READER'S BENCH magazine - aprile 2015

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24 aprile 2015

IL MAGAZINE DI RB CAMBIA VESTE, DICCI LA TUA! http://www.readers-bench.com/

READER’S BENCH magazine



SOMMARIO aprile 2015

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I resilienti

di Clara Raimondi

7 Intervista a Salvatore Giommarresi, cover artist del numero di Clara Raimondi

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25 Aprile a Corridonia di Martina Nasato

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Reader’s kitchen di Clara Raimondi

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Penny Dreadful

di Simone di Biasio

di Diego Rosato

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Young writers

di Danylu Louliette Kazhan

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di Clara Raimondi

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Intervista a Claudio Volpe

di Daniele Campanari

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Speciale Dossier

12 Attenti ai film giurassici Intervista a Loredana Lipparini

di Zeropregi

Conoscere l’Isis che abbiamo creato anche noi

I ragazzi e la scuola

di Francesca Cerutti

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Sam Zabel e la penna magica

a cura di Diego Rosato

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di Claudio Volpe

di Clara Raimondi

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Io & Dacia di Claudio Volpe

E su http://www.readersbench.com/

Intervista a Francesca Pansa 52

Oltre l’expo

di Emanuela Ciacci

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La Germania affosserà l’Europa di Simone di Biasio

READER' BENCH: TUTTO IL MONDO DEI LIBRI SU UNA PANCHINA


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Novità Manga 2015 di Jessica Marchionne

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Little Readers di Clara Raimondi

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Intervista a Gian luca Campagna di Daniele Campanari

Direttore editoriale: Clara Raimondi Direttore responsabile: Simone di Biasio Vicedirettore: Diego Rosato Editorial designer: Veronica di Biasio Ufficio Stampa: Sara e Elena ufficiostampa@readers-bench.com Segretaria di redazione: Cristina Monteleone Cover Artist: Salvatore Giommaresi Redazione: Emanuela Ciacci Marcello D’Onofrio Claudio Turetta Rocco Alessandro Mattei Nicoletta Tul Daniele Campanari Claudio Volpe Alessia Spinella Mattia Galliani Danylù Louliette Kazham Valentina Di Martino Jessica Marchionne Claudia Peduzzi Chiara Silva Si ringraziano: Martina Nasato Francesca Cerutti Loredana Lipperini Francesca Pansa Monica Coppola Zeropregi Gianluca Campagna READER’S BENCH: TUTTO IL MONDO DEI LIBRI SU UNA PANCHINA - Blog Letterario

Reader’s Bench è una rivista culturale senza scopo di lucro, pertanto non rappresenta una testa giornalistica in quanto i contenuti vengono aggiornati senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n.62 del 07/03/2001. Reader’s Bench is licensed under a Creative Commons. Attribuzione- Non commerciale- Non opere derivate 3.0- Unported License. Note Legali:


dicono della cover marzo 2014

I RESILIENTI Clara Raimondi

I

Resilienti sono eroi silenziosi, vivono con noi e magari ce n’è uno proprio seduto accanto alla nostra scrivania. E proprio tu che mi leggi potresti essere un resiliente … Una persona dotata di una forza straordinaria che, nonostante le ferite, è ancora in piedi, pronta a combattere e a riprendere in mano la sua vita. E’ vero gliene sono capitate tante e negli anni sembra che gli insuccessi si siano moltiplicati, eppure un resiliente non si considera una vittima. Un vero resiliente, combattente se volete, utilizza al meglio le proprie energie. Le sue risorse vengono utilizzate per un bene più grande, un progetto fondamentale: la vita. Resilire, dal latino rimbalzare, in fisica indica la proprietà dei materiali di riprendere la forma originaria dopo aver subito un colpo. Ed è questa la sua straordinaria capacità: resistere e trovare, dopo un momento difficile, nuove energie ed una vitalità eccezionale. Un potere straordinario ma non eccezionale che, anzi, può risiedere in ognuno di noi. Io stessa sono una resiliente e anche Reader’s Ben-

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ch lo è, ed oggi che è di nuovo online sembra quasi un miracolo. Eppure siamo ancora qua e siamo soddisfatti di poter gridare al mondo: ce l’abbiamo fatta! Che siate tutti resilienti o meno, Reader’s Bench, vi aspetta. Sulla panchina, come al solito, troverete tanti spunti per le vostre letture. Interviste, recensioni, approfondimenti per la rivista letteraria digitali numero uno in Italia e pronta ad essere letta sul pc, sul tablet e sul tuo smartphone. Io vi aspetto sulla panchina su www.readers-bench.com e sul nuovo sito di RB Media, l’agenzia di comunicazione che è nata dall’esperienza maturata sulla panchina. Buona lettura! Questo numero è dedicato alla redazione di Reader’s Bench, alla mia famiglia, a Giuseppe e alla mia Prof. Scrivetemi a clararaimondi@readers-bench.com. Vi aspetto

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SALVATORE

GIOMMARRESI Cover artist di

APRILE a cura di Clara Raimondi

«Ho un gemello… no seriamente, è un lavoro di privazione, lo faccio con passione e non mi pesa affatto»

Ciao Salvatore, ti va di farti conoscere ai nostri lettori? Ciao Clara, Sono un freelance fumettista ed illustratore. Realizzo corsi di fumetto per associazioni e workshop tematici per alcuni festival, Sono editor della small press LÖK ZINE , gestisco la parte fumetto/illustrazione dell’ I.TA.CA’. festival del turismo responsabile … direi che al momento possa bastare. Come è iniziato questo lavoro? Il giorno in cui ho deciso che doveva esserlo, non bastava sognarlo dovevo proprio farlo. So che sembra una frase banale ma molte volte ci si lascia andare al sogno senza pensare a concretizzarlo.. Così: detto, fatto? Noooo, da quel momento passarono degli anni prima di poterlo chiamare lavoro. Ad ogni modo credo sia stata una transizione graduale, ad un certo punto non era più unpassatem-


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po, visto che lo assorbiva tutto.. Saluti da Oakville è il tuo blog. La porta attraverso la quale possiamo entrare nel tuo mondo. Ti va di parlarci di questo progetto? Saluti da Oakville è il mio blog storico, ho cominciato da lì, poi sono arrivato a tutti gli altri social network ma prima era un luogo dove sperimentavo e condividevo i miei post in totale libertà. Lo aggiorno ancora adesso, anche se metto contenuti più selezionati e di maggior rilievo. Omonimamente è anche il titolo di un progetto che sta decantando da un pò di tempo, forse è il caso di farci un pensierino... Che cosa ti influenza e come nascono i tuoi personaggi e le tue storie? Parte tutto dal vissuto e dal mio tacquino dove annoto gelosamente tutto, che è un insieme di pagine con disegni abbozzati, piccole frasi, parole o anche stralci di giornale; un qualcosa che somiglia molto a roba partorita da persone mentalmente instabili. Ma magicamente quando le sfoglio riesco a connettere alcuni punti, un pò come se la storia si nascondesse dietro quei piccoli indizi che io stesso raccolgo nel tempo. Come è nata l’idea per questa cover? Da cosa ti sei fatto ispirare? Mi sono lasciato trasportare dal senso di protezione che ho per il libri ( intendo proprio il feticcio per il libro fisico, la copertina il sentirne l’odore della carta e dell’inchiostro ecc..), inizialmente ho realizzato qualcosa di semplice poi ho pensato che potevo trovare un altro punto di vista. Volevo raccontare il momento “magico” in cui suona un carillon e tutto si ferma e rendere la panchina con annessa cassettina freebook un piccolo gioiello che risplendeva in una caotica foresta. Sei impegnato in tantissime iniziative: corsi, iniziative editoriali ed intervistato in lungo e in largo per il mondo. Svelaci che cosa stai combinando e come riesci a far tutto? 8

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Ho un gemello… no seriamente, è un lavoro di privazione, lo faccio con passione e non mi pesa affatto ma spesso accade che io non veda il weekend come quel bell’insieme di un paio di giorni liberi... Ovviamente Il tempo è uguale per tutti, diciamo che delegando e facendo poi le ore piccole, si riesce a far tutto. Al momento sono di ritorno da una residenza artistica, un’esperienza molto stimolante, che chiedeva ad alcuni artisti realizzare delle illustrazioni sul tema sogno. Sto anche preparando del materiale per la mostra che si terrà al Napolicomicon dedicata alle riviste icona del fumetto italiano, nel mio piccolo ho deciso di omaggiare la rivista Fuego. Contemporaneamente sto lavorando ad un volumetto contenente le storie di Peanutman e ad una serie di altri progetti dei quali non posso ancora dire nulla...

steranno poche pagine per conquistare altri lettori. L’altro libro, è un libro illustrato uscito in occasione della fiera del libro per ragazzi di Bologna: Storie di Dulcinea di Jacopo Oliveri e Francesco gallo. Un libro che ribalta il punto di vista del lettore sottolineando una figura molto importante nel Don Chisciotte, Dulcinea appunto, Il libro ha però la delicatezza di affrontare il tema della disabilità motoria. Devo ammetterlo, per quest’ultimo sono forse un pò di parte conoscendo personalmente uno degli autori, ma senza nulla togliere al loro operato, ritengo che il progetto sia ambizioso e meritevole di attenzione. Per concludere vi segnalo il blog di Salvatore Giommarresi Saluti da Oakville.

E poi concludo con la domanda delle domande: che cosa stai leggendo in questo momento? Te la senti di consigliarci la prossima lettura? Devo andare sul classico:un libro unico (anche perchè l’autrice scrisse solo questo), un libro che mi hanno appena regalato nella sua nuova veste, un libro che forse in questo periodo sarebbe bene regalare ad ogni ragazzino e non solo: Il buio oltre la siepe di Harper Lee. Non credo serva un commento, so già che ba-

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25 APRILE A

CORRIDONIA

a cura di Martina Nasato

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orna anche quest’anno, alla sua quinta edizione, la Festa della Liberazione a Corridonia (MC), organizzata dall’associazione culturale Sciarada in collaborazione con l’ANPI cittadina. Testimonianza e memoria si intrecciano con performance artistiche e concerti, quest’anno interamente presso lo spazio della SOMS (Società Operaia di Mutuo Soccorso). Come ogni anno, anche per questa edizione gli organizzatori hanno scelto un tema specifico, attorno a cui costruire l’evento: il titolo sarà infatti “Non sono razzista E”, in contrapposizione all’ipocrita e fastidiosa frase “non sono razzista ma…” che troppo spesso si sente dire. L’idea, spiegano i ragazzi e le ragazze di Sciarada sul loro blog (http://sciaradacorridonia.blogspot.it/), è quella di “esprimere un antirazzismo collettivo come forma estrema di resistenza”. Si inizia la sera di Giovedì 23 Aprile: alle 21:15 la proiezione di “Young Syrian Lenses” - documentario che mostra la vita degli attivisti siriani di Halab News - a seguire incontro con i

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registi Ruben Lagattola e Filippo Biaginti. Alle 22.30 “Rajova Calling!”: testimonianza di David Bastioli, attivista a Kobane. Ricca e interessante la serata di Venerdì 24 Aprile: alle ore 19:00 si apre la mostra fotografica di Alessia Di Summa, dedicata al campo rom “Al Karama” di Latina; alle 19:30 aperitivo multietnico e installazione a cura di Sotto Radice. Seguiranno concerti e la notte sarà animata dal Dj-set di African Pigeon.

Arriviamo al cuore della festa, il giorno della Liberazione, Sabato 25 Aprile. Si comincia alle 15:30 al Municipio, dove è previsto il saluto dell’Anpi di Corridonia e, subito dopo, sarà inaugurata la mostra “Satira migrante - Vignette clandestine e grafica antirazzista” di Mauro Biani (vignettista de “Il Manifesto”). Alle 16:00 l’apertura di un’altra mostra fotografica dedicata a un campo rom, “Campo Rom Barra, Napoli” di Raffaele aka “Tylerdurdan”. A seguire, alle 16:30 “Bande meticce, partigiani di razza”, una conversazione con Matteo Petracci. Alle 17:30 si terrà un reading legato alla mostra fotografica sul campo rom “Al Karama” di latina, con testi di Martina Nasato. A seguire ancora tanta musica. Durante tutto il pomeriggio del 25 saranno organizzati e predisposti lo spazio bimbi, banchetti informativi di associazioni, mercatini, street art live painting, e… una merenda marchigiana! Vi aspettiamo alla SOMS, in Via Procaccini 50, Corridonia (MC).

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ATTENTI AI FILM GIURASSICI!

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sempre stagione di cinema e le uscite dei prossimi mesi lo confermano. Cominciamo con Maggio, di cui affascina Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte: storia di un ragazzino, Christopher, affetto dal morbo di Asperger, una forma di autismo che però lo rende estremamente intelligente. Un nuovo Rain Man sta per arrivare sul grande schermo? Maggio è anche moda, non solo perché è tempo di rifare il guardaroba in vista della stagione estiva, ma anche perché uscirà un documentario di Frederic Tcheng sulla maison Dior e l’arrivo, nel 2012, del nuovo direttore artistico Raf Simons. Dopo film come The September Issue e Il diavolo veste Prada, è chiaro che la moda al cinema piace non solo indossata, ma soprattutto raccontata, con tutte le sue follie e le sue contraddizioni. Segnatevi in agenda Dior and I. Tornando poi ai film da sfoggiare nelle conversazioni tra amici un po’ radical chic, colpisce molto, anche grazie a una curiosa locandina, il film Cake, di Daniel Barnz con Jennifer Aniston, una storia che parlerà di sofferenza

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a cura di Francesca Cerutti fisica e psicologica, una storia che molto probabilmente ci urterà con tematiche spesso fastidiose. Se invece, sempre a Maggio, preferite un bel reboot, allora possiamo optare per l’ultima fatica di George Miller, Mad Max: Fury Road, attesissimo soprattutto dagli amanti del genere apocalittico, distruzione, sofferenza e voglia di salvare il mondo. Ingredienti perfetti per un film da guardare in compagnia e sul quale chiacchierare allegramente davanti a una birra. Quali sono invece le novità previste per Giugno, inizio dell’estate? Nell’elenco dei film in uscita, salta subito all’occhio Fury, di David Ayer con Brad Pitt e Shia LaBeouf, ambientato durante la fine della seconda guerra mondiale. Una pellicola sulla quale possiamo fare anche del gossip da cinefili: doveva infatti uscire nelle sale a gennaio 2015, ma a quanto pare la casa che avrebbe dovuto distribuire il fim in Italia ha dichiarato falli-

mento, posticipando così l’uscita di Fury distribuito da Lucky Red. Due uomini, quattro donne e una mucca depressa è il titolo del nuovo film di Anna Di Francisca, opera estremamente curiosa, ambientata nella provincia spagnola. Tra un compositore italiano in crisi affettiva e creativa, e uno sgangherato coro polifonico, troveremo nel cast anche il bravissimo Neri Marcorè. Assolutamente da non perdere! Giugno 2015 sarà poi ricordato come il “mese giurassico”. Fan di Jurassic Park e delle zanzare immerse nell’ambra preparatevi: non sentite il ruggito del T-Rex? Il mondo perduto dei dinosauri ritorna con Jurassic World, diretto da Colin Trevorrow. Il parco è aperto. Siete pronti a visitarlo? Terminiamo quindi con Luglio: tra un’abbronzatura e l’altra preparatevi a vedere Annie, tratto dall’omonimo musical di Broadway, che narra la storia di una ragazzina adottata, la quale, dopo tante sfortune, incontrerà qualcuno che le cambierà radicalmente la vita. Regia di Will Gluck con Camron Diaz e Jamie Foxx. Dobbiamo preparare i fazzolettini?

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Prima che qualche lacrima inizi a scappare, facciamo un salto nel mondo dei veri duri: è in arrivo il quinto capitolo di Terminator dal titolo Terminator Genisys, protagonista sempre Arnold Schwarznegger, azione e scene apocalittiche assicurate: come farselo scappare? Se invece di una serata tra maschi avete in programma un’uscita con la fidanzata, potete tentare la carta Peter Pan, che piace sempre alle donzelle (la sottoscritta ne è un esempio): in arrivo Pan 3D con Hugh Jackman, un pieno di toni e ambientazioni fiabesche. Per gli amanti dell’Horror potete rinfrescare le vostre serate estive con i brividi del terrore di Poltergeist di Gil Kenan, remake dell’omonimo film del 1982 che era stato scritto e prodotto da Steven Spielberg: reggerà il confronto? Infine chiudiamo la carrellata di proposte con Pixels, regia di Chris Columbus, che vi porterà nel mondo dei videogames. Una dichiarazione di guerra costringerà il Presidente degli Stati Uniti a chiamare il suo amico d’infanzia Sam Brenner, campione di videogames negli anni 80: riuscirà un appassionato di videogiochi a salvare la terra? Tre mesi e film di ogni genere, li avete segnati in agenda? Spero proprio di sì. Alla prossima!

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INTERVISTA A

LOREDANA

LIPPERINI

LIBRI E RADIO FATTI GLI UNI PER L’ALTRA


intervista

a cura di Daniele Campanari

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oredana Lipperini ci avrebbe offerto un caffè, durante il trasloco dei libri andati, qualora avesse avuto la macchina dei chicchi funzionante. Lo avrebbe fatto mentre ci chiamava “angeli”. Ma noi eravamo felici per quell’opera di trasporto, solo felici e pronti per trovare il tempo delle scelte sulla lettura. Intanto ci ha aperto le porte di casa sua, anche se un po’ corte per farci passare centinaia di dattiloscritti tutti insieme. Loredana è autrice e conduttrice radiofonica. Allora citiamo già, per la ricerca sui motori, “Fahrenheit”, quell’involucro fatto di voci, fatto dalle voci della scrittura che si presentano ai microfoni della Radio Rai, madre di tutte. Lei, la signora Lipperini, ci parla anche di questo, ossia di come libri e radio “siano fatti gli uni per l’altra”. Libri e radio, un rapporto non semplice Perché? Penso anzi che siano fatti gli uni per l’altra. La radio permette, fra l’altro, la lettura ad alta voce, che è la modalità insieme antica e modernissima di condivisione di un testo, e che tuttora è indicata come metodo privilegiato per instradare alla lettura. Poi, i tempi della radio sono quelli dell’approfondimento: in altre parole, è possibile prendersi mezz’ora per parlare di un libro. Dove altro è possibile? Quanto bene (e male) fanno i concorsi letterari? Dipende. Alcuni, i più famosi, fanno bene alle vendite e di per sé non è un male. Altri lasciano il tempo che trovano, pochi sono addirittura truffaldini (se chiedono soldi per partecipare). Comunque sia, non sono il fine della scrittura, o non dovrebbero esserlo.

di lettori (ma anche di attivisti e di pensatori politici) siano proprio i social. Dal punto di vista della diffusione di notizie sono, comunque, importanti. Certo, se prima di scrivere uno status o un tweet si contasse fino a dieci, sarebbe meglio. Dal 2004 curi un blog nominato Lipperatura: quanta importanza hanno questi spazi aperti di condivisione? Oggi meno di un tempo, perché le discussioni ingenerate da un post si sviluppano comunque su Facebook. Restano importanti, però, per condividere pensieri complessi. Durante la tua carriera di scrittrice sei stata anche Lara Manni, pseudonimo con il quale hai pubblicato racconti fantasy. Perché non essere Loredana pure in quella veste? Per mettermi alla prova senza il peso del mio nome. Per verificare se un testo poteva piacere o non piacere in sé, senza che qualcuno lo amasse o detestasse perché mio. A proposito, Elena Ferrante al Premio Strega 2015 Spero che si voti il libro, non la persona. Dalla prima pubblicazione all’ultima: quanto e come è cambiata la Loredana donna e scrittrice? Moltissimo. Come dice la mia amica Michela Murgia, per chi cammina, gli orizzonti si spostano. Ed è giusto così.

Che rapporto hai con i Social Network? Duplice. Li frequento molto e li critico molto. A volte temo che una delle cause della diminuzione

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READER’S KITCHEN a cura di Clara Raimondi

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n altro numero di Reader’s Bench Magazine ed un altro appuntamento con la rubrica che da sempre abbina libri e cucina, la passione per il benessere e quella per la lettura: Reader’s Kitchen. La primavera ormai inoltrata ha dato una nuova rotta ai libri di cucina. Dimenticate i pranzi luculliani e i manicaretti delle feste. Adesso le ricette sono tutte light e sono un coadiuvante per ritrovare le forma ed affrontare con serenità la prova costume. Marco Bianchi, ricercatore, divulgatore e non per ultimo, volto televisivo, ha fatto del mangiar sano la sua bandiera. Autore di diversi manuali, torna in libreria con Io mi voglio bene. Gli indispensabili in cucina i mie alimenti del benessere e 300 idee per cucinarli (Mondadori, 394 pagg, 15,73 euro). Mangiare buono e sano non è una dovere ma è anche una

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cosa facilissima. Bianchi ne è convinto e a dimostrazione porta la sua personale esperienza di scienziato e gourmet. Da ricercatore ci informa su tutto quello che dovremmo sapere sui cibi. Sapevate che i nutrienti interagiscono con il nostro genoma? Queste e tante altre informazioni in un libro che non può non entrare nella libreria di ogni Reader. Ma Marco Bianchi non dimentica di essere anche un appassionato e correda il testo con tante, nuove ricette, più di 300 per servire in tavola ogni giorno buon cibo e tanta salute. 500 ricette vegane (In Castello, 288 pagine, 8,50 euro) è una raccolta completa ed esaustiva di idee per realizzare piatti gustosi per tutte le occasioni. Idee che riadattano piatti comuni alla dieta vegana ed altra create appositamente per una dieta sana e bilanciata. Filippo Ongaro torna in libreria

con Star bene davvero (Piemme, 206 pagg 13,81 euro). Dopo il successo della prima edizione del 2014, torna il guru del magiare bene e vivere sano. Ongaro sa quanto sia complessa la vita moderna tra stress e comportamenti sbagliati che non fanno altro che peggiorare la vita di tutti i giorni. Presi come siamo a rincorrere cose vane e fatue ci dimentichiamo del nostro benessere. E invece star bene dovrebbe essere l’obbiettivo primario della nostra vita. Filippo Ongaro indaga in modo approfondito sugli squilibri che governano la nostra vita. Una tipologia di disturbo che coinvolge il fisico ma anche la mente e le nostre emozioni che si cura non solo con l’alimentazione ma anche con l’esercizio ed il rilassamento. Un giusto equilibrio di componenti che si realizza in un programma pratico ed efficace.

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CONOSCERE L’ISIS CHE ABBIAMO CREATO ANCHE

NOI

a cura di Simone di Biasio

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«

Islamismo – Religione sanguinaria il cui detestabile fondatore volle che la sua legge fosse stabilita dal ferro e dal fuoco. Si percepisce la differenza tra questa religione di sangue e quella di Cristo che predicava solo la dolcezza: il clero, di conseguenza, ha stabilito i santi dogmi, facendo ricorso a ferro e fuoco». Molto prima di Charlie Hebdo. Prima degli attentati nei supermercati parigini. Tre secoli prima della strage delle Twin Towers, esattamente nel 1768, veniva dato alle stampe questo divertente “Piccolo trattato di umorismo” scritto dal filosofo Paul Heinrich Dietrich, materialista francese. Ora le continue minacce all’Europa (e a Roma) ci costringono quantomeno ad informarci su cosa vorrebbe “Il califfato del terrore” (Maurizio Molinari, Rizzoli, 2015): le nostre teste, ma decapitate o captate nell’Islam? L’autore del volume ha prodotto un instant book, ma riuscito davvero bene: Molinari è un inviato di guerra de “La Stampa”, non lancia dispacci dalla scrivania. Da questo libro non traspare un giudizio –uno,

soltanto una dedica iniziale: “A Vittorio Don Segre, che era solito dire: «Per comprendere il Medio Oriente, evitiamo le banalità»”. Bene, con queste premesse si può cominciare. Intanto ci si chiede il perchè di questa distruzione. «La religione islamica – spiega Molinari nel suo libro - divide il mondo in due sfere: la “Casa dell’Islam”, dove il territorio è controllato da musulmani e la sharia viene applicata, e la “Casa della guerra”, che include le zone sotto controllo altrui. (...)Il problema delle relazioni con gli sciiti nasce dal fatto che, quando Maometto scompare nel 632, non ha ancora designato un successore. La carenza di indicazioni su come nominarlo porta alla spaccatura, con i sunniti che cercano un erede che sia un buon amministratore e gli altri convinti di dover seguire la parentela di sangue: i seguaci di Abu Bakr [sunniti] e quelli di Ali [sciiti] si separano». Ancora oggi si può vedere «fermare una persona per strada e farle delle domande per verificare se è sunnita o sciita» perchè l’obiettivo è sterminare gli sciiti da parte dei sunniti che guidano il progetto dell’Is (o Isis), ovvero dello Stato Islamico. «Dalla dissoluzione nel 1924 dell’ultimo Califfato, quello ottomano, i Fratelli Musulmani, creati in Egitto da Hasan al-Banna, hanno sostenuto la necessità di ricostruirlo: gli stati arabi creati disegnando confini artificiali nello Sham (Levante), nell’He-

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giaz (Penisola arabica) e nel Maghreb (Nordafrica) sono stati vissuti come un’imposizione delle potenze coloniali per dividere e indebolire la umma. Questa convinzione è stata ereditata dai gruppi fondamentalisti salafiti ed è giunta fino a Osama Bin Laden e Abu Bakr al-Baghdadi». Chi è costui? Awwad Ibrahim Ali Muhammad al-Badri al-Samarrai, oggi leader dell’Isis meglio noto come al-Baghdadi, nel 2004 veniva considerato «un leader di non alto rango della rivolta sunnita contro gli americani. Viene incarcerato a Camp Bucca, nel Sud dell’Iraq, come civile e mantiene un profilo basso durante la detenzione, anche se è questo il periodo durante il quale si convince della necessità della jihad e crea il network di conoscenze utile a guidarla (almeno 17 dei 25 leader dello Stato Islamico che lo affiancano sono stati detenuti dagli americani, fra il 2004 e il 2011)». Il Califfo è dunque il «leader supremo, una sorta di viceré di Allah sulla Terra, vero e proprio successore di Maometto». Lo Stato Islamico che cos’è esattamente? «I suoi territori hanno confini mobili, si estendono per una superficie di almeno 250.000 chilometri quadrati – superiore a quella della Gran Bretagna -, e contano oltre 10 milioni di abi20

tanti. Le vite di queste persone, che risiedono in un’area che va dalla periferia di Aleppo a quella di Baghdad, sono nelle mani di Abu Bakr al-Baghdadi. (...) Lo Stato Islamico [Is] è un progetto politico di lungo termine e una minaccia per l’Europa. Frutto delle idee del predecessore di al-Baghdadi, al-Zarqawi, e proclamato “Califfato” il 29 giugno 2014, ha ridisegnato la geografia del Medio Oriente, cancellando i confini di Iraq e Siria prodotti dagli accordi di Sykes-Picot

del 1916, e si proietta contro gli Stati post-coloniali che sorgono all’interno della mappa di «Bilad al-Sham», la leggendaria nazione araba del Levante [Isis sta per ‘Stato Islamico dell’Iraq e del Levante’]». In ballo, com’è intuibile, vi sono ingenti ricchezze. «Con un tesoro liquido stimato dal governo di Baghdad in oltre 2 miliardi di dollari, lo Stato Islamico è il gruppo terroristico più ricco

del pianeta. Si sospetta che il suo maggiore finanziatore, fra il 2013 e il 2014, sia stato il Qatar», anche se «colpisce il fatto che entrambi i Paesi [c’è pure il Kuwait] siano stretti alleati degli Stati Uniti», che invece dovrebbero voler combattere l’estremismo islamico. Ad ogni modo «le fonti di approvvigionamento più

importanti sono la vendita di petrolio e il saccheggio di antichità». Come? «I trafficanti – precisa Molinari - si servono di mezzi di fortuna per raggiungere piccoli depositi situati nei pressi delle frontiere, ed è da queste case, tende o ruderi che partono tubi interrati che consentono di arrivare sul lato opposto del confine; qui sbucano in superficie dentro luoghi chiusi, nei quali si trovano gli acquirenti» che comprano a circa 40 dollari al barile. Un rapporto dell’Unesco, invece, documenta come le unità militari del Califfo, in Iraq e in Siria, «demoliscano luoghi vecchi di millenni

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considerandoli blasfemi, per poi vendere i resti sul mercato nero delle antichità». Ci ricorda nulla degli ultimi episodi? Di certo l’Occidente si domanda il perchè di tanta ferocia. Timothy Furnish, islamista dell’Università della Georgia, sostiene che le decapitazioni «si richiamano alle origini dell’Islam perché nella sura 47 del Corano è scritto: “Quando incontrate gli infedeli, colpite i loro colli”, e nella Sura 8:12 si legge: “Getterò il terrore nel cuore degli infedeli; levategli le teste e le punte delle dita”». Secondo Shanshank Joshi, inoltre, «la decapitazione sposta il focus del terrore dalla massa all’individuo». Il vero problema è che l’Is agisce oculatamente e «In aree segnate da guerra e distruzione, lo Stato Islamico punta ad avere un impatto positivo sui suoi nuovi cittadini, proiettando stabilità dopo il caos». Come in una squadra di calcio i “pulcini” dell’Isis vengono allevati sin da piccoli: è «il caso di Merwan Mohammed Hussein, un giovane curdo di 13 anni, che racconta così quanto ha attraversato: “Quando ci hanno preso, ci hanno chiuso dentro una moschea per farci pregare e poi portato dentro una scuola dove molti di noi sono stati percossi, appesi al soffitto e sottoposti a scosse elettriche, portandoci a

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immergerci nella visione dell’Islam dell’Isis fino a condividerla». Esiste persino un libro guida per le madri del buon jihadista, che incita tra l’altro a non vedere la tv «che corrompe occhi e orecchie» e a giocare a freccette per sviluppare una buona mira. «Abolite musica, arte e filosofia, cancellato ogni riferimentio alle nazioni di Siria e Iraq, nessun contatto maschi-femmine e interruzione obbligatoria delle lezioni in coincidenza con le preghiere: è la scuola modello jihad, ovve-

ro le direttive per il nuovo anno scolastico», mentre c’è il divieto di studiare la teoria darwiniana dell’evoluzione «perché la Terra è stata creata da Allah». Infine c’è il capitolo donne, tra le pagine più tenebrosamente luminose del libro. Questa la scelta per le detenute di Badush, prigione per donne: «possono convertirsi

all’Islam ed essere vendute come mogli ai jihadisti del Califfo – a un prezzo che va dai 25 ai 150 dollari -, ma se rifiutano vanno incontro a stupri quotidiani, che portano a una morte lenta». E poi ci sono i bordelli, peraltro gestiti da donne, ma di origine francese e britannica, che invitano a sottostare alle voglie dei combattenti. Esiste finanche un pamphlet del Califfato su come trattare i prigioneri e qui si specifica che «se la donna schiava è vergine, il rapporto può avvenire subito, se invece non lo è il suo utero dev’essere purificato». Eppure secondo il presidente egiziano Abdel al-Fattah al-Sisi «l’Islam ha bisogno di una rivo-

luzione religiosa per estirpare il pensiero assurdo di chi ritiene che 1,6 miliardi di musulmani possano portare morte e distruzione ai rimanenti 7 miliardi di abitanti del pianeta». Una speranza, unita alla conoscenza, ci salverà.

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YOUNG WRITERS a cura di Clara Raimondi

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intervista a

Monica Coppola

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oung Writers è la rubrica dedicata ai giovani scrittori. Ma voi Readers sapete che l’aggettivo giovane non ha alcuna connessione con la temporalità. E’ la parola più adatta ad indicare gli scrittori esordienti di tutte le età. Monica Coppola è una “giovane scrittrice”. Mamma, moglie e super lavoratrice si sta mettendo alla prova con il suo primo romanzo: Viola, Vertigini e Vaniglia, in libreria da maggio, edito dalla casa editrice Booksalad. Ho avuto l’opportunità di leggerlo in anteprima e l’ho trovato divertente e delicato. La protagonista è Viola, giovane donna di Torino, costretta a svolgere un lavoro di ripiego mentre accarezza l’idea di un sogno impossibile: diventare scrittrice. Attorno a lei si muove un impegnativo parentado dai nomi tutti floreali, zie caparbie e solerti, una cugina brillante e una madre che troppo spesso la fa sentire inadeguata. Aggiungeteci una migliore amica dal carattere scoppiettante di ritorno da New York e la ricetta è perfetta. La protagonista si trova a dover scegliere tra il voler fare e il dover fare. Il tutto condito da eventi grossolani, opportunità piene di danni collaterali, gaffe cosmiche, momenti di grande comicità e attimi di struggimento. Ma non voglio svelarvi troppo e passo la parola all’autrice…

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Ciao Monica! Benvenuta tra le pagine di Reader’s Bench Magazine. Ciao Clara e grazie per avermi ospitata nella tua rivista. Raccontami come è nata la tua passione per la scrittura… Ho sempre avuto la “penna facile” sin da bambina: passavo interi pomeriggi ad inventare storie e quando a scuola c’erano i temi consegnavo sempre un malloppo di fogli protocollo! La scrittura ha sempre fatto parte della mia quotidianità: racconti, favole, lettere, articoli per giornali locali. E se scovavo qualche concorso letterario coglievo la palla al balzo: ogni occasione era adatta per far scorrere fiumi di inchiostro. Dalla passione all’arrivo in libreria. Come si trasforma un sogno in realtà? Raccontaci la tua esperienza, i corsi e tutte le esperienze fatte. E’ stato un percorso lungo, a tratti faticoso, ma assolutamente stimolante. Diversi anni fa ho ideato una raccolta di racconti che avevano come filo conduttore il binomio donne & disordine. Il risultato finale era una sorta di manuale ironico sul caos femminile, che però non mi convinceva pienamente. Così ho sbirciato tra i corsi di scrittura e ne ho trovato uno della Scuola Holden che permetteva di lavorare sul proprio manoscritto, individualmente. E, lezione dopo lezione, la storia ha iniziato a srotolarsi e a prendere forma … Stesura dopo stesura sono passati quasi tre anni prima di arrivare al definitivo, anche perché avevo a disposizione solo le mie notti insonni e qualche weekend. Poi ho individuato un concorso importante, “Il mio esordio” indetto da Feltrinelli e Scuola Holden: una bella possibilità per mettersi in gioco e 24

fare uscire il manoscritto dal cassetto. Quello è stato il primo momento di svolta e anche di soddisfazione perché “Viola, vertigini e vaniglia” è arrivato in semifinale. L’entusiasmo è cresciuto come la determinazione verso il passo successivo: tentare la difficile scalata verso la pubblicazione. Per offrite visibilità al romanzo ho creato un blog ed ho iniziato ad utilizzare i social. Di pari passo selezionavo accuratamente alcuni editori in linea con lo stile del romanzo, tassativamente, non a pagamento. E quindi, uscita dall’ufficio, facevo la mia bella trafila tra copisterie e uffici postali tentando di rispettare le richieste “assortite” delMonica Coppola le case editrici (solo trenta righe, l’incipit e un estratto a tua scelta, i primi tre capitoli, solo la sinossi, ecc. ecc) e di non demordere. Nel frattempo rimaneggiavo il romanzo, frequentavo nuovi e stimolanti laboratori di scrittura creativa, tenevo d’occhio

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i concorsi e… la posta elettronica che però non dava mai la risposta sperata. E poi è arrivato il Salone del Libro dello scorso anno dove, girovagando tra gli stand, sono approdata alla Booksalad ed ho scoperto che il mio romanzo non solo era stato letto, ma aveva passato la “prima” selezione! Penso che non dimenticherò mai il sorriso di Anna Sophie, la direttrice editoriale, che mentre parlavo della storia mi diceva “Sì mi ricordo, è quello con la zia che non sa guidare!” Quello è stato il momento della “seconda svolta”. Quindici giorni dopo, a salone concluso, è arrivata la mail fatidica, quella che ogni aspirante scrittore aspetta con trepidazione: Viola, vertigini e vaniglia sarebbe entrato nel catalogo 2015 della Booksalad. E finalmente eccoci qui ad un passo dall’uscita e dalla presentazione al Salone del Libro, il 16 maggio a Torino, che è anche la mia Soffermiamoci per un attimo ancora sul rosa città e la città di Viola… che, in Italia, sta vivendo un momento d’oro. Come ti spieghi questo successo? Ecco parliamo proprio di Viola, Forse perché le donne italiane, sotto sotto, sono la tua protagonista, e di come è tutte un po’ romantiche? nata l’idea di questo romanzo… Viola era già nascosta tra le pagi- Il tuo blog è parte integrante non solo della prone del mio primo manoscritto, in- mozione di Viola, Vertigini e Vaniglia, ma anche sieme ad altri personaggi come ad del tuo percorso di scrittrice. Ti va di parlarcene? esempio, zia Gelsomina, una delle zie floreali, che ricopre il ruolo della “Giustiziera dal panno umido” o l’Affascinante, aitante latin lover dalle pupille bicolori e le bizzarre

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t-shirt, che Viola incontrerà durante un happy hour dagli esiti imprevedibili. Ma è stato solo scrivendo e riscrivendo che la mia protagonista è sbocciata davvero. Lentamente sono emersi alcuni tratti distintivi come la passione per i Peanuts e le All Star fucsia, la frangetta anarchica e anche alcuni aspetti del suo carattere, la gentilezza, l’umiltà, la voglia di rimettersi in gioco nonostante le difficoltà. Non volevo dei protagonisti inarrivabili, uomini e donne splendidi o in supercarriera. Viola è una ragazza “della porta accanto” ma con una determinazione straordinaria. Mi piaceva l’idea di un romanzo femminile, che sfiorasse appena i sentimenti e le emozioni quasi sottovoce, in modo delicato: l’amicizia prima di tutto ma anche i legami familiari e, ovviamente, anche l’amore. Silvia Comparin, la bravissima blogger di Readers’at Tiffany che ha curato l’introduzione di questo romanzo lo ha definito un romanzo viola per la profondità che nasconde tra le pagine: si parte dalle bollicine frizzanti tipiche del rosa e si procede in profondità verso una dimensione più intima che avvolge sia la protagonista, sia i personaggi che la circondano. Questa definizione mi è piaciuta moltissimo e trovo riassuma in pieno il senso della storia che, oltre al rosa, rivelerà diverse altre pennellate di colori.

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I social e l’editoria, tra qualche giorni terrò un workshop sull’argomento ma volevo sapere la tua sull’importanza di questi nuovi mezzi per la promozione di un libro? I social sono canali fondamentali da cui per mettersi in gioco, incuriosire, creare visibilità. E sono anche preziosi strumenti per mettersi alla prova: postare un racconto significa introdurlo virtualmente in migliaia di librerie di lettori sconosciuti che potranno leggerlo e dare il proprio giudizio. Per questo è molto importante curare stile ed editing di ciò che viene pubblicato.

Il blog è nato come un gioco, subito dopo il concorso, per continuare a tenere la penna in allenamento ma in modo più spontaneo rispetto alla creazione di un romanzo. Scrivere i post mi diverte tantissimo proprio per l’immediatezza della scrittura. Ci sono dei racconti, tutti inediti, che prendono spunto dalle tribolazioni quotidiane o dalle dis-avventure “ di una scrittrice esordiente” come recita il sotto titolo.. Ovviamente Viola ha il suo posto d’onore con la Mamma lavoratrice, moglie e scrittrice come sezione “A proposito di Viola” che contiene estrat- fai a conciliare tutto? ti recensioni e altre curiosità. Lottando come una forsennata contro il tempo! Ho due tecniche: o separo le cose, concentrandomi Il link è http://violavertiginievaniglia.blogspot.it/ su una per volta o, ne faccio diecimila tutte insieme. Dipende dalla giornata ;) Nel romanzo Viola non è solo un’aspirante scrittrice ma conosce il suo editore proprio nei giorni del Salone del libro. So che sarai protagonista di un evento… Sì sabato 16 maggio alle ore 21.00 al Salone del Libro di Torino, nella Sala Incubatore ci sarà la prima presentazione “ufficiale” del romanzo E’ un traguardo importante e non potevo sperare in un’atmosfera migliore per il debutto di Viola. La cosa incredibile è che la realtà si è davvero mescolata alle pagine della storia! Non posso svelarti i dettagli ma ti anticipo che sarà un incontro letterario pieno di sorprese, in pieno Viola style e anche con qualche gustoso backstage… Accanto a me ci sarà anche Anna Sophie Grashofer, direttore editoriale di Booksalad, Gessica Franco Carlevero insegnante di scrittura creativa e Maria Teresa di Mise, la graphic designer che ha ideato la copertina. L’intera filiera del libro insomma e non solo! Invito te e tutti gli amici che bazzicheranno per gli stand a venirci a trovare. La Booksalad sarà al padiglione 2, Stand G.106 26

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Reader’s Bench è sempre più social

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I RAGAZZI E LA SCUOLA a cura di Diego Rosato

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l Salone Internazionale del Libro di Torino per questo 2015 sembra orientato decisamente verso i più piccoli, ma non solo. Oltre alle presentazioni più svariate, alla serie incredibile di stand e agli eventi più o meno reclamizzati, non dimenticate di dare un’occhiata al programma del Bookstock Village! La scuola dovrebbe insegnare ai ragazzi il piacere della lettura e al Salone sembrano tutti decisi a puntare in quella direzione. Come? Per esempio con Crossover, un programma interamente dedicato al fumetto, con incontri con gli autori, eventi a tema e quant’altro riguardi la commistione tra parole e disegni.

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Se non vi sembra abbastanza, la manifestazione prevede anche due iniziative ben specifiche, una petizione per La buona lettura. Per leggere e fare ricerca nella scuola italiana come in Europa e il ciclo di incontri Scuola Maestra. Quest’anno, con ben 8 laboratori tematici per un totale di 233 attività previste, tra cui Nati per leggere, un premio con cicli di letture per i più piccoli, al Bookstock Village i più giovani prendono

posizione. Anche per lo spazio assegnato alla regione italiana ospite d’onore, che quest’anno sarà il Lazio, si prevedono iniziative in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e Politiche Giovanili, ma anche molto altro, perché Lazio vuol dire anche buona tavola, con gli eventi e gli aperitivi dell’ Arsial - Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio. Senza dimenticare la terza edizione

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della Casa Cookbook, l’area del Salone interamente dedicata al cibo. E, se i più piccoli e i più o meno giovani possono stare tranquilli, non mancheranno le sorprese per i più grandi, dato che quest’anno il paese ospite d’onore sarà la Germania, che porta con sé il prestigioso contributo della Buchmesse di Francoforte e del Goethe Institut. L’appuntamento per la XXVIII edizione dell’evento editoriale più importante del nostro Paese è per il periodo 14-18 Maggio, come sempre al Lingotto Fiere di Torino, come sempre con tanta passione per i libri, come sempre con Reader’s Bench al vostro fianco.

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INTERVISTA A

CLAUDIO VOLPE COME RAGGIUNGERE LA FELICITÀ

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a cura di Clara Raimondi

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laudio Volpe è una giovane promessa. Fin dal sul esordio con Il vuoto intorno è riuscito ad imporsi nel panorama italiano, sfiorando il Premio Strega. Il suo lavoro è poi continuato con Stringimi prima che arrivi la notte e con Raccontami l’amore, scritto a quattro mani con Paola Concia, sempre per Edizioni Anordest e sempre con quella voglia incessante di rappresentare le emozioni, tutte senza esclusioni. Adesso torna in libreria con Ricordami di essere felice (Edizioni Anordest) per la prima volta con una raccolta di racconti. Tra le pagine di Reader’s Bench Magazine, dopo aver letto di lui e del suo magico rapporto con Dacia Maraini e l’intervista a Francesca Pansa, è arrivato il momento per lui di presentarci questa sua ultima fatica, naturalmente, comodamente accomodato sulla vostra panchina. Claudio, come è nata l’idea di Ricordami di essere felice? E la scelta del racconto? L’idea è nata quasi per caso: avevo da parte una serie di racconti scritti durante questi anni e rileggendoli ho notato che ognuno di essi a suo modo rappresentava un’indagine circa il concetto di felicità. Cos’è la felicità? Come si raggiunge? Ha senso essere felici da soli? Ho deciso dunque di raccogliere tutti questi racconti e di farne un libro molto particolare, un insieme di voci e di personaggi che raccontano la loro storia senza vergognarsi del percorso compiuto per giungere a trovare la propria felicità. Cercheranno molto questi personaggi e alla fine comprendono che la felicità sta nella condivisione e nel sentirsi parte di un’umanità viva, complessa e pulsante. Il racconto è una forma letteraria con la quale ancora non avevo fatto i conti. È stato dunque molto stimolante potersi cimentare in questa impresa. Il racconto richiede una maggiore capacità di sintesi e di im-

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mediatezza. In poche pagine devi riuscire a ricostruire un mondo intero e dare credibilità ai personaggi. Questi racconti sono pensati come tante voci che si levano dal nulla per gridare il desiderio di essere felici. Il tuo Ricordami di essere felice è il palco che dà voce a tanti personaggi. Chi sono? Che cosa vogliono dirci? Come dicevo si tratta di tante storie diverse ma ognuna a suo modo proiettata verso la ricerca di una risposta alla domanda “cos’è la felicità?”. Non so se con questo libro sia riuscito a dare una risposta ma quello che mi premeva era formulare la domanda è pormi sulla via della ricerca. Ecco dunque che l’omosessuale, la prostituta, il pedofilo, il poeta sono tutti personaggi alla ricerca del proprio posto nel mondo. Posto che finiranno per trovare nell’altro, nella persona amata, nella forza trascinate di un’umanità desiderosa di essere amata. Ogni personaggio rivendica il diritto di essere ciò che è e di potersi cercare e scoprire. Ognuno di essi chiede solo rispetto per il proprio percorso di vita. Non hai mai avuto paura di raccontare i dolori e le trappole in cui la mente ci fa spesso cadere. Che cosa ti affascina della natura umana e quanto ti costa indagare sulla realtà? La scrittura per me è lotta contro la mediocrità e i soprusi che la vita può lanciarci addosso. Ho sempre visto la scrittura come uno degli strumenti principali per dare un contributo alla crescita sociale e civile di una società. Raccontare storie serve soprattutto a nutrire l’immaginazione e i sentimenti, a farci comprendere che il mondo è una realtà estremamente complessa dove le differenze e le mancanze di ognuno si sommano e diventano ricchezza. Mi piace pensare che scrivo per ricucire le ferite di un’umanità fratturata. In fondo, 32

ogni cosa da me scritta, è un’indagine attorno alla nostra natura di esseri umani. Della natura umana mi affascina tutto, dal peccato e la perversione alla meraviglia e alla capacità di amare. L’ambivalenza dell’essere umano è qualcosa che mi ha sempre affascinato perchè credo che in essa risieda il senso del nostro esistere. Io credo che la vita sia una cosa bellissima se non altro perchè essa è l’unica possibilità che ci è data per provare ad essere felici. Dopo potrebbe esserci il nulla, tutto potrebbe essere finito. Bisogna giocarsi al meglio la propria possibilità e correre il rischio di essere davvero felici. Il tuo è un mondo dalle tinte forti, ricco di contraddizioni, esiste, però la speranza di una salvezza? O è un desiderio vano? La salvezza esiste, è possibile reale. Sta nella persona che amiamo, nella nostra passione, in ciò che ci dà la forza di andare avanti con gioia. Ognuno dovrebbe capire quale sia la propria ragione di vita e nidificare in essa la propria salvezza. L’amore salva. Lo sanno bene i personaggi di questo libro che bramano amore sempre e comunque. La felicità dunque è stare in equilibrio sul sottile filo che separa la vita dalla disperazione riuscendo a vivere a pieno con la consapevolezza che probabilmente non esiste un senso a ciò che ci accade e alla vita stessa. Riuscire a vivere nonostante l’incomprensibilità delle cose e farlo con la consapevolezza che finché riesci ad amare tutto andrà bene e non sarà mai la fine. Forse la felicità sta nell’amore. Perché quando ami ti senti immortale.

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Prima custoditi dentro la placenta marina (come nel simbolico racconto d’esordio “Io sono il mare”), e poi gettati sulla spiaggia fradici, stillanti, trasfigurati di caos irreale. E’ questo quanto viene riportato nella presentazione di Ricordami di essere felice. Non ti sembra, dopo gli ultimi terribili fatti di cronaca, terribilmente attuale? Purtroppo sì, estremamente, drammaticamente e terribilmente attuale. “Io sono il mare” è uno dei racconti di questa raccolta cui tengo di più perché affronta il tema dell’immigrazione con tutta l’attualità che lo caratterizza. È di questi giorni la notizia che 700 profughi sono morti in mare. È una tragedia terribile e indivisibile. Ma ancora più indicibile è la reazione di molti italiani che hanno gioito di queste morti o di coloro che chiedono interventi militari per respingere queste persone. Ma come si fa, mi chiedo, a dirsi cristiani o semplicemente persone civili e al contempo provare e manifestare così tanto odio nei confronti di altri esseri umani, persone disperate in fuga dalla guerra e da una morte certa. Da parte mia sarei ben disponibile a dividere questo Paese con migliaia di profughi perché la vita viene prima di tutto. Certo, una società dee essere regolata e deve essere garantito l’ordine pubblico ma l’accoglienza è un nostro dovere morale. Troppe volte sento dire espressioni come “L’Italia agli italiani” come se noi italiani avessimo stipulato un contratto di acquisto di questo stato. E la cosa che più fa sorridere è che diritti

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simili vengono vantati proprio da coloro che questo paese lo disprezzano e lo stanno mandando in rovina. Non solo i politici ma anche e soprattutto a noi persone comuni che nel nostro piccolo distruggiamo l’ambiente o reiteriamo un meccanismo di corruzione e distruzione della nostra società. Ecco, io scrivo non tanto o non solo per le vittime, per i profughi, ma anche e soprattutto per tutti coloro che chiudono cuore e ragione e disprezzano l’essere umano.

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IO & DACIA a cura di Claudio Volpe

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n tavolo lungo in legno chiaro, un puzzle raffigurante “La merlettaia” di Vermeer, io e Dacia Maraini seduti che ci impegniamo a terminare l’impresa: è così che ho sempre immaginato la felicità. Perché non si tratta solo di due persone che fanno un puzzle ma di due persone legate da un forte legame di amicizia che, mentre provano a rintracciare i tasselli giusti da incastrare l’uno a all’altro, discutono di letteratura, arte, passato, presente, futuro. Quello che mi lega a Dacia Maraini è un rapporto di profonda stima e amicizia reciproche. Ancora oggi, nonostante siano passati quasi quattro anni, mi meraviglio ancora di come tutto sia potuto accadere. E mi rivedo, all’età di ventuno anni, con in mano una copia del mio primo romanzo, avvicinarmi a lei, la signora della letteratura italiana, tremante e timoroso di importunarla col mio dono. E vedo lei, Dacia Maraini, che accetta felicemente il mio libro promettendomi che lo avrebbe letto. E ancora rivedo il mio stupore quando, pochi giorni dopo quell’incontro, la vigilia 34

di Natale per esattezza, lessi l’email che Dacia mi aveva scritto e nella quale mi diceva che il mio libro le era piaciuto molto e avrebbe accettato di presentarlo al Premio Strega. Devo tutto a Dacia Maraini, non solo la possibilità di essere stato “scoperto” e avviato verso un più ampio pubblico come scrittore, ma anche e soprattutto l’avermi sempre sostenuto e incoraggiato nel mio percorso nonché l’avermi dato con spontaneità e naturalezza la sua amicizia. Sono ormai anni che seguo Dacia nelle sue vicende letterarie e in alcuni suoi viaggi e che sono ospite per settimane intere nella sua casa in montagna dove insieme ci mettiamo a scrivere, leggere, parlare, fare passeggiate. In questi anni posso dire di avere conosciuto la Dacia Maraini scrittrice internazionale e universalmente acclamata che

viaggia ogni giorno per il mondo (il prossimo viaggio la porterà tra pochi giorni in Argentina) e la Dacia Maraini che ama la montagna, le lunghe passeggiate, lo scii di fondo e prendersi cura degli animali. Sono felice di essere divenuto un suo confidente, la persona alla quale lei racconta in anteprima i suoi nuovi scritti o i suoi progetti. Questo mi gratifica e mi rende felice. Dacia Maraini somma in sé la forza vulcanica della creatività artistica e l’immensa umanità e umiltà dei grandi. È sempre disponibile ad ascoltare e aiutare gli altri, non si lascia mai trasportare dall’ira, è sempre misurata, discreta, gentile. È una persona da cui imparare molto non solo dal punto di vista culturale e letterario ma anche e sopratutto umano. La sua misuratezza che la contraddistingue come persona è anche la cifra caratteristica della sua scrittura che è sempre nitida, lineare, incisiva, immediata: un urlo sussurrato che colpisce e fa riflettere. Ogni volta in cui mi confida che sta lavorando a un nuovo libro la mia curiosità sale alle stelle. Vorrei chiederle tante cose, farle tante domande ma cerco di controllar-

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mi e di accontentarmi di quello che lei stessa vuole raccontarmi. Trascorrere del tempo con Dacia è un’esperienza incredibile perché si ha come l’impressione che quel tempo abbia un valore diverso, più ricco, denso, concreto. Ascoltare i suoi racconti di vicende passate in compagnia di Moravia e Pasolini dà quasi l’impressione di lasciarsi cullare da un racconto fiabesco di un tempo in cui la parola valeva ancora qualcosa e gli intellettuali credevano nel progresso, nella letteratura e nella possibilità di fare politica per migliorare il mondo. E quando poi ci si ritrova insieme davanti alla tv per guardare un film o talk d’attualità, anche quel momento diventa un principio di arricchimento, condivisione e crescita. So di non essere stato imparziale in questa descrizione dedicata alla più famosa e apprezzata scrittrice italiana nel mondo ma non poteva essere altrimenti. Come si può essere

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imparziali davanti a una persona che si ammira profondamente e alla quale si vuole un bene dell’anima? So solo che, ora come ora, Dacia Maraini è uno dei mie principali punti di riferimento. Una persona che rende più bella la mia vita.

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SAM ZA

LA PENNA a cura di Zeropregi

FUMETTERIA

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uando mi sono trovato tra le mani “Sam Zabel e la penna magica” non avevo ancora realizzato che l’autore, Dylan Horrocks, fosse lo stesso di quel piccolo capolavoro di “Hicksville”. Del resto sono passati quasi 20 anni da quel 1998 (in Italia uscì per la Black Velvet nel 2003) e di Horrocks avevo perso le tracce. Anzi diciamo che non avevo proprio fermato il suo nome nella mente. Eppure è innegabile che tra i due fumetti o romanzi, c’è un filo che li lega e li tiene stretti: l’amore per il fumetto. Il tributo a un’arte troppo spesso ritenuta di serie B,

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non all’altezza della letteratura, come se il fumetto in sé fosse un genere e non un mezzo per raccontare una storia, delle emozioni, delle fantasie. Sam Zabel è un autore di fumetti in crisi. Non riesce più a scrivere niente di soddisfacente, non ha più quella vena creativa che lo aveva contraddistinto in passato. Vicino ha una compagna paziente, che prova a fargli affrontare la depressione che lo paralizza e il costante rifiuto per quel che scrive o disegna. Sam è in ritardo con le consegne dei suoi lavori, compreso “Lady Night”, popolare fumetto su una

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ABEL E

A MAGICA

eroina tutta tette e poco cervello la quale a un certo punto si materializza nelle sue fantasie per dirgli schiettamente “Le tue trame sono contorte, i cattivi sono patetici, e i dialoghi… Cristo ho letto battute migliori sulle scatole di cereali! Ammettilo ragazzo… scrivi da schifo. Senti Sam, devi capire che questa roba non è Tolstoj. Sono una supereroina in un fumetto. Combatto i cattivi, risolvo il mistero… Fine della storia. Devi smetterla di cercare di fare di questa testata qualcosa che non è. Sei uno scribacchino, fattene una ragione”. Come nel precedente “Hicksvil-

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le”, Horrocks trasporta il lettore in un viaggio nel fumetto attraverso il fumetto stesso. Un viaggio fantastico, onirico, che toccherà il personale dell’autore - tanto da chiedersi per lunghi tratti quanto sia autobiografico fino a tutta una serie di considerazioni sul fumetto come genere, quello indipendente e quello mainstream, con i suoi stereotipi, fastidiosi e macisti. “Siamo moralmente responsabili della nostra fantasia? - arriverà a chiedersi Sam in una delle tante domande che si pone, in questo suo mettersi totalmente in discussione - E se il problema fosse sentirsi realmente uno scribacchino?” Quel che è sicuro, moralmente responsabile o non, Horrocks ha una fantasia straordinaria. Capace di emozionare tanto quanto farti viaggiare e divertire. Di farti appassionare alla storia grazie a una capacità narrativa complessa tanto quanto fluida nella sua espressione. Fantasia, desiderio, responsabilità, viaggi nello spazio, Marte, splendide concubine venusiane dalla pelle verde in attesa del loro sposo, il Dio del Fumetto a cui sono state promesse. Un trono senza re, personaggi di fantasia che attraverso le pagine del fumetto stesso prendono forma e vedono nel fumettista, il loro creatore, l’unico Dio da adorare e aspettare. Perché, oltretutto, il libro ti pervade di buone vibrazioni, di quella allegria da sorriso scemo sul volto, quel benessere che al-

cuni romanzi o fumetti riescono a contagiarti. Pubblicato da Bao Publishing e presentato in un bel formato, capace di farti apprezzare al meglio le tavole che vanno a comporre questa storia, “Sam Zabel e la penna magica” è un fumetto che non tralascia la parte visiva. Non è il bel bianco e nero del precedente “Hicksville”. Per questa opera Dylan sceglie il colore, magnifica scelta, perché regala un piacere vero e vivo, del resto anche un bel film ha bisogno di una bella fotografia per compiersi. Ma forse più di ogni altro a cogliere lo spirito di questo fumetto è stato un altro autore piuttosto famoso, Craig Thompson, quando afferma che Sam Zabel “Esplora il ruolo e la responsabilità della narrazione, saltando da un genere all’altro, giocando con la meccanica del fumetto e reclamando il senso di magia che un tempo regnava in questo medium, una gioiosità che contagiava il lettore…un libro indispensabile nella biblioteca di tutti”.

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VIVERE LA VITA DEGLI ALTRI

a cura di Diego Rosato

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on credo di conoscere due lettori che alla domanda “Perché ti piace leggere?” darebbero la stessa risposta. Perlomeno, quando ci ho provato, mi hanno sempre dato almeno delle sfumature diverse a risposte che in parte avevo già sentito. Tuttavia, sotto sotto, quasi tutti concordano su una cosa: un buon libro, almeno per quanto riguarda la narrativa, è quello che ha una storia che ti coinvolge. Io faccio un passo in più e dico che un buon romanzo è quello che riesce a farti immedesimare con un personaggio (di solito il protagonista o l’antagonista, ma non necessariamente) e ti porta a

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vivere la sua storia, mentre scorri le pagine. Perché in fondo la lettura è questo, un’evasione dalla realtà, una trasmigrazione della nostra mente in un altro corpo, seppur fittizio. Ricordo che durante un’intervista a Marcello Simoni gli chiesi perché secondo lui il romanzo storico sta avendo tanto successo ultimamente e lui mi ha risposto che ambientare una storia nel medioevo permette di eliminare qualsiasi legame con la nostra vita moderna. A pensarci bene, credo proprio che abbia ragione, almeno in parte. Che dire poi delle vite di personaggi straordinari che pure fanno parte del nostro mondo? Credo che ognuno di noi abbia sognato nella corso della propria esistenza e, se da un lato vi auguro di tutto cuore di aver realizzato i vostri sogni, dall’altro so che

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a questo mondo non siamo tutti astronauti, calciatori o magnati della finanza. Per questo forse ci piacciono molto quei libri che raccontano le storie di chi ce l’ha fatta. Non mi credete? Proviamo a pensare all’ultima edizione del premio Oscar. A dire il vero di solito non mi interesso molto di questa manifestazione (il mio punto di vista l’ha spiegato molto bene Zerocalcare), eppure anche a noi “disinteressati” giungono le eco delle notizie sulla kermesse. Così ho avuto modo di notare che, accanto al trionfatore assoluto di questa edizione, “Birdman”, con nove nomination e quattro premi vinti (come “Budapest hotel”, che, però, si è aggiudicato premi meno prestigiosi), c’erano anche “American Sniper” (sei nomination, premio al miglior montaggio sonoro), “The imitation game” (otto nomination, premio alla miglior sceneggiatura non originale) e “La teoria del tutto” (cinque nomination, premio al miglior attore protagonista). Cosa accomuna questi film? Beh, se ne parliamo su Reader’s Bench Magazine la risposta sembra ovvia: sono tratti da libri. Sì, ma non sono i soli: ho scelto questi film, perché sono tratti da biografie di personalità fuori dal comune. Dovrei menzionare infatti anche “Still Alice”, di Richard Glatzer e Wash Westmoreland, con protagonista Julianne Moore (miglior attrice protagonista), ma è tratto da un romanzo, “Perdersi” di Lisa Genova.

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Il primo film, diretto da Clint Eastwood, è la trasposizione cinematografica (quasi) fedele dell’autobiografia di Chris Kyle, interpretato da Bradley Cooper, ex cecchino dei Navy SEAL americani. Parlerò di questo libro nelle prossime pagine, quindi per ora mi dedicherò ai libri e ai protagonisti che hanno ispirato gli altri due film. Essi narrano le vicende che hanno riguardato due scienziati inglesi, due delle menti più brillanti che la moderna terra d’Albione ci abbia donato, Alan Madison Turing e Stephen William Hawking. Matematico come pochi ne sono mai esistiti, Turing è stato uno dei padri dell’informatica e primo teorizzatore dell’intelligenza artificiale: ancora oggi il modello di calcolo ideale studiato in tutti i corsi di informatica teorica è la “macchina di Turing”, mentre il test utilizzato per verificare le intelligenze artificiali e detto “test di Turing”. Come se non bastasse, il più ambito premio che un informatico possa sperare mai di vincere è il premio Turing, detto anche Nobel dell’informatica, rilasciato dalla prestigiosa ACM. Accusato di immoralità per via delle sue tendenze omosessuali, morì suicida, per sottrarsi ad una pena detentiva (immaginate cosa gli sarebbe potuto succe40

dere in carcere) o “terapia curativa” forzata (una sorta di somministrazione ormonale che gli avrebbe potuto far crescere il seno, tra le altre cose), ma non dopo aver dato un contributo fondamentale alla crittanalisi e in particolare alla decifratura di Enigma, la macchina utilizzata dai nazisti per le comunicazioni criptate. Il nuovo film di Morten Tyldum, con protagonista Benedict Cumberbatch, ha riportato in alto nella classifiche di vendita la biografia scritta da Andrew Hodges nel 1983 e prontamente ristampata in occasione dell’uscita del film. E Stephen Hawking... beh, è Stephen Hawking! Ve ne ho parlato tante di quelle volte che non ne potrete più di sentirmelo nominare! Il film candidato agli Oscar, diretto da James Marsh e interpretato da Eddie Redmayne, è l’adattamento cinematografico del libro “Verso l’infinito”, scritto da Jane Wilde Hawking, ex-moglie dell’ex professore lucasiano. E non credo sia un caso che in queste settimana la BUR sta ristampando a buon prezzo tutte le vecchie opere del mio amico Steve... sì, vabbè, mi sto prendendo un po’ troppa confidenza, ma vi consiglio caldamente di dare un’occhiata alle ultime uscite.

Due menti straordinarie che hanno influenzato, anche se in modo diverso, la scienza e indirettamente la nostra vita, pur dovendosi destreggiare tra problemi tutt’altro che semplici da superare. Perché ci piacciono tanto? Forse proprio perché anche noi tutti i giorni abbiamo mille problemi e sapere che c’è chi ne affronta di ben peggiori raggiungendo traguardi di eccellenza ci dà un po’ di coraggio e magari anche di invidia. Nelle prossime pagine comunque non vi parlerò di scienza (sebbene abbiamo recentemente guadagnato una menzione speciale sulle pagine de “The Guardian”, grazie all’ultimo libro di Carlo Rovelli), ma di azione, con due testimonianze decisamente fuori dall’ordinario.

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DIO, PATRIA, FAMIGLIA a cura di Diego Rosato

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on i film è sempre come un cane che si morde la coda. Se un libro ha successo, è molto probabile che ne traggano un film e, se a sua volta il film ha successo, anche il libro vende molto di più. Alle volte capita anche che un libro uscito in sordina finisca tra le mani di un regista e allora... Nel caso di American Sniper, direi che il libro di Chris Kyle e il film di Clint Eastwood siano cresciuti insieme, se non altro perché penso che il libro difficilmente avrebbe avuto grande diffusione fuori dai confini americani, senza il traino del film. Il libro è l’autobiografia di quello che è considerato il “cecchino più letale d’America”, inteso come quello con il maggior numero di uccisioni confermate. Kyle racconta la sua vita, dall’infanzia in Texas fino al congedo dal corpo degli U.S Navy S.E.A.L. Durante la narrazione si intrecciano storie di vita personale, come il rapporto con la moglie Taya, e pro-

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fessionali, come l’addestramento e la scelta di diventare un cecchino. Buona parte del racconto è intrisa dalle riflessioni dell’autore, che spiega le sue motivazioni e i suoi ideali, con alcune digressioni affidate alla moglie e al suo punto di vista. Riguardo al racconto di Kyle provo sentimenti alquanto contrastanti. Avete presente i marines del film “Codice d’onore” di Rob Reiner? Quelli “Patria, Dio, Corpo d’armata”? Beh, a leggere questo libro sembra proprio che non fosse un’esagerazione cinemato-

grafica, un’americanata, come si suol dire. È chiaro che l’autore è ben saldo nelle sue convinzioni e nelle sue Fedi, cristiana e patriottica, e questo spirito permea tutta la lettura. Personalmente dopo le prime cento pagine ho cominciato a trovare questa impostazione un po’ stucchevole. Altro tratto caratteristico del libro è il linguaggio, direi tutt’altro che politicamente corretto, ma non vi aspetterete mica che un veterano di guerra dica “perdindirindina” e “accidenti”? La cosa che mi ha maggiormente colpito del volume è la normalità con cui l’autore tratta le sue vicende. Sarà che il massimo dell’azione per me è una lunga partita alla mia console per videogame, magari a Splinter Cell, per restare in tema Navy S.E.A.L. Eppure non riesco a provare simpatia per un esaltato che insegna a un bambino di due anni a sparare. Direi una lettura interessante, a tratti un po’ ripetitiva, e poco altro.

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NEL BLU

DIPINTO DI BLU a cura di Diego Rosato

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ì, lo so, è talmente banale, soprattutto per un nerd, che non vale neanche la pena dirlo. Mi sarebbe piaciuto tanto fare l’astronauta. Quindi potrete capire con quale spirito ho seguito il blog di Luca Parmitano nei giorni in cui il Maggiore Pilota dell’Aeronautica Militare Italiana si trovava nella stazione spaziale internazionale. Sì, esatto, un’astronauta che scriveva il suo blog dallo spazio. E nonostante io avessi già letto buona parte di quel blog, non ho potuto fare a meno di correre in libreria, quando l’autore ne ha raccolto gli scritti per pubblicarli in libreria. Dopo la prefazione di Fabio Fazio, il lettore può seguire le vicende di Parmitano per tutti i 166 giorni che ha passato nello spazio e anche quelli precedenti al lancio. Le difficoltà dell’addestramento, la serena determinazione del pilota, l’attaccamento alla famiglia, l’emozione del viaggio e della prima missione extra-veicolare, l’attività scientifica e i collegamenti con la Terra. Ma soprattutto il fedele racconto di ciò che ha visto e dei sentimenti che ha provato. Anche diverse pagine di fotografie.

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Può sembrare strano, ma alcune delle pagine più interessanti sono quelle che raccontano i momenti di meno impegnativi della vita sulla stazione, una sorta di normalità anomala che incuriosisce. Vi aspettereste che un astronauta si diletti con la fotografia e con la radio, mentre si trova nello spazio? E che dire della lettera scritta per le figlie? Esperienze straordinarie, certo, ma anche profonde riflessioni è una scrittura precisa, curata e scorrevole, perché una buona storia non vale granché, se non la si sa raccontare e, credetemi, il maggiore Parmitano lo sa fare molto bene. Una piccola nota negativa devo

aggiungerla per l’edizione. Capisco che la trentina di pagine di foto a colori possa incidere non poco sul prezzo di copertina (parte sarà devoluto in beneficienza all’associazione Inter-cultura Onlus), ma risparmiare sul testo riducendo così tanto la dimensione del carattere crea davvero non poche difficoltà alla lettura. A mio avviso, uno dei migliori libri del 2014, se non il migliore, un’interessantissima testimonianza di un uomo che forse non sarà proprio come Luke Skywalker (parole sue: io non mi permetterei mai), ma che è comunque andato fino al confine ed è tornato indietro per raccontarcelo.

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PREMIO GALILEO a cura di Diego Rosato

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a divulgazione scientifica è importante. Questo concetto può sembrare banale, ma vi assicuro che non lo è. Ci sono molte persone, troppe persone, che considerano la scienza qualcosa di mistico e inarrivabile, un mondo remoto e sconosciuto dove, rinchiusi nelle loro torri d’avorio, un manipolo di menti fuori dal comune studiano il mondo e tentano di plasmarlo secondo i loro voleri. È vero che menti straordinarie, individui comunemente indicati come “geni” possono essere capaci di intuizioni fuori dall’ordinario e ci sono nomi che resteranno per sempre scolpiti nella

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storia dell’umanità per il loro impagabile contributo. Alcuni di questi contributi sono insigniti di prestigiosi premi, tra cui spiccano senza dubbio il Nobel per le scienze applicate, la Medaglia Fields per la matematica e il Turing per l’informatica. Noi non addetti ai lavori ci limitiamo a leggere di sfuggita che è stato assegnato questo o quel riconoscimento, il più delle volte solo nel caso in cui il destinatario è un nostro connazionale, dimenticandocene il giorno dopo. Scienziati che premiano scienziati. La scienza in una torre d’avorio. La scienza, però, è un’altra cosa. Essa è conoscenza, condivisio-

ne, sperimentazione. Quando un traguardo scientifico è raggiunto, esso deve essere condiviso, cosicché altri scienziati possano verificarlo, altrimenti è solo aria fritta, solo un dogma di fede e chi dice di avere fede nella scienza probabilmente non l’ha capita. Non sono così ingenuo da credere che chi si dedica alla scienza lo faccia esclusivamente per il progresso del genere umano, anzi, penso che molte ricerche scientifiche abbiano ben poco a che vedere con la filantropia, quanto piuttosto col profitto, la fama o la semplice sete di conoscenza. Questa ultima è forse la vera ragione per cui oggi abbiamo un metodo scientifico collaudato. La curiosità, la voglia di sapere di un letterato di quasi cinquecento anni fa che faceva rotolare sfere metalliche su un piano inclinato, costruiva strumenti di osservazione in base ad alcune specifiche di cui aveva letto e si preoccupava di verificare rigorosamente ciò che osservava. Ma soprattutto, divulgava le sue scoperte con testi di alto valore letterario, oltre che scientifico. Sto parlando di Galileo Galilei. Non penso di dover spendere parole per raccontare chi fosse il

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grande fisico pisano, ma io me lo immagino come un uomo ormai in là con gli anni e gli occhi ancora vispi, ma increduli alla notizia che le sue teorie sono a rischio di condanna per eresia. Quel suo, seppur ipotetico, “eppur si muove” pronunciato a mezza bocca è una rappresentazione perfetta dello scienziato che di fronte alla negazione della ragione non oppone resistenza, perché sa che non avrebbe senso: un Giordano Bruno ha bisogno di morire per le sue idee filosofiche perché, se le abiurasse, esse morirebbero con lui, ma un Galileo può ritrattare tutto, poiché nulla cambierà mai le leggi della natura. La completezza come scienziato al precursore delle leggi di Newton e della relatività è data, come dicevo, dalla sua profonda capacità divulgativa. Forse per questo l’università di Padova ha istituito nel 2007 un premio, il Premio letterario per la divulgazione scientifica “Galileo Galilei” o più semplicemente Premio Galileo (da non confondersi con quello di tutt’altra natura dei Rotary Club italiani). Che ci fosse la necessità di premiare la divulgazione scientifica lo ha dimostrato il Nobel per la letteratura a Bertrand Russell. Ora in Italia questa lacuna è colmata da un premio che ha acquistato un certo prestigio e che 44

mi piace particolarmente per la struttura con cui sono premiati i volumi. Dopo una selezione di cinque finalisti, effettuata da una commissione tecnica, il premio è assegnato in base a una votazione di studenti di varie scuole (una per ogni provincia italiana, con l’aggiunta di una scuola militare). Durante il periodo delle votazioni, l’ateneo patavino organizza una serie di incontri con gli autori dei volumi. Il bello di questo premio è, a mio parere, che restituisce la scienza agli studenti o, più in generale, ai lettori di ogni categoria: non più scienziati che premiano scienziati, ma studenti spronati a leggere di scienza ed esprimere opinioni su di essa. I testi in concorso hanno finora abbracciato i temi più disparati, dalla chimica nella pittura alla simmetria nella scienza, passando per l’antropologia, la matematica, la robotica e chi più ne ha più ne metta. Quest’anno gli autori in concorso sono:

• Marco Massa e Romano Camassi con “I Terremoti. Quando la terra trema”, Il Mulino editore, 2013; • Roberto Defez con “Il caso OGM. Il dibattito sugli organismi geneticamente modificati”, Carocci editore. Città della Scienza, 2014; • Carlo Rovelli con “La realtà non è come ci appare. La struttura elementare delle cose”, Raffaello Cortina editore, 2014; • Claudio Bartocci con “Dimostrare l’impossibile”, Raffaello Cortina editore, 2014; • Vincenzo Schettino con “Scienza e Arte”, Firenze University Press, 2014. Accanto a due testi prettamente tecnici e focalizzati su argomenti ben circoscritti (i primi due), la giuria presieduti da Vittorino Andreoli ne ha selezionati altri due di argomento più generale e filosofico (gli ultimi due), ponendo nel mezzo un testo, quello di Rovelli, a metà strada tra i due generi.

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DIMOSTRARE L’IMPOSSIBILE a cura di Diego Rosato

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n attesa della premiazione, che si terrà venerdì 8 Maggio 2015, dalle ore 16:00 a Palazzo della Regione, ho pensato di leggere almeno uno dei cinque libri in concorso. La verità è che uno dei motivi per cui mi piacciono questi premi è che di solito riesco sempre a trovare almeno un volume che mi interessi. Quest’anno la scelta era tra tre volumi, non fosse altro perché terremoti e OGM non sono argomenti che mi affascinano molto, seppur degni di rispetto e studi approfonditi. Ho scartato il volume di Carlo Rovelli perché deluso dalle sue “Sette brevi lezioni di fisica” (credo che passerà molto tempo prima che acquisti un altro dei suoi libri) e, tra gli altri due, ho scelto “Dimostrare l’impossibile”, ma non escludo di leggere “Scienza e arte” a breve. Diciamo subito che la quarta di copertina del volume di Bartocci è quantomeno abilmente vaga: a leggerla ci si aspetta un trattato organico di filosofia della scienza, magari epistemologia, e invece il volume è una collezione di articoli che l’autore ha rivisto e raccolto per la pubblicazione.

La prima parte, intitolata “Intrecci”, è un mix di recensioni di libri di scienza e biografie di scienziati più o meno illustri, mentre la seconda, “Idee” è più una serie di resoconti di teorie che hanno segnato la storia della scienza nei campi più disparati, dall’evoluzionismo alla relatività, dalla psicologia all’astrofisica. Nonostante la mancanza di organicità, il saggio proposto dal professore di fisica matematica è un pozzo di nozioni e curiosità sul mondo della scienza e le sue dinamiche. Bartocci non disdegna di alternare realtà scientifiche e opinioni personali, con il pregio di saper distinguere ben tra le due cose al punto che il lettore più onesto non dovrebbe esserne infastidito, anche nel caso non le condividesse. Io per esempio le ho trovate un interessante spunto di riflessione, anche se un paio mi hanno lasciato un po’ perplesso. La scrittura è ricca, ben costruita, non a livello accademico, ma

nemmeno al di sotto dell’articolo scientifico: divulgazione, va bene, ma sempre col tono della lezione seria. Venticinque pagine di note di lettura, con diversi riferimenti bibliografici, completano un’edizione robusta e ben curata (dalla copertina, alla grammatura della carta), per un volume cui mi sentirei di dare un dieci pieno, se non fosse appena un po’ troppo frammentario.

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PENNY DREADFUL: DOVE STORIA E LETTERATURA SI INCONTRANO

a cura di Danylu Louliette Kazhan APRILE 2015


«Quando Lucifero cadde, non cadde da solo». When Lucifer fell, he did not fall alone

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l mio approccio a questa serie televisiva è stato quasi casuale. Cercavo qualcosa ambientato nella Londra Vittoriana e mi sono imbattuta in questa serie televisiva ancora inedita in Italia. Grazie allo “streaming”, oramai questo non è più un problema, come non lo è il fatto che la serie non è ancora stata doppiata. Anzi! Come è mia abitudine, ogni serie televisiva o film, preferisco guardarlo in lingua originale, perchè per quanto bravi possano essere alcuni doppiatori italiani, purtroppo il confronto con l’originale non regge. (In ogni caso per chi avesse problemi con l’inglese, c’è una versione con i sottotitoli in italiano). Comunque sia, già il titolo di questa serie mi aveva attratta non poco. Penny Dreadful, cosa significa? Gli appassionati di storia e letteratura avranno sentito nominare almeno una volta queste due paroline, o magari avranno sentito parlare di Penny Horrible, o Penny Blood, che altro non sono che delle pubblicazioni periodiche, in voga nella Londra vittoriana, a basso costo (un penny, da questo il nome) rivolti quindi a un

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pubblico un pò più proletario. Erano volumetti a puntate, talvolta abbastanza grotteschi e non molto curati, che raccontavano di lupi mannari, vampiri e assassini. Non gli è stato attribuito un grande valore letterario, eppure il mio amato Sweeney Todd altro non era che uno di questi “spaventi da un penny”. Ebbene, partendo da questo titolo, (che tra l’altro viene citato durante uno degli episodi, mostrando anche uno di questi volumi, in particolare “the Feast of Blood”, ) si sviluppa una trama interessante, intricata, piena di suspence e azione. La serie inizia benissimo. Fotografia e scenografia impeccabili. I costumi, l’arredamento, tutto è perfetto. I protagonisti si rivelano pian piano, e non tutti durante il primo episodio. I primi a rubare la scena sono Venessa Ives e l’americano Ethan Chandler. Si scoprono poi Malcolm Murray (Murray? vi ricorda qualcosa questo cognome?) e Victor Frankenstein (e quest’altro?). Seguiti da Brona e da Dorian Grey... E non posso che sospirare

all’udire questo nome! Ebbene, come avrete notato, molti dei protagonisti sono character di rilievo della letteratura inglese, spesso personaggi principali di romanzi di grande interesse come: il Ritratto di Dorian Grey, Frankenstein, Dracula(sarà presente anche Mina Murray), e altri grandi nomi. Questi almeno quelli della prima stagione. Dal trailer della seconda, si intravedono altri grandi personaggi, che noi fan abbiamo più o meno identificato, uno fra tutti come il Fantasma dell’Opera. La prima stagione ha fatto circa 4.8 milioni di spettatori a settimana. Sono numeri importanti. Per la seconda credo proprio che saranno previsti numeri maggiori. In molti non avrebbero scommesso “un penny” su questo progetto, definendolo un’accozzaglia di cose viste e riviste, di luoghi comuni raccattati dal mondo del sovrannaturale, dell’horror e della letteratura. Bisogna dire che il progetto di John Logan, creatore della serie è stato pretenzioso. Riuscire a mettere insieme vampiri, lupi mannari, medium, scienziati pazzi, creature non

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morte, e persino Jack the Ripper(lo squartatore per intenderci), non è cosa semplice, senza cadere, per l’appunto nel “grottesco” nel “barocco”. E invece lo show, messo in onda dall’emittente americana Showtime, risulta un tripudio di colpi di scena, e tiene incollato lo spettatore con il fiato sospeso per tutta la durata di ogni episodio. Spendiamo però due paroline su alcuni character. Vanessa Ives, interpretata da una fantastica Eva Green, è un personaggio avvolto nel mistero. Perspicace, affascinante, bella nella sua sobrietà, incantevole, sicura

tale dal fatto che ha accettato i suoi limiti, ha riconosciuto le sue colpe cercando di riparare ai suoi errori. Eppure è tormentata e non ha ancora perdonato se stessa. I dialoghi sono tutti molto profondi e spaziano su vari argomenti, dallo spiritismo, alla storia, dalla cultura egizia sino alla psicologia, toccando vertici di erudizione per niente ostentata. Una serie dunque che oltre al puro gusto di intrattenere, ha anche molto da insegnare. Ogni personaggio, per quanto dotato di “superpoteri”, lasciatemi passare il termine “marveliano”, ha soprattutto un lato uma-

plimenterebbe per il lavoro fatto sul suo Dorian. E che lavoro, un capolavoro oserei dire! Reeve Carney è perfetto nei panni dell’incantevole Mr Grey (e questo si che è un uomo da capogiro, non come il Mr Gray di cui tanto si è parlato e purtroppo si parla ancora, e chi ha orecchi per intendere intenda). Parlerei di Cinquanta sfumature di Dorian Grey, bello affascinante, ricco, colto, misterioso, maniacale, passionale, sofferente. La sua passione per il bello, il sobrio e l’elegante, incarnazione del buon gusto, non accetta etichette di nessun genere, e prende piacere da tutto ciò che può

di se. Il suo passato viene rivelato quasi sul finire della serie, come quello di quasi tutti i protagonisti, in un dispiegarsi di avvenimenti, ricordi, e flashback inseriti ad arte all’interno dei vari episodi. Vanessa è una donna forte, resa

no, dei sentimenti, debolezze e paure. Sono persone vere, a tutto tondo, e Mary Shelley avrebbe apprezzato tantissimo la versione del suo Victor Frankenstein creata da Logan. Lo stesso Oscar Wilde si com-

offrirlo. Non mi soffermo a parlare di ogni singolo personaggio, rischierei di scrivere un romanzo, voglio soltanto accennare a Sembene, la guardia del corpo di colore, di Mr Murray. Non appare come uno dei prota-

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gonisti principali, eppure la cura con cui questo character è stato studiato, lascia di stucco. Ogni suo movimento, azione o frase, sembra cucita a pennello. Ecco, posso affermare che in questa serie TV non ci sono stereotipi di nessun tipo. La natura determinata e poco riflessiva di Sembene ne è la dimostrazione. Lui viene dall’Africa, da quel continente che a fine ottocento veniva brutalizzato e violentato dagli esploratori. E’ la dimostrazione che ciò che

fotografica, l’elettricità, lo sviluppo della medicina e tanto altro ancora. Tra fantasia, letteratura e storia, viviamo quelli che erano i tipici umori della Londra Vittoriana, divisa in vari strati sociali: dall’annoiata borghesia, che trovava diletto nello spiritismo e nell’edonismo, alla lotta giornaliera dell’East End, dove tra assassini, fame e prostitute, carbone, miniere e porti, si consumavano le vite della Londra povera. Durante il Comic-Con di San Diego, Logan ha rivelato alcune novità e “spoiler” relativi alla seconda stagione, la cui uscita è

all’antagonista principale: un essere umano. Non più esseri dotati di poteri sovrannaturali, ma questo non deve scoraggiarci ne rassicurarci (a seconda di quelle che sono le nostre attitudini), sono sicura che l’efferatezza di “Madam kali” (ebbene si, riveliamo anche il nome di questa super villain), supererà di gran lunga quella dei mostri della prima stagione. Sempre al Comic-Con ha rivelato inoltre che questa seconda serie sarà composta da dieci episodi anzichè otto, e io dico, grazie al cielo. Vi lascio con una citazione: No more let life divide what death can join together, tanto cara alla creatura (al primogenito, spoiler molto interessante) di Frankenstein.

veniva considerato “arretratez- prevista per il 26 aprile. za”, “essere primitivi”, altro non Tra le sue anticipazione di grande era che una cultura diversa, se rilievo è l’affermazione riguardo non a tratti meno materialista e rivolta a un animismo che non sempre è solo superstizione. E poi troviamo anche tanti accenni storici, come la macchina

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TI PORTO SEMPRE CON ME, INTERVISTA A

FRANCESCA PANSA a cura di Claudio Volpe

Ti porto sempre con me”, romanzo della giornalista e scrittrice Francesca Pansa, è un racconto incredibilmente dolce e delicato di amore, sofferenza, dolore, ricerca di felicità. è la storia di una donna che, pagina dopo pagina, ricostruisce le proprie radici, il proprio passato di crescita e impegno politico e civile per giungere poi ad un presente caratterizzato da un amore immenso, totalizzante e viscerale per suo figlio. Questo libro coinvolge per il suo tono delicato e accogliente. le parole di Pansa hanno il sapore di un forte abbraccio nel quale ogni paura e incertezza svaniscono per lasciare il posto a un profondo senso di protezione. La scrittrice mette in discussione se stessa e la propria vita senza alcuna remora e con grande, grandissimo coraggio. Non nasconde niente: le paure, le difficoltà, le sofferenze, le speranze, le lotte quotidiane. Ed è un libro il suo che sa accalappiare il lettore tenendolo incollato a parole che scorrono lievi come un corso d’acqua su un letto erboso. E’ così che la storia personale di una sola donna e di una sola fa-

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miglia, diviene la storia di tutte le donne e di tutte le famiglie che cercano di affermare se stesse e di essere felici. Lo stile è limpido e disteso, preciso e puntuale ma sempre romantico e ricco di incanto. Anche le scene di maggiore sofferenza sono capaci di rappresentare il dramma del vivere umano senza abdicare mai alla loro dolcezza. La speranza pervade ogni singolo passo e questo lascia il lettore sorpreso e meravigliato, consapevole che nonostante tutto il male possibile, la felicità non è irraggiungibile e che la strada migliore per cercarla sta in un amore immenso, gratuito, disinteressato e fluviale. Un libro da leggere tutto d’un fiato, con la voglia di capire la natura vera dell’amore tra una madre e un figlio e il modo nel quale le parole possono esprimere questo grande amore.

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“Ti porto sempre con me”: da cosa nasce l’idea per questo titolo? Nasce dal desiderio di parlare con dolcezza della mia storia e dell’amore che ho per la vita e per la mia famiglia. Un desiderio forte di affrontare e ricostruire il passato per comprendere il presente e avere il coraggio di attendere il futuro. Scrivere di sé, della propria vita è sempre difficile perché ci porta a scavare nelle nostre viscere. Ma c’è anche una possibilità di salvezza e felicità nel parlare della propria vita passata e presente? Scrivere è sempre una possibilità di salvezza perché ci fa sentire meno soli e ci consente di rinforzare la memoria, capire il nostro passato, rivivere vicende e persone che ormai non ci sono più, perdonare i torti subiti e guardare con fiducia al domani.

della mia vita ed è stata una passione che ho sempre coltivato e che continuo a coltivare tuttora. La politica è il mondo che ci sta attorno e noi non possiamo ignorare le ingiustizie e i problemi che ci sono. L’impegno politico è un dovere di ognuno di noi. Cosa significa scrivere oggi? Significa salvare dalla dimenticanza il passato e cercare di rendere il mondo un posto migliore. Gli scrittori provano a indicare un percorso e a dare voce a chi voce non ha.

Chi vorresti che leggesse questo libro così intimo e profondo, dolce e delicato ma al contempo forte e prorompente? Mi piacerebbe che lo leggesse chiunque abbia il desiderio di leggere una storia di sofferenze e amore narrata con dolcezza, quasi in un sussurro di Il libro è dominato da un senso di amore fortis- voce. Troppo spesso siamo abituati a urlare per afsimo per tutto ciò che è vita, memoria, impegno fermare noi stessi. Ecco, questo libro invece vuole politico e civile. Quanto questo amore ha inciso sussurrare ai cuori. sulla scrittura di questo libro? Molto. L’impegno politico ha fatto sempre parte

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zoom stili di vita

OLTRE L’EXPO… C’È

LEONARDO

DA VINCI «[...] Muovesi l’amante per la cos’amata come il senso alla sensibile, e con seco s’unisce e fassi una cosa medesima. L’opera è la prima cosa che nasce dall’unione. Se la cosa amata è vile, l’amante si fa vile [...]» a cura di Emanuela Ciacci

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nno 2015. Milano per sei mesi sarà il centro del mondo. Ma anche la vetrina sul mondo del nostro Bel Paese. Fonte di orgoglio e di tanta preoccupazione. Per il 1 Maggio sarà tutto pronto. Sarà tutto allestito. E le numerose polemiche che si sono succedute nell’ultimo anno, speriamo, diverranno solamente un brutto ricordo, perlopiù giudiziario. Se si pensa a Milano viene in mente in questi giorni solamente l’Expo. Ma Milano è altro. È religione con il suo Cenacolo Vinciano, con la sua Basilica di Sant’Ambrogio e le sue abbazie. È “esotica” con il suo Museo Egizio. È storia con il Par-

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co archeologico dell’Anfiteatro, con il Museo della Protostoria e Preistoria e la Galleria Campari. È scienza con il suo Museo astronomico, il planetario Hoepli, l’acquario e l’orto botanico. Milano è tante cose. Tutte insieme. Oggi voglio parlarvi di una mostra che ritengo essere molto interessante, e nel caso in cui decideste di andare a Milano entro il 19 Luglio vi suggerisco di andarla a vedere.Realizzata fra le mura del Palazzo Reale, “Leonardo 1452 – 1519” sarà curata da ben due tra gli storici dell’arte più importanti per gli studi sul maestro: M. T. Fiorio e P. Marani. A legger ciò che si trova nel Web, si tratta della più grande retrospettiva sul genio innova-

Faceptatem sum ut fugit quo omnim quat alias eos earunt aut latem. Sumque nim quatemporrum volupta tiasimi ntionsed estinimus. Nam explatur, tota consenducia quo veriatur, quiaspedi il il minimus, volupta tiasimi ntionsed estinimus.

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UOMO DI INGEGNO E DI NOTEVOLE TALENTO, LEONARDO HA INCARNATO IN PIENO LO SPIRITO DELLA SUA EPOCA CIMENTANDOSI CONTEMPORANEAMENTE COME ARCHITETTO, COME SCULTORE MA ANCHE DISEGNATORE E SCENOGRAFO

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tore di Leonardo da Vinci finora realizzata in Italia. Ben dodici sezioni dedicate all’automazione ed alla meccanica; alla pittura, alla scultura ed al loro confronto con il disegno; al rapporto con l’antico ed ai progetti utopistici. La data scelta per l’inaugurazione (il 15 aprile) non è affatto casuale: si tratta del giorno del 563esimo compleanno dell’artista. Ma chi è stato Leonardo? E qual è il suo legame con la città di Milano? Uomo di ingegno e di notevole talento, Leonardo ha incarnato in pieno lo spirito della sua epoca cimentandosi contemporaneamente come architetto, come sculture ma anche come disegnatore, scenografo, musicista ed anatomista. La città di Milano lo ospitò nel periodo compreso fra il 1482 ed il 1500: i documenti storici parlano di un iniziale disagio dell’artista al suo arrivo dalla Toscana, con qualche difficoltà soprattutto nella comunicazione a causa della lingua diversa dal suo toscano. Il primo incarico non tardò, però, ad arrivare: è il 1483 quando gli viene commissionata una pala d’altare per la chiesa (distrutta) di San Francesco Grande, oggi conservata al Museo del Louvre e chiamata “Vergine delle Rocce”. [1] In questi anni milanesi, Leonardo da Vinci proseguì con gli studi di meccanica e le invenzioni di macchine militari con la mes-

sa appunto di varie tecnologie. Durante il soggiorno l’artista poté mettere a frutto, finalmente, anche gli studi anatomici avviati anni addietro a Firenze, concentrandosi in particolar modo sui legami fra le fisionomie ed i cosiddetti “moti dell’animo”, cioè gli aspetti morali e psicologici che possono trasparire dalle caratteristiche esteriori di un soggetto rappresentato. Di questo periodo è la committenza ducale del Ritratto di Cecilia Gallerani, meglio conosciuto come la “Dama con l’ermellino”, conservato oggi a Cracovia. Negli anni successivi le commissioni si fecero sempre più frequenti: contemporaneamente al tiburio del Duomo della città e le decorazioni nel Castello, avviò anche il progetto del monumento equestre a Francesco Sforza. Il geniale artista spese mesi interi nello studio anatomico dei cavalli, frequentando le scuderie ducali per analizzare in particolar modo il rilassamento e la tensione dei muscoli di questi animali durante l’azione. I lavori furono interrotti varie volte, fino a quando, con il modello di creta pronto e visibile, la guerra contro il Regno di Napoli degli Aragonesi deviò la domanda di bronzo per la fabbricazione di armi, vanificando in maniera definitiva il progetto colossale. Fortunatamente ricevette subito una nuova commissione: si trattava di affrescare una parete del refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie. Ne “L’Ultima Cena” [2], Leonardo riversò come in una summa tutti gli studi da lui compiuti in quegli anni: ne uscì un capolavoro, visitabile ancora oggi ma su prenotazione. Da lì a APRILE 2015


poco Milano cadde sotto le mani francesi e Leonardo lasciò definitivamente la città. Con l’idea della mostra si è voluto di riportare Leonardo in questi “suoi” luoghi: in iniziative complementari, sono coinvolte anche la Biblioteca Trivulziana, la Pinacoteca Ambrosiana, Piazza della Scala (Leonardo3. Il mondo di Leonardo. Dal 1 Marzo al 31 Ottobre 2015) ed il Castello Sforzesco. Il fine ultimo dell’esposizione è quello di non lasciare nulla di intentato per svelare la poliedricità del personaggio più famoso (con molta probabilità) di tutta la storia umana: lungo il percorso della mostra è possibile vedere anche tre sue macchine rivoluzionarie, come il maglio battiloro, il telaio meccanico ed il carro automotore, tutti provenienti dal Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia. Ma l’opera più importante, attorno alla quale si articola l’intera mostra, è il “San Gerolamo” [3] proveniente dalla Pinacoteca Vaticana: rappresenta perfettamente il rapporto fra pittura e scultura, ma anche fra la concezione di arte antica e di

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quella moderna. Si tratta di un dipinto incompiuto ma è in esso che si manifestano le eccellenti conoscenze prospettico-spaziali leonardesche. Il ritrovamento dell’opera così come raccontato da D’Archiardi è poco credibile, ma con il beneficio del dubbio possiamo anche affermare che all’epoca tutto era possibile e nulla improbabile: appartenuto inizialmente ad Angelica Kauffmann (pittrice svizzera), sarebbe poi andato perduto per essere ritrovato dal Cardinal Fesch segato in due parti presso le officine

di due artigiani. Quel che è certo, però, è che nel 1845 il dipinto entra a far parte della collezione ecclesiastica ed è destinato ai Musei Vaticani dopo esser stato acquistato per la somma di 2.500 franchi da parte di Pio IX direttamente dagli eredi del Cardinale.

La figura dell’eremita è studiata nei minimi particolari: muscoli asciutti ma scattanti, con i tendini in vista; il busto inarcato e le clavicole che proiettano la loro ombra; il gesto plastico del braccio che distendendosi indaga lo spazio che lo circonda; la gamba protesa in avanti … La testa scavata e scorciata per la torsione

verso il lato destro ricorda nella sua espressività i busti antichi denominati comunemente “Seneca”. Nel contesto museale, il Maestro è posto a confronto anche con i suoi predecessori, per capire in cosa e in che maniera lo hanno influenzato: per questo la mostra prevede di esporre un nucleo significativo di capolavori provenienti dai maggiori Musei, biblioteche e collezioni private di Antonello da Messina, Botticelli, Filippino Lippi, Ghirlan-

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daio, Verrocchio, Paolo Uccello, Antonio e Piero del Pollaiolo, Bramante, Della Robbia, Giuliano da Sangallo ed altri anonimi dei secoli XV e XVI. Allo stesso tempo, con le opere di Boltraffio, Marco d’Oggiono, Francesco Napoletano, Solario, Francesco Melzi, Giampietrino, Cesare da Sesto, Girolamo e Giovanni Ambrogio Figino si cercherà di vedere e capire come fu Leonardo a trasferire i suoi innumerevoli saperi ai suoi adepti e successori nel periodo storico più intenso e fecondo per lo sviluppo artistico e del sapere umano. A questo punto non mi resta che augurare: Buona Mostra a tutti! Per non andare completamente digiuni alla mostra, oppure solo per conoscere un po’ meglio una mente così brillante vi consiglio “Leonardo segreto” di Costantino D’Orazio [4]. Un libro interessante che cerca di dare delle spiegazioni ai numerosissimi quesiti a cui gli storici dell’arte ancora non hanno saputo dare una risposta definitiva e concreta: perché l’artista non è riuscito, per esempio, a portare a termine i suoi lavori come nel caso della “Gioconda”? Oppure perché il “Cenacolo” è stato realizzato in maniera così fragile, nonostante i numerosi studi e le tecniche di cui Da Vinci disponeva? Ed anche, perché non è facile identificare con precisione certa alcun personaggio da lui ritratto? Leonardo rimane uno dei personaggi

storici più enigmatici di tutti i tempi, la sua vita è un continuo rebus la cui soluzione non è mai chiara: D’Orazio prova a dare la sua interpretazione usando i dipinti come filo conduttore. Ogni singola opera citata è l’occasione per approfondire una sfaccettatura della personalità leonardesca, sfatando falsi miti e rivelando verità nascoste.

Titolo: Leonardo segreto. Gli enigmi nascosti nei suoi capolavori Autore: Costantino D’Orazio Casa editrice: Sperling & Kupfer Pagine: 249 Prezzo libro: € 18,00 Prezzo e-book: € 8,99


LA GERMANIA AFFOSSERÀ

L’EUROPA a cura di Simone di Biasio

«Vibra vibra pesante pianeta, | respira a fondo ai nostri piedi, salta | e poi lasciati andare sul materasso morbido | latteoasteroidale. Concimaci e se puoi | disintegraci, | non lasciarci stare» APRILE 2015

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La sua manovra era stata molto più azzardata della mia. Ma l’aveva compiuta per farmi rispettare la legge. Sentendosi perfettamente virtuoso. Questo episodio mi insegnò molte più cose sul carattere tedesco di un trattato di sociologia». Franco Buffoni, invece, ci insegna molte più cose sul carattere di un poeta di un trattato di politica economica. Scrive di manovre economiche descrivendo manovre automobilistiche. Il suo libro “O Germania” (Interlinea, 2015) si apre con un aneddoto intitolato “Mercedes vs Bmw”, ma che poteva intitolarsi: “Italiano alla guida di macchina tedesca vs. Tedesco alla guida di sé stesso”. Si tratta di un volumetto molto interessante dell’autore milanese, scrittore e poeta (non è il momento, questo, di innescare polemiche su: “Ma perchè, un poeta non è anche uno scrittore?”) che pare letteralmente divertito a inviare un messaggio potentemente politico dal suo Ministero degli Affari in versi. Una invettiva come non si leggeva da qualche anno a questa parte. Si può scrivere un trattatello di politica economica tra prosa e poesia? La risposta, a leggere queste pagine, è affermativa, con persino una sezione introduttiva in cui si ricorda che fu Adenau-

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er a definire i tedeschi «pecore carnivore», mentre Joschka Fischer, ministro degli esteri della Germania ebbe a dire nel 2012: «Con queste politiche, e soprattutto con questo approccio solo economico-finanziario ai problemi politici, la Germania rischia di affossare l’intera Europa per la terza volta in un secolo». Buffoni allora consiglia: «Già hai dato il meglio, non strafare», o Germania. O Cancelleria tedesca. O tedeschi, «Uomini di mezza tacca neanche tanto aggressivi | Provvisti di pulsioni, di emozioni prevedibili | Assolutamente banali. Razionali come | Istituzioni concentrazionarie | Segregazioni, campi». I riferimenti si fanno sempre più espliciti: «Perchè si può dire ciò che è bello | E ciò che è brutto | Si può dire anche ciò che è molto bello. | È il troppo brutto | Che non si riesce a dire. | Perchè esistono tutte le parole | Ma sono lunghe e finisce | Che assorbono | Dei pezzi di dolore». La riflessione sulle politiche di una nazione si fa anche riflessione sulla lingua, efficacissima: «Se a Milano per definire il “brutto” | si ricorre al peccato, | a Napoli si afferma senza dubbio | “brutto comm ‘o debbito”. | Mai così uniti: schiavi tristi». Brutto come il debito: potrebbe sembrare una difesa a spada trat-

ta dell’Italia, della Grecia. Non sembra, lo è. Eppure trattasi di una difesa che argomenta l’uso della spada tratta dai versi senza lasciarsi andare a smancerie liriche, ma chiedendosi piuttosto: «Di quante leggi razziali sono ligio complice io?», oppure: «Che cosa sono i Pride, infine, | Se non il grido modulato di una comunità | Che desidera far sapere al mondo: | La prossima volta che verrete a prenderci, | Non ci troverete inermi?» (da “Stelle gialle e triangoli rosa”). Le riflessioni sulla lingua, o meglio sulla lingua dei luoghi tornano anche quando bisogna «Trovare un’altra parola al posto di campagna | Per indicare questi campi e quelle | Rampe di vigneti, il muro in fondo e gli eseguiti. | Ma non gridano più neanche vendetta | Queste distese di ossa sopraffatte | Da più fresche fila di morti col cappotto». Qui mi viene in mente un ricordo personalissimo di una antologia talmente popolare e volgare da essere universale, eredità di qualsiasi popolo. Il prof. Antonio Parisi, tra i fondatori della Scuola di Cinema e Televisione di Roma, scrisse negli Anni 80 un “Canzoniere Fondano” teso a raccogliere le esperienze di vita degli abitanti di Fondi e dintorni. Tra le sue oltre 100 liriche, spicca quella in cui il migrante era stufo

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non tanto della terra tedesca, ma quasi dei prodotti della terra tedesca che non venivano indicati col giusto nome: le patate erano “kartoffeln”, ma lui voleva tornare in patria solo per mangiare le sue “patane” (patate), come se la lingua desse più sapore alla bocca (perchè, non lo fa davvero?). I collegamenti con Buffoni sembrano molteplici se solo si pensa alla Germania, alla lingua e a Fondi. Sì, perchè in una poesia di “O Germania” c’è un componimento dedicato a Sereni e a de Libero, quest’ultimo originario proprio di Fondi. Questo il componimento in questione:

E mi si fanno vicine La poesia di Sereni su Amsterdam Del cinquantasette E quella di De Libero Settembre tedesco del quarantatré. Claudio bambino odoroso di pelle nuova Che non si addice al mattino tedesco Ucciso perchè ride non si allontana Senza gli avanzi del rancio. E a Sereni l’olandese che ammette Sono tornati come turisti li accogliamo E diamo loro anche informazioni Ma non una parola in più.

Buffoni ammette nel suo libro: «Invece di lettere io scrivevo poesie». Lo faceva anche de Libero, ma a dire il vero lo facciamo in tanti. In “O Germania” le lettere in forma di poesia sono molte. Che qualcuno le indirizzi a: Willy-Brandt-Straße 1, 10557 Berlin, Germania. Attenderemo risposte.

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NOVITÀ MANGA a cura di Jessica Marchionne

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a primavera è iniziata e il suo arrivo ci porta delle novità in ambito anime/manga in uscita per la prima e la seconda settimana di aprile. Mentre ancora sono in corso gli anime che ci ha portato la stagione invernale, già trapelano informazioni su ciò che vedremo a partire da meno di un mese a questa parte. I nuovi anime sono davvero moltissimi per questo citerò quelli che hanno ricevuto maggior clamore ed entusiasmo da parte del pubblico: - Digimon Adventure Tri, certamente uno degli anime più attesi dato che le prime indiscrezioni erano trapelate già a partire dall’estate scorsa. In occasione del quindicesimo anniversario della serie, i Digimon tornano in una veste grafica completamente rinnovata e i protagonisti altri non saranno che i digi prescelti della prima serie, ora studenti liceali diciassettenni. Quest’inverno è stato rilasciato il primo artowrk della serie nel quale appunto si poteva constatare quanto il design fosse cambiato. Ovviamente è stato un argomento di fuoco per i fan, tra chi avreb-

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be preferito lo stile classico della serie e chi invece ha apprezzato questa radicale modernizzazione. È prodotto da Toei Animation; - Saint Seiya: Ougon Tamashii Soul of Gold, dopo l’uscita al cinema del film dei ‘Cavalieri dello Zodiaco: la leggenda del Grande Tempio’ giunge la notizia di questo nuovo progetto sempre della Toei Animation. Purtroppo non si sa quasi nulla di questo nuovo anime, se non che i personaggi di spicco saranno i Cavalieri d’Oro. In occasione di questa uscita sono già in progetto delle nuove Myth Cloth da collezione di cui però ancora non si conosce la data di rilascio al pubblico; - Lupin III (2015), nuova serie anche per il ladro gentiluomo più famoso di sempre, con

2015 ambientazione in Italia e San Marino. L’autore ha dichiarato di voler differenziare il carattere di Lupin rispetto a come era anni fa e creare una contrapposizione tra il suo essere comico e riflessivo. Prodotto da Telecom Animation Film; - Uta no Prince-sama:

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Maji Love Revolutions, terza serie per il fortunato anime di UtaPri. La storia vede coinvolti un gruppo di idol e la loro compositrice. La serie ha avuto un grande successo sin dall’uscita della prima serie, di cui infatti è stato prodotto ogni tipo di merchandising. È prodotto da A-1 Pictures; - Fate/Stay Night: Unlimited Blade Works (2015), continuo dell’arco di Unlimted Blade di cui la prima stagione è uscita lo scorso ottobre. La notizia ha destato così tanto scalpore che c’è stata la richiesta di streaming in contemporanea a

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livello mondiale. Prodotta dalla famosissima Aniplex; La lista è ovviamente lunghissima, tanti altri anime infatti sono attesi per questo aprile come la terza stagione di High School DXD Born, Owari no Seraph, Ameiro Cocoa e la nuova serie di Gintama. È sicuramente un’altra stagione ricca di nuovi anime e nuovi continui attesi dal pubblico. E voi quale seguirete?

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LITTLE READERS a cura di Clara Raimondi

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ittle Readers è la rubrica che suggerisce a mamma e a papà le letture giuste. C’è qualcosa di più bello di leggere nel lettone? Per far sì che questi momenti non siano più sporadici ma siano quotidiani e per avere in cameretta la libreria più fornita del cesto dei giocattoli, non perdete i consigli della rubrica che fa contenti i più piccoli con il portafoglio di mamma e papà. La cosa più importante di Antonella Abbattiello (Fatatrac, 48 pagg, per piccolo lettori dai 3 ai 4 anni) è perfetto per le letture in famiglia. Tutti gli animali del bosco si riuniscono per decidere se è meglio avere la proboscide dell’elefante, gli aculei del porcospino o il collo lungo come la giraffa. Ogni animale,

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naturalmente, tira l’acqua al suo mulino. Ma sfogliando le pagine i Little Readers si accorgeranno che non tutti stanno bene con la proboscide e gli aculei. Perché? Perché ognuno di noi è bello per quello che è. Nella sua diversità e unico e speciale. Masha e Orso tentato il sorpasso e cercano di superare Peppa Pig e arrivano in libreria con Una piccola peste (Fabbri, 23 pagine, 5,87). Un libro gioco, pieno di adesivi per divertirsi con quella peste di Masha e con la simpatia di Orso, dai tre anni in su. I bambini di oggi sempre sotto il controllo dei genitori o della scuola non hanno più spazi di autonomia. Il risultato: una generazione di ansiosi che vede la vita piena di ostacoli insormontabili. Un modello che rompe il gioco del controllo morboso, esiste e stimola

la curiosità, la giocosità e la capacità di socializzazione e la libertà. I bambini sono sì bisognosi del nostro aiuto ma sono allo stesso tempo pieni di risorse. Educare non vuol dire fare prigionieri ma insegnare a vivere con gioia, come afferma Peter Gray in Lasciateli Giocare! (Einaudi, 287 pagg, 15,30 euro). In attesa della svolta tutta al femminile della saga di Geronimo Stilton (pare che stia arrivando una squadra di topastre, indagatrici del mistero), è pronto per il suo Viaggio nel tempo, avventura numero 8! Il libro imperdibile? Moka di Satoe Tone (Kite, 32 pagg, 13,60 euro)

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Uciurem dolupta tendipiet omnim alitatias explam et laboreprovid quiam si ipicimaion rerum lab is adit a

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GIAN LUCA CAMPAGNA Osservando Gian Luca Campagna da lontano non fai fatica ad affermare che sia un uomo di fascino: elegante, barba quasi sempre incolta, attenzione nella camminata. Osservandolo da vicino le cose non cambiano. È allo stadio, poi, che il giornalista Gian Luca diventa un tifoso. Urla, sbraita, ti tira per la maglietta e esulta come un pazzo. Non sapremo mai cosa sarebbe successo se il Latina Calcio avesse raggiunto la serie A. Ma sappiamo cosa è accaduto “Molto prima del calcio di rigore”.

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a cura di Daniele Campanari

osa succede prima del calcio di rigore? In quell’avverbio che si aggiunge c’è il significato intrinseco del romanzo. Tutto quello che succede molto prima dell’ultimo respiro che si alita nell’ultima partita del campionato, e quindi tutte le aspirazioni, le speranze, i sogni, le illusioni che si infrangono in quel momento, sia dei protagonisti della storia, entrambi impegnati nella loro personale ricerca ontologica, sia di una città intera che vede nel 65


intervista

E durante? Prima del calcio di rigore (che poi è quello di Cascione al 95’ di Latina-Cesena, finale di play off dello scorso anno quando una comunità intera, quella pontina, sognò di arrivare a un passo dalla massima serie calcistica) si dipanano le storie dei due protagonisti: Marcello Calvisani, cronista di sport e di nera di Latina, precario negli affetti e nel lavoro, che segue il Latina calcio nelle sue peregrinazioni lungo lo Stivale, e Giuseppe Cavalcanti, chef detective milanese che indaga per conto di una ricca commercialista sull’assassinio della sorella che porterà poi a collegare vari delitti in tutta Italia, guarda caso in quelle città, si scoprirà, dove il Latina giocherà in trasferta. E nel mezzo il calcio raccontato come ci hanno insegnato i grandi maestri della narrativa e del giornalismo sudamericani, da Osvaldo Soriano a Eduardo Galeano passando per Manolo Montalbàn, con tutti gli episodi grotteschi che appartengono alla sfera di cuoio.

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calcio una sorta di riscatto sociale e territoriale. Il calcio qui è utilizzato come strumento di collante sociale e come linguaggio universale, che accorcia distanze territoriali, di classe e di comunicazione. Borges diceva dove c’è un bambino che prende a calci un pallone eccola, quella è la poesia del calcio che rinasce ogni volta.

dell’arbitro e calciò la palla lontano tra l’incredulità generale. Per quel gesto grottesco fu sbeffeggiato da tutti, dai giocatori brasiliani agli spettatori di Gelsenkirchen, fu trattato alla stregua del fardello dell’uomo bianco applicato al calcio. Soltanto a distanza di tempo si seppe la tragica verità: quell’uomo, perculato da tutto il mondo, in realtà è stato un eroe nel dramma nazionale del suo Paese. Se non ci credete andate su youtube. C’è stato un momento che ha dato la spinta narrativa per iniziare a raccontare questa storia? Sarebbe troppo facile ammettere che latore dello spunto è stata la promozione in B, un campionato importante per noi italiani, del Latina calcio, ma in realtà i tanti spunti che offre quotidianamente il mondo del calcio, inteso sempre come linguaggio universale tra popoli, è stato il fischio d’inizio per cominciare a scrivere un romanzo che mi ha concesso la fine soltanto al 90’. Il calcio è utilizzato come straordinario veicolo per raccontare le storture, le criticità, le problematiche della provincia italiana e certificare che questa è una Repubblica fondata sul calcio e con la testa completamente nel pallone.

Alcune parti del romanzo sono apparse sul tuo profilo Facebook. Una scelta che sta al passo coi tempi dell’internet 2.0. Anche rischiosa, però Condividere col pubblico le tue produzioni è un rito necessario. Farlo prima che siano pubblicate può far scaturire un confronto e uno scambio di vedute, può anche portarti a modificare e integrare concetti e aspetti di cui magari non hai profonda convinzione. Nell’epoca della condivisione e Chi è il fantasista della storia? È Mwepu Ilunga, il difensore dello Zaire che dell’istantaneità credo però che sia quasi un pasall’85’ di Brasile-Zaire dei Mondiali del 74 in saggio obbligatorio, anche se non necessario, ma Germania si staccò dalla barriera prima del fischio che può dare frutti in termini promozionali. Intan66

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Alcune sconfitte si dice che siano salutari. Questa forse è arrivata, allora, al momento opportuno, anche se con l’animo del tifoso ho sperato di andare in A. Chiaro che la città non era pronta per un traguardo e un obiettivo del genere, lo dice la to sto sperimentando con il nuovo romanzo, ‘Nero stessa cronaca cittadina: la questione grottesca e Mediterraneo’, questo sistema di condivisione nar- sciatta dello stadio Francioni ne è la testimonianza maggiore, anche se resto un convinto fautore che rativa. le società dovrebbero essere le titolari del proprio impianto, una struttura sempre Hai pensato a un’operazione più per famiglie e sempre meno marketing preventiva racconper ultras violenti, un luogo dove tando la storia del Latina Calsocializzare e familiarizzare, da cio proprio nel momento del vivere non soltanto il giorno delmassimo splendore in cui il nula partita. In questo contesto resta mero dei tifosi è raddoppiato? molto interessante il progetto del Ho pensato soltanto a raccontare nuovo stadio del Milan, al Porteluna storia, poi che questa storia lo. E dato che è una cosa avvesi dipani nella città con cui ho niristica, che tiene conto dell’eun rapporto conflittuale mi inorcosistema, si incastra col tessuto goglisce, perché è stato naturale urbano, rispetta la tradizione è anche descrivere i protagonisti e probabile che non si costruirà i comprimari. Sono bastate poche mai. pennellate per rendere reale quel mondo che conosciamo perché lo Se il Latina avesse raggiunto la abbiamo vissuto, amato, odiato. serie A? Non staremmo a imprecare per Dividiamo due lati di te: Gian una rete subita dal catenacciaro Luca scrittore e Gian Luca tiCarpi e staremmo a fare un selfie foso. Narrando, chi prevale di insieme a Totti dopo aver subito più? un gol. Vince sempre il Gian Luca scrittore, perché è quello che domina il tifoso. Il tifo appartiene alla franchigia delle emozioni e nasce Davvero Mwepu Ilunga è il tuo eroe? e muore nei novanta minuti, ma non può mai in- Mwepu Ilunga rappresenta una delle sintesi della taccare la sfera dell’obiettività e dell’imparzialità, vita, la certificazione apodittica che la vita si rivela quella appartiene in modo imprescindibile all’es- una farsa con attori sghembi e improbabili, dove sere umano che capisce che il pallone va toccato non esiste un copione già scritto e dove il regista coi piedi e non con le mani (a meno che tu non sia spesso e volentieri è sotto gli effetti di alcool di pessima qualità. il portiere). Il resto è solo letteratura. Qualcuno ha detto che la sconfitta patita dal Latina nel doppio incontro di finale play off è stata un bene per le sorti della città

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