Atlante Re-cycle / Oltre la smart city: progettare la augmented city

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Oltre la smart city: progettare la augmented city Maurizio Carta

Città intelligenti nell’Età dell’Antropocene Negli ultimi decenni l’urbanistica più innovativa – con progressivo incremento di esponenti – ha accettato la sfida di progettare città che consumano meno suolo, che diminuiscono le emissioni di gas serra, che non erodono le risorse naturali e culturali, che perseguono strategie più sensibili al contesto, integrate e soprattutto proattive rispetto ai Millennium Sustainable Development Goals. L’Età dell’Antropocene – con la sua impressionante impronta della presenza umana sul pianeta – oggi richiede un salto evolutivo dei nostri stili di vita per adattare rapidamente le forme insediative e produttive alla transizione verso l’economia decarbonizzata e per fornire una risposta progettuale al cambiamento climatico. L’impegno a “navigare nel buon Antropocene”1 ci chiama, come urbanisti e attivisti del paradigma del riciclo, a una nuova sfida: non solo ridurre l’impronta ecologica delle attività umane sul pianeta, ma anche utilizzare attivamente l’intelligenza collettiva che deriva dalle idee e dalla sensibilità umana nei confronti dell’ambiente, diffondendola a livello globale in una rinnovata ecologia integrale che diventa protocolli progettuali e dispositivi urbani. Oggi le tensioni anti-urbane, il dibattito urbanistico più sensibile e una rinnovata etica della responsabilità politica ci chiedono di essere più creativi nell’uso delle risorse naturali e culturali, più intelligenti nelle politiche economiche, più aperti nella governance, più efficienti nel settore dei trasporti e più resilienti negli stili di vita: autosufficienza, circolarità, condivisione e riciclo sono le chiavi principali di una rinnovata visione di futuro. E le città nella società della conoscenza diffusa devono essere progettate come organismi vibranti di bisogni e risposte collaborative, di dati e di informazioni condivisi, di sensori e attuatori distribuiti, di azioni e reazioni del metabolismo. Diecimila anni fa la città è stata la migliore invenzione del genere umano, pensata per essere un “dispositivo di consenso” per l’evoluzione della comunità e l’innovazione delle idee, non solo un luogo sicuro o simbolico. Durante la millenaria evoluzione urbana il ruolo di miglioramento della città è stato costantemente supportato dalla tecnologia: prima meccanica, poi idraulica e a vapore, in seguito elettrica, oggi digitale. E la rivoluzione della Smart City, nata come un’innovazione dirompente, è diventata presto un tabù intoccabile2. Non è sufficiente, tuttavia, inserire la tecnologia dell’informazione in un corpo urbano tradizionale per migliorarne l’intelligenza e il mainstream trascura spesso quei processi spaziali, sociali e culturali che potrebbero veramente generare nuovo significato e rinnovato valore urbano3. La città è nata come il luogo migliore per vivere, non solo per la protezione da una natura ostile ma perché consente una vita di comunità che costruisce relazioni feconde, genera sinapsi fertili, produce nuove economie e accelera l’innovazione. Nella sua storia sociale dell’innovazione Steven Johnson4 analizza sette secoli di progresso scientifico e tecnologico per mostrare quali tipi di ambienti più di altri nutrono l’ingegno e la creatività. Egli ritiene che gran parte degli ambienti creativi – le città soprattutto – sono come le barriere coralline, brulicanti di diverse colonie di creatori che interagiscono tra di loro e si influenzano l’un l’altro, che cooperano e che ricicla-

1. Rockström J., Klum M. (eds.), Big World, Small Planet: Abundance within Planetary Boundaries, Yale University Press, Yale, 2015. 2. Townsend A.M., Smart Cities: Big Data, Civic Hackers, and the Quest for a New Utopia, W.W. Norton and Company, New York, 2013. 3. Greenfield A., Against the smart city, Do Projects, New York, 2013. 4. Johnson S., Where Good Ideas Come From: The Natural History of Innovation, Riverhead Books, New York, 2010.

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Lo Smart Planning Protocol è il protocollo su cui si basa l’intero sistema della Human Smart City. La Augmented City si alimenta di obiettivi di innovazione, competetività e coesione e agisce nell’ambito della procedure decisionali, all’interno delle strategie di sviluppo locale. I cicli di vita urbani non sono mai monoscalari, ma si articolano su più livelli (regionale, metropolitano, urbano, di quartiere) attingendo alla capacità di rete che la smartness urbana offre. I talenti e la creatività urbana, l’innovazione tecnologica e la cittadinanza attiva rappresentano i più straordinari strumenti per la riconfigurazione dei cicli urbani, come attivatori di reti, catalizzatori dei flussi e risposta collaborativa alle necessità che la città presenta.

Il Cityforming© protocol è un metodo incrementale di tattiche colonizzatrici, di conseguenti radicamenti consolidativi e di scenari di sviluppo che predilige un approccio da masterprogram strategico, animato non solo da una visione articolata nel tempo, ma anche l’adozione di un programma di interventi mirato alla nascita di un ecosistema urbano complesso. Cityforming© protocol prende spunto dagli studi di Lovelock (1979) sulla possibiltà di colonizzare il pianeta Marte: studiando il Pianeta Rosso, Lovelock si accorge che la complessità ecosistemica del pianeta Terra è basata sulla convivenza in equilibrio instabile e dinamico dei suoi elementi. La inefficace stabilità del masterplan regolativo nelle procedure di Cityforming© è sostituita dalla dinamica complessa del masterprogram.

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no. La chiave comune per l’evoluzione naturale e tecnologica è il bricolage: riciclare i pezzi di ricambio, prendendo un oggetto da un contesto e immettendolo in un altro. E gli ambienti più creativi sono quelli che creano una piattaforma per l’innovazione, che offrono il maggior numero di pezzi di ricambio, le risorse da riciclare, la materia prima da utilizzare. E la città è il posto migliore in cui questa miriade di innovazioni possano trovare le necessarie risorse tangibili/intangibili, purché in grado di recuperare la sua propensione per la creatività e l’intelligenza collettiva. Le città come potenti habitat creativi “sono piattaforme per aprire le porte all’adiacente possibile”5 e ogni nuova apertura all’innovazione urbana genera nuove idee da esplorare. Se le città sono nate e hanno resistito a tutte le proposte alternative, diventando la forma prevalente di insediamento umano, è grazie alla loro capacità di essere “re-cicliche”, generando continuamente piattaforme per l’innovazione, offrendo materiali riciclabili con cui costruire nuove relazioni, o luoghi semilavorati per completare il processo di transizione verso la post-carbon economy e la knowledge society. In una visione proattiva entro cui le città sapranno essere i nuovi “motori ecologici” dello sviluppo sostenibile6, contribuendo a una profonda innovazione degli habitat umani, dobbiamo recuperare il significato originale dell’urbanistica come “forza trasformativa per la transizione”7, un Re-cyclical Urbanism come progetto continuo di cicli interconnessi e ricorsivi di qualità e benessere, di creatività e di innovazione. Dobbiamo rafforzare la dimensione proiettiva del progetto di territorio come patto sociale, culturale e ambientale verso una nuova città che sconfigga l’anti-città. Paradigmi e strumenti della Augmented City La città intesa come luogo di valorizzazione della intelligenza collettiva dei suoi abitanti invoca un cambiamento di paradigma in grado di produrre un set di strumenti procedurali e operativi per coloro che vogliono accettare la sfida di ribaltare una visione sterile e poco innovativa. Abbiamo bisogno di definire un nuovo terreno di gioco per una visione alternativa più proficua, capace di rinnovare e potenziare il ruolo della città come piattaforma abilitante delle capacità umane, come acceleratore di empowerment e come moltiplicatore del capitale umano. Dobbiamo andare oltre la Smart City, convinti che abbia consumato la sua carica innovativa avvitandosi in un tecnicismo spinto. Propongo quindi il paradigma e i conseguenti strumenti della Augmented City, la città aumentata intesa come un dispositivo spaziale/culturale/sociale/ economico per migliorare la vita urbana contemporanea, individuale e collettiva, informale e istituzionale, generatrice di benessere e felicità. Se ormai viviamo e agiamo in una realtà aumentata in modo permanente da dispositivi hard e soft, le città devono essere più sensibili e reattive ai nostri cambiamenti comportamentali. Dobbiamo essere in grado di costruire un ambiente urbano più efficiente, in grado di percepire quello che accade e di reagire tempestivamente per tutti gli abitanti, e non solo per alcune categorie privilegiate. L’attuale sfida per la pianificazione urbana è la definizione di uno spazio di incontro tra la dimensione naturale e quella artificiale: il miglior equilibrio tra urbano e rurale, tra agricoltura e residenza, tra produzione e consumo. Per migliorare gli strumenti – epistemologici, procedurali e operativi – di una rinnovata urbanistica propongo dieci concetti chiave in grado di rigenerare l’urbanistica e la pianificazione territoriale per progettare la città aumentata – in senso spaziale, sociale ed economico – di fronte alle sfide del XXI secolo8. Sono concetti/paradigmi che possono generare i veri antidoti contro una urbanistica esclusivamente regolativa e non generativa, troppo conformativa e non performativa, eccessivamente dirigista e non collaborativa. Ogni parola chiave definisce quindi un attributo specifico della

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5. Johnson S., Where Good Ideas Come From: The Natural History of Innovation, Riverhead Books, New York, 2010. 6. Owen D., Green Metropolis, Why Living Smaller, Living Closer, and Driving Less Are the Keys to Sustainability, Riverhead Books, New York, 2009. 7. UN-Habitat, Urbanization and Development: Emerging Futures. World Cities Report 2016, Nairobi, 2016. 8. European Climate Foundation, Roadmap 2050. A practical guide to a prosperous, low-carbon Europe, ECF, Den Haag, 2010.


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9. Carta M., “Smart Planning and Intelligent Cities: A New Cambrian Explosion”. In E. Riva Sanseverino, R. Riva Sanseverino, V. Vaccaro, G. Zizzo (eds.) Smart Rules for Smart Cities. Managing Efficient Cities in EuroMediterranean Countries, Springer, Cham (Zug, CH), 2014b. 10. Micelli S., Fare è innovare. Il nuovo lavoro artigiano, il Mulino, Bologna, 2016. 11. Rodin J., The Resilience Dividend: Being Strong in a World Where Things Go Wrong, PublicAffairs, New York, 2014.

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città in grado di aumentare la sua forza innovativa e creativa come piattaforma abilitante, server di conoscenza e sistema operativo dello sviluppo. Innanzitutto una Augmented City è “senziente” perché ha bisogno di nuove fonti, parametri e strumenti per rafforzare gli strumenti cognitivi, valutativi e attuativi di un’urbanistica sempre più basata sulla conoscenza istantanea e distribuita e capace di produrre soluzioni tempestive, efficaci, solide e orientate a uno scenario di cooperazione. È quindi anche “collaborativa” perché necessita dell’alleanza strutturale tra le dimensioni civica-tecnologica-urbana per agire efficacemente nella Sharing Society in cui viviamo, generando nuove forme dello spazio collettivo: luoghi di aggregazione e alloggi, infrastrutture sociali e luoghi del lavoro condivisi e quindi attivatori di un rinnovato patto di comunità che riattivi i fattori costitutivi della vita urbana. Una città aumentata è “intelligente” – e non solo “smart” – perché capace di generare un ecosistema abilitante basato sull’hardware fornito dalla qualità degli spazi urbani e sul software codificato dalla cittadinanza attiva, ma soprattutto dotato di un nuovo sistema operativo costituito da un’urbanistica e da un progetto urbano avanzati, capaci di rispondere alle mutate domande della contemporaneità. Uno dei primi esperimenti di un vero e proprio “urban OS” è stato sviluppato dallo Smart Planning Lab dell’Università degli Studi di Palermo9 come un protocollo di pianificazione avanzata per offrire ai decisori, ai pianificatori, ai gestori e ai cittadini diversi strumenti urbani multilivello, in grado di ripensare, riprogettare e vivere pienamente la smart city di quinta generazione, una città intelligente capace di generare nuovi valori e nuovo valore. La quarta parola chiave è “produttività” perché le città del futuro prossimo dovranno incentivare la territorializzazione dei makers all’interno di un nuovi distretti urbani creativi/produttivi per stimolare, agevolare e localizzare adeguatamente il ritorno della produzione nelle città, nelle forme delle nuove manifatture digitali10, per la ricostituzione di una indispensabile base economica delle città, dopo gli anni della euforia per la città dei servizi. Ma la città dovrà anche essere sempre più “creativa” attraverso l’uso integrato della cultura, della comunicazione e della cooperazione (le 3C della città creativa) come risorse per una città attiva in grado di generare una nuova forma e una diversa crescita fondate sull’identità, sulla qualità e sulla reputazione. Una città aumentata è “re-ciclica” e pertanto chiede una metamorfosi del paradigma basato non solo sulla riduzione, il riuso e il riciclo delle sue risorse materiali e immateriali, ma in grado di disegnare una nuova forma territoriale in grado di cogliere le opportunità del metabolismo circolare, inserendo anche il “riciclo programmato” tra le componenti del progetto. Una città aumentata è quindi “resiliente” perché accetta la sfida dell’adattamento come dispositivo progettuale per insediamenti iper-ciclici e autosufficienti capaci di combattere proattivamente il cambiamento climatico, producendo e distribuendo efficacemente il “dividendo della resilienza”11: non solo nuova moneta di scambio nella economia della transizione verso lo sviluppo decarbonizzato, ma anche strumento di una perequazione ecologica urbana. L’ottava parola chiave è la “fluidità” che chiede di ripensare la porosità e la liquidità urbana come paradigmi proiettivi per i progetti di rigenerazione urbana che traggano dall’acqua la loro carica identitaria, producendo nuove configurazioni spaziali a partire dal rinnovo dell’interfaccia città-porto non più come luogo-soglia ma come produttore di poderosa identità urbana. Nell’orizzonte metropolitano, in cui anche l’Italia sta procedendo con importanti aspettative e necessari miglioramenti, è la “reticolarità” che definisce il passaggio da un ecosistema tradizionale basato su un obsoleto modello gravitazionale verso un nuovo e più efficace modello aumentato,


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Il Cityforming© protocol applicato all’Hyper-cycling della Costa Sud di Palermo. Azioni colonizzatrici a bassa intensità di trasformazione e ad alta capacità rigeneratrice, capaci di innescare virtuosi effetti di reazione a catena e abilitare tattiche.

Il Cityforming© protocol applicato all’Hyper-cycling della Costa Sud di Palermo. Azioni di consolidamento a maggiore intensità trasformativa che agiscono sul radicamento dei processi avviati nella fase di colonizzazione e a supporto di un nuovo funzionamento metabolico dell’area attraverso l’attivazione di molteplici funzioni (hypercycling).

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12. Carta M., “Iper-strategie del riciclo: Cityforming© Protocol”, in Carta, M. e Lino, B. (a cura di), Urban Hyper-Metabolism, Aracne Internazionale, Roma, 2015.

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iper-metropolitano basato su un’armatura selettiva di super-organismi metropolitani e arcipelaghi territoriali in grado di rimodellare il sistema paese. Infine, una Augmented City è “strategica” perché assume l’integrazione delle componenti temporale, gestionale, collaborativa e adattiva come cruciali per rispondere alla necessità di un approccio multi-dominio e multi-attore, temporalmente orientato e indirizzato all’azione entro un modello di sviluppo meno consumatore e più produttore, in grado di attivare diversi cicli vitali per riattivare distretti, città e paesaggi, meno finanziario e più cooperativo, più metabolico e meno occasionale. Per rispondere a queste nuove sfide ho elaborato un protocollo di rigenerazione urbana, che ho chiamato Cityforming© Protocol12, basato su un metodo incrementale di tattiche colonizzatrici, di conseguenti radicamenti consolidativi e di scenari di sviluppo, prediligendo un approccio da masterprogram strategico piuttosto che un velleitario masterplan istantaneo, spesso inefficace e inattuabile in condizioni territoriali sempre più deboli e fluide. La Augmented City deve agire come una innovazione dirompente – e ricostruttiva – per la pianificazione e la gestione urbana non accontentandosi di essere una nuova definizione tra le tante generate dalla bulimia lessicale in cui si trova la disciplina nel suo impegno di rinnovamento. Progettare la città aumentata richiede un cambiamento di paradigma e di strumenti che ricompongano le numerose evidenze empiriche della sua esistenza, le tracce di pratiche o esperimenti concreti in numerose città (raccontate in questo volume). Davanti all’emergere di numerose pratiche informali e tattiche, davanti al magma eruttivo dell’innovazione sociale applicata alla città, dobbiamo avere il coraggio di attuare un vero e proprio Reverse Urbanism, un processo di estrazione di conoscenza, progettazione e pianificazione dalle risorse urbane per il loro riutilizzo, riattivazione e riciclo loro in base alle informazioni estratte da un processo abduttivo che ricostruisce strategie, norme, regole e progetto per la Augmented City. Ma soprattutto sentiamo l’impegno di una continua sperimentazione delle declinazioni spaziali, sociali, culturali ed economiche della Human Smart City nelle sue diverse declinazioni, perché sia in grado di aumentare l’intelligenza collettiva dei suoi abitanti, l’intelligenza spaziale delle sue forme d’insediamento e l’intelligenza produttiva del suo modello di sviluppo. La Augmented City pretende quindi di percorrere la sfida del progetto.


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