Dove sono finite tutte le stelle?

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DOVE SONO FINITE TUTTE LE STELLE? Cosa c’è di più bello, in una notte serena, di volgere gli occhi verso l’alto e contemplare un cielo puntellato di stelle? Immaginiamo per un momento di trovarci immersi nel buio ad osservare silenziosamente lo spettacolo che abbiamo davanti agli occhi: centinaia di stelle, alcune più luminose, altre meno, ci sovrastano, facendoci sentire sempre più piccoli, quasi spiazzati di fronte allo spettacolo che ci si presenta. Centinaia di stelle sono immobili sopra di noi e quasi ci avvolgono, facendoci sentire meno soli. Proviamo invece, in una qualunque nottata, ad alzare gli occhi al cielo mentre passeggiamo per le vie della nostra città. Quante stelle sono effettivamente visibili? Solitamente poche decine. Chi però non vorrebbe vedere tutte le sere, se fosse possibile, il cielo coperto di stelle? Questo a dimostrazione del fatto che l’ambiente che noi immaginiamo ed aspiriamo a vedere realizzato, molte volte nella realtà è invece completamente stravolto. Osservando tutto ciò, la domanda da porsi è la seguente: perché ci sono visibili sempre meno stelle? La risposta è piuttosto semplice: la loro luce, prima di arrivare a colpire la nostra

retina,

viene

soffocata

dall’enorme quantità di luce artificiale proveniente dalle nostre città, il più delle volte erroneamente ed inutilmente volta verso l’alto. L’inquinamento luminoso ha raggiunto un livello tale da impedirci di vedere un cielo stellato, anche se siamo lontani dalla città. Leggendo l’Iliade, ho invidiato i Troiani, perché Omero nell’VIII libro racconta:

Quelli stettero tutta la notte lungo i sentieri di guerra 2


a coltivare grandi speranze, e molti fuochi erano accesi. Come quando le stelle nel cielo, attorno alla luna che splende, appaiono visibilissime, mentre l’aria è senza vento; e appaiono tutte le rupi e le cime dei colli e delle valli; e uno spazio indicibile si apre sotto la volta del cielo, e si vedono tutte le stelle, e gioisce il pastore in cuor suo… In questo passo i fuochi accesi dai Troiani davanti alle mura di Ilio sono paragonati ad un cielo senza nuvole che ci rende visibili tutte le sue stelle, illuminando a tal punto la terra da permetterci di scorgere anche gli spazi più lontani da noi. Un cielo come quello Omero doveva conoscerlo bene, visto che quello del paesaggio notturno è un’immagine che ricorre spesso nella sua poesia. Oggi uno spettacolo simile non possiamo fare altro che immaginarlo. Forse, in un’ ipotesi purtroppo non così assurda, tra qualche anno nessun bambino saprà come sono fatte le stelle. Il problema è che non ci sono più notti buie. È per questo che il WWF ha deciso di sensibilizzare la popolazione di tutto il mondo al problema, promuovendo il 27 marzo l’iniziativa “Earth Hour”, “Ora della Terra”, in cui per un’ora si spegneranno tutte le luci in tutto il mondo. È un evento al quale hanno aderito quasi 1500 città in oltre 80 paesi e per cui si sono spenti alcuni tra i monumenti e gli edifici pubblici più importanti del mondo: dall’Empire State Building e Las Vegas negli Stati Uniti, alla London Eye e Piccadilly Circus nel centro di Londra, al Peace Memorial di Hiroshima. Nello Utah, è stata addirittura istituita un’area, il “Dark Sky Park”, in cui, a detta dei ranger che lo custodiscono “è possibile recuperare il contatto con il cielo”. Le città infatti, fatta eccezione di qualche raro paesino disperso tra le montagne, non conoscono più la notte. I centri urbani, da semplici luoghi per la residenza, si sono trasformati in spazi per la visita e costituiscono il cuore della città, dove si svolge tutta la vita dei turisti. Finalizzati a richiamare un numero sempre maggiore di visitatori, i centri sono diventati delle vere e proprie fonti di luce. Le grandi città si sono poi ampliate e le periferie hanno richiesto un’illuminazione costante, al pari di quella del centro. Questo ha comportato il riflettersi dell’alto tasso di inquinamento luminoso delle città anche sulle province. 3


Si calcola che il 99% degli abitanti di Roma e provincia non sia in grado di vedere la Via Lattea, nemmeno in una notte serena. Nella maggior parte dei casi l’illuminazione è però esagerata, così esagerata che il cielo è dalle cinque alle dieci volte più luminoso di quanto dovrebbe. L’inquinamento luminoso è senza dubbio un problema poco conosciuto, tuttavia non meno importante di quello atmosferico o nucleare. Illuminare a tal punto la notte, fino a farla quasi scomparire, significa infatti modificare artificialmente il suo equilibrio, con conseguenze per l’uomo e per numerose specie animali, notturne e non, indotte a modificare il loro stile di vita. Uccelli marini catturati dalle luci dei pescherecci e degli edifici costruiti in riva al mare, ci vanno a sbattere inevitabilmente contro. Molte specie di pipistrelli hanno imparato a cacciare gli insetti che si radunano numerosi sotto i lampioni. Alcuni mammiferi come tassi ed opossum, vittime di predatori diurni, sono costretti a rimanere rintanati anche durante la notte, eternamente illuminata. Per le tartarughe marine la ricerca di spiagge buie su cui nidificare diventa sempre più ardua e, una volta trovato il luogo adatto, i loro piccoli, che dovrebbero essere attratti dalla superficie luminosa del mare, si dirigono verso le luci della città, rischiando di essere investiti dalle auto. E ancora, gli uccelli, che per la migrazione si basano su ritmi biologici ben precisi, vengono indotti a migrare prima del tempo, arrivando a destinazione quando non ci sono ancora le condizioni giuste per la nidificazione. Per quanto riguarda l’uomo invece, le conseguenze non si limitano solo alla diminuzione della visibilità dello spazio per gli astronomi, ma provocano anche danni biologici al nostro organismo. L’esposizione continua alla luce a cui è sottoposto il nostro organismo infatti, interrompe la produzione notturna della melatonina, un ormone fondamentale per la nostra fisiologia. Inoltre, l’illuminazione eccessiva delle strade comporta problemi alla circolazione dovuti alla perdita di capacità visiva dal 30 al 50%, senza contare che la luce modifica i nostri riflessi producendo una sensazione di rallentamento, possibile causa di incidenti stradali. 4


Ma da dove viene questa nostra necessità di illuminare così intensamente la notte? Innanzitutto dalla moderna credenza che non esista un paesaggio urbano senza luci, basti pensare a tutte le insegne dei negozi o dei locali, e poi dal fatto che il concetto di luce venga ormai già da molto tempo associato a quello di sicurezza. Questo ci porta a credere che illuminare le strade di notte costituirebbe quindi un freno alla criminalità. Il che non è del tutto sbagliato, in quanto temiamo di meno qualcosa che possiamo vedere e che ci appare chiaro e distinto. Il problema si presenta quando non vengono seguite determinate regole, volte a tenere sotto controllo il tasso di inquinamento luminoso, al fine di rendere più vivibile l’ambiente urbano. Dal 2009 il Veneto è dotato di una legge regionale che promuove la riduzione dell’inquinamento luminoso e ottico e dei consumi energetici da esso derivanti, in Lombardia una legge con la stessa finalità era entrata in vigore già dal 2000, ciò nonostante la Pianura Padana è ancora una delle zone più luminose d’Italia.

Insomma, da qualche anno tentiamo di cancellare completamente la notte, rendendola luminosa quasi quanto il giorno. Abbiamo sempre più paura del buio perché è da sempre associato a qualcosa di misterioso, che non arriviamo quasi mai a conoscere del tutto attraverso i nostri sensi. 5


Mentre noi attribuiamo più importanza alla luce, le civiltà antiche veneravano invece in particolar modo la notte e questo è testimoniato da Nut, la divinità egizia personificazione del cielo stellato, e dalle poesie che hanno inaugurato la letteratura occidentale. Uno dei primi notturni di cui siamo a conoscenza è stato composto da Alcmane di Efeso nel VII-VI secolo a.C.:

Dormono le cime dei monti e le gole, i picchi e i dirupi, e le schiere di animali, quanti nutre la nera terra, e le fiere abitatrici dei monti e la stirpe delle api e i mostri negli abissi del mare purpureo; dormono le schiere degli uccelli dalle ali distese. La notte viene esaltata come il momento in cui tutto, luoghi e creature viventi, dalle più grandi e temibili fino agli insetti, raggiunge la quiete tanto attesa. Quello che manca nel quadro di Alcmane è però la presenza dell’uomo, che non partecipa della pace della natura, ma ne rimane fuori, forse osservando il tutto standosene inquieto in disparte come la poetessa Saffo:

E’ tramontata la luna e le Pleiadi, e a mezzo è la notte, e l’ora trascorre: e io dormo sola. In un verso Saffo descrive e ci racconta come, immersa nel silenzio della natura che la circonda, si senta sola. Lei, completamente al buio, ha paura. È incapace di trovare conforto perché tutto quello che conosceva non c’è più, infatti sono tramontate sia la luna che le stelle. Forse noi oggi temiamo così tanto la notte perché abbiamo paura di trovarci soli con noi stessi a riflettere su chi siamo o su come sarà la nostra vita in un futuro non così lontano. Calati come siamo nella nostra quotidianità, presi dalle mille cose da fare, fuggiamo qualunque possibilità di fermarci a pensare, perché questo ci renderebbe fragili ed incerti. Se tuttavia da una parte la vista di un cielo stellato ci spinge a riflettere, dall’altra ci fa sentire improvvisamente consapevoli di noi stessi. L’Inferno dantesco si chiude infatti con il verso“ e uscimmo a riveder le stelle”. Dopo tutte le difficoltà affrontate, Dante e Virgilio escono dal girone infernale e la prima cosa che vedono è il cielo stellato. È in questo momento che Dante sente che la sua meta è vicina, che è sulla buona strada per riconquistare sé stesso.

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La visione del cielo, che dalla selva del peccato non gli era possibile, è ora l’unica consentita e gli ricorda il perché del suo viaggio, alla fine del quale si sentirà mosso dalla stessa intelligenza che muove l’universo. La vista di qualcosa che è noto ci è di conforto e nello stesso tempo ci ricorda la nostra vera essenza. Leopardi ad esempio trovava nel cielo il suo punto di riferimento, tanto che nelle sue poesie ci sorprende la sua capacità di vedere personificati nel paesaggio i suoi moti interiori. Nel “Canto notturno” parla al cielo dicendo:

Vaghe stelle dell’Orsa, io non credea Tornare ancor per uso a contemplarvi Sul paterno giardino scintillanti, e ragionar con voi dalle finestre di questo albergo ove abitai fanciullo, e delle gioie mie vidi la fine. Quante immagini un tempo, e quante fole Creommi nel pensier l’aspetto vostro E delle luci a voi compagne! Allora che, tacito, seduto in verde zolla, delle sere io solea passar gran parte mirando il cielo, ed ascoltando il canto della rana rimota alla campagna! Dai Troiani fino ai nostri giorni il cielo stellato è sempre stato fonte d’ispirazione e tema principale di molte poesie romantiche. Se Leopardi oggi fosse qui, userebbe ancora le stesse parole per descrivere il cielo? O forse scriverebbe entusiasta l’intersecarsi delle scie luminose lasciate dagli aerei che solcano giorno e notte il nostro cielo? E preferirebbe il rombo degli aerei supersonici al gracidio delle rane? Con questi versi il poeta mette in chiaro che il bisogno di contemplare un cielo trapuntato di stelle ci viene da dentro, come una necessità inevitabile di scavare a fondo nella parte più profonda di noi stessi per capire chi siamo realmente.

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Possono cambiare i tempi e i luoghi, ma questi notturni dimostrano come l’uomo rimanga sempre uguale a sé stesso. Nella Dichiarazione Universale dei Diritti delle Generazioni Future scritta dall’UNESCO, un articolo dice: "Le persone delle generazioni future hanno diritto a una Terra indenne e non contaminata, includendo il diritto a un cielo puro". Al Presidente Monti, che ha chiesto ai cittadini di avanzare proposte per ridurre ed eliminare le spese inutili, l’associazione Cielo Buio ha presentato un piano per la riduzione dell’inquinamento luminoso. Il primo punto prevede il risparmio energetico: spegnendo le luci ad una certa ora della notte o accendendole più tardi alla sera, si potrebbe realizzare immediatamente una diminuzione del consumo di energia elettrica con sollievo per le casse pubbliche. Il secondo consiste nell’utilizzo delle tecnologie più avanzate, quali ad esempio il led, che dovrebbe sostituire le lampadine ad incandescenza. E ancora, un’altra soluzione può essere quella di cambiare tipo di illuminazione stradale, sostituendo lampioni che disperdono la loro luce verso l’alto con altri schermati, progettati per risparmiare energia e dirigere la luce verso il basso, riducendo così anche l’inquinamento.

esempi di lampioni altamente inquinanti, anche se alcuni di essi potrebbero sembrare schermati.

A questo proposito, si può fare qualcosa di concreto anche nelle nostre case, sostituendo le lampadine al vapore di mercurio con quelle di sodio ad alta pressione, molto meno dannose. Sono piccoli accorgimenti che, se attuati, renderebbero possibile un miglioramento della qualità della vita. Intervenire sulla natura in modo così profondo, significa rendere l’ambiente che ci circonda sempre più invivibile. Il cielo stellato è una realtà da non distruggere, non solo perché è radicato nella nostra cultura, ma soprattutto perché lo è nel nostro modo di essere e di rapportarci con noi stessi. Spegnendo le stelle, perdiamo anche una parte di noi.

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