Pietro Ricca: P=Σ(S+R)

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pietro ricca

P=Σ(S+R) Progetto = sommatoria di Semplificazioni + Risparmi

“Non esiste evoluzione senza semplificazione”


Un particolare grazie a:

Cristina Cassarin Andrea Spoto Massimiliano Panero


PREMESSA La quasi totalità delle aziende, certamente italiane e seppur in misura inferiore, in tutto il mondo, nascono dalla capacità artigianale ma anche commerciale nonché creativa, di un individuo che decide di rischiare in proprio e propone “il suo fare” al mercato. Non sempre la proposta è ben accetta dai consumatori o dagli altri operatori economici ma se si dovesse rivelare azzeccata ecco che l’attività cresce e poco per volta, coinvolge altre persone. Quando le competenze all’interno dell’attività si differenziano ed a corollario della mera produzione si generano settori aziendali ben precisi, quali l’amministrazione, il commerciale, la produzione, il management, allora inizia a delinearsi un’azienda vera e propria. Non vi sono parametri che possano definire con certezza quando un’attività si trasformi da semplice realtà artigianale ad embrione industriale e nei tempi passati, questa analisi non pareva essere così strategica. Il modificarsi della realtà economica, senza cadere nella polemica se in forma evolutiva od involutiva, ha sicuramente penalizzato le attività prettamente artigianali. L’ipotetico limite che definisce quando non sia più sufficiente la mera capacità di produrre, obbligando ad affiancare ad essa aspetti organizzativi, finanziari, operativi si è abbassato notevolmente ed oggi, anche solo 1


per gestire un negozio, si richiedono conoscenze e strategie piuttosto complesse e non strettamente legate allo svolgimento dell’attività propria. Questo scenario costringerebbe molti operatori a trasformare il proprio approccio da artigiano o commerciale ad imprenditoriale ma anche ammesso che ne acquisiscano la consapevolezza, si troverebbero comunque ad affrontare una serie di conseguenze anche traumatiche.

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ONNIPRESENZA O QUALITA’ La trasformazione da mera attività ad impresa pone innanzitutto un problema legato all’approccio psicologico, la natura operativa del neo imprenditore lo porta a “scendere in officina” od a “verificare il progetto”. Egli piuttosto non controlla il saldo del conto corrente ma verifica che quel bullone sia al posto giusto. Non che questo non sia legittimo ed anche auspicabile, come tendenza, ma il percorso dovrebbe essere quello di definire dei criteri di produzione e di realizzazione che garantiscano modalità e qualità, senza il controllo visivo e l’intervento estemporaneo del titolare. La consapevolezza del nuovo ruolo deve portare a definire una modalità di verifica diversa da quella di recarsi sul posto e toccare con mano. Le cosiddette “certificazioni di qualità” dovrebbero essere proprio l’anello di congiunzione tra il controllo visivo legato alla sensibilità della persona singola e la descrizione del processo produttivo, attraverso dei criteri che garantiscano lo stesso risultato definendo il metodo e le regole. Non si sta parlando delle certificazioni obbligatorie e di fogli di carta inutili che si predispongono a mo’ di pizzo a favore di questo o quell’ente ma di istruzioni create dall’imprenditore stesso.

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L’utilità di mettere per iscritto il proprio fare ed il proprio sapere è immensa, l’imprenditore deve creare la propria certificazione di qualità, descrivendo i processi ed anche stabilendo i criteri di verifica che siano per lui confortanti. Questo può essere fatto anche con l’aiuto di un professionista che faccia da contraltare e da ‘sollecitatore’. Il risultato di questo lavoro sarebbe oggetto di orgoglio, uno strumento di lavoro ed anche uno strumento di marketing originale; a fianco dei vari logo obbligatori ne potrebbe apparire uno che evidenzia: certificato da “<ROSSI>” proprio per evidenziare che il vero valore aggiunto è la garanzia di chi intraprende. Un esempio utile per comprendere è legato alla storia dei famosi McDonald’s. Richard e Maurice McDonald gestiscono un chiosco e fanno panini, probabilmente ottimi se Ray Kroc, fino ad allora fornitore di frullatori, fonda la McDonald’s corporation allo scopo di facilitare il franchising dei ristoranti. Dal punto di vista del “prodotto finito” è evidente che, per mantenere ciò che il mercato aveva accolto con entusiasmo, fosse necessario produrre dei panini come quelli dei fratelli McDonald in tutto il mondo, tanto che il mantenimento del prodotto originale in forma artigianale è divenuto il simbolo del successo della catena. La questione non è stabilire se gradite o non il BigMac ma imprenditorialmente è indiscutibile che quel prodotto ha trovato il gradimento del mercato ed ovunque è preparato 4


allo stesso modo, pur se cucinato da persone molto diverse. In realtà McDonald’s, simbolo della globalizzazione è contemporaneamente l’esempio di una piccola attività caratteristica proposta al mondo intero. Come garantire che tale prodotto mantenga le caratteristiche che stanno nelle aspettative del cliente senza costringere i due fratelli a visite itineranti, a sorpresa, nei ristoranti? Il risultato si ottiene definendo la ricetta, un iter di preparazione che comprenda tempi e metodi ed anche realizzando dei macchinari specifici e strumenti di controllo che garantiscano il sistema. Con una buona ricetta e macchinari che dispensano le dosi, segnalano al momento opportuno le azioni necessarie e propongono le materie prime, anche la ragazza nata nel più recondito paesino, distante migliaia di chilometri da Arcadia in California, prepara un panino conforme alla qualità dei due fratelli nel chiosco. Questo processo si chiama “certificazione di qualità” ed è ciò che le aziende italiane spesso subiscono come un’imposizione ed un costo semplicemente perché sono estranei alla realtà aziendale mentre se un imprenditore crea “la sua qualità” ha generato uno strumento fondamentale. La qualità è praticamente la ricetta ed il metodo per ottenere il prodotto. 5


Tale ricetta può essere un elenco scarno (fegato, sale, aceto, cipolle), oppure un racconto un po’ barocco (prendete il vostro fegato ed unitelo a qualche goccia di aceto e lunette di cipolla), oppure può essere un vero manuale del perfetto risultato finale (per due persone prendete circa 200 grammi di fegato e spruzzatelo con mezzo bicchiere di aceto, tagliuzzate una cipolla ed unitela …..) La qualità deve essere un vero manuale, grazie al quale è possibile impiegare più persone, con diversi livelli di conoscenza e consapevolezza, per creare di continuo prodotti finiti perfetti. Ovviamente non tutte le attività possono e devono adeguarsi a tanta standardizzazione, anzi l’auspicio è che le istituzioni la smettano di obbligarci a questo ma la questione che trattiamo è come ottenere risultati ed efficienza ora e con queste leggi, senza per forza diventare McDonalds se non lo si desidera o non è utile. L’ipotesi di cambiare le leggi e le tendenze è auspicabile ma non in questa sede dove invece dobbiamo ottenere i risultati con la realtà esistente. In termini pratici come possiamo distinguere la figura dell’artigiano da quella di un imprenditore od addirittura come si può salvaguardare l’artigiano anche quando è costretto a fare l’imprenditore? Esistono naturalmente aspetti pratici nonché filosofici ed etici che consentono di individuare le due figure ma non 6


è neppure vero che sia assolutamente necessario tracciare un confine ben definito. Per definire un elemento di assoluta distinzione, l’eccesso che consente di chiarire i due estremi, si può sostenere il concetto che l’artigiano non può prescindere dal saper costruire il suo prodotto finito mentre l’imprenditore, per assurdo, dovrebbe essere coinvolto il meno possibile nel fattore produttivo, essendo impegnato nella regia. Evidentemente una figura imprenditoriale che conosca le caratteristiche del prodotto finito e che sappia essere un buon stratega è il massimo risultato possibile ed è a questo che questa proposta punta: cambiare le regole che assoggettano l’imprenditore ai bilanci, alla finanza, alla tecnologia e spiegare ai professionisti di questi settori che la loro cultura è totalmente inutile se non applicata all’impresa. Non è l’imprenditore a dover acquisire le conoscenze per avvicinarsi a questi settori, bensì proprio coloro che si ritengono portatori di queste conoscenze a doverle trasferire, secondo la logica d’impresa, altrimenti il loro sapere è inutile. Egli deve ricevere informazioni di carattere produttivo, commerciale, finanziario, fiscale ed organizzativo e grazie a queste deve condurre la trama al risultato, nel modo più armonico possibile. Un grande imprenditore, spesso, vive la realtà giornaliera nell’ombra, facendo accendere i riflettori su di sé solamente quanto un nuovo risultato ha bisogno di essere 7


comunicato o quando una strategia ha bisogno di essere attuata. L’azienda garantisce la capacità di realizzare un prodotto finito, qualitativamente adeguato, indipendentemente dalle capacità manuali e dalle conoscenze tecniche dell’imprenditore. Come detto questa estremizzazione consente di definire i due limiti, da un lato colui che lavora da solo e realizza manualmente il suo manufatto, dall’altro colui che coordina delle persone affinché queste producano il prodotto finito. Dentro questo grande contenitore di persone intraprendenti troviamo la realtà del mondo delle imprese. L’evoluzione dei mercati e la tanto amata e temuta globalizzazione hanno sicuramente spostato il baricentro di questo ipotetico contenitore verso le realtà imprenditoriali, penalizzando quelle strettamente artigianali. Anche quando si parla di artigianato da valorizzare ci si riferisce preferibilmente al prodotto e non al modello ipotizzando, come minimo, l’aggregazione di singoli all’interno di realtà associative o collaborative più grandi ed articolate. Sarà poi così vero che non può esistere un artigiano illuminato che trasferisce le proprie conoscenze attraverso un percorso preciso? Perché un buon produttore non può pretendere che siano i settori di servizio collaterali ad adeguarsi alla sua cultura 8


e non a doversi istruire per fare ciò che non è nelle sue corde? Ma soprattutto la domanda è: se quell’impresa è stata in grado di generare una realtà economicamente valida perché deve essere lei a sottomettersi alle culture di servizio e non viceversa? Se non esistesse l’azienda i commercialisti, gli informatici, i consulenti finanziari sarebbero in grado di generare dell’economia redditizia?

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LA SITUAZIONE ATTUALE Perché oggi un artigiano non può più permettersi di occuparsi semplicemente del suo manufatto? Vi sono ragioni naturali ed anche molte ragioni artificiali o per meglio dire artificiose. Dal punto di vista burocratico le strategie, strettamente politiche e demagogiche, della lotta all’evasione fiscale hanno generato una serie di adempimenti e predefinizioni delle attività che nulla hanno a che fare con la realtà, per cui nella sostanza, il modello di riferimento dello Stato non ha normalmente nulla a che fare con lo svolgimento del lavoro. Appare evidente che strumenti quali gli studi di settore, per esempio, non nascono per generare trasparenza ed è altrettanto evidente che sono stati studiati e posti in essere da esperti che svolgono l’attività di consulenti oppure sono dipendenti o comunque non a conoscenza della realtà d’impresa. Ne risulta che definire una valorizzazione reddituale standardizzata crea difficoltà alle piccole attività, perché da un lato definiscono un minimo reddito, indipendente dalla possibilità o capacità di raggiungerlo, mentre dall’altro canto consentono all’evasore “professionista” di conoscere il livello minimo di credibilità fiscale oltre il quale può permettersi, con più facilità, di distogliere l’attenzione dai suoi traffici. 10


L’ipotesi che i redattori di queste normative non siano in grado di predisporle correttamente è naturalmente quella più benevola, non volendo immaginare che invece lo scopo fosse quello di aiutare i veri evasori e sopprimere gli onesti, perché in realtà altre ipotesi non si riescono a rilevare. Naturalmente non sono solo gli studi di settore ma anche la gestione dell’IVA e la definizione delle redditività che non rispecchiano la logica dell’impresa. In tutta l’Europa comunitaria è considerato reddito ciò che deriva dall’emissione di una fattura, che obbligatoriamente deve essere redatta entro un mese dalla consegna del prodotto consegnato o dalla prestazione conclusa. Dunque, è evidente che, escludendo dalla competenza reddituale il momento del pagamento, i soloni dell’economia si crogiolano nel loro mondo virtuale, dimenticando che le aziende non nascono per emettere carta ma per farsi pagare per un lavoro svolto. In realtà, se avessero la capacità di ragionare e non avessero solo scaldato i banchi di scuola ma verificato realmente cosa accade, saprebbero che l’emissione della fattura è semplicemente il momento nel quale si dichiara che la transazione è definita da entrambe le parti e che chi acquista si impegna a pagare per quanto ricevuto. Nelle loro spiegazioni teoriche parlano di cicli aziendali complessi ed iterativi per i quali, infine, il concetto di 11


competenza e di cassa non sono così distanti e via discorrendo. Queste sono le complessità che generano crisi ed incomprensione, nonché perversioni incredibili che costringono le imprese ad utilizzare i circuiti creditizi per ottemperare ad oneri fiscali. Quanto fino ad oggi sostenuto da costoro è falso perché in un ciclo iterativo, per garantirne la funzionalità, è necessario che l’esemplificazione di un singolo iter semplice sia funzionante. Secondo la cultura perversa dell’economista da ateneo, al momento dell’emissione della fattura si genera un debito da parte dell’azienda che la emette nei confronti del fisco. Sostanzialmente ci dicono che un pezzo di carta, più o meno virtuale, genera un debito reale ed in sostanza questo avviene indipendentemente dal fatto che quel danaro esista effettivamente e se ne abbia la disponibilità. Ne consegue che una figura onesta, produttiva si ritrova un debito che, nel caso in cui abbia a che fare con una controparte non altrettanto corretta, lo costringerà ad accedere al credito bancario. Dunque, egli ha lavorato, ha impegnato il suo denaro per produrre quanto gli è stato chiesto e si ritrova un creditore quale lo Stato, inflessibile e decisamente disonesto evidentemente, che si approfitta della situazione. Uno fisco eticamente corretto ed anche consapevole sa bene che quello è il momento in cui dovrebbe essere a fianco dell’azienda, per sostenerla nella fase più critica ed 12


invece affonda i denti, addirittura dicendo che il mancato pagamento di tale debito, l’IVA appunto, può configurare reati penali quali l’appropriazione indebita. Naturalmente colui che non paga la fattura e si detrae l’IVA non corre pericoli di incorrere in reati, anzi è protetto da lungaggini burocratiche e da costi di recupero del credito che servono ad arricchire un’ulteriore categoria di professionisti, che vivono perché le imprese esistono e possono essere vessate. Evidentemente la vera appropriazione indebita è quella che fa il fisco nei confronti del contribuente e questo risulta chiaro ed indiscutibile perché testimoniato dalla concretezza delle azioni persecutorie e perché pretendere danaro laddove non è ancora stato incassato è evidentemente un’operazione estorsiva. Non paghi i grandi detentori delle conoscenze economiche sostengono che comunque, sempre indipendentemente dall’incasso effettuato, la fattura è componente di reddito per cui è necessario pagare le relative imposte. L’assurdo è che chi non ha pagato le fatture può tranquillamente detrarsi l’IVA ed abbattere il reddito, indipendentemente da quello che sarà il rispetto delle condizioni pattuite. Si tratta praticamente del fatto che la possibile vittima di una reato inizia a scontare lui un po’ di pena fino a quando chi il reato lo ha commesso non sarà individuato e 13


condannato, questa è la logica dell’illegalità che sta dietro i principi economici che si sono affermati. Infine, totalmente ignoranti o totalmente in cattiva fede, hanno anche pensato di introdurre delle anticipazioni tanto che non solo richiedono danaro non incassato ma si portano avanti estorcendo anche denaro del quale non si è neppure fatta la fattura. Nella sostanza un’attività che emette una fattura, grazie a queste perversioni si ritrova con un credito incerto e con almeno 3 debiti certi: l’IVA, l’erario, la banca. Negli anni delle finte azioni per salvaguardare la riscossione delle fatture sono state fatte, garantendo il diritto al creditore di addebitare interessi dopo la scadenza. Questi interventi dimostrano o incapacità o strumentalizzazioni politiche: ci si domanda come un’impresa possa addebitare gli interessi per un mancato pagamento senza subire la ritorsione di essere cancellato dall’elenco fornitori. Un fisco corretto userebbe gli strumenti di detraibilità legandoli al pagamento, sarebbe così semplice e giusto. Forse però, semplice e giusto non fanno parte degli ambiti culturali del fisco e che poi i grandi soloni che legiferano non siano totalmente ignoranti, ma sostanzialmente in cattiva fede, lo si comprende quando, dovendo concedere contributi e/o a sgravi fiscali. In questi casi infatti essi chiedono, in rendicontazione, anche l’avvenuto pagamento, da questo se ne deduce che 14


il principio lo conoscono bene ma lo applicano correttamente solo a loro favore e salvaguardano i disonesti, quando invece non sono direttamente coinvolti.

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IL COROLLARIO Forti di questi inequivocabili principi economici si contendono la capacità produttiva dell’azienda una serie di figure professionali che, lungi dal garantire un effettivo servizio all’impresa, si propongono come coloro che mitigano le eventuali ire dello Stato, ingarbugliando adeguatamente la realtà aziendale, in modo che l’imprenditore non comprenda e lo Stato estorca. Non si tratta di un’esagerazione, non ci sono imprenditori in grado di determinare qualsiasi valorizzazione o strategia dai dati così come sono esposti nel bilancio e non ci sono imprenditori in grado di comprendere quale sia il costo del lavoro di un dipendente leggendo il cedolino. L’assurdo è che tutto il corollario di collaboratori esterni è oramai, in buona fede, convinto che sia necessario formare l’imprenditore e non che siano loro a dover entrare nella realtà d’impresa. Perché? Qual è lo scopo di questa inutile complessità? Chi se ne giova? In questa partita, che si gioca per togliere dalle mani dell’azienda le informazioni, si inseriscono le banche le quali, secondo un principio fondamentalmente usurario, favorite dalla complicità dello Stato, propongono soluzioni onerose per risolvere problemi che non esisterebbero se non fossero creati ad arte. Uno degli esempi più eclatanti è quello delle anticipazioni sui crediti. 16


Quando un’azienda emette una fattura sa che il 22% di quell’importo dovrà anticiparlo allo Stato, ha già ovviamente pagato materie prime e lavoro e se non sarà particolarmente fortunata dovrà anche anticipare le tasse sul reddito. Allora la banca propone i suoi servizi dicendo che è disponibile ad anticipare il valore, per esempio, delle ricevute bancarie emesse, naturalmente dietro ad un adeguato compenso in interessi. L’azienda, grata per il servizio ricevuto, anticipa le ricevute bancarie ed usa il danaro per pagare l’IVA e per pagare qualche fornitore in attesa che i clienti onorino le ricevute. Capita ovviamente che un cliente non paghi ed allora la banca pretende che sia l’azienda che ha il credito a rendere disponibile il danaro che però è già stato probabilmente utilizzato per cui potrebbe non essercene ancora la disponibilità, anche perché se ci fosse stata la disponibilità non sarebbe stato necessario l’anticipo. A quel punto la banca propone di anticipare la fattura e poi al passaggio successivo addirittura l’offerta od il contratto. Sostanzialmente per aver lavorato ed emesso una fattura l’azienda è debitrice verso lo Stato e verso la banca e se per caso dovesse far valere le proprie ragioni, può sempre indebitarsi ulteriormente per pagare un avvocato e la eventuale causa, dopo aver riconosciuto alla banca, ovviamente, anche le cosiddette spese di insoluto. 17


Da considerare che, se per caso nell’approvvigionarsi delle materie prime l’azienda decide di fare anche un po’ di magazzino, questo sarà oggetto di tassazione perché secondo la logica perversa degli economisti moderni se compero due viti anziché una il costo della seconda sarà tale quando la userò, anche se l’ho pagata per cui materialmente devo sborsare il denaro della vite più le tasse. I commercialisti ed i soloni dell’economia, di fronte a queste esemplificazioni e recriminazioni insorgono, dicendo che si fa della faciloneria, che questi esempi sono troppo banali. Bene più del novanta per cento della realtà imprenditoriale è costituita da questi fatti semplici, le favole interpretative universitarie, in azienda, esistono in maniera residuale. Se ne desume quindi che a partire dal fisco passando per le banche, i commercialisti, i consulenti del lavoro, gli avvocati hanno aggio a che il sistema ingabbi l’azienda in una realtà economica artefatta ma ben architettata per mungerla. Se provate a dire ad un commercialista che infondo sarebbe più giusto indicare nei registri IVA e nei conteggi reddituali solo le fatture pagate, questi risponde che sarebbe complesso e che favorirebbe l’evasione. Questa affermazione è falsa, stante la situazione delle transazioni ad oggi e praticamente il divieto dell’uso di contanti, il fisco potrebbe conoscere gli incassi 18


dall’estratto del conto corrente che nessuno può contraffare. Il fatto sta che il fisco usa già i dati dei conti correnti ma non per verificare se l’azienda ha ricevuto quanto le è dovuto ma per ipotizzare redditi più alti di quelli a conoscenza. E qui torniamo all’oppressione dell’onesto ed ai favori ai disonesti: se qualcuno incassa dei soldi non dovuti li mette sul conto corrente in bella vista oppure si organizza diversamente? Per il fisco è facile invertire l’onere della prova e mettere al muro chi in sostanza, sta semplicemente facendo il proprio lavoro. Anzi la semplificazione risolverebbe quasi completamente ed a monte anche il problema delle fatture false, ma c’è interesse a risolverlo ed a favorire i cittadini onesti e corretti? Il fisco, facendo finta di voler combattere l’evasione, chiede la redazione degli allegati clienti e fornitori che non sono altro che la somma delle fatture, cosa mai controllerà? Ma se si inviassero tutti i mesi gli incassi ed i pagamenti legati al numero di fattura si semplificherebbe, sarebbe la realtà senza tante invenzioni ed incroci, sarebbe inutile la fattura falsa. Interessa? Sempre nell’ambito della semplificazione, della chiarezza, dei servizi resi correttamente, proviamo a chiedere al 19


commercialista una situazione di bilancio reale per poter prendere delle decisioni strategiche. La risposta è che la situazione è più o meno quella esposta ma poi ci sono gli ammortamenti, i ratei e risconti, le non detraibilità ed altri fattori. Non parliamo di domande più complesse dal punto di vista finanziario: qual è il fido massimo necessario? Quant’è la rata massima che l’azienda è in grado di pagare in caso di accesso al credito? In compenso, applicando indici inventati nelle segrete stanze, sanno dirci se la nostra azienda rende più o meno dei BOT. Se poi ci si rivolge a chi ci redige i cedolini paghe per sapere qual è l’esatto costo orario di una persona, nascono elucubrazioni infinite dalle quali non emerge nulla di chiaro. In ogni caso sia i commercialisti che i consulenti paghe sono contemporaneamente vittime e carnefici di questo sistema inutile, costoso, perverso. Non trovando riscontro presso l’imprenditore non hanno gratificazione, rincorrendo scadenze ed adempimenti si stressano e spesso sono visti come un puro costo da accomunare a quello fiscale, il commercialista non porta quasi mai una soluzione ma comunque cattive notizie. Certo oramai sono complici inconsapevoli, convinti anch’essi che non vi sia altra strada, per quanto la realtà potrebbe essere ben diversa, proprio con il loro 20


contributo e quello delle associazioni professionali di cui fanno parte. Tutti questi professionisti sono iscritti ad albo professionali ed a qualsiasi cittadino sfugge completamente quali siano le utilità e le garanzie, se non nel sentirsi ogni tanto dire: non posso farle una tariffa più bassa perché ci sono i minimi stabiliti dall’ordine, oppure: se non mi paga mi faccio liquidare dall’ordine e poi se la vede con loro. L’opacità è lo strumento base per costringere l’azienda nell’angolo, nessuna associazione, albo, organizzazione si muove affinché la vessazione termini semplicemente perché nessuno ne ha interesse ed in molti casi, purtroppo, nemmeno la preparazione. Per quanto riguarda la chiarezza del costo del lavoro è evidente che enormi responsabilità sono da attribuire alle parti sociali ed ai Governi che si sono succeduti. Gli intenti sono sempre stati quelli di garantire la credibilità e le capacità contrattuali ed anche ricattatorie dei singoli attori in commedia, trascurando completamente l’esigenza primaria che dovrebbe essere quella di un rapporto trasparente tra azienda e dipendenti. Ma se tutto fosse così semplice e trasparente risulterebbero ridimensionati organi e ruoli sindacali e politici e si mitigherebbero i conflitti tra aziende e lavoratori evidenziando, palesemente quando gli attori fuori ruolo in commedia siano lo Stato, i sindacati, le associazioni di categoria. 21


Ultimi attori in ordine temporale sono giunte le banche dati del credito. In una prima fase il loro scopo era quello di acquisire i dati di mancati pagamenti onde evitare che i disonesti potessero sfruttare una pluralità di interlocutori inconsapevoli. La conseguenza è stata che non esistono livelli di merito per cui anche se non si è pagata una bolletta da 100,00 Euro (fatto reale constatato) per via di un contenzioso, il fornitore per ritorsione segnala il mancato pagamento ed ecco che tutta le credibilità dell’azienda decade con conseguenze, anche bancarie, incredibili. Non contenti i gestori delle banche dati hanno creato delle società di servizi che propongono gli indici di valutazione dell’affidabilità aziendale. Sostanzialmente attraverso dei calcoli soggettivi definiscono dei ‘voti’ di credibilità dell’azienda. Il caso citato precedentemente dei 100,00 Euro, presentava una società altamente credibile come se fosse di prossima chiusura, perché il fornitore di energia che aveva segnalato, era l’unico fornitore conosciuto dalla banca dati per cui l’esito era che non fosse pagato il 100% dei fornitori. Alla richiesta di chiarimenti la risposta è stata che era visibile il fatto che il fornitore fosse uno solo, per cui la valutazione doveva essere più attenta da parte del lettore. Ma le argomentazioni successive per proporre il loro prodotto sono l’esempio dell’arroganza di queste aziende: 22


1 – Se tutte le aziende fossero nostre clienti l’attendibilità dei nostri dati sarebbe perfetta, ipotizzando una sostanziale situazione di monopolio che possa metterli al centro del mercato per la definizione della credibilità delle aziende. 2 – L’80% delle aziende che abbiamo messo in previsione di fallimento negli ultimi tre anni ha poi effettivamente chiuso. Evidentemente se i criteri che usano per mettere alla berlina le aziende sono quelli esemplificato sopra e se alcuni imprenditori usano i loro dati con fiducia è evidente che chi fosse in difficoltà sarà definitivamente fuori dal mercato. Dei veri e propri assassini d’impresa.

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IL CONTROLLO DI GESTIONE La sensibilità verso un corretto controllo di gestione è aumentata, negli ultimi anni, in relazione ad una situazione economica difficile o comunque ad una crisi del sistema di consumo globale nonché a causa nella cattiva gestione di ambiti finanziari, bancari, amministrativi pubblici e privati. Si potrebbe anche insinuare il sospetto che alcune cattive gestioni in realtà siano legate a strategie mirate al vantaggio di pochi o comunque atte a favorire ambiti speculativi ristretti, ma questo non cambia nei fatti l’esigenza di cambiare le logiche organizzative, finanziarie ed operative magari diminuendo la delega, troppo spesso acritica, fatta a commercialisti, consulenti, banche. La conoscenza è uno degli elementi centrali per uno sviluppo equilibrato, per la scelta di strategie consapevoli, per la valutazione della propria realtà ma troppo spesso alle aziende viene già fornito il risultato derivante dal sapere e non gli elementi che consentono di giungere agli obbiettivi. Presentando i dati in maniera tecnicamente corretta ma strutturalmente non idonea ad essere letta da imprenditori o dirigenti non iniziati alle ‘sacre cose’ amministrative e finanziarie, i professionisti o le banche mettono le basi per essere, in esclusiva, i propositori delle soluzioni. Questo comporta, come minimo, un uniformarsi di strategie e metodi dal quale ne consegue la possibilità, per 24


i grandi gestori, in ogni settore, di intercettare le modalità e di creare strategie contando sulla prevedibilità dell’effetto azione reazione. La cosiddetta globalizzazione amplia gli ambiti di controllo e le potenzialità di speculazione per cui ne consegue l’esigenza da parte di pochi potentati di armonizzare (in realtà uniformare) il comportamento globale in modo da conoscere e regolamentare ogni singolo aspetto al vero scopo finale di mantenerne il controllo. Nascono quindi modalità di redazione dei bilanci uniformate ma complesse e vincolate a conoscenze tecniche precise, criteri di analisi finanziaria uniformi quali Basilea 2 e poi Basilea 3. Queste tecniche hanno la pretesa di stabilire il rating di credibilità di ogni attività con modalità matematiche decisamente complesse in modo che qualsiasi funzionario, anche non preparato anzi preferibilmente non preparato, possa usufruire di programmi informatici per verificare una posizione. Il risultato dell’inserimento dati è sempre un responso irrevocabile ed insormontabile perché anche se capitasse un funzionario all’altezza l’apparato è studiato in modo che questi non possa utilizzare le proprie conoscenze, onde evitare che esca dagli schemi utili al sistema preconfezionato. La realtà italiana, almeno dal punto di vista imprenditoriale, non pareva essere sensibile a strumenti di 25


verifica della redditività aziendale e tantomeno al controllo dei flussi finanziari; l’imprenditore italiano, spesso un abile artigiano che ha saputo con merito e caparbietà far crescere la propria azienda, pareva capace di tenere sotto controllo anche gli aspetti più complessi grazie ad un fiuto manageriale innato. Bisogna rilevare che in tempi passati le alte marginalità erano garantite grazie alla qualità del prodotto finito ed alla discreta disponibilità economica degli acquirenti, per cui non era poi così importante analizzare i costi al centesimo. Molti fattori hanno ridotto la possibilità di guadagno: si parla di globalizzazione, dell’utilizzazione di manodopera a basso costo e sfruttata in paesi meno sviluppati o più tolleranti, di produzioni aggressive verso l’ambiente e comunque, quali che siano i fattori, rimane la constatazione che è necessario affrontare il problema dell’analisi dettagliata della propria azienda. Le nostre autorità continuano ad aumentare gli obblighi ed i costi da destinare alla qualità della vita in azienda, agli obblighi del datore di lavoro verso i dipendenti, alla salvaguardia dell’ambiente ma a questo non corrisponde un altrettanto rigida politica verso le importazioni da paesi che non rispettano questi canoni, penalizzando, di fatto, la produttività che dovrebbero invece difendere. In questo contesto si inseriscono le numerose indicazioni che arrivano dagli esperti e dalla pubblica amministrazione: sistemi a carattere bancario come 26


Basilea2 ed ora Basilea3 nonché allegati obbligatori al bilancio CEE i quali prevedono l’evidenza di indici di redditività e di disponibilità o di altri elementi caratterizzanti l’andamento aziendale. Queste valutazioni si innestano però su informazioni contabili e gestionali spesso non redatte a questi scopi, la contabilità ed il piano dei conti sono retaggio di esigenze fiscali di qualche studio commercialistico oppure, anche peggio, di dati già inseriti in una procedura contabile informatica acquistata presso qualche software house. Le stesse registrazioni contabili sono legate alla funzionalità di programmi preparati da tecnici informatici, spesso a digiuno delle più elementari regole di ragioneria. Sia il piano dei conti che le operazioni contabili non hanno quasi mai un fine ultimo chiaro, spesso tentano di riprodurre una realtà gestita cartaceamente con quadrature non strategiche, fatte a ridosso di periodi legati alle scadenze fiscali. Il risultato di tutto questo è che l’imprenditore investe il proprio denaro in strumenti tecnologici, paga del personale che gestisca l’amministrazione, consulta il commercialista il quale sostanzialmente si preoccupa degli aspetti fiscali ed alla fine si ritrova dei tabulati di bilancio che dovrebbero essere la fotografia della sua attività ma nei quali non riesce a riconoscersi, non comprende dove quei numeri rispecchino il lavoro di una realtà aziendale che egli conosce bene ed è ben distante da quanto presentato. 27


Proprio nello scostamento tra l’operatività giornaliera e la lettura dei risultati, anche immediati, si inserisce l’esigenza di migliorare la gestione, rendere più efficiente il controllo, vestire su misura la modalità operativa che caratterizza l’azienda. Nella realtà anche gli indici e le analisi ad oggi in uso non rispecchiano minimamente le caratteristiche delle aziende: i sistemi battezzati con il nome Basilea sono spesso vestiti sulle esigenze di valutazione bancaria e dipingono delle realtà quasi mai realistiche. I vari indici di valutazione trattano l’azienda come se fosse un fondo d’investimento stabilendo e confrontando delle redditività in percentuale che spesso rasentano il ridicolo. Quante volte è citato il cosiddetto ROI come riferimento del ritorno dell’investimento in azienda. Il ROI è calcolato eseguendo una frazione che prevede al numeratore il risultato operativo ed al denominatore il capitale investito operativo. Ebbene questo indice viene confrontato con il costo medio del danaro per decidere se è consigliabile l’accesso al credito ed addirittura, in alcuni strabilianti casi, viene confrontato con la redditività di titoli di Stato o fondi per misurare la capacità dell’azienda di produrre reddito. Nell’ambito di tutte queste elucubrazioni si innestano la gestione delle competenze di costo, la ripartizione delle redditività in periodi omogenei di produzione insomma una serie di edulcorazioni delle informazioni aziendali che rendono l’andamento piatto ed irriconoscibile. 28


Ed invece l’azienda è una realtĂ viva, piena di picchi e di sfumature che devono essere evidenziati e non diluiti.

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NUOVI APPROCCI Il metodo di pensare “semplice” cambia completamente il sistema di valutazione aziendale. La vera rivoluzione non sta solo nell’intento ma soprattutto nei metodi e le logiche che portano all’intento. Per molto tempo ed ancora oggi in molti casi, soprattutto in Europa, la metodologia di produzione è legata a schemi complessi, ad approvvigionamenti quantitativi, a ripetitività. La maggior parte delle problematiche che assillano le aziende sono semplici e lineari ma vengono rese complesse dalle eccezioni che paiono essere, per il pensiero tradizionale, più importanti della regola base. Moltissime organizzazioni aziendali, partite con buoni propositi, sono state costruite per intercettare e risolvere le eccezioni e sono giunte a compimento senza che un reale iter principale sia stato delineato. Invece è fondamentale definire quale sia la strada migliore per semplificare le operazioni quotidiane e magari contare sulle capacità e sulla creatività delle migliori individualità aziendali per risolvere le eccezioni, caratterizzando queste esattamente per quello che sono, casi estemporanei per i quali è necessario sapersi distinguere. 30


L’organizzazione semplice è prima di tutto un modello di pensiero, l’approccio semplice ed efficace. Non è semplice ciò che comporta tempi e metodi di lunga, costosa e complessa realizzazione. Non può essere semplice un metodo che non può essere applicato da subito e con efficienza, almeno in parte. Con questo non si vuole sostenere che esistono soluzioni immediate ed economiche quasi miracolose, si sostiene invece che, essendo i processi formati da sottoproblematiche semplici, allora proprio partendo da queste ed estendendo il sistema che si giunge, attraverso un percorso di miglioramento continuo, ad avere un sistema semplice, economico, efficiente. A far da guida al nostro percorso ci sono alcuni ‘valori’ fondanti ed imprescindibili da rispettare, pena il non raggiungimento del risultato. Qualsiasi soluzione ‘semplice’ non prescinde dal rispetto per la persona, dalla condivisione dei metodi e degli obbiettivi, dalla capacità di comunicare le scelte ed i risultati. Il manager, i consulenti ed i collaboratori che implementano e costruiscono la struttura ‘semplice’ saranno tenaci e costanti nel portare avanti le loro scelte ma nello stesso tempo mai autoritari, bensì modesti nel 31


cedere all’interlocutore il merito del risultato perché. se chi mi ascolta propone il risultato al quale ambivo, allora i presupposti che lo hanno portato alle stesse conclusioni sono chiari e corretti e l’obbiettivo sarà certamente raggiunto. Alla base di questo rapporto innovativo all’interno dell’azienda vi è una filosofia decisamente poco recente che si basa sulla maieutica di socratica memoria. Il colloquio con i collaboratori passa attraverso la valutazione successiva delle ipotesi di chi opera sul campo, mentre il leader spiega dove la modalità di soluzione di un problema settoriale cozza con le esigenze globali dell’azienda e degli altri collaboratori. Questo metodo trasforma i conflitti tra settori in risorse da condividere ed in opportunità da cogliere. Ogni singola mansione è costituita da sottomansioni semplici che devono essere immaginate cose se fossero da delegare, sia questo ipotizzabile in prospettiva o no. L’approccio deve sempre essere fatto secondo un criterio di supposta crescita, devo poter immaginare che domani abbia bisogno di aiuto. Molto spesso si sente parlare di flessibilità del lavoro ma quegli stessi imprenditori che la auspicano non sono preparati ad utilizzarla. 32


Quando una mansione è sotto pressione e si ipotizza di affiancare una nuova persona, nel migliore dai casi il momento inziale comporta delle perdite di tempo ulteriori e l’assurdo è che il fine diventa quello di creare un clone della figura esistente e non un collaboratore. La soluzione è quella di definire delle modalità di inserimento immediato delle informazioni disponibili senza che siano necessarie conoscenze particolari. In contabilità si redigono bilanci, si valutano le situazioni debitorie e creditorie, si analizzano i flussi di danaro per ottimizzare il rapporto con le banche ed il costo del danaro. In quale ambito possono essere utili le metodologie di tipo semplice e come applicarle? Quali sono le deficienze dei sistemi in uso e come evidenziarle in modo da intervenire saggiamente? Nella sostanza si tratta di attivare un controllo di gestione amministrativa e finanziaria che sia leggibile facile ed efficiente. Per essere anche un po’ più caustici si potrebbe dire che nel termine semplice e nella sua filosofia, è compreso anche il fatto che l’imprenditore possa riconoscere la sua azienda nei risultati di bilancio che vengono redatti, pur senza la necessità di divenire un contabile. 33


Un buon controllo di gestione non sostituisce gli analisti ed i consulenti che si adoperano, insieme all’imprenditore, per migliorare la redditività e l’efficienza aziendale, bensì predispone le informazioni perché questi possano fornire indicazioni veramente utili ed attendibili, senza pretendere che tutti divengano eccelsi contabili o esperti di finanza od addirittura che vadano a sostituirsi all’imprenditore nelle scelte strategiche. L’obbiettivo è quello di predisporre, per gli amministratori dell’azienda, dei tabulati che consentano letture mirate della situazione, l’evidenza di anomalie, gli scostamenti dalle previsioni, la redazione di budget. Certamente le modalità di fornitura di questi dati non sono quelle tradizionali, come di seguito si potrà verificare ma tutto parte comunque da una corretta gestione dell’operatività contabile. Uno dei criteri fondanti del metodo è quello dell’immediatezza, ogni informazione deve essere sempre immediatamente disponibile nel sistema informativo. I documenti che rimangono sulla scrivania non sono condivisi, obbligano i colleghi a lasciare il loro posto per venire a verificare eventuali scostamenti confronto ai dati che hanno sul monitor e che quindi non rientrano nell’analisi dell’incrocio di informazioni che sono 34


caratterizzanti per le valutazioni ed i report strategico decisionali. Una delle opposizioni più frequenti a queste affermazioni è legata alla complessità di inserimento dei dati nel sistema, all’esigenza di conoscere tanti aspetti della realtà aziendale per poter inputare nel programma le informazioni. Questo è il primo scoglio che deve essere superato: la maggior parte delle procedure software consente oggi di definire dei metodi d’inserimento utilizzabili anche da non esperti. Lo scopo più importante di un sistema informativo non è quello di aggregare e sommare numeri perché, se si sono acquisiti i dati in modo corretto, qualsiasi elaborazione è possibile. Il vero scopo è quello di consentire l’input dei dati in maniera immediata, semplice e verificata. Ogni singola operazione che comporta un inserimento dati deve essere semplificata in modo che sia fattibile anche dalla prima persona che passa casualmente per strada, dopo al massimo mezz’ora di spiegazione. Parrebbe impossibile ed invece è spesso facilissimo conoscendo bene gli strumenti e le tecniche di ‘problem solving’. 35


Facciamo un esempio pratico e molto semplice: la storiella del nonno. Nelle aziende è molto utilizzato il foglio di calcolo, quello che nella maggior parte dei casi è Microsoft Excel. Quasi in tutte le aziende ci sono i maghi di Excel e tutti gli altri miseri mortali. I cosiddetti ‘maghi’ elaborano dei fogli di calcolo molto complessi, direzionati al risultato e non all’acquisizione delle informazioni, per cui ricevono i dati dai colleghi e con una serie di mosse paragonabili a quelle dei giocolieri ottengono risultati strabilianti. Il problema è che questi utilizzatori evoluti, in realtà, diventano dei colli di bottiglia che ingenerano quattro situazioni negative terribili in azienda: 1. L’insoddisfazione dell’imprenditore o del manager che deve sempre attendere il ‘mago’ per avere i dati e che alla minima distrazione di questi si ritrova tabulati errati. 2. L’insofferenza dell’esperto di Excel che in momenti topici della vita aziendale è posto sotto pressione, costretto a tour de force e straordinari per consegnare i risultati.

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3. L’indifferenza dei colleghi che hanno trovato nel cosiddetto ‘mega esperto’ la giustificazione per non essere costretti a formarsi ed a progredire. 4. Nessuno può aiutare l’esperto: per poter trasferire le informazioni che servono a gestire il foglio sono necessari mesi durante i quali si perde ulteriore tempo ed anche arrivando ad avere il secondo personaggio formato questi è un secondo collo di bottiglia, che ingenera nuovamente ed infinitamente i problemi qui citati. Come approcciare allora il problema? Per fare un primo esempio chiamiamo in causa il nonno. Supponiamo di voler tenere sotto controllo le spese di casa, inizialmente predisponiamo un foglio di calcolo come quello che segue:

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Probabilmente è il sistema di rilevazione dati più semplice e diffuso. La riga dei totali contiene delle formule che si occupano di sommare le varie voci di spesa per ogni mese. Dopo un po’ di tempo ci accorgiamo di avere poco tempo per inserire i dati e quindi ci ritroviamo ad accumulare le bollette, per poi inserirle tutte insieme quando vogliamo fare l’analisi, creando una situazione disagevole e perdendo quindi parte dell’utilità del lavoro. A questo punto ci rivolgiamo al nonno, il quale è a casa e può, appena arriva la bolletta, inserirla immediatamente all’incrocio tra mese e voce, visto che non sono necessarie particolari conoscenze e può farlo. Dopo un po’ di tempo le righe destinate ad accogliere le voci di costo non bastano più ed il nonno ci chiama perché non sa come fare per inserire i dati. A quel punto cerchiamo di spiegare al nonno come inserire una riga e verificare la correttezza delle formule e questi, dopo un po’, ci abbandona non essendo interessato a tutte queste complicazioni, abbiamo cercato di creare un clone operativo di noi stessi ed abbiamo perso l’aiuto. In pratica, con questo metodo, ad inserire i dati non potrà essere semplicemente il primo che passa per strada. 38


Se invece il foglio fosse impostato come segue:

Ammesso che le formule dei totali in testa siano impostate per sommare sino alla riga 2.000, è chiaro che il nonno, pur non evoluto informaticamente, può continuare il suo lavoro per molto tempo senza ulteriori problemi, felice di rendersi utile senza particolari assilli, mentre chi deve analizzare i dati e che ha impostato il foglio ha il vantaggio di ritrovarsi i risultati immediatamente disponibili in alto ed inquadrati con il giusto mese. Entrambi possono essere produttivi per molto tempo nei limiti e negli ambiti delle rispettive conoscenze e mansioni. Ritornando alla realtà aziendale l’eventuale l’apprendista, che inserisce semplicemente dati secondo schemi predisposti e semplici, respira l’aria aziendale e dopo aver maneggiato i dati per un po’ di tempo, sarà maggiormente sensibile all’acquisizione di nuove informazioni che lo facciano evolvere, mentre 39


l’utilizzatore evoluto di Excel non deve preoccuparsi di inserire i dati o di modificare il foglio, evitando che l’operatore si fermi ad attenderlo quando le righe disponibili sono terminate. L’approccio che l’apprendista avrà con i dati, le sue eventuali evoluzioni consentiranno anche di capire predisposizioni e partecipazione, in modo da definire una collocazione progressiva adeguata. Il secondo tabulato del nonno sfrutta il “problem solving” e rientra nella filosofia semplice, mentre il primo evidentemente no. Per entrare di più nello specifico contabile, si può utilizzare un altro esempio, più strettamente ragionieristico. Una delle regole fondamentali, abbiamo detto, è quella dell’immediatezza in modo che tutti i dati siano disponibili in azienda. Per esempio, tutte le fatture passive devono essere registrate nella giornata del loro arrivo, al massimo il giorno successivo. Un’azienda di trasformazione considera impossibile l’inserimento delle fatture passive immediatamente, al loro arrivo, perché alcuni conti di costo dipendono da valutazioni tecniche non a conoscenza del contabile che 40


inserisce le prime note mentre il tecnico, che sa discriminare il tipo di costo, non è in grado o comunque non è la sua mansione, l’effettuare la registrazione delle prime note relative alle fatture. A fronte di questa situazione l’organizzazione tradizionale, decisamente non semplice, prevedeva che le fatture passassero prima dal tecnico che segnala sul documento l’attribuzione corretta e poi siano trasferite in contabilità per la registrazione. Questa situazione ingenera una serie di problemi anche gravi: 1. La contabilità non sarà mai aggiornata sino a quando non è terminato l’iter. 2. Il tecnico deve occuparsi in tempi bervi dell’argomento, tempi che saranno sempre lunghi dal punto di vista contabile. 3. Il rischio, in caso di problematiche tecniche che rallentino notevolmente il lavoro, è che anche altri documenti ricevuti attendano sulla scrivania per rispettare le sequenze dei protocolli. 4. L’intasamento nei giorni precedenti i versamenti IVA. 5. Nel marasma la generazione di errori. 6. L’obbligo per il tecnico di definire immediatamente delle competenze che forse, con più tempo, 41


troverebbero migliore gestione (ad esempio le manutenzioni soggette a plafond) 7. Tra i due uffici più che una collaborazione si ingenera un conflitto. 8. Nel caso di intasamento è impensabile inserire personale non qualificato in una situazione così delicata. Cosa ci può proporre la filosofia semplice ed il problem solving in questo caso? Intanto definiamo gli obbiettivi principali: 1. La registrazione dei documenti DEVE avvenire in tempo reale. 2. La modalità di inserimento deve essere semplice. Tutte le procedure contabili consentono di predefinire il conto di costo in base al fornitore e/o alla causale. La prima operazione da fare è quindi quella di identificare tutte le fatture che hanno, per via del fornitore, un conto di costo certo o quasi certo. È il caso della telefonia, dell’energia, dei leasing, dell’acquisto di materie prime definite e di molti altri ambiti. In registrazione, una volta identificato il fornitore, il conto di costo viene proposto in automatico dal sistema. 42


Per quanto riguarda le registrazioni che non hanno l’attribuzione definita e che devono passare dal tecnico il conto di contropartita al fornitore non sarà un costo ma un conto d’ordine chiamato “acquisti conto destinazione”. A questo punto le fatture possono essere registrate tutte ai fini IVA ed alcune di queste sono attribuite a questo conto d’ordine. La soluzione più artigianale prevede che una semplice stampa della scheda di questo conto venga passata al tecnico (o stampata direttamente da lui) in modo che possa attribuire il costo esatto ed in base a questo l’operatore contabile effettua o la modifica della registrazione od un giroconto singolo o cumulativo. Una soluzione più avanzata prevede che questo conto funzioni a partite aperte in modo che il tecnico possa autonomamente vedere a video quali fatture non abbiano ancora avuto l’attribuzione di costo e selezionandole, ingeneri un automatismo che effettui la modifica sulla prima nota. Con questi sistemi si slega la tempistica contabile da quella tecnica, si semplificano le operazioni contabili in modo da poter utilizzare anche operatori in corso di formazione e si sbarra la strada alla fretta ed agli errori. 43


Con un paio di esempi si comincia probabilmente a comprendere quale sia la strada giusta per organizzare l’azienda, ogni obbiettivo deve avere una serie di fasi semplici e delegabili senza problemi, questa è la chiave di lettura a tutti i livelli.

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TECNOLOGIA SENZA ECCESSI Appare evidente che l’utilizzo delle tecnologie è importante ma anche che bisogna evitare che queste diventino una sorta di collo di bottiglia od addirittura delle complicazioni assurde. Nell’ambito delle varie tecniche di gestione aziendale si possono trovare soluzioni che aiutano a rispettare i nostri principi di semplicità, economicità e chiarezza, per fortuna non tutto deve essere reinventato e possiamo mutuare qualcosa da tecniche esistenti. Per addentrarci in questo argomento ricorriamo ancora una volta ad un esempio. Nell’ambito del magazzino sono naturalmente presenti oggetti importanti e di valore ed anche minutaglie come viti e bulloni. Quando si vuole informatizzare il magazzino questi articoli, di poco valore ma con alte quantità movimentate, sono spesso fonte di problemi perché la loro movimentazione è onerosa e costosa se paragonata al loro valore effettivo, ma d’altro canto non sono poi così secondari; la mancanza di una vita può bloccare la costruzione di un prodotto complesso e costoso. 45


Costringere gli addetti a contare e segnalare la movimentazione di minutaglie comporta come conseguenza un rallentamento dei processi ed anche numerosi ‘mugugni’ Come affrontare in modo semplice la disponibilità certa ed il riacquisto delle minutaglie? Il posto migliore dove stoccare viti, bulloni e minuteria simile sono quei cassettoni verdi, aperti sul frontale, di varie dimensioni che sono riempiti alla bisogna e dai quali avviene il prelievo. Le informazioni importanti per quanto riguarda ogni singola vite, dal punto di vista gestionale sono: • L’identificazione esatta • Il livello di riordino • La quantità da riordinare. Per quanto riguarda il livello di riordino questo viene definito con una riga nera tracciata con un pennarello indelebile, dentro il contenitore all’altezza della disponibilità minima desiderata.

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Dentro il contenitore stesso si trova un cartellino sul quale sono stampati gli identificativi precisi dell’articolo e la quantità da riordinare. Quando chi preleva vede apparire la riga nera sa che è stato raggiunto il limite di disponibilità, prende il cartellino e lo mette dentro un’urna. Il responsabile degli acquisti periodicamente preleva dall’urna i cartellini ed in base a questi effettua gli ordini. Al momento dell’arrivo dell’approvvigionamento ed al riempimento dello specifico contenitore, il cartellino è reinserito nello stesso e lì rimarrà sino all’apparire della riga nera di livello di riordino. Questo sistema funziona perfettamente con una gestione semplice e manuale, naturalmente è anche automatizzabile usando tablet portatili e barcode ma la sostanza di gestione rimane la stessa e si tratta quindi, una volta definito il metodo, di stabilire se l’eventuale investimento in tecnologie a supporto è congruo alle esigenze di gestione. Con questo sistema non è più necessario effettuare la movimentazione di magazzino delle minutaglie, si evita il

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relativo inventario e si riducono le problematiche di gestione. Questa metodologia è mutuata dalle logiche definite “lean”, un approccio logico alla gestione che spesso aiuta a semplificare e che potremmo definire il progenitore delle teorie semplici qui enunziate. Sulla base di queste logiche sono gestibili altre materie prime come i liquidi contenuti in bidoni, eventuali etichette e quasi tutto ciò che ha una movimentazione continuativa e per il quale la presenza in magazzino è più facilmente constatabile a vista che non consultando un monitor.

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IL CRITERIO DELL’IMMEDIATEZZA Anche nel caso di progetti di riorganizzazione le modalità con le quali si teorizza l’operatività aziendale, sia per quanto riguarda la tempistica sia per i metodi, sono da sempre legate ai risultati desiderati. Ne consegue che i documenti sono gestiti inspiegabilmente in base alle scadenze fiscali o di altro genere ed anche in base al risultato che si presume sarà necessario per le valutazioni successive. Ed allora le fatture passive sono accumulate ed inserite a gruppi una volta alla settimana o peggio una volta al mese, le banche sono quadrate ogni tanto, la cassa mai, i pagamenti e gli incassi in ragione delle caratteristiche del cliente o del fornitore. Foglietti cartacei od Excel riepilogano situazioni extracontabili e da questi si punta a ‘quadrare la contabilità’. Si contrappone a tutto questo caos il criterio dell’immediatezza, nonché la logica per la quale non è necessario stabilire quali saranno i risultati che si vorranno ottenere ma è fondamentale definire quali sono i dati a disposizione e come e dove inserirli SUBITO. 49


Per ben comprendere bisogna concordare su un assunto: “non è possibile ottenere alcun risultato se non sono sufficienti i dati a disposizione”. Ne consegue che non sarà possibile elaborare alcuna valutazione se l’azienda non ha ricevuto, a suo tempo, le informazioni di base necessarie ma d’altro canto, non esistono risultati utili all’azienda che non dipendano da dati che la riguardano e che ha disponibili. Siccome poi, per elaborare le informazioni, è necessario un sistema informativo ne risulta che non saranno analizzabili quei dati che non sono stati inseriti nel sistema stesso. L’unica ipotesi utile all’azienda è quella che prevede che ogni singola informazione sia immediatamente inserita nel sistema informativo ma anche che il sistema informativo consenta di inputare i dati in maniera semplice, senza nessuna valutazione o conoscenza necessaria, cioè che sia possibile dare in pasto al proprio PC i dati anche utilizzando un qualsiasi passante dopo non più di mezz’ora di spiegazione. L’analisi da fare per organizzare un’azienda prescinde totalmente dai risultati che si vorranno ottenere, tanto qualsiasi risultato non può che dipendere dai dati acquisiti. 50


Si tratta infatti di partire in maniera totalmente acritica da quelle che sono le informazioni e gli eventi e fare in modo che siano immediatamente inseribili nel sistema informativo (per quanto questo ragionamento valga anche per le gestioni non informatizzate). Ogni singolo documento deve immediatamente essere inserito per cui l’analisi iniziale è semplicemente legata a stabilire dove e come deve essere memorizzato ogni singolo dato. Il criterio dell’immediatezza e della semplicità smitizza i convincimenti di accumulo di lavoro per periodi di competenza. L’operatore che si occupa delle banche deve, ad esempio, tutte le mattine registrare le operazioni bancarie del giorno prima (od acquisirne il file) e quindi avere l’immediata quadratura. Quante operazioni bancarie fa una normale azienda piccola o media al giorno? Forse 10 o forse 20 e se ne ha di più perché si tratta di una grande azienda, normalmente è possibile acquisirle informaticamente (per esempio gli incassi); da qui si effettua immediatamente la quadratura, il conto contabile deve corrispondere al saldo banca del giorno prima, ogni giorno. 51


In questo modo eventuali differenze sono facilmente visibili ed il problema della quadratura periodica della banca non si pone più, con il vantaggio che un controllo così puntuale consente anche di evidenziare alla banca una serie di anomalie che a fine anno, normalmente, comportano dei risparmi interessanti.; perché le banche sbagliano spesso ma in modo unidirezionale. Vale lo stesso discorso per la cassa, perché annotare su un registro o su un foglio Excel? Deve essere immediatamente movimentato il conto in contabilità, se dal caso anche facendosi predisporre un programma semplificato apposito. Altrettanto importante è la registrazione immediata delle fatture passive, normalmente non arriva più di qualche fattura al giorno; ogni mattina devono essere registrate le fatture arrivate il giorno precedente. Questo approccio consente di gestire meglio centri di costo, valutare la risorsa finanziaria necessaria, gestire meglio il rapporto con i fornitori. Inserendo immediatamente i dati non è più necessario accumulare, tutti conoscono le informazioni e non si verificano periodi critici durante i quali, per recuperare gli inserimenti precedenti, si creano dei nuovi cumuli. 52


Il vero approccio deve essere: come faccio ad inserire tutto subito e con facilità ? Con la certezza che se ho inserito e catalogato i dati potrò poi sicuramente ottenere qualsiasi risultato.

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LE ANALISI Se da un lato si definisce come operare per inserire tutto in modo semplice ed acritico, dall’altro si tratta di stabilire quali strumenti di analisi sono utili per mantenere sotto controllo le attività aziendali e per definire le strategie. Immaginiamo, nel nostro percorso organizzativo, di mettere su un lato di un tavolo gli schemi delle informazioni che ricevo ed inserisco immediatamente e sull’altro i report di analisi e di risultato che vorrei ottenere. Si tratta, a questo punto, semplicemente di stabilire quale sia e dove si trovi l’informazione sorgente e dove deve andare a finire nell’analisi. Come risultato finale del nostro lavoro di organizzazione abbiamo quindi: 1. Gli schemi entro i quali sono inseriti i dati 2. I tabulati di analisi 3. Le formule e le aggregazioni che portano da 1 a 2 Quante volte è capitato che, in tempi successivi, non si sia più in grado di risalire alla fonte di un’informazione? Con questo metodo è tutto facilmente e semplicemente documentabile. 54


PIANO DEI CONTI E BILANCIO Secondo i principi appena enunciati, abbiamo definito che le operazioni contabili devono essere eseguite immediatamente, magari approntando anche schemi e finestre di inserimento semplificate. Il nostro primo obbiettivo deve essere quello di analizzare il piano dei conti, nella sezione degli economici, e definire le aggregazioni che ci consentiranno di arrivare al prospetto che si trova nella prossima pagina. Le voci che lo compongono non sono certamente delle novità, prese singolarmente, né tantomeno lo sono i mesi dell’anno ma il primo fatto innovativo è che siano entrambi presenti. Questo tabulato non presenta la situazione che parte da Gennaio al mese di analisi ma evidenzia sempre tutti i mesi, nell’esempio riportato si tratta di una situazione ad Ottobre compreso ed ogni singolo mese precedente è evidenziato con tutti i numeri, la somma dei dati si trova al fondo. Normalmente la situazione ad ottobre, il bilancio in particolare, così come è presentato all’imprenditore

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dall’amministrazione o dal commercialista, prevede solo la colonna che qui è chiamata TOTALE. In pratica le analisi predisposte tradizionalmente sono sempre state fatte come se si trattasse di una fotografia, mentre è evidente che l’azienda è più simile ad un filmato.

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Ricavi delle vendite

34.224

67.253

101.477

40.989

20.892

61.880

70.251

132.131

47.562

19.048

66.610

70.259

136.869

71.754

20.048

91.803

57.276

149.079

558

94.290

94.848

27.168

122.016

60.964

182.980

-4.061

78.264

74.203

19.923

94.126

60.268

154.394

36.526

29.643

66.170

19.203

85.373

44.887

130.260

-2.782

23.374

20.591

18.904

39.496

18.633

58.129

39.515

23.384

62.898

21.834

84.732

51.769

136.501

98.825

27.204

126.030

19.941

145.970

50.680

196.650

FANTASIA SRL

Costi della produzione

19.048

48.595

Reddito operativo

Costi degli investimenti

Valore aggiunto

15.176

23.160

13.695

35.712

18.837

11.850

6.927

4.112

14.741

16.178

13.880

32.388

85.131

18.973

20.678

4.907

-9.710

-15.620

21.785

-9.229

-17.941

-7.123

114

-795

12.127

85.245

0

21.890

105

-1.054

16.886

36.877

-103.412 102

-7.622 -15.538

82

61.232

Costi del personale

Reddito di competenza Proventi diversi

-103.310

1.607

Agos to

13.819

Lugli o

583

Giug no

32.805

Ma g gio

-9.710

April e

6.695

Marz

-212

-46.056

Otto bre

Margine opertivo lordo

bre

57.356

Sette m

Costi amministrativi e gestione

o

Febb raio

Reddito ante imposte

bre

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

bre

Dice m

io Genn a

Nove m

0

0

0

0

0

0

0

0

0

45.425

-36.236

197.882

161.646

458.575

620.222

206.009

826.231

552.240

1.378.471

918,89

4.542,49

-3.623,60

19.788,24

16.164,64

45.857,52

62.022,16

20.600,94

82.623,10

55.223,96

137.847,06

MED IA

0

0

9.189

TOT ALE


Ogni fotogramma, in questo caso ogni mese, contribuisce in maniera caratteristica e distinta alla formazione della trama finale. Il risultato che si trova nel piede del documento è l’utile o la perdita, laddove l’uno è evidenziato in verde e l’altro in rosso. Prima di entrare nel dettaglio di ogni singola riga che compone il prospetto è necessario fissare una serie di presupposti, che altrimenti renderebbero vana l’analisi strategica in corso d’anno. Quando si analizza un bilancio, non in chiusura di bilancio, il commercialista, il contabile o chi per essi ci avverte immediatamente che mancano alcune informazioni che possono cambiare profondamente il risultato dell’attività. Vediamo quali sono queste voci e come porvi rimedio. AMMORTAMENTI: secondo un principio contabile preciso, si dice che un bene acquistato nell’anno in corso e che sarà utilizzato in più anni, non può essere considerato un costo solo dell’anno ma deve essere ripartito per un certo numero di esercizi.

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Esiste una modalità di definizione del numero di esercizi utilizzabile che è stabilito dal fisco; esistono casi in cui il periodo di utilizzazione del macchinario è profondamente diverso da quello ipotizzato dal fisco (ad esempio i macchinari da stampa per le tipografie) ed in questi casi esistono delle considerazioni specifiche che però non sono strategiche, almeno nella maggior parte dei casi. Ci limitiamo quindi, in questo caso e come esemplificazione, a stabilire che i tempi di ammortamento stabiliti dal fisco siano adeguati alle logiche aziendali, come capita nel 90% dei casi. L’operazione da effettuare per tenere in considerazione il valore degli ammortamenti è di dividere per 12 il totale degli ammortamenti dell’anno precedente ed effettuare, ad ogni fine mese, una registrazione contabile che metta in dare questo dodicesimo in un conto di Costo denominato Pro quota ammortamenti ed in avere un conto patrimoniale transitorio denominato anch’esso Pro quota ammortamenti. Tale registrazione dovrebbe avere un codice di movimentazione ben preciso in modo che possa essere rimossa alla fine dell’anno insieme alle altre rettifiche infra-annuali che sono illustrate di seguito. 59


Con questo sistema abbiamo attribuito ad ogni mese una quota di ammortamento che è la stessa dell’anno precedente. Nel caso di acquisti o cessioni importanti nell’anno è opportuno tenere conto della quota di ammortamento da incrementare o decrementare per adeguarsi alla nuova situazione. RATEI E RISCONTI: la quota più importante di questa voce riguarda i ratei degli stipendi. Anche in questo caso è utile verificare l’ammontare dei ratei degli stipendi dell’ultima chiusura di bilancio ed effettuare una registrazione ogni fine mese, che preveda un dodicesimo del totale dell’anno procedente contabilizzando in dare un conto di costo denominato “Proquota” ratei stipendi ed avere un conto patrimoniale con lo stesso nome. Eventuali variazioni consistenti del numero di dipendenti deve far rettificare la cifra e per questo è utile rivolgersi alla persona addetta alla redazione dei cedolini paga. TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO: l’evidenza contabile degli accantonamenti TFR è spesso rilevata solo in sede di chiusura di bilancio. 60


In realtà è disponibile ogni mese e lo studio paghe od il personale interno addetto che fornisce i dati per la registrazione contabile degli stipendi, deve fornire anche la quota del trattamento di fine rapporto in modo che il costo sia già presente e registrato per ogni mese. EMOLUMENTI AMMINISTRATORI E SINDACI O CONSIGLIERI: Il valore del retribuito agli amministratori, sindaci, consiglieri è stabilito nell’apposto verbale di assemblea e spesso corrisposto nell’anno successivo. Anche in questo caso è opportuno ad ogni fine mese rilevare la competenza di un dodicesimo movimentando in dare il conto di costo appropriato ed un conto patrimoniale di debito verso gli amministratori in avere. MAGAZZINO: dipendentemente dall’attività svolta dalla società possono essere presenti il magazzino ed eventualmente lo stato avanzamento lavori di commesse o progetti, che hanno durata oltre la fine dell’anno corrente. Considerata la natura mensile del nostro prospetto è evidente che è necessario tenere conto di queste informazioni. 61


Per quanto riguarda il magazzino, in corso d’anno, è normalmente consigliabile effettuare una rilevazione di giacenza finale pari a quella del mese precedente. Se non sono stati effettuati particolari approvvigionamenti o dismissioni non è necessario che si tenga in considerazione questo dato, inoltre la rilevazione del magazzino ha un valore meramente fiscale. Dal punto di vista gestionale, nella normalità, non ha senso togliere dai costi parte degli acquisti. Teniamo sempre conto che stiamo “filmando” l’azienda e l’eventuale gestione di questo valore comporterebbe un risultato falsato confronto alla realtà dei fatti. La registrazione della rilevazione del magazzino deve essere una registrazione ‘una tantum’, fatta ad inizio esercizio, in modo da rendere ininfluente il suo valore per la determinazione dei risultati. Esistono casi particolari per i quali il magazzino ha una funzione più strategica ma è evidente che, in questo caso, solo l’analisi della situazione specifica consente di definire la modalità di gestione. In sede di chiusura del bilancio sarà necessario operare correttamente o cancellando questa operazione per 62


consentire di registrare la rilevazione finale per differenza, oppure il totale del valore rilevato. STATO AVANZAMENTO LAVORI: quando l’azienda opera a commessa o comunque svolge progetti che non si chiudono entro l’esercizio è necessario rilevare quanto non di competenza. La realtà fiscale divide queste situazioni in due casi ben precisi: 1. Commesse con durata inferiore all’anno 2. Commesse con durata superiore all’anno. Nel primo caso il fisco, con varie precisazioni molto recenti, obbliga a non contabilizzare a ricavi ed a costi le operazioni che riguardano la commessa fino a quando non vi siano documenti certi che ne certifichino il termine dei lavori. In questo caso, a meri fini fiscali ed a fine anno, si evidenziano tutte le fatture attive e passive riguardanti i progetti non effettivamente chiusi e si stornano da ricavi e costi in modo che tali dati siano ripresi nel nuovo esercizio e entrino in competenza a tempo debito. Dal punto di vista dell’operatività aziendale e per un buon controllo di gestione questa modalità è assurda e potrebbe 63


fornire dati inutilizzabili se la mettessimo in pratica periodicamente. Quali alchimie inventino i vari governi per vessare le aziende è argomento già trattato all’inizio di questo libro ed in ogni caso, non sono certo queste alchimie a fornire dei dati utili per gestire l’azienda. Per capire l’inutilità di una gestione simile possiamo immaginare una nuova società che inizi la sua attività a Luglio, con progetti che termineranno tutti nell’anno successivo; in un caso di questo genere il primo anno non si avrebbero né costi né ricavi derivanti dall’attività specifica e quindi l’assoluta impossibilità di verificare la situazione attraverso il bilancio. Ai fini del nostro progetto costi e ricavi che derivano da fatture sono da utilizzare così come vengono registrati come se nulla fosse. Esiste anche la possibilità che la gestione a commesse sia particolarmente rilevante e che la mera rilevazione delle fatture non sia sufficiente. In questo caso sarebbe opportuno rettificare il valore dei ricavi secondo il criterio dell’avanzamento lavori in base ai costi. 64


Nella sostanza si sostiene che se ho già acquistato del materiale e realizzato del lavoro ho ‘maturato’ il diritto ai ricavi che ne derivano, per cui se i costi sostenuti sono, ad esempio, il 50% dei costi previsti allora posso sostenere che ho maturato il 50% dei ricavi preventivati, applico questa percentuale sul totale del fatturato previsto al cliente e la confronto con quanto realmente già addebitato con fattura, la differenza tra questi due valori è lo stato avanzamento lavori operativo. Per evitare di rendere illeggibili i dati nel prospetto finale sarebbe opportuno tenere distinta la riga del fatturato effettivo da quella dello stato avanzamento lavori. L’imprenditore che legge il prospetto può così capire la dinamica con la quale si svolge il lavoro ed eventualmente porre correttivi, anche nell’ambito del rapporto con i clienti, se nota degli squilibri. ALTRE RETTIFICHE: tenendo conto che ogni attività ed operatività ha comunque bisogno di un’analisi specifica la regola base che caratterizza in nostro prospetto è che nessun’altra rettifica ai numeri deve normalmente essere fatta.

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I PRINCIPI BASILARI Per comprendere quali siano le peculiarità del nostro prospetto debbiamo definire l’obbiettivo principale. Il prospetto mensile del bilancio semplificato NON deve subire edulcorazioni di alcun genere. Se si paga l’assicurazione a dicembre ci sarà un picco nella linea dei servizi nel mese di dicembre, se si paga la quattordicesima, ci sarà un picco nei costi del personale a luglio. Da sempre ci dicono che bisogna, nella redazione dei prospetti almeno, verificare la competenza del costo per redistribuirla nei vari mesi di riferimento. Il principio è contabilmente corretto ma è gestionalmente deleterio in quanto, una volta intervenuti sulle competenze, i numeri sono appiattiti e spalmati, ed il risultato è una redistribuzione dei numeri che ovviamente mitiga i picchi e non ci consente più di vedere il vero filmato, bensì la sua rielaborazione a fini contabili o fiscali. Ma se l’imprenditore l’azienda la deve gestire, deve sentirne il polso vero anche “sotto sforzo”, deve puntare il dito su un numero e poter affermare: “perché qui cresce oppure diminuisce?”. 66


La lettura dei picchi, sia verso l’alto che verso il basso, consente di evidenziare punti di riferimento importanti che possono rimanere tali oppure che, se modificati, armonizzano la gestione e migliorano i conti. Questa visione non esclude che successivamente vengano fatti interventi di opportunità contabile, anzi ne prepara la corretta gestione, proprio perché ne mette in evidenza le peculiarità. Cominciamo quindi con il dire che il piano dei conti deve essere strutturato in modo che, nella sezione dei conti economici, le righe che compongono il prospetto corrispondano esattamente a dei totalizzatori, ben evidenti sul bilancio redatto per esteso. Avremo quindi un totale dei ricavi, un subtotale dei conti che sono strettamente legati ai costi per la produzione (o l’acquisto), un totale per i costi degli investimenti (che conterranno le quote di ammortamento ed i canoni di leasing o gli affitti di attrezzature e macchinari), un totale per il costo dei dipendenti e via dicendo per ogni riga. Chiaramente se un’azienda ha ricavi sia di produzione che di vendita il prospetto potrà avere due righe distinte ma in ogni caso, indipendentemente dal numero di mastri e/o sottoconti utilizzati, ogni singola voce presente nel 67


prospetto presentato deve essere un totalizzatore del bilancio. Con questo abbiamo cominciato a fare un po’ di ordine e probabilmente il piano dei conti ed il bilancio di verifica acquisiranno un aspetto più leggibile. Ad una prima lettura quindi, si può cogliere l’andamento della gestione specifica per ogni mese, ossia quanto è stato fatturato e quanto costano le materie prime, la produzione e gli acquisti nello specifico merito, produttivo o di vendita. La differenza tra questi due valori è definita valore aggiunto, cioè il ‘ricarico’ tra l’acquistato o prodotto o trasformato ed il venduto. In un ambito commerciale il concetto è semplice, se un prodotto è stato acquistato a 100 euro e rivenduto a 120 euro il ricarico o margine è ovviamente di euro 20, ovvero il 20%. Per quanto riguarda la trasformazione e la produzione il concetto è simile, una volta sommati tutti i valori specificatamente legati alla produzione ed in particolare l’acquisto di materie prime e sussidiarie si ottiene il valore del prodotto come se fosse un acquisto. 68


Ovviamente in questo secondo caso ci si attendono margini superiori perché entrano in gioco anche costi del personale e di macchinari ma sostanzialmente rimane un dato importante perché segna una prima misura degli andamenti. Queste scelte potrebbero semplificare le operazioni di chiusura di bilancio, rendere più fluida la gestione, migliorare l’aspetto che l’azienda dà di sé stessa verso l’esterno. La riga successiva del prospetto evidenzia i costi relativi agli investimenti, intesi come somma delle quote di ammortamento, per ogni mese, e di eventuali leasing e locazioni specifiche. Segue poi la riga riguardante i costi del personale ed i costi amministrativi e di gestione. Paragonare ogni singola riga ai ricavi od ai costi di produzione consente delle valutazioni importanti nonché, volendo, anche di ipotizzare situazioni ed operazioni in maniera molto semplice. Nessuno può sostenere che questo prospetto non rispecchi i principi di bilancio ed in particolari casi può

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essere implementato con righe aggiuntive, quando la situazione specifica lo richieda. Nel caso di aziende con importanti lavorazioni presso terzi questa voce può essere una riga da aggiungere ai costi di produzione, per essere tenuta in evidenza in quanto strategica. Lo stesso discorso può valere dal momento nel quale si ritiene importante tenere separati il costo del personale addetto alla produzione da quello di chi è dedicato alla gestione. Evidentemente, se esistono dei dettagli di merito strategici vanno evidenziati ma una cosa è certa: questo tabulato rispetta i principi contabili anzi, da esso e dai suoi principi trae le informazioni ma NON SONO NECESSARIE CONOSCENZE CONTABILI PER LEGGERLO ED UTILIZZARLO. Ecco quindi brillantemente raggiunto il primo obbiettivo, non è l’imprenditore a dover imparare ma il consulente a dover apprendere come presentare i dati che derivano dalle sue conoscenze, secondo metodologie che siano al servizio dell’imprenditore.

70


Quanto scritto evidenzia come il nostro prospetto di bilancio non sia per forza il fine ultimo, può essere un ottimo strumento ma nulla vieta che, basandosi su quanto applicato, non si possano poi attuare tecniche e principi tradizionali anzi, questa impostazione aiuterà ad ottenere qualsiasi risultato, anche apparentemente molto complesso, in maniera più semplice. La controprova dell’utilità e dell’efficacia di questo prospetto la si ottiene semplicemente chiedendo all’imprenditore se questa esposizione gli è chiara ma anche chiedendo al consulente dove ritenga possa essere carente. Le risposte saranno di entusiasmo da parte dell’imprenditore e di ammissione da parte del consulente perché questa è l’unica realtà che deriva da questo metodo.

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ANALISI FINANZIARIA Dopo aver predisposto il tabulato base per l’analisi dei dati di bilancio, in veste operativa, è necessario fare anche una valutazione di tipo finanziario. Nella maggior parte dei casi le analisi riguardano aspetti legati alla capacità d’indebitamento, alla redditività del denaro, alla definizione delle masse circolanti. Nella realtà la prima cosa da analizzare sono le ‘potenzialità’ dell’azienda, quanto danaro andrà a rimpinguare i conti correnti e quanto è necessario per fare fronte a tutti i pagamenti? Il tabulato presentato nella prossima pagina è anch’esso diviso per mesi ed ha lo scopo di valutare, per ogni periodo, quanto denaro è potenzialmente disponibile e necessario. Nel caso, l’esempio prende in considerazione un periodo che parte dal 1° ottobre 2015 e termina al 31 ottobre 2016. Questa prima analisi prescinde totalmente dal fatto che siano stati onorati incassi e pagamenti ma evidenzia quali siano le fonti di danaro e gli esborsi in base all’andamento aziendale, indica cioè, in base alle fatture, quale sia la capacità di generare movimenti di danaro. 72



Il ragionamento semplice dal quale trae origine questo tabulato è esemplificabile nelle valutazioni di un padre di famiglia che analizza la situazione per prendere delle decisioni su un eventuale acquisto o comunque per analizzare l’equilibrio della situazione economica familiare. Egli contrappone lo stipendio che percepisce alle spese fisse (affitto, mutuo ecc.) e predispone una previsione delle spese non perfettamente valorizzabili quali le bollette e la spesa mensile al supermercato. Nel predisporre questa analisi non può pensare all’ipotesi che lo stipendio non gli venga pagato o di non pagare l’affitto, la valutazione ha senso se considera tutte queste operazioni come reali, onorate e da onorare. Lo stesso ragionamento vale per l’azienda, in un certo mese scadono delle fatture che precedentemente aveva emesso ed il valore di questi incassi potenziali è paragonabile allo stipendio, si tratta esattamente di quanto l’azienda vale in termini di capacità di flussi in ingresso. Il fatto che queste fatture siano poi pagate o no riguarda un’altra sfera di analisi e comunque è successiva, in ogni caso nulla vieta di analizzarla ponendo dei correttivi di 74


garanzia ma il valore di quanto potenzialmente è incassabile in un mese è un dato fondamentale. Quella finanziaria è un’analisi preventiva, seppur a breve, che valuta la prospettiva in base alla propria reale situazione. Ne consegue che la prima riga, denominata Fatture attive indica per ogni mese quanto denaro dovrà incassare l’azienda nel mese di riferimento, quindi il mese della data di scadenza della fattura e non quanto fatturato. In pratica per il mese di ottobre del 2015 la nostra Fantasia SpA deve incassare euro 467.534,84 in ragione delle condizioni di pagamento attribuite alle fatture emesse nei mesi precedenti. Questa riga indica, quindi, quanto incasserebbe l’azienda se tutti pagassero, in modo da sapere quale sia la potenzialità d’incasso. In qualche caso, quando il parco clienti è amplio e polverizzato e quindi la consistenza del rischio dei mancati pagamenti è conosciuta, allora si può aggiungere una riga definita margine di rischio, da sottrarre al totale fatture attive.

75


In ogni caso non si bisogna mai alterare il dato relativo alle potenzialità d’incasso nella prima riga ma al massimo evidenziare un dato di rettifica. Anche nel caso in cui si anticipino delle ricevute bancarie e quindi nasca una disponibilità antecedente alla scadenza non bisogna tenere conto di questo fatto, perché minerebbe la lettura della realtà originale ed anche perché uno degli scopi principali del tabulato, è quello di comprendere se è possibile ridurre l’utilizzazione delle anticipazioni. Lo scopo, quindi, è quello di conoscere la vera potenzialità anche per poi stabilire come operare con le banche puntando a ridurne al minimo indispensabile l’uso dei servizi bancari. Allo stesso modo la seconda riga denominata Fatture Passive indica qual è l’importo delle fatture passive in base alla scadenza. Si ottiene quindi un primo saldo che ci indica il margine che esiste tra incassi da ricevere e pagamenti da effettuare. Si tratta di un dato importante da conoscere mese per mese e che, in base al tipo di attività svolto, consente di equilibrare, per esempio, le scadenze. 76


Nel caso del prospetto in esame appare evidente che le scadenze attive a dicembre 2015 sono molto poche mentre quelle passive sono addirittura più alte di quelle degli altri mesi. Questo può creare un problema di disponibilità liquida in quel periodo durante il quale, tra l’altro, si pagano anche le tredicesime. Evidentemente, a meno di particolarità di nicchia, l’azienda ha ricevuto dai clienti la richiesta di spostare le scadenze di dicembre a gennaio ma non ha provveduto a fare altrettanto con i fornitori. Con quale altro strumento, se non questo tabulato, potrebbe essere letta questa anomalia? L’intervento da fare, in questo caso, sarebbe quello di contattare i fornitori e chiarire che le scadenze di dicembre slittano a gennaio in maniera strutturale, come fanno molti. Comunque, pur non volendo intervenire, evidentemente utile essere a conoscenza del fatto.

è

La riga successiva del progressivo ci indica, riportando i valori di mese in mese, l’andamento dei nostri flussi per vendite ed acquisti. 77


Ovviamente nel primo mese preso in considerazione è necessario evidenziare il saldo dei conti correnti in modo da conoscere il contesto finanziario di avvio. Considerato il fatto che non tutti i movimenti reali corrisponderanno esattamente a quanto previsto è evidente che quando il tabulato sarà redatto a partire da un mese successivo dovrà essere inserito il nuovo saldo banche calcolato al mese di partenza dell’analisi. In relazione all’attività non esistono entrare che non derivino da fatture, al massimo da corrispettivi o rimborsi assicurativi, ma al di là del fatto di tenerli eventualmente evidenziati in una riga apposita, la sostanza è la stessa delle fatture. Esistono però numerose uscite che non derivano da fatture passive. Nella maggior parte dei casi tali uscite sono riepilogabili in 4 gruppi: 1. 2. 3. 4.

Pagamento rate finanziamenti e mutui. F24 e simili compresa l’IVA da versare. Pagamenti vari come le spese bancarie. Retribuzioni intese come netto pagato.

78


I pagamenti realmente effettuati, per i periodi già trascorsi, sono nella parte bianca e sono consolidati mentre nella parte grigia, per le stesse voci, sono inserite delle previsioni, calcolate sulla base dei mesi precedenti e che saranno sostituite dal dato reale alla rilevazione effettiva. La riga dei finanziamenti ricevuti evidenzia l’eventuale entrata di danaro legata a finanziamenti ma anche a rimborsi assicurativi e similari. Otteniamo quindi il saldo del mese, che sarà quindi il totale delle scadenze derivanti da fatture attive meno il totale delle scadenze derivanti da fatture passive ed ancora meno tutte le uscite evidenziate. Con questo sistema sappiamo quindi, esattamente per ogni mese, quale sia il saldo monetario e grazie alla riga successiva del progressivo si comprende quale sia la tendenza aziendale.

Le informazioni che si possono ottenere da questo tabulato sono molte ma una volta compreso il meccanismo, è evidente che rivela con esattezza la capacità dell’azienda di muovere danaro. 79


Cosa c’è di più semplice da leggere di quanto si dovrebbe incassare e di quanto si dovrebbe pagare per ogni mese? Ciascuno di noi lo fa regolarmente nella vita, nessuno lo fa in azienda, perché? Anche un’azienda in attivo potrebbe avere dei flussi negativi, se ha sbagliato la valutazione sulle proprie capacità di investire. Esistono aziende, molte se non troppe, che ampliano continuamente i fidi, pur di pagare le rate di mutui e finanziamenti, quindi sono sempre in carenza di danaro e nonostante questo, chiudono il bilancio in utile. Stante la positività di dati reddituali, la banca potrebbe anche essere disposta a seguire le esigenze finanziarie di queste società, anzi, tutto sommato, questo tipo di aziende sono, per gli istituti di credito, dei veri polli da spennare. Fintanto che l’impresa traina la banca succhia tutto il sangue possibile ed al minimo cedimento, si pone nelle condizioni di chiedere il rientro di quanto, in maniera apparentemente generosa, ha concesso: il cappio si stringe intorno al collo del malcapitato che ha deciso di indossarlo.

80


Questo prospetto evidenzia, al fondo, nell’ultima riga, se la tendenza è quella di aumentare l’esposizione oppure se la situazione nei vari mesi tende a compensarsi. Dal progressivo, qualora sia in rosso solo in qualche periodo, è possibile sapere quale sia il fido massimo necessario, guardando al valore più alto tra quelli in rosso ed è anche chiaro quando il denaro sia maggiormente utile, potendo quindi chiarire con la banca anche affidamenti variabili a tempo. Naturalmente l’auspicio, nel caso di picchi periodici, è quello di intervenire strutturalmente e non di usufruire di servizi di credito, per quanto temporaneo. Se invece il progressivo è negativo sempre e tende ad aumentare bisognerà analizzare in dettaglio le modalità di gestione del danaro aziendale e per esempio, intervenire con il consolidamento e la rinegoziazione di finanziamenti e mutui. Lo scopo di questo tabulato non è quello di fornire la soluzione bensì quello di chiarire la situazione, onde affrontare al meglio e con consapevolezza eventuali interventi.

81


Grazie a questo tabulato un professionista può ipotizzare e proporre possibili soluzioni veramente pregnanti per la corretta gestione del danaro. Questo prospetto è utile anche per conoscere la capacità aziendale di fare fronte ad un nuovo indebitamento, infatti utilizzando una delle righe bianche delle uscite è possibile inserire un’ipotesi di rata mensile ulteriore e capire se è sostenibile. Si può provare ad aggiungere uno stipendio in più per un ipotetico nuovo dipendente e mille altre analisi ed ipotesi perché questo è veramente il denaro aziendale, senza compromessi ed elucubrazioni strane. Precedentemente abbiamo visto quanto possano essere deleteri gli anticipi relativi a ricevute bancarie o fatture e probabilmente, anche volendo uscire da questo meccanismo perverso, diventa difficile rinunciare a tutte le anticipazioni da subito, anche per questioni tecniche. Quasi tutte le aziende presentano tutto il pacchetto delle ricevute emesse in banca senza guardare l’effettiva necessità di danaro, semplicemente perché così è quanto la banca ha detto essere normale.

82


Pur non volendo entrare in considerazioni più complesse che sono da valutare caso per caso, si pensi solo a quanto si può risparmiare portando allo sconto le ricevute il più vicino possibile alla loro data di scadenza. Proprio questo strumento consente di ridurre l’esigenza di anticipazioni, se il miglioramento della gestione della disponibilità liquida ed i numeri letti nel prospetto ci permettono di non portare in banca, nel mese corrente, alcune ricevute oppure semplicemente, nell’ottimizzazione delle stesse, riusciamo a gestire la presentazione più vicina ai tempi di scadenza, ecco che questa strategia comporta un risparmio in interessi veramente importante ed un miglioramento eccezionalmente inatteso della situazione finanziaria della società. La chiarezza delle informazioni del nostro prospetto flussi ci consente di capire come innescare il nuovo processo virtuoso ed iniziare a risparmiare ed a sfilarsi il cappio bancario dal collo. Inizialmente molti trovano difficoltà, nel leggere il prospetto, a distinguere tra il fatturato mensile e la scadenza a cui si riferiscono le fatture emesse ma una volta

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presa confidenza, l’utilità strategica di questo tabulato è immensa.

84


ANALISI PER SETTORE Questo capitolo avrebbe potuto essere intitolato contabilità analitica ma considerata la metodologia, pare opportuno non creare confusioni utilizzando termini troppo consolidati. Il problema è quello di comprendere i costi e la redditività di settori specifici dell’azienda, per poter definire quali siano strategici e quali abbiano bisogno di interventi o revisioni. L’approccio di questo metodo parte esclusivamente da presupposti contabili. Molto spesso il calcolo dei costi di produzione avviene attraverso analisi tecniche sui consumi, i tempi e comunque metodologie di tipo ingegneristico. Tali valutazioni definiscono dei costi unitari che poi rimoltiplicati per i tempi o le quantità di utilizzo consentono di conoscere i costi specifici, tutto questo con delle complicazioni di rilevazione anche costose. Quello che non si è mai fatto, per verifica, è il sommare tutti i costi calcolati in questo modo per verificare se collimano con i costi imputati a bilancio perché è evidente che, pur considerando solo gli arrotondamenti utili a 85


definire un costo unitario, la rimoltiplicazione per migliaia di tempi e quantità talvolta fornisce risultati che non coincidono con quanto effettivamente ho messo nei costi aziendali. Le analisi tecniche sono utili ed auspicabili quando hanno lo scopo di essere utilizzate in ambito tecnico, mentre potrebbero essere fuorvianti se vengono implementate dentro i valori di analisi aziendale. Prendiamo in considerazione il prospetto di bilancio a pagina 57, esso rappresenta in forma semplice ed utile la situazione aziendale. Ora immaginiamo di avere tanti tabulati come questo, uno per ogni settore aziendale e la cui somma sia esattamente il bilancio presentato a pagina 57: è evidente che avremmo la situazione più reale possibile di ogni singolo contesto aziendale. Per fare questo occorre definire il concetto di centri di ricavo, ed ecco perché non si è voluto utilizzare il titolo “contabilità industriale” la quale ragiona per centri di costo.

86


Solo nel caso di valutazione tecniche, che prescindono dal contesto di questo documento, ha senso individuare dei settori di costo specifici. Se si desidera entrare nel merito delle strategie aziendali, il riferimento sono i centri di ricavo, cioè le varie competenze ed attività per le quali si fattura, alle quali abbinare delle competenze di costo, per conoscerne andamenti e redditività . Per entrare nel dettaglio di questo tipo di valutazione prendiamo in considerazione un esempio pratico, nelle pagine seguenti ci sono tre prospetti che suddividono il bilancio di pagina 57 in tre Centri di Ricavo.

87


Valore aggiunto

Costi della produzione

Ricavi delle vendite

17.289

13.334

30.623

30.264

60.886

33.042

14.624

47.666

31.613

79.279

13.958

23.213

37.171

13.334

50.505

31.616

82.121

18.053

31.587

49.639

14.034

63.673

25.774

89.447

April e

2.048

61.289

63.337

19.017

82.354

27.434

109.788

Mag gio

698

50.872

51.570

13.946

65.516

27.121

92.636

Giug no

25.246

19.268

44.515

13.442

57.957

20.199

78.156

Lugli o

-1.933

15.193

13.259

13.233

26.492

8.385

34.878

Agos to

28.122

15.199

43.321

15.284

58.605

23.296

81.901

63.543

17.683

81.226

13.958

95.184

22.806

117.990

10

Costi degli investimenti

9.072

23.970

FANTASIA SRL CDR 01 PIANO

Reddito operativo 39.801

Marz

Reddito ante imposte

-52.296

41

Febb raio

Proventi diversi

-22.512

e

Costi del personale

bre

Margine opertivo lordo

Sette m

24.089 5.736 -52.337

o

Costi di gestione proporzionali Costi di gestione ripartiti Reddito di competenza

io Genn a

2.061 491 6.520

7.969 1.897 4.092

13.603 3.239 1.211

6.795 1.618 -6.365

5.829 1.388 -6.519

6.191 1.474 17.581

2.910 693 -5.536

7.912 1.884 18.326

5.752 1.369 56.422

56.467

46

23.177

4.851

-5.536

0

17.623

42

235

6.754

-6.332

33

1.853

643

233

6.753

9.620

5.527

Otto br

bre

0

0

0 0 0

0

0

0

0

0

0

0

Nove m

0

0 0 0

0

0

0

0

0

0

0

51.565

18.170

83.111 19.788 33.395

136.294

298.074

434.368

144.207

578.575

248.508

827.082

TOT ALE

5.156,52

1.817,00

8.311,06 1.978,82 3.340

13.629,41

29.807,39

43.436,80

14.420,66

57.857,45

24.850,78

82.708,24

MED IA

45

60

40

65

70

0

bre

Dice m

70 30


22.362

27.447

23.159

19.539

8.719

10

20.530

FANTASIA SRL CDR 02 CONTINUO 19.820

29.498

15.222

8.317

11.222

20.475

Ricavi delle vendite

8.092

15.067

12.670

15.241

-1.452

-4.395

-4.159

1.213

1.978 1.884 -5.372

-1.511

4.603

11

1.438 1.369 4.591

7.399

12.839

16.828

12.206

15.653

3.166

7.533

8.043

14.319

-11.545

5.441

12.942

2.966

17.565

18.858

4.677

4.658

2.257

17.563

e Otto br

4.061

-1.592

16.813

bre

3.988

Sette m

4.367

-12.086

3.781

9.719

280

-5.686

727 693 -5.815

4.477

-1.921

-7.986

1.548 1.474 -4.474

4.107

7.375

1.457 1.388 -14.391

0

6.772

-5.401

-9.297

1.699 1.618 -15.402

11

4.033

12.246

3.401 3.239 -12.326

1.689

-844

Reddito operativo

-17.648

1.992 1.897 -11.876

8

-5.815

4.675

Costi del personale

515 491 -10.303

161

-4.464

5.929

Margine opertivo lordo 6.022 5.736 -29.406

1.382

-29.395 -10.244 -10.494 -12.165 -15.394 -12.702

7.142

Costi di gestione proporzionali Costi di gestione ripartiti Reddito di competenza 58

Reddito ante imposte

Proventi diversi

10

3.841

Agos to

3.985

Lugli o

5.434

Giug no

4.010

Mag gio

3.810

April e

4.178

Marz

3.810

Febb raio

Costi degli investimenti

Costi della produzione

o

Valore aggiunto

io Genn a

0

206.771

20.677,06

15

10

20

20

0

4.120,19

25

2.750,88

6.871,07

41.202

9.171,50

13.805,99

27.509

-6.420,62

68.711

91.715

0

-64.206

0

0

0

-10.022,96

2.077,77 1.978,82 -10.477

0

-100.230

20.778 19.788 -104.772

138.060

0

0

0

0

0

0

0 0 0

0

0

0 0 0

MED IA

454,25

TOT ALE

4.542

Dice m

0

0

bre

0

bre

Nove m

70 30


18.080

38.599

19.099

13.466

10

45.745

20.518

FANTASIA SRL CDR 03 COMMERCIALIZZAZIONE 37.270 18.289

49.163

34.217

27.456

34.125

33.033 17.183

14.532

25.369

20.087

17.179

32.565

Ricavi delle vendite 21.078

18.526

4.446

15.204

13.140

24.739

6.786

11.740

33.959

21.075

18.082

14.144

15.531

11.958

11.235

10.596

18.595

5.193

20.176

9.868

7.289

12.732

10.793

8.731

53

2.580 1.474 8.678

11.412

8.443

2.429 1.388 2.969

5.357 5.878

2.831 1.618 6.146

6.187

41

5.668 3.239 1.886

2.689

803

3.320 1.897 660 6.909

7.570

e Agos to

5.532 4.337 859 491 2.987 292

3.279

bre

5.590

Costi della produzione

1.920

Reddito operativo 9.185 -5.896

Costi del personale Margine opertivo lordo 10.037 5.736 -21.669

-21.618

51

Costi di gestione proporzionali Costi di gestione ripartiti Reddito di competenza Proventi diversi

Reddito ante imposte

Sette m

Lugli o

8.942

Valore aggiunto

1.992

Giug no

1.994

2.717

Mag gio

2.183

2.005

April e

1.890

1.905

Marz

3.289

Febb raio

Costi degli investimenti

2.089

o

1.905

io Genn a

16.411

31.964

27.884

7.052

12.904

2.397 1.369 24.118

4.081 3.546

3.296 1.884 7.724

3.508

1.212 693 1.641

24.175

57

0

1.641

13.787

6.063

3.506

Otto br

0

0

0

0

0

0

0

0

34.629 19.788 35.141

89.559

68.786

158.345

20.601

178.946

165.672

344.618

5.785,33

2.271,24

3.462,94 1.978,82 3.514

8.955,86

6.878,63

15.834,48

2.060,09

17.894,58

16.567,19

34.461,77

MED IA

30

25

0

0

0 0 0

0

0

0

0

0

0

0 0 0

22.712

TOT ALE

50

15

10

0

Dice m

57.853

bre

0

bre

Nove m

70 30


La prima constatazione importante è che la somma dei valori dei tre tabulati corrisponde ai numeri presenti nel bilancio di pagina 57, questo vuol dire che la stessa situazione dinamica è proposta anche per ogni Centro di Ricavo. L’esempio prende in considerazione una tipografia che ha due tipi di produzione caratteristica cioè la stampa in piano e di moduli continui e poi la commercializzazione di altri prodotti di stampa che acquista da terzi e rivende. La prima riga di ogni prospetto presenta il valore del fatturato esattamente come registrato in contabilità, è evidente che la registrazione corretta della natura del ricavo è elemento di facile valutazione e consente di avere una situazione ben definita. I costi della produzione sono quelli riferiti strettamente alle materie prime o a materiali di consumo specifici. Nell’esempio riportato sono costi della produzione sia gli acquisti di prodotti finiti da rivendere che la carta o gli inchiostri. Evidentemente per gli acquisti non ci sono problematiche di definizione della corretta voce mentre per la carta o gli inchiostri si tratta di definire delle logiche di ripartizione in base alle specifiche tecniche.

91


Non dovrebbe essere complesso stabilire proporzionalmente, in base al consumo ed alle vendite, quanta carta è stata utilizzata nella produzione in piano e quanta in continuo, lo stesso discorso lo si può fare per gli inchiostri e per altri materiali simili. Ci sono poi acquisti mirati la cui attribuzione può essere fatta già al momento della registrazione contabile. I costi degli investimenti sono ripartibili abbastanza facilmente essendo naturalmente i macchinari destinati a scopi ben precisi, in caso di uso misto valgono le regole enunciate per la carta, ad esempio. Un discorso simile può essere fatto per i costi del personale, molte mansioni produttive sono ovviamente ben definite, per cui l’attribuzione del costo al giusto centro di ricavo non dovrebbe comportare particolari problemi. Si giunge ora a stabilire quali siano le regole per i costi di gestione. Intanto cominciamo a stabilire che i costi di gestione sono tutti quei costi non direttamente attribuibili a fatti produttivi. Il riferimento è ai costi del personale amministrativo e contabili, quelli commerciali, le banche e quant’altro che

92


non ha una possibile attribuzione specifica ad un centro di ricavo. La prima considerazione da fare è che i costi di gestione non devono essere redistribuiti solo ed esclusivamente in base al fatturato attivo. Per chiarire questo aspetto immaginiamo un’azienda che produca caramelle e cioccolattini. Ebbene da un’analisi tradizionale si constata che la produzione di caramelle comporta un attivo mentre quella di cioccolattini risulta passiva. Se ci accontentassimo di una valutazione proporzionale basterebbe chiudere la produzione passiva e tutto andrebbe a posto ma evidentemente non è così, perché pur in passivo la vendita dei cioccolattini paga una quota della contabile e del fattorino e se questi costi li ribaltiamo totalmente sulle caramelle, queste possono andare in passivo e costringere, in tempi non troppo lunghi, alla chiusura di tutto lo stabilimento. Questa affermazione è fondamentale perché la suddivisione in base alla consistenza del fatturato è uno degli errori più gravi che vengono fatti in sede di valutazione settoriale. Un altro esempio chiaro è il costo per l’emissione della fattura, infatti i costi amministrativi per la redazione e la 93


stampa della stessa sono uguali indipendentemente, o quasi, dal suo importo. Non possiamo dire che “fare una fattura” costi di meno per 1 Euro piuttosto che per 1 milione. Certamente possiamo sostenere che l’impegno amministrativo globale per la fattura da 1 milione sarà stato più importante, ma non possiamo dire che non ci sia un costo comune esattamente identico. Per gestire e chiarire al meglio la questione dobbiamo quindi affermare che i costi di gestione sono divisibili in tre categorie: 1. Quote proporzionabili al valore del fatturato del Centro di Ricavo. 2. Quote fisse che non dipendono dal valore. 3. Quote tecniche da identificare con delle percentuali. Nel caso in esempio, dopo aver analizzato la gestione caratteristica, si è stabilito che le quote fisse sono circa il 30% dei costi di gestione mentre il restante 70% è ripartibile in base al fatturato attivo. Non sono state identificate quote tecniche, queste esistono quando ci sono situazioni specifiche, prendiamo ad esempio il caso in cui un’attività abbia clienti italiani e statunitensi. 94


In questo caso si può sostenere che per i clienti USA vi sono dei costi amministrativi superiori a causa di problematiche burocratiche e doganali ed allora si stabilisce che una quota dei costi di gestione, per esempio il 10%, andrà totalmente od in parte caricata sul centro di ricavo dei clienti esteri. Queste tarature devono naturalmente essere fatte in modo specifico, per ogni azienda, in modo da vestire al meglio l’analisi ed è anche evidente che, se queste percentuali sono opportunamente parametrizzate, è possibile intervenire con aggiustamenti ma anche con analisi per ipotesi. Definita quindi la metodologia di compilazione delle singole righe, si può ottenere un tabulato per ogni centro di ricavo, che consenta delle analisi strategiche ed economiche importanti. Si può quindi notare che la riga dei costi di gestione ripartiti presenta esattamente lo stesso valore per ogni centro di costo perché è il 30% del totale dei costi di gestione, diviso esattamente per il numero di centri di costo. Alla destra del tabulato troviamo una media che, nel caso dei costi di gestione ripartiti, è fondamentale.

95


Se si sostiene, analizzando bene l’azienda, che il 30% dei costi di gestione è identificabile con l’affermazione del negoziante che li definisce “il costo per tirar su la serranda”, cioè per quella parte di costi che si avrebbero anche senza effettuare nessuna azione commerciale o produttiva allora quella media di Euro 19.788, del nostro esempio, va analizzata con estrema attenzione. Supponiamo che per il centro di ricavo in continuo siano state lavorate, mediamente per ogni mese, 50 commesse, 25 per il piano e 80 per la commercializzazione. Il valore di 19.788 diviso per la media di 50 commesse ci dice che qualsiasi commessa in continuo di valore inferiore a circa 400 Euro sarà certamente in perdita, così come lo saranno quelle inferiori a circa 800 Euro per il piano ed a 250 Euro per la commercializzazione. Se si facesse un mero calcolo proporzionale queste piccole commesse apparirebbero più redditizie delle altre perché acquisirebbero una quota di costi molto bassa ma sarebbe un errore madornale. Questo naturalmente in base alla potenziale quantità di clienti che l’attività specifica è in grado di gestire, aumentando i clienti si abbassa ovviamente il valore minimo, ammesso di avere delle capacità produttive adeguate ed un settore commerciale in grado di procurarli. 96


L’altra quota dei costi di gestione, quindi il 70%, è giustamente proporzionata al fatturato fatto per quella tipologia di ricavi, perché è evidente che commesse più grandi comportano una quota rilevante di maggior lavoro, di stoccaggio, di impegno, di rischio. Un’analisi degli andamenti, raffrontando i tre settori, nel caso del nostro esempio, mostra evidentemente che la stampa dei moduli continui è in regresso, tendenzialmente non genera utili, pur essendo vero che non sono più stati fatti investimenti e che occupa poco personale. Capitano sporadicamente ordini più cospicui, che momentaneamente tamponano la situazione, ma tendenzialmente non è un ambito nel quale investire ulteriormente. Da valutare, prima di considerare in esaurimento il settore, che all’interno non ci siano prodotti strategici che potrebbero, se esclusi, portare la clientela altrove e quindi verificare che la perdita del settore non sia in realtà, almeno in parte, un investimento necessario. Inoltre, immaginando di cessare tale produzione, con questi tabulati è possibile verificare se sia attuabile il ribaltamento dei costi di gestione della stampa dei moduli continui sui due altri settori positivi senza che il totale diventi negativo (a questo proposito bisogna ricordare 97


l’aneddoto di caramelle e cioccolatini di qualche pagina indietro). Per quanto riguarda la commercializzazione, la considerazione più importante è quella di capire se un investimento per la produzione interna di quanto acquistato sia maggiormente redditizio della semplice rivendita. Per l’attività produttiva più importante, la stampa in piano, dai numeri è possibile valutare se ci siano spazi equilibrati per nuovi investimenti e personale ed anche ipotizzare la situazione in caso di aumenti o diminuzioni di fatturato.

98


CONCLUSIONI Lo svolgimento mensile e le suddivisioni logiche di questi reports rappresentano la realtà dinamica dell’azienda e grazie a queste è possibile avere una prima base fondamentale di analisi. Ottenere questi numeri vuol anche dire essere pronti e correttamente predisposti, per qualsiasi altro tipo di analisi e valutazione diversa e/o più complessa. Il metodo di semplificazione proposto nasce innanzitutto dalla consapevolezza che è necessario definire un sistema di valutazione della gestione aziendale diverso da quanto normalmente applicato sino ad oggi. Qualora lo si ritenesse utile, qualsiasi tipo di analisi ulteriore, dalla redazione dei bilanci alle analisi finanziarie, indipendentemente dal metodo, trarranno benefici dalle impostazioni così come proposte in questo scritto. La definizione di criteri leggibili e chiari aiuterà chiunque a lavorare meglio ed anche a ridurre i costi. Ma soprattutto emerge una certezza: non deve essere solo l’imprenditore ad imparare, a farsi carico delle logiche di professionisti che hanno culture diverse e specifiche ma proprio questi ultimi dovrebbero mettere se stessi e le loro 99


conoscenze al servizio dell’azienda, anche nelle modalità di gestione e rappresentazione dei dati. La definizione per cui chi intraprende debba saper svolgere tutte le mansioni esistenti in azienda è falsa e fuorviante: l’imprenditore deve essere un buon regista ed anche un buon pilota ma deve avere intorno a sé attori e meccanici, tecnici ed informatici e qualsiasi altro professionista o dipendente abbia conoscenze specifiche utili. Indipendentemente dalle conoscenze e dalle capacità specifiche non deve mai essere obbligato a conoscere ed entrare nel merito degli aspetti tecnici dei quali non è esperto e la sua presenza non deve essere indispensabile per l’ottenimento del prodotto finito. Al giorno d’oggi questa ipotesi di onniscienza, cioè l’essere esperti in qualsiasi ambito aziendale, non è pensabile e sarebbe pazzesco auspicarlo. Bisogna quindi individuare collaboratori capaci che imparino a comunicare le informazioni corrette e leggibili fuori dal loro contesto tecnico specifico, in modo che i dati siano sempre utilizzabili dai colleghi di altri settori, dal management e dai professionisti esterni per ottimizzare e condividere operatività e strategie.

100


In questo libro si propone esattamente questo, la trasformazione di ambiti culturali ristretti ed auto referenzianti, in informazioni usufruibili, condivisibili ed utili in ogni contesto aziendale. Le domande finali, adatti a definire la validità di quanto esposto in questo libro, sono quindi: • I dati presentati sono utili? • Bisogna avere conoscenze contabili per leggerli? • Nonostante questa fuga dall’ortodossia contabile sono l’evidenza di dati e fatti contabili reali? • Può gestirli e comprenderli chiunque? • Propongono delle semplificazioni? • Consentono dei risparmi? • Creano carichi di lavoro ulteriori? • Danno prospettive?

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1


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