Punto G - 32

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OBSOLESCENZA PROGRAMMATA di COSIMA DANNORITZER Comprare è la chiave dell’economia attuale. L’economia di un paese cresce solo se crescono i consumi. E per far crescere i consumi non si deve soltanto pubblicizzare sempre nuovi prodotti (ogni ora vengono immessi sul mercato tre prodotti del tutto nuovi), ma anche fare in modo che oggetti dalla riconosciuta utilità e dalla facile diffusione si rompano. Tutto In uscita a fine Maggio la compilation FilosoFonia vol. II, con 6 gruppi musicali fantastici, disponibile in download grauito su FilosoFestival.com e MovimentoHyronista.com, intanto ecco un pezzettino del testo della cazone di chiusura :)

Canzone di chi manca Eh ma ci ripenso ogni tanto a te Qualche musica indiscreta mi fa uno strano effetto Eh ma che vuoi farci se penso a te Non faccio mica apposta, è un po’ come un folletto Si crede simpatico a ricordarmi che Potrei viver di ricordi che magico scherzetto Scordare la realtà in fondo – altroché – È vita molto comoda ma umilia l’intelletto Eh ma ci ripenso ogni tanto a te Qualche fredda mattina mi fa uno strano effetto Eh ma che vuoi farci se penso a te Non faccio mica apposta, è colpa dell’affetto Rileggo qualche riga e poi – cioè – La pellicola va indietro, mi fa questo dispetto E poi mi manca il fiato dai vabbè Capisco quanto sono umano, debole ed inetto Eh ma ci ripenso ogni tanto a te Qualche sera buia mi fa uno strano effetto Eh ma che vuoi farci se penso a te Non faccio mica apposta, è un piccolo difetto E sì mi rimprovero – ma poi perché? In fondo un bel ricordo anche se non è perfetto Può dar senso alle cose quando non c’è Come andare al cinema o leggere un fumetto il signor GGG

FILOSOFONIA cerca il disco a fine maggio su MovimentoHyronista.com

inizia con una lampadina e una società segreta nel Natale del 1924 quando tutti i maggiori produttori mondiali di lampadine si riunirono in una stanza a Ginevra e crearono il primo cartello del mondo, chiamato Phoebus, in cui coniarono un concetto del tutto nuovo, quello di…obsolescenza programmata. Le lampadine, che fino ad allora erano arrivate a durare oltre 2500 ore dovevano spegnersi subito dopo le 1000 ore di utilizzo. Questo è solo un simbolico esempio di come funziona l’economia mondiale oggi: per impedire la decrescita ed incentivare la crescita assoluta, folle ed insostenibile, bisogna creare oggetti che devono rompersi. Ingegneri, industriali, scienziati hanno messo appunto per tutte le aziende mondiali sistemi di software o cip con cui decretare la fine di un oggetto, rendendolo inutilizzabile solo dopo pochissimo tempo. Ciò è necessario ad obbligare il consumatore a comprare nuovamente. Ma l’obsolescenza programmata comporta danni gravissimi: aumento spropositato dei rifiuti, che si accumulano nei mari e nei paesi del terzo mondo, distruggendo definitivamente il Pianeta. Un documentario abilmente girato che con precisi riferimenti storici, letterari e cinematografici, con interviste inedite e rapidi cambiamenti di scena, conduce lo spettatore verso un concetto che pervade tutta la realtà in cui viviamo, un concetto da cui nessuno, volente o nolente, può sottrarsi. Ed ecco profilarsi davanti al centro commerciale, al vostro cellulare, al computer con cui studiate o

lavorate, al frigorifero o televisore due parole invisibili: obsolescenza programmata. Sbrigatevi ad usarli, il tempo sta per scadere. Matteo Abriani

La Trilogia degli Antenati di Italo Calvino è forse una delle più belle opere letterarie italine di tutti i tempi, abbiamo quindi dedicato su questo numero doppio 3 recensioni di 3 ragazzi diversi di 3 scuole diverse a questa grande opera, buona lettura ;) IL VISCONTE DIMEZZATO Scritto nel 1951 e pubblicato nel 1952, originariamente avrebbe dovuto essere, secondo Calvino, semplicemente una storia divertente. La storia racconta del visconte Medardo di Terralba che arriva in Boemia per partecipare alla guerra tra Austria e Turchia. Durante la prima battaglia Medardo giovane ed inesperto, si avvicina ai cannoni e gli sparano una cannonata in pieno petto; il visconte viene portato in ospedale, dove i medici si accorgono che è diviso in due metà, ma riescono ne trovano e riuciono solo una parte. Così Medardo si divide in due personaggi: il Gramo, cioè la parte cattiva, ed


il Buono. La parte cattiva di Medardo ritorna a Terralba e i suoi sudditi si accorgono che c’è qualcosa in lui che non va: è diventato sgarbato e malvagio. Da quel momento succedono una serie di eventi spiacevoli: il Gramo che inizia a scatenare le sue ire verso le persone a cui era più affezionato tra cui il padre, che muore. Il narratore della storia, ovvero suo nipote, si accorge che ci sono due metà di Medardo. Il Gramo ed il Buono sono sempre in contraddizione tra di loro sia perché sono innamorati della stessa donna, sia perché come ci indica Calvino le due metà rappresentano il bene ed il male che Medardo ha dentro di sé,e non riesce a fare a meno di nessuno dei due. La storia si concluderà con una sfida per la loro innamorata, un duello ad armi pari tra il Gramo ed il Buono ed entrambe le metà riceveranno un colpo di spada dritto al petto e…(non vi svelerò il finale ) ! Carmen Robustelli IL BARONE RAMPANTE Il barone rampante è un romanzo di Italo Calvino pubblicato nel 1957 dalla casa editrice Einaudi. Il protagonista del libro è Cosimo Piovasco di Rondò, il maggiore di una nobile famiglia di Ombrosa, una piccola città immaginaria situata sulla costa ligure e ricoperta quasi completamente da boschi. La storia è invece raccontata da suo fratello minore Biagio ed è ambientata nel 1700. Cosimo un giorno a tavola, si rifiuta di mangiare l’ennesimo piatto di lumache preparato dalla sorella Battista, i genitori lo cacciano da tavola arrabbiati, così lui sale su un albero nel suo giardino promettendo di non scendere mai più, e così fa. Cosimo riesce così a costruirsi una vita sugli alberi,

impara a spostarsi da un albero all’altro in modo da raggiungere i confini più lontani di Ombrosa ed i paesi vicini. Incontra poi una ragazza di nome Viola di cui si innamora, trova un cane di nome Ottimo Massimo che diventerà suo amico, conosce Gian de Brughi, un bandito che grazie a Cosimo si appassionerà alla lettura, sventa un’invasione di pirati, conosce dei nobili spagnoli costretti come lui a vivere sugli alberi di Olivabassa, un paesino confinante con Ombrosa, perché esiliati della loro terra e riesce a scoprire i responsabili degli incendi nei boschi di Ombrosa. L’alchimia che si crea tra il reale e il fantastico regala delle emozioni indimenticabili, la scrittura semplice ma allo stesso tempo piena di dettagli di Calvino rende il libro di facile comprensione per chiunque. Davvero una fantastica avventura. FIliberto Melani IL CAVALIERE INESISTENTE Il cavaliere inesistente di Italo Calvino si svolge al tempo dei paladini di Carlo Magno, riagganciandosi perciò al filone dei romanzi cavallereschi. Il romanzo ha inizio sotto le mura di Parigi. Carlo Magno è intento a passare in sfilata le sue truppe prima di partire per la guerra contro i Saraceni quando, arrivato circa a metà, si trova davanti un cavaliere in armatura bianca, Agilulfo. Questo Agilulfo è diverso da tutti gli altri: all’interno dell’armatura non c’era un corpo: era il cavaliere inesistente. Non avendo consistenza, non ha bisogno né di mangiare, né di dormire, e si dedica tutto il giorno a mantenere l’ordine e la disciplina tra i soldati, rendendosi poco simpatico agli altri cavalieri. Tra le fila cristiane c’è anche Rambaldo, giovane soldato il cui scopo è vendicare la morte del padre ucciso tempo prima dall’ Argif Isoarre. E ci riesce, scampando poi alla morte con l’ aiuto di un misterioso cavaliere dall’armatura pervinca che si scoprirà, solo in seguito, essere Bradamante: la bella desiderata da tutti i cavalieri, ma segretamente innamorata di Agilulfo. Tornati nell’accampamento il soldato Torrismondo accusa il cavaliere inesistente di essersi conquistato il grado nell’esercito per mezzo di menzogne: egli ha infatti salvato una regina vergine; la quale sembra però essere madre dello stesso Torrismondo. Così sia Agilulfo che il cavaliere partono alla ricerca della verità seguiti da Bradamante. Il cavaliere inesistente analizza, attraverso l’ambientazione cavalleresca, diversi modi di “essere” che per Calvino possono essere ricondotti al nostro modo di vivere: Rambaldo incarna l’ azione, e quindi “la morale pratica”. Torrismondo, l’altro giovane guerriero che mette in discussione le qualità del cavaliere Agilulfo per una superiore legge etica, rappresenta “la morale assoluta”. C’è poi Bradamante, che oltre ad essere un personaggio ripreso dai poemi precedenti di Ariosto rappresenta la profondità, l’ andare oltre le apparenze, in quanto non si innamora di un volto, né di un corpo, ma del coraggio e della determinazione di

Agilulfo. Ed infine colui che da il nome al romanzo: il cavaliere inesitente. Costui è pignolo, e inizialmente sembra quasi apatico, un’apatia data dalla paura di soffrire. Alla fine però proprio lui che sembrava essere quasi inanimato, si rivelerà il più umano di tutti. In conclusione possiamo affermare che “Il cavaliere inesistente” è da considerarsi una sorta di un apologo erudito sulla condizione dell’uomo contemporaneo, nella sua impossibilità di essere vero, autentico, di “esistere”. Silvia Taiuti

IL TRATTAMENTO DEL SILENZIO, PER ESEMPIO… Dare il trattamento del silenzio è un comportamento passivo-aggressivo, una forma di abuso emotivo, forse la più alta. È potentemente distruttivo nei confronti di una persona perché la mina dalle fondamenta ovvero mette in discussione la sua legittimità come essere esistente. Il trattamento del silenzio comunica: non sei nemmeno degno di avere una tua identità, non ti riconosco, tu non esisti. Come ogni altra punizione distruttiva, non insegna niente: causa solo dolore. Si tratta di uno strumento sempre più usato in una società in cui le persone sono sempre più abituate ad accendere e spengere macchinari e trovano quindi naturale provare a fare lo stesso con le relazioni, coi sentimenti, con le persone. Molte delle vittime del trattamento del silenzio si ribellano diventando aggressive. O verso chi gli riserva questo trattamento o verso sé stesse. Difficilmente

l’istinto di una persona accetta la morte emotiva senza prima tentare di reagire dall’angolo in cui è stato costretto. L’unica vera via di fuga è cancellare dalla mente il predatore, smettere di percepire colui che ci ha imposto il trattamento del silenzio. Ma questo è ovviamente sempre difficile, anche nel caso in cui chi ci riserva questo trattamento sia una persona a cui teniamo poco, perché almeno la parola più piccola e più semplice ce la attendiamo da tutti. Compreso il nostro edicolante o il banzinaio, o anche il passante che incrociamo per caso se ci scontriamo oppure avviene un qualsivoglia contatto anche minimo. Se la persona, poi, è anche solo poco più che una sconosciuta, ignorare il proprio carnefice può diventare un’impresa quasi o del tutto impossibile. Il trattamento del silenzio è – a tutti gli effetti – il


re della manipolazione mentale ed esiste un’urgenza di normarlo in termini di legge visto che fa tanti morti. Il problema è però ben più grave dell’omicidio o dell’aggressione fisica in genere perché non usando violenza visibile spesso il carnefice si sente assolutamente innocente nell’utilizzare questa garrota emotiva. E a volte pensa addirittura che la sua vittima possa “meritare” una simile mostruosità, un po’ come nel mondo arabo si pensa che una donna possa “meritare” amputazioni o lapidazioni. In più, non esistendo evidenza fisica, la normazione per fermare questo genere di crimini tanto quotidiani quando letali, non solo è in alto mare ma neppure si riesce a capire come potrebbe essere strutturata. Mancano i lavori in questa direzione e… manca anche la direzione. L’unica via è la consapevolezza. Che in questo periodo storico riesce molto poco agli esseri umani, ma che dovrà ricominciare a riuscirci prima o poi perché questa è una delle tante dimostrazioni che con scienza e legge non solo non si risolvono tutti i problemi ma nemmeno si arginano tutti i peggiori. Molti dei peggiori restano a piede libero senza riflessione, responsabilizzazione e disponibilità reciproca per collaborare a creare una società migliore in cui non ai debba temere il prossimo, non si debba temere per la propria vita e si abbia così l’unica vera libertà, che è libertà dal terrore, libertà dall’orrendo e controproducente “homo homini lupus”. L’unica cosa che può davvero salvarci è amarci, aiutarci e starci vicini gli uni agli altri. Che oggi non lo dice più nessuno, perché contano solo gli “effetti speciali” e le cose incredibili, innovative. Ma il segreto per la libertà e la serenità è sempre quello e con quello bisogna imparare a lavorare. Perché sarà anche banale. Ma è l’unica via d’uscita, l’unica porta funzionare per uscire dal palazzo in fiamme della follia egoista e menefreghista che ci toglie ogni possibile vera felicità. Guido G. Gattai

DIFFENZE TRA ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO SOSTITUTIVA E NON SOSTITUITVA:

I DANNI DELL'ALTERNANZA SOSTITUTIVA Grazie alla riforma della “Buona Scuola”, proposta dal governo Renzi e approvata dalla Camera nel Luglio del 2015, 652.641 studenti di tutta Italia hanno dovuto affrontare (proprio nel corso dello stesso anno scolastico) il progetto “alternanza scuola-lavoro”, con l’obiettivo di avvicinarsi e prendere un primo contatto con quell’ambiente di lavoro verso il quale la scuola dovrebbe formarli. Sebbene la partecipazione generale sembri essere molto attiva e i dati che il sito del Minis-

tero dell’Istruzione divulga facciano “sperare” in un coinvolgimento di ragazzi sempre più ampio fino ad arrivare a quasi un milione e mezzo di partecipanti, l’opinione pubblica e soprattutto quella dei diretti interessati a proposito di questa singolare esperienza di vita risulta essere dettagliatamente disomogenea, sia tra gli adolescenti che tra gli adulti. I primi a smascherare la menzogna di quest’attività lavorativa sono gli alunni stessi, le cui denunce verbali si fondano su due punti ben precisi: la mancanza assoluta di una correlazione tra gli studi in cui sono coinvolti e il lavoro a loro assegnato e lo sfruttamento quotidiano che sono obbligati a sopportare silenziosamente. Nell’articolo di A. Corlazzoli comparso su “Il Fatto Quotidiano” il 6 Marzo 2017, l’Unione degli Studenti della Puglia utilizzava queste forti parole: “Ci affidano lavori che dovrebbero essere assegnati ai dipendenti: le aziende ci usano come

manovalanza gratuita”. Ecco che quindi sono i ragazzi a mostrare l’altra faccia dell’alternanza scuola-lavoro, quella più crudele e veritiera, che in alcuni casi porta decine di studenti a lavorare fino a 12 ore di fila in un settore aziendale a loro sconosciuto o semplicemente inutile per la loro formazione scolastica. La questione sembrerebbe finire qui, ma purtroppo c’è ben altro. Nelle città in cui è stato riscontrato un notevole successo, sono stati i dipendenti delle aziende coinvolte nel progetto a lamentarsi del danno che questi liceali determinano in chi ancora non ha ottenuto un contratto stabile e a tempo indeterminato. Un datore di lavoro può decidere l’organizzazione degli orari, la durata e la necessità dei turni settimanali dei propri impiegati. Ciò significa che nel periodo in cui gli studenti effettueranno come prestabilito un servizio lavorativo della durata di alcuni giorni (quasi paragonabile ad uno stage), ci sarà un sovraffollamento del personale che verrà risolto inevitabilmente con una riduzione del monte ore lavorative generale o specifica a singoli lavoratori. Va da sé che una riduzione dell’orario avrà successivamente delle ripercussioni economiche su coloro che non percepiscono uno stipendio fisso ma posseggono un contratto a chiamata o progetto. È evidente inoltre che laddove i dipendenti abbiano già tutti uno stipendio stabile che non può subire alcuna decurtazione, il datore di lavoro ci penserà due volte a lasciare a casa la manodopera specializzata (che in ogni caso sarebbe pagata la stessa cifra) per favorire il relativo apprendimento della professione da parte di semplici liceali. Di

MANGIARE BENE cucina vegetariana per tutti i gusti LA COLAZIONE ALTERNATIVA E se...esistesse un’alternativa alla solita brioche confezionata e al caffè liofilizzato? Quella che propongo oggi è una colazione a metà fra dolce e salato, molto energetica, da preparare se avrete poco tempo per il pranzo. Dosi per due persone: HASH BROWNS -3 patate -40 g farina -1/4 di cipolla sminuzzata -1 uovo - sale -olio per friggere Grattugiare le patate in modo da ottenere una sorta di julienne, unirle in una ciotola con l’uovo, la cipolla, la farina e il sale. Scaldare l’olio e friggere un paio di cucchiai di impasto per volta cercando di ottenere delle frittelline. Girare dopo qualche minuto, cuocere fino a doratura e lasciar asciugare su carta assorbente. CREMA DI ZUCCA -140 g di zucca -6 cucchiai cocco grattugiato -noce moscata e cannella q.b. -una noce di burro -un pizzico di sale Scaldare il cocco in una padella alta con un bicchiere e mezzo d’acqua, aggiungere la zucca e lasciar cuocere finché l’acqua viene completamente assorbita. Schiacciare il composto con una forchetta, aggiungere il burro, il sale e le spezie e servire. FRULLATO DI BANANA -2 banana -3/4 cucchiai di latte a vostra scelta -1 cucchiaio di miele -noccioline tritate -cereali di mais -un pizzico di sale Frullare la banana con il latte, il sale e il miele, guarnire con i cereali e le noccioline. Buon appetito! :) Andrea Marchettini


conseguenza le mansioni quotidiane che i giovani stagisti occuperanno, saranno estremamente di poco conto o di basso valore formativo. Questo concetto di sostituzione del personale lavorativo arriva fino a casi estremi quando interi settori coinvolti, che siano di maggiore o minore importanza, sopravvivono esclusivamente grazie al servizio che costantemente studenti diversi ogni due settimane o più offrono, permettendosi di poter tralasciare l’assunzione di personale qualificato ma che giustamente richiederebbe un costo più elevato. È questo il caso di biblioteche comunali o come è stato denunciato, di numerosi autogrill e ristoranti, i quali abusano di questa possibilità lasciando l’opinione pubblica all’oscuro della situazione anche per un indefinito lasso di tempo. Recenti stime sostengono che un milione e mezzo di studenti in alternanza scuola lavoro, non pagati, equivalgono a poco più di 100.000 lavoratori full time regolarmente salariati. Matematicamente questo significa che ogni 15 studenti che partecipano a questo progetto uno di loro ruba il posto ad una persona più competente. Sebbene questo dato vada approssimato, poiché uno studente non potrà mai offrire lo stesso servizio di un lavoratore esperto nel suo campo, le cifre restano incredibilmente alte. A questo proposito si aggiunge un fatto ancora più importante: nei casi in cui non ci sia una stretta correlazione tra scuola frequentata e lavoro occupato durante lo stage, non si rischia forse di far abituare un giovane inesperto a lavorare senza alcun diritto o salario in un luogo sgradevole, rischiando addirit-

tura di formare una generazione di persone disposte ad accettare tutto pur di lavorare? Il governo italiano non può e non deve permettere che il fardello del fare esperienza gravi sui sogni delle generazioni future. In ogni caso bisogna ammettere che fare di tutta l’erba un fascio risulterebbe inequivocabilmente poco corretto nei confronti dell’opinione pubblica, visto che in molte scuole italiane, questo progetto ha funzionato perfettamente, senza creare alcuna contestazione. Questo è ciò che è accaduto a migliaia di studenti, le cui mansioni non sono andate ad intaccare la reperibilità dei numerosissimi lavoratori disponibili sul mercato, ma sono stati inseriti in progetti appositi per ragazzi il cui ruolo, se non fosse

stato assegnato a loro, sarebbe stato occupato da volontari non pagati o addirittura da nessuno. Ciò significa che interagiscono soprattutto con associazioni di libera partecipazione in cui il frutto del loro sforzo in alcuni casi potrebbe perfino migliorare la condizione sociale di una fetta di popolazione o contribuire al benessere comune, piuttosto che alle tasche del privato imprenditore. Questo tipo di alternanza scuola – lavoro viene anche detta non sostitutiva, proprio in virtù di questa sua caratteristica. Appare evidente adesso che la soluzione ideale sarebbe proprio quella di assegnare agli studenti posizioni all’interno di progetti che rispecchino le caratteristiche esclusivamente relative a quest’ultimo tipo di alternanza scuola lavoro. Bernardo Bertini

PROFESSIONE:

CONIGLIO PASQUALE L’incarico Agente segreto. Soldato scelto. Bidello all’ITI. Molte sono le professioni ad alto rischio. Le professioni in cui ogni giorno scommetti la tua vita contro il destino e speri soltanto di arrivare a sera senza un buco in pancia, col conforto di batterti per una giusta causa. Di immolarti per ben più alti valori, per ideali profondi. Oppure avvocato. Medico. Imprenditore. Pulitore di cessi otturati. Ecco le professioni per cui non rischiamo la vita ma la salute. Reperibilità a ogni ora, nessuna vacanza, nessun riposo, nessuna tregua. Professioni da professionisti seri ed implacabili. Professioni che ti fanno sentire vivo, sempre sulla breccia, consapevole che una tua mancanza potrebbe danneggiare o salvare chissà quante vite che attendono solo la tua mano ferma e la tua decisione efficace. Ma vi siete mai chiesti qual’è il mestiere più duro di tutti signori? No? Allora ve lo spiego subito, in men che non si dica, eccolo qua: sarà il dentista per squali gente? No, il dentista per squali ha due braccia quindi può permettersi di sbagliare due volte prima di essere fottuto. Lo spazzacamini per centrali atomiche? No di certo gente: quello può sempre sperare che non riattivino il reattore proprio mentre sta finendo di spazzolare l’ultima valvola. Ve lo dico io qual’è la professione più dura del mondo, velo dico io... Sapete qual’è? Non lo sapete? Non lo sapete proprio? Nemmeno lo indovinate? Non immaginate nulla? Niente? Nemmeno un indizio? Bene, allora eccolo qua: il dentista per squali che sono dentro le centrali atomiche, ecco qual’è! Quello sì che è fregato per bene! Altro che scherzi! Io, invece, per fortuna, faccio il coniglio pasquale. Che è un lavoro calmo, sto a casa quasi tutto l’anno, mi guardo le serie TV sul divano, mangio le patatine, bevo i succhini e

sbadiglio spesso. Ogni tanto mi annoio. Ma poi esce una serie nuova, che ti fa? La fatica più grande la faccio una volta all’anno quando devo dipingere tutte le uova e andarle a piazzare nei giardini, nei parchi e nelle case di tutto il pianeta. Ma si sa, il mio è un lavoro stagionale, come quello di Babbo Natale, della Befana, o – che so io – dei tour operator a Firenze. Ci si abitua. C’è di peggio. Il dentista per squali che sono dentro le centrali atomiche. Quello sì che è peggio. Immaginatevi: come fai a guardare l’ultimo episodio della tua serie preferita mentre stai morendo di radiazioni ed hai un braccio nella bocca di uno squalo. È scomodo. Io preferisco il divano. Poi sono gusti, eh. E tutto andava per il meglio finché non arrivò l’Altissimo a trovarmi in quel maledetto pomeriggio di maggio. Perché a me il mio lavoro piaceva: immortalità, cioccolatini, adsl flat con server dedicato, nessun negozio nei paraggi ma consegna di action figures a domicilio... ero l’Imperatore di tutti Nerd. Ma come tutte le belle cose, non poteva durare. La notizia bella è che non durano nemmeno quelle cattive. Però che palle uguale. Un giorno apparve con un gran [[POFF!!!]] in mezzo alla mia megacaverna-laboratorio-libreria-saladeimodellini con barbona aura e tutto e mi disse: - Ciao inutile batuffolo tiraseghe! - Altissimo, quale onore... - mi inginocchiai. - Nessun onore, piuttosto oneri, ti devo assegnare un incarico che puoi portare a termine solo tu, perché ti


sei già impratichito nel settore mentre gli altri non ne sanno un bel niente. In fondo sei quel che sei da qualche decina di anni quindi... - Non capisco di che parliate, Altissimo... - Se tu fai il lavoro che fai, se sei immortale e se puoi giocare alla Playstation mille anni prima che la inventino è perché quel pazzo di Nicola mi ha fregato e ha fatto benedire te invece che lui, te lo ricordi vero, conigliazzo? - Sì che mi ricordo Altissimo, tra l’altro Voi lo avevate lasciato a morire di fame mentre io lo ho salvato grazie al mio potere sulla cioccolata che... - Silenzio, o insolente scendiletto troppo studiato! Che sennò ti arrostisco il culo con uno ZOTT dei miei! - Sì Altissimo, scusate Altissimo... - Bene, come saprai anche lui alla fine l’ho beccato pieno e ora lavora per la nostra famiglia come Babbo Natale. - Ho saputo Altissimo, è meraviglioso... - Ecco, meraviglioso proprio... non direi. In effetti non sa fare il suo lavoro. È un pessimo apprendista, non ne combina una diritta e sembra non riesca in nulla. - Ma com’è possibile? Quando sono stato benedetto io ho subito saputo tutto quello che dovevo sapere e sono stato in grado di fare tutto quello che dovevo fare, non capisco come lui... - Chissà. Forse era troppo vecchio, forse è buono ma stupido. - Beh ma anche la Befana ha iniziato da vecchia e non ha dato problemi e lui stupido proprio non mi è mai sembrato... - Per dirla tutta la Befana problemi ne ha avuti eccome all’inizio, ho dovuto istruirla io. Non che mi sia

dispiaciuto ma... - Che intendete Altissimo? - Niente niente. Orsù, conigliazzo di ‘sto cazzo, già che stai occupando il posto a ufo renditi utile, la Pasqua è appena passata quindi non hai niente da fare per un anno buono. Vattene a Rovaniemi dal vecchio BN e fagli vedere come si fa, preparamelo per Natale. Che se a Natale c’è un solo regalo fuori posto avremo un posto vacante di inutile coniglietto tiraseghe. Vuoi? - Parto subito Altissimo, non preoccupatevi: per Natale sarà tutto a posto e perfetto. - Bene. Fanculo bestiaccia. E con un [[RI-POFF!!!]] svanì di nuovo lasciandomi sette mesi buoni di faticata davanti a me. Mesi in cui sarebbero usciti un sacco di episodi che poi avrei avuto solo quattro mesi per recuperare. Speravo solo che a Rovaniemi ci fosse l’ADSL, o almeno che ci fosse campo per il roaming del mio tablet. Salutai Priscilla, Domiziana, Ettorina, Ermenegilda, Domitilla, Peppa e Giovannina. Le mie galline preferite. Ne ho circa mezzo milione. Per fare tutte quelle uova bisogna avere un battaglione ben nutrito. Ben nutrito in tutti i sensi. Di becchime io spendo più o meno la metà di quello che la Russia spende in armamenti. Quelle non mangiano, sbafano pesante. Poi salutai i testoni di pietra dell’isola, gli unici che mi tengano compagnia durante l’anno. Ci vogliamo bene. Ma non parliamo molto. Ho delle serie da vedere e dei videogiochi con cui tenermi al passo, io. Spiegai bene ai testoni di pietra come tenere le galline, perché quelle non sono di pietra e se non mangiano prima smettono di fare le uova, e poi muoiono. E non è bello quando muoiono. Se poi mi facevano morire Priscilla, Domiziana, Ettorina, Ermenegilda, Domitilla, Peppa o Giovannina – gli spiegai gentilmente – mi sarei improvvisato scultore e gli avrei disfatto i musi. E – sì – la gallina Peppa l’ho chiamata Peppa proprio come Peppa Sassi, la befana. Così, giusto per farla incazzare un po’. Sono un coniglio timido e nerd, ma ogni tanto mi piace essere dispettoso. Arrivai presto a Rovaniemi, perché non ho una slitta come Babbo Natale, ma noi conigli abbiamo un cunicolo diretto e in discesa per arrivare più o meno in qualunque posto più o meno in qualsiasi quantità di tempo. Faceva un freddo conigliolo, nonostante la stagione relativamente mite. O almeno: mite da me sull’isola di Pasqua. Vidi un gran da fare all’interno della casetta di Babbo Natale. Sembrava tutto a posto. Bussai. Babbo Natale venne ad aprire, alto, magro, coi lunghi capelli e barba grigi, il suo vecchissimo pastrano bianco a stelline blu... ma aveva una faccia così lunga che sembrava la mia gallina Emma. È una musona quella... dissi:

- Salve Nicola, come butta? - Bene bene Roger, bene... - Cos’è questa storia che non ti riesce fare Babbo Natale? - Non so... - Ma i poteri ce li hai? - Beh, sì, certo... - Li sai usare? - Sì sì, certo... scienza infusa e tutto quanto.... - E allora? - Non so. È come se avessi una certa tristezza... - Oh capperi! Mi si è depresso Babbo Natale! Guido G. Gattai

JOE cOSPoRCO

la rissa dei conti

Prima o dopo avremmo dovuto occuparci di lui. Il più cattivo dei cattivi. Quello grazie al quale tutti gli altri cattivi potevano cattivare quello che cattivavano. Il mio mio boss. No, non Hil Boss, lui era buono. Non con me. Ma era buono. O almeno, più buono dei cattivi. Parlo di Lindo No, il terribile Lindo No, l’italoamericoso che gestiva la pollizia di Stankonia con pugno di ferro, pugno di ferro che solitamente si abbatteva su di me quando lavoravo per lui, ma in mancanza di me da malmenare si abbatteva piuomenamente su tutta la gente onesta che provava a onestare in un mondo di cattivi che cattivavano tutto dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina. Grazie al maledetto Lindo la mala poteva scorrazzare impunita e felice per la città, grazie agli accordi che faceva con lui, che faceva in modo che tutta la pollizia non polliziasse dove non si doveva polliziare e se ne andasse a spolliziare solo dove spolliziare non serviva a niente oppure peggio, faceva spollizziare la spollizia per i criminozzi maledetti, malefatti e malissmofacenti. Non avevamo prove contro di lui fino al giorno in cui Lindo non si mise in affari con Sonny Pokoriposantih, l’indo-americano che trafficava in brande da caserma contraffatte che sembravano normali brande da caserma ma non ci si riusciva a dormire neppure con centoventicinquemila cuscini ad acqua piumati. Ora: a Stankonia il


smascherato. Mentre mi picchiava a sangue i miei compari sarebbero saltati fuori diventando quindi tutti testimoni tribunabilizzabili e condannando una volta per tutte sia Sonny Pokoriposantih che il terribile Lindo No. Come andò mi chiedete? Ma è chiaro no? Un altro brillante piano ben riuscito per la Beo Team di Hil Boss e un altro paio di stagioni al reparto fratture multiple per il vecchio Joe Cosporco. Già... Telefonai alla mia buona vecchia Donna Nonmale. Nonostante fossimo divorziati e lei ora fosse la moglie di uno dei più pericolosi boss del crimine di Stankonia la amavo ancora ed amavo i nostri figli più di me stesso. Al telefono mi disse, dolce e soave come suo solito: nostro principale business sono proprio letti, lettucci, lettacci, lettiere e allettanti lettighe. La fama della nostra intera città rischiava di essere compromessa dai loschi traffici di Sonny Pokoriposantih... e il malissimodetto Lindo No invece di difenderci da polliziotto qual sarebbe dovuto essere, ci aveva venduti, svenduti, dati omaggio con l’ultimo numero di una rivista per soli uomini. Non era accettabile. Non senza una buona accetta affilata bene e data precisa precisa sul capino a chi dovere. Già... Ma fortunatamente mentre Lindo No telefonava al malenonfico Sonny, il giovane Ben Ligio passava di lì ed ascoltava con orecchie tese e protese. Il giovane Ben Ligio era un polliziotto italo-americoso messo lì proprio da Lindo No perché voleva crescerlo come uno dei suoi corrotti tirapiedi e che invece era corretto e ligio al dovere come pochi altri. Ben non sapeva a chi dirlo, né di chi fidarsi. Ma fortunatamente si confidò con suo cugino, l’allevatore di cani da tartufo Van Uso che lo disse alla sua cara amica, la nota scrittrice Penny No che era sì sorella del maledetto Lindo No, ma ne conosceva bene la terribile corruttezza e sapeva bene chi chiamare per fermarlo una volta per tutte. Alzò la cornetta e telefonò subito al vecchio Rod Ato. Ora: il vecchio Rod aveva fatto il militare con il nostro capo, Hil Boss, ed erano sempre rimasti amiconi. Conoscendo la Beo Team, ovviamente, non poté fare a meno di consigliare a Ben Ligio di chiamarci. Così in pochi giri di passaparola, ecco che in meno di due ore fummo sul posto. L’unico problema era collegare Lindo al terribile traffico di Pokoriposantih. Avevamo bisogno di un piano. Fortunatamente Hil era diventato un grande esperto di tutto in toto, e quindi agimmo come si doveva ageggiare: Hil fece un piano e noi lo seguimmo. Il piano era semplice e infallibile: io mi sarei finto un grosso cliente in cerca di un enorme lotto brande da caserma scadenti che non avrebbero fatto riposare nemmeno un ippopotamo assonnato, avrei trattato con Pokoriposantih, poi mi sarei finto dubbioso riguardo alla sua capacità di effettuare la consegna senza farci arrestare tutti e due, chiedendogli un colloquio con il suo aggancio nella pollizia di Stankonia. Pokoriposantih mi avrebbe portato davanti a Lindo No, che essendo stato il mio capo quando faceggiavio il polliziotto di Stankonia mi avrebbe subito riconosciuto e

- Cosporco, mi fa piacere sapere che sei di nuovo all’ospedale maledetto maiale schifoso, perché non ti decidi a morire nel tuo stesso vomito una buona volta? Ora dico subito a mio marito di mandare i suoi sgherri a finire il lavoro... - Mi farebbe davvero piacere ma purtroppo non si può Donna, lo sai... ormai vengono tutte le volte che sono all’ospedale e all’entrata li riconoscono subito... ma lo apprezzo. Io... lo apprezzo. So che è il tuo modo per esprimere affetto. Anch’io ti amo, Donna, anch’io ti amo... Un gridolino isterico e soffocato mi perforò l’orecchio dall’altro lato dell’apparecchio. Riattaccai. Sorrisi. Tutto bene, tutto come sempre. E... si sa. Le donne farebbero proprio di tutto

per fare colpo sul vecchio Joe Cosporco. Già... In quel momento sulla porta riapparve una via vecchissima conoscenza. Odiavo tutti io, tutti nello stesso profondo ed ostinato modo, mi è testimone il cielo. Non ho mai fatto preferenze. Ho sempre odiato tutti come me stesso. Ma lui... lui... Accarezzando il suo maledetto portapulci nero, in piedi appoggiato allo stipite della porta, c’era quel figlio di una gran baldracca di Fynn E. Del Mondo. L’ultima volta mi aveva attac-

cato una fortuna schifosa che non andava più via nemmeno con il raschietto. Ero diventato ricco, famoso, amato. Tutte cose che non meritavo. Tutte cose che, Dio mi strafulmini, non volevo non voglio e non vorrò mai. Era stato il più grande incubo che si potesse incubare. Me ne ero liberato. Ma a che prezzo! Un prezzo altissimo, gente, un prezzo altissimo... Ancora oggi tremo nella notte al pensiero di quando ero potente, sposato con Donna, capo dei capi... un orrore indescrittibile. - Ehi tu, portafortuna a tradimento, che vuoi!? Ho ritrovato il tuo cane figlio di un cane, non ti basta? Che ci fai qui? - Beh, Cosporco, faccio, il mio lavoro, non ti ricordi? Pompe funebri... un cliente al piano di sopra, sai com’è. - Allora vai, non ti trattengo, anzi ti invito a scrostare dai miei palloni da calcio con rapidezza e velocitudine prima che me ne infischi delle fratture e venga lì a farti pagare a peso d’horror le orribili fortune che mi hai portato! - Ma non posso andarmene Cosposco, siamo colleghi adesso... - Vuoi scherzare? - No, per nulla. Le pompe funebri sono solo una copertura. Il mio vero mestiere è... beh, agente governativo. - EH!? - Agente segreto, Cosposrco, sono un agente segreto. Nome in codice Venerdì 0017. E sono stato mandato per arruolarti. Paga da sogno, gadgets, sai quelle cose che... - Fuori di qui!!! Di nuovo a portare fortuna? Non la voglio questa roba! Io voglio solo quello che mi merito, quello che mi merito è mio, mio davvero! La mia sfiga è tutto quello che ho! Sparisci quadrifoglio di questo paio di mappamondi in vetroresina crepato! - Devo correggerti, Cosporco. Tu non meriti più la tua sfortuna. O almeno: io non ti ho portato né sfortuna né fortuna. Non ti ho portato sfortuna perché più di quella che hai non è possibile e non ti ho portato fortuna perché... beh non l’ho fatto e basta. Si vede che hai fatto qualcosa. Tu. Non io. - E che diavolo avrei fatto? Bevo come una spugna, fumo come una ciminiera, rutto, cureggio e lancio maledizioni come uno stramaledetto mitragliatore a porchemaiale, sono uno stronzo e non merito un cazzo, io! E lo rivendico con orgoglio! - Beh, ma Lindo No è in prigione. Il traffico di Sonny Pokoriposantih è stato spazzato via. Rey


Piudimenoncenè, il secondo marito di tua moglie Donna Nonmale, enorme criminale di Stonakonia è stato collegato ai crimini di Lindo No e portato in galera, la sua organizzazione smantellata... senza contare tutti i piccoli, medi e grandi criminali che hai contribuito a smascherare e incarcerare durante il tuo servizio in polizia prima e poi nella buffa squadra che chiami Beo Team... - Ma... ma... - cercai di scusarmi – non è stata colpa mia, io non ero lì che di passaggio, giuro che... - Beh, ti sei fato usare dai tuoi compagni più volte per aiutarli a risolvere un’indagine, hai dato tutto te stesso ben oltre quello che si potrebbe chiedere ad un essere umano perciò sì, Cosporco: sei un imbecille, un vizioso, un vecchio grasso brutto e decisamente poco

ulci studiato. - Salve Cosporco, sembra che tu sia meno inutile dell’ultima volta che ci siamo lasciati. In Scozia mi annoiavo. Ho fatto domanda per la CIA, come capo tecnico. Sono stato chiaramente subito assunto e pluridecorato. Pare che dovrò lavorare con te, il che non può che riempirmi di disgusto. Ma quel che il paese chiede, il nobile cittadino da. E anche quello privo di nobiltà come te, pare. Mi consolai. In fondo, se dovevo lavorare di nuovo con Book, evidentemente non tutta la mia sfiga era perduta. Ed ero certo che appena uscito dall’ospedale sarei riuscito subito a meritarmene ancora un po’. In fondo sono pur sempre il vecchio Joseph Pericolo Gelsomino Cosporco gente. E se fare l’agente segreto mi avrebbe pagato più whisky, beh... per cento pallottole bucate e rimbalzanti! Chi sono io per rifiutare dello whisky anche se pagato dallo stato?! Così – appena finite le mie due stagioni in trazione al reparto fratture multiple – uscii dall’ospedale e mi preparai: d’altra parte beh... avevo saputo essere il peggior investigozzo privoso di Stankonia, il più indecente polliziotto dell’intera contea... chi poteva impedirmi di diventare il peggior agente segreto di tutti gli Stati Uniti d’America? Già...

pulito ma... forse non sei la merda umana che credi di essere. - Credo di essere? Io lo sono, lo sono stato a lungo e con cura perfino, ci ho messo tutto me stesso in quello sì, non certo nel... - Te lo concedo. Sei stato una grossa merda umana. Ma accettalo: non lo sei più. E guarda chi è venuto a trovarti? Anche lui lavorerà con te. Sarà il tuo agente tecnico: si occuperà di informarti sulle missioni e progettare la strumentazione tecnologica di cui avrai bisogno... Entrò nella stanza il mio vecchio cane Book. Quel maledetto portap-

Guido G. Gattai segui Joe -> FaceBook.com/JoeCosporco

CIAO ‘98! Quest’anno si diplomeranno i ragazzi del ‘98, a cui abbiamo tenuto compagnia per ben 4 anni di scuole superiori... ci mancherete! Possiamo però ancora vederci al FilosoFestival 2017, al teatro Puccini il 5-6-7-8 giugno, e poi se volete entrare nell’associazione e darci una mano a distribuire i giornaletti alla scuole dal diploma in poi vi sarà ben più comodo farlo perché all’università prima dell 9 non si entra. Sappiamo bene che in pochi di voi ci chiameranno ma... beh noi eravamo esattamente come voi quindi vedi mai che qualcuno di voi non abbia voglia di venire a tenerci compagnia! In caso scriveteci pure ad associazionehyronista@ gmail.com oppure su whatsapp 339 102 3012. Vada come vada, che rivediamo o no... In bocca al lupissimo per la maturità!!!!

lo staff di Punto G



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