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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Corso di Laurea in Fisica

TESI DI LAUREA

CORRENTI DI CALCIO ATTIVATE DA FATTORI NEUROTROFICI IN UN MODELLO NEURONALE

Relatore Prof. Davide LOVISOLO Candidato Massimo PAPA

Ottobre 1997


Al mio caro fratello Francesco che tanto ha contribuito alla mia formazione scientifica e che tanto mi manca.


INDICE 1. La membrana plasmatica – 1.1 Cosa è la membrana plasmatica – 1.2 Importanza della membrana plasmatica – 1.3 Descrizione chimico-fisica dei processi di membrana – 1.4 Processi di diffusione attraverso la membrana – 1.5 Il potenziale di membrana – 1.6 I canali ionici • 1.6.1 Canali regolati dal voltaggio • 1.6.2 Canali regolati da ligandi chimici • 1.6.3 Canali regolati meccanicamente 2. Il calcio come messaggero biologico – 2.1 Ruolo fisiologico del calcio – 2.2 Perché il calcio – 2.3 Omeostasi del calcio – 2.4 Canali del calcio • 2.4.1 Canali voltaggio dipendenti (VOCs) • 2.4.2 Complessi recettore-canale (ROCs) • 2.4.4 Canali attivati da rilascio di calcio (CRACs o SOCs) – 2.5 Onde di calcio – 2.6 Calcio e neuroni 3. I fattori di crescita – 3.1 Fattori di crescita • 3.1.1 Nerve Growth Factor (NGF) • 3.1.2 Fibroblast Growth Factor (FGF) • 3.1.3 Insulin-like Growth Factor (IGF)

5 5 7 8 15 20 26 34 36 40 35 35 38 40 46 47 52 54 56 60 35 35 37 37 38


4

– 3.2

Recettori tirosina chinasici 38 • 3.2.1 Recettore per il Nerve Growth Factor 42 • 3.2.2 Recettore per il Fibroblast Growth Factor di tipo basico 44 • 3.2.3 Recettore per l’Insulin-like Growth Factor I 45 – 3.3 Catena di trasduzione del segnale 45 • 3.3.1 La via di segnalazione di RAS 47 • 3.3.2 La trasduzione del segnale tramite i recettori per l'NGF, il bFGF e l’IGF-I 50 – 3.4 Neuroblastomi e NGF, bFGF, IGF-I 51 • 3.4.1 I neuroblastomi 51 • 3.4.2 Effetti dei fattori neurotrofici sulla linea cellulare derivata da neuroblastoma 51 4. Materiali e metodi 76 – 4.1 La linea cellulare IMR5 76 • 4.1.1 Allestimento delle colture 77 – 4.2 Misure elettrofisiologiche 78 • 4.2.1 La tecnica del patch clamp 80 • 4.2.2 Descrizione esperimenti in voltage clamp con la tecnica patch clamp in configurazione whole cell sulla linea cellulare IMR5 85 • 4.2.3 Le soluzioni fisiologiche 93 – 4.3 Il sistema di acquisizione dati

96

5. Risultati

97

– 5.1 Studio delle correnti attivate dai fattori neurotrofici e da FCS in condizioni fisiologiche 97 – 5.2 Natura ionica delle correnti attivate dai fattori neurotrofici e da FCS 100

• 5.2.1 Cationi responsabili della corrente in ingresso – 5.3 Potenziali di inversione delle correnti attivate dai fattori neurotrofici e da FCS

6. Discussione

104 110

116

– 6.1 L’IGF-I, il bFGF e il siero inducono una corrente in ingresso 116 – 6.2 La corrente attivata dal siero è risultata bifasica alla prima stimolazione 117 – 6.3 I canali attivati dall’IGF-I e dal bFGF sono cationici non selettivi permeabili al calcio 118 – 6.4 La corrente attivata dal siero ha proprietà analoghe a quelle attivate dall’IGF-I e dal bFGF 120 – 6.5 L’NGF non attiva alcuna corrente misurabile 120

Bibliografia Ringraziamenti

121 118


CAPITOLO 1 1. La membrana plasmatica 1.1 Cosa è la membrana plasmatica La cellula è un sistema organizzato che per poter svolgere le sue funzioni deve continuamente scambiare energia e materia con l’ambiente esterno. La separazione tra ambiente esterno ed interno è dovuta alle pareti della membrana plasmatica, una barriera che racchiude e delimita tutta la cellula. Negli ultimi anni si è capito quale sia la sua vera struttura dopo che per quasi un secolo si erano proposti modelli non soddisfacenti. Nel 1972 Singer e Nicolson [1] proposero un modello per la membrana cellulare che teneva conto di tutte i dati sperimentali sino ad allora noti. La membrana è costituita in larghissima parte da fosfolipidi aventi una testa idrofila e una coda idrofoba (molecola anfipatica), da proteine e carboidrati. Si dimostrò che la membrana è composta da un doppio strato formato dai fosfolipidi


1. La membrana plasmatica

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disposti in maniera tale da avere la parte idrofila all'esterno e la parte idrofoba all'interno (fig.1).

Figura 1 La membrana plasmatica è un doppio strato fosfolipidico nel quale sono inclusi il colestero e vari tipi di molecole proteiche. Le molecole fosfolipidiche sono raffigurate nello schema come sfere ciascuna con due code ondulate, scambi casuali di fosfolipidi tra i due strati avvengono raramente. Due diversi tipi di proteine attraversano il doppio strato. Uno lo attraversa sotto forma di catena di amminoacidi avvolta ad alfa-elica; la porzione del secondo tipo di proteina che si trova all’interno della membrana ha, invece, una struttura globulare. Va precisato che il rapporto tra fosfolipidi e proteine è in questo caso molto più elevato che non in una membrana naturale. Le molecole rigide del colesterolo tendono a mantenere le code dei fosfolipidi in posizione relativamente fissa e ordinata nelle zone più vicine alle teste idrofile. Nelle regioni più vicine al centro della membrana, invece, le code si muovono liberamente [65].

In questo bilayer alloggiano le proteine che sono principalmente di quattro tipi : proteine strutturali, enzimatiche, recettoriali e di trasporto. La loro posizione riferita al bilayer porta ad un'ulteriore suddivisione in proteine intrinseche e estrinseche, le prime riferite a quelle che sono sulla sua superficie, mentre le seconde vi sono 'immerse' totalmente o quasi. La terza famiglia di molecole è quella dei carboidrati che si legano a proteine (glicoproteine) o a lipidi (glicolipidi) nella parte esterna della membrana; questi carboidrati si legano tra di loro formando il cosiddetto glicocalice. Il modello a mosaico fluido tiene conto del mescolamento tra fosfolipidi e proteine nel piano della membrana; la massa delle proteine è molto maggiore della massa dei fosfolipidi e la velocità è molto differente. La


1. La membrana plasmatica

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fluidità è strettamente dipendente dalla composizione della membrana e dalla temperatura; parametro questo che influenza quindi fortemente le proprietà intrinseche della membrana. Attualmente è diventato chiaro che la visione della membrana come un mare lipidico in cui tutte le proteine galleggiano liberamente è una semplificazione eccessiva. Molte cellule sono in grado di confinare le proteine di membrana entro domini specifici del doppio strato continuo di lipidi. Esistono quattro modi [2] in cui la mobilità di proteine specifiche della membrana plasmatica può essere ristretta, qui ne daremo un brevissimo cenno. Le proteine possono autoassemblarsi in grossi aggregati in cui sono relativamente fisse oppure possono essere agganciate mediante interazioni con complessi di macromolecole fuori o dentro la cellula o infine possono interagire con proteine sulla superficie di un’altra cellula.

1.2 Importanza della membrana plasmatica Le membrane giocano un ruolo fondamentale nei processi chimico-fisici che sono alla base delle funzioni cellulari. La loro funzione non è solo quella di dividere l'ambiente interno dall'ambiente esterno come menzionato precedentemente; si possono individuare grossolanamente cinque categorie di funzioni [3] : - Impedire ai contenuti cellulari di mescolarsi con i componenti dell'ambiente esterno (funzione contenitiva) - Offrire sulla superficie interna ed esterna siti di supporto per enzimi (funzione biochimica)


1. La membrana plasmatica

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- Selezionare i materiali in transito tra esterno ed interno e viceversa mediante diversi meccanismi (funzione fisiologica di barriera selettiva) - Presentare sulla superficie esterna recettori per segnali chimici e messaggeri per comunicare con altre cellule (funzione fisiologica di comunicazione). La membrana è quindi la sede dello scambio regolato di energia e materia tra l’ambiente esterno e la cellula, in ultima analisi è la sede dello scambio di informazioni necessarie al corretto svolgimento di tutte le funzioni che la cellula può eseguire.

1.3 Descrizione chimico-fisica dei processi di membrana Il problema dello studio dei sistemi biologici da un punto di vista quantitativo è una questione ancora non risolta, che ha visto vari approcci affermarsi ed essere messi in discussione. D’altra parte, anche i componenti subcellulari più importanti dal punto di vista funzionale, le proteine, sono macromolecole molto complesse il cui gran numero di atomi e le loro interazioni fortemente non lineari portano ad avere sistemi non trattabili in termini di meccanica quantistica classica. Negli ultimi anni la simulazione assistita da elaboratore e le tecniche di computer graphics hanno aiutato a capire le strutture e i meccanismi dei fenomeni interni alla cellula; inoltre l’applicazione di teorie quali la trattazione dei sistemi dinamici non lineari sembra essere promettente, ma si è solo all’inizio. Un ramo della fisica classica che ha avuto una certa rilevanza è la termodinamica dei processi irreversibili (in particolare quella non lineare).


1. La membrana plasmatica

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Un particolare successo si è avuto nell’utilizzare questo approccio per descrivere i flussi di materia ed energia che avvengono ai capi della membrana plasmatica, fondamentali per mantenere un sistema dissipativo come la cellula nel suo stato altamente ordinato e organizzato: il problema è che si tratta di un approccio esclusivamente fenomenologico, che descrive ‘le leggi del moto’ ma non dice niente sulla natura e sul comportamento dinamico delle strutture che sono responsabili di questi processi (p.e. la 1a legge di Fick descrive la diffusione di una molecola di monossido di azoto (NO) attraverso lo strato lipidico o di glucosio via un carrier, con un meccanismo di trasporto facilitato che comporta l’interazione della molecola con una proteina di membrana). Lo studio della membrana e delle strutture che la compongono ha utilizzato molto le tecniche fisiche e chimico fisiche (dalla diffrattografia a raggi X alla spettroscopia Raman, dall’NMR all’uso della luce di sincrotrone), ma ha trovato finora nelle tecniche biochimiche e di biologia molecolare gli strumenti principi: questo ha delle conseguenze nell’impianto teorico che ci sta dietro (le due discipline sopra citate sono sostanzialmente approcci descrittivi) e sulla visione che abbiamo oggi di queste strutture. Un altro approccio è stato quello di usare tecniche sperimentali che misurano parametri fisici (macroscopici e microscopici) e da qui risalire ad interpretazioni di questi dati in termini di struttura e funzione. L’elettrofisiologia ne è un esempio: studiare correnti e potenziali interpretandoli in termini di flussi di ioni attraverso la membrana plasmatica, e da qui cercare di descrivere il comportamento delle strutture macromolecolari che ne sono responsabili: le proteine di trasporto ed in particolare i canali ionici. L’argomento di questi tesi


1. La membrana plasmatica

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verterà proprio sulle correnti ioniche che attraversano la membrana plasmatica tramite i canali ionici. Ma prima può essere utile fornire un breve cenno sulle leggi fenomenologiche, prima citate, che regolano i flussi ai capi della membrana; è questa un’applicazione dei principi della termodinamica. In questa disciplina si ha il controllo soltanto di poche variabili rispetto al numero di gradi di libertà dell’intero sistema, ma in ‘qualche modo’ si riesce a parametrizzare l’ignoranza della struttura microscopica del sistema usando particolari funzioni termodinamiche i cui parametri sono le poche variabili misurabili quali, per fare un esempio, temperatura e pressione. Nella maggior parte delle teorie fisiche il tempo è visto come un parametro ininfluente, nel senso che le equazioni sono perfettamente simmetriche per inversione temporale. Questo avviene anche nella descrizione termodinamica dei processi reversibili, dove le trasformazioni che avvengono nel sistema possono essere invertite per riportare il sistema stesso nelle sue condizioni iniziali come se nulla fosse successo. In generale nei processi biologici il tempo risulta un parametro importante, l’evento macroscopico dell’invecchiamento è un sinonimo dell’irreversibilità del processo vitale e quindi del fatto che ‘non si può tornare indietro nel tempo’. Anche per questo si rende necessario lo sviluppo di una termodinamica dei processi irreversibili, ma non solo: si deve tenere conto che il sistema cellula, per continuare a sopravvivere, deve mantenere variabili entro un certo intervallo di valori i gradienti di concentrazione di alcune sostanze, il potenziale elettrico, il pH ed altro ancora, tra il suo ambiente interno e quello esterno. Questo indica che ci si deve occupare di una termodinamica degli stati al non equilibrio. Per provare a descrivere i processi di membrana si può utilizzare la termodinamica dei processi irreversibili sviluppata da Prigogine alla


1. La membrana plasmatica

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fine degli anni 60. Uno dei pilastri portanti di questa teoria è il principio dell’equilibrio locale: l'equazioni della termodinamica dell’equilibrio (la termodinamica classica) possono essere applicate anche ad un sistema molto lontano dall’equilibrio se in ciascun piccolo elemento di massa del sistema si ha un equilibrio locale. Questo si ottiene se: (i) il range di variazioni per i vincoli esterni è molto più grande del libero cammino medio, per i vincoli spaziali, mentre per vincoli temporali deve essere più grande delle frequenze di rilassamento del moto termico molecolare. (ii) le collisioni che portano a reazioni chimiche siano scarse; deve inoltre essere rispettata la distribuzione di Boltzmann [16]. In questo modo si possono definire dei potenziali locali la cui caratteristica “è che ogni variabile macroscopica appare due volte: una volta come una quantità media e una volta come una quantità fluttuante” [17]. Si definisce sistema aperto un sistema che può scambiare energia e materia con l’ambiente esterno. Durante un piccolo intervallo di tempo dt, il cambiamento di entropia S di un qualsiasi sistema aperto è dS = d i S + d e S

(1.3.1)

dove deS è la variazione di S dovuta a scambi con l’ambiente esterno, diS è la variazione di S dovuta a processi irreversibili avvenuti all’interno del sistema in esame. La seconda legge della termodinamica afferma che diS ³ 0 (l’uguaglianza si applica solo all’equilibrio); il segno di deS risulta invece indefinito. Possiamo considerare la cellula come un sistema termodinamico aperto, ed in prima approssimazione si può affermare che la sua entropia venga mantenuta costante: allora dS=0 e quindi dalla (1.3.1) ottengo : d e S = − di S ≤ 0

(1.3.2)


1. La membrana plasmatica

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Quindi i sistemi viventi per poter mantenere uno stato organizzato (cioè non degradarsi) devono compensare l’aumento di entropia dovuta ai processi irreversibili che avvengono al loro interno; cioè parafrasando Schrodinger [15], devono ‘nutrirsi’ di ‘entropia negativa’ (fig.2).

Figura 2 Flusso di entropia e produzione di entropia in un sistema aperto [16].

Si definisce la grandezza produzione di entropia interna

P≡

di S = dt

∫σ

⋅ dV

(1.3.3)

dove s rappresenta la produzione di entropia interna per unità di volume; il secondo principio della termodinamica può essere espresso come :

σ ≥ 0

(1.3.4)

che vale anche per sistemi che non sono all’equilibrio. Usando il principio dell’equilibrio locale si può dimostrare che la s può essere espressa come :


1. La membrana plasmatica

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P=

Jk X k

k

(1.3.5)

dove Jk e Xk sono i flussi e le forze generalizzate associate ai processi irreversibili considerati[16][17]. Alcuni esempi: PROCESSO Diffusione

FLUSSO (Jk) Flusso diffusionale

FORZA (Xk) Gradiente

pot.chimico Reazione Chimica Velocità di reazione Affinità chimica Conduzione di Flusso di calore Gradiente Calore

di

di

temperatura

Tabella 1 Modificata da Peacocke [16]

Nel caso in cui i flussi siano direttamente proporzionali alle forze che li producono, si può scrivere:

Jk =

∑ i

Lik X i

(1.3.6)

dove Lik sono chiamati coefficienti fenomenologici. Si definisce stato stazionario di un sistema aperto il sistema in cui le variabili di stato non variano nel tempo e in cui l’entropia totale del sistema rimane invariata (dS=deS+diS=0). Un importante teorema afferma che in condizioni vicine all’equilibrio la produzione di entropia nello stato stazionario assume un valore di minimo in accordo con le condizioni di vincolo del sistema. Questo implica che lo stato stazionario porta ad una variazione di produzione di entropia nulla:


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dσ = 0 dt

(1.3.7)

mentre se si è lontani dallo stato stazionario si ottiene dσ <0 dt

(1.3.8)

Questo è appena un cenno alla termodinamica lineare dei processi irreversibili, in prima approssimazione questa può essere molto utile per descrivere alcuni processi che avvengono ai capi della membrana. Per approfondire le questioni lasciate irrisolte dalle approssimazioni introdotte con la linearità, si può studiare il caso non lineare che non affronterò perché esula dai contenuti di questa tesi. Infine vale la pena di ricordare che un altro modo di affrontare la complessità intrinseca dei problemi biologici è quella di utilizzare i metodi di analisi sperimentale messi a disposizione dalle moderne teorie sui sistemi dinamici. Un approccio sostanzialmente differente da quello termodinamico, ma che, probabilmente, può fornire nuovi parametri per valutare e se possibile capire i sistemi esaminati. I nuovi termini coniati da queste teorie come caos, frattali, esponenti di Lyapunov, biforcazioni, e altro ancora probabilmente saranno sempre più usati nell’analisi dei dati sperimentali biologici.


1. La membrana plasmatica

15

1.4 Processi di diffusione attraverso la membrana La membrana cellulare, intesa come doppio strato lipidico, risulta sicuramente permeabile alle sostanze liposolubili, mentre è non permeabile alle sostanze idrosolubili (fig.3).

Figura 3 Permeabilità relativa ad un doppio strato lipidico sintetico a diverse classi di molecole. Più piccola è la molecola e, cosa più importante, meno legami idrogeno forma con l’acqua, e più rapidamente diffonde attraverso il doppio strato lipidico [2].

Ma l’interno della cellula è un ambiente acquoso in cui sono dispersi i diversi tipi di organelli intracellulari (il citosol), quindi la maggior parte delle molecole necessarie alla sopravvivenza della cellula dovranno essere idrofile per sciogliersi bene nel citosol. Si prevedono quindi diversi meccanismi atti a esportare e importare molecole; da un punto di vista molto generale si possono dividere i flussi in due categorie :


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- Flussi attivi - Flussi passivi I primi consistono nello spostamento attraverso la membrana di sostanze contro l’energia potenziale del sistema a spese dell’energia metabolica della cellula, che in ultima analisi proviene dall’esterno. Questo avviene, direttamente o indirettamente grazie a proteine accoppiate a reazioni chimiche (pompe). È interessante notare che questo processo porta ad un aumento di entropia, cioè il sistema cerca di ‘ordinare e integrare’ i propri elementi costitutivi che con il passare del tempo si degradano. I flussi passivi sono costituiti dai movimenti di soluto e solvente dovuti alle differenze di energia potenziale del sistema, questi si possono suddividere in altre tre categorie : - Diffusione libera attraverso il doppio strato, in cui la sostanza può diffondere liberamente attraverso la superficie della membrana (p.e. molecole idrofobiche, gas e piccole molecole polari) - Trasporto passivo facilitato, in cui il passaggio della sostanza dall’altra parte della membrana è favorito termodinamicamente, ma questa non è permeabile alla sostanza stessa. In questo caso sono presenti delle proteine che facilitano il passaggio (carriers). Si può pensare che il carrier riconosca la molecola in questione, si leghi a questa tramite siti di legame attivi, cambi conformazione trasportando la molecola attraverso la membrana e infine la rilasci [2]. Questo tipo di meccanismo è attivato per grosse molecole polari. - Trasporto mediante canali: la sostanza, solitamente uno ione, si sposta attraverso i pori acquosi creati da proteine canali seguendo passivamente il gradiente di energia potenziale del sistema. Tutti questi tipi di diffusione tendono a ‘disordinare’ il sistema, dal punto di vista termodinamico.


1. La membrana plasmatica

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Per descrivere i processi diffusivi ai capi della membrana si può utilizzare

l’approccio

termodinamico

descritto

nel

precedente

paragrafo. Si parte dall’equazione fenomenologica che lega i flussi alle forze senza specificare quali siano i meccanismi, quindi riscrivendo la (1.3.6) : J = L1 X 1 + L2 X 2

(1.4.1)

dove J rappresenta il flusso, X1 e X2 le forza chimica ed elettrica (che sono le uniche forze che ci interessano) ed gli Li sono i coefficienti fenomenologici di accoppiamento. Si definisce flusso come numero di moli che attraversa l’unità di superficie nell’unità di tempo. L’equazione fenomenologica in queste condizioni è nota:

J i ( x) = −

ui′ RT  dci ( x ) zi F dV ( x )  + ci ( x )   RT dx  zi F  dx

(1.4.2)

dove Ji : flusso dell’iesimo ione, u’i : mobilità ionica NA=costante di

u’i = |zi| F ui

(dove ui = (NAfi)-1,

Avogadro, fi coefficiente frizionale del mezzo)

R : costante universale dei gas F : costante di Faraday T : temperatura assoluta zi : carica ionica (valenza) ci : concentrazione soluto V : potenziale elettrico Questa è l’equazione di Nernst-Planck della elettrodiffusione. Questa equazione è stata storicamente derivata non usando i principi della


1. La membrana plasmatica

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termodinamica dei sistemi al non equilibrio, ma combinando insieme la prima legge di Fick e la legge di Ohm [4]. Questa è l’equazione di partenza per trattare tutti i fenomeni bioelettrici che avvengono ai capi della membrana. Naturalmente la (1.4.2) sarà accoppiata ad una equazione identica fatta eccezione per il segno di z i: infatti si avrà sempre il moto di cationi e rispettivi anioni: si hanno così 2 equazioni in 5 incognite (2 J , 2c e V). In generale se ho n specie ioniche si otterranno 2n+1 incognite, e per risolvere il sistema devo ottenere altre n+1 equazioni. Altre n equazioni le ricavo dall’equazione di continuità (in questo caso specifico è la 2a legge di Fick) :

∂ Ji ( x ) ∂ c ( x) = − i ∂x ∂t

(1.4.3)

Serve ancora una equazione che dica come è costruito il campo elettrico in funzione della distribuzione della cariche: si utilizza allora l’equazione di Poisson :

∂ 2V ( x ) ρ = ε ∂ x2

(1.4.4)

dove

ρ = F ∑ iz i ci ( x ) è la densità di cariche ed  è la costante dielettrica. Come si può vedere questo sistema di 2n+1 equazioni è non lineare e quindi porta ad oggettivi problemi di risoluzione analitica. Si può risolvere la (1.4.2) analiticamente facendo delle semplificazioni.


1. La membrana plasmatica

19

Prima di tutto si consideri il caso più semplice di una sola specie non carica (zi=0), dalla (1.4.2) si ottiene :

Ji ( x ) = − ui RT

dci ( x ) dx

(1.4.5)

e ponendo Di=uiRT si ottiene la ben nota 1a legge di Fick della diffusione libera (suppongo che la mobilità non vari rispetto allo spazio). Oppure, sia la membrana permeabile alla sola specie ionica iesima e il sistema isolato da influenze esterne. Si parte da uno stato iniziale di non equilibrio tra le principali forze in gioco: la forza chimica dovuta al gradiente di concentrazione attraverso la membrana e la forza elettrica dovuta al gradiente del campo elettrico che si viene a creare. Se lascio il sistema libero di evolversi, senza subire alcuna costrizione esterna, si avrà un bilanciamento delle due forze sopra menzionate in maniera tale da annullare il flusso di cariche. In questo caso sono nelle condizioni di equilibrio per lo ione che sto considerando, dall’equazione di NernstPlanck ottengo :

dci ( x ) zi F dV ( x ) + ci ( x ) = 0 dx RT dx Integrando questa equazione considerando come estremi i limiti spaziali della membrana, si ha

∆ V ≡ V ( x2 ) − V ( x1 ) = −

[ [

] ]

c( x2 ) RT ln zi F c( x1 )

dove x2-x1 rappresenta lo spessore della membrana.

(1.4.6)


1. La membrana plasmatica

20

Questa è l’equazione di Nernst e descrive il potenziale di equilibrio dello ione iesimo a cui il sistema ione-membrana tende.

1.5 Il potenziale di membrana Nella metà del diciannovesimo secolo, Matteucci e Du Bois Reymond avevano scoperto, per mezzo di galvanometri poco pronti ma sensibili, che i nervi e i muscoli sono capaci di generare delle forze elettromotrici. Così, se si schiaccia una parte di nervo o di muscolo, la regione lesa diventa elettronegativa rispetto alle parti integre e di conseguenza una corrente elettrica fluisce dal tessuto attraverso un galvanometro collegato ad esso. Du Bois Reymond dimostrò anche che quando un muscolo risponde a una serie di scosse elettriche applicate al suo nervo, ciò è accompagnato da una variazione elettrica transitoria nel tessuto muscolare, la quale consiste sempre in una riduzione della corrente che fluisce ('corrente di lesione'). Il primo a descrivere teoricamente questi fenomeni biolettrici fu Bernstein che ipotizzò che la membrana della cellula a riposo fosse selettivamente permeabile soltanto al potassio: questo implica che il potenziale di membrana coincide con il potenziale di equilibrio per il potassio descritto dall'equazione di Nernst (1.4.6); e che questa selettività si perdesse durante la variazione transitoria [14]. Solo circa quarant'anni dopo con la teoria di Goldman e Hodgkin, Katz che descriveva la generazione del potenziale di membrana nelle cellule e la teoria di Hodgkin e Huxley per la variazione transiente del potenziale di membrana nelle cellule eccitabili (potenziale d’azione) si ebbe una visione più realistica di questi processi. Sono i canali ionici (di cui si parlerà nel paragrafo successivo), a livello molecolare, gli elementi base responsabili dell’attività elettrica della cellula: dal suo potenziale a


1. La membrana plasmatica

riposo, all’eccitabilità nelle sue varie

21

forme. Una descrizione del

potenziale di azione si è avuta nei fondamentali lavori di Hodgkin e Huxley [8] che sono ancora oggi del tutto attuali. Il preparato da loro studiato era l’assone gigante di calamaro: affinchè il potenziale di azione si potesse generare era necessario che la membrana variasse la propria permeabilità al Na e al K, cioè modificasse le relative conduttanze. Il sistema di equazioni da loro trovato non solo descriveva molto bene il comportamento delle correnti e delle tensioni della membrana dal punto di vista macroscopico, ma aveva già dentro di sé le idee teoriche per poter postulare l’esistenza di canali molecolari regolati dal voltaggio; questo ancora prima che fosse disponibile un modello soddisfacente di membrana plasmatica. La variazione transitoria del potenziale di membrana a riposo è un fenomeno che contiene informazioni che hanno una grande importanza nell'organizzazione delle funzioni a livello cellulare e subcellulare; il potenziale d'azione stesso serve a trasmettere a lunghe distanze informazione lungo i neuroni o ad innescare o ad innescare la contrazione muscolare. Oppure la variazione del potenziale di membrana che si viene a creare quando due neuroni comunicano tra di loro (potenziale postsinaptico) serve a codificare informazioni che fanno parte della rete neuronale a cui la sinapsi appartiene. La stimolazione di una cellula con stimoli (chimici, luminosi e meccanici) a cui la cellula è sensibile può provocare l'apertura di canali che fanno variare il suo potenziale a riposo (potenziale di recettore), e questa variazione può avere un preciso significato biologico. Esistono anche cellule che non hanno un potenziale a riposo definito, cioè la differenza di potenziale ai capi della membrana oscilla nel tempo; queste variazioni possono innescare un treno di potenziali d'azione che può servire per sincronizzare attività


1. La membrana plasmatica

22

di tessuti speciali, come ad esempio il battito del cuore (cellule pacemaker). In questa tesi si studieranno le correnti ioniche e le variazioni del potenziale di membrana indotte da fattori di crescita, ragion per cui assume un’importanza rilevante il valore del potenziale a riposo della cellula. A tal fine si cercherà di darne una descrizione matematica, partendo dall’equazione di Nernst-Planck. Ogni ione ha un suo potenziale di equilibrio dettato dalla (1.4.6), ma in genere

la

membrana,

a

riposo,

è

permeabile

a

più

ioni

contemporaneamente, allora la (1.5.6) non ha un utilizzo immediato nella descrizione del potenziale di membrana a riposo. Per descrivere il valore di potenziale che assume la cellula in stato di riposo, si deve far ricorso a delle ipotesi restrittive sulla (1.4.5): questo insieme di ipotesi è stato proposto da Goldman [5] e poi sviluppato da Hodgkin e Katz [6] e va sotto il nome di Teoria del Campo Costante. Sostanzialmente si fanno le seguenti supposizioni : 1- Membrana omogenea 2- Campo elettrico attraverso la membrana costante 3- Gli ioni che attraversano la membrana non interagiscono tra di loro Queste condizioni indicano che 1-

Nella (1.4.2) Di ≡

2-

E ( x) = −

ui′ RT zi F

= cost

dV ( x ) dV ( x ) può essere = cost , questo significa che dx dx

sostituito con

∆ V ( x) (si guardi fig.4), cioè il potenziale ∆x

all’interno della membrana varia linearmente con la distanza. È interessante notare che con questa imposizione


1. La membrana plasmatica

23

l’equazione di Poisson (1.4.4) diventa una semplice equazione

algebrica :

z c ( x) = 0 ,

i i i

questa

esprime

l’elettroneutralità locale (si noti come ci si sia ricollegati al principio dell’equilibrio locale). 3- Non si considerano effetti di saturazione. Quello che oggi si sa sulla membrana e sui canali ionici contraddice alcune di queste ipotesi, però le equazioni che si ottengono rappresentano una buona approssimazione del caso reale. Considero la (1.4.2) riscritta come:

dV ( x )   dc ( x ) z i F J i ( x ) = − Di  i + ci ( x )   dx RT dx 

(1.5.1)

E’ importante notare che in genere la concentrazione dello ione all’interfaccia

membrana-soluzione non risulta uguale alla

sua

concentrazione nella sola soluzione; si rende allora necessaria l’introduzione di un opportuno coefficiente i, coefficiente di ripartizione, che tiene conto della solubilità delle diverse specie ioniche sulla superficie della membrana. Quindi al posto di c i(x) avrò c’i(x) = ici(x)([3],[7]).Per

per

il

fattore

integrare è necessario moltiplicare entrambi i membri di

integrazione

e

zi FV ( x ) RT

,

quindi

semplificando

oppurtunamente si ottiene :

Di

Ji ( x ) = e

zi FV ( x ) RT

zi FV ( x ) d    ci′ ( x )e RT   dx 

Si integra da 0 a l (x = l) considerando le condizioni di figura 4.

(1.5.2)


1. La membrana plasmatica

24 Figura 4 Profili di concentrazione e di potenziale elettrico della membrana per il modello a campo GHK. L’ordinata rappresenta la concentrazione C (porzione superiore) e il potenziale elettrico (porzione inferiore. L’ascissa rappresenta la distanza. J è il flusso ionico. β è il coefficiente di ripartizione acqua-membrana ed E è il campo elettrico [13].

Si ottiene quindi :

Ji ( x) =

zi FV ( x ) RT

FV ( x ) β i Di [ c] IN − [ c] OUT e z FV ( x ) RT ∆ x − i 1 − e RT

(1.5.3)

Si definisce Pi coefficiente di permeabilità dello ione iesimo nella membrana:

Pi =

Di β i ∆x

(1.5.4)

Quindi ottengo finalmente dalla definizione di Di, da (1.5.3) e da (1.5.4) :

J i ( x) =

FV ( x ) zP RT i i

[ c] IN − [ c] OUT e 1− e

zi FV ( x ) RT

zi FV ( x ) RT


1. La membrana plasmatica

25

Si vogliono le densità di correnti I i = zi FJi , quindi −

zi FV ( x ) RT

F 2V ( x ) 2 [ c] IN − [ c] OUT e I i ( x) = zi Pi z FV ( x ) − i RT 1 − e RT

(1.5.5)

Questa è l’equazione GHK (Goldman,Hodgkin e Katz) per le correnti. Aggiungendo la condizione di stazionarietà, ovvero la non presenza di sorgenti di correnti ioniche, ed eseguendo semplici calcoli algebrici si ottiene l’equazione del potenziale a riposo della membrana. E’ ancora necessario definire quali siano gli ioni che permeano attraverso il bilayer. GHK fecero l’ipotesi che a permeare fossero 2 cationi e 1 anione : il sodio, il potassio e il cloro; la corrente totale che fluisce attraverso la membrana è quindi : I tot = I Na + I K + I Cl

(1.5.6)

La stazionarietà implica Itot = 0; combinando con questa imposizione le ultime due equazioni trovate si ottiene :

∆V =

RT PK [ K ] OUT + PNa [ Na ] OUT + PCl [ Cl ] OUT ln (1.5.7) F PK [ K ] IN + PNa [ Na ] IN + PCl [ Cl ] IN

Questa è l’equazione GHK per il potenziale, che si ottiene facilmente perché si sono considerati solo cationi e anioni monovalenti. Qualche complicazione in più nasce se si considerano cationi bivalenti come il calcio. La (1.5.7) somiglia alla legge di Nernst, ma soltanto formalmente dato che una si riferisce a stati di equilibrio, mentre l’altra a stati stazionari. Infatti nel modello GHK i flussi sono costanti ma non nulli, mentre per il potenziale di equilibrio si devono avere flussi nulli per


1. La membrana plasmatica

26

definizione. E’ interessante notare che se si ponessero tutte le permeabilità a zero tranne una, si avrebbe la situazione descritta precedentemente per il potenziale di Nernst: con un solo ione permeante Itot=Ii, la condizione di stazionarietà implica Itot=0 cioè si deve porre la (1.5.5) a zero, il che porta all’equazione di Nernst. Quindi in questo caso il potenziale a riposo della membrana risulta uguale a quello di equilibrio per quello ione. Questo modello pur descrivendo molto bene il potenziale a riposo della membrana, pone un problema dal punto di vista teorico. Dato che si hanno flussi non nulli per le diverse specie ioniche, allora nel tempo il sistema cellula varia la concentrazione degli ioni permeanti e quindi il suo potenziale di membrana. Ma sperimentalmente si misura un potenziale costante nel tempo: questo indica che in qualche modo le concentrazioni sono ripristinate. È quindi è necessario postulare un meccanismo

di

trasporto

degli

ioni

contro

il

loro

gradiente

elettrochimico. Questo è effettuato mediante proteine di membrana specifiche denominate pompe, che come detto all’inizio del paragrafo prendono parte alla creazione dei flussi attivi.

1.6 I canali ionici Come menzionato precedentemente i canali ionici sono delle proteine di membrana intrinseche che formano un poro acquoso attraverso la superficie della membrana. Il poro, solitamente di piccole dimensioni, fa passare in genere solo ioni inorganici, che si muovono secondo le leggi della diffusione passiva di cui si è parlato nei precedenti paragrafi. In generale le proteine possono stare in più stati conformazionali. Per semplicità possiamo individuare uno stato in cui il poro è ‘aperto’, cioe’


1. La membrana plasmatica

27

permette agli ioni di attraversare la membrana seguendo il loro gradiente elettrochimico; ed uno stato in cui il poro risulta ‘chiuso’ cioè non permette agli ioni di permeare (ma questa, ricordiamo è una grande semplificazione, perché la proteina può avere più di due stati permessi). La proteina non è sempre in uno stato che permette la permeazione; questo può cambiare a seconda delle condizioni esterne e del tipo di ione che interagisce con esso. Negli ultimi quindici anni si sono potuti studiare i singoli canali con le tecniche messe a disposizione dalla biologia molecolare e dall’elettrofisiologia. Questi

studi hanno

confermato quel che già si era dedotto da misure ed osservazioni indirette che il poro è una proteina di membrana. Con i progressi della biologia molecolare si sono potute ottenere delle tecniche per isolare, clonare e sequenziare diversi tipi di canali per capire quale sia il loro funzionamento. Si è in grado di comprendere sempre più nei dettagli le principali proprietà caratterizzano un canale : - la selettività - il gating La prima indica quali ioni il canale fa passare; la seconda indica quella serie di cambiamenti conformazionali nella proteina-canale necessari affinchè possa avvenire o meno il passaggio degli ioni. L’approccio molecolare ha permesso di stabilire la struttura primaria della proteina; conoscendo la collocazione dei diversi amminoacidi si è potuto capire la struttura che la proteina assume quando è inserita nella membrana. Questo grazie alla conoscenza della idrofobicità degli amminoacidi: infatti una catena composta centralmente da amminoacidi idrofobi con gli estremi idrofili, si disporrà nel bilayer formando un ripiegamento in cui esporrà gli amminoacidi idrofili al difuori del


1. La membrana plasmatica

28

bilayer mentre quelli idrofobi staranno all’interno, formando una sorta di ripiegamento a U. Questo permette di individuare particolari ripiegamenti della proteina che possono formare un poro o strutture accessorie le quali danno informazioni sul funzionamento delle diverse parti del canale. Le seguenti figure mostrano come un’analisi della struttura primaria e dell’idrofobicità

degli

amminoacidi

porti

ad

avere

preziose

informazioni difficilmente ottenibili altrimenti. Qui di seguito è presentata una figura che illustra l’analisi di idrofobicità dei singoli amminoacidi che compongono un canale del K+ dipendente dal voltaggio (i cosiddetti grafici di idropatia) (fig.5)

Figura 5 Le regioni che attraversano la membrana di un canale ionico possono essere identificate usando i grafici di idropatia. La figura rappresenta il grafico di idropatia per un canale del K+ in cellule di cervello di topo. Ciascun punto rappresenta l’indice di idrofobicità media di una catena di 19 amminoacidi [9].

La struttura primaria delle subunità del canale del Na+ sono mostrate nella seguente figura.


1. La membrana plasmatica

29

Figura 6 Struttura primaria delle subunità e  del canale del sodio, rappresentata come un diagramma che mostra i ripiegamenti che le catene di amminoacidi formano nella membrana. I cilindri rappresentano probabili -eliche transmebrana. Sono mostrati i siti di glicosilazione (), di fosforilazioni (P), i residui amminoacidi richiesti per legare la tetrodotossina (cerchiolini con + o -) e residui che formano particelle di inattivazione (h in un cerchio) [10 ]

Questi sono due prototipi di canale le cui cinetiche sono voltaggio dipendenti; altri tipi di canale molto ben studiati sono il recettore nicotinico per l’acetilcolina (che è un recettore canale) (fig.7) e la gramicidina (fig.8) [4] :


1. La membrana plasmatica

(A)

(B)

Figura 7 Recettore nicotinico per l'acetilcolina. (A) Topologia di una singola subunità. La catena polipeptidica di una unità è mostrata attraversare la membrana quattro volte con il terminale amminico all’esterno e il terminale carbossilico nel mezzo extracellulare. Le regioni transmembrana sono chiamate M1, M2, M3, M4. Il recettore completo è composto da cinque subunità. (B) Grafico di idrofobicità degli amminoacidi che compongono la subunità. LSS=Leader Signal Sequence, ED= Extracellular Domain, CL=Cytoplasmic Loop [4].

30


1. La membrana plasmatica

31

Figura 8 Struttura del poro della gramicidina A [4].

L’antibiotico gramicidina A ha la proprietà di formare un poro sulla membrana plasmatica avente proprietà simili a quelli dei canali ionici naturali, è il miglior modello di poro studiato dall’inizio degli anni ’70 [4]. Questo non è un canale di membrana, ma dal punto di vista storico è importante perché è collegato ai primi studi di permeabilità ionica sulle membrane lipidiche artificiali. Il recettore nicotinico per l’acetilcolina è un particolare canale non voltaggio dipendente che è stato studiato molto estesamente; questo perché si era scoperto che l'acetilcolina induce produzione di corrente elettrica da parte di appositi organi di diverse specie di pesci. Questi organi si prestano particolarmente bene allo studio per due ragioni: le cellule che li costituiscono, chiamate elettrociti, sono grandi e relativamente facili da manipolare; oltre a ciò, in un organo elettrico ve ne sono miliardi, il che significa che questi organi ospitano una straordinaria abbondanza di recettori per l'acetilcolina [12]. La struttura molecolare si può vedere anche utilizzando tecniche di analisi cristallografiche (fig.9)[4] :


1. La membrana plasmatica

32

Figura 9 Analisi cristallografica del recettore nicotinico per l'acetilcolina. (A) Vista del canale pentamerico come dovrebbe apparire dal chiasmo sinaptico. (B) Sezione assiale di un recettore che mostra la sua posizione relativa al bilayer lipidico.

La conoscenza della struttura dei canali ionici aiuta a capire ed a caratterizzare più a fondo le proprietà precedentemente elencate. Selettività: è una proprietà molto importante, perché a seconda dello ione che permea attraverso la membrana possono aver luogo azioni differenti sia a livello cellulare che sub-cellulare. Ci possono essere canali selettivi per soli cationi o anioni, oppure molto selettivi per una singola specie ionica. In realtà la selettività dipende dalle concentrazioni presenti all’interno e all’esterno della cellula; si consideri per esempio il caso estremo di un canale del calcio posto in un ambiente in cui tale ione non sia presente: in queste condizioni si misurano correnti dovute al Na. Ha quindi senso parlare di rapporti di permeabilità tra le diverse specie ioniche. La struttura molecolare della proteina canale aiuta a capire come sia possibile che uno ione permei meglio di un altro, e questo può essere dovuto a diverse cause:


1. La membrana plasmatica

33

- il poro formato dal canale ha un diametro tale da permettere il passaggio di ioni di ben determinate dimensioni - possono esistere all’interno del poro dei particolari siti di legame per quel determinato ione - possono intervenire delle interazioni tra ioni e canale ionico tali da favorire uno ione al posto di un altro (si guardi il paragrafo 2.4.1). Nel capitolo successivo verrà descritto il ruolo fondamentale del calcio nell’attività biologica della cellula, e potrà apparire più chiara la grande importanza che può avere un canale selettivo a questo ione piuttosto che ad un altro. Gating: è il processo che permette alla proteina canale di passare dalla conformazione non permissiva (ione non permeante) a quella permissiva (ione permeante) e viceversa. Generalmente la serie di processi che ha luogo consiste in cambiamenti conformazionali che variano la struttura del canale. Nella proteina sono presenti uno o più sensori che permettono di avvertire le modificazioni dell’ambiente esterno o interno permettendo alla proteina di rispondere alla nuova situazione. Il sensore può essere una catena amminoacidica carica che avverte i gradienti di campo elettrico ai capi della membrana, e spostandosi attraverso il canale può creare un riordinamento delle subunità della proteina che cambiando forma può, p.e., aprire un poro. Questo è quello che avviene in un canale voltaggio dipendente. Un altro tipo di sensore può essere un sito di legame per una molecola: quando la molecola in questione si lega, si può avere un riarrangiamento conformazionale della proteina analogo al caso precedente. Questo tipo di meccanismo è comune ad alcuni meccanismi di blocco e ai canali attivati da ligandi chimici. I grafici presentati prima mettono in evidenza i possibili siti di legame che si possono avere. Il loro


1. La membrana plasmatica

34

posizionamento all’interno o all’esterno della membrana può rivelare delle importanti proprietà del canale, come si può facilmente comprendere. Per riassumere, esistono tre grandi categorie di canali : - Canali regolati dal voltaggio - Canali regolati da ligandi chimici - Canali regolati meccanicamente

1.6.1 Canali regolati dal voltaggio Sono stati i primi canali ad essere stati studiati e per questo motivo sono meglio conosciuti. La caratteristica che hanno in comune è quella di essere sensibili alle differenze di potenziale che si instaurano ai capi della membrana plasmatica. Sono molto selettivi per una singola specie ionica, tanto che le famiglie in cui si suddividono prendono il nome dello ione che permea, quindi avremo canali del K, del Na, del Ca e del Cl. Ognuna di queste famiglie si suddivide in sottofamiglie a seconda dei diversi bloccanti specifici, delle differenti cinetiche di attivazione e inattivazione e delle differenti curve caratteristiche (I-V). La struttura del canale del calcio è molto simile a quella del sodio (fig.10)[4]; si crede che quest’ultimo canale derivi da quello del calcio. Questi canali, nel loro insieme, sono i responsabili della generazione e propagazione dell’impulso nervoso.


1. La membrana plasmatica

35

Figura 10 Topologia delle principali subunità di canali voltaggio dipendenti. Le ripetizioni sono indicate con I, II, III, e IV. Sono indicate alcune regioni della catena peptidica identificate con glicosilazione (), fosforilazioni (P), siti di legame con la tossina dello scorpione (ScTx) o la caribdotossina (CTX), sensore del voltaggio (+), e inattivazione (h) [4].

Può essere interessante notare che tutti i canali con cinetiche voltaggio dipendenti sono composti da quattro sub-unità, mentre molti dei canali ligando-dipendenti hanno cinque sub-unità (Fig.11)[4]


1. La membrana plasmatica

36

Figura 11 Simmetria di canali differenti. Si nota che all'aumentare delle subunità il poro diventa più grande. DHPR recettore per le diidropiridine, IP3R recettore per l'IP3. La gap junction è un particolare tipo di canale altamente non selettivo (fa passare anche molecole organiche) che mette in comunicazione diretta due cellule, non verrà trattato in questa dissertazione di tesi [4].

1.6.2 Canali regolati da ligandi chimici Sono canali il cui sensore non è sensibile al campo elettrico, ma ad una molecola che in qualche maniera interagisce con il sensore stesso. Solitamente l’interazione avviene tramite siti di legame presenti sulla proteina canale: quando la molecola segnale si lega a tali siti avviene un cambiamento allosterico della proteina tale da modificare la sua struttura e conseguentemente le cinetiche di apertura e chiusura. Si possono avere anche delle interazioni dovute ad enzimi, p.e. chinasi, che

attaccano dei gruppi fosforici al canale cambiandone così le

probabilità di apertura e chiusura (come avviene al canale del potassio di tipo S nel motoneurone dell’Aplysia [9]). Distinguiamo tra ligandi nell’ambiente extracellulare e intracellulare: ai primi solitamente ci si riferisce come messaggeri, trasmettitori, neurotrasmettitori, ormoni; mentre agli altri si dà l’ancor più generico nome di secondi messaggeri o messaggeri intracellulari in quanto di solito generati all’attivazione di un recettore di membrana da parte di un ligando extracellulare (quindi appartenente alla categoria precedente). I canali regolati da messaggeri extracellulari sono delle proteine che presentano dei siti di legame sulla superficie esterna della membrana plasmatica. Quando avviene il legame del messaggero, si ha un


1. La membrana plasmatica

37

cambiamento conformazionale che permette al canale di aprirsi. Questa classe di canali viene anche detta recettori accoppiati direttamente a canali o recettori canale [11]. Il prototipo di questa vasta famiglia è il già citato recettore nicotinico per l’acetilcolina (fig.9), che presenta due siti di legame per l’acetilcolina (fig.12)[12]

Figura 12 Il recettore per l'acetilcolina, che consiste di 5 subunità, è stato il primo recettore per neurotrasmettitore ad essere isolato. In seguito si è visto che esso comprende non solo siti di legame per il neurotrasmettitore, ma anche un canale per il trasporto ionico. Il canale è chiuso quando il recettore è a riposo, ma si apre rapidamente quando l'acetilcolina si lega ai siti delle due subunità  [12].

Il recettore-canale si presenta composto da 5 sub-unità : le due sub-unità a presentano un sito di legame per l’acetilcolina, le altre hanno funzioni di controllo e strutturali, tutte insieme formano il poro. Quando l’acetilcolina

si

lega

ad

un

sito,

avviene

un

cambiamento

conformazionale che non apre il canale, ma lo fa transitare in un diverso stato di chiusura : è necessaria la presenza di due siti occupati per poter far aprire realmente il poro [4] (in realtà si sono riscontrate delle deviazioni da questo modello cinetico). Per quanto riguarda la


1. La membrana plasmatica

38

selettività si può dire che si è in presenza di un canale cationico: si ha passaggio dei soli cationi Na+ e K+. Altri canali aperti direttamente dal messaggero extracellulare sono quelli regolati dal glutammato, un amminoacido che ha la funzione di neurotrasmettitore. Ne esistono di tre tipi differenti (Fig.13)[9] :

Figura 13 Tre classi di recettori-canale per il glutammato regolano azione sinaptica eccitatoria nei neuroni motori ed in altri neuroni del cervello. Il recettore per l'NMDA regola un canale permeabile al Ca2+, K+, e Na+ , ed ha diversi siti di legame per la glicina, lo Zn2+, il PCP e MK8OI (dei farmaci), e Mg2+ , che regolano il funzionamenti di questo canale in diversi modi. Il recettore per il kainato (agonista del glutammato) è permeabile a Na+ e K+. Il recettore per il kainato quisqualato-A (lega anche l'AMPA) è simile al recettore per il kainato, in più ha un sito di legame per lo Zn2+ [9].

Sono classificati a seconda delle molecole analoghe al glutammato che legano, il canale NMDA è permeabile anche al calcio, gli altri, in genere, fanno passare solo cationi monovalenti. Questi tipi di canali sono importanti nell’integrazione neuronale . Una caratteristica importante nei canali non selettivi è il potenziale di inversione, cioè il potenziale per cui la corrente netta è nulla. La corrente totale che passa attraverso il canale che si vuol studiare è analoga alla (1.6.6) e valgono le condizioni di indipendenza imposte nel precedente paragrafo. Allora :

I tot =

∑ i

Ii

(1.6.1)


1. La membrana plasmatica

39

dove Ii sono le correnti delle singole specie ioniche che attraversano il canale, che seguono la legge di Ohm : I i = g i ( V − Vi )

(1.6.2)

dove gi : conduttanza del canale per lo ione iesimo Vi : potenziale di Nernst per lo ione iesimo. Ponendo la (1.6.1) a zero, si ottiene il potenziale cercato Vinv:

Vinv =

∑ gV ∑ g i

i

i

i

(1.6.3)

i

che non è altro che la media dei potenziali di Nernst di tutti gli ioni permeanti pesata sulle conduttanze. Sono stati riconosciuti differenti tipi di molecole citosoliche e ioni che possono regolare i canali di membrana. Qui di seguito ne diamo un elenco parziale : - cAMP (AdenosinMonofosfato ciclico) - cGMP (GuanosinMonofosfato ciclico) - sub-unità a e bg della proteina G - acidi grassi (p.e. l’acido arachidonico) - ione Ca++ - chinasi - fosfatasi L’elenco probabilmente è molto più vasto: questi sono quelli più conosciuti.


1. La membrana plasmatica

Un

esempio

possono essere

40

i

canali

del

K+

cardiaci

aperti

dall’adenosintrifosfato (ATP) che regolano la frequenza cardiaca [18]; oppure i canali cationici non selettivi, attivati da guanosinmonofosfato ciclico (cGMP), che mediano la risposta alla luce delle cellule fotorecettrici dei vertebrati (coni e bastoncelli) [4].

1.6.3 Canali regolati meccanicamente Sono canali regolati da sollecitazioni meccaniche agenti sulla superficie della membrana. Quando si sottopone la membrana ad uno stiramento si puo’ provocare l’apertura di questi canali. Alcuni di questi possono servire a regolare il volume cellulare o essere coinvolti nella trasduzione sensoriale. Un esempio sono le cellule ciliate dell’orecchio dei mammiferi, queste sono dei meccanocettori usati per riconoscere le vibrazioni sonore che arrivano all’orecchio. Il movimento della cilia fa aprire meccanicamente dei canali cationici mediante un filamento proteico che agisce come un ‘tirante’ [2],[4].


CAPITOLO 2 2. Il calcio come messaggero biologico 2.1 Ruolo fisiologico del calcio Le cellule comunicano in vari modi, ed uno di questi è la segnalazione chimica. Tale segnalazione richiede sia molecole segnale extracellulari sia una serie di recettori proteici presenti sulla membrana plasmatica che permettono alle cellule di legare questi messaggeri extracellulari e di conseguenza di rispondere in modo programmato e caratteristico. L’attivazione di questi recettori (cambiamento conformazionale della proteina) innesca una serie di reazioni che producono molecole all'interno della cellula (messaggeri intracellulari) le quali vanno ad


2. Il calcio come messaggero biologico

36

interagire con dei bersagli nel citosol, sulla membrana plasmatica o su quella degli organelli interni. Questa catena di eventi viene detta trasduzione del segnale: l’informazione trasportata da un messaggero extracellulare viene decodificata all’interno della cellula attraverso una serie di passaggi intermedi (la produzione di messaggeri) che traducono il messaggio originale. Lo ione calcio (Ca2+) è probabilmente il messaggero intracellulare più universalmente utilizzato nella trasduzione del segnale, dai batteri alle cellule altamente specializzate come i neuroni. Contrariamente agli altri secondi messaggeri, il calcio è essenziale per la sopravvivenza delle cellule; d'altra parte concentrazioni di calcio citosolico libero troppo elevate possono portare alla morte della cellula. Inoltre il Ca 2+ non può essere metabolizzato come le molecole più complesse che agiscono da secondi messaggeri. Per tutti questi motivi le cellule regolano strettamente il livello di calcio intracellulare in diversi modi: proteine che legano il calcio, estrusione attraverso la membrana plasmatica e internalizzazione negli scomparti intracellulari. Normalmente la concentrazione del calcio citosolico libero è circa 100 nM, cioè 20000 volte più basso della concentrazione nell’ambiente extracellulare (circa 2 mM) [19]. L’aumento del calcio intracellulare può innescare diversi eventi tra i quali la contrazione muscolare e la secrezione di neurotrasmettitori sono tra gli esempi più importanti, ma il Ca2+ è implicato nel controllo di molti altri processi: come la plasticità sinaptica, la proliferazione e la morte cellulare. Per poter svolgere un numero così elevato di funzioni di controllo, i meccanismi responsabili per la generazione dei ‘segnali ‘ di calcio devono essere molto diversi tra di loro. Alcuni sono progettati per fornire brevi impulsi di calcio altamente localizzati, altri invece producono aumenti globali ed a lungo termine che possono presentarsi


2. Il calcio come messaggero biologico

37

come onde ripetitive [20]. Il Ca2+ diffonde molto più lentamente di quanto predetto semplicemente dal calcolo del coefficiente di diffusione: D=1000 idratato: D=800

µ m2 s

µ m2 s

°

(raggio ionico circa 1 A ), o considerando lo ione

. Da misure sperimentali si ricava che lo ione migra

di non oltre 0.1-0.5 m in circa 50 s prima di incontrare una proteina che lo lega. La diffusione del calcio dipende anche dal grado di saturazione delle proteine che tamponano il calcio presenti nel mezzo: in queste condizioni

D può variare tra 15

µ m2 s

e 65

µ m2 s

. Tuttavia

l'immagine di una cellula vista come un volume uniforme per la diffusione è una grande semplificazione, dato che i tamponi intracellulari sono indubbiamente distribuiti in modo funzionale e non uniforme, e tali tamponi possono essere mobili o fissi. Inoltre generalmente gli ioni Ca2+ che entrano dall’esterno o che vengono rilasciati dagli scomparti, fuoriescono da un poro di qualche angstrom a velocità superiori a 106 ioni per secondo e raggiungono rapidamente alte concentrazioni nell'immediato volume circostante [19]. I recenti progressi nella comprensione dell’organizzazione spaziotemporale nella generazione dei segnali di calcio sono stati facilitati soprattutto da due sviluppi tecnologici: gli strumenti messi a disposizione dalla biologia molecolare hanno fornito una caratterizzazione della struttura e delle proprietà dei canali del calcio, e l’analisi di immagine è avanzata a tal punto che può essere possibile visualizzare l’attività di un singolo canale in cellule viventi [20]. Un accenno merita la concentrazione extracellulare di calcio che sembra avere un'importanza cruciale almeno quanto quella intracellulare. Il mantenimento di una concentrazione di Ca2+

quasi costante

nell'ambiente esterno è essenziale per gli organismi terrestri. L'esempio


2. Il calcio come messaggero biologico

38

più estensivamente studiato di meccanismo sensibile al calcio extracellulare è quello presente nelle cellule paratiroidi che regola la secrezione dell'ormone paratiroideo in risposta al cambiamento del calcio extracellulare (tale ormone calciotropo modula la traslocazione di ioni calcio nelle ossa, nell’intestino e nel rene allo scopo di normalizzare il Ca2+ extracellulare) [27].

2.2 Perché il calcio Affinché una sostanza possa agire da messaggero intracellulare è necessario che una determinata proteina bersaglio, solitamente un enzima (o un canale), si leghi ad essa con elevata affinità e specificità. Il legame

altera

la

conformazione

della

proteina

enzimatica,

modificandone di conseguenza lo stato di attività. Per far variare la quantità di bersagli modificati, il messaggero deve subire ampie oscillazioni di concentrazione. Per esempio, per variare lo stato di un enzima da inattivo ad attivo, può essere necessario un incremento della concentrazione del messaggero di dieci volte. Uno ione semplice quale lo ione calcio non può essere prodotto o eliminato con facilità. Al contrario la sua concentrazione libera nel citosol deve essere regolata da composti che alternativamente legano lo ione, sottraendolo alla soluzione, e lo liberano in modo che possa trasmettere il messaggio. Questi leganti, per essere in grado di distinguere lo ione messaggero dagli altri ioni presenti nella cellula e legarlo strettamente, devono avere una struttura complessa. Funzioni cellulari che richiedono una sostanza strutturalmente complessa sono quasi sempre compiute da proteine.


2. Il calcio come messaggero biologico

39

Il calcio è molto più adatto a formare legami forti e specifici di quanto non lo siano gli altri ioni. Gli ioni potassio e cloro hanno un raggio ionico relativamente grande e non si adattano bene ai siti di legame, relativamente piccoli, presenti nelle proteine. Lo ione sodio ha un raggio più piccolo, all’incirca lo stesso di quello del calcio, ma poiché presenta una sola carica elettrica forma con le proteine complessi relativamente deboli. I grandi ioni poliatomici normalmente presenti nell’ambiente biologico, p.e. gli ioni fosfato e bicarbonato, sono ancora meno adatti a formare complessi strettamente legati. Rimangono da considerare gli ioni magnesio e calcio: entrambi sono ioni divalenti di ridotte dimensioni, capaci di legarsi strettamente ad altri composti. Esaminando la chimica del legame per i due ioni, si può notare che nel formare un complesso con una proteina entrambi coordinano fino a sei atomi donatori di elettroni, generalmente atomi di ossigeno, in una configurazione ottaedrica. Ogni atomo donatore occupa un vertice dell’ottaedro e i legami adiacenti giacciono ad angolo retto. Lo ione calcio, che è più grande di quello di magnesio ed ha una struttura elettronica più complessa, può arrivare a formare legami con un totale di sette od otto donatori di elettroni. A causa delle sue piccole dimensioni lo ione magnesio tende ad attrarre gli atomi di ossigeno della proteina con cui forma un complesso in una configurazione molto stabile e regolare. Tuttavia, una proteina non è sufficientemente flessibile per formare una cavità regolare che sia abbastanza compatta da adattarsi alle piccole dimensioni dello ione magnesio. Invece di fissarsi con tutti e sei i legami alla proteina, lo ione magnesio si legherà anche a molecole di acqua. Queste sostituzioni indeboliscono di molto la forza di legame perché un minor numero di legami tra ione e proteina deve essere rotto per liberare il magnesio. Il calcio, avendo un raggio ionico maggiore, richiede un cambiamento


2. Il calcio come messaggero biologico

40

meno drastico nella conformazione della proteina legante e così può soddisfare tutti i legami di coordinazione con gli atomi di ossigeno della proteina. Il legame della proteina con il calcio non solo è più forte di quello con il magnesio, ma è anche più specifico. A causa delle sue maggiori dimensioni e del numero variabile dei legami di coordinazione, il calcio può adattarsi meglio ai siti di legame di forma irregolare. Perciò una proteina può legarsi a esso in maniera preferenziale, escludendo il magnesio che è presente nel citosol a una concentrazione mille volte più elevata. Sia la forza che la specificità di legame sono requisiti essenziali per un messaggero intracellulare: soltanto il calcio li ha entrambi [21].

2.3 Omeostasi del calcio E’ necessario che la concentrazione basale di calcio citosolico libero sia mantenuta ai bassi valori indicati nel primo paragrafo. Questa è una condizione

necessaria

per

il

metabolismo

fosfato-dipendente,

caratteristico degli organismi superiori. Il ‘combustibile’ a elevato contenuto di energia, utilizzato nella maggior parte dei processi cellulari, è l’adenosin-trifosfato (ATP). La sua idrolisi libera fosfato inorganico (Pi). Se la concentrazione intracellulare del calcio fosse alta, il fosfato e il calcio si combinerebbero formando un precipitato di cristalli di idrossiapatite, lo stesso tipo di sostanza che si trova nelle ossa. La calcificazione finirebbe per uccidere la cellula. Una bassa concentrazione di calcio, inoltre, rende l’utilizzazione dello ione come messaggero cellulare poco dispendiosa dal punto di vista energetico. Il movimento di ioni di calcio attraverso le membrane richiede,


2. Il calcio come messaggero biologico

41

direttamente o indirettamente energia, generalmente fornita dall’ATP. Se il livello del calcio nella cellula a riposo fosse alto, un grande numero di ioni dovrebbe essere trasportato nel citoplasma per elevarne la concentrazione di un fattore dieci, in genere necessario per attivare un enzima; dopodiché il calcio in eccesso dovrebbe essere espulso dalla cellula. In condizioni normali, il livello basale molto basso del calcio implica che, per regolare un enzima, è necessario trasportare un numero relativamente piccolo di ioni con un dispendio energetico relativamente basso. Al contrario, il costo energetico della regolazione da parte di un altro importante messaggero intracellulare, l’adenosin-monofosfato ciclico (cAMP), è elevato; il cAMP deve essere sintetizzato e scisso ogni volta che trasporta un messaggio ed entrambe queste fasi richiedono un significativo investimento di energia [21]. Inoltre è da ricordare che il basso livello di calcio intracellulare libero porta ad una grande differenza di concentrazione tra ambiente esterno, o ambiente interno agli organelli, come il reticolo endoplasmatico (ER), e citosol: ciò crea un elevato gradiente elettrochimico che tende a sospingere lo ione nel citosol attraverso la membrana plasmatica e la membrana del reticolo. I livelli di calcio citosolico libero sono determinati da numerosi canali, pompe e tamponi citosolici (fig.1).


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Figura 1 VOCs = Voltage Operated Calcium Channels, ROCs = Receptor operated Calcium Channels, SMOCs = Second-Messanger Operated Calcium Channels, IP3R = recettore per l'IP3, RYR = recettore per la rianodina, SERCA = Sarcoplasmic/Endoplasmic Reticulum Calcium ATPase.

La concentrazione di calcio citosolico libero nella cellula è strettamente controllata attraverso due meccanismi. L’entrata di calcio attraverso i canali ionici della membrana plasmatica e/o attraverso il rilascio di calcio dagli scomparti interni via recettori per la rianodina e l’inositoltrisfosfato (IP3) (di cui parleremo nel successivo paragrafo) aumenta la concentrazione citosolica di Ca2+, mentre il ricaptaggio nell’ER e in altri scomparti, o l’estrusione attraverso la membrana cellulare, abbassano tale concentrazione [23]. In generale il controllo della concentrazione di calcio intracellulare è il risultato dell'azione combinata di sistemi di trasporto e di proteine chelanti. Nella membrana plasmatica e nelle membrane dei compartimenti interni nei quali lo ione è sequestrato sono presenti dei trasportatori attivi primari, le

pompe

del

Ca2+

o

Ca2+-ATPasi,

che

utilizzano

l'energia

immagazzinata nell'ATP per pompare lo ione contro il proprio gradiente elettrochimico. Le pompe sono costituite da proteine, che si ritiene posseggano 10 domini transmembrana, tra i quali si creano i siti


2. Il calcio come messaggero biologico

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di trasporto per il Ca2+, un grosso dominio citoplasmatico, dove si trova il sito di legame per l'ATP con il sito di fosforilazione, e vari siti di modulazione (da parte di calmodulina, cAMP, cGMP), mentre i terminali amminico e carbossilico sporgono entrambi nel citoplasma; esse vengono distinte in SERCA (sarcoplasmic-endoplasmic reticulum calcium ATPase) e in PMCA (plasmamembrane calcium ATPase), codificate da geni correlati. Ad ogni ciclo un enzima trasporta due ioni Ca2+ per ogni molecola

di

ATP

idrolizzata;

in

seguito

a

fosforilazione,

la

conformazione dei siti di trasporto per il Ca2+ si modifica, cambiando da siti ad alta affinità rivolti verso il citosol (l'enzima è in configurazione E1) a siti a bassa affinità rivolti dal lato opposto (E2), dai quali gli ioni vengono rilasciati nel lume dell'organello o nello spazio extracellulare. Le SERCA possono essere inibite in modo specifico con tapsigargina, una molecola con effetti tumorigenici, che blocca irreversibilmente i trasportatori nella configurazione E2 e di conseguenza provoca lo svuotamento degli organelli che sequestrano lo ione. Nella membrana plasmatica sono presenti anche sistemi di trasporto attivo secondario, quali gli scambiatori Na+/Ca2+ che espellono il calcio contro il suo gradiente, sfruttando il gradiente elettrochimico dello ione Na+ creato dalla Na+/K+-ATPasi. All'interno dei compartimenti intracellulari che concentrano lo ione, il Ca2+ è trattenuto, oltre che dalla barriera impermeabile costituita dai fosfolipidi di membrana, dalla presenza di proteine

specifiche

capaci

di

chelarlo,

mantenendo

la

sua

concentrazione libera intraluminale molto bassa di modo che il Ca2+ non possa precipitare sotto forma di sale: la calsequestrina e la calreticulina posseggono residui di acido aspartico e glutammico, i cui gruppi carbossilici, mediante l'atomo di ossigeno, sono in grado di creare dei legami di coordinazione con il Ca2+. In genere, i domini proteici che legano il Ca2+ hanno una conformazione terziaria caratteristica,


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composta da due -eliche tra le quali è inserita un'ansa con gli amminoacidi interessati al legame, chiamata 'E-F hand' dal primo sito descritto, formato dai domini ad -elica E ed F della proteina parvalbumina [26]. Questi appena descritti sono i meccanismi usati delle cellule, sia eccitabili che ineccitabili, per mantenere a valori fisiologici i livelli di calcio entro la cellula. Quando agisce uno stimolo esterno, che può essere uno stimolo chimico (messaggero extracellulare), elettrico (potenziale di azione, potenziale post-sinaptico o potenziale di recettore) o meccanico (lesione della membrana plasmatica o forze meccaniche agenti esternamente sulla membrana), la concentrazione citosolica di calcio varia notevolmente, mediante meccanismi differenti. La lesione della membrana plasmatica provoca un forte flusso di calcio dovuto all’elevato gradiente elettrochimico favorevole al suo ingresso, mentre una pressione esterna alla membrana può forzare l'apertura di canali attivati da stiramento (di cui si è dato un breve cenno nel primo capitolo). Più interessante è la catena di eventi per innalzare il livello di calcio, che l'arrivo di una molecola esterna provoca quando si lega ai recettori presenti sulla membrana della cellula. Nelle cellule non eccitabili predomina la via dell'IP3. Due classi di recettori, i recettori accoppiati a proteine G (GCRs) e i recettori tirosin-chinasici (RTKs), provocano il rilascio di IP3 (Fig. 5). I GCRs attivano un enzima, la fosfolipasi C (PLC mentre gli RTKs stimolano la fosfolipasi C (PLCper  convertire il fosfatidilinositoldifosfato, un fosfolipide di membrana (PIP2), in IP3 e diacilglicerolo (DAG) (di queste vie di trasduzione si parlerà diffusamente nel terzo capitolo). L'IP3 si lega a recettori-canale presenti sulla membrana dell'ER provocando rilascio di Ca2+. Nelle cellule non eccitabili il calcio può anche entrare attraverso la membrana plasmatica. Il calcio entra grazie a canali non dipendenti dal


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voltaggio, più o meno selettivi per tale ione, attivati da secondi messaggeri. Inoltre l'iperpolarizzazione può aumentare il flusso di calcio dall'esterno verso l'interno, l'apertura di canali del potassio porta ad un valore più negativo il potenziale di membrana; in questo modo si incrementa il gradiente elettrochimico del Ca2+ aumentando quindi la forza che tende a spingere lo ione all’interno della cellula. Nelle cellule eccitabili, oltre ai meccanismi qui descritti, sono presenti canali voltaggio dipendenti che incrementano di molto la concentrazione citosolica di questo ione durante una depolarizzazione. L'attività di questi canali voltaggio dipendenti è autolimitante: il canale si chiude in modo dipendente dal voltaggio e dal tempo, e ulteriori depolarizzazioni hanno il solo effetto di decrementare la forza elettrochimica del Ca2+. Inoltre in questo tipo di cellule l'ingresso di calcio può attivare direttamente dei canali presenti sulla membrana dell'ER, che producono il rilascio di calcio (RYRs) [19]. Di tutti questi canali si parlerà più approfonditamente nel paragrafo successivo. Anche i

livelli

di

calcio

extracellulare

possono modulare

la

concentrazione intracellulare. La membrana plasmatica delle cellule paratiroidi presenta un recettore per il calcio extracellulare (che viene così ad assumere la funzione di un 'primo messaggero') che riesce a discernere anche solo piccole fluttuazioni dello ione calcio sebbene siano presenti molti altri ioni divalenti nel mezzo extracellulare. L'incremento di calcio extracellulare modula la produzione di secondi messaggeri in una maniera che ricorda l'accoppiamento di recettori a proteine G (fig.2). Il risultato netto di un incremento di Ca 2+ extracellulare è quello di un aumento dei livelli citosolici di Ca2+ e DAG e una caduta dei livelli di cAMP. Questi cambiamenti nel sistema dei secondi messaggeri possono modulare l'attività di una serie di chinasi che a loro volta alterano l'attività biologica della cellula [27].


2. Il calcio come messaggero biologico

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Figura 2 Il diagramma illustra il modo in cui Ca2+ agisce come un messaggero extracellulare. L'attivazione del recettore sensibile al calcio (lo lega mediante residui carichi negativamente) attiva la fosfolipasi C (PLC), portando ad un incremento delle concentrazioni intracellulari di diacilglicerolo (DG) e di inositoltrisfosfato (IP3), e un rilascio di Ca2+ dagli scomparti intracellulari (p.e. il reticolo endoplasmatico). L'incremento di Ca2+ è sostenuto dal flusso di Ca2+ attraverso canali sulla membrana cellulare. Il recettore per il calcio può ridurre i livelli di concentrazione di cAMP. Questo può portare ad un cambiamento nell'attività di una serie di chinasi (p.e. PKC e PKA), che a loro volta alterano l'attività biologica della cellula. AC = adenilatociclasi, PIP2 = fosfatidilinositolbisfosfato [27].

2.4 Canali del calcio I canali ionici della membrana plasmatica permeabili al calcio possono essere classificati in quattro grandi famiglie (fig.3): - canali voltaggio dipendenti (VOCs, Voltage-Operated Ca2+ channels) - complessi recettore-canale (ROCs, Receptor-Operated Ca2+ channels) - canali attivati da secondi messaggeri (SMOCs, SecondMessenger-Operated Ca2+ channels) - canali attivati da rilascio di calcio (CRACs, Calcium Release Activated Channels o SOCs, Store-Operated Channels)


2. Il calcio come messaggero biologico

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Figura 3 I flussi di Ca2+ attraverso i canali ionici del Ca2+. (a) Rappresentazione schematica dei vari tipi di canali ionici del Ca2+ e loro gating. I VOCs sono attivati per depolarizzazione, i ROCs sono attivati da ligandi extracellulari, e gli SMOCs sono attivati o da proteine G (G) accoppiate a recettori (R), o attraverso secondi messaggeri generati da enzimi (E). I CRACs sono attivati da un meccanismo ignoto che segue allo svuotamento degli scomparti intracellulari attraverso l'IP3. Il contenuto di Ca2+ è riconosciuto da un ipotetico sensore (S) che trasmette il segnale ai canali della membrana plasmatica, mediante una altrettanto ipotetica proteina effettore intermedia (E). I riquadri interni mostrano la relazione tra la tensione di membrana e i flussi di Ca2+ per cellule elettricamente eccitabili (b) e non (c). Nelle cellule eccitabili i VOCs sono chiusi al potenziale di membrana a riposo (circa -70 mV) e aprono durante un potenziale di azione (AP). La loro probabilità di apertura aumenta con tensioni depolarizzanti. La corrente di calcio risultante è il prodotto del gradiente elettrochimico e della probabilità di apertura. Nelle cellule non eccitabili, la probabilità di apertura dei CRACs è indipendente dallo stato di riempimento degli scomparti intracellulari e indipendente dal voltaggio. Il flusso di calcio è determinato solo dal gradiente elettrochimico. Addizionali attivazioni di canali del K+ o del Cl- dipendenti dal Ca2+ o dal voltaggio iperpolarizzano la membrana plasmatica, aumentando il gradiente elettrochimico del Ca2+ [24].

2.4.1 Canali voltaggio dipendenti (VOCs) E’ il meccanismo che genera flusso transmembranario di calcio meglio caratterizzato. Questi canali hanno un poro selettivo per il calcio che normalmente si attiva per millisecondi durante un potenziale di azione; si possono trovare in neuroni, cellule muscolari e cellule endocrine, ma anche, a densità minore, in cellule considerate ineccitabili [28]. I picchi di ampiezza delle densità di correnti sono dell’ordine di 5-50 densità di correnti si misurano in

pA pF

pA pF

(le

perché si prende come unità di

misura di superficie la capacità della membrana, che risulta essere di 1


2. Il calcio come messaggero biologico µF cm 2

48

; il motivo di questa scelta verrà affrontato nel quarto capitolo) [24].

Questi canali sono proteine oligomeriche, con una subunità principale, 1, che ha la funzione di poro e di sensore di voltaggio. Questa subunità è composta da circa 2000 amminoacidi, ha struttura simile a quella di un canale del Na+ voltaggio dipendente; questo comprende quattro domini, chiamati ‘ripetizioni’, che sono omologhi tra di loro e con le subunità di base dei canali voltaggio dipendente del K+ (fig.4a). Ciascuna ripetizione ha sei eliche  che attraversano la membrana. La quarta di queste eliche, S4, contiene gruppi carichi e agisce come sensore del campo elettrico attraverso la membrana. Il loop tra la quinta e la sesta elica forma parte del poro del canale. Esistono altre quattro subunità: e    ;  e  sono collegati attraverso un ponte disulfidico (fig.4b).

Figura 4 Struttura del canale del Ca2+ . (a) Topologia della subunità 1. Le quattro ripetizioni omologhe, indicate da numeri romani, consistono di sei eliche  transmembrana. La quarta elica, S4, è altamente carica e fa parte del sensore del voltaggio (segmento con le cariche +). Il legame tra la quinta e la sesta elica forma parte del poro del canalee. (b) Subunità del canale del Ca2+ di tipo L del muscolo scheletrico [25].


2. Il calcio come messaggero biologico

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Quando le subunitá  sono espresse da sole, in ovociti di rana, si nota una produzione minore di canali del calcio funzionali. La coespressione con le altre subunità incrementa grandemente l'ampiezza di corrente. Quindi queste altre subunità pur non formando il poro o il sensore del voltaggio probabilmente svolgono una importante funzione; il loro ruolo comunque rimane ancora da definire [25]. L'esistenza di diversi tipi di canali del calcio fu prima dimostrata attraverso studi sulle cinetiche, poi con distinzioni farmacologiche ed ora utilizzando tecniche di biologia molecolare. Correntemente sono stati identificate quattro classi di canali del calcio: canali di tipo T, L, N e P (recentemente Q ed R). I canali di tipo T sono cineticamente distinti dagli altri: si attivano a voltaggi più negativi, intorno la soglia del potenziale di azione e si inattivano quando il potenziale a riposo è più positivo di -60 mV. Questi canali stimolano neuroni e cellule cardiache a produrre

sequenze

l'abbassamento

della

ripetitive soglia

di di

potenziali innesco,

d’azione

quando

la

attraverso cellula

è

iperpolarizzata. I canali L, N e P si attivano a voltaggi più positivi di quelli di tipo T, e quindi non giocano un ruolo nella generazione del potenziale d’azione. Diversi agenti farmacologici consentono di distinguere tra i canali L, N e P: quelli di tipo L sono selettivamente modulati attraverso agonisti e antagonisti delle diidropiridine. Quelli di tipo N sono selettivamente bloccati da una tossina peptidica, l'-Conotossina VIA (-Ctx-GVIA) prodotta dal mollusco marino Conus geographicus. I canali di tipo P invece sono bloccati dalla tossina prodotta da un aracnide (FTX), una poliammina e dalla -Agatossina VIA (-Aga-VIA), un peptide. Non ci sono tossine ad alta affinità selettive per i canali T; questi non sono sensibili alle precedenti tossine, ma sono bloccati dal Ni2+ in maniera specifica rispetto alle altre tre famiglie (L, N e P). Un neurone può avere tutti i quattro tipi di canali;


2. Il calcio come messaggero biologico

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invece le cellule muscolari hanno solo canali L e qualche volta canali T. In molti neuroni, una combinazione di questi bloccanti selettivi non riesce a bloccare tutte le correnti di calcio, questo indica la presenza di altri tipi di canali per il calcio [25]. I canali del Ca2+ voltaggio dipendenti sono i canali selettivi più conosciuti. Il rapporto di permeabilità rispetto al suo maggior competitore, il Na+, è dell’ordine di 1000:1. Questa alta selettività non è dovuta al fatto che il poro distingua le differenti dimensioni degli ioni, agendo così come un setaccio. Infatti il Na+ e il Ca2+ hanno circa le stesse dimensioni e il poro è largo quanto quello del recettore nicotinico per l’acetilcolina che ha una bassa capacità di selezione tra i cationi. Piuttosto il canale seleziona Ca2+ attraverso un sito di legame ad alta affinità localizzato entro il poro del canale. Quando si è a concentrazioni extracellulari di calcio inferiori alle micromoli, il sito non è occupato e il Na+ passa liberamente attraverso il canale. A concentrazioni fisiologiche di Ca2+ il sito è saturato da questo ione, e questo comporta una non permeazione del sodio. Ma la permeazione attraverso il poro deve essere più complessa di una semplice creazione e rottura di legame ad alta affinità: questo perché gli ioni lasciano tale sito circa 1000 volte al secondo, cioè molto più lentamente dei flussi osservati in registrazioni di singolo canale. Un modello che permette di spiegare l'esistenza di elevati flussi di Ca2+ a dispetto della presenza di tali siti di legame propone che ci siano due di tali siti nel poro. Quando due ioni Ca 2+ sono legati, uno a ciascun sito, essi potrebbero respingersi tra di loro dato che sono entrambi caricati positivamente. La mutua repulsione aumenta la velocità di uscita degli ioni, quindi causa una grande permeazione di Ca2+ attraverso il poro (fig.5a). Questo semplice modello è stato messo in discussione da alcuni esperimenti. Se i due siti ad alta affinità sono creati attraverso strutture indipendenti entro la proteina, allora la


2. Il calcio come messaggero biologico

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distruzione di una di tali strutture non dovrebbe eliminare il legame ad alta affinità del calcio al poro. Facendo mutazioni di residui di glutammato entro la regione delle subunità 1 che forma il poro, si è vista una sensibile alterazione dell’affinità del poro per il Ca2+: questo è un risultato che non ci si aspetterebbe se fossero presenti due siti ad alta affinità indipendenti ed identici. E’ stato quindi suggerito che i quattro residui di glutammato (un glutammato donato da ciascuna delle 4 ripetizioni) si combinino per formare una singola tasca per il calcio. Quando un secondo ione calcio entra, i residui diventano condivisi, quindi si creano due siti a bassa affinità (fig.5b) [25].

Figura 5 Modelli per la selettività per il Ca2+ e la permeazione. La colonna sulla destra (Channel state) indica il comportamento dei canali del calcio alle concentrazioni indicate nella colonna sulla sinistra ([Ca2+]Out). La colonna di mezzo mostra la spiegazione del comportamento dei due diversi modelli. In entrambi i modelli, Na+ passa attraverso il canale quando il poro non contiene Ca2+ , Na+ non passa quando Ca2+ si lega ai siti ad alta affinità, e Ca2+ permea quando l'affinità del sito è diminuita alle concentrazioni fisiologiche di Ca2+. I modelli differiscono nello spiegare come l'affinita`si riduce. (a) Due ioni Ca2+ entro il poro si respingono tra loro mediante forze elettrostatiche, quindi aumentano la velocità di uscita dal


2. Il calcio come messaggero biologico

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poro stesso. (b) Due ioni Ca2+ competono per il legame dentro il poro che altrimenti sarebbe un singolo sito ad alta affinità [25].

E’ stato suggerito che una singola struttura carica potrebbe attrarre simultaneamente ioni interagenti. Questo è in accordo con le osservazioni che mostrano che il sito di legame per il calcio entro il poro è molto vicino alla parte esterna del canale. I modelli a struttura singola sono come i primi modelli a multi-siti in cui si richiedeva l’interazione di alcuni ioni entro il poro. Quando gli ioni sono presenti, interagiscono tra di loro portando ad una diminuzione dell’affinità del poro per il calcio. Questi modelli differiscono dai precedenti in quanto una struttura singola e flessibile contribuisce al legame dei due ioni. Questo permette agli ioni di interagire attraverso repulsione elettrostatica e attraverso competizione per i siti di legame presenti nei residui di glutammato entro la struttura.

2.4.2 Complessi recettore-canale (ROCs) Sono direttamente aperti da un ligando extracellulare e sono stati trovati in cellule eccitabili (che rispondono a neurotrasmettitori eccitatori, p.e. acetilcolina, glutammato, serotonina) come in quelle non eccitabili (che rispondono ad agonisti quali ATP, istamina). A questi canali ci si riferisce usualmente come a canali cationici non selettivi: essi non sono molto selettivi per il Ca2+ come i VOCs. Le ampiezze di densità di corrente sono usualmente nel range di 2-20

pA pF

. Il contributo di questi

canali cationici agli influssi di Ca2+ non è stato ben definito [24]. Nel primo capitolo abbiamo citato alcuni esempi, di cui il più importante è il recettore NMDA per il glutammato . Particolare interesse per la regolazione del calcio intracellulare rivestono due canali che mediano il rilascio di calcio dagli scomparti


2. Il calcio come messaggero biologico

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intracellulari: il recettore dell’inositoltrisfosfato (IP3R) e il recettore per la rianodina (un alcaloide vegetale) (RYR). Questi non sono propriamente dei ROCs perché sono aperti da secondi messaggeri, ma visto che l’interazione del ligando con il canale avviene sulla superficie esterna delle membrane degli scomparti interni, si possono considerare dei recettori accoppiati a canale. Questi canali sono responsabili, in molti casi, dell'iniziale aumento del calcio citoplasmatico libero che avviene immediatamente dopo la stimolazione della cellula. L'IP3 è un secondo messaggero generato dall'idrolisi del PIP2; questo secondo messaggero si lega all’IP3R nella membrana dell'ER che si apre e fa uscire calcio [22]. Il recettore per l'IP3 è un omotetramero formato da subunità di circa 310 KDa che costituiscono un poro cationico relativamente non selettivo (Fig. 5a). È molto diffuso. Ciascuna subunità lega una molecola di IP3, e il sito di legame è inibito dall' eparina (un mucopolisaccaride acido). Le isoforme di questo canale sono codificate da almeno 4 geni che condividono tra di loro significative similarità e presentano delle omologie con i RYRs, ma nessuna omologia con i VOCs. La regolazione di questo recettore è complessa: lega diverse molecole di IP3 e ne è desensitizzato, è fosforilato dalla proteina chinasi A (PKA),

ha una

sensibilità bifasica alla concentrazione di calcio citosolico libero: ad alti livelli di Ca2+ il recettore è relativamente insensibile all’IP3. La sensibilitá al suo agonista è anche bifasica: è massima nell'intervallo fisiologico, da 0.5 M e 1.0 M di IP3. Infine è da riportare che questo canale è stato trovato in numero non trascurabile anche nella membrana plasmatica, ma essendo attivato da un messaggero intracellulare rientra nella classe successiva (SMOCs). Il RYR è un tetramero composto di subunità di circa 560 KDa, è controllato, nel muscolo scheletrico

tramite un accoppiamento

elettromeccanico con il recettore delle diidropiridine, generalmente dal


2. Il calcio come messaggero biologico

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calcio intracellulare libero, oppure tramite l'adenosin-difosfato riboso (cADP riboso) in alcuni tipi di cellule. Come l'IP3R, è modulato dal Mg2+, ATP e Ca2+, sebbene ci sia inibizione da parte dei due ioni per concentrazioni dell'ordine delle mM. Anche RYR è relativamente non selettivo per i cationi. Tre geni separati codificano altrettanti RYRs espressi in cellule di muscolo scheletrico, di muscolo cardiaco e di muscolo liscio o di neuroni cerebrali [19]. Esperimenti recenti hanno portato a credere che RYR sia in realtà un complesso composto dal recettore e da un'altra proteina, la FKBP (FK506-binding protein) [22].

2.4.3 Canali attivati da secondi messaggeri (SMOCs) Questi canali condividono molte proprietà dei ROCs. La principale differenza è che gli SMOCs hanno il sito di legame per il ligando dalla parte citosolica, a cui si legano subunità di proteine G (di cui si parlerà nel capitolo 3), o secondi messaggeri generati dalla stimolazione di un recettore di membrana da parte di un messaggero extracellulare. Questi canali sono stati trovati in neuroni olfattori e in cellule fotorecettrici in cui nucleotidi ciclici (cAMP e cGMP) mediano l’attivazione di canali cationici. Ci sono anche prove che secondi messaggeri come il calcio, l'IP3, o interazioni con enzimi come le proteine chinasi possano essere coinvolti nell’attivazione e nella modulazione di alcuni di questi canali ionici [24].

2.4.4 Canali attivati da rilascio di calcio (CRACs o SOCs) Questi canali della membrana plasmatica sono attivati in seguito a rilascio di Ca2+ dagli scomparti intracellulari: questo potrebbe servire a mantenere per tempi lunghi elevati livelli di calcio citosolico libero e consentire così il riempimento degli scomparti. L’identificazione


2. Il calcio come messaggero biologico

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molecolare di questi canali di membrana e la caratterizzazione delle loro proprietà funzionali è appena cominciata. Il fatto che dopo rilascio di calcio da organelli intracellulari segua un flusso di calcio dall’ambiente esterno, fa credere all’esistenza di una particolare via di segnalazione per l'attivazione dell’ingresso di calcio attraverso la membrana plasmatica attivato da tale svuotamento. Questo tipo di ingresso di calcio viene detto ingresso capacitivo; per lungo tempo i dati sperimentali a supporto di questo meccanismo sono stati piuttosto indiretti, essendo stati principalmente ottenuti attraverso complessi protocolli progettati per riempire e svuotare i compartimenti intracellulari, mentre si registravano le variazioni della concentrazione citosolica di Ca2+ con indicatori fluorescenti. Dati elettrofisiologici si possono ottenere usando indicatori indiretti dei livelli di calcio citosolico libero, come i canali del K+ o del Cl- attivati dal calcio. Solo recentemente si sono avute misure dirette delle correnti di calcio dovute a rilascio di calcio: si tratta di densità di correnti di 0.1-1.0

pA pF

, che

possono quindi essere facilmente confuse con il rumore di fondo. I canali CRACs, che portano queste correnti, sembrano essere molto selettivi al Ca2+, come i VOCs; e sebbene il gating sia voltaggioindipendente, esiste una forte dipendenza del flusso di calcio dal gradiente elettrochimico che si viene a creare tra esterno ed interno della cellula. Ciò indica che si ha dipendenza dell’ingresso di calcio non solo dalla concentrazione extracellulare e intracellulare, ma anche dal potenziale di membrana, infatti si ha un forte flusso se la cellula è iperpolarizzata mentre uno minore in condizioni di depolarizzazione [24]; questo avviene per qualsiasi canale, qui lo si fa notare in maniera esplicita per sottolineare la forte interdipendenza tra diversi fattori che a prima vista possono apparire scorrelati. Un punto non chiaro riguardo


2. Il calcio come messaggero biologico

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all'ingresso capacitivo è il meccanismo attraverso cui lo svuotamento dei comparti intracellulari induce l'entrata del calcio tramite i canali della membrana plasmatica. Attualmente esistono molte ipotesi per spiegare l’attivazione di SOCs e di CRACs, che includono l'accoppiamento diretto tra gli scomparti e i canali di membrana, il rilascio di sostanze diffusibili e combinazioni di meccanismi che fanno affidamento sugli inositol-fosfati [22]. Numerosi secondi messaggeri sono stati proposti per i CRACs, ma nessuno è finora risultato convincente. Il più interessante e controverso è il Ca2+ influx factor (CIF); questo è stato isolato e parzialmente caratterizzato come un anione fosforilato di peso molecolare <500 Da, che induce flussi di calcio quando applicato esternamente a macrofagi, astrociti e fibroblasti. Presumibilmente CIF è rilasciato o generato dall'ER o da regioni adiacenti dopo che IP 3 induce rilascio dagli scomparti [19]. Un'altra ipotesi è quella di un modello di accoppiamento conformazionale, che suppone che l'informazione sia trasferita direttamente attraverso la grande testa citoplasmatica del recettore dell'IP3 [20]. Prove per tale accoppiamento diretto, come descritto per il recettore rianodinico nel muscolo scheletrico [4], non sono state ottenute finora, rendendo così questa possibilità meno probabile [22].

2.5 Onde di calcio Onde e oscillazioni di calcio sono comunemente osservate in molte cellule. Potenzialmente la variazione spaziale e temporale di tali eventi contiene molte più informazioni di un semplice livello statico di concentrazione. Il vasto numero delle proteine che legano il calcio, con diverse velocità di legame e affinità, suggerisce che onde e oscillazioni


2. Il calcio come messaggero biologico

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possono avere effetti molto diffusi. Queste onde sono segnali i cui meccanismi e scopi devono essere definiti per ciascun tipo di tessuto: non c'è un unico insieme di stadi che sta alla base di tutti i fenomeni rigenerativi calcio-dipendenti. In ciascun tipo di cellula, il contributo di ciascuno stadio deve essere misurato e incorporato in un modello matematico, idealmente un insieme di equazioni differenziali alle derivate parziali, che riproduca le osservazioni. Qui presentiamo brevemente un modello per la generazioni di onde di calcio in cellule non eccitabili (p.e. ovociti immaturi di Xenopus) basato su un rilascio rigenerativo di calcio, il cui elemento chiave è l'IP3R. In tale sistema l'IP3 è generato da una PLC attivata da un GCR. L'IP3 diffonde rapidamente attraverso la cellula, con coefficiente di diffusione di circa 230

µ m2 s

, ed occupa i recettori per alcuni minuti prima di essere

degradato. Il calcio rilasciato dall'ER diffonde verso siti adiacenti, dove aumenta la sensibilità dell'IP3R, inducendo ulteriore rilascio di calcio (il fronte d'onda del calcio). Il rilascio del calcio genera alte concentrazioni di tale ione alla bocca dell'IP3R e direttamente inibisce il canale. Successivamente la pompa del Ca2+ rimuove il calcio dal citoplasma (fig.6). È interessante notare che una sovraespressione (aumento indotto della sintesi di una proteina) delle SERCA incrementa la frequenza delle onde di Ca2+. Quando si incorpora la diffusione in due dimensioni, questo modello riproduce i patterns complessi che si possono osservare in grandi cellule come gli ovociti [19].


2. Il calcio come messaggero biologico

58

Figura 6 Rappresentazione schematica degli elementi nel modello di onde di calcio. Il recettore (R) legato all'agonista attiva una proteina G (G) attraverso la catalisi dello scambio di GTP (guanosintrifosfato) per GDP (guanosindifosfato). Il fosfatidilinositolbisfosfato (PIP2) è idrolizzato da una fosfodiesterasi (fosfolipasi C, PLC) in diacilglicerolo (DG) ed inositoltrisfosfato (InsP3). InsP3 diffonde arrivando ai siti di legame del recettore per l'InsP3 (IP3R), dove apre i canali permeabili al Ca2+ e permette a questo ione di fluire fuori dal reticolo endoplasmatico. Ca2+ uscendo dal canale lo inattiva (-) e diffonde al successivo IP3R aumentando (+) la sensibilità di IP3R all'InsP3. Il calcio è reimmagazzinato negli scomparti intracellulari attraverso le pompe per il Ca2+ [23].

Esistono altri modelli che descrivono tali onde mediante meccanismi differenti e in cellule differenti; per un'idea si guardi il riferimento bibliografico [23]. Questa varietà si può comprendere considerando che canali di membrana, citoplasma, ER, pompe del Ca2+, IP3Rs e RYRs e la loro complessa dipendenza dal Ca2+ forniscono tutto il 'macchinario' di base per la generazione di onde; la loro diversa natura suggerisce un sistema altamente regolato e finemente calibrato per controllare specifiche funzioni cellulari . Si può provare a descrivere matematicamente questo modello considerando che un tale mezzo eccitabile può essere visto come una collezione di siti che rilasciano calcio. La distanza che intercorre tra questi siti e quella che il messaggero può percorrere prima di essere


2. Il calcio come messaggero biologico

59

rimosso sono critiche per la generazione dell'onda. Le onde che si propagano sono possibili solo entro un sottoinsieme di uno 'spazio dei parametri', che include le caratteristiche di tamponamento del sistema, il comportamento dei canali e delle pompe, e la geometria locale. Le onde di Ca2+ dipendono dalla diffusione di un messaggero accoppiato ad una reazione autocatalitica. Un messaggero è rilasciato o creato come risultato di un segnale iniziale. Il messaggero diffonde nei siti vicini, dove stimola la sua stessa produzione. Questo processo può continuare attraverso la cellula come un'onda che si propaga. Quando sono inclusi anche processi di rilassamento (ricaptaggio del messaggero o sua metabolizzazione) l'onda diventa rigenerativa. Questo può essere descritto matematicamente, per una singola specie in una dimensione, da un'equazione parabolica alle derivate parziali:

∂ c( x , t ) ∂ 2 c( x , t ) = f (c( x )) + D ∂t ∂ x2

(2.5.1)

dove c(x,t) è la concentrazione del messaggero, D è il coefficiente di diffusione e f(c(x,t)) rappresenta la cinetica di reazione. È quest'ultimo termine il più importante e caratterizzante dell'equazione. Senza il termine di reazione si avrebbe una semplice equazione di diffusione. Un approccio superiore è quello di incorporare le specifiche velocità di ricaptaggio e rilascio del calcio negli scompartimenti intracellulari. Si può così costruire un sistema di equazioni differenziali alle derivate parziali accoppiate. Sfortunatamente, questi modelli e le ipotesi su cui sono basati fanno perdere la precisa informazione biologica della dipendenza temporale dei vari messaggeri [23].


2. Il calcio come messaggero biologico

60

2.6 Calcio e neuroni Il calcio svolge un ruolo fondamentale nelle cellule neuronali, non solo perché media il rilascio di neurotrasmettitori nelle sinapsi ma anche per il controllo della sopravvivenza, della crescita neuritica e dei processi di plasticità sinaptica [29]. Durante lo sviluppo, si verifica una consistente perdita di neuroni che vanno incontro a morte cellulare programmata, poiché non sono stati sostenuti da sufficienti stimoli trofici, quali fattori neurotrofici extracellulari ed attività elettrica afferente. Si ritiene che in questo fenomeno il Ca2+ sia molto importante: infatti, neuroni del sistema nervoso centrale e periferico, che in vivo andrebbero incontro ad apoptosi (morte cellulare), sopravvivono in vitro se vengono coltivati in presenza di alte concentrazioni di potassio extracellulare, che provoca una depolarizzazione cronica e quindi l'apertura dei canali del Ca2+ voltaggio-dipendenti, con conseguente entrata dello ione all'interno della cellula. Esistono dunque livelli ottimali della concentrazione citosolica di calcio che consentono la sopravvivenza neuronale anche in assenza di fattori neurotrofici [30]. Mitogeni ed in particolare fattori di crescita, che si legano a recettori con attività tirosin-chinasica (si veda terzo capitolo), possono indurre cambiamenti nella concentrazione di calcio intracellulare libero attraverso l'apertura di canali cationici indipendenti dal voltaggio, con differenti gradi di selettività al calcio [31]. Una caratterizzazione di questa nuova tipologia di canali è stato affrontata utilizzando una linea cellulare di fibroblasti [32] e il suo coinvolgimento nel controllo delle fasi del ciclo cellulare è stato accertato [33], è stata inoltre dimostrata la loro presenza anche in neuroni embrionali [34]. L'argomento delle ricerche svolte in questa tesi verterà sui flussi di calcio attivati da tre diversi fattori neurotrofici in una linea cellulare derivata da un tumore embrionale del sistema nervoso


2. Il calcio come messaggero biologico

61

(IMR5). Ci sono dati che indicano che i fattori neurotrofici possono attivare flussi di Ca2+ sia modulando canali voltaggio-dipendenti sia attivando canali voltaggio-indipendenti. Un esempio possono essere i neuroni del sistema simpatico dove è stato provato che flussi di calcio extracellulare sono critici per l’accrescimento neuritico stimolato da NFG, un significativo contributo a tali flussi è dato da canali per il calcio voltaggio-dipendenti di tipo L [18]. In neuroni embrionali è stato invece dimostrato che un fattore di crescita, il bFGF, attiva canali la cui corrente eleva la concentrazione intacellulare libera del calcio [17].


CAPITOLO 3 3. I fattori di crescita 3.1 Fattori di crescita Il processo della proliferazione cellulare e la progressiva acquisizione di un fenotipo specializzato richiede un elevato grado di coordinazione tra segnali differenti. Lo sviluppo può essere influenzato da diverse variabili

includenti:

parametri

fisici,

componenti della

matrice

extracellulare, molecole di adesione cellulare e complessi di giunzione tra membrane di cellule poste a contatto. Un ruolo chiave, tuttavia, è svolto da molecole regolatrici chiamate fattori di crescita polipeptidici [36]. I fattori di crescita polipeptidici rappresentano un diverso gruppo di agenti simili agli ormoni (molecole secrete dalle ghiandole endocrine). Differiscono da questi ultimi in quanto sono spesso sintetizzati in cellule


3. I fattori di crescita

36

diverse e usualmente hanno un vasto spettro di tessuti bersaglio. Tuttavia sono spesso molto simili nella maniera di interagire con i loro bersagli, queste somiglianze includono la presenza obbligatoria di recettori

sulla

superficie

della

cellula,

la

natura

del

segnale

transmembranario generato e gli effetti sull'espressione genica [37]. Tali fattori possono agire come modulatori positivi o negativi nella proliferazione e nel differenziamento cellulare. L'interazione di fattori di crescita, citochine (molecole che esplicano funzioni simile ai fattori di crescita ma hanno bersagli e recettori differenti) e ormoni con specifici recettori di membrana innesca una cascata di segnali biochimici, risultanti nell'attivazione e nella repressione di vari sottoinsiemi di geni. Le aberrazioni nelle vie di segnalazione dei fattori di crescita sono collegate alle anormalitĂ dello sviluppo e alle diverse varietĂ di malattie croniche, incluso il cancro. Le cellule maligne sono il risultato di eventi genetici che includono la produzione non regolata di fattori di crescita o dei componenti delle loro vie di segnalazione [38]. Le ricerche svolte in questa tesi mirano a caratterizzare gli effetti precoci prodotti da tre particolari fattori di crescita, i quali esplicano la loro azione sui neuroni (per tale motivo vengono chiamati fattori neurotrofici). Questi sono : - Nerve Growth Factor (NGF) - Basic Fibroblast Growth Factor (bFGF) - Insulin-like Growth Factor I (IGF-I)


3. I fattori di crescita

37

3.1.1 Nerve Growth Factor (NGF) Sebbene identificato 25 anni dopo l'insulina, l'NGF occupa un posto importante nella storia dei fattori di crescita; a cavallo degli anni '40 e '50 fu identificato come una sostanza umorale prodotta da certe cellule tumorali e gli fu dato il nome di 'fattore stimolante la crescita nervosa' (il cui acronimo inglese è NGF). Così diventò il progenitore del termine fattore di crescita [37].

L'NGF è il capostipite della famiglia delle

neurotrofine, una famiglia di fattori neurotrofici. Questa è composta anche dal brain-derived neurotrophic factor (BDNF), dalla neurotrofina 3 (NT-3), dalla neurotrofina 4 (NT-4) ( o NT-4/5 o NT-5) e dalla neurotrofina 6 (NT-6). La struttura tridimensionale dell'NGF è stata risolta mediante la cristallografia a raggi X, e consiste di due identiche subunità. Ciascuna subunità possiede 118 residui amminoacidi ed è generata attraverso la rottura di un polipeptide precursore di 252 residui [39]. La sua azione è molto vasta; in principio fu dimostrato essere essenziale sia per la sopravvivenza che per la differenziazione di specifiche classi di cellule nel sistema nervoso centrale, ma è sempre più chiaro che svolge un ruolo importante nel sistema nervoso centrale e periferico e su cellule non neuronali [40].

3.1.2 Fibroblast Growth Factor (FGF) L'esistenza di una sostanza presente nel cervello, che promuove la crescita di fibroblasti in cultura, fu scoperta intorno al 1940, ma solo all'inizio del 1970 il fattore fu parzialmente purificato e venne chiamato Fibroblast Growth Factor [37]. L'FGF costituisce una famiglia di fattori di crescita composta da nove membri. Visto il grande numero, ad ogni membro è stato dato un numero per poterlo identificare univocamente. I primi due sono stati meglio caratterizzati: FGF acido (aFGF o FGF-1) e


3. I fattori di crescita

38

FGF basico (bFGF o FGF-2). Noi considereremo il secondo di questi [40]. Il bFGF, composto da una singola catena di proteine di 146 amminoacidi,

ha il peso di circa 16.5 KDa [37]. La famiglia delle

molecole di trasduzione del segnale dell'FGF è coinvolta nella regolazione della divisione, dello sviluppo e del differenziamento sia di cellule non neuronali che neuronali. Diversi studi hanno oramai accertato l'azione neurotrofica di questo fattore, pur non essendo lui stesso una neurotrofina; per un accenno alle funzioni che l'FGF esplica in vivo e in vitro su cellule nervose si consultino i riferimenti bibliografici [40],[41],[42].

3.1.3 Insulin-like Growth Factor (IGF) La famiglia dell'insulin-like Growth Factor consiste di due polipeptidi: IGF-I e IGF-II. A dispetto della loro simile struttura chimica e attività in vitro, IGF-I e IGF-II hanno differenti attività in vivo. Noi considereremo il primo di questi due. IGF-I è composto da una singola catena peptidica (70 amminoacidi) che contiene tre legami disulfidici. Esistono delle differenze strutturali tra le diverse specie animali [37]. Anche questo fattore esplica degli effetti neurotrofici [43].

3.2 Recettori tirosina chinasici Tutti i fattori sopra descritti esplicano la loro azione legandosi a recettori ad attività enzimatica intrinseca: i recettori tirosina chinasici. Gli enzimi tirosina chinasici sono particolari proteine che fosforilano altre proteine in residui amminoacidi di tirosina. La reazione si basa sul trasferimento di un gruppo fosfato preso dall'ATP (adenosintrifosfato) ad un gruppo idrossilico di un residuo di tirosina presente sulla


3. I fattori di crescita

39

proteina bersaglio; l'ATP perdendo il suo fosfato diventa ADP (adenosindifosfato). Questa reazione è essenzialmente unidirezionale perchè una grande quantità di energia viene rilasciata dalla rottura del legame fosfato-fosfato nell'ATP (circa una decina di Kcal su mole di ATP) [2]. Tutti i recettori tirosina chinasici sono composti da tre domini principali: un dominio extracellulare connesso mediante un dominio che attraversa una sola volta la membrana, ad un dominio citoplasmatico che contiene un sottodominio catalitico tirosinchinasico. La regione extracellulare è responsabile del legame con il fattore di crescita

e

la

trasmissione

del

segnale

biologico

al

dominio

citoplasmatico, il cui ruolo è di trasmettere tale segnale alle proteine bersaglio intracellulari. Il dominio citoplasmatico contiene, oltre alla regione catalitica tirosinchinasica, distinte sequenze con funzioni regolatrici che hanno siti di fosforilazione in tirosina, serina e treonina [44]. Sulla

base della

somiglianza

delle

sequenze e delle

distinte

caratteristiche strutturali, è possibile classificare questi recettori in sottoclassi (fig.1). Le caratteristiche strutturali di tali sottoclassi includono due sequenze ripetute ricche di cisteina nel dominio extracellulare nella prima classe, strutture eterotetrameriche () ricche di cisteina legate da ponti disulfidici nella seconda classe e domini di tipo immunoglobulinico nelle altre classi.


3. I fattori di crescita

40

Figura 1 Le sei famiglie dei recettori tirosina chinasici. Solo uno o due membri di ciascuna famiglia sono indicati. Si noti che il dominio tirosina chinasico è interrotto da una 'regione di inserzione della chinasi' in alcune famiglie. Il significato funzionale dei domini ricchi di cisteine e dei domini di tipo immunoglobulinico non sono noti [2].

Sembra che l'attivazione del dominio chinasico indotta dal ligando sia mediata attraverso l'oligomerizzazione del recettore (formazione di complessi tra diverse proteine recettoriali). Il legame con il fattore di crescita e la susseguente alterazione conformazionale del dominio extracellulare induce l'oligomerizzazione, che stabilizza interazioni tra domini citoplasmatici adiacenti e porta all'attivazione delle funzioni chinasiche attraverso l'interazione molecolare. L'oligomerizzazione dei recettori permette la trasmissione di un cambiamento conformazionale dal dominio extracellulare a quello citoplasmatico senza richiedere alcuna alterazione della posizione dei residui amminoacidi entro il dominio transmembrana [45]. Tutti i recettori dei fattori di crescita noti appaiono subire una dimerizzazione. Tuttavia differenti fattori di crescita sono capaci di indurre una dimerizzazione attraverso diversi meccanismi, inoltre uno stesso recettore può possedere varie forme dimeriche che possono espandere la diversità dei segnali generati. La


3. I fattori di crescita

41

figura 2 sintetizza i vari passi coinvolti nell'attivazione dei recettori tirosinchinasici.

Figura 2 Modello allosterico di dimerizzazione per l’attivazione del recettore. Il legame con il ligando induce alla dimerizzazione del recettore, che porta all'attivazione di proteine ad attività tirosina chinasica intrinseca. La dimerizzazione del recettore è anche responsabile dell'autofosforilazione, che è mediata da un processo intermolecolare. L'autofosforilazione in tirosina su siti multipli crea siti di legame specifici per proteine bersaglio, che si legano ai recettori attivati con i loro domini SH2 [44]

Il primo passo è la dimerizzazione indotta dal legame con il ligando, che è responsabile dell'attivazione della proteina ad attività tirosinchinasica intrinseca. Parecchi esperimenti indicano che la dimerizzazione è essenziale per l'attivazione delle chinasi, una ragionevole ipotesi è che la dimerizzazione dei recettori rappresenti un meccanismo universale per la trasmissione del segnale dal dominio extracellulare a quello citoplasmatico attraverso un dominio idrofobo che attraversa la membrana una sola volta. Oltre al suo ruolo di attivazione delle chinasi,


3. I fattori di crescita

42

la dimerizzazione dei recettori inizia lo stadio per l'autofosforilazione nei siti di tirosina, che è mediata attraverso un meccanismo intermolecolare [44]. Per autofosforilazione si intende la fosforilazione reciproca dei domini citoplasmatici dei recettori dimerizzati, nei molteplici residui di tirosina [2]. Le regioni di tirosina autofosforilate nei recettori per i fattori di crescita rappresentano siti di legame specifici per proteine-bersaglio citoplasmatiche coinvolte nella trasmissione del segnale biologico. La fosforilazione in tirosina e la regolazione funzionale dell'attività di queste proteine bersaglio porta ad una risposta pleiotropica essenziale per la mitogenesi o il differenziamento.

3.2.1 Recettore per il Nerve Growth Factor La famiglia delle neurotrofine si distingue nell'avere un sistema recettoriale, composto da due differenti proteine di membrana. Una è un recettore ad attività tirosina chinasica (Trk), l'altro è un recettore le cui funzioni non sono ancora state ben definite, il cui nome si riferisce al peso molecolare: p75. L'NGF si lega ad un particolare Trk detto TrkA, che ha tutte le caratteristiche salienti di un RTK (fig.3).


3. I fattori di crescita

43

Figura 3 Il recettrore Trk e il recettore p75. I recettori Trk sono distinti per un dominio extracellulare con diverse ripetizioni di domini ricchi di leucina, due domini ricchi di cisteina e un dominio di tipo immunoglobulinico, e una regione citoplasmatica che si distingue per un dominio tirosina chinasico e una piccola coda. Il recettore p75 ha una sequenza di domini ricchi di cisteina nel dominio extracellulare [47].

Da una serie di esperimenti in vivo ed in vitro, e da studi sulle cinetiche di legame dell'NGF, sembra che TrkA e p75 cooperino alla formazione di un sito ad alta affinitĂ per l'NGF. Sono stati ipotizzati due differenti modelli di interazione tra i due recettori (fig.4).


3. I fattori di crescita

44

Figura 4 Due differenti meccanismi tengono conto dell’ipotetica interazione tra p75 e la famiglia dei trk. (A) Il modello conformazionale predice che i p75 cambia la conformazione di trk per produrre i siti di legame ad alta affinità. (B) Il modello ‘ligand-presentation’ ipotizza che p75 prima si lega alle neurotrofine e successivamente o incrementa la concentrazione del ligando o trasferisce la neurotrofina (tratteggiata) al recettore trk direttamente [47].

Uno di questi postula che l'NGF prima si leghi rapidamente a p75, incrementando la concentrazione di NGF per TrkA; questo modello non richiede una diretta interazione tra i due recettori. Il secondo prevede un cambiamento conformazionale di TrkA indotto da p75 in assenza del ligando, ciò porterebbe alla formazione del sito ad alta affinità [47].

3.2.2 Recettore per il Fibroblast Growth Factor di tipo basico La proteina recettore per l’FGF è composta da una singola catena peptidica con peso molecolare che varia da 110 a 150 KDa, a seconda del tipo di cellula. Possiede attività tirosina chinasica. Il numero di recettori varia da 2000 a 80000 per cellula. Si distinguono siti a bassa ed alta affinità per il legame dell'FGF con il recettore. Solo il sito ad alta affinità è capace di trasmettere alla cellula il segnale portato dal fattore [37]. I recettori ad alta affinità sono rappresentati dai recettori tirosina chinasici. Questi presentano tre domini extracellulari, due dei quali (quelli più vicini alla membrana) sono importanti per il legame con il fattore. I recettori a bassa affinità sono invece rappresentati da


3. I fattori di crescita

45

proteoglicani della matrice extracellulare o legati alla membrana plasmatica. I proteoglicani sono grosse proteine contenenti polimeri di unità disaccaridiche ricche di solfati e di cariche negative; il principale proteoglicano che si lega al recettore è l'eparina. Sono state proposte varie funzioni per i siti di legame a bassa affinità: stabilizzano il fattore e lo proteggono dalla degradazione aumentandone così l'efficacia; ne inducono un cambiamento conformazionale che ne facilita il legame con i siti ad alta affinità; avvicinano le molecole del fattore in modo da favorire l'induzione della oligomerizzazione degli RTK; infine creano una riserva tissutale di fattori [60].

3.2.3 Recettore per l’Insulin-like Growth Factor I Il recettore per l'IGF-I è molto simile a quello dell'insulina (fig.1) e molto differente da quello dell'IGF-II. Il recettore per l'IGF-I è una glicoproteina di membrana eterotetramerica, che consiste di 4 subunità: 2  e 2  legate tra loro tramite un ponte disulfidico. È ad attività tirosina chinasica. Le subunità extracellulari  contengono il dominio che lega l'IGF-I; quelle transmembrana  fissano il recettore sulla superficie della membrana plasmatica e possiedono un'attività tirosina chinasica che aumenta quando il fattore si lega alle subunità . Inoltre le subunità  contengono residui di tirosina che vengono autofosforilati in risposta al legame con l'IGF-I [48] come spiegato precedentemente.

3.3 Catena di trasduzione del segnale Una volta che il dominio catalitico del recettore tirosina chinasico è stato attivato, si origina tutta una serie di reazioni biochimiche a catena il cui scopo è di convertire il messaggio portato dal fattore di crescita. Il


3. I fattori di crescita

46

primo passo di questa traduzione è l’associazione e la fosforilazione di proteine bersaglio (substrati) in residui di tirosina. I substrati fosforilati si attivano e a loro volta fosforileranno altri substrati specifici; l’associazione

recettore-substrati

è

strettamente

legata

alla

fosforilazione del recettore nei residui di tirosina. Tale associazione tra le regioni fosforilate in tirosina del recettore e le proteine bersaglio è generalmente mediata da un dominio di circa 100 amminoacidi, chiamata src homology 2 (SH2); questo dominio ha una struttura che permette di riconoscere le sequenze peptidiche fosforilate in tirosina. Questi domini si suddividono in due categorie: la prima raggruppa proteine che contengono, oltre al dominio SH2, domini con attività enzimatica; la seconda raggruppa proteine che contengono domini SH2 ed SH3 (di circa 50 amminoacidi) senza alcuna attività enzimatica nota. Si pensa che queste abbiano funzioni di regolazione e di adattamento per specifiche subunità catalitiche [44]. L'analisi cristallografica dei domini SH2 rivela la presenza di due ben definite 'tasche' che si adattano strettamente ai peptidi contenenti fosfotirosine fiancheggiate da particolari configurazioni amminoacidi. Queste configurazioni sembrano determinare la specificità del legame con i vari domini SH2: in questo modo si stabilisce un meccanismo che determina tale specificità [48]. I substrati dei recettori tirosina chinasici possono essere: - la fosfolipasi CPLC,   un enzima che idrolizza il PIP2 (fosfatidilinositol-bisfosfato, un lipide di membrana) e genera due secondi messaggeri: il diacilglicerolo (DAG) un acido grasso che esplica la sua azione nel piano della membrana, e l'IP3 che diffonde all'interno della cellula. Il primo può attivare l'enzima protein-chinasi C (PKC) che va a fosforilare altri substrati e il secondo può elevare la concentrazione del calcio intracellulare libero.


3. I fattori di crescita

47

- La fosfatidilinositol 3 chinasi (PI3K), un enzima che fosforila l'anello dell'inositolo del fosfatidilinositolo. - una GTPase activating protein (GAP) che agisce p.e. sulla la proteina RAS (di cui si parlerà tra breve) stimolando l’idrolisi di GTP (guanosintrifosfato) a GDP (guanosindifosfato), inibendo così l'attività di RAS [38]. - la famiglia di tirosine chinasi citoplasmatiche (src), che possiedono i domini SH2 ed SH3 [44]. - GRB2, una proteina che possiede un dominio SH2 e due domini SH3, e non ha alcuna attività catalitica intrinseca. Si suppone che la sua funzione sia di molecola adattatrice nell'accoppiamento tra TRK e gli eventi di segnalazione a valle. GRB2 è particolarmente importante perché è sul percorso di attivazione di RAS [48]. - la famiglia di tirosina fosfatasi citoplasmatiche, che rimuovono gruppi fosfato solo da fosfotirosine di particolari tipi di proteine. La loro alta specificità assicura che la fosforilazione in tirosina sia di breve durata - un'altra famiglia di tirosine chinasi citoplasmatiche (Janus) [2] - le STAT (Signal Transducer and Activator of Transcription), proteine che rappresentano fattori trascrizionali citoplasmatici, ed in seguito ad attivazione dipendente da RTK migrano nel nucleo e avviano la trascrizione [60].

3.3.1 La via di segnalazione di RAS Merita un'attenzione particolare la via di trasduzione del segnale mediata da una particolare proteina scoperta studiando i tumori dei ratti (Rat Sarcoma, RAS). RAS (o p21RAS dal suo peso molecolare di 21KDa) non solo viene attivata da recettori tirosina chinasici, ma anche


3. I fattori di crescita

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da recettori non tirosina chinasici, accoppiate a proteine G (piccole proteine trimeriche che mediano la via di trasduzione della famiglia dei recettori a sette attraversamenti transmembrana). Il segnale trasmesso attraverso RAS può mediare sia differenziamento che proliferazione: dipende dal tipo di cellula e di recettore. RAS quindi sembra funzionare come un relè universale nella segnalazione cellulare, in cui lo stadio chiave è la generazione di RAS-GTP, attraverso la stimolazione dello scambio di GDP-GTP (guanosindifosfato-guanosintrifosfato) a seguito dell'attivazione del recettore da parte del ligando [49]. Nella segnalazione mediante recettori tirosina chinasici la proteina GRB2 si lega al recettore attivato tramite il dominio SH2, ed a un’altra proteina (SOS) attraverso i due domini SH3. SOS è una proteina che consente lo scambio di nucleotidi (GNRP, guanin-nucleotide releasing protein). In questo modo converte l'inattiva RAS-GDP nell'attiva RAS-GTP (fig.5) [50]


3. I fattori di crescita

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Figura 5 Grb2 si lega al recettore attivato, tramite il dominio SH2, e a Sos tramite il dominio SH3. Il complesso associato a Sos provoca lo scambio di GDP-GTP su RAS, attivando una cascata di chinasi in serina e treonina che manda segnali trofici al nucleo [50].

Una volta attivata, Ras da origine a diverse vie di segnalazione, dovute al suo vasto spettro di substrati: come ad esempio la PI3K ed altri ancora [49]. Un importante substrato è Raf, una serina-treonina chinasi che fosforila un'altra chinasi (MEK) che a sua volta fosforila ancora una chinasi (MAPK Mitogen Activated Protein Kinase) che può migrare nel nucleo e fosforilare fattori trascrizionali o continuare nella catena di fosforilazioni (fig.6).

Figura 6 Cascata di fosforilazioni in serina/treonina attivata da Ras e dalla chinasi C. Nella via attivata da recettori tirosina chinasi tramite Ras, la MAPchinasi chinasi chinasi è spesso chiamata Raf, che si pensa sia attivata dal legame di Ras attiavato.


3. I fattori di crescita

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3.3.2 La trasduzione del segnale tramite i recettori per l'NGF, il bFGF e l’IGF-I Non ci sono differenze sostanziali tra i meccanismi generali di trasduzione mediati dagli specifici recettori per i fattori di crescita citati sopra. Va menzionato che il recettore TrkA per l'NGF segnala attraverso Ras mediante la proteina Shc che si lega ai residui di tirosina fosforilati del recettore, il complesso che attiva Ras è formato da Shc, GRB2 e SOS [51]. Il recettore per l'IGF-I oltre ai substrati già descritti possiede altre due proteine che contengono domini SH2: IRS-1 (Insulin Receptor Substrate 1) ed Shc. IRS-1 può formare complessi con GRB2 e GRB1-p85, mentre Shc solo con GRB2 [48].


3. I fattori di crescita

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3.4 Neuroblastomi e NGF, bFGF, IGF-I 3.4.1 I neuroblastomi Il neuroblastoma è una neoplasia umana comune nell’infanzia. La midollare del surrene è la sede di originr più comune dei neuroblastomi. Caratteristicamente le cellule del neuroblastoma hanno un aspetto che varia da tondeggiante a fusiforme; i loro nuclei sono molto scuri e il citoplasma è scarso; le mitosi sono frequenti [59]. È stata proposta una classificazione che si basa, tra le altre cose, sulla quantità di TrkA espressa: il primo tipo presenta un’elevata espressione di questo recettore, il secondo una espressione minore e il terzo una quasi totale assenza [60].

3.4.2 Effetti dei fattori neurotrofici sulla linea cellulare derivata da neuroblastoma Come detto precedentemente l'NGF, il bFGF e l'IGF-I sono fattori di crescita che esplicano la loro azione sulle cellule nervose, intervenendo nella crescita, nel differenziamento e nella sopravvivenza. Questi fattori possono cooperare tra di loro al fine di far acquisire alla cellula un particolare fenotipo; per esempio in neuroni embrionali murini la presenza di NGF e bFGF nel mezzo di coltura aumenta sensibilmente la proliferazione,

e

rimuovendo

questi

due

fattori

si

induce

il

differenziamento [42]. In altri casi la presenza di questi fattori può indurre soprevvivenza e differenziamento. Questi tre fattori esplicano azioni analoghe sui neuroblastomi rendendo così queste linee cellulari ottimi modelli neuronali. In letteratura sono descritti gli effetti dell'azione singola e combinata di questi fattori sulla modificazione


3. I fattori di crescita

52

morfologica di queste cellule e sulla catena di eventi intracellulari che possono innescare. Nella linea di neuroblastoma umano IMR32 sembra che il bFGF e l'NGF siano coinvolti nella regolazione della proliferazione. In cellule coltivate in un mezzo contenente siero il bFGF e l'NGF inducono proliferazione sia agendo da soli che in combinazione tra loro. In colture dove il siero è stato rimosso il bFGF agisce sia come agente proliferativo che differenziativo promuovendo l'accrescimento neuritico e la formazione di aggregati di cellule, mentre l'NGF induce solo l'accrescimento neuritico [52]. In un'altra linea di neuroblastoma umano (SH-SY5Y) la stimolazione con bFGF e IGF-I induce la mitogenesi, ma se combinati insieme l'azione diventa differenziativa. Inoltre sembra che l'enzima PKC (protein kinase C) sia coinvolto nella catena di trasduzione del segnale differenziativo iniziata da questi due fattori [53]. È stato riportato che l'NGF induce differenziamento su una linea cellulare di neuroblastoma umano e che nelle cellule differenziate sono stati trovati alti livelli di attività di adenilatociclasi ed alti livelli di cAMP (adenosin monofosfato ciclico) [54]. Tuttavia successivi studi hanno mostrato che non tutte le linee di neuroblastoma rispondono agli stimoli differenziativi dell'NGF [55]. Le cellule di neuroblastoma umano molto spesso esprimono TrkA e legano l'NGF ma non differenziano quando esposte a questo fattore; però se si trasfetta un gene esogeno per TrkA nelle linee di neuroblastoma SH-SY5Y e LA-N-5 si nota che queste differenziano in risposta alla stimolazione con NGF. Inoltre è stato provato che l'NGF induce l'autofosforilazione di TrkA [56]. Esperimenti sulle IMR32 e sulle SK-N-SH hanno mostrato che l'NGF riduce i livelli di concentrazione di GAP e aumenta la quantità di Ras di 3 volte: questo dimostra che l’attività di Ras è implicata nella via di trasduzione del segnale portato dall'NGF [57]. Infine può essere interessante notare che


3. I fattori di crescita

53

nelle SK-N-SH trattate con NGF le ampiezze delle correnti voltaggiodipendenti di correnti di sodio, calcio e potassio si incrementano[58].


CAPITOLO 4 4. Materiali e metodi 4.1 La linea cellulare IMR5 Le cellule IMR5 sono una linea cellulare di neuroblastoma umano. Tale linea non è ancora stata caratterizzata ufficialmente secondo gli standard vigenti per le linee cellulari immortalizzate. Queste cellule possiedono recettori per l'NGF, l'IGF-I e l'insulina, ed anche un ipotetico terzo membro della famiglia dei recettori per l'insulina chiamato insulin receptor-related receptor (IRR) che può formare dei recettori ibridi con i recettori per l'insulina e per l'IGF-I ma non con quello per l'NGF [61]. Negli esperimenti svolti per questa tesi si è mostrata anche la presenza del recettore per il bFGF. Queste cellule hanno alti livelli di concentrazione di dopammina (un neurotrasmettitore) e dei sui metaboliti; inducendo un incremento della permeabilità di membrana


4. Materiali e metodi

77

allo ione calcio si notano forti cambiamenti nel metabolismo di questo neurotrasmettitore. Queste modificazioni risultano dipendenti dal calcio extracellulare ed includono l'attivazione della sintesi della dopammina e dei suoi derivati [62].

4.1.1 Allestimento delle colture La linea di neuroblastoma IMR5 viene mantenuta in coltura continua nel mezzo DMEM (Dulbecco's Modified Eagle's Medium, Sigma) contenente sali inorganici, amminoacidi, vitamine e addizionato dell'antibiotico gentamicina (50 g/ml), dell'amminoacido essenziale glutamina (4 mM), del 10% (v/v) di siero fetale bovino (FCS, Seromed), che è stato precedentemente inattivato al calore mediante trattamento a 56°C per 30 minuti. Le colture (su piastre Falcon) vengono mantenute in incubatore a 37°C con atmosfera al 5% di CO2 che, in combinazione con il bicarbonato presente nel terreno, forma un sistema tampone per il controllo del pH. Di norma la linea cellulare viene sottoposta a 3 passaggi settimanali: il terreno viene rimosso per aspirazione da piastre contenenti monostrati cellulari, questi vengono lavati con un tampone fosfato salino (PBS) e sottoposti a dissociazione enzimatica con una soluzione contenente 0.05% tripsina (un enzima che spezza i legami proteici che tengono unite le cellule tra di loro e al substrato), e 0.02% EDTA (un chelante per gli ioni calcio e magnesio) in PBS, per 5 minuti a 37°C. L'azione della tripsina viene bloccata aggiungendo DMEM contenente 1% FCS, nel quale le cellule vengono risospese; si valuta quindi la densità della sospensione, mediante conteggio diretto di un'aliquota nella camera di Bürker. Infine le cellule vengono seminate in DMEM 10% FCS alla densità di 4·104 cellule su cm2. Le cellule da utilizzare per gli


4. Materiali e metodi

78

esperimenti vengono piastrate su capsule Corning (diametro 3.5 cm) alla densità di 2·104 cellule su cm2 e utilizzate dopo 3-4 giorni di cultura.

Figura 1 Cellule IMR5 in cultura da un giorno in 10% FCS. Ingrandimento 670x

4.2 Misure elettrofisiologiche Come detto nel primo capitolo, la compartimentazione creata dalla membrana plasmatica, la presenza di proteine canale sulla sua superficie e l'esistenza di gradienti elettrochimici porta la cellula a possedere una differenza di potenziale elettrico che si instaura ai capi della membrana; inoltre crea la capacità di far fluire attraverso la membrana correnti elettriche portate da ioni inorganici. Per dare una descrizione quantitativa dell'attività elettrica di una cellula si possono quindi effettuare misure di tensione o di corrente. Negli esperimenti effettuati per questa tesi si sono misurate le correnti ioniche che si attivano quando la cellula viene stimolata con dei fattori di crescita. La tecnica di misura consiste nel tenere costante il potenziale di membrana


4. Materiali e metodi

79

ad un determinato valore e misurare le correnti elettriche generate dal movimento degli ioni attraverso i canali di membrana. Tale metodo è conosciuto come voltage clamp (blocco del voltaggio). è una procedura sperimentale sviluppata da Cole alla fine degli anni quaranta ed utilizzata estesamente da Hodgkin e Huxley nei loro esperimenti che hanno portato alla creazione del modello matematico che descrive il potenziale di azione negli assoni di calamaro (si veda primo il capitolo). Questa è stata la miglior tecnica biofisica per lo studio dei canali ionici per oltre 40 anni [4]. Lo sperimentatore applica un differenza di potenziale ai capi della membrana e misura la corrente; è necessario mettersi in condizioni sperimentali che riducano le correnti indesiderate quali quelle capacitive e quelle di dispersione, ed in questo modo la corrente può essere una misura diretta di movimenti ionici attraverso una membrana di area nota ad un noto e possibilmente uniforme potenziale di membrana. Per mantenere il potenziale di membrana costante si potrebbe connettere un generatore di tensione ideale ai capi della membrana. La corrente dovrebbe fluire attraverso la batteria compensando qualsiasi corrente che attraversa la membrana (quindi fornendo una misura di tale corrente), e il potenziale di membrana dovrebbe rimanere costante. Nella realtà un circuito del genere non esiste, ma con circuiti elettronici dedicati si raggiunge un elevato grado di precisione. La corrente che si misura può essere scomposta in tre componenti: IM = Ii + Ic + Ie dove Ii è la corrente ionica di interesse sperimentale,

(4.2.1)


4. Materiali e metodi

Ic = CM

dV dt

80

é la corrente capacitiva dovuta al 'condensatore

membrana' (V è la differenza di potenziale ai capi della membrana) Ie è una generica corrente di errore non desiderata Ponendo V = costante la Ic viene annullata per tutta la durata dell'esperimento, tranne all'inizio quando si impone il valore di tensione voluto perché si origina un transiente capacitivo. La corrente Ie è sempre presente: si ha la possibilità di diminuirla utilizzando appositi circuiti di filtro, per i disturbi ad alte frequenze, o particolari accorgimenti per ridurre le correnti di dispersione dovute ad un 'clamp' non ideale.

4.2.1 La tecnica del patch clamp É una tecnica, sviluppata da Neher e Sakmann alla fine degli anni settanta, avente lo scopo di aumentare il rapporto segnale/rumore per permettere registrazioni di corrente di singolo canale (stimate nell'ordine del pA). Così descrivono la loro scoperta in un articolo di rassegna: "... abbiamo deciso di affrontare il problema della riduzione del rumore di fondo, ben sapendo che i componenti elettronici che avevamo a disposizione avrebbero avuto la capacità di risoluzione necessaria soltanto se fossimo stati in grado di isolare una piccola area della membrana. Abbiamo allora seguito un procedimento che consisteva nel fissare una micropipetta di vetro su una superficie di fibre muscolari previamente 'ripulita' per via enzimatica, sperando che la micropipetta, essendo elettricamente inerte, permettesse di isolare alcuni canali ionici e fornisse così un segnale chiaro. Purtroppo non era facile ottenere una perfetta saldatura tra la pipetta di vetro che serviva per la misurazione e la membrana ... La bassa qualità della saldatura tra pipetta e membrana e il conseguente elevato rumore di fondo non ci


4. Materiali e metodi

81

permisero, all'inizio, di compiere registrazioni particolareggiate di canali ionici ... Solo alcuni anni dopo abbiamo scoperto per caso che praticando una lieve aspirazione attraverso la pipetta, ed effettuando altre variazioni nel procedimento, potevamo portare la resistenza della saldatura a più di un miliardo di ohm, il che rappresentava un miglioramento di parecchi ordini di grandezza. Tirando delicatamente la pipetta aderente alla superficie della membrana, abbiamo visto che era perfino possibile asportare microscopici lembi della membrana stessa, da studiare isolati. E in seguito a ciò la registrazione di singoli canali ionici è diventata una tecnica ad alta risoluzione." [63]. La tecnica del patch clamp si basa fondamentalmente sulla qualità del tipo di elettrodi usati e sul circuito elettronico di interfaccia che acquisisce il segnale elettrico generato dalla cellula. L'elettrodo è costituito da una micropipetta di vetro riempita con un'opportuna soluzione; la punta dell'elettrodo ha un diametro dell’ordine del m (fig.2).


4. Materiali e metodi

82

Figura 2 Geometria di una micropipetta di vetro 'morbido'. (A) Immagine dell'apertura della pipetta . (B) Vista laterale della stessa pipetta (la barra rappresenta 1 m). (C) Sezione longitudinale , l'angolo di apertura è di  = 24° [64].

La micropipetta si fissa ad un sostegno chiamato pipette holder (fig.3), in questo holder alloggiano il filo, di solito di argento ricoperto di AgCl, che connette la soluzione della micropipetta con il connettore BNC e un tubicino che permette di esercitare la suzione per creare il sigillo.


4. Materiali e metodi

83 Figura 3 Sezione longitudinale del pipette holder. L'holder svolge due funzioni di base: provvede alla connessione elettrica tra la soluzione nella micropipetta e il connettore BNC, e permette di applicare una suzione. L'holder ha un corpo in teflon T1 con un foro centrale per ospitare la micropipetta P e un filo di cloruro di argento Ag che è saldato al BNC, Il BNC è tenuto dal pezzo di teflon T3. La micropipetta è tenuta strettamente da una vite a cappuccio T2. S si connette ad un tubicino di gomma per applicare la suzione al compartimento interno, che è a tenuta stagna grazie alle guarnizioni O1 e O2. A1, A2 e A3 sono schermi di alluminio. Td è la filettatura del BNC. Le dimensioni dell'holder sono di circa 55 mm [64].

Il circuito elettronico è costituito principalmente da un convertitore I-V e da un amplificatore differenziale. Un requisito importante è il basso rumore intrinseco dell’apparecchiatura e l’ampiezza della banda passante. Un prototipo di circuito è quello rappresentato in fig.4:

Figura 4 Schema semplificato dell'amplificatore per le registrazioni in patch clamp [64].


4. Materiali e metodi

84

Esistono diverse varianti della tecnica del patch clamp che permettono di effettuare misure variando notevolmente le condizioni sperimentali (fig.5) [64].


4. Materiali e metodi

85

Figura 5 Rappresentazione schematica delle procedure che portano alle diverse configurazioni della tecnica del patch clamp [64].

In questa tesi si è fatto uso del metodo del patch clamp in configurazione whole cell: questo per avere delle registrazioni della corrente che attraversa tutta la membrana cellulare e non solo una piccola porzione. Questa tecnica è molto vantaggiosa soprattutto per piccole cellule. Dopo che si è formato il sigillo di elevata resistenza (gigaseal) provocato dalla suzione, si procede con un’ulteriore suzione avente lo scopo di distruggere la membrana lipidica del patch in maniera tale da bucare la cellula. Il gigaseal, se di buona qualità, non si modifica: in questo modo l’elettrodo ha accesso diretto all’interno della cellula e può quindi registrare le variazioni di corrente che la cellula in toto genera.

4.2.2 Descrizione esperimenti in voltage clamp con la tecnica patch clamp in configurazione whole cell sulla linea cellulare IMR5 La micropipetta è cosituita da capillari di vetro borosilicato di diametro esterno di 1.2 mm e interno di 0.69 mm (Clark Elettromedical Instruments), e viene preparata usando uno strumento ('puller', Narishige) che funziona mediante riscaldamento del vetro e sfruttando la forza di gravità. Il puller agisce attraverso due 'tiraggi': uno per determinare il diametro della punta e l'altro per creare effettivamente la micropipetta. La seguente figura mostra la punta della micropipetta pronta per l'uso (fig.6).


4. Materiali e metodi

86

Figura 6 Micropipetta di vetro borosilicato utilizzata per gli esperimenti di patch clamp sulle cellule IMR5 (ingrandimento 700x).

La micropipetta viene quindi riempita con la soluzione adatta per il tipo di esperimento che si vuole eseguire (si veda il paragrafo sulle soluzioni). Per impedire la formazione di piccole bolle che impediscono al segnale elettrico di propagarsi, la pipetta ha nel suo interno un sottile filo di vetro che per capillarità dovrebbe elimininare tali bolle. Quando ciò non avviene è sufficiente colpire delicatamente il capillare di vetro per permettere alle bolle di salire in superficie. Successivamente la pipetta viene fissata all'holder e questo è collegato al braccio di un micromanipolatore meccanico (Leitz) che permette di far eseguire movimenti micrometrici all'elettrodo. Quindi si immerge la punta dell’elettrodo nella soluzione extracellulare in cui sono immerse le cellule che si vogliono esaminare. Si nota la creazione di una differenza di potenziale elettrico all’interfaccia tra la soluzione presente nella micropipetta e la soluzione extracellulare. Tale potenziale, detto


4. Materiali e metodi

87

potenziale di giunzione liquida, si bilancia mediante un apposito circuito di compensazione

presente

nello

stadio

dell’amplificatore

(RK300

Biologic). È necessario effettuare questa operazione per poter misurare il potenziale di membrana senza la presenza di alcuno sbilanciamento. A questo punto si fornisce un treno di impulsi quadrati da

-100 mV a

-90 mV di frequenza 2.2 Hz (fig.11), e tramite il convertitore I-V presente nello stadio iniziale dell’amplificatore si misura la corrente che attraversa l’elettrodo (fig.7).

-90

V (mV)

-92 -94 -96 -98 -100 0

500

1000

1500

2000

t (ms) Figura 11 Treno di impulsi quadrati utilizzati per la formazione del gigaseal e per misurare la capacità di membrana.


4. Materiali e metodi

88

1500

I (pA)

1000

500

0

0

500

1000

1500

2000

2500

t (ms) Figura 7 Segnale di corrente registrato in risposta a gradini di voltaggio di 10 mV da elettrodo nel bagno. La resistenza dell'elettrodo è circa 6.7 M

La resistenza dell'elettrodo si può calcolare semplicemente applicando la legge di Ohm R =

V I

; si ottengono valori di circa 3÷10 M. Nel

frattempo si avvicina la punta dell'elettrodo alla cellula che si vuole utilizzare servendosi del micromanipolatore e del microscopio invertito a contrasto di fase (Zeiss IM-35). Il microscopio è collegato ad una telecamera (Sony) che permette la visione della cellula e dell'elettrodo su un monitor aggiungendo un ulteriore ingrandimento. Seguendo le operazioni sul monitor si sposta l'elettrodo sino a quando non si trovi sopra la cellula. È opportuno scegliere grandi cellule per avere correnti il più possibile elevate. Per formare il sigillo si abbassa verticalmente l'elettrodo con la manopola micrometrica del micromanipolatore sino a quando non abbia toccato la membrana plasmatica (fig.8).


4. Materiali e metodi

89

Figura 8 Cellule di neuroblastoma di 3 giorni, si può notare la micropipetta (ombra scura) che ha formato il sigillo con la membrana della cellula (ingrandimento 700x).

Per capire se si è toccato o no ci si aiuta anche con la corrente a gradino (fig.9) che viene visualizzata su un oscilloscopio digitale (Tektronix 5100). Quando la punta dell'elettrodo viene delicatamente appoggiata sulla superficie della membrana plasmatica la resistenza aumenta e quindi la corrente indotta dal gradino di voltaggio diminuisce; questa diminuzione è un parametro importante che serve a capire quando la pipetta entra in contatto con la cellula. Adesso si può passare alla fase di creazione del gigaseal effettuando una leggera suzione mediante una siringa collegata tramite un tubicino di gomma all'holder (punto S di fig.3). In questo modo si può osservare sullo schermo dell'oscilloscopio una forte diminuzione della corrente dovuta al grande incremento della resistenza del sigillo formato dalla punta di vetro della micropipetta e dalla membrana: questa resistenza arriva ad assumere valori dell'ordine del G (fig.9).


4. Materiali e metodi

90

-680 -700

I (pA)

-720 -740 -760 -780 -800 0

500

1000

1500

2000

t (ms) Figura 9 Gigaseal formato su cellule di neuroblastoma in cultura da 3-4 giorni. Le correnti sono relative a gradini di voltaggio di 10 mV. La resistenza del sigillo è pari a circa 2 G

Una volta formato il gigaseal si è in configurazione di cell attached; è necessario eseguire un ulteriore suzione per provocare la rottura del patch della membrana ed avere accesso al citosol. Ci si rende conto di aver bucato la membrana plasmatica quando le correnti capacitive all'inizio ed alla fine della risposta al gradino di voltaggio cambiano bruscamente: si passa infatti dalla capacità dell'elettrodo più il patch di membrana a quella di tutta la cellula (si confronti fig.9 con fig.10).


4. Materiali e metodi

91

-100 -200

I (pA)

-300 -400 -500 -600

0

500

1000

1500

2000

t (ms) Figura 10 Segnali di corrente registrati su cellule di neuroblastoma in seguito a perforazione del patch. Capacità stimata a circa 12 pF compensando analogicamente la traccia di corrente in risposta allo step.

Inoltre può essere d'aiuto controllare il potenziale che si legge ai capi della membrana, in assenza di stimoli: quando il patch è stato perforato questo dà la misura del potenziale di membrana della cellula. La misura della capacità totale della membrana, ottenuta compensando i fatti capacitivi con un apposito circuito analogico, è utile anche per poter risalire alle dimensioni della cellula. Dato che le membrane cellulari µF

presentano una CM=1 cm2 , la conoscenza della capacità di membrana porta a conoscere la superficie della cellula. Questo è molto utile perché in ogni esperimento si ha a che fare con cellule di diversa grandezza e quindi con correnti non confrontabili: ciò richiede di considerare le densità di corrente, le quali sono tra loro equiparabili. Come unità di misura di superficie si adotta quella della capacità visto che il fattore di proporzionalità tra farad e metri quadrati è costante. Le correnti


4. Materiali e metodi

verranno quindi fornite in

92 pA pF

(come già accennato nel secondo

capitolo). Dopo aver misurato la capacità della membrana e il potenziale a riposo, si può imporre il potenziale di clamp e iniziare l'esperimento vero e proprio. In tali condizioni, se la cellula è stabile, si registra una corrente stazionaria. La stimolazione della cellula con un fattore di crescita avviene grazie ad un sistema di microperfusione (descritto nel paragrafo successivo) che perfonde costantemente la cellula considerata con soluzioni in cui sono disciolti i fattori o con soluzioni di lavaggio. Se il fattore provoca variazioni della permeabilità ionica (e quindi della conduttanza) della membrana, si registra una variazione della corrente che attraversa la membrana. Per convenzione si definisce corrente entrante quella trasportata da cariche positive che entrano nella cellula (o cariche negative che escono). Una corrente entrante depolarizza la cellula (riduce la negatività del potenziale di membrana). Viceversa si definisce corrente uscente il flusso di cariche positive che escono dalla cellula o cariche negative che entrano: una corrente uscente iperpolarizza la cellula (rende più negativo il potenziale di membrana). Nelle registrazioni, una corrente entrante solitamente viene rappresentata come una deflessione verso il basso (grafico con corrente in ordinata e tempo in ascissa). Il protocollo sperimentale consiste nel tenere le cellule a un Vh = -50 mV e osservare le variazioni nella corrente indotta dai fattori. Per misurare le variazioni di conduttanza della membrana è necessario ottenere delle relazioni corrente-voltaggio (I/V). Siccome la corrente basale cambia in maniera continua in risposta ai fattori, è necessario fare delle I/V istantanee: per questo si usa un protocollo di stimolazione con rampe di voltaggio (0.4 V s

) e si osserva la corrente corrispondente (fig.12).


4. Materiali e metodi

93

1000

I (pA)

500 0 -500 -1000 -1500 0

100

200

300

400

t (ms) Figura 12 Segnale di corrente registrato su cellule di neuroblastoma (configurazione whole cell) in risposta ad una rampa di voltaggio (0.4 V/s). Si notano in corrispondenza delle variazioni del potenziale a derivata infinita gli effetti capacitivi della membrana.

4.2.3 Le soluzioni fisiologiche Nel corso degli esperimenti sono state usate differenti soluzioni nella vaschetta

(soluzioni

extracellulari)

e

nell’elettrodo

(soluzioni

intracellulari). Questo si è reso necessario per poter studiare la natura ionica delle correnti attivate dai fattori neurotrofici. Le soluzioni differiscono tra loro per la presenza o meno di alcune specie ioniche e per la diversa concentrazione di una singola specie ionica: in questa maniera si riesce a capire quali ioni trasportano la corrente che viene registrata. Per la composizione si consultino le seguenti tabelle:


4. Materiali e metodi

94

Soluzioni

Tyrode

Colina 2 Ca

Colina 20 Ca

extracellulari

standard

(mM)

(mM)

(mM) 154 4 2 1 0 5 per pH 7.4 0 5.5

0 4 2 1 154 5 0 per pH 7.4 5.5

0 4 20 1 127 5 0 per pH 7.4 5.5

NaCl KCl CaCl2 MgCl2 ChCl Hepes NaOH KOH Glucosio

TAB.1 Soluzioni extracellulari. ChCl=cloruro di colina, Hepes= tempone per il controllo del pH

Soluzioni intracellulari KCl CsCl MgCl2 EGTA Hepes KOH CsOH NaGTP Na2ATP AspAc

SIP

SICA

(mM) 133 0 3 0.1 5 per pH 7.3 0 0.4 5 0

(mM) 0 20 3 5 5 0 113 0.4 5 per pH 7.3

TAB.2 Soluzioni intracellulari. SIP=soluzione intracellulare potassio, SICA=soluzione intracellulare cesio-aspartato, EGTA=chelante per il Ca, AspAc=acido aspartico

Le soluzioni extracellulari sono il mezzo esterno in cui sono immerse le cellule per l’esperimento. I fattori di crescita purificati vengono disciolti nella soluzione extracellulare scelta, alla concentrazione voluta. Le soluzioni intracellulari sono quelle usate per riempire la micropipetta dell’elettrodo: teoricamente dovrebbero avere composizione simile a quella del citosol. In realtà sono presenti solo gli ioni inorganici ed alcune molecole fondamentali per l’attività metabolica della cellula


4. Materiali e metodi

95

(quali p.e. glucosio e adenosintrifosfato, ATP); questo perché tali molecole possono essere facilmente lavate via dal citosol per il ricambio di liquido tra il volume della micropipetta e quello della cellula, di molti ordini di grandezza più piccolo del primo. Si fa l’ipotesi che nel whole cell patch clamp le grandi molecole proteiche non si muovano troppo rapidamente (perché sono molto grandi o sono vincolate all’interno della cellula) rispetto ai più piccoli ioni che hanno mobilità più elevate. I potenziali di equilibrio degli ioni calcio, sodio, potassio e cloro si possono calcolare applicando l'equazione di Nernst (1.4.6) considerando una temperatura di circa (30÷32)°C (assicurata da un riscaldatore applicato alla vaschetta contenente le cellule).

Tyrode-SIP Tyrode-SICA Col.2Ca-SIP Col.2Ca-SICA Col.20Ca-SIP Col.20Ca-SICA

Ca2+ (mV) 129.3 129.3 129.3 129.3 159.3 159.3

Na+ (mV) 70.4 70.4 X X X X

K+ (mV) -91.5 X -91.5 X -91.5 X

Cl- (mV) -4.3 -48.2 -4.3 -48.2 -5.7 -49.6

Tabella 3 Potenziali di equilibrio di Nernst dei principali ioni permeanti. X = lo ione è stato rimosso

Per l’impiego delle soluzioni extracellulari si utilizza un sistema di perfusione. Questo sistema è composto da due flussi: il primo (microperfusione) è indirizzato sulla cellula che si sta esaminando e provvede costantemente a lambirla con la soluzione extracellulare che di volta in volta si ritiene più opportuno. Ha il duplice compito di portare il fattore di crescita alla cellula e di eliminarlo con una soluzione fisiologica di lavaggio. Il tempo che intercorre da quando si cambia soluzione a quando questa perfonde la cellula è di circa 3÷5 s. Il secondo di questi flussi (macroperfusione) permette il ricambio continuo della soluzione all'interno della vaschetta. Grazie ad una pompa peristaltica il livello del liquido nella vaschetta viene mantenuto costante. Sia la micro


4. Materiali e metodi

96

che la macroperfusione fanno defluire le soluzioni sfruttando la forza di gravità: i capillari sono collegati a tubicini di gomma che a loro volta sono connessi a siringhe poste in posizione elevata sopra la vaschetta. Inoltre, per permettere di posizionare il microperfusore nella posizione ideale per irrorare la cellula prescelta, il capillare della microperfusione è connesso rigidamente ad un micromanipolatore meccanico (Zeiss). La velocità della microperfusione è stimata a circa 0,3 ml al minuto, e può essere variata alzando o abbassando opportunamente una staffa che sorregge tutte le siringhe.

4.3 Il sistema di acquisizione dati Le tracce di corrente e tensione sono 'prelevate' dal microelettrodo e amplificate e opportunamente filtrate (filtro passabasso Tchebicheff a 5 poli con frequenza di taglio di 3 kHz) dall'amplificatore RK300. Vengono poi digitalizzate usando un PCM (Pulse Code Modulator, Sony 701-ES) modificato: il canale destro acquisisce i valori di corrente, mentre quello sinistro i valori di tensione. Queste tracce vengono poi memorizzate su una videocassetta magnetica VHS mediante un sistema di videoregistrazione a quattro piste (Saba VR6038). Le prime due piste servono per memorizzare le tracce di corrente e tensione digitalizzate, la terza memorizza il segnale audio proveniente da un microfono, con cui è possibile commentare i protocolli sperimentali e le varie operazioni (p.e. quando si stimola una cellula con un fattore neurotrofico). La registrazione dell’esperimento sulla videocassetta rende possibile l’analisi off-line dei dati raccolti: per far questo è necessario campionare la traccia servendosi di un calcolatore connesso al sistema. Il computer (IBM-compatibile 486DX 25Mhz,16Mb) ha una duplice funzione:


4. Materiali e metodi

97

rendere possibile la creazione di una serie di protocolli di stimolazione e permettere il campionamento delle tracce una volta concluso l’esperimento. Per poter eseguire queste operazioni l’elaboratore è dotato di una scheda elettronica (Labmaster TM100, Axon Instruments) e dell’appropriato software (Pclamp 5.5.1, Axon Instruments) di gestione. Nel corso di un esperimento può essere utile fornire delle rampe o degli step di voltaggio: per far questo si utilizza il programma Clampex che fornisce il protocollo appropriato e contemporaneamente acquisisce la risposta in corrente visualizzandola sul monitor del computer. Per l’analisi off-line si utilizzano i software Fetchex e Fetchan rispettivamente per il campionamento e l’analisi delle tracce. Per la digitalizzazione di eventi veloci come la risposta agli step e alle rampe si usa una frequenza di campionamento di 2.5 kHz, mentre per eventi più lenti come le risposte ai fattori di crescita una frequenza di 20 Hz è più che sufficiente. I valori delle densità di corrente al picco della risposta ai fattori neurotrofici

sono forniti

come media

aritmetica

delle singole

misurazioni, prendendo come errore la deviazione standard.


CAPITOLO 5 5. Risultati 5.1 Studio delle correnti attivate dai fattori neurotrofici e da FCS in condizioni fisiologiche Le cellule utilizzate avevano una capacità di membrana di CM= 9.3 ± 2.1 µF

pF (n=34): dato che le membrane cellulari presentano una CM=1 cm2 pF

(cioè CM=10-2 µ m 2 ), le cellule avevano una superficie media di (9.3 ± 2.1)·102 m2. Si sono innanzitutto effettuati esperimenti sulle cellule in condizioni fisiologiche, cioè rispettando il più possibile le reali composizioni dell'ambiente extracellulare e del citosol. Per ottenere questi ambienti si


5. Risultati

98

è utilizzata Tyrode come soluzione extracellulare e SIP come soluzione intracellulare (tab.1 e tab.2 nel quarto capitolo). Le cellule in tali condizioni presentavano un potenziale di membrana Vm = -58,3 ± 6.2 mV (n = 9). Preliminarmente si è provato a stimolare le IMR5 con siero fetale bovino (FCS) al 10% (v/v). Il siero fetale è una miscela di molecole fondamentali per lo sviluppo e la sopravvivenza della cellula; tra queste molecole sono presenti anche i fattori neurotrofici oggetto di studio in questa tesi. Le cellule provate con FCS hanno risposto, nella maggioranza dei casi (9 su 11), con l’attivazione di una corrente in ingresso. La densità di corrente al picco risulta pA pF

I FCS = 4.7 ± 2.6

(n=9). Alla prima stimolazione la risposta mostra possedere, nella

maggior parte dei casi, due o tre distinte fasi: si nota prima una corrente in uscita seguita subito da una in ingresso che depolarizza la membrana, oppure prima una piccola corrente in ingresso seguita da una in uscita e dopo di nuovo una in ingresso. In tutti e due i casi la corrente in ingresso sembra non mostrare inattivazione e ripetute stimolazioni mostrano che la corrente raggiunge lo stesso valore di plateau (fig.1).


5. Risultati

99

12 10 8 6 I (pA/pF)

4 2 0

(*)

-2 -4

FCS

FCS

NGF

-6

(*)(*)

(*)

FCS

-8 -10 0

50

100

150

200

250

300

350

400

450

500

550

t (s) Figura 1 Esperimento su cellule di neuroblastoma di 4 giorni in tyrode e SIP. La cellula non ha risposto a NGF. Si può notare che alla prima stimolazione con siero si attiva una corrente bifasica, alle successive stimolazioni la corrente in uscita non compare più. (*) Stimolazione con rampa di voltaggio.

Inoltre le risposte successive alla prima mostrano una differente cinetica quando il siero comincia ad avere effetto: sembra che la corrente si attivi

più rapidamente e i 'tempi di discesa' e 'di salita' risultano essere equiparabili; infatti si ottiene td = 3.8 ± 1.3 s per i tempi di discesa (n=8) e ts = 3.4 ± 1.5 s per i tempi di salita (n=8). In un secondo tempo sono stati provati i fattori neurotrofici purificati: l'NGF

(Alomone

concentrazione di 50

Labs.) ng . ml

e

IGF-I

(Boehringer

Mannheim)

alla

Stimolazioni ripetute di NGF non hanno sortito

alcun effetto (fig.1): su 11 cellule provate nessuna ha risposto (2 di queste non hanno risposto neanche a FCS). IGF-I invece attivava correnti in ingresso (5 cellule su 7) la cui densità di corrente al picco risulta essere IIGF-I = 1.37 ± 0.82

pA pF

(n=5). Tale corrente sembra non inattivarsi e


5. Risultati

100

possiede td = 3.15 Âą 0.13 s (n=3) e t s = 3.95 Âą 0.80 s (n=3), valori simili a quelli della corrente attivata da siero. Inoltre una stimolazione con siero non inibisce una successiva corrente dovuta a IGF-I (fig.2).

16 14 12 10

I (pA/pF)

8 6 4 2 0

IGF-I

IGF-I

FCS

-2 -4 -6 0

25

50

75

100

125

150

175

200

t (s) Figura 2 Esperimento su cellule di neuroblastoma di 4 giorni in Tyrode e SIP. Le cinetiche delle risposte in IGF-I sono simili a quelle in FCS. Si può notare come la risposta alla seconda stimolazione di IGF-I sia dello stesso ordine di grandezza della prima.

5.2 Natura ionica delle correnti attivate dai fattori neurotrofici e da FCS In questa serie di esperimenti si sono utilizzate delle soluzioni extracellulari ed intracellulari che modificano la composizione ionica dei due scomparti. Si voleva capire se le correnti in ingresso attivate da FCS e IGF-I fossero portate da cationi entranti nella cellula o da anioni uscenti. Dato che, in condizioni fisiologiche, il K+ tende a fluire al di


5. Risultati

101

fuori dalla cellula, gli unici ioni che significativamente possono apportare cariche positive all’interno della cellula sono Na+ e Ca2+, mentre l’anione candidato a portare cariche negative fuori dalla cellula e quindi creare una corrente in ingresso è il Cl-. Si è utilizzata la soluzione intracellulare SICA (vedere quarto capitolo) per escludere un qualsiasi ruolo dello ione Cl- e per bloccare la corrente di potassio che potrebbe attenuare il valore al picco della corrente di ingresso. In questa soluzione intracellulare tutto il potassio è stato sostituito con cesio, e l’85% del cloro è stato sostituito con aspartato, in maniera tale che il potenziale di inversione del Cl- fosse di circa -50 mV, cioè il potenziale di clamp negli esperimenti. In queste condizioni sperimentali è stato provato il siero al 10% che ha dato delle risposte simili a quelle ottenute in SIP. Anche in questo caso si sono notate, alla prima stimolazione in serio, risposte trifasiche (fig.3); le successive stimolazioni risultavano monofasiche e con cinetiche simili a quelle ottenute in SIP. Le cellule stimolate con FCS hanno sempre risposto (13 su 13), attivando una corrente in ingresso la cui densità al picco è risultata IFCS = 13.0 ± 7.8

pA pF

(n=13). I tempi di discesa e di salita delle seconde risposte in siero risultano essere td = 5.3 ± 2.6 s (n=4) e ts = 3.8 ± 1.2 s (n=8), valori confrontabili con quelli ottenuti in SIP.


5. Risultati

102

20

I (pA/pF)

15

10

5

FCS 0 0

25

50

75

100

125

150

t (s) Figura 3 Esperimento su cellule di neuroblastoma di 5 giorni in Tyrode e SICA. Si può notare la corrente trifasica attivata da 10% FCS.

Sono stati provati i fattori neurotrofici NGF e IGF-I nelle concentrazioni di

50

ng , ml

analogamente a quanto fatto negli esperimenti in SIP; inoltre

è stato provato bFGF (Amersham) in concentrazione di 20

ng . ml

Anche in

queste condizioni sperimentali NGF non ha attivato alcuna corrente misurabile (7 cellule su 7). IGF-I ha attivato una corrente in ingresso (5 cellule su 6) con caratteristiche simili a quelle attivate in SIP (fig.4); la densità di corrente al picco è risultata IIGF-I = 4.77 ± 0.56

pA pF

(n=5). Tale

corrente sembra non inattivarsi ed i valori dei tempi di salita e di discesa sono rispettivamente (n=5).

t d = 3.0 ± 1.0 s (n=5) e

t s = 4.9 ± 2.8 s


5. Risultati

103

34 33 32

I (pA/pF)

31 30 29 28

IGF-I

27 26 25 0

5

10

15

20

25

30

35

40

t (s) Figura 4 Esperimento su cellule di neuroblastoma di 4 giorni in Tyrode e SICA.

La stimolazione delle cellule con bFGF ha portato alla registrazione di una corrente di ingresso (8 cellule su 8) la cui densità di corrente al picco risulta essere IbFGF = 4.0 ± 2.2

pA pF

(n=8) (fig.5). Anche tale corrente sembra

non inattivarsi e ripetute stimolazioni mostrano che la corrente sembra raggiungere lo stesso valore di plateau, come osservato per il siero e l’IGF-I. Inoltre le cinetiche di attivazione e di decadimento della corrente appaiono simili a quelle del siero e dell’IGF-I; si è calcolato un td = 3.9 ± 1.9 s (n=6) e un

ts = 3.3 ± 1.4 s (n=7).


5. Risultati

104

29 28 27 I (pA/pF)

26 25 24 23

bFGF

22 21 0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

t (s) Figura 5 Esperimento su cellule di neuroblastoma di 4 giorni in Tyrode e SICA.

5.2.1 Cationi responsabili della corrente in ingresso Al fine di capire quale catione fosse responsabile della corrente in ingresso registrata quando si stimolava la cellula con i diversi fattori neurotrofici, si sono effettuate delle sostituzioni ioniche nella soluzione extracellulare. Una serie di esperimenti sono stati eseguiti eliminando lo ione Na+ dalla soluzione del bagno; ciò si è potuto fare sostituendo isomolarmente NaCl, della soluzione Tyrode, con cloruro di colina (ChCl) (soluzione colina_2Ca); la

soluzione nella

micropipetta

continuava ad essere SICA. In queste condizioni una qualsiasi corrente in ingresso dovrebbe essere trasportata da un flusso di ioni calcio provenienti dal mezzo esterno. Si sono eseguite le stimolazioni in FCS, NGF, IGF-I e bFGF nelle concentrazioni e con le modalitĂ dei precedenti esperimenti. Il siero attivava una corrente (5 cellule su 5) che in genere


5. Risultati

105

aveva tre fasi distinte, analoghe a quelle descritte in precedenza. La densità di corrente al picco attivata dal siero è risultata IFCS = 7.6 ± 5.1 pA pF

(n=5). La cinetica di risposta e quella di ritorno a condizioni di

controllo, quando il siero viene rimosso, sembrano essere molto simili a quelle registrate nei precedenti esperimenti (fig.7); i tempi caratteristici sono td = 1.58 ± 0.81 s (n=2) e un ts = 1.43 ± 0.81 s (n=2). La stimolazione con NGF ha dato anche in questo caso risultati negativi. L’IGF-I attivava una corrente in ingresso (4 cellule su 5) il cui valore al picco risulta I IGF-I = 2.26 ± 0.79

pA pF

(n=4). La cinetica è simile a quella delle correnti viste

nei precedenti esperimenti (fig.6): td = 3.6 ± 3.0 s (n=2) e un ts = 3.9 ± 3.6 s (n=2). Come nei casi precedenti il siero non blocca una successiva risposta a questo fattore (fig.7).

22

21

I (pA/pF)

20

19

18

IGF-I

17 5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

t (s) Figura 6 Esperimento su cellule di neuroblastoma di 4 giorni in Colina 2 Ca e SICA.

55

60


5. Risultati

106

22 20 18

I (pA/pF)

16 14 12 10

6

IGF-I

FCS

8 0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

t (s) Figura 7 Esperimento su cellule di neuroblastoma di 3 giorni in colina 2 Ca e SICA.

Il bFGF ha indotto una corrente in ingresso (2 cellule su 4) con caratteristiche analoghe alle correnti attivate nei precedenti esperimenti (fig.8). La densitĂ di corrente al picco risulta essere IbFGF = 3.5 Âą 2.2

pA pF

(n=2); solo in un esperimento è stato possibile misurare il tempo di discesa e di salita ottenendo valori di 6.2 s per entrambi.


5. Risultati

107

18 16 14

I (pA/pF)

12 10 8 6 4

bFGF

2 0 0

25

50

75

100

125

150

175

t (s) Figura 8 Esperimento su cellule di neuroblastoma di 4 giorni in Colina 2 Ca e SICA.

Un limitato numero di esperimenti è stato eseguito con una soluzione extracellulare avente tutto il sodio sostituito con colina (come con la precedente soluzione) ed in cui la concentrazione del Ca2+ è stata aumentata di 10 volte portandola da 2 mM a 20 mM (soluzione Colina_20 Ca in tabella 1, quarto capitolo). La soluzione nel microelettrodo era nuovamente SICA. La stimolazione dovuta al siero ha prodotto l’attivazione di una corrente in ingresso trifasica (2 cellule su 2) analoga a quelle registrate negli altri esperimenti (fig.9). La densità di corrente al picco risulta essere

I FCS = 7.2 ± 1.6

pA pF

(n=2). Le

cinetiche di risposta e quella di ritorno a condizioni di controllo, quando il siero viene rimosso, sembrano essere simili a quelle registrate nei


5. Risultati

108

precedenti esperimenti; in un esperimento è stato misurato un td = 6.8 s e un ts = 6.4 s.

18 16 14 12

I (pA/pF)

10

(*)

8 6 4 2

FCS

0 -2 -4 0

25

50

75

100

125

150

175

t (s) Figura 9 Esperimento su cellule di neuroblastoma di 4 giorni in colina 20 Ca e SICA. (*) Rampa di voltaggio.

Il bFGF ha indotto una corrente in ingresso (1 cellula su 1) avente densitĂ al picco IbFGF = 5.2

pA pF

con td = 4.4 s e ts = 4.2 s (fig.10).


5. Risultati

109

50 45 40

I (pA/pF)

35 30 25 20

bFGF

15 10 0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

50

55

t (s) Figura 10 Esperimento su cellule di neuroblastoma di 5 giorni in colina 20 Ca e SICA.

Segue una tabella riassuntiva di tutti gli esperimenti effettuati NGF

Tyrode SIP Tyrode SICA Colina_2Ca SICA Colina_20Ca SICA

(pA/pF) n.r. n=11 n.r. n=7 / /

IGF-I

bFGF

FCS

(pA/pF)

(pA/pF)

(pA/pF)

1.37±0.82 n=5 4.77±0.56 n=5 2.26±0.79 n=4 /

/

4.7±2.6 n=9 13.0±7.8 n=13 7.6±5.1 n=5 7.2±1.6 n=2

4.0±2.2 n=8 3.5±2.2 n=2 5.2 n=1

Tabella 1 Densità della corrente in ingresso al picco della risposta in seguito a stimolazione con i fattori neurotrofici in esame, nelle diverse condizioni sperimentali. n.r. = nessuna risposta.


5. Risultati

110

5.3 Potenziali di inversione delle correnti attivate dai fattori neurotrofici e da FCS I potenziali di inversione delle correnti attivate da siero e dai fattori IGF-I e bFGF non si sono potuti calcolare utilizzando l’equazione (1.6.3) per la mancata conoscenza delle conduttanze ioniche e delle selettività dei canali. Per ovviare a questo problema si sono confrontate le risposte alle rampe di voltaggio eseguite al picco della risposta e in controllo. La sottrazione di queste due curve fornisce la relazione I-V della corrente attivata a seguito della stimolazione, e di conseguenza l’ascissa del punto della curva in cui la corrente è uguale a zero rappresenta il potenziale di inversione per definizione. Il valore così trovato è praticamente l’ascissa del punto di intersezione delle due curve, ed in questo modo si ha un metodo rapido per trovare il potenziale di inversione delle correnti attivate dai fattori neurotrofici. Questo protocollo è utile se non vi sono (o vi sono in limitato numero) canali dipendenti dal voltaggio e dal tempo, perché in questo caso il potenziale cambia con continuità e rapidità. Se la risposta in corrente alla rampa è una retta si può dire che vale la legge di Ohm e quindi non si ha voltaggio dipendenza; una conferma si può avere sottraendo le due rampe: si dovrebbe ottenere una retta che rappresenta effettivamente la curva caratteristica (relazione I-V) della corrente attivata dai fattori. Dato che la corrente attivata dal siero sembra essere dello stesso tipo di quella attivata dai fattori purificati, almeno per quanto riguarda la componente di ingresso sostenuta (si veda la Discussione), si sono analizzate le risposte alle rampe in siero. In figura 11 si mostra la risposta alla stimolazione con rampa in condizioni di controllo (TyrodeSIP senza fattori nel bagno esterno): si può notare un raddrizzamento dovuto probabilmente alla presenza di canali voltaggio-dipendenti


5. Risultati

111

permeabili al K+; tale dipendenza dal voltaggio è stata riscontrata variabile da cellula a cellula (fig.11).

1500 1250 1000

I (pA)

750 500 250 0 -250 -500 -100

-75

-50

-25

V (mV)

0

25

50


5. Risultati

112

1500 1250 1000

I (pA)

750 500 250 0 -250 -500 -100

-75

-50

-25

0

25

50

V (mV) Figura 11 Risposta alle rampe di voltaggio in tyrode e SIP senza fattori nel bagno esterno; si noti l’eterogeneità delle risposte.

Seguono i grafici delle intersezioni delle risposte alle rampe di voltaggio fatte al picco della risposta in siero e in controllo in differenti condizioni sperimentali. Confrontando la risposta alle rampe in SIP con quelle in SICA si vede che, sostituendo il K+ con uno ione almeno parzialmente impermeante, si riduce il contributo del potenziale di equilibrio del K + al potenziale di inversione della corrente attivata dal siero.


5. Risultati

113

1500

1000

I (pA)

500

Controllo

0

-500

FCS -1000 -100

-75

-50

-25

0

25

50

V (mV) Figura 12 Risposta alle rampe di voltaggio in tyrode e SIP, il punto di intersezione delle due curve risulta essere circa intorno ai 10-15 mV.

0,4

I (pA)

0,3

0,2

Controllo 0,1

FCS

0,0

-100

-75

-50

-25 V (mV)

0

25

50


5. Risultati

114

Figura 13 Risposta alle rampe di voltaggio in tyrode e SICA, il punto di intersezione delle due curve risulta essere circa intorno ai 35-40 mV, maggiore di quello in tyrode-SIP.

100

0

I (pA)

-100

Controllo

-200

-300

FCS -400

-500 -100

-75

-50

-25

0

25

50

V (mV) Figura 14 Risposta alle rampe di voltaggio in colina 20Ca e SICA.

Se si sottraggono le rampe in siero e in controllo si ottiene la relazione IV della corrente attivata da FCS. Nel caso delle rampe in figura 14 (soluzione esterna ad alta concentrazione di Ca2+), la sottrazione ha dato origine ad una retta (fig.15). Questo indica che per i canali attivati da siero vale la legge di Ohm e che probabilmente tali canali sono indipendenti dal voltaggio.


5. Risultati

115

20

DELTA (pA)

0

-20

-40

-60

-100

-75

-50

-25

0

V (mV) Figura 15 Relazione I-V corrente attivata da siero in colina 20 Ca e SICA.

25

50


CAPITOLO 6 6. Discussione 6.1 L’IGF-I, il bFGF e il siero inducono una corrente in ingresso La serie di esperimenti effettuati sulla linea cellulare IMR5 ha dimostrato che IGF-I e bFGF inducono delle correnti in ingresso che sembrano non inattivarsi nel tempo, mentre l’NGF non sembra attivare alcuna corrente, e che 10% FCS induce degli eventi ionici simili a quelli sollecitati da questi due fattori neurotrofici. Le correnti in ingresso sono portate almeno parzialmente dagli ioni calcio. In letteratura è riportata l’esistenza dei recettori per l’NGF e per l’IGF-I ma non la presenza di recettori per il bFGF nelle cellule IMR5: gli esperimenti eseguiti hanno mostrato l’esistenza anche di questo recettore.


6. Discussione

117

In condizioni fisiologiche (tyrode e SIP) il 71.4% delle cellule ha risposto all’IGF-I, mentre lo 0% di cellule ha risposto all’NGF. La percentuale di risposta al siero è risultata essere dell’81.8%.

6.2 La corrente attivata dal siero è risultata bifasica alla prima stimolazione Il siero è una miscela che contiene, tra le altre cose, fattori di crescita i quali agiscono tramite recettori tirosina chinasici e recettori accoppiati a proteine G (terzo capitolo); questo implica che le risposte della cellula all’arrivo del siero sono più complesse di quelle sollecitate da un singolo fattore purificato. Il siero per le cellule di neuroblastoma è un mezzo di sopravvivenza e di proliferazione. Nel preparato in esame un evento precoce sollecitato dalla presenza di FCS nel bagno esterno è la creazione di una corrente in uscita transiente seguita subito da una corrente in ingresso che sembra non inattivarsi. Una corrente in uscita può essere portata da ioni K+ che escono dalla cellula o da ioni Cl- che entrano; il potenziale di riposo del cloro nelle condizioni di cui sopra (tyrode e SIP) è VCl= -4.3 mV (tab.3 quarto capitolo) e questo non comporta flussi in ingresso (cioè correnti in uscita) ma solo in uscita (cioè correnti in ingresso) se si attiva una via di permezione per il cloro. Ciò porta a pensare che la corrente in uscita è probabilmente un flusso di ioni K+. La componente in uscita transiente si verifica soltanto alla prima stimolazione della cellula, e potrebbe essere conseguenza indiretta dello svuotamento degli scomparti intracellulari che rilasciano calcio secondo i meccanismi riassunti nel terzo capitolo; alcuni fattori presenti nel siero inducono un tale rilascio creando un aumento transiente di calcio citosolico libero molto elevato. L’aumento dei livelli


6. Discussione

118

di concentrazione di Ca2+ intracellulare libero, a sua volta, potrebbe indurre l’apertura di canali per il K+ attivati da calcio (K[Ca]) e quindi provocare una corrente in uscita portata da ioni K+, come è stato mostrato avvenire in una linea cellulare di fibroblasti di topo [28],[46]. Sullo stesso preparato è stato recentemente dimostrato che la bradichinina (un neurotrasmettitore, ma anche un fattore di crescita per i fibroblasti, i cui recettori di membrana agiscono mediante proteine G) induce una corrente bifasica con caratteristiche analoghe a quella sollecitata dal siero nelle cellule di neuroblastoma [26]. Una volta che gli scomparti sono stati svuotati, una successiva stimolazione allo svuotamento non ha più l’effetto di innalzare la concentrazione di Ca 2+ intracellulare libero perché oramai i magazzini sono già vuoti; questo potrebbe spiegare il motivo per cui una successiva stimolazione con FCS non induce più alcuna corrente in uscita. La componente di ingresso della corrente indotta dal siero viene attivata con ripetute stimolazioni e risulta attivarsi rapidamente quando il siero comincia ad agire ed altrettanto rapidamente viene eliminata quando il siero è rimosso dal bagno esterno.

6.3 I canali attivati dall’IGF-I e dal bFGF sono cationici non selettivi permeabili al calcio Gli esperimenti effettuati con soluzioni extracellulare e intracellulare in cui erano state fatte variazioni e sostituzioni delle concentrazioni ioniche hanno messo in evidenza che la corrente in ingresso attivata dai fattori neurotrofici IGF-I e bFGF è portata almeno parzialmente dallo ione calcio.


6. Discussione

119

L’eliminazione del Cl- come ione permeante ha fatto escludere il suo coinvolgimento nei flussi ionici attivati dai fattori neurotrofici considerati. Il blocco degli ioni potassio (almeno parzialmente) da parte del cesio ha portato ad avere correnti circa 3-4 volte maggiori; questo dato implica che i canali attivati da questi fattori sono permeabili anche al potassio. La completa eliminazione dello ione Na+ dal bagno esterno e la presenza di una corrente in ingresso attivata dai fattori prova che lo ione Ca2+ gioca un ruolo importante nella creazione di questa corrente. Questo dato è molto significativo perché, come già detto nel secondo capitolo, il calcio svolge un ruolo fondamentale in molti processi biologici. Nei neuroni è stato provato che il calcio regola l’espressione di geni critici per le risposte a lungo termine, sembra che in tale regolazione sia importante la distribuzione nello spazio di punti a concentrazione di calcio differente [67]. Quindi si potrebbe ipotizzare che p.e. l’azione morfologica o proliferativa che esplicano i fattori neurotrofici sulle IMR5 parta dall’ingresso di calcio che induce una variazione nella sua concentrazione intracellulare libera. Che flussi di calcio indotti da mitogeni siano necessari affinché la mitogenesi abbia luogo è stato già dimostrato su fibroblasti di topo [33],[31]. Le correnti attivate in risposta a stimolazione con IGF-I e con bFGF risultano essere simili per valori di densità di corrente al picco, per la cinetica di attivazione e di decadimento della risposta quando si rimuove il fattore dal bagno esterno; questo fa ipotizzare che la via di permezione attivata da tali fattori sia la stessa, ma ulteriori esperimenti saranno necessari per poterlo dimostrare con certezza. I dati raccolti fanno supporre che sulla linea cellulare IMR5 i fattori neurotrofici IGF-I e bFGF stimolino l’apertura di canali cationici non selettivi per ioni monovalenti e divalenti.


6. Discussione

120

6.4 La corrente attivata dal siero ha proprietà analoghe a quelle attivate dall’IGF-I e dal bFGF La componente sostenuta della corrente attivata dal siero sembra avere le stesse caratteristiche di quella attivata dall’IGF-I e dal bFGF. I tempi di discesa e di salita sono molto simili ma la densità di corrente al picco risulta essere più elevata: questo potrebbe voler dire che altre molecole entrano in gioco nell’attivare correnti sostenute in ingresso, oppure che le correnti attivate da IGF-I e bFGF si sommano. Ulteriori esperimenti riguardo all’additività delle correnti indotte dai fattori purificati e la separazione delle componenti della corrente attivata dal siero potranno in parte chiarire questo punto.

6.5 L’NGF non attiva alcuna corrente misurabile Negli esperimenti effettuati sulla linea cellulare IMR5, in seguito a stimolazione con NGF non è stata registrata alcuna risposta. L’NGF come l’IGF-I e il bFGF agisce su queste cellule grazie a recettori tirosina chinasici (si veda il terzo capitolo). Le IMR5 sovraesprimono il gene che codifica il recettore per l’NGF ed è stato mostrato che quando si forma il complesso agonista- recettore si ha la fosforilazione di vari substrati. Ma a differenza degli altri due fattori, un effetto dell’attivazione delle chinasi non è quello di aprire canali cationici. Questo porta ad una importante questione: come avviene la diversificazione delle vie di trasduzione del segnale mediata da NGF e da IGF-I e bFGF? E inoltre: questa divergenza a che tipo di interrelazioni e cooperazioni può


6. Discussione

121

portare tra questi fattori? Diversi lavori riportano gli effetti dell’azione congiunta di questi fattori neurotrofici (si guardi il paragrafo 3.4.2 per dei brevi cenni); la conoscenza degli eventi biomolecolari innescati dall’arrivo di tali fattori potrebbe contribuire in maniera significativa alla conoscenza e allo sviluppo di questa affascinante area di ricerca.


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RINGRAZIAMENTI Ringraziamenti

Vorrei ringraziare tutti i membri della mia famiglia ed in particolare mia madre che mi ha sempre aiutato e mio padre che ha capito e sostenuto la mia scelta di dedicarmi completamente agli studi. Al mio relatore, il prof. Davide Lovisolo, vorrei esprimere la mia gratitudine piÚ sincera per avermi seguito pazientemente durante il corso di questa tesi e per avermi concesso una certa autonomia comprendendo ed assecondando alcuni lati del mio carattere. Un immenso grazie va alla dott. Susanna Antoniotti per il prezioso aiuto e la sincera amicizia dimostratami durante tutto il periodo di questa tesi. Ringrazio Giovanni Lecis per la grande disponibilità avuta per la digitalizzazione delle immagini presenti nel testo. Un ringraziamento va a Federica e Davide per avermi piÚ volte prestato il portatile. Infine vorrei ringraziare i componenti del Laboratorio di Fisiologia Generale e gli amici che in una maniera o nell’altra mi hanno dato una mano.


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