi, dove il rigore espressivo delle scelte architettoniche rafforza la riconoscibilità tipologica della nuova struttura.

In luogo dei tradizionali corridoi e scale il sistema distributivo è formato da rampe pedonali e ‘gallerie’ in grado di creare ulteriori luoghi di relazione oltre alle tradizionali aule didattiche. Considerati anch’essi spazi della didattica, gli ambiti esterni sono pensati in continuità con quelli interni, sia sul lato dove sono collocate le aule, tramite la formazione di terrazzi pertinenziali, sia sul lato verso il cortile, dove

questa continuità è enfatizzata da una pavimentazione identica che lega gli spazi interni con quelli esterni. Di conseguenza la spazialità interna risulta più aperta, trasparente e percettivamente più estesa. Materiali riciclabili, reperibilità da filiera corta, reversibilità del manufatto sono i principi guida su cui sono state effettuate le principali scelte costruttive, che si affiancano a scelte impiantistiche che porteranno l’edificio a raggiungere certificazioni di sostenibilità di massimo livello. All’efficienza energetica si affianca una qualità ambientale allargata al contesto di riferimento, che pur non essendo quantificabile secondo i punteggi delle certificazioni è l’elemento che garantisce il riconoscimento del manufatto come parte di una comunità e, come tale, oggetto di cura e manutenzione nel tempo ■

Località Parma

Committente Ministero dell’Istruzione e del Merito

Progetto architettonico deamicisarchitetti

Local architect -ini architetti

Progetto strutture Alb Ingegneria, Sbf Studio Brambilla Ferrari

Progetto impianti Pse srl

Geologia Geolog

Resp. Sicurezza e antincendio Stefano Galbiati Cronologia 2023-2026

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› WORK IN PROGRESS

Invece di seguire un modello, ne abbiamo creato Uno. Nasce Wave, la maniglia minimale che unisce impugnatura e chiusura.

reshape the handle

Design lineare, complanare con movimetazione ad onda. Le dimensioni di Wave sono uguali per le tre versioni di chiusura e per tutte le tipologie di porte:

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SAN LAZZARO DI SAVENA IL CAMPUS SCOLASTICO DI MCA-MARIO CUCINELLA

Procedono i lavori di costruzione del nuovo polo scolastico per bambini dai 6 ai 14 anni ‘Campus Kid’, a firma di MCAMario Cucinella Architects, sul confine sud-est del comune di San Lazzaro di Savena, tra il tessuto urbano e la campagna ai piedi dell’area pedemontana bolognese.

I diversi volumi didattici di elementare e media, l’auditorium e la mensa sono raccolti sotto una grande copertura sospesa che protegge anche la piazza aperta, di forma circolare, che smista i flussi degli alunni della scuola elementare e della media inferiore e, terminate le normali attività didattiche, funge da ingresso per gli spazi fruibili anche dalla cittadinanza.

La scuola elementare comprende 20 aule didattiche, laboratori tematici e polivalenti e una biblioteca, per una capienza fino a 500 bambini; 450 i ragazzi della media inferiore, il cui progetto prende le mosse dalla scuola attualmente esistente. In entrambi i casi, per favorire lo sviluppo di relazioni, sono previsti spazi aperti e privi di corridoi.

Completano l’offerta del Campus gli spazi per lo sport, tra cui una tripla palestra (che ha ottenuto un finanziamento

di 3 milioni di euro di fondi Pnrr), configurabile in varie tipologie di campi sportivi (i principali omologati dal Coni), in uso anche alle società sportive locali in orario extra-scolastico.

Il progetto paesaggistico include anche un giardino didattico con orti, serre e un piccolo frutteto, aree di insegnamento all’aperto – con sedute in tronchi su pavimentazione in gomma colorata e ad auditorium su prato – e aree di gioco. Oltre a disegnare un paesaggio analogo a quello che ancora resiste in alcuni lembi di pianura e della vicina collina, la scelta di essenze autoctone a foglia caduca

risponde a strategie ambientali volte a mitigare la radiazione solare nei mesi caldi e a favorire l’illuminazione naturale degli ambienti in inverno ■

Località San Lazzaro di Savena (Bo)

Committente Comune di San Lazzaro di Savena

Progetto architettonico Mario Cucinella Architects

Design director MCA Tommaso Bettini

Project director MCA Marco Dell’Agli, Cecilia Patrizi

Progetto strutturale, impianti elettrici e speciali, sicurezza Tommaso Pazzaglia

Area 8.400 mq

Cronologia 2018 - 2024

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› WORK IN PROGRESS
TORRE ISOZAKICITY LIFE MILANO, ITALIA

Il progetto del nuovo nido comunale di Manifattura Tabacchi è stato affidato a Aut Aut Architettura, giovane studio con base a Roma impegnato in opere improntate alla sostenibilità ambientale e specializzato in architetture per l’infanzia.

FIRENZE IL NIDO D’INFANZIA DI AUT AUT ARCHITETTURA

Avviati i lavori del nuovo nido d’infanzia comunale che sorgerà entro l’estate 2024 in via Boito, accanto al complesso Manifattura Tabacchi di Firenze. Il progetto, che Aermont Capital ha affidato allo studio romano Aut Aut Architettura, premiato nel 2020 dal Cnappc come Giovane Talento dell’architettura italiana potrà accogliere fino a 100 bambini in ambienti luminosi e sicuri, circondati dal verde nel progetto di paesaggio di Antonio Perazzi. Ispirato all’approccio didattico del pedagogista Loris Malaguzzi, che ha definito lo spazio come ‘terzo educatore’, il nuovo nido d’infanzia, che si sviluppa su una superficie complessiva di 2.600 metri quadrati, sarà caratterizzato da ambienti ‘flessibili’, dall’impiego di materiali naturali, in particolare il legno, da un attento uso del colore negli arredi e dalla presenza centrale di due corti verdi attorno alle quali si distribuiscono

gli ambienti. L’edificio si compone di due nidi speculari che comprendono ciascuno tre aule e tre atelier didattici, sale per la nanna e una cucina condivisa: tutti gli ambienti si affacciano su aree verdi che includono, oltre al giardino, orti didattici, alberi da frutto, una stazione di compostaggio e tavoli per laboratori all’aperto. Un ruolo centrale è svolto da tre aule-laboratorio progettate per accompagnare gli alunni in attività di scoperta, ricerca e invenzione. Ampie vetrate e lucernari permetteranno alla luce naturale di illuminare ogni ambiente.

Al centro del nuovo edificio, un grande atrio polifunzionale che collega le due ali della scuola potrà essere utilizzato negli orari di chiusura del nido anche come centro civico per il vicinato.

Il progetto include la realizzazione di una nuova fermata della tramvia a servizio del quartiere e la creazione di un parcheggio

a raso alberato. L’investimento previsto, di 5 milioni di euro, rappresenta una parte degli oneri di urbanizzazione secondaria dell’intervento di rigenerazione urbana dei 110mila metri quadrati della ex Manifattura Tabacchi di Firenze ■

Località Firenze

Promotore Manifattura Tabacchi

Cliente Comune di Firenze

Progetto architettonico Aut Aut Architettura

Progetto del paesaggio Studio Antonio Perazzi

Progetto strutturale Deda Legno

Sostenibilità Greenwich

Consulenza Ambientale Iris Strategie per l’ambiente Responsabile dei lavori Florentecnica

Impresa costruttrice Rti tra Italbuild, Alderighi Impianti e Campigli Legnami

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› WORK IN PROGRESS
4 Complete di sanitari, rivestimenti e finiture di alta qualità Impiego in hotel strutture ricettive ospedali, condomini centri commerciali
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3
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La planimetria e un render dell’intervento che prevede, oltre alla rifunzionalizzazione degli edifici della ex-caserma, la costruzione di un nuovo volume su quattro livelli (img. courtesy Pierattelli Architetture).

PIERATTELLI ARCHITETTURE PER IL RECUPERO E LA VALORIZZAZIONE DI UNA EX-CASERMA

In disuso dal 1995, la caserma Curtatone e Montanara nel centro storico di Pisa verrà trasformata in un complesso residenziale in edilizia convenzionata e un nuovo parco pubblico di oltre 2.000 metri quadrati. Investire Sgr, che attraverso il fondo Housing Toscano ha acquistato il distretto militare, ha affidato il progetto di recupero dell’area, che per posizione e dimensioni si configura come un intervento di rigenerazione urbana, allo studio di Firenze e Milano Pierattelli Architetture. L’area, su cui sono già state compiute le operazioni di bonifica ambientale, è composta da quattro edifici principali – uno dei quali sarà ricostruito da zero –risalenti a periodi storici differenti: dall’exconvento antistante la chiesa di San Martino ai più recenti realizzati tra fine

Ottocento e i primi anni del Novecento. Vincolato dalla Soprintendenza per i Beni Culturali, il progetto sviluppato da Pierattelli Architetture si focalizza sul recupero e l’integrazione del complesso che diventa a vocazione esclusivamente residenziale, con abitazioni a uso social housing, assegnate alle famiglie sulla base dei limiti di reddito, e altre destinate al terzo settore. La superficie totale è di più di 8.000 metri quadrati per 72 appartamenti di diverse metrature, tre esercizi commerciali e un asilo nido. Modificati e ristrutturati nei prospetti e nelle scale interne, gli edifici sono stati ridisegnati anche negli spazi interni per ottenere piani aggiuntivi.

Nelle stesse cromie e con l’uso del cotto toscano come frangisole delle terrazze,

Località Pisa

Committente Investire Sgr (fondo chiuso Housing Toscano)

Progetto architettonico Pierattelli Architetture

Superficie complessiva 8.000 mq

Unità abitative 72

Cronologia 2022-in corso

il volume di nuova edificazione, sviluppato su quattro livelli, ospiterà un totale di 19 appartamenti suddivisi in cinque tipologie di varie dimensioni e provvisti di grandi aperture. Le ampie terrazze, in cui è stato inserito il verde, diventano un elemento caratterizzante del progetto, che si connota non solo per la riqualificazione e il recupero di un’area abbandonata da ormai 30 anni, ma attraverso il nuovo parco pubblico rappresenta anche un nuovo genere di collegamento per l’intero quartiere mettendo in connessione diverse strade della città attraverso percorsi pedonali prima inesistenti ■

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PISA
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Photo: ULIVO | intarsio www.tabu.it

CHÂTEAUNEUF-DU-PAPE, PROVENZA LA CANTINA IN TERRA CRUDA DI JSPA DESIGN

Per l’ampliamento della cantina Les Terres Blaches, a nord di Avignone, lo studio francese – ma con sede a Pechino – Jspa Design ha progettato una serie di nuovi volumi costruiti in terra cruda. Obiettivo del progetto, spiega Johan Sarvan, fondatore di Jspa, creare quattro distinti volumi coerenti in termini di scala, morfologia e tipologia, conservando una chiara distinzione tra il nuovo e l’esistente, favorita dal fatto che le connessioni tra i diversi agglomerati saranno solo sotterranee. Oltre a rimarcare il legame con il territorio, la scelta della costruzione in terra cruda assolve funzioni ambientali e igrometriche tanto più importanti nel caso della produzione e conservazione

dei vini. Alla scelta si associano altre strategie, in parte ovvie – come gli ambienti sotterranei destinati alla conservazione – e in parte nuove: uno specchio d’acqua nella corte centrale del nuovo complesso dove confluisce l’acqua piovana proveniente dai tetti verdi contribuisce a creare un microclima per i nuovi ambienti dello shop e delle sale di degustazione, mentre attraverso strette fessure l’acqua in eccesso scende poi in una cisterna sotterranea per un uso successivo, generando a sua volta nei vicini spazi dedicati alla conservazione e all’invecchiamento un adeguato tasso di umidità. Ben lontano da nostalgie vernacolari, il complesso di edifici, nuovi e esistenti, del domain lascia tuttavia

immaginare un villaggio della Provenza, mentre il sofisticato minimalismo degli ambienti interni e l’uso misurato della luce crea una atmosfera che contribuisce a valorizzare la visita e le etichette ■

Località Châteauneuf-du-Pape

Committente Les Terres Blanches

Progetto architettonico, interior design e progetto del paesaggio Jspa Design (Johan Sarvan e Florent Buis)

Superficie 3.400 mq

Cronologia 2024 (avvio dei lavori)

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› WORK IN PROGRESS

DIAMO AI PROGETTI

L’ECCELLENZA CHE MERITANO

Il nuovo quartiere residenziale GREEN VILLAGE

(Via De Coubertin - Bologna), composto da piccoli condomini, ville singole e bifamiliari, ha scelto il sistema Ecodan MULTI di Mitsubishi Electric.

Una soluzione che combina in modo sinergico una pompa di calore con impianto multisplit ad aria per riscaldamento e raffrescamento, con un impianto ad acqua per riscaldamento e produzione acqua calda sanitaria.

Mitsubishi Electric è sempre più coinvolta in prestigiosi e avveniristici progetti, grazie alla qualità delle sue soluzioni tecnologiche e ad un’ampia gamma di servizi dedicati pre e post vendita. Oggi è il partner ideale perché ha a cuore non solo il rispetto ambientale, ma anche il risparmio energetico che si traduce in una significativa riduzione dei consumi.

Mitsubishi Electric, il piacere del clima ideale.

mitsubishielectric.it

Render della nuova postazione panoramica. Evidente nella sezione, la leggera inclinazione e lo sbalzo della circonferenza.

SEYÐISFJÖRÐUR, ISLANDA

ESJA ARCHITECTURE E L’ANELLO DI BJÓLFUR

Ritenuto il primo colonizzatore di questo fiordo della costa nord-orientale dell’Islanda, l’anello d’argento che sanciva l’autorità del vichingo Bjólfur sulla zona diventa ora, nel disegno dello studio danese Esja Architecture, una piattaforma panoramica posata – quattro i punti di appoggio – sulle pendici rocciose dell’omonimo monte, alto poco più di mille metri. Con un diametro di 32 metri, la piattaforma circolare in cemento offre un camminamento turistico e, appoggiate al parapetto interno in assi verticali di larice, panchine di sosta. I 100 metri di parapetto esterno sono invece in snelli

montanti di acciaio inox attraverso i quali la vista spazia a 360 gradi sul fiordo, sul villaggio e sulla cima della montagna. Cemento, larice e acciaio compongono la palette in toni di grigio della piattaforma, mutevole al variare della luce, quando l’acciaio lucido riflette i raggi del sole, e in netto contrasto con i toni ocra e marrone del paesaggio roccioso. Alle ragioni estetiche e simboliche, nella scelta dei materiali della costruzione si aggiungono ovvie considerazioni pratiche legate alla manutenibilità nel tempo. Posata in leggera pendenza – il dislivello è solo di un metro – a 643 metri di quota, la porzione

orientale della circonferenza si affaccia sul fiordo con uno sbalzo che aggiunge emozione alla vista. Il completamento è previsto per l’autunno del 2024 ■

Località Seydisfjordur, Islanda

Committente municipalità di Mulathing

Progetto architettonico

Esja Architecture & Arkibygg Arkitektar

Architettura del paesaggio

Anna Landslagsarkitekt & Kjartan Mogensen

Progetto strutturale Axa Nordic

Budget euro 1.322.000 circa Cronologia 2023-2024

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BAKU, AZERBAIJAN

COOP HIMMELB(L)AU DISEGNA LA NUOVA SEDE DELLA BANCA CENTRALE

Prosegue a Baku il cantiere della nuova sede della Banca Centrale dell’Azerbaijan, il cui completamento è previsto per il 2024. Il progetto architettonico è di Coop Himmelb(l)au,che aveva già disegnato la sede della Banca Centrale Europea a Francoforte (2005-2014).

Anche in questo caso, il linguaggio architettonico della torre assume una forte valenza simbolica, con la trasparenza in luogo delle ermetiche facciate bronzo e nere della sede precedente, risalente al 1998.

Alta 164 metri, l’impronta poligonale della torre si presenta come due grandi lastre bidimensionali che ruotando in elevazione conferiscono snellezza a un edificio che sembra sdoppiarsi per culminare in due coperture vetrate a falda. Un nuovo landmark che si aggiunge all’ Heydar Aliyev Center di Zaha Hadid (2012) e al Baku

Convention Center, completato nel 2015 sempre su progetto dello studio di Wolf D. Prix, entrambi a breve distanza dalledificio della nuova Banca Centrale.

L’interno è caratterizzato da un grande atrio a tutt’altezza, uno spazio interstiziale con piattaforme che lo attraversano collegando funzionalmente i diversi ambienti e dando vita a spazi di incontro informale, come le vie e le gallerie che si possono incontrare in una città. Uno spazio animato da giardini pensili e coni che riflettono la luce diurna e attraverso la vegetazione creano un particolare microclima interno come parte di una strategia energetica che include ventilazione naturale, sistemi di ombreggiamento e un accurato studio dell’apporto dei raggi solari per ridurre, nei mesi invernali, il fabbisogno in termini di riscaldamento ■

Render e sezione della nuova sede della Banca Centrale dell’Azerbaijan in costruzione a Baku. Il completamento è previsto nel 2024.

Località Baku, Azerbaijan

Committente

Banca Centrale della Repubblica dell’Azerbaijan

Progetto architettonico Coop Himmelb(l)au

Design principal Wolf D. Prix

Project leader Pete Rose

Local architect AzerInsaatLayihe Design Institute

Ingegneria strutturale B+G Bollinger und Grohmann Ingenieure, Ural Engineering

Ingegnerizzazione facciate Tauber Engineering, Stimakovits, Prof. Michael Lange Ingenieurs

Progetto impianti Ebert-Ingenieure, Bwk Engineers

Energia e progetto ambientale Brian Cody

Progetto del paesaggio Agence Ter.de

Superficie del lotto 33.200 mq

Impronta al suolo 3.430 mq

Slp costruita 89.700 mq

Cronologia 2008 (avvio progetto) 2021 (avvio cantiere) 2024 (consegna)

[ 82 ] IOARCH_107 A-A COMMENT CENTRAL BANK AZERBAIJAN Prj.Nr.: 1302 Prj.Nr.: PRELIMINARY PHASE DIAGRAM 37,5m 7,5 0 15 22,5 30
› WORK IN PROGRESS

Istanbul

Istanbul Modern, il primo museo di arte moderna e contemporanea della Turchia, ha inaugurato pochi mesi fa la nuova sede. Progettato dallo studio di Renzo Piano, l’edi cio è situato sul lungomare di Karaköy, dove si incontrano il Bosforo e il Corno d’Oro, il quartiere medievale di Galata, il parco Tophane e una città in continua evoluzione

NELLA LUCE DEL BOSFORO TRA ACQUA E ARCHITETTURA

Primo progetto di Renzo Piano in Turchia, la nuova architettura dell’Istanbul Modern sorge sullo stesso sito della sede precedente, un magazzino doganale del porto di Galata che nel 2003 aveva ospitato l’ottava Biennale di Istanbul.

La collocazione, a diretto contatto con l’acqua, ha ispirato il progetto, caratterizzato da un velo d’acqua in copertura tanto poetico quando, osservato dalla terrazza, si confonde con il mare, quanto funzionale, perchè riflette i raggi del sole riducendo l’apporto di calore all’interno e, attraverso l’evaporazione, riduce l’effetto ‘isola di calore’ dato dall’edificio.

Il museo è composto da tre volumi rettilinei sovrapposti, progettati da RPBW per evocare la forma di una nave. La facciata comprende circa 300 pannelli in alluminio pressato di diverse dimensioni, scelti per la loro capacità ri ettente. Foto ©Cemal Emden.

L’Istanbul Modern funge da cerniera tra il mare, il quartiere europeo di Galata, il parco Tophane e la futura area commerciale del Galataport Waterside, il masterplan che prevede la rigenerazione degli 1,5 chilometri di banchine portuali lungo il Bosforo. All’esterno dell’edificio, un sistema accuratamente progettato di pendenze e gradini fonde il livello del suolo con gli spazi

pubblici circostanti, mentre colonne circolari di grande spessore in prossimità degli ingressi formano un paesaggio architettonico che ammorbidisce il passaggio tra luce e ombra.

Il progetto si sviluppa su una griglia di 8,4 x 8,4 metri con pilastri in cemento armato progettati per resistere a eventi sismici significativi.

Per favorire la relazione più diretta possibile con l’acqua, il piano terra del museo, dove ogni ambiente – la biblioteca, il caffè e le aree educative – è libero e aperto al pubblico, è completamente vetrato. La trasparenza interna è favorita dall’introduzione di tubi di controventatura in acciaio verniciato, le cui giunzioni sono state accuratamente studiate dallo studio – con la collaborazione di Arup – per ottenere una soluzione strutturale sismicamente sicura e innovativa, capace al contempo di richiamare la natura industriale del precedente edificio.

Sul piano terra trasparente poggia il volume superiore, avvolto in una pelle formata da 300 pannelli concavi di alluminio di differenti

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A destra, Renzo Piano mentre cammina sul tetto del museo. Il velo d’acqua in copertura aiuta a ridurre il calore radiante riflettendo la luce solare e, attraverso l’evaporazione, anche il calore dell’intero edificio. Inoltre, l’intercapedine di servizio sottostante fornisce una zona cuscinetto migliorando i valori termici degli spazi della galleria.

La società di progettazione, fondata da Renzo Piano nel 1981, ha uffici a Genova e Parigi. Lo studio è guidato da dodici partner, tra cui il fondatore e Premio Pritzker Renzo Piano. Lo studio impiega permanentemente circa 120 architetti insieme ad altri collaboratori di supporto tra cui artisti 3D, modellisti, archivisti, personale amministrativo e di segreteria. www.rpbw.com

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Renzo Piano Building Workshop
Cano LUOGHI DELLA CULTURA
Foto ©Enrico

Sono molteplici gli arredi di Pedrali scelti per gli ambienti pubblici dell’Istanbul Modern. In particolare sulla terrazza principale gli sgabelli, le sedie e i tavoli Nolita progettati da CMP Design dialogano con il basamento Fluxo di Luca Casini. Sedie e sgabelli della collezione Tribeca di CMP Design arredano invece la terrazza del locale a piano terra. Infine, le sedie Snow jr di Odo Fioravanti sono a disposizione dei bambini che partecipano ai laboratori. www.pedrali.it

dimensioni che creano un volume scintillante e iridescente che gioca con la luce solare.

In alto, la terrazza ristorante in copertura offre viste sul parco retrostante (nella foto), sul velo d’acqua che copre l’edificio e sul mare. La sezione trasversale illustra bene la collocazione dell’edificio. A destra l’ingresso, preceduto da colonne circolari di grande spessore, sorta di silos in scala ridotta che richiamano il carattere portuale del luogo. Foto ©Enrico Cano.

Con 10.500 metri quadrati di spazio utilizzabile su quattro livelli fuori terra (inclusa la terrazza), il nuovo Istanbul Modern comprende grandi gallerie espositive, spazi multifunzionali, zone dedicate a eventi e didattica, uffici e spazi per attività commerciali. Le aree pubbliche e espositive sono collegate da un’ampia scalinata centrale, sospesa al centro del grande vuoto al centro dell’atrio principale. Tutti gli spazi della hall ai livelli superiori offrono ai visitatori una vista sia del parco sia delle acque del Bosforo, mantenendo una connessione visiva con l’ambiente circostante che aiuta anche a orientarsi all’interno dell’edificio.

Una lanterna di vetro si apre su una terrazza panoramica di 650 metri quadrati librandosi sopra un piano d’acqua poco profondo che copre il tetto, come una piscina riflettente. Mantenendo l’atmosfera industriale dell’edificio del museo originale, la scelta dei materiali è limitata a cemento, acciaio e vetro.

Gli impianti sono visibili, mentre i pavimenti in cemento lucidato e le colonne a vista creano un ambiente neutro e flessibile per l’esposizione di opere d’arte ■

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ISTANBUL MODERN
PEDRALI
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Un sistema di speciali telai controventati in acciaio composito, con sezioni cave circolari per i controventi e sezioni in acciaio rivestite in cemento per le colonne e le travi, consente di rendere integralmente trasparente il piano terra e fornisce prestazioni strutturali adatte a resistere alle forze sismiche di Istanbul. Foto ©Enrico Cano. Sotto, sezione longitudinale.

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ISTANBUL MODERN
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Al centro dell’atrio una scala monumentale in acciaio, con gradini in cemento e balaustra in vetro, fornisce la principale circolazione verticale alle aree pubbliche. In un vuoto largo 8 metri e lungo 16, le scale attraversano tutti i livelli dal mezzanino al secondo piano. Foto ©Cemal Emden.

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LUOGHI DELLA CULTURA

Questo edificio museale

è come una creatura del mare, appena emersa dalle acque del Bosforo.

Renzo Piano

Nella pagina accanto in alto, una vista della mostra Always Here. Nelle altre immagini, l’esposizione Floating Islands. Le mostre di apertura del museo celebrano l’arte moderna turca e internazionale. Foto ©Enrico Cano e ©Cemal Emden.

CREDITI

Località Istanbul (Turchia)

Committenti Eczacibasi Group, Dogus Group-Bilgili

Holding

Progetto architettonico Renzo Piano Building Workshop

Lead architect Emanuela Baglietto, Francesco Giacobello

Progetto strutture, MEP, illuminazione Arup

Gestione acqua JML

Segnaletica 2x4

Project management MCS Mühendis

General contractor Yapı Merkezi

Superficie 10.500 mq

Cronologia 2019-2023

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ISTANBUL MODERN
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Peccioli

PALAZZO SENZA TEMPO

SFIDA I LUOGHI COMUNI

SUI PICCOLI BORGHI

Un intervento che si innesta con eleganza nel nucleo medievale di Peccioli e conferisce una nuova identità al borgo toscano. L’architettura contemporanea di Mario Cucinella diventa un elemento di richiamo turistico e di crescita culturale che sa fare a meno del vernacolare e del folclore

In alto, disegno del prospetto. Posto sul lato est del colle, il nuovo volume architettonico nasce dalla trasformazione dell’edificio diroccato sottostante dando vita a uno spostamento naturale e degradante della linea esistente dei bastioni. Articolato su più livelli, il complesso accoglie residenze, spazi polivalenti per eventi, mostre, attività per la comunità, oltre a una vasta terrazza a sbalzo che domina la valle dell’Era.

Nel centro storico di Peccioli, Palazzo Senza Tempo risponde all’intento dell’amministrazione comunale di incoraggiare nuovi programmi culturali e attività commerciali valorizzando il patrimonio storico, architettonico e culturale locale. Lungo il poderoso bastione medievale della città, l’intervento di MCA-Mario Cucinella Architects si è concretizzato nel recupero e nella riqualificazione del palazzo quattrocentesco di via Carraia, costituito da un aggregato eterogeneo di un edificio a corte e altri corpi vicini, attraverso un’importante ristrutturazione degli spazi e un riordino delle funzioni pre-esistenti.

Al contempo, l’intervento ha trasformato l’edificio diroccato sottostante collegandolo al palazzo e caratterizzandolo come nuovo volume architettonico per attività pubbliche. Per collegare l’insieme storico con il nuovo edificio che ha sostituito il rudere, sono state realizzate palificazioni e un imponente muro di contenimento verso l’abitato. Tra i due volumi riqualificati, al di sopra dell’edificio di nuova costruzione affacciato sul territorio è stata realizzata una grande

terrazza sospesa di 600 metri quadrati con uno sbalzo da terra di circa 20 metri, che domina il paesaggio della valle dell’Era. In dialogo con i preesistenti accessi pubblici e attraverso una scalinata laterale esterna che dal piano strada porta fino al livello -2, la terrazza forma una nuova piazza pubblica aerea sulla campagna delle Terre di Pisa impreziosita da un murale del pittore e scultore francese Daniel Buren. I nuovi spazi sono configurati per ospitare attività culturali aperte alla comunità. L’intero complesso, articolato su più livelli, accoglie residenze, spazi per eventi, mostre temporanee e per il tempo libero.

La ristrutturazione è culminata negli interventi in facciata dell’edificio storico ristrutturato, con la creazione di vuoti atti a catturare nuovi punti di vista dagli interni verso l’esterno, grazie all’inserimento di bow window come grandi cornici di metallo brunito che da pavimento a soffitto accolgono la luce naturale. Una nuova copertura vetrata, posta sul passaggio della corte storica, ha anch’essa l’obiettivo di incrementare la luminosità e la permeabilità visiva degli spazi.

Ad attraversare tutto il complesso del palazzo

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Con progetti in tutto il mondo, la società fondata a Parigi nel 1992 oggi ha sede a Bologna e Milano. Ha ricevuto negli anni numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali soprattutto per la sua attenzione verso i temi ambientali. In questo particolare ambito, MC A si avvale delle ricerche sviluppate dal dipartimento R&D interno allo studio. www.mcarchitects.it

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Mario Cucinella Architects
LUOGHI DELLA CULTURA
Foto ©Andrea Testi

PALAZZO SENZA TEMPO

Elemento fondante del progetto è la connessione con il paesaggio, realizzata attraverso aperture vetrate inserite con coerenza materica e cromatica e proporzioni equilibrate nel rispetto del contesto. Per rispondere a queste necessità sono stati scelti i serramenti della serie OS2 in acciaio zincato verniciato di Secco Sistemi caratterizzati da spessori sottili e massima trasparenza, isolamento termico e acustico. In corrispondenza dell’ambiente gradonato per eventi è stato utilizzato anche 4F in acciaio zincato verniciato: il sistema di facciata continua è uno strumento per disegnare facciate su misura dalle prestazioni tecniche ottimali. L’utilizzo di questo sistema ha permesso di ottenere una trasparenza totale della superficie e una permeabilità visiva tra interno ed esterno che valorizzano lo spazio direttamente affacciato sulle colline toscane. www.seccosistemi.com

storico è stata posta una grande scala. Il recupero del vano scala nell’asse centrale del palazzo è stato ottimizzato attraverso la creazione di un passaggio che arriva al livello -2, ponendo in diretto collegamento il piano stradale con il nuovo volume architettonico sottostante.

L’intervento di Mario Cucinella è parte di un programma di valorizzazione e restituzione alla comunità del patrimonio storico di Peccioli intrapreso negli anni dall’amministrazione comunale con il contributo della società ad azionariato locale diffuso Belvedere Spa che, insieme al Comune di Peccioli e alla Fondazione Peccioliper, costituisce il cosiddetto Sistema Peccioli, che ha consentito negli ultimi venti anni di generare ricchezza, occupazione, tutela dell’ambiente, coesione sociale e realizzare servizi e infrastrutture per i cittadini mettendo al primo posto i valori della salvaguardia e della valorizzazione del territorio, della sua storia, della sua cultura e del suo sistema identitario ■

CREDITI

Località Peccioli (Pisa)

Committente Belvedere Spa

Innestando modernità e trasparenza nel contesto storico e paesaggistico, il progetto di architettura interpreta plasticamente l’approccio del ‘Sistema Peccioli’ al tema della rivitalizzazione dei borghi italiani: innovazione tecnologica, cura dell’ambiente e promozione culturale.

Progetto architettonico Mario Cucinella Architects

Lead architect Tommaso Bettini

Progetto strutture Augusto Bottai

Progetto impianti Luca Sani

Impresa di costruzioni Cemes SpA, Bottai Group

Facciata continua, serramento metallici Secco Sistemi

Parapetto vetro Faraone

Intonaco Opificio Bio Aedilitia, Opificio Malte Antiche

Illuminazione interna Bega, Design Luce, Lucifero’s, Nordlux, Zumtobel

Pavimentazione esterna Déco

Superficie 2.500 mq

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SECCO SISTEMI Foto ©Duccio Malagamba Foto ©Duccio Malagamba

Gli interventi di ristrutturazione hanno portato nuovi elementi architettonici sia in copertura sia in facciata, come l’inserimento di lucernari e bow window volti a creare nuovi punti di vista verso il paesaggio toscano.

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Foto ©Andrea Testi
LUOGHI DELLA CULTURA
Foto ©Duccio Malagamba

Almere

IL PADIGLIONE CON L’ACQUA DENTRO E INTORNO

Un’architettura temporanea per la città di nuova fondazione di Almere. Un museo-passerella sull’acqua concepito da Studio Ossidiana come un progetto di land art e multimedia. Approdo di cultura e di vita e, letteralmente, una darsena dove attraccare in canoa per pescare, nuotare e, in inverno, pattinare sul ghiaccio

Art Pavilion M. è un museo immaginato da Studio Ossidiana come un recinto-passerella che racchiude una piazza, una stanza a cielo aperto accessibile a tutti, una terrazza, un giardino galleggiante e un punto di approdo per barche e canoe.

Il padiglione galleggiante sull’acqua, nato con un’indole temporanea (per una durata di di almeno 5-10 anni), si compone di una sequenza di cornici sull’acqua. Il progetto fa parte del masterplan redatto da Mvrdv per Almere. Foto ©Riccardo de Vecchi.

Il progetto dello studio guidato da Giovanni Bellotti e Alessandra Covini è nato a partire da un concorso a invito per un museo temporaneo di land art e multimedia, promosso dalla città di Almere, new town costruita negli anni Ottanta nella provincia olandese del Flevoland. L’intera provincia è il risultato della più grande opera di land reclamation al mondo; un territorio che era mare, trasformato in terreno agricolo dagli anni Ottanta. Con la bonifica, il fondo del mare è diventato un campo da coltivare, una vasta superficie di fango da esplorare, modificando i precedenti ecosistemi. Il progetto, che rientra nel masterplan di Almere disegnato da Mvrdv, è l’ultimo tassello di questa storia in continua evoluzione di negoziazione tra la terra e il mare.

Il padiglione è progettato come una sequenza di elementi, ognuna come una propria cornice. La prima sequenza è pensata come un piccolo porto, una circonferenza che racchiude uno specchio d’acqua, uno spazio per nuove forme di curatela e coltivazione, per piante acquatiche o spettacoli sull’acqua, e sul cui perimetro esterno possono attraccare barche, canoe e chiatte. Il porto è anche una promenade pubblica sull’acqua, un luogo da circumnavigare oppure dove nuotare o tuffarsi d’estate, pescare o pattinare durante l’inverno anche quando il museo è chiuso.

La seconda stanza-cornice è una piattaforma all’interno dell’anello. Pur fungendo da terrazza del museo, in occasioni speciali la piattaforma si trasforma in un palcoscenico sull’acqua per spettacoli, concerti o vernissage all’aperto.

Terzo cerchio sull’acqua, tangente alla passerella è il padiglione museale vero e proprio: una struttura leggera, cilindrica, in legno e policarbonato che racchiude le sale

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Lo studio, guidato da Giovanni Bellotti e Alessandra Covini, opera all’incrocio tra architettura, design e paesaggio. Con sede a Rotterdam, lavora con un team internazionale di architetti, designer e ricercatori ed è attivamente coinvolto a livello locale e globale con progetti nei Paesi Bassi, Italia, Svezia, Turchia e Stati Uniti.

www.studio-ossidiana.com

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Studio Ossidiana
100 200 LUOGHI DELLA CULTURA

Le quattro piccole finestre guardano l’alba e il tramonto, in asse con i solstizi d’inverno e d’estate. L’interno è completamente avvolto da una tenda-sipario che lascia filtrare la luce. Foto ©Riccardo de Vecchi.

espositive, come una serra galleggiante. Il museo è immaginato come un osservatorio sul paesaggio acquatico, con quattro finestre per osservare l’alba e il tramonto poste sull’asse Est-Ovest dei solstizi. Il tetto del padiglione è ricoperto di conchiglie, che filtrano l’acqua piovana.

La storia della regione torna nei materiali, con il terrazzo Surf and Turf realizzato ad hoc ispirandosi alla storia del Flevoland con frammenti di conchiglie, argilla espansa e carbone. Il terrazzo, utilizzato come inserto nella pavimentazione del padiglione e della passerella a segnare l’apertura verso l’acqua, è anche il materiale del bancone all’ingresso dello spazio espositivo.

L’interno del padiglione galleggiante è completamente avvolto da una tenda-sipario dove sagome ritagliate lasciano filtrare i raggi del sole, creando una facciata fatta di aria e luce. Muovendosi lungo il perimetro dell’edificio, la luce cambia colore: l’ingresso esposto a sud si tinge di un colore più caldo, mentre le sale espositive sono rivolte a nord ■

CREDITI

Località Almere, Paese Bassi

Committente Gemeente Almere en Provincie Flevoland

Progetto architettonico Studio Ossidiana

Collaboratori di progetto Klaas van der Molen, Goldsmith Company

Collaboratori tecnici Piet Goud, Bdg Architecten, Bart Ruijs, Tds Engineering, Martin Graf, Ingenieursbureau Boorsma

Impresa di costruzioni Olde Rikkert

Progetto strutture Ahmet Topbas – Attec Design

Ingegnere climatico Peter Mensinga

Lavorazione terrazzo Tomaello BV

Superficie totale 992 mq

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4800.00 4000.00 800.00 Overlapping curtains
ART PAVILION M

La struttura leggera in legno e policarbonato, che racchiude le sale espositive, riflette e filtra come una serra le sfumature dell’acqua e della vegetazione circostante. Il tetto è ricoperto di conchiglie. Foto ©Riccardo de Vecchi.

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LUOGHI DELLA CULTURA

INFRASTRUTTURE IBRIDE

Per ovvie ragioni, la gran parte degli insediamenti umani è sorta sulle rive dei fiumi e ancor oggi metà della popolazione mondiale vive nel raggio di 3 km da un fonte di acqua dolce. Tuttavia, l’espansione delle città ha finito per trasformare i fiumi urbani in sterili canali tombati e inquinati dagli scarichi fognari e industriali. Questioni alle quali si aggiungono i sempre più frequenti eventi meteorologici estremi: secondo il settimanale scientifico Nature 1,8 miliardi di persone nel mondo corrono significativi rischi di alluvioni. Temi quanto mai attuali che lo studio di architettura e paesaggio aldayjover, fondato da Margarita Jover e Iñaki Alday Sanz, affronta dal 1996 e che sfociò per primo nel progetto di recupero delle sponde del Gállego a Zuera (Saragozza) con la famosa Plaza de Toros che in caso di inondazioni diventa un bacino di laminazione. Descritto accuratamente con testi, schemi e disegni, quello di Zuera è uno dei 26 progetti (forse il più famoso con il Waterpark progettato e realizzato nel 2008 per l’Esposizione Internazionale di Saragozza) raccolti nel libro di grande formato Cities & Rivers.

Più che con il genius loci, aldayjover si confronta con la geografia dei luoghi e con quelle ‘terre di nessuno’ in cui spesso si identificano gli spazi pubblici, per avviare processi di trasformazione su larga scala – spesso in team con altri studi di architettura e ingegneria – e progettare infrastrutture ibride che abilitano successivi miglioramenti nella qualità di vita, nella mobilità e nell’abitare accessibile a tutti. Cities & Rivers include interessanti contributi del critico di architettura David Cohn e degli architetti e urbanisti Bruno De Meulder, Elizabeth K. Meyer, Javier Monclú, Xavier Monteis, Kelly Shannon e SueAnne Ware.

COSTRUIRE SULL’ACQUA

Con diagrammi, fotografie e infografiche che ne accompagnano i testi, African Water Cities presenta una sintesi di una vasta ricerca avviata nel 2011 quando, alla ricerca di soluzioni economiche per affrontare l’urbanizzazione delle città africane, visitando Lagos l’architetto Kunlé Adeyemi, fondatore di Nlé, studio con base ad Amsterdam, esplorò la comunità di Makoko, formata da migliaia di baracche galleggianti sulla laguna salina. Quando una forte tempesta inondò la città, paradossalmente coloro che subirono meno danni furono proprio gli abitanti dello slum costruito sull’acqua con mezzi di fortuna. Al tema di abitazioni accessibili per un continente la cui crescita demografica da qui al 2050 sarà pari alla metà della crescita della popolazione mondiale si univa così quello, altrettanto colossale, del cambiamento climatico. Sostenuto da una fondazione ecologista tedesca nacque il progetto della Makoko Floating School, presentato nel bacino dell’Arsenale di Venezia alla 15. Biennale di Architettura, che con il supporto del programma di sviluppo delle Nazioni Unite si trasformò poi nel Makoko Floating System, con architetture prefabbricate costruite e

PAESAGGI IDROELETTRICI

Luca Rota (Lecco, 1971) è poeta, scrittore e curatore culturale la cui attenzione è rivolta alla relazione tra i territori, i luoghi, le genti che li abitano e i paesaggi che ne derivano, come le dighe alpine che in passato contribuirono a fare dell’Italia il primo produttore di energia da fonti rinnovabili, con una quota che già negli anni Settanta raggiungeva il 17% del fabbisogno elettrico nazionale. La tragedia del Vajont prima, l’autonomia regionale e il dibattito sull’impatto ambientale di grandi infrastrutture energetiche poi, portarono l’idroelettrico in secondo piano, eppure dei grandi bacini alpini, i meglio

testate in diverse condizioni climatiche e latitudini, illustrate nel volume. Pur concentrata sulla condizione del continente africano, l’esperienza di Nlé costituisce una base preziosa per progettare un futuro resiliente che, anziché tentare di arginare il livello crescente delle acque, trasformi la risorsa idrica in terreno di fondazione di una diversa architettura.

Cities & Rivers

David Lorente, Tomoko Sakamoto, Ricardo Aldayjover architecture & landscape Actar Publishers, New York-Barcellona, 2023 pp. 336, En, 50 euro

ISBN 978-19-451-5074-6

African Water Cities

Kunlé Adeyemi (curatori Suzanne Lettieri e Berend Strijland)

Nai010 publishers, Rotterdam, e Graham Foundation, Chicago, 2023

pp. 272, En, 34,95 euro

ISBN 978-94-6208-776-7

manutenuti tra le infrastrutture idriche del Paese, tra scioglimento dei ghiacciai e siccità inattese, si riconosce oggi il valore e l’importanza. Ma non di politica energetica parla il libro di Luca Rota bensì di paesaggi alpini. Si tratta di un viaggio, affascinante, autobiografico ed emozionale, alla scoperta delle possenti dighe costruite dalla fine dell’Ottocento ad oggi nelle vallate alpine. Del resto anche partecipare, sia pure da semplici spettatori, alla costruzione del paesaggio è un atto politico.

Il miracolo delle dighe

Breve storia di un’emblematica relazione tra uomini e montagne

Luca Rota

Fusta Editore, Saluzzo, 2023

17,90 euro - ISBN 979-12-80749-45-1

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› DESIGNCAFÈ

LA NATURA IN CITTÀ

QUALI SCENARI E QUALI SFIDE PER LE CITTÀ DEL XXI SECOLO?

UN’ESPLORAZIONE ATTRAVERSO INTERVENTI E CASI DI STUDIO

SLA, Sund Nature Park, 2017, Copenhagen. Foto ©Laura Stamer. a cura di Carlo Ezechieli
› NATURE BASED SOLUTIONS

“La città è come una grande casa e la casa è una piccola città” scriveva circa 500 anni fa Leon Battista

Alberti. Dopo tutto questo tempo, ancora non esiste una metafora altrettanto efficace per capire e progettare città o parti di città. Perché parla di un principio eterno: le città sono fatte di spazi costruiti da e per le persone che le abitano. Un presupposto ovvio che – anche se oscurato da decenni di zoning, leggi, leggine e relativi cavilli –oggi sembra riemergere in alcune esperienze virtuose.

Le città odierne sono infatti sempre più grandi, affollate, dense di problemi e in questo contesto le città europee rappresentano un caso particolare. Oggi interessate da una crescita relativamente modesta, appartengono a una realtà che negli ultimi cento anni ha attraversato ogni genere di vicissitudini, precorso fasi e sviluppato anticorpi: una condizione che rivela che le città ecologicamente orientate del xxi secolo stanno rincorrendo gli schemi tipologici e funzionali della città tradizionale, aggiornandoli secondo alcuni denominatori comuni. Innanzitutto la presenza dell’automobile, che viene oggi considerata indiscutibilmente problematica e pertanto da arginare. Contemporaneamente il recupero di una dimensione di quartiere, tipica del passato, trova espressione nelle recenti iniziative ispirate ai principi della ville du quart d’heure, pedonale e ciclabile. La presenza, infine, di natura in città, un tempo così facile da raggiungere appena fuori le mura, viene oggi percepita come prioritaria. Questi sono solo tre tra molti altri temi ma si stanno rivelando capaci di avviare un vero processo di trasformazione.

De Urbanisten

Fondato a Rotterdam nel 2008 e rappresentato in Italia da Marcello Corradi e Lorenzo Bertolotto, De Urbanisten è un team che si occupa di ricerca e progettazione urbana volta alla realizzazione di spazi che migliorino la qualità della vita nelle città. Il lavoro dello studio spazia da progetti di piani urbani basati sui cicli chiusi dell’acqua e dell’energia, a studi sulla difesa delle città dalle alluvioni, alla progettazione di spazi pubblici. Lo studio opera principalmente in Danimarca, Germania e nei Paesi Bassi ma si occupa anche di progetti a livello internazionale. www.urbanisten.nl

LA BELLEZZA DELLA NATURA PER LE CITTÀ CHE VOGLIAMO

INTERVISTA A MARCELLO CORRADI E LORENZO BERTOLOTTO RAPPRESENTANTI

IN ITALIA DELLO STUDIO OLANDESE DE URBANISTEN, PIONIERE SIA NELLA PROGETTAZIONE DELLE CITTÀ IN CHIAVE DI ADATTAMENTO AI CAMBIAMENTI

CLIMATICI SIA NEL TEMA, ESTREMAMENTE ATTUALE, DI APPLICAZIONE DI NATURE BASED SOLUTIONS

Definendosi come “un team di architetti paesaggisti e urbanisti impegnato nella progettazione di spazi capaci di adattarsi al clima e sensibili alla natura al fine di creare città più attraenti”, De Urbanisten è stata una delle prime realtà di progettazione a incorporare sistematicamente principi di drenaggio sostenibile e di resilienza in progetti indirizzati agli spazi aperti pubblici. Mossi dalla volontà di ripristinare un rapporto, attualmente sbilanciato, delle persone con il mondo vivente, De Urbanisten tende ad enfatizzare l’esperienza dello spazio architettonico e la bellezza dell’esperienza della natura. Con Marcello Corradi e Lorenzo Bertolotto di De Urbanisten Italia, parliamo delle sfide ambientali che le città europee, di fronte al dilagare

delle aree urbanizzate e di un clima sempre più imprevedibile, si trovano oggi ad affrontare.

A luglio 2023 in Italia gli eventi meteorologici estremi sono aumentati del 95 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Tra il 10 e il 19 luglio, l’European Severe Weather Database ha registrato 3.300 eventi meteorologici estremi in Europa. Se questa è la tendenza, come pensate che le città, in particolare le città europee, dovrebbero essere trasformate o costruite?

MC La parte più preoccupante della crisi climatica che stiamo vivendo è la frequenza e la velocità di questi eventi estremi. Il cambiamento e la ciclicità di dinamiche naturali sono

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› NATURE BASED SOLUTIONS
Una grande casa chiamata città

Immagini del progetto Sponstuin, a Rotterdam, dove De Urbanisten ha creato un Giardino Spugna per testare nuovi concetti di raccolta, ritenzione e restituzione dell’acqua piovana all’ambiente naturale. Nel giardino vengono condotti esperimenti in base alla composizione del terreno e ai tipi di impianto.

A sinistra, il modello per le città del futuro che orienta l’attività dello studio di Rotterdam.

parte integrante di tutto ciò che ci circonda e credo che sia sbagliato pensare agli esseri umani come esterni ed estranei al loro ecosistema. Proprio per questo credo che sia necessario crescere come individui e società adottando una mentalità più radicale ma allo stesso tempo più flessibile, con una prospettiva temporale più ampia e un filo di umiltà in più. Che in pratica significa per esempio lavorare insieme all’acqua e alle altre dinamiche naturali invece di controllarle e allontanarle. Non intendo dire che soluzioni tecniche siano da condannare e abbandonare, anzi l’opposto, però dovrebbero essere parte di un approccio più ampio e interdisciplinare che guardi all’ambiente urbano in modo olistico.

Potete citare esperienze internazionali significative nel campo della prevenzione delle inondazioni e dei fenomeni meteorologici estremi?

LB L’Olanda in generale è un esempio di come una nazione si possa proteggere da inondazioni sia dal mare che dai fiumi che l’attraversano. Dopo la grande inondazione del 1953 l’intero Paese si è mobilitato per fare in modo che catastrofi simili non succedano più. Per 70 anni non si sono registrate morti per alluvioni. Fino alla fine del millennio la strategia principale è stata quella di realizzare grandi infrastrutture ingegneristiche: argini, dighe e barriere difensive come l’Afsluitdijk. Da una parte queste opere hanno protetto le città e la popolazione, dall’al-

tra hanno profondamente modificato l’ambiente, ad esempio eliminando i flussi della marea, distruggendo zone umide o trasformando un golfo marino, il Zuiderzee, in un lago d’acqua dolce, l’Ijselmeer. Chiaramente ciò ha avuto molte ricadute negative sull’ecologia. Negli ultimi vent’anni un’inversione di tendenza nella gestione dell’acqua sta favorendo soluzioni paesaggistiche e naturali, in quanto si è compreso che non sarà possibile costruire argini e barriere sempre più alte o grandi. Questo significa accettare l’acqua come elemento del paesaggio e darle lo spazio necessario per dilagare senza creare danni a persone e cose. Questo spirito è esemplificato dal programma Ruimte voor de Rivier (Spazio per il Fiume) con cui grandi spa-

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› NATURE BASED SOLUTIONS

ROTTERDAM A PROVA DI CLIMA

IL VALORE AGGIUNTO DI INFRASTRUTTURE IBRIDE

Lo studio svolto nel 2015 da De Urbanisten per il quartiere ZoHo di Rotterdam mette in luce i vantaggi indotti da una strategia di adattamento climatico: portare innovazione nello spazio pubblico; favorire la formazione di comunità; migliorare le relazioni sociali; creare stimoli economici; migliorare la salute dei cittadini, accrescere la biodiversità.

› NATURE
SOLUTIONS
BASED
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Nei progetti che realizziamo creiamo spazio per la meraviglia e forse per un po’ di amore. Non dovremmo pensare solo ai risultati in termini di servizi ecosistemici. Non dico che non sia importante, ma soprattutto crediamo che il rapporto delle persone con il mondo vivente debba essere ripristinato. Ecco perché enfatizziamo l’esperienza spaziale e la bellezza dell’adattamento climatico e dell’esperienza della natura. Mostriamo il corso delle stagioni con le foglie nuove in primavera e quelle che cadono in autunno portando cibo per gli uccelli e altri organismi. Progettiamo per aironi, rane, cormorani o libellule in modo che le persone si accorgano che esistono.

zi sono stati restituiti ai fiumi cosicché possano inondare zone alluvionali e ridurre la velocità e il rischio di danni a valle.

I sistemi di drenaggio sostenibile e le Nature Based Solutions sono molto più discussi e conosciuti rispetto al passato. Quanto tempo occorrerà prima che diventino una pratica comune ovunque?

LB Nel Regno Unito i sistemi di drenaggio sostenibile diventeranno obbligatori a partire dal 2024. In città come Portland, Oregon, vengono costruiti da più di venti anni e ormai in Nord America, Francia e Scandinavia sono pratica comune. Mi auguro che diventino lo standard ovunque il prima possibile: ormai gli effetti della crisi climatica sono sotto gli occhi di tutti ed è innegabile che abbia molto più senso investire nella prevenzione piuttosto che nella

ricostruzione, sia da un punto di vista economico che etico. Le tecnologie, le conoscenze e la disponibilità economica ci sono, e i progetti di De Urbanisten, come Dirkzwager e lo Sponstuin, hanno dimostrato come queste soluzioni non solo affrontano le tematiche ambientali, ma aggiungono valore alle città rendendole più belle e attraenti. Ora la domanda è prima di tutto politica. La rapidità di attuazione dipenderà dalla determinazione delle amministrazioni locali e dalla loro bravura nel comunicare efficacemente ai cittadini un’equa redistribuzione dello spazio pubblico. Aggiungere sistemi di drenaggio sostenibile in città dense e affollate spesso significa trovare un compromesso con tutti gli altri usi. Principalmente ciò significa rinunciare a spazi e parcheggi per le auto per integrare giardini pluviali, piste ciclabili, e altre soluzioni.

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› NATURE BASED SOLUTIONS
Marit Janse, De Urbanisten

Spazio pubblico e insieme bacino di raccolta dell’acqua in caso di copiose precipitazioni, la Benthemplein (2014, Rotterdam, planimetria e, a sinistra, due dettagli) è una delle prime infrastrutture ibride realizzate da De Urbanisten.

Fenomeni climatici estremi e alberi che, benché essenziali per attenuare le isole di calore urbane, sradicati vengono visti invece come una minaccia. Il tutto rischia di trasformarsi in un dilemma politico e sociale. Come possiamo evitarlo?

LB Innanzitutto va precisato che alberi sani, mantenuti correttamente, che crescono in un suolo sano e vivo, corrono meno rischi di schianti rispetto a piante potate grossolanamente e le cui radici combattono costantemente contro suoli compattati e soffocati dall’asfalto. Quindi in prospettiva di eventi estremi il verde pubblico dovrà ricevere più attenzione sia nella parte progettuale sia nella manutenzione. Esistono strumenti per migliorare la gestione e minimizzare il rischio, che però non sarà mai nullo. Quanti danni crea un albero che cade e quante persone uccide un’ondata di

calore? Questa domanda può sembrare un po’ cruda, ma ci troveremo ad affrontare domande simili sempre più spesso. Sicuramente crea più scalpore un albero quando si abbatte su un’auto, rispetto a quando cresce per 80 anni creando ossigeno e proteggendo le persone da ondate di calore e smog. Quando un albero crolla e travolge una persona iniziano subito le indagini per trovare possibili responsabili; lo stesso non accade per le morti causate dal caldo. Per scongiurare fatalità ed evitare indagini o accuse, amministratori e amministratrici preferiscono non prendere decisioni che hanno un certo fattore di rischio e che in futuro potrebbero rivoltarsi contro di loro: piantare nuovi alberi, costruire parchi, rendere i fiumi più accessibili. Ci ritroviamo così con poca natura e transenne ovunque. Per paura di problemi giuridici, i futuri effetti di queste scelte

sulla vivibilità delle città non vengono presi in considerazione. Non sto dicendo che gli alberi non vadano mai abbattuti, ci sono situazioni in cui è necessario farlo. Per rispondere a questi dilemmi serviranno valutazioni più dettagliate dei servizi ecosistemici: tutto l’insieme dei benefici forniti dagli ecosistemi, come riduzione dello smog, del calore, delle alluvioni, ma anche giovamenti sulla salute fisica e mentale e coesione sociale. Inoltre, credo che ci farebbe bene ridurre la nostra litigiosità e l’ossessiva ricerca di colpevoli. Bisogna accettare il fatto che in un ambiente più naturale, come mi auguro diventeranno le città in futuro, ci siano alcuni rischi intrinsechi ed è responsabilità personale valutarli; non è sempre colpa di qualcun altro e le fatalità possono accadere ■

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› NATURE BASED SOLUTIONS

Dettagli del percorso pedonale sopraelevato che attraverso il parco raggiunge la Maersk Tower. Foto ©Jens Lindhe.

Località Copenhagen

Commttente National Building Agency e Università di Copenhagen

Area 37.000 mq

Architettura del paesaggio e ponte SLA

Team di progettazione C.F. Møller, Rambøll, Aggebo & Henriksen, Skælskør Landscapers, Byggros

Completamento Autunno 2017

Riconoscimenti World Architecture Festival Award; Copenhagen City Award; Scandinavian Green Roof Award; Mipim Award.

SLA

SLA (nella foto i partner, da sinistra Stig L. Andersson, Mette Skjold e Rasmus Astrup) è uno studio di architettura con sede a Copenaghen che opera nei campi dello spazio urbano, dell’urbanistica e dell’architettura del paesaggio. SLA affronta alcune delle sfide urbane più difficili di oggi attraverso l’uso innovativo della natura, del design e della tecnologia, creando allo stesso tempo un autentico valore aggiunto per tutti. www.sla.dk

NATURAL BASED COPENHAGEN

IL CASO DI COPENHAGEN E IL TEMA DELLE NATURE BASED SOLUTIONS PER LE CITTÀ

Avendo raggiunto un livello di maturità sufficiente per superare le immagini, con appartamenti al trentesimo piano e automobili volanti, tipiche delle vecchie visioni di città del futuro, possiamo oggi avere un’idea di città per il xxi secolo? Forse si, e Copenhagen potrebbe darci qualche suggerimento convincente. Questa città, nominata dalla Commissione europea per l’ambiente Capitale Verde d’Europa nel 2014 e ormai uno dei punti di riferimento del design mondiale, ha caratteristiche tali per imporsi quale modello di una progettazione urbana contemporanea consapevole dell’equilibrio tra qualità della vita e tematiche ambientali. Circa il 62 per cento dei suoi 600mila abitanti utilizza la bicicletta per qualsiasi spostamento, sommando in totale una media di

1.434.000 chilometri al giorno. L’investimento pro-capite in infrastrutture ciclabili è intorno a 40 euro pro-capite. Le biciclette superano i canali su ponti progettati da celebri architetti ed artisti, come il Cirkelbroen di Olafur Eliasson. Ma la mobilità leggera è solo una parte, forse la più evidente, di un’evoluzione che ha avuto un chiaro inizio nel lontano 1962, quando Copenhagen fu la prima città del mondo a pedonalizzare il centro. In un simile contesto, è normale che i molti attuali progetti sullo spazio pubblico si sviluppino coerentemente con principi di qualità ambientale.

Nello specifico, il progetto di SLA per il Sund Nature Park, il giardino che circonda il complesso di ricerca universitaria della Maersk Tower (un interessante progetto dello studio

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di Carlo Ezechieli
› NATURE BASED SOLUTIONS

Cf Møller Architects), è rappresentativo di un approccio verso la progettazione consapevole delle tematiche di resilienza, di corrispondenza alle condizioni climatiche, di utilizzo degli spazi e anche e soprattutto, al di là delle questioni puramente tecniche, della qualità architettonica complessiva.

Elemento portante del progetto è la lunga passerella che si snoda attraverso il giardino mettendo in comunicazione i grandi parcheggi per biciclette sia di superficie che interrati (da 1.000 posti) con la magnifica piazza di ingresso. La passerella scorre sopra una un giardino in perfetto natural style, inquadrando ad ogni cambio di direzione viste notevoli sulla città. Con biancospini, prati e querce, Il Sund Nature Park recupera la funzione di un antico

Græsningsfælled (un prato comune), che fino a metà dell’Ottocento si estendeva dalla campagna alla Skt. Hans Torv, una piazza nel cuore del quartiere di Nørrebro.

Nonostante questo importante riferimento alla storia del luogo, il nuovo giardino è stato integrato con un ampio numero di specie vegetali esotiche caratterizzate da diverse origini geografiche e biologiche, come riferimento al carattere multiculturale del quartiere. Un mix vegetale che ha una valenza simbolica e culturale, aumentando la ricchezza formale del giardino e che, tramite una diversificazione delle specie, rende l’insieme più resistente rispetto a prevedibili cambiamenti climatici.

L’aspetto ambientale di maggiore interesse è rappresentato dal funzionamento del Sund

Vista dall’alto dell’intervento. La passerella si snoda attraverso il giardino e tra gli edifici collegando i parcheggi per biciclette con la piazza di ingresso. Foto ©SLA.

Nature Park in termini di adattamento al clima e di drenaggio sostenibile. L’intero giardino è un volano capace di gestire eventi meteoreologici estremi, anche quelli che si verificano su un tempo di ritorno di 100 anni, evitando che le strade e gli edifici circostanti vengano inondati. Tutta la pioggia proveniente dalle superfici verdi, dai tetti e dagli edifici viene raccolta sia in aree di fitodepurazione, sia in serbatoi interrati, da dove viene recuperata per l’irrigazione e per usi sanitari.

Le soluzioni introdotte sono all’avanguardia, tengono conto di tematiche ambientali e sociali, le interpretano in modo attuale e architettonicamente convincente e anticipano criteri che presto diventeranno comuni a molte altre città ■

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› NATURE BASED SOLUTIONS

GRANDI NOVITÀ

APPARENTEMENTE AVVENIRISTICO, IL TEMA DELLE INFRASTRUTTURE VERDI HA IN REALTÀ UNA LUNGA STORIA. NELLA SUA ACCEZIONE MODERNA HA AVUTO ORIGINE CON IL PROGETTO SUL BOSTON FENS AND RIVERWAY DI FREDERICK L. OLMSTED DEL 1880

Il termine Green Infrastructure imperversa nel lessico della progettazione green quale ultima, avveniristica, misura di rigenerazione delle nostre sempre più grandi e congestionate città. Pochi però ricordano che già 150 anni fa, Frederick Law Olmsted – l’architetto del Central Park di Manhattan, colui che in molti considerano il padre dell’architettura del paesaggio moderna – aveva realizzato a Boston, Massachusetts, un parco, risanando una grave situazione di inquinamento e creando al suo posto un’oasi di wilderness urbana. Il progetto era di fatto un’infrastruttura verde e probabilmente la prima esperienza di realizzazione di un’area umida artificiale.

Verso l’inizio del 1800 la rapida espansione della città, fondata su un’isola, come Venezia, aveva finito per confinare una zona paludosa dal resto della laguna del Boston Harbor. L’area, soggetta a frequenti inondazioni, era stata rapidamente inquinata da scarichi fognari e da acque lorde provenienti dall’industria: una situazione disastrosa, non solo igienicamente ed esteticamente, ma problematica rispetto al potenziale commerciale e immobiliare delle nuove urbanizzazioni. A partire dal 1820 si fecero avanti alcune proposte di recupero, fino a quella di Olmsted, realizzata tra il 1880 e il 1890. L’idea, che si sviluppava nel doppio intento di depurare le acque e prevenire le inondazioni verso le aree adiacenti, incorporava una dorsale fognaria, un viale e la prima linea tramviaria di Boston. In breve, formava una spina dorsale verde, chiamata Emerald Necklace, che collegava il fiume Charles con il nuovo Franklin Park, sempre su disegno di Olmsted. La struttura era tale da indirizzare il movimento di persone, il flusso delle acque e la rimozione degli inquinanti per la città in espansione, incorporando

nel xix secolo concetti molto evoluti, in seguito abbandonati a favore di schemi di hard engineering, ma la cui validità sta riemergendo oggi, due secoli dopo. Olmsted riuscì infatti a convincere gli ingegneri a realizzare una palude alluvionale invece di un’area di laminazione cementata, ad adottare un programma di trasformazione radicale del paesaggio portando alla realizzazione di un’area del tutto artificiale ma oggi percepita come il risultato di un processo naturale. Si trattò di un percorso progettuale fitto di prove ed errori. Non esisteva infatti alcun modello di riferimento. Assumendosi tutti i rischi del possibile fallimento, Olmsted collaborò con gli ingegneri per trovare un sistema di controllo delle piene e di circolazione delle acque. Coinvolse Charles Sprague Sargent, l’allora direttore dell’Arnold Arboretum, come consulente per la selezione di piante e sistemi per la creazione di una palude. Nel corso della prima fase, e precisamente nel 1883, fece mettere a dimora oltre 100mila piante: erbacee perenni, fiori, arbusti e rampicanti, sia native che esotiche, in modo che, se alcune fossero morte, altre, sviluppandosi, avrebbero avuto la funzione di specie pioniere. Con qualche errore. La Phragmites australis, la canna di palude, di grande efficacia in termini di fitodepurazione, ma anche specie non nativa, rivelatasi particolarmente invasiva, dilagò al punto di essere oggi nel mirino di piani per eradicarla. Quasi tutte morirono dopo il primo anno. Olmsted non si diede per vinto, le ripiantò e nel giro di un decennio il paesaggio sembrava essere stato lì da sempre.

Ma quello che conta è che il progetto del Fens and Riverway fu rivoluzionario non solo dal punto di vista tecnico e funzionale: anche la

sua architettura proponeva qualcosa di inedito. Fino ad allora qualsiasi parco era progettato secondo canoni stilistici formali di impronta rinascimentale o pastorali, ispirati ai giardini all’inglese da ‘Capability’ Brown in avanti. Le città si stavano espandendo velocemente e su una scala senza precedenti, dando origine a una situazione in cui, per guadagnarsi l’aperta campagna, potevano essere necessarie ore, per ritrovarsi infine in vicinanza o pericolosamen-

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di Carlo Ezechieli Law Olmsted Architetto e padre della moderna architettura del paesaggio, Olmsted (1822-1903) progettò il Franklin Park di Boston e il Central Park di Manhattan.
› NATURE BASED SOLUTIONS
Sopra, il Boylston Street bridge sul Muddy River, 1890. A destra, un diverso scorcio dello stesso punto, 2016.

te all’interno dei confini di proprietà private. Ed è così che Olmsted fu il primo a proporre un parco di aspetto selvaggio, di fatto un simulacrum di paesaggi presenti in luoghi remoti, accessibile a tutti.

Va ricordato che l’intervento operò nel pieno delle sue funzionalità idrauliche solo per un periodo relativamente breve. Nel 1910 sul fiume Charles venne costruita una diga che, convertendolo da affluente salmastro in fiume di acqua dolce, ne diminuì l’importanza dal punto di vista del controllo delle inondazioni causando allo stesso tempo la morte di molte delle piante originarie. In seguito, nell’area vennero depo-

sitati i materiali di scavo della metropolitana, alterandone ulteriormente la topografia. Infine, paradossalmente, proprio il successo dell’opera di rinaturalizzazione pose le basi per la sua invisibilità in quanto progetto. Venne sempre percepita come un’evoluzione spontanea dei luoghi, non derivata da alcun progetto, né da alcuna intenzione, al punto che, negli anni Settanta, il governo degli Stati Uniti acquisì l’area considerandola un ambito naturale di esondazione. Nonostante questo insieme di circostanze, che nel tempo hanno contributo a rendere il Fens qualcosa di piuttosto differente da quanto realizzato in origine, quest’opera straordinaria

anticipò di circa un secolo principi oggi molto attuali: dall’introduzione di principi ecologici nella progettazione urbana alle recenti esperienze della ‘natura’ portata in città. Non senza rischi, Olmsted evitò di progettare rimedi temporanei e settoriali a favore di soluzioni di lungo termine, aprì nuove frontiere, definì tecniche e metodologie, fissò nuovi standard, non solo solidi e precisi ma estremamente attuali. Nel complesso un’eredità di elementi e di contenuti che non possono essere ignorati da nessun intervento che oggi aspiri a rendere le nostre città più belle e logiche dal punto di vista ambientale ■

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› NATURE BASED SOLUTIONS

COSA SUCCEDE ALLE CITTÀ

CON PIÙ SPAZI VERDI E MENO

AUTOMOBILI? IL CASO DELLA

CAPITALE CATALANA RIVELA

OMBRE E LUCI DI UN ESPERIMENTO

DI TRASFORMAZIONE CHE CON

IL MIGLIORAMENTO AMBIENTALE

PORTA CON SÉ IL FENOMENO

DELLA GENTRIFICAZIONE

E, PARADOSSALMENTE, DELL’AUMENTO DEL TRAFFICO DA

PARTE DI COLORO CHE VENGONO

ESPULSI DALLA CITTÀ

PARADIGMA BARCELLONA

Se solo vent’anni fa parlare di città senza automobili era visto, senza distinzioni, come una follia, oggi sembra vero il contrario. Le proposte di città con forti regolamentazioni al traffico ormai proliferano, con esperienze di successo, talvolta con casi modello. Raramente tuttavia riguardano città medio-grandi come Barcellona, 1,6 milioni di abitanti, che con il programma delle Supermanzanas (Superilles in catalano) – accorpamento di più isolati –è uno dei casi più significativi. All’origine di questa nuova visione sono stati i problemi, peraltro comuni a tutte le grandi città, legati al traffico. Barcellona è infatti la quarta città per

densità e la prima per rumore in Europa. La dotazione di verde è di 2,7 mq per abitante (da dati Istat, Milano ne ha quasi 18).

Già nel 1986 Salvador Rueda, biologo, psicologo e attuale direttore dell’Agenzia di Ecologia

Urbana di Barcellona, propose il concetto, ai tempi rivoluzionario, di una città pensata per le persone invece che per le automobili. Le Superilles di Rueda erano insiemi di nove isolati al cui interno il traffico era limitato, restituendo spazio ai pedoni e ai ciclisti, mentre le auto potevano circolare solo sul perimetro. Alla prima, realizzata nel 1993 in centro, nel quartiere El Born, seguirono altri interventi. Ma

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di Carlo Ezechieli
› NATURE BASED SOLUTIONS

per trasformare questa visione in un progetto coerente fu necessario attendere fino al 2012, con il sindaco Xavier Trias e un piano di conversione della mobilità cittadina che prevedeva la realizzazione non tanto di casi isolati, ma di ben 500 Superilles, capaci di convertire in corridoi di mobilità leggera o di trasporto pubblico quasi il 70 per cento delle strade della città. Il programma decollò nel 2015 con il sindaco Ada Colau e, nel settembre 2016, il quartiere di Poblenou venne trasformato secondo una concezione più radicale di Superilla a cui seguì quella del mercato di Sant Antoni. Ma quali sono gli esiti in termini ambientali,

sociali e funzionali di questa grande sperimentazione? Secondo quanto documentato dalla stampa più attenta al tema oggi, malgrado la forte opposizione iniziale, in casi come la Superilla di Sant Antoni si registra una riduzione del 25 per cento di NO2 e del 17 per cento di PM10, e in generale una significativa riduzione dell’inquinamento acustico. Nel complesso quindi le Superillas hanno generato effetti decisamente positivi per la città. Ciononostante, anche se l’impianto isotropo, riprogrammabile e dotato di una grande capacità viaria dell’ampliamento ottocentesco di Ildelfons Cerdà aiuta i cambiamenti nell’assetto del traf-

Barcellona, Passeig St. Joan. L’ampliamento da 12,5 a 17 metri dello spazio pedonale lungo l’asse viario perimetrale alla Superilla genera nuove forme di spazio pubblico come quella qui realizzata dall’architetto e paesaggista Lola Domèneq, attrezzata con panchine, aree di gioco e dehors. Foto ©Adrià Goula.

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Con un’efficace differenziazione di trame e materiali, il progetto di paesaggio di Lola Domèneq disegna ‘stanze’ aperte e definisce i rapporti visuali con l’intorno. Foto ©Adrià Goula. Sotto, inquadramento su scala urbana (prima fase) e pianta delle pavimentazioni. Ogni campitura è caratterizzata dall’utilizzo dello stesso schema ripetuto e composto secondo trame differenziate.

fico, esistono molti effetti collaterali difficili da prevedere. Alla migliore qualità della vita all’interno delle Superilles corrisponde infatti un aumento dei valori immobiliari e una sostanziale gentrificazione. Ed è qui che emerge un problema comune a molte città: al miglioramento della qualità urbana corrispondono incrementi nei prezzi degli immobili e degli affitti tali da renderli inaccessibili a fasce sempre più ampie di popolazione. L’unico rimedio è spostarsi fuori, non solo dalle aree centrali, ma anche da quelle periferiche ben servite dal trasporto pubblico. Le aree urbane economicamente più abbordabili si riducono pertanto a quelle unicamente servite dal trasporto privato, con il risultato che il traffico, così coraggiosamente estromesso dalle aree centrali, vi si

riversa nuovamente e inesorabilmente, per di più ostacolato dalle stesse Superillas. Per chi abita in zone poco servite, questo rappresenta un problema che ha molte corrispondenze con i fattori scatenanti delle famigerate proteste parigine dei gilet gialli, ovvero prevalentemente degli abitanti delle aree periferiche escluse dal trasporto pubblico.

Una contromisura a questo drammatico effetto collaterale è stata negli scorsi anni la realizzazione, come nel caso del quartiere del Poblenou, di forme di residenza convenzionata o in affitto, in misura molto superiore all’attuale 1,5 per cento. Una soluzione del resto già adottata da tempo, e con successo, dalla città di Vienna, dove oltre la metà degli abitanti vive in abitazioni in qualche forma sovvenzionate.

In conclusione, malgrado gli ovvi, difficoltosi passaggi il programma delle Superilles rappresenta una grandiosa visione urbanistica, ben riferita ai temi e alle aspettative per le città nel xxi secolo. Allo stesso tempo rappresenta un paradigma dei problemi e degli effetti collaterali che questo nuovo modello, al quale ormai i cittadini non sembrano voler rinunciare, comporta per le metropoli.

Sarà pertanto di importanza cruciale che, facendo tesoro di questa coraggiosa esperienza, altre metropoli europee che stanno intraprendendo questo cammino, tra cui Milano, sappiano prevedere e anticipare le azioni necessarie per evolversi in città sempre più belle ed efficienti per tutti ■

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› NATURE BASED SOLUTIONS

Dopo la laurea presso la facoltà di Architettura di Ferrara, dove oggi insegna e numerose esperienze in Italia e all’estero, nel 2009 Tomas Ghisellini fonda l’atelier di architettura che, con Lucrezia Alemanno, Michele Ronconi, Giorgio Barba e un team multidisciplinare, si occupa di progettazione architettonica e urbana, architettura del paesaggio, design d’interni, allestimento e comunicazione. Migliore architetto italiano under 40 nel 2012 con il Premio Fondazione Renzo Piano, premiato nel 2014 da In/Arch per la migliore opera realizzata da un giovane architetto e tra i vincitori del Premio Dedalo Minosse, alla sede di Ferrara lo studio affianca una sede distaccata a Lecce e uno smart office a San Antonio, Texas. www.ghiselliniarchitetti.it

VOLUMI SEMPLICI, DETTAGLI SOFISTICATI, ASSENZA DI GESTUALITÀ. SENZA ALCUNA VELLEITÀ DI ‘CERCARE DIO NEI DETTAGLI’, IL MINIMALISMO DI TOMAS GHISELLINI ESPRIME UNA POETICA TUTTA INTERNA ALLA DISCIPLINA, CHE DIALOGA CON LA NATURA MA SENZA CONFONDERSI CON QUESTA, ANZI ESALTANDO LA PROPRIA SPECIFICITÀ E ARTIFICIALITÀ. IL RISULTATO È UN’ARCHITETTURA LEGGERA, INTEGRATA NEL PAESAGGIO, PERMEABILE, MOLTEPLICE.

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Nelle due pagine, concept e due viste del ‘Giardino Segreto’, progetto di ampliamento del cimitero di Tavazzano. Foto ©Tomas Ghisellini.

TOMAS GHISELLINI

Credo che per avvicinarsi alla poetica di Tomas Ghisellini occorra guardare con attenzione il suo progetto realizzato con il budget risicato di 10mila euro: Meet_(gr)eat. Si tratta della sistemazione di un’area di 3.800 mq all’interno di un parco urbano nel quartiere di Santa Rosa a Lecce. L’intervento, e non poteva essere altrimenti con risorse economiche così esigue, è fatto di attrezzature in legno e tessuto molto semplici, liberamente assemblabili, facilmente costruibili e vivacemente colorate, destinate al gioco e al relax. Tutte inserite all’interno di una griglia di 2 metri per 2 la quale, determinando la modularità dei singoli oggetti e le posizioni reciproche, sottrae idealmente l’area dal caos, identificandola come un mondo, a sé stante rispetto all’intorno, versatile ma preciso e ordinato.

Verrebbe da pensare alle griglie ideali dei disegni di Superstudio se non fosse che il progetto di Ghisellini è molto meno assertivo. Come dichiara il titolo, è un luogo per incontrarsi (meet great) e per rilassarsi con un picnic (meet eat). Funzionale ma delicatamente poetico: suggerisce atteggiamenti, evitando di caricare lo spazio di connotazioni teoriche e utopiche, come invece era per Superstudio. Il parco è infatti un parco, non uno statement ideologico e filosofico e per questo è gaio, colorato, accattivante. Simile approccio notiamo in altri progetti come, per esempio, il Gardino Segreto (in queste pagine) un ampliamento del cimitero di Tavazzano. Gli spazi cimiteriali sono in genere caotici e lasciati a quella che definirei la esternazione espressiva del lutto. Che porta a luoghi confusi e disorganici anche se a volte – ma solo a volte – non privi di una loro bellezza. A questo modello latino, Ghisellini sostituisce una monumentalità che definisce “diffusa, pacata, per certi versi domestica … un intenso spazio verde, un luogo rarefatto, lieve e sospeso”. Verrebbe da definirla una poetica minimalista. Volumi semplici, dettagli sofisticati, assenza di gestualità.

Ma se minimalismo è, è molto diverso dalla nuda essenzialità miesiana: Ghisellini non ha alcuna velleità di cercare Dio nei dettagli proclamando che less is more. Voglio dire: non carica mai i suoi segni di valori assoluti. Ed è anche diverso da quello di David Chipperfield o di Kazuyo Sejima. Non batte infatti la strada classicista del primo o di dissoluzione della forma della seconda. Il minimalismo di Ghisellini è un accorgimento per allestire un’architettura leggera, integrata nel paesaggio, permeabile, molteplice. Un atteggiamento del genere è rintracciabile in alcuni altri protagonisti della sua generazione, penso per esempio al gruppo Balance Architecture o a Didonè e Comacchio. Ed è forse una delle più intelligenti risposte della nuova generazione agli architetti dell’ecologia e del nascondimento, che cioè non esitano a occultare le loro opere sotto terra o dietro il fogliame di un verde lasciato libero di invadere facciate e tetti. All’aggressività formale di questi architetti che si confrontano con la crisi dell’ambiente pretendendo di ritirarsi dalla ricerca architettonica per produrre nuovi ibridi quali grotte e boschi urbani, gli architetti minimalisti alla Ghisellini oppongono una linea poetica ancora tutta interna alla disciplina, che dialoga con la natura ma senza confondersi con questa, anzi esaltando la propria specificità e artificialità. Da qui un atteggiamento soft che punta alla chiarezza e alla semplicità. Che riconosce il valore degli spazi vuoti e della luce. Che non esita a usare nuovi materiali ma anche i vecchi, quali il legno e la pietra, gestendoli con piglio moderno e sicurezza ed evitando il pittoresco. Dove questa architettura dà il massimo, a mio parere, è nell’edilizia scolastica, perché destinata ai più piccoli. Prefigura infatti con immagini chiare il mondo nuovo che si vorrebbe realizzare e che, proprio per essere proiettato al futuro, deve essere in primo luogo sperimentato dai bambini che ne saranno a tutti gli effetti i principali destinatari ■

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Ampliamento del cimitero di Tavazzano

Un confine rarefatto

Non è diverso dalla campagna circostante, solo più curato, con essenze arbustive selezionate per offrire almeno una fioritura per ogni mese dell’anno, il giardino che amplia il cimitero di Tavazzano con Villavesco. E si può vedere da fuori, attraverso i motivi a gelosia della cortina muraria in laterizio che ne delimita lo spazio. Così come dall’interno si può osservare la campagna, che è l’ambiente dei vivi.

I tre corpi architettonici che accolgono i loculi si allontanano dal confine, disposti secondo slittamenti reciproci, a formare lunghe quinte architettoniche parallele che paiono semplicemente appoggiate, senza inciderlo, sul piano verde dei campi. Ciascuna appare come un portico ininterrotto, definito da un ordine gigante di esili pilastri alti oltre cinque metri, che allestisce un suggestivo spazio coperto. Lo stesso rigore formale, gli stessi esili pilastri sorreggono una pensilina continua che, progettata per minimizzarne impatto visivo d’insieme e aperta verso i giardini, disegna un percorso coperto sufficiente a riparare i cortei funebri e i visitatori in caso di maltempo.

Il progetto include anche cinque edicole private, addossate alle cappelle già insediate nella parte ad ovest del cimitero storico. Diversamente dal resto, questi volumi prismatici, interamente rivestiti di travertino, assumono apparente sostanza monolitica. Solo due le aperture perimetrali: il varco di ingresso che una cornice metallica ritaglia nella superficie lapidea, e una finestra orientata a est ricavata nella parte alta di ciascuna cappella.

Prospetto e pianta di uno dei tre corpi architettonici che accolgono i loculi. Sotto, planimetria di progetto. In basso e a destra, tre viste del nuovo cimitero. Foto ©Tomas Ghisellini.

Località Tavazzano con Villavesco (Lodi)

Progetto architettonico e del paesaggio, DL

Tomas Ghisellini

Strutture Beatrice Bergamini

Impianti tecnologici Nicola Gallini

Collaboratori Cristina Haumann, Michele

Marchi, Alice Marzola

Appaltatore Generale Aircom

Superficie complessiva lotto 3.970 mq

Superficie coperta edifici e percorsi 1.175 mq

Costo globale 1.122.000 euro

Cronologia 2008-2015

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TOMAS GHISELLINI
[ 121 ] IOARCH_107 I PROFILI DI LPP / ARCHITETTI ITALIANI

Abitazione privata a Padova

Trasparenza e leggerezza

Con un’aerea scala che pare ottenuta dalla piegatura delle pavimentazioni in legno naturale, il progetto di Tomas Ghisellini collega due appartamenti prima indipendenti, al terzo e all’ultimo piano di una palazzina razionalista a Padova, trasformandoli in un unico ambiente, con un soggiorno a doppia altezza che porta il cielo all’interno dell’abitazione e il piano superiore adibito a studio e alloggio per gli ospiti.

Al piano principale, in posizione baricentrica, l’involucro lucido e morbidamente riflettente, apribile secondo diverse configurazioni, che delimita la cucina, duplica gli spazi dei quali costituisce elemento disciplinante. Due le terrazze, quella al piano, abitabile estensione della zona living e pranzo, e quella ricavata in falda al livello superiore, configurata come un autentico giardino pensile.

Località Padova

Progetto Architettonico e degli interni

Ghisellini Architetti

Team di progetto Tomas Ghisellini, Alice Marzola

Collaboratori Lucrezia Alemanno, Andrea Andreotti

Progetto strutturale Antonio Consoli

Impianti tecnologici Nicola Cappellato

Direzione lavori Tomas Ghisellini

Cronologia 2015-2018

dell’abitazione

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Sezione e viste e della terrazza al piano. Foto ©Tomas Ghisellini.
TOMAS GHISELLINI

Meet&(Gr)eat

Con un budget ridotto all’osso e l’impiego di profili in legno di recupero, nella porzione centrale del parco Montefusco, nel quartiere Santa Rosa di Lecce, il progetto di Tomas Ghisellini dà vita a uno scenario eterogeneo che promuove modi d’uso liberi e spontanei che mescolano gioco, attività sportiva, leisure e relax.

Organizzata idealmente su una griglia di due metri per due, l’area di progetto di 3.800 metri quadrati diventa una scacchiera sulla quale sono distribuite casualmente piccole stanze abitabili fatte di supporti multifunzione colorati per un abaco di usi differenti e potenzialmente infiniti: sostegni per leggeri velari parasole, supporti per attrezzi sportivi a corpo libero, montanti per reti di gioco, ancoraggi per luminarie aeree, agganci per amache, puntoni per piccoli belvedere sospesi.

Nell’arcipelago dei singoli elementi e delle microattrezzature, un padiglione di quattro metri per otto protetto da una copertura in legno e tessuto ospita le dotazioni utili per attività di piccola ristorazione.

Tutti i materiali sono a impatto prossimo allo zero e le costruzioni, montate a secco, del tutto reversibili.

Località Lecce

Committenti Cnh Industrial, Comune di Lecce

Patrocinio Ordine degli Architetti di Lecce

Progetto Ghisellini Architetti

Team di progettazione Tomas Ghisellini, Lucrezia Alemanno, Daniele Francesco Petralia, Alberto Manzi, Alice Marzola

Superficie 3.800 mq

Cronologia 2019-2020

In alto, il concept generale del progetto e, sopra, vista del nuovo parco, colorato e gioioso, a lavori conclusi. Foto ©Tomas Ghisellini.

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Parco Montefusco, Lecce
I PROFILI DI LPP / ARCHITETTI ITALIANI

Scuola primaria di Cenate Sotto

La corte degli alberi

Completata dieci anni fa, la scuola elementare di Cenate Sotto (Bg) anticipa molti degli odierni presupposti progettuali dell’edilizia scolastica: ambienti aperti, percorsi liberi che stimolino la curiosità e favoriscano lo sviluppo di relazioni affettive, ambienti sani ricchi di luce, aria e colore.

L’articolazione degli spazi, disposti su due livelli entro una rigorosa architettura a ‘V’ che disegna i fronti su strada, appare come una fortificazione urbana che da un lato protegge la corte verde interna piantumata e dall’altro risulta per i piccoli alunni in una accogliente somma di luoghi da esplorare.

Un semplice sistema di captazione, regimentazione e conduzione delle correnti aeree naturali dominanti all’interno degli spazi nobili dell’edificio consente un costante rinnovo dell’aria interna senza il ricorso ad alcun impianto meccanizzato di ricambio forzato, rileggendo i temi della sostenibilità in una chiave di ragionevolezza e consapevolezza costruttiva, evitando sofisticazioni tec-

nologiche. Sulla copertura della palestra, esposta a sud, pannelli solari termici forniscono tutta l’acqua calda sanitaria necessaria, mentre un impianto fotovoltaico da 40 kWp regala al complesso la completa autonomia energetica, cedendo alla rete il surplus autoprodotto.

Località Cenate Sotto (Bg)

Committente Comune di Cenate Sotto

Progetto architettonico, paesaggio, interni e arredi su disegno Tomas Ghisellini

Strutture Beatrice Bergamini

Impianti e sicurezza antincendio Nicola Gallini

Collaboratori Cristina Haumann, Michele Marchi, Alice Marzola

General contractor Poliedil

Slp 2.680 mq

Costo globale inclusi arredi 4.140.000 euro

Cronologia 2009-2013

Architetture rigorose proteggono la corte verde interna della scuola, dove sono stati conservati gli alberi piantati dalle precedenti generazioni di alunni. Foto ©Tomas Ghisellini.

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TOMAS
GHISELLINI
[ 125 ] IOARCH_107 I PROFILI DI LPP / ARCHITETTI ITALIANI

L’intervento comprende la realizzazione di un edificio produttivo e l’ampliamento del campus Tetra Pak Packaging Solutions. Si tratta di tre unità raccolte in un unico edificio: una palazzina su 4 livelli per uffici e servizi, a nord; un padiglione centrale monopiano, interamente dedicato all’officina di montaggio e collaudo; una palazzina impianti a due piani a sud, all’interno della quale trovano posto i macchinari del ciclo produttivo e gli impianti di base. Foto ©Marco Cappelletti.

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› TETRA PAK

UN’ALA BIANCA E LEGGERA

POSATA SU UN EDIFICIO

DALLE MOLTEPLICI FUNZIONI

PRODUTTIVE E DI RICERCA.

DUE TUNNEL SOTTERRANEI

RISOLVONO LE ESIGENZE

TECNOLOGICHE MENTRE CALICI

DI LUCE E VERDE PORTANO

QUALITÀ AGLI AMBIENTI INTERNI.

PROGETTO DI ZPZ PARTNERS

MODENA

IL CENTRO DI RICERCA TETRA PAK

Il nuovo Tetra Pak Research Hub progettato da ZPZ Partners a ovest di Modena è costituito da tre unità: una palazzina su tre livelli fuori terra per uffici e servizi, un padiglione centrale monopiano per la produzione d’officina e una palazzina impianti a due piani per i macchinari più rumorosi e le macchine degli impianti di base.

Le superfici del grande involucro color bianco latte sono realizzate in pannelli prefabbricati in cemento che, giustapposti secondo uno schema regolare, formano una pelle omogenea. Impresse dalle forme in cemento emergono delle figure triangolari che vanno progressivamente a ridursi verso l’alto.

Configurati in uno schema aperto, gli uffici si allineano lungo il lato della sala esposto a nord-

ovest e si compongono in un corpo di fabbrica che sembra indipendente dal contenitore che avvolge l’opera su tutte le altre facciate. Secondo ZPZ Partners, la principale sfida progettuale ha riguardato l’organizzazione di un sistema impiantistico e distributivo complesso fatto di canalizzazioni di aria compressa, di acqua e di fluidi funzionali ai processi di lavorazione, di elettricità e di dati.

Il progetto ha elaborato un sistema che permette la presenza degli allacci agli impianti solo quando necessari, lasciandoli altrimenti nascosti, come anche i nastri trasportatori per il riciclo, in due grandi tunnel sotterranei dove corrono a vista tutti gli impianti; qui la manutenzione può essere effettuata al di fuori dell’area di attività. Queste soluzioni hanno

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› ARCHIWORKS

La grande sala di 4.500 mq, con pavimento bianco e soffitto in legno lamellare, riservata all’assemblaggio e al collaudo delle macchine per il confezionamento degli alimenti.

Uno spazio completamente libero da ingombri strutturali eccezion fatta per i due grandi elementi reticolari che si configurano come giardini interni. Foto ©Marco Cappelletti.

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Studi di facciata e prospetto. Nelle foto, le strutture a calice, i cavedi dei piccoli giardini interni e viste degli uffici. Foto ©Marco Cappelletti.

consentito di ottenere alcuni vantaggi come la riduzione al minimo del rumore, la definizione di spazi estremamente puliti, l’eliminazione alla vista di scarti di lavorazione, la realizzazione di processi di riciclo.

Gli oltre 4.500 metri quadrati di superficie costituiscono un unico ampio salone, completamente libero da ingombri strutturali a parte due grandi elementi reticolari a calice che contengono alcune piante di bambù giapponese, specie selezionata in quanto cresce bene all’ombra, mantiene verde il fusto e diventa subito alta e rigogliosa. Oltre a penetrare attraverso queste strutture popolate di piante, la luce naturale raggiunge il salone tramite tre piccoli giardini interni disposti tra gli uffici, numerosi lucernari distribuiti in forma libera sulla copertura e le due finestrature che corrono a quota strada sulle facciate laterali ■

ZPZ Partners

Lo studio di progettazione con sede a Modena svolge la propria attività nel campo dell’architettura e dell’interior design, per metà in Italia e per metà all’estero. Si occupa del progetto di strutture innovative, nel concept, nella user experience e nelle qualità formali, che segue dalla elaborazione metaprogettuale alla direzione lavori. I progetti principali riguardano prevalentemente gli spazi pubblici e di servizio, come scuole e strutture sanitarie o i nuovi spazi per il lavoro, oltre a progetti in ambito residenziale, hospitality, produzione industriale. Soci fondatori sono Michele Zini e Claudia Zoboli. www.zpzpartners.com

CREDITI

Località Modena

Committente Tetra Pak Packaging Solutions

Progetto architettonico ZPZ Partners

Progetto strutture Studio Paltrinieri

Progetto impianti Sistemi3

Computi Maurizio Forghieri

Sicurezza Ivano Ballarini

General contractor Mario Neri

Pareti vetrate a filo pavimento e controsoffitti speciali

Materia Srl

Pannelli facciata Styl Comp

Strutture metalliche F.lli Gelmini

Copertura in legno Rubner - Grandi strutture in legno

Corpi illuminanti Linea Light Group

Infissi esterni Iamec

Lucernari Velux

Superficie 10.868 mq

Cronologia 2018-2022

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Foto ©Nicolò Panzeri › TETRA PAK

MATERIA Srl

La qualità ambientale all’interno del Tetra Pak Research Hub è rafforzata dalle soluzioni di Materia scelte per controsoffitti acustici realizzati ad hoc con pannelli metallici microforati, pavimenti, partizioni in vetro. Quest’ultime, con certificazioni acustiche tra le più alte del mercato, sono installate anche tra gli uffici e la zona produzione. Le pareti vetrate, i controsoffitti, i pavimenti sopraelevati sono i tre elementi combinati nel sistema integrato Materia, il cui fulcro è il bandraster, il profilo in alluminio estruso, inserito nel soffitto e nel pavimento, concepito per essere invisibile. Il risultato è un design pulito e flessibile dalle elevate performance acustiche e dalla facilità di montaggio e manutenzione.

www.materiaproject.it

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› ARCHIWORKS
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› SOCIAL HOUSING
Il piano terra del complesso è un grande ambiente urbano unitario, con molteplici servizi. Foto ©Carola Merello.

RIQUALIFICAZIONE SOCIALE E URBANA

UN TEAM DI PROGETTAZIONE CON CAPOGRUPPO D&D TRASFORMA

UN COMPLESSO A DESTINAZIONE DIREZIONALE MAI TERMINATO E ABBANDONATO IN UN COMPLESSO DI 468 APPARTAMENTI DI EDILIZIA SOCIALE. PROGETTO ARCHITETTONICO DI BARRECA & LA VARRA

Nel quartiere Vigentino di Milano, nei pressi del Parco Agricolo Sud, il progetto architettonico e urbano dello studio Barreca & La Varra ha affrontato con successo il tema della trasformazione, riqualificazione e rifunzionalizzazione di cinque edifici a corte esistenti per realizzare 468 alloggi destinati a residenza convenzionata agevolata in vendita e locazione. A servizio del complesso sono stati realizzati anche un consultorio, un poliambulatorio, un asilo e una palestra.

Mai entrati in uso, i cinque edifici a corte costruiti negli anni Novanta, in origine destinati a uffici, presentavano un corpo di collegamento tra gli edifici 3 e 4, avevano altezze

comprese tra tre e quattro piani fuori terra e un interrato comune all’intero complesso. Insolitamente, specie in quegli anni, data la destinazione d’uso commerciale prevista, gli edifici disponevano di profondi loggiati.

Tra il 2006 e il 2011, su iniziativa di una precedente proprietà, si erano susseguiti diversi parziali interventi di riqualificazione, in seguito abbandonati, e il grande complesso incompiuto era diventato terreno di illegalità, occupazioni abusive e degrado urbano.

Per la nuova destinazione d’uso residenziale, il progetto architettonico di Barreca & La Varra ha preso in esame cinque aspetti fondamentali: il collegamento e la fruibilità

trasversale tra gli edifici e la diversificazione delle funzioni al piano terra; l’organizzazione di una sequenza di corti aperte e chiuse; il rapporto tra gli edifici e il sistema del verde; il ripensamento dell’involucro esterno; la razionalizzazione dei volumi posti in copertura.

L’intervento ha previsto il completo strip-out dell’esistente e la demolizione del corpo di collegamento tra gli edifici 3 e 4, fino a ricondurre il complesso immobiliare allo stato dei soli scheletri strutturali.

La volumetria residua reperibile ha poi permesso di creare nuove superfici utili; la conformazione morfologica e strutturale esistente è stata quindi modificata per uniformare

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5 SQUARE, MILANO
› ARCHIWORKS

il prospetto principale su via Antegnati portando tutti e cinque i fabbricati ad avere cinque piani fuori terra. Verso l’esterno è stata uniformata la linea di gronda, per conferire al complesso un’immagine ordinata e omogenea dei differenti blocchi, variandola invece tra gli edifici e all’interno delle corti. All’esterno, una nuova griglia modulare composta da due sistemi viene sovrapposta alla facciata esistente: quello dei parapetti e quello delle tende a rullo, montate in maniera contrapposta a formare un sistema a farfalla che restituisce un effetto articolato, cangiante secondo le ore del giorno e le stagioni. Un altro elemento che definisce il carattere degli edifici è il colore: chiaro per la griglia e le tende e più scuro per il fondo delle logge e per alcune pareti delle corti interne. Il colore bianco definisce il frame esterno per tutte le facciate; il piano terra è grigio scuro così come gli intradossi delle logge dal secondo all’ultimo piano.

Barreca & La Varra

Lo studio di architettura è stato fondato nel 2008 a Milano da Gianandrea Barreca e Giovanni La Varra, già soci fondatori nel 1999 di Boeri Studio con Stefano Boeri. Negli anni lo studio ha realizzato numerosi interventi nel campo della progettazione urbana e architettonica: headquarter di importanti società, complessi residenziali e di housing sociale, edifici collettivi come ospedali e scuole. Lo studio si caratterizza per l’attenzione costante alla sperimentazione di un linguaggio complesso, attento alle mutevoli articolazioni della società e dei processi economici, sociali e istituzionali, e una particolare sensibiità al tema del rapporto tra architettura e natura. Alla professione, i due fondatori affiancano una intensa attività pubblicistica e didattica. www.barrecaelavarra.it

Planimetria del sito e piano terra dei cinque edifici; a destra, dettaglio del sistema ‘a farfalla’ delle tende esterne (nella foto sotto, ©Carola Merello). L’housing sociale 5 Square conta un totale di 468 appartamenti, 164 dei quali in vendita e i rimanenti in locazione.

Il progetto prevede di mettere in atto un modello sperimentale di gestione attraverso la nomina di un gestore sociale, con il compito di curare sia alcuni aspetti di gestione tecnica e amministrativa, sia quelli di accompagnamento della comunità.

In particolare, gli arredi e gli elettrodomestici degli appartamenti in affitto sono noleggiati anziché acquistati dagli abitanti. La responsabilità dell’installazione, della manutenzione annuale e dello smaltimento è in capo a soggetti specializzati. Riacquisendo i prodotti a fine contratto, il produttore ne garantisce il recupero, il riutilizzo o il corretto smaltimento. Questo sistema comporta un beneficio economico per gli abitanti e una riduzione annua di CO 2 pari a quella assorbita da un bosco di circa 2mila metri quadrati ■

CREDITI

Località Milano, via Antegnati

Committente Redo Sgr Società Benefit - Fondo

Immobiliare di Lombardia

Advisor tecnico sociale Fondazione Housing Sociale

Progetto architettonico Barreca & La Varra

Progetto architettonico esecutivo, VVF, cost control, computi, Bim management, sicurezza, DL architettonica e generale D&D (capogruppo dell’Ati di progettazione)

Progetto strutture Arching

Progetto impianti Ariatta Ingegneria dei Sistemi

Impresa di costruzioni Co.ge.vi.

Monoblocchi con avvolgibili Alpac

Infissi esterni Tecnoplast

Tende esterne Resstende

Porte Dierre

Pavimenti, rivestimenti bagni Atlas Concorde

Sanitari Ideal Standard

Miscelatori, soffioni doccia Hansgrohe

Slp totale 35.610 mq

Appartamenti realizzati 468, per un totale di 1.279 utenti

Cronologia 2017-2022

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› SOCIAL HOUSING

Disegno di dettaglio del sistema tende. Le staffe superiori e inferiori sono state progettate per poter regolare l’inclinazione nelle varie altezze e l’allineamento in uscita e altezza delle tende.

[ 135 ] IOARCH_107 2.0 5.0 11.0 VAR VAR 5.5 Collante di posa Membrana autoadesiva Massetto di pendenza in sabbia e cemento Massetto alleggerito Cappotto in EPS Sp. cm 5 Rivestimento a base di resine acrilsilossaniche granulometria 1,5 mm. Colore S5500-N Profilo gocciolatoio Cordolo di contenimento in CLS Pannelo isolante in EPS Ancoraggio parapetto Strato di armatura + Strato con rasatura di finitura con intonaco fine Gres porcellanato R12, Cotto d'este Bluestyle Blutech initura juta colore Antracite formato 30x60 Sp. 11mm Massetto P=1% Lattoneria in alluminio preverniciato SP 10/10 Cordolo di contenimento in 10.87.2 26.0 5.5 Pannelo isolante in EPS Strato di armatura + Strato con rasatura di finitura con intonaco fine P=0.5% Termolaterizio P700 Sp. cm 20 Solaio di nuova costruzione Massetto di pendenza in sabbia e cemento Barriera al vapore Guaina bituminosa Guaina bituminosa ardesiata bianca Cappotto in EPS Sp. cm 5 Rivestimento a base di resine acrilsilossaniche granulometria 1,5 mm. Colore S5500-N Scala: 1 : 10 WS1 - Dettaglio 2 Scala: 1 : 10 WS1 - Dettaglio 3
› ARCHIWORKS

ALPAC

Per rendere gli edifici altamente efficienti, garantendo il comfort nei locali interni, e perfettamente isolati a livello termico e acustico, lo studio Barreca & La Varra ha scelto le soluzioni di Alpac, azienda che segue i professionisti dalla prima formulazione del progetto alla posa in cantiere. In via Antegnati sono stati installati 1094 monoblocchi Spc, in particolare il modello con cassonetto per avvolgibile con tapparelle in alluminio motorizzate senza sottobancali. La soluzione è pensata per gestire il foro finestra in modo efficace e razionale, semplificando e velocizzando tutte le attività di cantiere per ottimizzare l’isolamento dell’involucro. www.alpac.it

Accanto, vista di una corte interna. Il rapporto tra gli edifici, le corti e il sistema del verde è stato uno dei temi affrontati dal progetto di architettura. Foto ©Carola Merello.

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› SOCIAL HOUSING
[ 137 ] IOARCH_107 › ARCHIWORKS
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ADYEN
La grande terrazza offre spazi di lavoro e di incontro per ospiti e collaboratori della società.

Per gli spazi esterni sono state scelte le poltrone Tribeca di

Design e i basamenti Elliot di Patrick Jouin. Tutto Pedrali. Foto ©VitoCorvasce.

LAVORARE IN UNA VILLA URBANA

PER LA SUA SEDE ITALIANA, LA PIATTAFORMA OLANDESE DI PAGAMENTI

ELETTRONICI ADYEN HA SCELTO UNA DELLE VILLE URBANE DI PORTA NUOVA

A MILANO. PROGETTO DI INTERNI DI COIMA IMAGE

Tra i numerosi elementi di novità del masterplan messo a punto da Kpf per lo sviluppo dell’area di Porta Nuova a Milano, le sei ville urbane di superficie tra 1.300 e 1.500 metri quadrati ciascuna, concepite come elemento di giunzione con il tessuto urbano esistente, rappresentavano una variante tipologica di rilievo. Progettate dallo studio M2P, vincitore di un concorso a inviti, fin dall’inizio a pianta libera e pensate per possibili frazionamenti e per differenti destinazioni d’uso – residenziale, misto o uffici – in questi anni quattro ville sono state adibite a uffici.

In una di queste, lo spazio è di circa 400 metri quadrati, si trova la sede italiana di Adyen. Lo spazio si sviluppa su tre livelli e, grazie al

progetto di interni sviluppato da Coima Image, offre ai collaboratori della piattaforma internazionale di pagamenti elettronici un ambiente di lavoro invidiabile: ricco di luce, dinamico con la scala leggera che collega i diversi livelli. E soprattutto con una grande terrazza esterna che sembra essere diventata il luogo di lavoro prediletto per i circa 50 collaboratori di Adyen. La serenità del luogo è data anche dalla posizione defilata e dal carattere residenziale delle ville, che la stecca uffici culminante nella sfaccettata torre ‘Diamante’ di Kohn Pedersen Fox separa dal traffico di viale della Liberazione. A differenza del residenziale, che generalmente viene consegnato ‘al rustico’, nel caso degli uffici si è reso necessario un importante la-

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SEDE ADYEN, MILANO CMP
ARCHIWORKS

voro preliminare per portare gli ambienti in ‘Cat-A’, dotandola degli impianti che corrono sotto i pavimenti sopraelevati, controsoffitti e illuminazione. Questi ultimi in particolare sono il risultato di un lavoro di squadra che ha coinvolto Profilsystem e Artemide per incorporare faretti planari ai quadrotti microforati del controsoffitto.

I pavimenti ispezionabili, in solfato di calcio ad elevate prestazioni antincendio, sono stati poi rivestiti con pavimentazioni in vinile Ege e Amtico fornite da Eco-Contract. Cardex ha fornito tutte le 30 postazioni di lavoro, mentre gli arredi di Pedrali – le poltrone Tribeca, i pouf e il sofà Buddy, i coffee table Circuit –conferiscono alla sede un’impronta di carattere alberghiero, rendendo ancora più confortevoli e rilassanti le ore dedicate alle attività lavorative quotidiane ■

COIMA Image

Fondata negli anni Ottanta da Alida Forte Catella – oggi Ceo – Coima Image è una società di progettazione architettonica, interior design e space planning la cui missione è creare ambienti e luoghi della massima qualità e sensibilità contestuale. Ogni progetto segue un processo collaborativo con il committente per eseguire lavori di qualità in termini di ricerca progettuale, analisi, esecuzione dettagliata, estetica, sostenibilità, user experience e rispetto dei costi e dei tempi di realizzazione. Con oltre 30 anni di storia e 25 professionisti, Coima Image vanta un lungo track record nella progettazione di uffici e residenze e nella progettazione architettonica integrata. https://coimaimage.it

In alto, i luminosi spazi di lavoro. A destra la scala interna che collega il primo e il secondo piano dell’edificio.

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ADYEN

Cardex è una società che opera da più di vent’anni nel campo del contract di arredo per l’ufficio, fondata dagli architetti Pietro Carullo e Paolo Della Salda. Insieme hanno dato vita ad una realtà dinamica nella quale la contaminazione di idee e persone ha generato un nuovo modo di progettare e vivere gli spazi. Cardex si affianca a studi di architettura e ingegneria, progettisti e aziende per fornire supporto in qualsiasi fase della progettazione e proponendo specifiche soluzioni d’arredo per ogni tipo di ufficio e spazio collettivo, indoor e outdoor. www.cardex.it

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CARDEX
ARCHIWORKS
Nella sala riunioni, il tavolo Toa di Pedrali, design Robin Rizzini. Foto ©VitoCorvasce.

CREDITI

Località Milano Porta Nuova

Committente Adyen

Architettura degli interni Coima Image

Team di progettazione Gianmarco

Bocchiola, Ines Bovone, Stefano

Verga, Claudia Borroni

General contractor Brusban Company

Contract arredi Cardex

Verde interno e esterno Sab green Controsoffitti Profylsistem

Illuminazione Artemide

Arredi di design Pedrali, Arper, Lapalma

Arredi operativi Luxy, Bralco

Phone boot Impact Acoustic Superficie 400 mq

Cronologia 2022-2023

Nella foto sopra, un ambiente quasi domestico arredato con poltroncine e sgabelli Babila in cucina, tavolini Circuit, divani Buddy nella zona living. Tutto Pedrali.

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ADYEN

Per il verde d’interno della sede di Adyen sono state utilizzate le soluzioni proposte da Sab green, azienda con esperienza ventennale nella gestione e costruzione del verde. L’idea della parete verticale parte dal logo aziendale posto al centro, intorno al quale è stata creata la trama di piante che arricchiscono e valorizzano sia il logo stesso, che l’ambiente circostante. Per gli spazi esterni Sab green ha inserito piante alternando caducifoglie con sempreverdi, dando forma e colore al susseguirsi delle stagioni. Sab green personalizza il verde restituendo importanza alle piante non solo come elementi d’arredo, ma come espressione di vita. Impegnati costantemente nella ricerca di soluzioni sostenibili, il team di Sab green accomuna tradizione e innovazione nel settore, occupandosi anche di Arboricoltura e Biolaghi. www.sabgreen.it

Gli uffici, articolati su più piani, offrono ambienti di lavoro aperti e chiusi e ampi spazi esterni che favoriscono la collaborazione.

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SAB GREEN
ARCHIWORKS

Il terrazzo affacciato sul lago di Mergozzo è rivestito con doghe di Ipè. I principali materiali di progetto sono l’alluminio, la pietra e il legno. Foto ©Fabio Oggero.

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› RESIDENZA

Alla muratura in poroton si accompagna un cappotto ai silicati di calcio, materiale che unisce isolamento e caratteristiche di biocompatibilità. Il materiale, leggero, resistente, traspirabile è un antimuffa naturale, idrorepellente e completamente riciclabile. Copertura e facciata nord sono rivestite da un manto di lastre di alluminio Prefa. Foto ©Fabio Oggero.

TRADIZIONE REINTERPRETATA

UN’ARCHITETTURA EQUILIBRATA E RISPETTOSA DELL’AMBIENTE CHE, ATTRAVERSO

UN’INTERPRETAZIONE EMPATICA DEL SENSO DEI LUOGHI, CONTRIBUISCE A DEFINIRE

UNO SPAZIO DOVE VIVERE

PIENAMENTE LA NATURA. PROGETTO DI ELENA BERTINOTTI

Le relazioni con il contesto, il bosco, il lago, le architetture degli anni Sessanta diffuse tra gli edifici prospicienti il lago di Mergozzo e la volontà di mantenere vivo il ricordo della preesistente casa prefabbricata in legno: sono questi i temi all’interno dei quali si è mosso il progetto di ristrutturazione firmato da Elena Bertinotti.

Alcuni elementi della tradizione costruttiva locale come il tetto a falda, le facciate in legno, i muri in pietra sono stati rivisitati in chiave contemporanea.

Sul fronte nord, in continuità cromatica con i tronchi degli alberi che circondano l’edificio, l’architettura, compatta ed ermetica, è in lastre

di alluminio Prefa di colore scuro che rivestono anche la copertura e che sembrano cambiare colore in base alla luce del sole.

Sul fronte sud un muro in pietra a vista, realizzato con materiali provenienti dagli scavi della roccia di cantiere e dalla demolizione di vecchie cascine, si confronta con i terrazzamenti della zona.

La costruzione si protende verso il lago con un terrazzo in legno, rivestito con doghe di Ipè e con una gronda in aggetto studiata secondo i principi della bioclimatica per bloccare il passaggio dei raggi solari in estate e favorire il guadagno solare nei mesi più freddi. La superficie del lago si rispecchia sulla fac-

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RESIDENZA, LAGO DI MERGOZZO
› ARCHIWORKS

Elena Bertinotti

Dopo aver fondato lo studio DA-A-Architetti insieme ad Anna Chiara Morandi e Paolo Citterio, dal 2014 l’attività professionale di Elena Bertinotti si è spostata a Mergozzo dando continuità alla progettazione ambientale con enti e amministrazioni pubbliche e alla progettazione architettonica per insediamenti turistici e residenziali. La filosofia dello studio si fonda su tre principi: costruire in modo funzionale, sostenibile e al contempo sensoriale. Un forte senso di responsabilità nel rapporto con l’ambiente e il paesaggio è il concetto base di un lavoro finalizzato al recupero e alla realizzazione di strutture abitative sostenibili dal punto di vista economico, sociale e ambientale. www.elenabertinotti.it

ciata sud in legno dove i listelli di larice locale sono posati con diverse larghezze e profondità. Altro materiale che caratterizza l’abitazione è l’intonaco di colore chiaro, elemento di finitura del cappotto di isolamento termico realizzato con pannelli ai silicati di calcio, un materiale naturale, traspirante, riciclabile.

Costruita secondo i principi della bioclimatica e con materiali ecosostenibili, l’abitazione è in classe energetica A4, con un impianto con un sistema in pompa di calore collegato a un circuito radiante a pavimento. L’impianto fotovoltaico di 6 kW è collegato a un accumulatore e consente di avere una casa a consumo e inquinamento molto ridotto ■

CREDITI

Località lago di Mergozzo

Committente privato

Progetto architettonico Elena Bertinotti

Progetto strutture Studio di ingegneria E. Bertinotti

Progetto impianti Francesco Ollio

Impresa di costruzioni Edilrestauri

Cappotto ai silicati di calcio e intonaco a calce Roefix

Rivestimento in lastre di alluminio Prefa

Serramenti Metra

Pavimenti e scala Listone Giordano

Legno Ipè Déco

Superficie 91 mq (abitazione), 70 mq (spazi accessori)

L’architettura rispetta il naturale pendio del terreno. Negli interni la zona giorno si connota per la vasta apertura sul lago e per la boiserie in listelli di rovere. Foto ©Fabio Oggero.

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› RESIDENZA

Verso nord l’abitazione si presenta con un fronte compatto e chiuso, costituito da una facciata rivestita in alluminio Prefa colore marrone P.10. La sua particolare colorazione scura sembra cambiare tonalità a ogni ora del giorno passando dal nero del mattino al marrone della sera. Il rivestimento per facciata e copertura si inserisce nelle scelte ecosostenibili condotte da Elena Bertinotti, in quanto prodotto con alluminio secondario proveniente da riciclato e a sua volta riciclabile al 100%. L’alluminio è, inoltre, leggero, duraturo e resistente, praticamente esente da manutenzione. Il nastro in alluminio scelto nel colore marrone P.10, con le sue diverse larghezze disegna una texture originale che richiama in maniera speculare le doghe in legno che rivestono la facciata verso il lago.

www.prefa.it

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› ARCHIWORKS
PREFA

IL DESIGNER DEI DUE MONDI

ALLA LAUREA IN ARCHITETTURA HA AGGIUNTO UN MASTER IN BUSINESS ADMINISTRATION CONSEGUITO NEGLI USA, DOVE VIVE E LAVORA. PARLA TRE LINGUE COME SE FOSSERO LA SUA E CONOSCE IN PROFONDITÀ IL MERCATO EUROPEO E QUELLO AMERICANO. INSIEME A FORMA E FUNZIONE, CON I PRODOTTI CHE DISEGNA L’ARGENTINO DANIEL GERMANI PORTA VALORE ALLE AZIENDE CON CUI LAVORA

Ci incontriamo a Palazzo Parigi, sua residenza abituale quando è a Milano, in un caldo pomeriggio di luglio, ma non così caldo come a Phoenix, dove abita e ha il suo studio. Daniel Germani è in Italia per le tesi dei suoi studenti dello Ied, dove insegna da quattro anni, e per valutare i progetti di Let’s Design, il concorso di Cosentino del quale è presidente di giuria.

Con l’Italia hai una lunga frequentazione. Quando ci venni per la prima volta avevo sette anni. Mio papà era un dirigente dell’Ibm e si trasferì alla sede di Milano. Abitavamo a Monza, in una bella palazzina di fronte al Parco. È stato un periodo felice.

Poi ci sei tornato

Sì, mille volte, l’Italia è il mio secondo Paese. La prima volta a Roma, subito dopo la laurea in architettura presa a Buenos Aires. Lo studio dove lavoravo aveva una sede incredibile

a Palazzo Grazioli: marmi, soffitti affrescati, poltrone Chesterfield originali. Una cosa fantastica, come la città, che mi incantava.

Perché non sei rimasto?

Perché se penso a casa penso all’America. Anche se il mio bisnonno, come la maggior parte degli argentini, era italiano, quello di là dall’oceano è il mio continente. E perché pensai che la laurea in architettura non bastava per essere competitivi, volevo conoscere meglio i meccanismi che regolano l’economia e così decisi di iscrivermi a un master in Business Administration. Andai negli Stati Uniti ovviamente, che sono i più bravi. E lì, dopo il master, decisi di metter su casa e studio.

Com’è, vivere e lavorare negli Stati Uniti? Mi piace perché tutto funziona ma dal punto di vista culturale è un mondo chiuso, in questo mi sento più europeo. Ma stare negli Stati

Laureato in architettura all’università di Buenos Aires, Daniel Germani guida l’omonimo studio di product design con sede a Phoenix, Arizona, dove vive. Docente di Industrial Design presso l’Istituto Europeo di Design di Milano, collabora con numerose aziende internazionali tra cui Cosentino, Gandía Blasco (di cui è stato direttore creativo), Riva 1920, Brunello Cucinelli. Negli Usa ha collaborato con CaesarStone e attualmente è direttore creativo di Danver e dei brand del gruppo Brown Jordan e Trex Outdoor Furniture. La filosofia dello studio, che ha vinto numerosi riconoscimenti, è semplice: “good design should always be honest and inspiring”.

www.danielgermani.com

Nelle foto, due interni in Pietra Kode, l’ultima collezione in pietra sinterizzata ultracompatta Dekton di Cosentino.

Uniti mi è servito moltissimo perché conoscere la mentalità americana, la sua scala gigante, le dimensioni del consumo è fondamentale per un imprenditore europeo. E poi c’è la differenza fondamentale: se non vende, là un prodotto non serve. Puoi anche disegnare il bicchiere più bello del mondo ma se non si vende non si fa. Questo i designer europei faticano a capirlo. Invece io non riesco a disegnare senza pensare all’aspetto commerciale.

Ecco, parliamo del tuo design

Proprio perché penso all’aspetto commerciale mi piace prima di tutto inventare prodotti che non c’erano. Disegnando cerco di capire cosa manca, la ‘necessità’ di un oggetto. Poi mi piace la materia, con le sue imperfezioni e i segni del tempo, e usarla sia a livello artigianale, come nelle ceramiche da tè Origen che ho fatto con le amiche Patricia Mezzadra e Carola Moris (MeMo Arquitectas), sia a livel-

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› DESIGN

lo industriale, per esempio con la collezione Industrial in Dekton di Cosentino.

Anche Pietra Kode parla di materia Certo, e parla di Italia e di quell’insieme di storia e cultura che in America manca. E poi parla di me, con il Travertino che mi ricorda i primi anni a Roma, la Pietra di Vicenza che ho potuto apprezzare lavorando a un progetto congiunto per Marmomac tra Grassi Pietre e Gandía Blasco, di cui ero direttore creativo. O di Milano, con la severità del Ceppo di Grè che vedo ogni volta che vengo qui.

Come è nata la relazione con Cosentino? Incontrai Paco Cosentino in America una decina di anni fa. In quel momento io lavoravo per CaesarStone. Visitai il campus di Almerìa ma non potevo lavorare con loro finché non avessi chiarito la mia relazione con Caesarstone, cosa che poi feci con soddisfazione per

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› INTERVISTA

Nelle foto, alcuni progetti sviluppati da Daniel Germani. Da sinistra e in senso orario: la collezione outdoor Solanas di Gandía Blasco, le ceramiche Origen con MeMo, il cabinet da bagno (aperto e chiuso) Kauri di Riva 1920 e la cucina da esterni Cosmo di Danver.

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› DESIGN

entrambi. In quel momento Cosentino stava lanciando il Dekton e ovviamente, tra un prodotto ormai consolidato come Silestone e la novità della pietra tecnica ultracompatta scelsi subito Dekton.

Prima parlavi di ‘invenzione’. Puoi farmi qualche esempio?

Ti parlo anche di relazioni, che nel mio lavoro sono fondamentali e da questo punto di vista lavorare con Cosentino è stato utilissimo. Sono nate molte collaborazioni, per esempio con Poliform con cui ho disegnato una cucina un po’ diversa usando il 4 mm di Dekton per il Pitt Cooking che allora si andava affermando e l’intero piano cucina. Un altro esempio è il cabinet da bagno Kauri con Riva 1920 e la rubinetteria di Fantini: un oggetto, sia pure costoso, che non esisteva.

Ti senti più architetto o designer?

Faccio solo product design ma nella relazione con la materia e la cultura rimango un architetto. Se ne avessi l’occasione mi dedicherei volentieri a un bel progetto di architettura. Forse in Messico, chissà, dove con Omet stiamo avviando un progetto – sempre di design – che esplora tecniche e materia antiche per portarle al mondo di oggi. Materiali del luogo, come la roccia vulcanica, da far lavorare agli artigiani del posto per realizzare collectibles ‘made by hand with soul’.

Gli architetti che ti hanno ispirato di più? Sai, sono nato in Argentina e quindi da piccolo ammiravo César Pelli prima di scoprire la poetica di Carlo Scarpa e di Tadao Ando. Ammiro l’organico latino-americano di Oscar Niemeyer e in generale gli architetti

che hanno saputo portare innovazione, da Frank Lloyd Wright con il suo avant-garde rivoluzionario per l’epoca a Zaha Hadid che ha piegato la tecnologia alle sue idee. Tra i contemporanei ammiro molto Lyndon Neri e Rossana Hu.

Consigli per un giovane che vuole intraprendere la carriera di designer?

Se è proprio quella la tua strada, allora comprendi il valore della parola. Non raccontare quello che vuoi fare ma fallo e usa la parola per dare un nome alle cose, senza inventare storie. Poi costruisci relazioni aiutando gli altri a farsi strada: se loro salgono sali anche tu. Se mi chiedi un nome io ti do subito il contatto: dovresti fare così anche tu, al contrario di molti che lavorano nel mondo del design ■

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› INTERVISTA

LA CUCINA È IL NUOVO LIVING

L’importanza della cucina nei progetti di interni è inversamente proporzionale alla pratica del cucinare. Persa la funzione utilitaria di confezionare pasti diurni e serali per la famiglia – ci si affida al delivery e per le cene importanti si chiama il personal chef – la cucina svolge oggi il ruolo di luogo conviviale e negli spazi confinati delle abitazioni di città sostituisce la sala da pranzo, senza soluzione di continuità con l’area living. Di conseguenza assume un ruolo sempre più importante nel progetto d’interni, e sfogliando i progetti provenienti da tutto il mondo raccolti in questo coffee table book di grande formato stupisce

ELEGANZA SENZA TEMPO

L’approccio di Antonio Citterio agli oggetti, scrive Stefano Casciani nel libro che ripercorre cinquant’anni di disegno industriale dell’architetto che l’anno scorso ha ricevuto il Compasso d’Oro alla carriera, «è sempre pianificato e l’eccezione, l’estro formale sono ammessi solo se e quando hanno un valore sufficiente a farli emergere nel quadro delle leggi quasi matematiche del mercato e delle pratiche industriali»

La loro forma, dunque, pensata in funzione dell’ergonomia e degli spazi in cui si possono collocare, è il risultato di un processo collettivo nel quale entrano in gioco gli uffici tecnici e commerciali, tanto che Citterio stesso spiega che «se c’è un filo rosso che racconta il mio

osservare, a cominciare dalla copertina, la varietà di stili ai quali, strenui sostenitori di un essenziale minimalismo, non siamo abituati. Si va dall’Arts & Crafts in salsa moderna a volumi scultorei che occupano l’intero ambiente a invisibili angoli cottura integrati nel soggiorno-pranzo.

Ne esce un panorama interessante proprio per la diversità dei progetti, quasi che, come il cibo, anche gli ambienti destinati alla sua preparazione siano i meno globali, rispecchiando anche negli interni, nei materiali e nel design usi, costumi e tradizioni differenti. Unificati solo dal frigorifero.

Kitchen Interiors

New spaces and designs for coking and dining

Gestalten, Berlino, 2023

pp. 256, En, 39,90 euro

ISBN 978-3-96704-120-0

lavoro, questo passa attraverso il team e il rapporto con le persone, dai collaboratori alle aziende per le quali ho disegnato e disegno tuttora»

Così sono nati gli oltre 600 progetti illustrati nel volume e raccolti enciclopedicamente nel regesto finale: dai primi divani, disegnati insieme a Antonio Nava, per B&B Italia alle importanti collaborazioni con Flexform, Arclinea, Vitra (in copertina, esplosa nei singoli componenti, la ID Chair del 2010), Flos, Axor, Technogym ai più recenti lavori con Cassina, Knoll e Boffi. Oggetti che, pensati con la sensibilità dell’architetto in funzione dello spazio che potranno occupare, hanno contribuito a rivoluzionare l’idea stessa di interni, dalle cucine oggi parte del living agli odierni ambienti di lavoro.

Scritto da Francesco Bonami, Francesca Picchi e Stefano Casciani e aperto da una testimonianza di Andrea Branzi, Antonio Citterio 50 anni di design è curato da Deyan Sudjic, già direttore del Design Museum di Londra.

Francesco Bonami, Stefano Casciani

Francesca Picchi, Deyan Sudjic

Silvana Editoriale, Milano, 2023

pp. 452, 900 ill, En, 70 euro

ISBN 978-88-366-5452-9

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Klismos by Knoll, 2022 Foto Federico Cedrone Antonio Citterio Foto Gianluca Di Ioia Antonio Citterio Design
› DESIGNCAFÈ

CUCINA 2023

elements

Soluzioni d’arredo custom convivono con costanti invenzioni tecnologiche. L’ambiente cucina progettato al millimetro nei più minuti particolari, si adatta a ogni stile e plasma ogni tipologia di interior design. La continua attività di ricerca e sviluppo delle aziende del settore permette di inserire in ambito domestico performance prima riservate al professionale.

DOIMO CUCINE

ALL-AROUND. Fa parte del catalogo All-arounD – Stories of Soul Design il progetto 5 minimal materico, con anta D23, ovvero di 23 mm di spessore. Nell’immagine, i frontali sono in laccato Crossed Carbone, il top in Abitum Metal Black che ricorda superfici ossidate, il piano snack ha il supporto in vetro fumé e i pensili sono in Synchroface rovere dogato Coriandolo. www.doimocucine.com

GAGGENAU

SERIE 400. I piani cottura componibili della Serie 400 ampliano ulteriormente le possibilità di scelta con le manopole di comando di derivazione professionale con ring illuminato, ora disponibili anche nella nuova finitura nera con rivestimento in fibra di carbonio.

www.gaggenau.it

GALILEO OMNICHEF. La linea di forni combina cottura tradizionale, a vapore e a microonde in sequenza o in contemporanea. Le tecnologie di cottura e gli approcci di preparazione vengono impostati tramite il display touch. Nell’immagine, il forno nella colorazione neptune grey, tonalità di grigio profondo e opaco.

www.smeg.it

FABER

BEAT XL. Dalle linee pulite ed essenziali, la cappa sospesa da 80 cm di forma ellittica disponibile nella colorazione black matt, è studiata per piani cottura più grandi di 60 cm o per isole molto estese. La cappa, dotata di comandi soft touch e di illuminazione a led, ha vinto il Red Dot Design Award 2023 nella categoria Product Design. www.faberspa.com

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SMEG

ATLAS PLAN

BOOST STONE IVORY. È ideale per l’isola della cucina, i backsplash e le ante, la proposta del brand di Atlas Concorde specializzato nella produzione di grandi lastre in grès porcellanato. Dalla tonalità calda del fondo bianco-avorio affiorano venature sottili e intrusioni granulari policromatiche. www.atlasplan.com

CASA

SUPEROVEN MODEL 1S. Dotato di un ampio e intuitivo pannello digitale in grado di attivare oltre 400 programmi, il forno offre prestazioni professionali permettendo di effettuare in modo semplice e immediato ogni tipo di cottura professionale anche in ambito domestico. Vincitore del Red Dot Design Award 2023. www.unoxcasa.com

INTARSIO. Il progetto nasce dalla rielaborazione dell’accostamento tra verticale e orizzontale delle ante: dove prima erano le venature del legno a creare lo schema geometrico, ora il protagonista è la lavorazione disegnata da Garcia Cumini con righe parallele in rilievo. www.cesar.it

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CESAR UNOX
elements Cucine

MODULNOVA

BLADE LAB. Elemento centrale del sistema disegnato da Carlo Presotto e Andrea Bassanello è l’isola in pietra Piasentina fiammata, impreziosita dalla lavorazione millerighe cui si accostano le colonne Blade Laccato Metal Ivory terra soffitto che delineano l’ambiente integrandosi nelle volumetrie dello spazio architettonico.

www.modulnova.it

FORME E STILE

Un’isola al centro, accompagnata da una vasta dispensa, organizza l’ambiente cucina rifinendolo attraverso le scelte materiche: rovere tabacco e grès porcellanato. La cucina, completata da alcuni dettagli come il forno sulla spalla della dispensa, nasce dall’integrazione di processi automatizzati e di tecniche artigianali di lavorazione del legno.

www.formeestile.it

ARREDO3

GLASS 2.0. Composizione con basi in vetro opaco nebbia su telaio in alluminio nero, top in Abitum Calacatta delicato, boiserie in impiallacciato Asia nude su struttura e mensole in alluminio nero, colonne in laccato opaco cotto, piano snack e supporto Tuttotondo in Asia nude. Ponte sull’isola Tuttotondo, gole e zoccoli in allumino nero.

www.arredo3.it

PRISMA

COOKING SUITE. Interamente realizzato in acciaio AISI 304, il progetto di Franco Driusso razionalizza la preparazione dei piatti e ridefinisce lo spazio di movimento in cucina grazie a funzioni, tecnologie, volumi e proporzioni studiati per rispondere alle esigenze della ristorazione.

www.prismaitalia.com

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SILESTONE BY COSENTINO

URBAN CRUSH. La collezione di superfici ibride di minerali e materiali riciclati introduce una nuova gamma di quattro colori neutri ispirati ai colori e alle texture della città dai dettagli riconoscibili che richiamano la pietra calcarea e l’arenaria. Nell’immagine, la tonalità grigia Concrete Pulse. www.cosentino.com

FANTIN

FRAME. Lanciata nel 2018 e da allora ampliata con molteplici integrazioni tipologiche, cromatiche e di dettaglio, la cucina workstation progettata da Salvatore Indriolo, art director del brand, si rinnova con il nuovo top in vetro acidato in tinta. La finitura restituisce una superficie satinata e morbida al tatto, facile da pulire e resistente.

www.fantin.com

ELICA

NIKOLATESLA UNPLUGGED. Il piano cottura si controlla attraverso manopole a scatto fisso, con touch & feel analogico, per avere accesso alle funzionalità in modo veloce ed intuitivo. Tutti gli elementi sono integrati in un’estetica dal carattere deciso, studiata da Fabrizio Crisà al servizio delle migliori performance di cottura e aspirazione.

www.elica.com

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elements Cucine

FRANKE

MYTHOS 2GETHER. Il nuovo piano si caratterizza per la superficie in vetro nero, il design intuitivo e la superficie facile da pulire. Dispone di nove livelli di calore e di un livello boost per una cottura veloce e controllata, oltre a quattro zone a induzione e due zone flessibili per pentole più grandi.

www.franke.com

HIMACS

LUCENT. Nel progetto di Stephanie

Thatenhorst per una residenza sul lago di Costanza è inserita l’isola, al centro della cucina, nella brillante tonalità Emerald della collezione Lucent, la cui traslucenza viene esaltata quando viene illuminata. Il bancone rappresenta una combinazione di artigianalità e libertà creativa offerta dal materiale composto da minerali e pigmenti acrilici e naturali.

www.lxhausys.com/eu-it

PROTEK

BIGFOOT TRASTEVERE. Il sistema brevettato è studiato per attrezzare un tavolo in grado di accogliere comodamente quattro commensali, grazie al suo piano a ribalta che scompare una volta terminato l’utilizzo, azzerando con un gesto l’ingombro a terra.

www.protek-controtelai.com

SIEMATIC

PURE. Il linguaggio minimalista della collezione mette in risalto i materiali e la loro lavorazione precisa fin nel più piccolo dettaglio. Nell’immagine, i frontali sono in grigio grafite laccato opaco con gole in metallo oro bronzato. Il piano di lavoro in pietra da 6.5 mm di spessore si accosta perfettamente con il piano snack in legno di rovere.

www.siematic.com

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Foto ©Markus Burkhardt

VALCUCINE

RICICLANTICA OUTLINE

L’apertura con gole taglia la superficie delle basi mettendo in evidenza la ricerca della massima dematerializzazione e facendo percepire la sottigliezza dell’anta di solo due millimetri di spessore. Design di Gabriele Centazzo.

www.valcucine.com

MARAZZI

THE TOP. Le grandi lastre di grès porcellanato da abbinare in continuità o a contrasto per realizzare top cucina, backsplash, tavoli, rivestimenti verticali o arredi sono ora proposte con quattro essenze di onici e sei nuovi effetti marmo. The Top è ora disponibile anche con Puro Marazzi Antibacterial, tecnologia che elimina fino al 99,9% di batteri. Nella foto, l’essenza Tafu.

www.marazzi.it

ERNESTOMEDA

SIGN. Il modello ideato da Giuseppe Bavuso è caratterizzato da una varietà straordinaria di strutture e innumerevoli alternative di scelta tra finiture e materiali che offrono infinite possibilità di personalizzazioni e combinazioni.

www.ernestomeda.com

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elements Cucine

SIEMENS

LINE IQ500 KB96NADD0. Il nuovo frigorifero extra capiente, progettato con il 45% di spazio in più rispetto agli standard, è curato in ogni dettaglio tecnologico e di design. Per esempio, la distribuzione ottimale dell’aria all’interno del vano frigo impedisce la formazione della brina.

www.siemens-home.bsh-group.com/it

ABIMIS

EGO. La cucina, progettata su misura per un’abitazione di campagna nei pressi di Varese, è realizzata in acciaio AISI 304, in una versione a isola che consente libertà visiva e di movimento. La scelta della finitura orbitata a mano, ‘calda’ e opaca, è ideale per ridurre la visibilità di graffi e impronte. www.abimis.com

VERY SIMPLE: KITCHEN

Il brand reinterpreta il concetto di cucina componibile, semplificandolo attraverso un approccio basato sull’utilizzo di componenti free standing. I moduli vengono combinati e accostati attraverso il configuratore online. Nell’immagine, una cucina verniciata nel colore panna standard con piano in cemento. Interior architecture by Sagaría. www.verysimplekitchen.com

LAPITEC

BIANCO ANGELICA. Con la sua base chiara e una varietà di tonalità nelle venature – oro, rosa, diverse sfumature di grigio – la cromia chiara è uno dei nuovi cinque colori a tutta massa 2023 del materiale di rivestimento per il mondo della cucina e per l’architettura, 100% naturale. www.lapitec.com

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Foto ©Matteo Bianchessi Foto ©Sara Magni

MARGRAF

SEQUOIA GREEN. Il marmo, materiale naturale particolarmente igienico e facile da pulire, acquisisce valore e personalità con il passare del tempo rendendo gli spazi unici e personalizzati. Nell’immagine, il marmo dal fondo bianco tendente al verde delicato che si caratterizza per le marcate venature di verde più scuro.

www.margraf.it

VENETA CUCINE

ICONICA - RI-FLEX. Il modello propone la rottura degli schemi compositivi classici attraverso l’assenza del profilo superiore sulle basi e l’utilizzo di un sistema di linee che si frammentano e creano un gioco visivo più articolato. Nella composizione, l’isola in frassino scuro di Iconica si unisce alle colonne in vetro di Ri-flex

www.venetacucine.com

LG ELECTRONICS

PIANI COTTURA. La parola chiave dei piani cottura della nuova collezione da incasso, disponibili sia nella versione a induzione sia a gas, è flessibilità. I piani a induzione, realizzati con la finitura in vetro nero Schott smussata sui quattro lati, hanno quattro piastre con zona flex doppia o singola.

www.lg.com/it

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elements Cucine

STORIE, RITMI, MOVIMENTI

È in corso fino al 28 gennaio 2024, al Museo di Santa Giulia di Brescia, la mostra – a cura di Melania Gazzotti – dedicata all’illustratore, fumettista e regista Lorenzo Mattotti (Brescia, 1954). I disegni di Mattotti, che vive e lavora a Parigi, appaiono su quotidiani e riviste di tutto il mondo, dal New Yorker a Le Monde e il Corriere della Sera, e suo è il manifesto ufficiale dell’80. Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia (con cui Mattotti collabora da sei anni).

Il percorso espositivo bresciano si concentra sui tre mondi che hanno maggiormente influenzato il suo lavoro – musica, cinema e danza – a cominciare dallo spazio dedicato al film d’animazione La famosa invasione degli orsi in Sicilia (2019), tratto dall’omonimo romanzo di Dino Buzzati. Questa sezione comprende altri estratti delle tante animazioni di Mattotti e i lavori legati agli interludi tra i tre episodi del film Eros (regie di Michelangelo Antonioni,

Steven Soderbergh e Wong Kar-wai), mentre il rapporto con la musica è testimoniato dalle illustrazioni raccolte nel libro di Lou Reed The Raven (2011) e dalle grandi tavole a china disegnate per la messa in scena dell’Hänsel e Gretel (2009) di Humperdinck all’Opera di Parigi. Infine, per raccontare il rapporto di Mattotti con il mondo della danza, sono esposti alcuni dei disegni raccolti nel libro Carneval (2005), frutto dell’esperienza dell’artista al carnevale di Rio de Janeiro, e tre grandi tele inedite, dipinte per la mostra bresciana e parte di un ciclo di opere sulle danze collettive.

Parte del palinsesto di Brescia Bergamo Capitale italiana della Cultura 2023, Lorenzo Mattotti. Storie, Ritmi, Movimenti è promossa da Fondazione Brescia Musei e dal Comune di Brescia ■

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I DISEGNI DI LORENZO MATTOTTI IN MOSTRA A BRESCIA In alto, Danze, 2022 Accanto, Manifesto per il festival Annecy Cinéma Italien, 2007.
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