Il Mare Eco del Golfo Tigullio 2/2012

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Anno V - n. 1/2012 • Direttore responsabile: Emilio Carta

O giornale o l'é comme l'äze, quello che ti ghe metti o porta Il giornale è come l'asino, quello che ci metti, porta (Antico proverbio genovese)

ONOREVOLI E TECNICI Un addio „Malinconico‰

FERROVIE

Pendolari e paradossi

SANIT¤

Il problema „dialisi‰

IL MARE è consultabile anche on line sul sito

www.marenostrumrapallo.it Stampato in 15.000 copie - DISTRIBUZIONE GRATUITA

VIGILI URBANI

Problema irrisolto

COMUNE

Uffici aperti im pausa pranzo

2012

Sarà un anno „in rosa‰?

S.MARIA

Restaurato il presbiterio

DON VALENTINO

Associazione Culturale

Caroggio Drito

Associazione Culturale

Per innamorati... e non solo


Un “Malinconico” addio di Emilio Carta

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

IL MARE

Mensile di informazione Anno V - n. 1 2012 Edito da: Azienda Grafica Busco Editrice Rapallo - via A. Volta 35,39 rapallonotizie@libero.it tel. 0185273647 - fax 0185 235610 Autorizzazione tribunale di Chiavari n. 3/08 R. Stampa Direttore responsabile: Emilio Carta Redazione: Carlo Gatti - Benedetta Magri Daniele Roncagliolo Hanno collaborato a questo numero: M. Bacigalupo - R. Bagnasco - P. Bellosta P.L. Benatti - A. Bertollo - E. Brasey - C. Gatti E. Lavagno Canacari - S. Gambèri Gallo B. Magri - B. Mancini - M. Mancini G. Massa - C. Molfino - A. Noziglia D. Pertusati - L. Rainusso D. Roncagliolo - V. Temperini Ottimizzazione grafica: Valentina Campodonico - Ivano Romanò Foto di copertina: Toni Carta Fotografie: Fabio Piumetti Archivio Azienda Grafica Busco La collaborazione a Rapallo Notizie è gratuita e ad invito

IN QUESTO NUMERO: 2 Ferrovie e terzo valico di P. Bellosta 3 Sanità: il problema dialisi di E. Carta 4 Vigili urbani e territorio di R. Bagnasco 6 Comune: orari più flessibili di D. Roncagliolo 7 Pianeta giovani: nuova sede Leo di B. Magri 8 I “fari” galleggianti di C. Gatti 10/11 Pianeta donna di E. Lavagno Canacari 12 Il cimitero dei cani di P. Benatti 13 S. Maria: recuperato il presbiterio di A. Noziglia 14 Natura: le gorgonie di G. Massa 15 Don Valentino nel segno del tango di E. Carta 16 Ricordo o sogno di M. Mancini 18 Come eravamo di B. Mancini 19 Preti che se ne vanno/2 di D. Pertusati 20/21 Gente di Liguria di A. Bertollo 22 Amarcord con puffi e paperi di E. Gambèri Gallo 23 Viaggiare di V. Temperini 25 Libri a cura di M. Bacigalupo 26 La ferrovia a Rapallo di E. Brasey 27 Carlo Jacono, il pittore degli eroi di C. Molfino 28 Cinema in diagonale di L. Rainusso 29 Lettere e notizie 30/31 Un “Malinconico” addio di E. Carta

E

siste una società civile in cui la distanza tra responsabili politici e la gente è tradizionalmente ridotta? Dove i ministri, o addirittura i sovrani, vanno in bicicletta o in autobus? Paesi dove i parlamentari vanno a comperare il giornale all' edicola sotto casa e dove i tappeti rossi servono solo ad accogliere gli stranieri vanitosi? Dove le automobili nere, ufficiali, sono raramente precedute da motociclisti e da sirene? Dove la scorta armata è riservata unicamente al primo ministro? Dove un ministro si dimette per aver incautamente acquistato con la carta di credito a lui riservata per compiti istituzionali una tavoletta di cioccolato Toblerone? La risposta è sì. E, si badi bene, non parliamo di un virtuale paese di Bengodi. Basta salire un po’ più a nord, in Scandinavia, dove d’inverno il freddo picchia sodo e non è certo mitigato da alcun venticello “ponentino”. Tornando alla terra dello stivale – quella di santi come Francesco, di poeti e navigatori - abbiamo scoperto, si fa per dire, che le prebende dei parlamentari non possono essere rivedute e corrette come accade per i comuni mortali. Devono essere loro - gli onorevoli s’intende e soltanto loro, a decidere se e quando porre dei correttivi. Naturalmente a partire dalla prossima legislatura e non a partire dal primo gennaio 2012. Per la Sanità torna il ticket, gli stipendi e le pensioni sono state bloccate senza parlare degli aumenti della tassazioni nazionali e regionali visibili e invisibili e chi più ne ha più ne metta. Siamo stati risucchiati ancora una volta da una sanguisuga che tutto ingoia e farne le spese è solo e unicamente la povera gente: chi i soldi già li aveva se ne frega e quei ritocchi al ribasso, destinati ad alzare la soglia della miseria di tante famiglie, non lo toccano più di tanto. Così, dopo aver appreso che pure gli stipendi dei

Giggia, gli onorevoli si autoridurranno le prebende!

barbieri, di stenografi, dei commessi che gravitano attorno ai “palazzacci” raggiungono cifre da capogiro i nostri parlamentari, scandalizzati da questi attacchi qualunquistici e mediatici nei loro confronti, ci hanno pure raccontato che i loro emolumenti sono fra i più bassi d’Europa dimenticando di aggiungere i benefit di cui godono. “Noi aumentiamo i sacrifici previdenziali e invece dal parlamento alle regioni, con poche eccezioni, i

privilegi resistono intatti: assegni più ricchi, ritiri anticipati, superliquidazioni” scrive Antonio Rossitto su Panorama. Guardiamo i numeri: Ad oggi i consiglieri regionali in pensione sono 3.385 e i loro vitalizi hanno un costo totale annuo di 174,5 milioni mentre ammonta a 51.550 euro lordi l’importo medio annuo che incassa ogni ex consigliere regionale. Diamo ora un’occhiata alla previdenza. Per l’italiano comune il periodo minimo di contribuzione necessaria per ricevere la pensione di anzianità a partire dal primo gennaio 2012 è pari a 42 anni e 1 mese; per un parlamentare il periodo minimo di lavoro necessario oggi per ricevere il vitalizio è di 5 anni. Per quasi tutti gli italiani, sempre a partire dal primo gennaio 2012, per raggiungere l’età minima della pensione occorre avere 66 anni; mentre, ad esempio, per gli ex consiglieri della Regione Lazio per ottenere il vitalizio è sufficiente avere 50 anni d’età. Andiamo avanti. La quota di accantonamento in busta paga, destinata a finanziare la pensione dei lavoratori dipendenti è pari al 25 per cento mentre quella quota per i 90 (novanta) consiglieri della Regione Siciliana si limita all’8,6 per cento. Concludendo: la pensione media di un lavoratore, oggi, dopo aver versato 35 anni di contributi è di 1.200 euro mensili mentre il vitalizio mensile di un ex deputato regionale pugliese dopo tre legislature (15 anni) ammonta a 10.383 euro.

Mi scappa da piangere...

di Pietro Ardito & C.


TRASPORTI di Paolo BELLOSTA

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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TIGULLIO

Il paradosso del terzo valico e la crisi del sistema ferroviario anto per cambiare il 2012 si apre all'insegna di nuovi aumenti, dopo luce, gas, benzina e autostrade circola ormai da qualche settimana la notizia di un ennesimo rincaro dei biglietti ferroviari. Dopo i botti pirotecnici di Capodanno, una nuova mazzata ai nostri portafogli. Dall'inizio del prossimo mese si parla di un più 5% sugli abbonamenti mensili e di un bel 10% sul singolo biglietto, un aumento sull'aumento rispetto all'anno scorso. Per fare un esempio pratico nel gennaio 2011 un singolo ticket da Santa Margherita a Genova Brignole costava 2,40€ mentre un abbonamento valido trenta giorni 42,50€, in pochi mesi il costo del singolo biglietto è salito di 60 centesimi arrivando a 3

euro, mentre il mensile ha toccato quota 50€. E ora aspettiamo questo ennesimo ritocco alle già salate tariffe. Un aumento inversamente proporzionale alla qualità dei servizi offerti, basti pensare alla scarsa pulizia dei vagoni, per non parlare dei sempre più frequenti ritardi e degli infiniti tempi di percorrenza. Insomma, senza entrare nei particolari, i soliti discorsi che chi, per sua sfortuna è un abituale cliente di Trenitalia, avrà sentito miliardi di volte. Dire che la società che gestisce i trasporti in Liguria sia al collasso non è certo una notizia, non a caso oltre ad aumentare i costi dei biglietti, il numero dei treni è notevolmente diminuito e moltissimi regionali sono stati sostituiti dai ben più cari intercity, ma

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la cosa che lascia perplessi è un'altra. Nonostante non vi siano i soldi per garantire un servizio essenziale come quello ferroviario, lo scorso 21 dicembre il Presidente Monti ha approvato il finanziamento di 1,1 miliardi di euro per il completamento del Terzo Valico. Per chi non lo sapesse, il progetto del Terzo Valico consiste nella realizzazione di una linea ferroviaria veloce da Genova a Tortona, al fine di migliorare i collegamenti del capoluogo ligure e velocizzare il trasporto merci. Al di là delle solite dichiarazioni di circostanza un'opera completamente inutile. Innanzitutto a livello economico i costi sarebbero esorbitanti, per realizzare i 54 km fino a Tortona, da lì poi i treni torneranno sulla vecchia linea, si parla, complessivamente, di una spesa di 6,2 miliardi . Facendo un rapido calcolo 115 milioni di euro a chilometro, tutto questo per un servizio riservato al solo trasporto merci, di cui non potranno usufruire i passeggeri. Un progetto totalmente inutile, visto che le tre linee esistenti (le due dei Giovi e la Voltri-Ovada) sono in grado di smistare oltre 3 milioni di teu, unità di misura dei container, e alla fine di quest'anno il traffico complessivo di questi ultimi non ha neppure raggiunto la quota di 2 milioni. Tanti soldi per un'operazione fine a se stessa, costosissima e inoltre realizzabile non prima di 8/9 anni, si parla del 2020. Tutto questo col solo rischio di peggiorare la situazione, provocando, nei prossimi anni, un intasamento del traffico autostradale

congestionando le strade della Valle Scrivia e dell'alessandrino, basti pensare ai numerosi camion che verranno utilizzati per trasportare il materiale di scavo dai tunnel ai luoghi di stoccaggio. In conclusione un progetto che non velocizzerà la linea ferroviaria e che non porterà alcuna miglioria al trasporto passeggeri, una spesa economica folle in un periodo già critico di suo. Soldi che bisognerebbe usare per ottimizzare realmente la qualità dei servizi, infatti anche senza guardare troppo lontano, la situazione delle nostre stazioni ferroviarie è sconcertante. Il caso di Santa Margherita è un esempio lampante. Lo scorso ottobre il Sindaco De Marchi, accompagnato dall'Assessore regionale ai trasporti Enrico Vesco, ha visitato la struttura e ha parlato dei numerosi problemi da risolvere, tra questi: l'impossibilità per le persone disabili di arrivare al binario 2 e 3, la mancanza di una sala bagagli e l'attuale situazione della sala d'aspetto, perennemente sporca e maleodorante. Per non parlare della biglietteria automatica, fino a poche settimane fa era completamente impossibile utilizzarla, ora apparentemente sembra funzionare, o almeno solo a volte. Nella maggior parte dei casi funziona solo fino a che non sono ancora stati inseriti i soldi, poi dei biglietti richiesti neanche l'ombra. Chissà, forse visto il clima di crisi perenne in cui viviamo, questo sarà un primo tentativo per raccogliere i fondi necessari alla riqualificazione della stazione...


LA LETTERA DEL MESE

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E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

SANITÀ

Un cittadino denuncia la disfunzione di alcuni servizi Alti e bassi burocratici all’ospedale di Sestri Levante nella razionalizzazione delle prestazioni della dialisi. Intanto nell’analogo reparto di Rapallo restano ancora chiuse le sale e le apparecchiature per mancanza di personale Spettabile redazione, Innanzitutto, complimenti per il vostro giornale, che coniuga in modo ammirevole forme e contenuti. E’ con preghiera di pubblicazione che vorrei ricollegarmi all’articolo apparso sul no. 8/9 (settembre/ottobre) di quest’anno, dal titolo “Il reparto dialisi c’è ma non funziona”, e porre all’attenzione dell’opinione pubblica una situazione scandalosa di cui forse pochi sono al corrente, ovvero il fatto che il reparto dialisi del nuovo ospedale di Rapallo avrebbe la concreta opportunità di fun-

GIRI DI CHIGLIA

Sull’assurdità di un ospedale nuovo e lasciato operativamente a mezzo servizio com’è attualmente il N.S. di Montallegro, ci siamo espressi più volte. L’ultima disfunzione, in ordine di tempo, che avevamo denunciato pochi mesi fa riguardava proprio il reparto di dialisi del polo sanitario rapallese: attrezzature all’avanguardia ma inattive, anzi mai utilizzate, per mancanza di personale. La lettera del lettore riportata qui a fianco apre un’ultima inquietante parentesi sull’assistenza a una fascia particolarmente debole e a rischio cui appartengono i malati dializzati e su quanto la burocrazia riesca a rendere problematico il diritto del cittadino alla salute. Siamo alle solite insomma. Da una parte il personale medico e paramedico che si fa in quattro per far funzionare la baracca e dall’altra i codici e i codicilli di una burocrazia molte volte becera che spesso ignora che i regolamenti si possono anche interpretare, magari a favore di chi soffre. La Regione nel suo quadro di razionalizzazione e di risparmio delle risorse sempre più esigue – sempre sulla pelle dei cittadini s’intende – deve far quadrare i propri bilanci. Si potrebbe sostenere che riducendo i lussuosi e spaziosi uffici del palazzo regionale, il numero di consiglieri e assessori, nonché dei loro portaborse di turno, qualcosa si potrebbe risparmiare. Ma, badate bene, sono i soliti qualunquisti ad affermarlo. Emilio Carta

zionare a pieno ritmo ma, per ragioni che andrebbero chiarite, così non è. Sono cittadino di Rapallo, e nel mese di agosto mi sono sposato presso la chiesa di San Giacomo di Corte in Santa Margherita Ligure. Mia moglie è cittadina inglese, così come I componenti della sua famiglia, e suo padre, è costretto alla dialisi 3 volte a settimana. Per questo motivo, il viaggio in Italia per partecipare all’evento ha richiesto un’adeguata preparazione al fine di evitare ogni eventuale rischio relativo a questa trasferta dall’Inghilterra. Siccome il reparto dialisi di Rapallo non è ancora in funzione, il posto più vicino per effettuare le sedute di dialisi sarebbe stato il Centro Dialisi Riviera Ligure presso San Salvatore di Cogorno. In alternativa ci sarebbe stato l’ospedale di Sestri Levante, il quale però ci ha indirizzato anch’esso presso la struttura «accreditata» Centro Dialisi Riviera Ligure, sostenendo che tutti i pazienti stranieri vengono lì indirizzati per via della saturazione dell’ospedale di Sestri. Pertanto io e mio padre ci siamo recati presso questo studio con largo anticipo (giugno di quest’anno) per prenotare le sedute nel periodo interessato. Lì ci è stato fatto presente che non c’era problema per la prenotazione, anche se la lista delle persone che avrebbero ricevute le cure era già alquanto lunga, ma che le spese per le sedute sarebbero ammontate a 250 euro ciascuna. In pratica, 3 sedute in una settimana per un totale di 750 euro: una spesa, come si capisce bene, molto elevata per un pensionato. Abbiamo scoperto poi, tramite una consultazione presso l’ospedale inglese di Leicester (città dove mio suocero risiede), che presentando la Tessera Sanitaria Europea unitamente ad un documento di identità, mio suocero avrebbe potuto ricevere le cure GRATIS presso la struttura pubblica italiana! Abbiamo pertanto chiesto alla struttura Centro Dialisi Riviera Ligure di usufruire dei vantaggi di questa convenzione, ma abbiamo ricevuto un «niet» categorico, essendo da loro richiesto il pagamento in contanti. Riassumendo: un cittadino inglese in dialisi che viene a Rapallo potrebbe ricevere le cure gratuitamente presso una struttura pubblica (in quanto è la Sanità Britannica che rimborsa le spese a quella italiana) ma viene dirottato su una struttura «accreditata» privata dove deve pa-

gare di tasca sua senza alcuna possibilità (come abbiamo appurato) di essere poi rimborsato nel suo paese. E’ chiaro che a questo punto ci siamo dovuti impuntare per rimettere le cose nel loro ordine naturale. Siamo quindi ritornati presso la struttura di Sestri Levante per richiedere di effettuare lì le sedute: ci è stato risposto in prima battuta che era tutto occupato. Dopo molte insistenze e rivolgendoci direttamente al Direttore Generale dell’ASL 4 chiavarese dott. Paolo Cavagnaro, siamo riusciti ad ottenere che 2 delle 3 sedute fossero effettuate a Sestri, mentre per la terza non sarebbe stato proprio possibile. Abbiamo pertanto aggiornato il Centro Dialisi Riviera Ligure del nuovo piano: ci è stato risposto che la terza seduta che ci abbisognava (che con le altre eravamo andati a prenotare a fine giugno) era inaccettabile, in quanto lo studio aveva deciso l’annullamento del turno serale e non c’erano posti disponibili durante il giorno! In pratica, il Centro Dialisi ha annullato tranquillamente e in completa autonomia la seduta non appena ha saputo che avremmo effettuato le altre due presso Sestri e che non avremmo avuto altra possibilità che fare la terza presso lo studio privato. Ancora una volta abbiamo dovuto richiamare l’ospedale di Sestri e quasi supplicare di far fare li’ anche la terza seduta. La richiesta è stata infine accolta. E qui vorrei aggiungere, che il trattamento poi ricevuto da mio suocero presso l’Ospedale di Sestri Levante è stato eccellente e ringrazio nuovamente tutti quelli che si sono adoperati per dargli le cure necessarie. Tralascerò, invece, tutti i problemi burocratici avuti successivamente relativi alla

procedura di ottenimento delle cure gratuite (all’Ufficio Stranieri di Chiavari nessuno sapeva bene cosa fare in queste circostanze: ma com’è possibile ? Dovrebbero essere a decine ogni estate gli stranieri in vacanza che hanno diritto alla dialisi gratuita !!). Le domande sulle quali vorrei, infine, che riflettessero le amministrazioni (in particolare quella di Rapallo che dovrebbe farsi valere) e i cittadini che hanno a cuore i problemi dei meno fortunati, sono le seguenti: - Ma per quale motivo sul nostro territorio una struttura pubblica, come quella di Sestri Levante, deve «accreditare» uno studio privato per effettuare un servizio di dialisi per i turisti stranieri che potrebbe in modo eccellente essere dato alla struttura di Rapallo, nuova ed equipaggiata? Se ci trova convenienza uno studio privato (che tra l’altro si fa pagare in contanti), perché non può farlo la struttura pubblica? Questo è un vero scandalo. - Non è uno scandalo che ci siano degli stranieri dotati di Tessera Sanitaria Europea costretti a pagare di tasca loro cure che il loro Stato di provenienza gli garantisce anche nel nostro paese? Con la speranza che questo mio intervento possa dare un qualsiasi contributo al ritorno alla regolarità e spinga chi di dovere ad intervenire perchè siano sempre le strutture pubbliche a fornire i servizi primari e gratuitamente, nel rispetto delle regole. Ringraziandovi di cuore per il servizio che anche voi offrite alla comunità, portando all’attenzione di tutti problematiche importanti per i cittadini. Cordiali saluti Angelo Olivieri


IL 9 DICEMBRE 2010 NASCE

UN’ALTRA RAPALLO NON siamo una delle solite alternative! Certo, non è il nome che fa la differenza, ma la convinzione, il coraggio e la capacità di cambiare il modo di amministrare la città e di rapportarsi con i cittadini. Nel rispetto di tutti ma senza concessioni, tentennamenti o genuflessioni, quando in gioco ci sono gli interessi della collettività rispetto a quei gruppi di potere, che pur essendo una minoranza hanno instaurato un “sistema” che ha impedito a Rapallo di essere una città come tutte le altre, condannando i rapallesi ad una perenne frustrazione di desideri irrealizzati che li ha portati, ormai, ad un complesso di inferiorità non solo nei confronti delle limitrofe cittadine costiere ma perfino nei confronti di sconosciuti paesini dell’entroterra! NOI non vediamo la realtà virtuale, dipinta e raccontata come imbonitori dai membri della maggioranza, durante i Consigli Comunali, dove tutto luccica e Rapallo è amministrata benissimo. NOI non vediamo i lavori e le opere realizzate da questa amministrazione, come qualche esponente vuol farci credere leggendo in Consiglio un elenco interminabile di interventi effettuati. NOI guardiamo con i nostri occhi e tocchiamo con mano la realtà di Rapallo e vogliamo spodestare l’ignobile teatrino che ci ha reso lo zimbello di tutta la Liguria. NOI ci rivolgiamo agli anziani scoraggiati che subiscono, ai giovani che sognano qualcosa di meglio, ai cittadini normali perché aprano gli occhi e decidano che è ora di smetterla di guardare ad un mondo di cui conoscono tutto, passato presente e futuro e non condividono nulla!

Non è ancora il momento di parlare di programma, ma lo faremo presto. Non aspettatevi miracoli o effetti speciali ma UN PROGETTO DI CITTÀ si, e considerate che quello che per altre realtà e normale amministrazione, – pulizia, ordine, sicurezza, favorire l’energia pulita, trasporti pubblici che funzionano, riduzione dell’inquinamento, miglioramento della viabilità – se realizzato non virtualmente, potrebbe essere il miglior programma che Rapallo abbia mai visto.

Pier Giorgio Brigati candidato Sindaco ELEZIONI COMUNALI 2012

Un’Altra Rapallo, Rapallo Città Futura e Rapallo come vUoi, le tre liste civiche che mi sostengono sono la nostra unica speranza. www.unaltrarapallo.it

Noi insistiamo testardamente a pensare di rappresentare QUALCOSA

DI NUOVO E DI DIVERSO Rapallo come vUoi nasce dall’idea e dall’esigenza di un gruppo di ragazzi dai 20 ai 30 anni che insieme sta cercando di fare qualcosa per la propria città. È un’esperienza importante, sia per noi che la viviamo da dentro, sia, credo e spero, per Rapallo, perché è un qualcosa di nuovo che, spero, possa trasformarsi anche in qualcosa di buono. I giovani rapallesi, e in generale i ragazzi della nostra generazione, non si interessano di ciò che accade intorno a loro, al massimo se ne lamentano, qualcuno si indigna, altri invece, come noi, pensano che sia arrivato il momento di passare oltre la semplice protesta, superare la rassegnazione, e finalmente agire in qualche modo. Quest’esperienza è nata un po’ per caso, un po’ per sfida, un po’ per necessità. SI FA PRESTO A DIRE INFATTI CHE I GIOVANI SONO IL FUTURO E CHE BISOGNA PUNTARE SU DI LORO. Molto più difficile, invece, è ammettere che noi siamo anche il presente, un presente che prima o poi dovrà diventare futuro, ma nel frattempo è necessario fare qualcosa: il nostro futuro è adesso! Oggi siamo una trentina, ci riuniamo ogni settimana e dai primi incontri abbiamo cercato di capire quali fossero le priorità dei nostri coetanei Rapallesi: il lavoro è al primo posto, c’è poi la necessità di sfruttare meglio i servizi ed i ritrovi che già esistono (biblioteca per esempio) senza dimenticare la situazione delle strutture sportive della città. Abbiamo in mente di crescere ancora e presentare una lista di giovani alle prossime amministrative in appoggio a Pier Giorgio Brigati; in quest’ottica ci rivolgiamo a tutti i giovani dai 18 e 30 anni che, liberamente, democraticamente, abbiano voglia di dimostrare che anche a Rapallo ci siamo ed abbiamo idee per cambiare e fare qualcosa di positivo per la nostra città.

Vera Di Sciorno Rapallo come vUoi

info@rapallocomevuoi.it www.rapallocomevuoi.it


SERVIZI E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Renzo BAGNASCO

SICUREZZA

Vigili urbani, “desaparecidos” o in numero insufficiente? In attesa delle oltre cento telecamere fisse e mobili per il controllo del territorio, il comando di Polizia municipale lamenta il 25 per cento in meno dell’organico previsto econdo voci incontrollabili (i dati che gestisce il Comune sono quasi sempre tenuti occultati, come se il “comune”, alla fine, non fossimo noi) i Vigili Urbani, oggi assurti a “Polizia Municipale”, dovrebbero essere, fra provvisori e fissi, in numero di 45. Fra i buontemponi corre voce esista un concorso fra i fotoamatori per premiare lo scatto che immortali un “cantunè” ritratto in un qualsiasi angolo all’aperto di Rapallo che non siano il lungomare o via Mazzini. Per essere una Città con ambizioni turistiche, sono in verità ben pochi i Vigili Urbani a cui, se necessario, un ospite potrebbe rivolgersi incontrandolo. Un tempo circolavano in coppia: poi ne rimase uno solo ma, anche se solo, c’era. Chi non ricorda la zelante vigilessa sulla passeggiata? Prima, quando eravamo una Città con ancora qualche rimasuglio di rispetto per i turisti, c’e n’erano alcuni che portavano sul braccio la bandierina della nazione la cui lingua sapevano parlare. Poi sono scomparse sia le bandiere che i relativi “vessilliferi”. Si disse che intervennero i sindacati perché quel nastrino sul braccio evidenziava una disparità fra chi si era industriato per guadagnare qualcosina in più mettendo a reddito quanto imparato e chi, invece, se ne “batteva”. Seguendo la logica italiana, anche da noi non si istituirono corsi per elevare la professionalità di tutti. Ci si è limitati a tarpare chi emergeva, così che tutti fossero allo stesso (basso) livello. Eppure ci sarebbe bisogno, in una città come Rapallo, che la Polizia Urbana non desse solo multe, ma fosse la “sentinella” dell’estetica urbana, intesa nel termine più globalizzante che va dal controllare l’emarginato che

S

Si danza

dorme nell’unica sala d’aspetto della stazione dove dovrebbero esserci invece solo quelli che pagano il biglietto del treno, alla sporcizia non raccolta, al verde infestante che, fuoriuscendo dai giardini privati ostacola l’agibilità sui marciapiedi o quello incolto lungo le bordure, le spiagge sporche e quant’altro, Certo, questo comporterebbe di girare per tenere sotto controllo zone diverse. Un tempo utilizzavano delle biciclette, oggi anch’esse scomparse. Ma vediamo le due facce di un’unica medaglia. In realtà la Polizia Municipale è attualmente sotto organico e non di poche unità. La “pianta” riferita ai “cantunè” parla chiaro: i vigili rapallesi sono il 25 per cento in meno di quanto previsto. Non solo: il controllo diretto delle telecamere, loro affidato, comporterà di sicuro qualche altro sacrificio. O no? In Italia il corpo delle “Guardie Urbane”, nacque con un decreto del 1907, firmato Giovanni Giolitti e, a seguito di successive trasformazioni, sono divenute l’attuale Polizia Locale. Basterebbero uno o due di loro, impegnati in quel prezioso servizio che, per

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funzionare però, dovrebbe avere alle spalle poi un qualcuno che, ascoltate le loro segnalazioni, vi ponesse rimedio; sarebbe un servizio indispensabile per riportare Rapallo ad essere accettabile o è invece giunto il momento di cominciare a chiederci se quei tempi andati, tanto da noi continuamente rimpianti, forse non si ripeteranno più, nè avremo più quel tipo di turismo: anch’esso è cambiato così come sta cambiando il mondo. Certo: possono mutare gli interessi o le strategie per richiamare i turisti o le mode, ma lo sporco, se c’è, tale resta. E oggi ne abbiamo troppo, imputabile non solo a chi lo dovrebbe eliminare al di fuori della differenziata. I primi responsabili, purtroppo, siamo noi cittadini indisciplinati, ma a seguire anche chi non scopa mai le strade, non lava di notte con il getto di auto-idranti, magari limitatamente all’estate, i marciapiedi che con il sole puzzano di urina e sotto le auto parcheggiate, veri e propri “rumentai” maleodoranti. Non possiamo aspettarci, come ideò il Manzoni per far finire sia la peste che il suo romanzo, che piova per risolvere i nostri problemi! Nessuno che, dopo una mareggiata, vada a vedere in che condizioni sono le varie spiagge pubbliche, ridotte come l’Isola dei Famosi: e sì che sono poche. Devono invece telefonare i bagnanti per indurre qualcuno a fare un sopralluogo, come se non si sapesse che dopo ogni “buriana” le spiagge diventano impraticabili. A fine estate, sui bus si leggono costosi inviti a tenere le spiagge pulite; peccato che la maggioranza di chi li legge o sono anziani o persone che, a causa dell’affollamento, non hanno potuto neppure usufruire di quelle poche aperte al pubblico; alle

altre ci pensano chi su di esse lucra. Non sarebbero stati più produttivi e meno costosi, ad esempio, dei ben visibili cartelli posti all’entrata delle poche spiagge fruibili dal pubblico se non vuol essere taglieggiato, con indicato l’ultimo giorno in cui è stata fatta la pulizia di quella spiaggia, coinvolgendo i fruitori per collaborare a tenerla pulita sino alla prossima. Certo però che la pulizia va fatta sul serio e nei giorni poi indicati. Forse una presenza del Vigile avrebbe certamente evitato che i giardini De Martino, fossero, per l’indispensabile potatura, chiusi per settimane, sabati e domeniche comprese, impedendone l’accesso ai bambini e alle mamme nonostante fossero cominciate le scuole, perché nessuno ai Venerdì sera, li puliva. Avrebbe anche impedito che i potatori che colà lavorarono, lo facessero in spregio alle più elementari norme di sicurezza. Facciamo veramente di tutto per dimostrare che dei cittadini “non ce ne può fregare di meno”. Il Vigile invece dovrebbe essere la “longa manus” dell’Assessore incaricato che da solo non può, ammesso che lo voglia o ne sia capace, fare tutto. Indubbiamente i tempi sono davvero mutati, così come si è rilassata l’educazione che abbiamo impartito ai nostri figli. I Vigili non si vedono più per le strade a “vigilare” perché li abbiamo trasformati in burocrati. Ricordo che da ragazzo, allo stagliarsi in fondo alla via della sagoma “du cantunè” con il suo lungo paletot nero, l’intero quartiere si dava “una regolata”. Oggi per ottenere lo stesso rispetto, dovrebbe apparire un intero squadrone di cantuné in tenuta antisommossa. Sta veramente cambiando tutto.

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UNA GUIDA

La rivoluzione silenziosa delle nostre abitudini Uffici comunali aperti anche nella pausa pranzo. Addio alle ore di lavoro perse per rinnovare la carta d'identità

“D

evo correre altrimenti l’ufficio chiude”. Alzi la mano chi non ha mai pronunciato o pensato queste parole. Uno sguardo all’orologio, il passo che diventa svelto, i battiti del cuore che aumentano, le goccioline di sudore che bagnano la fronte e poi... una porta chiusa! Tutto inutile. Presto, questa storiella di vita quotidiana, potrebbe non ripetersi più. Merito di una rivoluzione silenziosa, con un nome ben preciso “piano territoriale degli orari”, che fa meno notizia di un ponte nuovo o di un muro sistemato, ma si pone l’obiettivo di andare incontro alle esigenze delle famiglie. Spesso per alcune pratiche come il rinnovo della carta d’identità si è costretti a uscire prima dall’ufficio. Chi lavora fuori città deve prendersi mezza giornata di ferie. Non tutte le pratiche, infatti, possono essere svolte online. Ecco perché come fine ultimo del progetto c’è un’apertura degli sportelli comunali anche tra le 12 e le 14. E come in tutte le favole c’è una morale che tanto farebbe piacere all’ex ministro Brunetta: meglio saltare un pranzo che un’ora di lavoro. “È fondamentale che la macchina comunale capisca che deve essere al servizio del cittadino e non viceversa”, ammette l’assessore alla Famiglia Corrado Castagneto. Lo Sportello socio-sanitario ha già iniziato questo percorso. Altri uffici potrebbero seguirlo. Ecco per-

da Mario

ché, nel corso dell’anno, potremmo vedere lo Sportello unico attività produttive (Suap) aperto anche il giovedì pomeriggio dalle 14 alle 16, lo Sportello unico integrato con orario continuato il giovedì dalle 9 alle 15 e l’ufficio Informa Giovani disponibile al pubblico anche il martedì e il giovedì dalle 8.30 alle 13.30 e dalle 14 alle 16. Il culmine di questo progetto potrebbe essere l’istituzione di una giornata del cittadino, nei pensieri dell’assessore il giovedì vista la concomitanza del mercato sul lungomare: gli uffici resterebbero aperti con orario continuato e così anche i negozi. Ma intanto il mosaico

Trattoria a Rapallo dal 1 9 6 3

prende forma. Perché fare coincidere tutti gli orari non è semplice. Durante la giornata della Famiglia sono stati resi noti i questionari distribuiti in mileduecento case, di Rapallo e Zoagli, per capire come i tempi della vita delle famiglie e quelli educativi dell’infanzia riescano a conciliarsi con i tempi del lavoro. E i risultati emersi hanno dato uno spaccato significativo della città, numeri ben più importanti dei sondaggi elettorali che in questo periodo proliferano. Emerge, per esempio, che più di un terzo degli intervistati ritiene il suo comune poco sicuro dal punto di vista della criminalità. E viene alla luce

che le famiglie, per il loro tempo libero, non chiedano spiagge più pulite e attrezzate per i bambini o maggiori aree verdi, ma piste ciclabili.

Presto verrà distribuita una guida con tutti i servizi utili: dalla scelta del pediatra all’indicazione con orari e indirizzi degli sportelli. Un modo per ottimizzare il tempo e dominare gli orari che delimitano la nostra vita: quello dei negozi, degli uffici, della scuola, dei trasporti e chi più ne ha più ne metta. Con una speranza di fondo: che le corse, buste della spesa tra le mani, non diventino più vane.

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PIANETA GIOVANI

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di Benedetta MAGRI

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

UNDER

Nuova sede per il Leo Club Rapallo-Santa-Portofino

S

otto l'albero di Natale i 24 giovani del Leo Club RapalloSanta Margherita Ligure-Portofino hanno trovato un regalo: la nuova sede. Infatti grazie al Presidente Risso e al Segretario Pagliettini, si sono stretti legami che aiuteranno entrambe le parti, introducendo nella vita del Golf Club di Rapallo un'ulteriore presenza di giovani. I ragazzi sono tutti under 30 e il loro club sembra in continua crescita, infatti il 7 dicembre, durante una distrettuale a Novi Ligure, sono entrati 5 nuovi soci (Giacomo Antonini, Guido Cecchini, Emanuele Marchio', Luca Petazzi e Manola Rissotto). Il loro ultimo impegno consiste nella raccolta fondi per il TOD (tema operativo distrettuale) e il TON (tema operativo nazionale). Per il primo stanno vendendo bottiglie di Barbera e Cortese d'Asti, al costo di 5 euro l'una, per costruire delle po-

stazioni di lavoro per ragazzi diversamente abili. Il tema operativo nazionale, invece, si svolge con un oggetto prettamente natalizio: il pandoro, o meglio "Pandoleo", che viene venduto al costo di 3 euro. Si tratta di una missione a più ampio spettro, volta ad aiutare le popalazioni africane con la costruzione di pozzi per l'acqua. Per contribuire ad uno dei due service contattare Alessandro Oneto (3937198337). Altre iniziative in calendario per il 2012 saranno un torneo di burraco in data 9 febbraio presso il Golf di Rapallo, a favore di Make a Wish, e la partecipazione all'orga-

L’angolo di Rossella

anche se il Presidente Orso Maria Azzi si dimostra molto positivo. Per ogni informazione rivolgersi all'indirizzo di posta elettronica leoclub.rapallosantamargherita@gmail.com

“Cose che nessuno sa”

inalmente è arrivato.. Tutti i lettori e le lettrici di Alessandro D'Avenia e del suo primo romanzo "Bianca come il latte, Rossa come il sangue" forse lo attendevano con trepidazione. Lo scrittore ha riferito che il suo nuovo libro "Cose che nessuno sa" è nato per rispondere ai numerosi quesiti di migliaia di adolescenti italiani a proposito del primo romanzo. Già il titolo preannuncia un contenuto di sicura suggestione. Solo chi riesce a volare con la mente oltre i limiti del possibile pur restando razionale può riuscire a produrre o ad apprezzare qualcosa di indiscutibilmente magico. Margherita, la protagonista quattordicenne, sta per iniziare il primo anno di liceo scientifico. Ha molto timore di ciò che la aspetta, si sente esattamente come tutti noi alla fine delle vacanze, a pochi giorni dal terrorizzante principiare

F

nizzazione del Carnevale di Chiavari con alcuni Club Lions e Rotary della zona. Sembra che in pentola bollano anche altre proposte, ma per il momento non si possano rivelare,

della scuola. Un cuore di ragazza che porta dentro un dolore profondo, dilaniante, provocato dall'assenza del padre che l'ha abbandonata. Inizialmente i compagni l'additano come "strana", tutti tranne Marta, una giovane imprevedibile, che avrà la nobile abilità di sollevare ogni volta l'animo di Margherita, contagiandola con la propria allegria. Il loro prof di lettere è davvero un personaggio interessante. Giovane precario appassionato - sarebbe assurdo se non fosse così - di letteratura antica e moderna, legato sentimentalmente alla proprietaria di una libreria, Stella. Lui però sa in apparenza comunicare unicamente attraverso la pagina stampata, mentre lei vuole azioni concrete, e quando si prospetta la possibilità di una stabile vita insieme lui fugge per paura, si rende

conto di agire totalmente e inesorabilmente contro tutto quello che egli stesso afferma e cerca d'imprimere nelle giovani volontà dei suoi studenti. Come capitola questa vicenda intricata e comune ad alcune situazioni odierne? Lo scopriamo.. leggendo. Ulteriormente enigmatica la figura di un liceale dagli occhi di ghiaccio, il difficile sorprendente dolce Giulio, maggiore di pochi anni di Margherita, il quale occuperà uno spazio rilevante nel cuore della giovane. Un libro traboccante di silenzi, fondato su profondi concetti che toccano l'intima essenza del lettore, un'opera colma di idee pensieri immagini contrastanti, di dolore amore. Un calice... pieno di Cose che nessuno sa...

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È un dispositivo collegato al telefono di casa che, in caso di emergenza, semplicemente premendo un tasto di un piccolo telecomando che lʼutente porta sempre con sè, invia un allarme alla Centrale Operativa che provvede ad avvertire le persone preindicate o ad inviare soccorso secondo la necessità.

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NOI ABBIAMO IL CORAGGIO DI CAMBIARE. E TU? Massimo Pernigotti

Consigliere Provinciale

Eletto grazie a Voi nell’aprile 2007 sono divenuto Consigliere della Provincia di Genova di opposizione nella coalizione di centro destra. A quasi cinque anni dall’inizio del mandato, che terminerà nel 2012, vorrei renderVi partecipi del lavoro da me svolto così come promesso durante la campagna elettorale. Il mio lavoro in Consiglio da inizio mandato n. 49 interpellanze discusse in Consiglio Provinciale n. 25 ordini del giorno proposti e votati n. 12 espressioni di opinione proposte e discusse n. 46 mozioni discusse in Consiglio Provinciale n. 87 interrogazioni scritte o di Consiglio n. 37 richieste di informazioni n. 56 accessi ad atti non evidenti con altri mezzi n. 5 richieste di patrocinio a buon fine n. 13 emendamenti di bilancio n. 480 partecipazioni attive e complete a Commissioni Consiliari n. 220 interventi in Consiglio Provinciale sui temi da me proposti, o in risposta a discussioni di giunta o di altri consiglieri n. 600 articoli sui quotidiani e siti on-line

Tra le oltre 300 iniziative personali cito: Le soluzioni per superare i disagi e i costi della discarica di Scarpino di Genova G L’impegnativa per l’avvio del centro per la tutela dell’infanzia nel Levante Ligure G L’azione contro l’attuale ridimensionamento scolastico redatto da Provincia e Regione G La forte presa di posizione a favore dei creditori dopo la liquidazione di Promo Provincia G La lotta contro l’iniqua tassazione sui passi carrabili provinciali a raso e le sanzioni sui controlli alle calderine G Le proposte per lo sviluppo del turismo condivise da albergatori e altri operatori del settore G Le azioni concrete per le infrastrutture liguri compresa la Gronda di levante, il tunnel Fontanabuona-Rapallo ed il tunnel Rapallo-Santa Margherita Ligure G L’individuazione e le proposte per superare la crisi dal comparto edilizio e del lavoro G

LIGURIA MODERATA - IL FUTURO È ADESSO Così come pubblicato periodicamente e sin dall’inizio del mandato provinciale (2007) metto al corrente i cittadini di Rapallo a riguardo delle cose da me proposte nel Consiglio. Potete verificare come sempre dal sito www.pernigotti.net, nella sezione “politica”, controllare il mio operato, verificare quanto detto e fatto in Provincia ed infine proporre come sempre critiche o idee costruttive, scrivendo a massimo@pernigotti.net oppure incontrandomi direttamente a Rapallo

Consigliere Provincia di Genova


STORIE DI MARE E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Carlo GATTI

CURIOSITÀ

Quando i “fari” galleggiavano sulle onde... L’Inghilterra ha avuto una lunga storia di dominatrice dei mari, e da questa sua posizione privilegiata ha dato molte “prime idee” di progresso in campo navale

L

a necessità di un battello-fanale fu discussa per la prima volta nel 1600, ma si concretizzò soltanto nel 1732 con Il primo esemplare che fu ancorato sull’imboccatura del Tamigi alle porte di Londra e portò il nome di Nore. Originariamente i battelli-fanale (noti con il termine di light-ship o light-vessel) erano navi mercantili “trasformate”, ma dal 1820 furono costruite appositamente con la tecnologia del tempo. Incidenti e collisioni contribuirono a migliorare le successive costruzioni, che furono sempre più grandi e adatte allo scopo. All'inizio del 1900 esistevano oltre 750 light-ships in tutto il mondo con 10.000 membri d'equipaggio. I Lightshipmen ebbero una vita difficile per l’esposizione ai colpi di mare, agli incidenti di varia natura tra cui gli odiosi affondamenti subiti dai sommergibili tedeschi per sabotare il traffico nemico nella 1a e 2a guerra mondiale. In generale, per 5-6 mesi l’anno, la vita a bordo era di una noia senza fine, non accadeva mai nulla. I marinai avevano i loro compiti quotidiani e molti si dedicavano a lavori manuali d’artigianato. Il nome The Light-ship Basket fu scelto poiché le ceste erano fatte a mano dagli uomini che gestivano i battelli-fanale della costa di Nantucket. Oggi, al suo posto si erge una piccola piattaforma dotata anche di elicottero. Per tutto l’800 e nella prima parte del ‘900 i battelli-fanale avevano due equipaggi composti di 6 marinai e un comandante che si alternavano a bordo per un mese. Erano accuratamente selezionati dalla Trinity House (U.K.), dovevano prestare giuramento, ed erano soggetti ad una dura disciplina di bordo. Ogni uomo aveva una Bibbia e non mancava una fornita biblioteca. Nei lunghi mesi in-

1845 – La 1° foto del Nore

vernali del Nord Atlantico il mestiere si rivelava molto impegnativo e pericoloso, e ci volevano 15 o 20 anni di servizio per essere promosso Master. Le vedette di un battello-fanale spesso avvistavano le navi in pericolo, ma non sapevano come allertare i mezzi di salvataggio sulla terraferma. A risolvere il problema delle comunicazioni ci pensò Guglielmo Marconi che nel 1892 iniziò i primi esperimenti-radio ottenendo da subito eccellenti risultati. Il primo messaggio radio “nave-terra” fu emesso la vigilia di Natale del 1898 dallo stesso Marconi che riuscì a mettere in contatto il faro di South Foreland (Dover) ed il battello-fanale di East Goodwin (sull’imboccatura del Tamigi) sulla distanza di 19 km.

Nel disegno si notano le lunghe “antenne Marconi” che scendono dalla testa d’albero. Il primo segnale di soccorso radio fu trasmesso dal marconista del battello-fanale il 17 marzo 1899, con l’incaglio del mercantile Elba sui banchi delle Goodwins. Il 30 aprile di quell’anno, lo stesso battello-fanale trasmise un proprio segnale di soccorso, quando fu investito dal SS Matthews a causa della nebbia fitta. In numerosi porti del mondo anglosassone capita, ancora oggi, di vedere batelli-fanale lungo le banchine adibite a museo. Sono pitturati di rosso, perfettamente manutenuti e visitabili. Ma poco si sa, almeno in Mediterra-

Il battello-fanale Carpentaria oggi Museo nel porto di Sidney

neo, della loro trascorsa funzione e dei tormenti dei loro equipaggi. Al contrario, esiste una corposa bibliografia sui fari e sui loro solitari faristi, storie che partono dagli albori della navigazione, e dopo due millenni emergono ancora con spettacolari fotografie aeree pubblicate su riviste, libri e persino sui calendari d’ogni nazione marinara che si rispetti. Che funzione specifica aveva questa imbarcazione? Innanzitutto possiamo assicurare il lettore che nessun equipaggio al mondo fu mai tanto amato dai marinai del passato come la ciurma di un battello-fanale piazzato stoicamente in mezzo al mare sotto i colpi dell’oceano. Il battello-fanale stazionava alla fonda nel punto di convergenza delle rotte oceaniche davanti ad un grande porto, ma aveva pure il compito di delimitare scogliere e bassifondi, ma nacquero soprattutto come risposta ai tanti disastri navali provocati dalle mareggiate e dalle nebbie stagionali che “storicamente” caratterizzano vaste aree interessate alla navigazione. I battelli-fanale furono quindi collocati nei punti di traffico intenso

Primi anni ʼ70 lʼultimo NORE in disarmo

come il passaggio della Manica, il Kattegat-Skagerrak e per implementare la sicurezza della navigazione lungo le sponde Est ed Ovest del Nord Atlantico, ma anche dell’Australia. Se si considera che i maggiori scali del mondo, sono sorti all’estuario di grandi fiumi, allora s’intuisce la funzione del battello-fanale come punto di riferimento per l’atterraggio di una nave, segnalando la propria posizione (riportata sulla carta nautica) con il suo inconfondibile fascio di luce o con il temuto segnale da nebbia. Ancora oggi l’avvicinamento al porto rappresenta la fase più delicata del viaggio, per via della corrente di marea che si forma alla “barra” del fiume. Senza l’aiuto del pilota-fiume, sarebbe materia assai ardua da affrontare. L’epopea di questi mezzi ausiliari durò 150 anni e terminò alla fine degli anni ’60, quando innovative tecnologie di trivellazione permisero la loro sostituzione con fanali alloggiati su piattaforme impiantate su fondali sicuri. Ogni marittimo di qualsiasi generazione avrebbe qualcosa d’inedito da raccontare, per esempio, sul pas-

Il nome Nantucket é forse il più citato nella letteratura marinara mondiale


La foto in alto mostra uno degli ultimi battelli-fanale costruiti in Svezia. Si tratta del Fladen n.29, oggi museo galleggiante ormeggiato nel porto di Göteborg (Svezia). La nave fu costruita nel 1915 e rimase in servizio sino al 1969 quando fu sostituita da un faro installato su un traliccio ben piantato sul fondo. In quegli anni e con lo stesso metodo, furono sostituiti nel mondo circa un migliaio di battelli-fanale che andarono in pensione dopo essere stati onorevolmente al servizio del traffico navale per 150 anni.

saggio del Canale della Manica (English Channel o semplicemente Channel). Avventure e disavventure a causa della nebbia che acceca, paralizza e incute paura per molti mesi l’anno. Quante navi ha salvato il b/f di Sandettie? E’ difficile dirlo. Certe cose il marinaio le cancella dalla memoria per non dover cambiar mestiere... Il cocktail si fa ancora più micidiale quando alla nebbia si aggiunge il traffico che attraversa la Manica collegando, in tutte le direzioni, l'Oceano Atlantico al Mare del Nord e al Mar

Baltico. Con il passaggio di oltre 500 navi il giorno, il Canale è uno dei tratti di mare più pericoloso al mondo. A questo traffico sull’asse principale, si aggiungono i traghetti che fanno la spola fra Dover e Calais in direzione NW-SE. Fino all'apertura del Tunnel della Manica, questo flusso era ancora più intenso in quanto provvedeva sia al trasporto di persone che di merci, in compenso é in forte aumento il gigantismo navale. Per questo ulteriore problema sono scesi in campo gli Stati monitorando l’intero

anze funebri r o n O

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traffico con strumenti speciali. Sia sulla costa inglese che su quella francese, esiste un collaudato sistema chiamato VTS (Vessel Traffic System). Il Servizio é attuato dalle rispettive Coast Guard che informano le navi sul traffico in corso e suggeriscono le opportune manovre da compiere. E’ risaputo infine che le super containers e le pericolose super petroliere imbarcano il Pilota-mare per superare gli spazi più critici. Finalmente, dopo tanti incidenti, collisioni, inquinamenti, si é capito che ne valeva la pena d’investire sulla sicurezza in tutte le sue forme. Non é certo passata un’eternità, ma ricordo ancora il racconto di un mio anziano comandante che oggi ha l’aria di una favola... “Era il primo dopoguerra, si navigava per due

soldi e l’unico strumento di bordo era l’inaffidabile radiogoniometro... Un giorno ci trovammo immersi nella nebbia che potevi tagliare con il coltello, ma il pericolo era un altro, c’erano ancora centinaia di mine vaganti della 2° guerra mondiale e per schivarle si manovrava nel centro del Canale sperando che le altre navi avessero il radar e ci schivassero. Si navigava alla cieca e fischiavamo in continuazione... la Manica era un incubo!”. Per tante vecchie carrette di quei tempi, dover affrontare il doppio imbuto della Manica era sempre una brutta avventura. Non esistevano assistenze da terra, il radar era ancora un privilegio di pochi armatori, le radio-assistenze erano un work in progress e i segnali più affidabili erano i gabbiani ed il colore del mare che indicavano in qualche modo la distanza dagli scogli. Il comandante era sicuro della propria posizione soltanto quando avvistava o riconosceva il segnale acustico del battello-fanale. Questa assoluta necessità di fissare sulla carta nautica il “fix” (punto nave) dal quale procedere con una nuova rotta, spingeva le navi di avvicinarsi a volte anche troppo al battello-fanale e, per questa tragica necessità, non mancarono le collisioni, gli affondamenti, gli incagli, i feriti e i morti di cui abbiamo parlato.

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PIANETA DONNA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Elena LAVAGNO CANACARI

CRISI

2012, tra scongiuri e speranze: sarà l’anno delle donne? nno 2012. E' appena nato, ma le previsioni non sono rosee. Innanzi tutto, osservano i più superstiziosi, è anno bisestile e sentenziano: “anno bisesto, anno funesto.” Dopo aver fatto i debiti scongiuri, continuano: “E' l'anno della crisi, anzi della recessione globale, con tutte le calamità che questa porta con sé, e, dulcis in fundo, è l'anno della fine del mondo, secondo una “simpatica”, diciamo noi, profezia Maya.” Di fronte ad uno scenario così apocalittico, cosa può fare un cittadino normale, che è a posto con la sua coscienza e con il fisco, che ha un mutuo da pagare le cui rate vanno a scadere ben oltre il 21 dicembre 2012 (data della presunta fine del mondo) e che si è visto spostare la data del pensionamento di qualche anno in avanti rispetto a quella preventivata? La prima reazione è quella di esclamare a piena voce: “Crepi l'astrologo.” Poi, chiamando in aiuto quei pochi neuroni che gli sono rimasti dopo le spese natalizie, il pagamento dei vari conti arretrati e qualche bevuta in più a fine anno per dimenticare, cerca di fare una previsione ragionevole di quello che sarà il 2012 e di come potrebbero andare veramente le cose. Ed è quello che vogliamo fare anche noi, che per natura siamo ottimisti e non ci lasciamo certo impressionare dalle varie cassandre mediatiche che imperversano in questi giorni di inizio anno. Innanzi tutto : “Anno bisesto, anno funesto.” E chi l'ha detto? L'anno 2012 è bisestile perchè fin dai tempi di Giulio Cesare, il condottiero romano di buona memoria, il quale, seguendo le indicazioni dell'astronomo Sosigene, aveva fissato la durata dell'anno in 365 giorni e 6 ore, si ravvisò la necessità di regolarizzare le 6 ore eccedenti i 365 giorni annuali, cumulandole ogni quattro anni in un giorno in più, affinchè dopo tre anni di 365 giorni il quarto fosse di 366 – praticamente l'attuale nostro 29 febbraio. Questo problema della durata dell'anno

A

solare e del calendario ha sempre interessato i popoli fin dall'antichità. Ricordiamo che già gli egizi, i babilonesi, i greci ed appunto i romani avevano il loro calendario. Nel 1500 il pontefice Gregorio XIII riformò il calendario giuliano, considerando con maggior precisione la durata dell'anno in giorni 365, ore 5, minuti 48 e secondi 51, ma arrivando in sostanza alla stessa conclusione di Giulio Cesare, e cioè stabilendo la durata dell'anno in 365 giorni, con il ricupero di un giorno ogni quattro anni. Siccome però restava ancora una piccola frazione di anno che, accumulandosi, avrebbe dato luogo ad un giorno ogni quattro secoli, decise di non considerare bisestili tre anni secolari consecutivi, ma l'anno centesimo del quarto secolo. Un concetto questo che, a dir la verità, agli occhi di noi poveri umani dalla vita abbastanza limitata, è decisamente un po' difficile da assimilare. Il calendario gregoriano comunque, che è il nostro attuale, è stato adottato fin dal 1582. Abbiamo voluto fare questa digressione di carattere astronomico per sfatare la sciocca superstizione che attribuisce all'anno bisestile, un anno normalissimo che completa il tempo che la terra impiega per compiere una rivoluzione attorno al sole, qualità funeste e foriere di sventure. La recessione. La crisi economica c'è, questa è una realtà che è entrata di prepotenza nella nostra vita, nei nostri pensieri e nei nostri discorsi. Abbiamo familiarizzato con termini inusuali come spread (divario di rendimento tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi), default (mancato pagamento, bancarotta) legge di stabilità (insieme di provvedimenti economici imposti dalle istituzioni europee). Siamo profondamente turbati dallo spettro della disoccupazione, della recessione e dalle maggiori imposizioni della manovra economica del governo, che andranno ad incidere sui già modesti redditi del ceto medio e dei meno abbienti e che sicuramente ci indur-

ranno a cambiare i nostri sistemi di vita, improntandoli ad una maggiore austerità ed al drastico contenimento delle spese. La società civile si interroga: siamo ormai in una situazione di sbando, senza speranza ? Noi pensiamo di no, perchè riteniamo che il popolo italiano abbia tutte le capacità per uscire da questa che è una crisi economica e di valori etici, come del resto ha dimostrato in diverse occasioni alle quali la storia, anche recente, ci ha posti drammaticamente di fronte. E' un imperativo, quello di farcela, che tutti dobbiamo imporci per costruire un futuro migliore non solo per noi, ma sopratutto per i nostri figli ed i nostri nipoti. E' per essi infatti che dovremo affrontare gli inevitabili sacrifici delle misure anticrisi, per poter guardare con fiducia al futuro, nella considerazione che i giovani costituiscono quel capitale umano che è la vera ricchezza di un Paese, nonché la sua più importante garanzia di poter affrontare la competitività globale, e come tale deve essere salvaguardato e protetto. Ed ora un pensiero positivo nei confronti delle donne che, a nostro parere, anche se decisamente di parte, sono in grado di dare un contributo di positività e di speranza in un futuro migliore. E' per questo che auguriamo a tutte le donne di poter trovare, nel nuovo anno, maggiore spazio nell'economia e nella politica., così come raccomandano le principali istituzioni economiche mondiali come l'OCSE e la BANCA MONDIALE. Infatti, sebbene sia opinione comune che sostenere l' “empowerment” femminile, ossia il peso numerico ed il potere delle donne in politica e sui posti di lavoro, sia uno degli strumenti indispensabili per fare sviluppo, in Italia il potere femminile è ancora molto limitato, a differenza di Stati come la Germania, l'Argentina, il Brasile e la stessa Nigeria, dove ci sono donne che reggono le sorti

del loro paese. Molti sostengono che le donne cambierebbero quel metodo di comando tipicamente maschile che ha contribuito a portare al disastro economico e finanziario. Pur non essendo così drastici, noi riteniamo che l'esperienza femminile, che nasce dalla concretezza della famiglia, sia in grado di stabilire le vere priorità della vita della comunità , e che la sensibilità femminile e l'empatia col dolore degli altri, possano far comprendere che una politica femminile è una politica più umana. Le donne inoltre sono trasversali e si alleano con le avversarie per portare a casa il risultato, che è sicuramente più importante delle varie logiche politiche. Il 2012 sarà l'anno delle donne? E' questo il nostro augurio a tutte le donne. Profezia dei Maya Cari amici lettori, sorridete con noi di fronte a queste previsioni che, se da un lato suscitano soltanto ilarità, dall'altro possono assumere un significato simbolico: il mondo finisce per chi rinuncia a guardare avanti , ad essere positivo, a credere nelle potenzialità e nella forza dell'uomo, a riporre fiducia nelle istituzioni, a dedicare anche una piccola parte della sua vita agli altri ed alla comunità. Sorridiamo al Nuovo Anno, perchè nulla è più positivo di un sorriso. Auguri!

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STORIA LOCALE E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Pier Luigi BENATTI

TURISMO

Il cimitero dei cani nell’antico parco di Villa Molfino L

asciato l’agglomerato caotico di via Betti, la strada provinciale si inerpica verso la borgata di San Maurizio di Monti, passando al di sotto di un poggio ridente presso Gravero (“Grè”) sul quale domina la villa Molfino, arcadica dimora settecentesca di una delle più illustri famiglie rapallesi. Una sede in campagna per la villeggiatura formata da costruzioni dai colori e linee tipicamente liguri, con alle spalle il folto del bosco e i filari dei severi cipressi collocati due secoli or sono a formare sul fianco del colle la lettera “A” come dedica ad Amalia, la consorte di Ambrogio Molfino, deputato del nostro collegio per molte legislature. La “villa”, che era stata in possesso di Francesco Maria Stronati, poi degli Assereto, pervenne per via ereditaria ai Molfino che ad essa dedicarono particolari cure di abbellimento e valorizzazione, legandole così il proprio nome. Vi si accedeva per una strada adatta alle carrozze a cavalli, aveva un teatrino all’aperto per spettacoli, letture e rappresentazioni e non mancava anche una cappella privata, dedicata a San Francesco Saverio. Un particolare romantico era costituito inoltre dal cosiddetto “cimitero dei cani” nel parco, del quale si ritrovano non poche segnalazioni in guide turistiche anche recenti. Si trattava in origine delle sepolture di animali appartenuti ai proprietari della villa, come confermavano le lapidi distribuite lungo un sentiero nel bosco. Ne vogliamo ricordare alcune partendo dalla più antica, costituita da una co-

lonna sormontata da un’anfora etrusca datata 1841 e con le parole: “Ad una fedeltà più che umana”. Un altro marmo recava inciso: “Amico fedele di due lustri di Ambrogio Molfino 1864”. Dello stesso anno era anche la lapide che ricordava: “Intelligente, grazioso, obbedì nove anni ad Amalia Molfino”. Una nota storica, diremmo, era offerta dal testo di un’altra dedica che affermava: “De Pretis lo donò a Molfino nel 1867. Morte lo rapiva nel 1870” (la moglie del Presidente del Consiglio Agostino De Pretis era molto amica di Amalia Molfino). Con la data 1878, infine, si incontrava la memoria: “Nato tra i ruderi delle’etrusca Pircos, vigilò guardiano di questi boschi un lustro”. Probabilmente era un pastore maremmano. Nel corso degli anni, in silenzio e quasi clandestinamente, molte altre sepolture si erano affiancate sicché “u campu santu di chen” ma anche di gatti e persino di un coniglietto era un preciso punto di riferimento per i rapallesi, meta anche di visite di ospiti incuriositi dal nostro incantevole entroterra. Nel 1957 non mancò l’iniziativa di un gruppo di cinofili locali, collegati con esponenti della colonia

inglese soggiornante, che volevano erigere nel cimitero (più antico di quello famosissimo di Parigi) un monumentino per ricordare il sacrificio della cagnetta spaziale Laika, lanciata nel cosmo dai russi, e la notizia fece il giro del mondo. Come il lettore avrà notato, abbiamo dovuto usare i verbi al passato perché il quadretto romantico oggi non esiste quasi più. L’azione inarrestabile della ruspa ha inesorabilmente travolto le tracce di un patrimonio ambientale e, se vogliamo, anche sentimentale, e con cieco furore si sono distrutte testimonianze significative, spezzando lapidi, vasi e recinti nel procedere in mezzo al bosco per far posto a una strada costituita da detriti. I vandali poi hanno completato l’opera accanendosi particolarmente sulla chiesuola e l’abbandono totale ha favorito il degrado dell’arena al-

l’aperto e di altri elementi decorativi esistenti. Un angolo ricco di poesia e natura, un nido di memorie che nel 2005 Carlo Vita, in un grazioso libriccino, ha illustrato come un simpatico “Spoon River”, suggerito dagli epitaffi, è stato pressoché cancellato e Rapallo deve riflettere, ancora una volta, su di uno sperpero ingiustificato che pesa negativamente.

Tutti i Gioved ì torna

GIROPIZZA!


FRAZIONI

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di Annalisa NOZIGLIA

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

S. MARIA DEL CAMPO

Terminato il restauro del presbiterio Prosegue l’opera di recupero della monumentale chiesa grazie all’ Associazione Santa Maria del Campo Cultura Arte e Tradizione. Le fiamme sono ormai un triste ricordo del passato el mese di settembre vi avevamo raccontato dell’ambizioso progetto di restauro della Chiesa Parrocchiale di Santa Maria del Campo, gravemente compromessa da un devastante incendio il 9 giugno 2010. Costituitosi un comitato e poi un’associazione, denominata Associazione Santa Maria del Campo Cultura Arte e Tradizione, ad oggi i lavori procedono a ritmo incalzante, quindi possiamo aggiornarvi di quanto, grazie alle generose offerte di enti pubblici e privati, è già stato fatto, di quanto è in corso d’opera e in progetto. Per quanto riguarda l’interno della Chiesa sono terminati, con un risultato davvero sorprendente, i lavori di restauro conservativo ed estetico di affreschi, stucchi e parti indorate del presbiterio. Sono stati, inoltre puliti i marmi e ritinteggiate le parti libere da affreschi. Tutto è filato liscio sino a quando durante lo svolgersi dei lavori

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è sorto un imprevisto che ha notevolmente complicato i restauri. Un’infiltrazione localizzata nella zona adiacente il campanile ha reso necessario l’intervento dello “stucchino” e dell’“indoratore” con un supplemento di costi di circa undicimila euro. Liberato il presbiterio dalle impalcature il 2 due gennaio sono state allestite le impalcature per restaurare gli affreschi e gli altari della navata. Nel frattempo verranno puliti anche l’altar maggiore e le balaustre. Quest’opera di risanamento è curata dalla ditta Studium di Caropreso e Anastasio di Recco. La spesa complessiva di questi lavori saranno di 140.000 euro oltre al costo dei ponteggi. Con l’occasione dei restauri verrà, inoltre, ripristinato l’impianto elettrico gravemente danneggiato dall’incendio. Un volenteroso gruppo di giovani della parrocchia si è accollato il compito di

ripulire e ri-indorare tutti i lampadari ma la grande fatica è certamente ripagata dal sorprendente risultato! Sono iniziati, inoltre, i lavori di risanamento dei mobili della sacrestia. Già terminato il restauro e già ricollocato un armadio porta paliotti e porta cassa processionale del ‘700. Attualmente la ditta Calzolari e Garbarino di Santa Margherita Ligure si sta occupando del restauro di una scrivania in noce e castagno di inizio ‘700. Successivamente si cimenterà nel recupero del pezzo più importante e maggiormente danneggiato dalle fiamme, ovvero dell’imponente mobile della sacrestia di fine ‘600. La ditta Adeveno e Sambuceti di Cogorno si sta invece occupando del restauro della statua lignea policroma della Madonna di Caravaggio con la Beata Giovanetta. Anche il quadro raffigurante Nostra Signora del Rosario verrà restaurato nel mese di gennaio presso il Labora-

torio Regionale di Restauro della Regione Liguria. I costi complessivi di queste opere di recupero si aggirano intorno ai 300.000 euro e attualmente i fondi disponibili sono pari al 45 dell’intera somma. E’ nostro dovere ricordare ancora una volta che chi volesse contribuire al risanamento della chiesa può farlo attraverso queste coordinate bancarie: BANCO DI CHIAVARI, filiale di Sant’Anna, IBAN IT10R0516432111000000000688 .

Un ringraziamento va a quanti credono e hanno creduto in quest’impresa, che giorno dopo giorno procede nell’intento di riportare agli antichi splendori la Chiesa Parrocchiale di Santa Maria e le tante opere di pregio che in essa sono contenute, in modo da poter a nostra volta conservare in buono stato la preziosa eredità che i nostri avi ci hanno lasciato.

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NATURA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Giorgio MASSA

VITA BENTONICA

I ventagli viventi del mare Le gorgonie, una delle principali attrazioni dei nostri fondali

una gorgonia bianca-Eunicella singularis, dalla caratteristica forma a candelabro. (foto R. Pronzato)

Una gorgonia verrucosa-Eunicella verrucosa. (foto P. Tessera)

Talvolta le gorgonie rosse possono mostrarsi con il ventaglio di due colori. (foto L. Capurro)

Una gorgonia gialla-Eunicella cavolinii. (foto M. Benvenuti)

ntorno agli anni 1960-70 la pesca subacquea effettuata con l’ausilio di autorespiratore (erogatore e bombole) era un’attività ricreativa molto gettonata. Ovvio che i primi obiettivi dei pescatori fossero pesci e grossi crostacei, ma spesso alcuni sub prelevavano come souvenir anche rametti di corallo o più spesso colonie ramificate di gorgonia, soprattutto gialla e rossa, cresciute su sassi o staccate direttamente dalla roccia. Effettivamente a quei tempi quelle azioni apparivano del tutto normali e se i pesci, come le cernie e i crostacei, venivano sì sfoggiati come trofei ma quasi sempre mangiati, un destino diverso era riservato a quelle strane cose ramificate che, portate al di sopra della superficie, divenivano brulli e curiosi oggetti, destinati a finire, con la loro base di roccia, come soprammobili in molte case, per attrarre polvere in abbondanza, ma sempre meno l’interesse o la curiosità degli uomini che le avevano

strappate alla natura. Quella moda del tutto umana di “svaligiare” il mare e più in generale la natura, solo perché lo fanno gli altri, di cose che non hanno nessuna utilità, se non come temporanei trofei, è, per fortuna, un’abitudine di altri tempi. Passi per chi raccoglie “cose” morte, come le conchiglie vuote, che, tra l’altro, possono avere interesse scientifico se prelevate da appassionati del settore malacologico. Per chi ancora non lo sapesse, le gorgonie sono il frutto del lavoro di numerosi piccoli polipi, “parenti” degli anemoni e delle meduse. Sono loro che costruiscono lentamente lo scheletro corneo e ramificato che le compone; un asse centrale costituito da una proteina chiamata gorgonina. L’asse centrale è rivestito da un tessuto chiamato cenenchima, rinforzato da strutture calcaree diffuse al suo interno, che mostra calici più o meno evidenti nei quali si trovano i polipi, capaci di ritrarsi nei calici se disturbati.

I polipi sono pressoché cilindrici con otto tentacoli pinnati, ossia muniti lungo la loro lunghezza, da entrambi i lati, di tante piccole estroflessioni. In questo modo ogni polipo, quando mostra i tentacoli estroflessi, aumenta la superficie capace di catturare il cibo. I polipi hanno una forma molto semplice “a sacco”. La bocca, che si trova al centro dei tentacoli, fa entrare il cibo nel “sacco” che funziona da stomaco. Ciò che non può essere digerito viene semplicemente rigettato fuori dalla bocca che così assume anche la funzione di ano. Generalmente le gorgonie vengono considerate organismi coloniali particolari. Esse si sviluppano a partire da una larva planctonica che ha origine dopo la riproduzione sessuale che avviene per fusione di due gameti. Sembra che i gameti siano prodotti solo in aree specializzate della colonia. La larva si fissa su di un fondale idoneo e dà origine ad un singolo polipo primario che inizierà a moltiplicarsi dando vita ad una nuova gorgonia. Ogni polipo è collegato con gli altri attraverso una rete di tubuli che uniscono le cavità gastriche, consentendo scambio di diverse sostanze. Inoltre esiste anche una rete sensoriale che collega i polipi e consente una reazione collettiva in caso di disturbo. Attraverso essa, quando vengono infastiditi i polipi dell’apice di un ramo, anche quelli sottostanti reagiscono ritraendosi. Il fatto che i polipi siano collegati tra loro porta a considerare le gorgonie, e gli organismi con simili caratteristiche, non colonie vere e proprie, dove gli organismi dovrebbero essere ben distinti e capaci di vivere autonomamente, come avviene per esempio nelle colonie di pipistrelli o di uccelli, ma superorganismi, come lo si intende in ecologia, formati da un gruppo di singoli individui che interagiscono tra loro come se fossero un unico organismo. È il caso delle api da miele, dove esistono individui nati da un’unica regina e autonomi, ma incapaci di vivere se non nella loro colonia. Nel caso delle gorgonie, come abbiamo visto, il legame tra i singoli polipi è ancora più stretto. Il lavoro dei polipi è relativamente rapido. In

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Una gorgonia rossa-Paramuricea clavata. (foto L. Capurro)

un anno sono in grado di realizzare una piccola struttura che può raggiungere i dieci centimetri circa di altezza. Le grosse colonie di gorgonie rosse che si trovano nei fondali del Promontorio di Portofino hanno invece decine di anni, sino a 50 e oltre per quelle che sfiorano il metro di altezza. In generale i ventagli formati dalle gorgonie sono disposti in modo che le correnti marine possano attraversarli e questo per dar modo ai polipi di catturare un gran numero di organismi planctonici, trasportati appunto nelle correnti marine. Se le correnti per qualche motivo cambiassero direzione, le gorgonie, incapaci di orientarsi nuovamente, sarebbero destinate a soccombere. Tra i “nemici” di questi splendidi animali vi è una piccola ciprea, un mollusco dalla conchiglia lucida (Neosimnia spelta), che si ciba dei tessuti e dei polipi. È capace di produrre lacerazioni sui “rami”, che lasciano intravedere l’asse centrale delle gorgonie, ma generalmente la sua attività non causa eccessivi problemi alle popolazioni sui fondali. Generalmente, nei fondali a maggiori profondità, si trovano le gorgonie verrucose, che si riconoscono perché mostrano colore bianco e il calice che ospita i polipi rialzato in maniera caratteristica. A profondità minori (-25/-40 metri), sono comuni le splendide gorgonie rosse, dalla forma che ricorda un grosso ventaglio scarlatto. Sono loro che nell’Area Marina Protetta di Portofino originano con i grossi “rami” un vero e proprio habitat, sospeso sopra il fondale, che ospita gli altri organismi del coralligeno. Tra i “rami”, infatti, vivono e si fissano moltissimi organismi che sfruttano spesso l’orientamento favorevole dei ventagli. Le gorgonie gialle sono comuni negli ambienti ombrosi che si trovano a qualche decina di metri dalla superficie. Gorgonie gialle e rosse possono comunque trovarsi occasionalmente anche a profondità rilevanti insieme alle gorgonie verrucose. Più superficiali, anche se si trovano talvolta sino a 40/50 metri di profondità, sono le esili gorgonie bianche, dai rami allungati, che spuntano tra le alghe verdi a pochi metri di profondità. Per la loro vicinanza alla superficie, soprattutto le gorgonie gialle e quelle bianche, possono risentire dell’effetto delle stagioni particolarmente calde e, in alcuni periodi estivi, sono state oggetto di estese morie causate dall’eccessiva ed anomala temperatura delle acque marine.


COMMERCIO

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di Emilio CARTA

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

DON VALENTINO

Rapallo chiama gli innamorati... e non solo Dall’11 al 14 febbraio una serie di eventi musicali, gastronomici e culturali nel segno del Tango uest’anno, almeno in teoria, i “botti” di fine anno non dovevano esserci. A Milano un’ordinanza li ha vietati per abbattere l’inquinamento da polveri sottili (sic!). In altre città altrettanto civili, come Torino e, se ricordo bene, Venezia li hanno vietati per non provocare choc agli animali da compagnia. Da Napoli invece silenzio assoluto ma in Campania, si sa, toccare i “botti” è come sparlare di Maradona o porre in discussione il miracolo di San Gennaro. A farla breve, in diverse città liguri, tra cui Genova e La Spezia, almeno ufficialmente, i fuochi d’artificio sono stati banditi in segno di rispetto per le vittime dell’ultima alluvione. Qualcun altro amministratore del ponente ligure li ha invece vietati ricordando il recente e drammatico rogo boschivo temendo una tragica ricaduta. Andando formalmente contro corrente, ma non è così, una lancia va comunque spezzata a favore di quelle cittadine che da secoli, vedi Rapallo con le feste di luglio e Recco con l’8 settembre ad esempio, sui fuochi d’artificio puntellano la loro economia. Rapallo ad esempio nei mesi scorsi aveva proposto una riproposizione della notte dei fuochi anche per Capodanno. Il triangolo dell’iniziativa vedeva ai vertici l’Ascom, i massari dei Sestieri e, naturalmente il Comune. Il messaggio che alcuni mesi fa si voleva far decollare in pratica era questo: venite a

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Rapallo a festeggiare il 2012: c’è il Christmas village con i giochi per i bambini, danze e cotillons per giovani al chiosco della musica (con dj, panettone e spumante) e in una palestra con un’orchestra più tradizionale per le coppie meno sbarazzine. Inoltre dopo mezzanotte un colorato spettacolo pirotecnico. Alla faccia di Parigi che aveva vietato di brindare in piazza con bottiglie di vetro per evitare tafferugli e disordini per l’imperversare delle bande giovanili. Insomma se a Parigi non si poteva brindare con lo champagne e alzare gli occhi al cielo per ammirare i fuochi d’artificio (restavano comunque le spettacolari luci lungo l’Avenue des Champs-Élysées) a Rapallo lo si poteva fare impunemente. Invece niente. Il golfo di Rapallo è così rimasto al buio. Peccato. Intanto l’Ascom dopo il successo del Christmas Village prosegue la sua marcia come un bulldozer. A febbraio, in occasione della festa degli innamorati, nella cittadina rivierasca decolleranno infatti una serie di eventi denominati “Don Valentino” con un occhio di riguardo all’Argentina, al Tango, alla gastronomia ed alla cultura di una terra che nel primo Novecento ha visto tanti italiani emigrare in Sudamerica per sfuggire alla povertà. Ce ne anticipa qualche sprazzo Elisabetta Lai, che da un anno ha preso le redini dei commercianti ridando en-

tusiasmo all’intera categoria: “Sì, sarà un evento dedicato all’Argentina alla sua cultura, alla storia, alla musica ed alla gastronomia di quel grande Paese”. In particolare? L’11 febbraio inaugureremo al castello una grande mostra dedicata al pittore Ernesto Morales, uno dei massimi artisti argentini il cui nonno, tra l’altro era un rapallino appartenente alla famiglia Tassara. L’Ascom sosterrà i costi della mostra mentre il Comune si farà carico gli eventi collaterali. La nostra città sul lungomare sempre l’11 febbraio ospiterà un grande spettacolo di danza con la partecipazione del grande tanguero Roberto Herrera. Inoltre dal 10 al 12 febbraio i commercianti promuoveranno lo “sbarazzo” invernale. Così chi verrà a Rapallo potrà trovare l’occasione per comprare a buon mercato ed assistere ad eventi di grande impatto. D’Accordo, ma agli innamorati cosa riserverete il 14 febbraio? Gli hotel Bristol ed Excelsior in quella data ospiteranno spettacoli di tango argentino così come le varie piazzette del centro storico di Rapallo e di Zoagli che si trasformeranno in magici palcoscenici con spettacoli itineranti ed esibizioni di ballerini, le caratteristiche milonghe, dove verranno create apposite sinergie con i vari locali ed esercizi pubblici per offrire piatti tipici della gastronomia argen-

tina. Sarà una festa degli innamorati ma non solo perché vogliamo ospitare tutti coloro che vogliono sentirsi parte viva di questa fiesta ma anche chi vuole coccole. Avremo persino i venditori di fiori, in smoking naturalmente. Altri progetti? Stiamo studiando un “green carpet” primaverile sul lungomare per far conoscere e promuovere la gastronomia ligure, quella verde, a base di erbe, dalle torte ai ravioli e a quella cucina cosiddetta povera del nostro territorio. E per l’estate proporrò una riedizione estiva del Village con casette a forma di cabine degli stabilimenti balneari. Vedremo cosa diranno gli iscritti di queste proposte.

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il 14 febbraio

La Festa più Romantica dell’Anno ’ incontra il calore e la passione dell’Argentina ’ celebrandone le tradizioni folcloristiche e gastronomiche.

I nostri migliori Chef e Barman e le più Prestigiose Scuole Nazionali di Tango animeranno le piazze e le vie di Rapallo per una serata indimenticabile


RICORDO O SOGNO? QUANDO... E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Mauro MANCINI

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RAPALLIN

Dal Convento delle Clarisse al Castello dei Sogni “Na-gea”, ”a-e Nagge”, Avenaggi l lettore di queste mie pagine si sarà ormai reso conto che la mia propensione alla ricerca del nostro passato verte maggiormente alla vita ed ai sentimenti delle persone che qui hanno vissuto, piuttosto che alle interessanti, ma pur anco aride foto di quegli anni. Amo definire questo mio ‘vagabondare’ nel tempo che fu: “ö gio di misci” (la passeggiata dei poco facoltosi), un modo dei vecchi rapallini di visitare, con poche risorse, la vita e i luoghi più inesplorati della nostra città. Questo girovagare mi porta oggi nella zona chiamata, in tempi lontani, “Stella”; la definizione attuale è “a-e Nagge” derivata forse dal genovese “na-gea” (nella ghiaia) oppure da una antica famiglia Avenaggi qui residente. Potremmo stabilire approssimativamente i suoi confini dal Convento delle Clarisse al Castello dei Sogni; mi è di aiuto in questo ricordare la signora Angela Cuneo “Lina”, classe 1922, che dalla ‘bûttëga’ della sua famiglia aperta fin dai primi del novecento di fronte ai giardini delle Rane, ha fruito di un osservatorio privilegiato sulla vita del sestiere Seglio. Ella racconta: ” Quando ero bambina, nella villa che fu dei Riva, vivevano Gaetan e Driottu, fratelli pescatori che vendevano i prodotti del loro andar per mare, tingevano le reti nel truogoloforno ancora oggi esistente nella pa-

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rete esterna; vivevano qui anche Marietta e la sorella. Le case che erano allora in riva al mare appartenevano ai Ruisecco, agli Arata ed ai Canessa, al piano terra viveva Bertin con il padre e la sorella; egli possedeva barche molto capienti dai nomi Speranza, Italia, Roma con le quali trasportava i turisti in gite nel golfo; i suoi mozzi erano i fratelli Pietracaprina: Vittorio, Andrea, Ettore e l’indimenticabile Nino Gironi, che osservavo andare sempre scalzi. Si raccontava che quando Ettore dovette calzare le scarpe per andare al servizio di leva,non riuscisse a camminare. Bertin era un armatore in miniatura che per procacciarsi i clienti faceva sedere l’anziano padre, con in testa il caratteristico berretto di lana blu con pon-pon rosso, sulla panchina di pietra sotto l’eucalipto a ripetere l’invito: “Monsieur, batteau?” ai turisti stranieri. Pippo Ottonello gestiva col padre Giuseppe e la sorella Alice i bagni Europa nella spiaggetta detta ‘delle Monache’. Mio padre, il falegname Manuelo, aveva il laboratorio in via Avenaggi; davanti alla bottega teneva una barca che fece a pezzi quando due delle sue sei figlie corsero un pericolo perché uscirono da sole col mare agitato. Driottu asseriva che Manuelo era il migliore pescatore di polpi dell’intero golfo Tigullio. La bottega del calzolaio Pietracaprina era invece più avanti, in via Montebello,

Epitaffio per l’eucalyptus delle Nagge

al quale chiedevamo la pece per estrarci dai piedi le spine dei ricci di mare. In estate passavano da qui i figli della famiglia Agnelli provenienti da villa San Faustino, accompagnati da istitutrici in divisa. Comperavano nel nostro negozio quei grandi cappelli di paglia, allora di moda, lo scrittore americano Ezra Pound e quello tedesco Gerhart Hauptman; il primo parlava poco, mentre il secondo scherzava con noi bambine e ci offriva caramelle. I conti Robilant ospitavano nella grande villa sul mare famiglie della nobiltà regnante europea. Famiglie di emigranti rapallesi tenevano qui i figli perché potessero studiare in scuole italiane. Fu la guerra e il muro antisbarco che ci divisero dalla nostra spiaggia”. Il racconto della signora Angela è, nonostante la sua età, vivace e commovente; sembra stia ancora vivendo questa testimonianza. Nella foto di fine Ottocento è ben visibile la sagoma di un giovane eucalipto che diventerà, negli anni, il simbolo e ritrovo non solo della gente del quartiere, ma di tutti i vecchi ‘rapallin’. Il 22 settembre 2006 esso è crollato lasciando un vuoto nel ricordo e nei sentimenti. La signora Daniela La Ganga, figlia di ‘Lina’ ha voluto dedicare, a tutti coloro le cui esistenze hanno animato il sestiere e che non sono più fra noi, la poesia qui riprodotta.

Addio Albero Antico, uno schianto.. e non ci sei più. Ci sgomenta il vuoto nel cielo, sbiadito e incolore a perdersi nel mare, ci stordisce il sole, non più filtrato dalla tua grande ombra e non sappiamo dove trovare rifugio. Senza profumo è l’aria, grigio il giardino: niente più bianche bacche in autunno, né gialla pioggia di stami a primavera. Addio caro eucalyptus, da due secoli ci guardavi benigno. Quando scorgeva la tua chioma, il barcaiolo sull’onda capiva d’essere in porto e il viandante, vedendoti ad un tratto dopo una curva, sapeva d’essere a casa. Tu ci amavi e nella caduta non hai nociuto ad alcuno, malgrado l’incuranza degli uomini. Grazie Albero amico, ora ti ergi maestoso e fiero nei giardini della memoria di ognuno di noi. Daniela La Ganga Rapallo, venerdì 22 settembre 2006


COME ERAVAMO

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di Bruno MANCINI

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

RAPALLIN

Marzo 1959: dä o “Bar do Cappo” in “ciassa do Basso”

Annuale riunione degli “Amici del Bar del Capo” Ascoltando alcuni di questi baldi giovani di cinquant'anni fa, si ricorda una serata indimenticabile, allietata da una bella cena in allegria, il tutto preparato dai signori Lidia e Attilio, titolari del bar.

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In alto: Luigi “Gigi” Garbarino Nella fila di centro: Luciano Rossi, Anselmo “Mino” Millesimo, Alberto “Berto” Ventura (seminascosto dalla macchina del caffè) In basso: Pier Luigi Rossit, Mario Forella, Sergio Barbieri

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Giacomo Costa e Linda Bavestrello

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Particolare del momento di festa, con alcuni partecipanti che mostrano lo... stendardo “ufficiale” della compagine

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hanno celebrato le loro

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Nozze di Diamante

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a S. Maria del Campo il 29 dicembre 2011

28 1 - Giulio Corio, professore di disegno, Scuola Statale di Avviamento Professionale “Manusardi” di Rapallo 2 - Michele Giordano; 3 - Giorgio Attolini; 4 - Giuseppe “Enzo” Morchio; 5 - Fortunato “Nocco” Olivari; 6 - Gianni Parodi; 7 - Giovanni Battista “Bacci” Ottonello; 8 - Luigi “Gigi” Tassara; 9 - Benedetto Pellerano; 10 - impiegato ufficio Poste; 11 - Mario Forella; 12 - Sergio Barbieri; 13 - Piero Repossi; 14 - Ernesto “Ernestino” Negri; 15 - Anselmo “Mino” Figari; 16 Luigi “Gigi” Garbarino; 17 - Ernesto Noce; 18 - Giovanni “Giuse” Radici; 19 - Alberto “Renato” Forzanini; 20 e 21 - signora Lidia con il marito Attilio Canale “Il Capo”; 22 - Pier Luigi Rossit; 23 - Alberto “Berto” Ventura; 24 - Gian Carlo Attolini; 25 - Anselmo “Mino” Millesimo; 26 - Giovanni “Moro” Fabbi; 27 - Luciano Rossi; 28 - Bartolomeo “Berto” Cifalco

I più affettuosi auguri dal figlio Anselmo, la nuora Marina e il nipote Alessio

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di Domenico PERTUSATI

“Les défroqués”: una scelta “controcorrente” (II) P

rima di riprendere e completare l’argomento affrontato nel numero precedente, mi preme mettere a fuoco alcune precisazioni. Ringrazio anzitutto coloro che mi incoraggiano a proseguire nella strada intrapresa (e sono tanti!) senza dimenticare chi non gradisce che vengano affrontate tematiche e questioni che per troppo tempo sono state tenute nascoste per reticenza o per ragioni di opportunità e interessi “riservati”. Se ci sono opposizioni, malumori, astio e acredine per quello che scrivo, vuol dire che ho toccato il punctum dolens, ho centrato, come si dice, l’obbiettivo. L’indifferenza sarebbe un segno sfavorevole e minerebbe quanto vado esponendo con rigore storico e adeguata documentazione. Devo pertanto essere grato anche a certi “cattolici integralisti” che si strappano le vesti come facevano a suo tempo i farisei. Si tappavano le orecchie per non ascoltare quello che aprioristicamente non accettavano. Questo atteggiamento rappresenta per me un ulteriore incitamento a continuare a riflettere e a scrivere sui mali che affliggono la chiesa con la speranza di favorire una necessaria chiarezza e trasparenza. Un grazie particolare a quei preti che in segreto mi sostengono e incoraggiano. RINNOVAMENTO IMPROROGABILE Non posso non condividere la convinzione di coloro che ritengono che la chiesa necessiti di un deciso rinnovamento. Non manca chi sostiene che la chiesa dovrebbe avere il coraggio di operare al suo interno una conversione a 360 gradi per aderire in tutto e per tutto al dettato evangelico. Senza pretendere tanto, è mia intenzione offrire un piccolo contributo, che sicuramente sarà respinto da chi comanda nella chiesa e non accetta rilievi o correzioni di sorta. E’ certamente paradossale ritenere che l’umiltà evangelica si addica ai “fedeli” che devono stare “sottomessi” e non a chi comanda in nome di Cristo. Proprio per questo sorprende ancora oggi l’atteggiamento umile di papa Giovanni Paolo I il quale non esitò a qualificarsi pubblicamente come un “povero cristo”. E’ il caso di

ricordare che nessun papa si era “sbilanciato” tanto. “Canit extra chorum”: vale a dire il suo è stato un canto fuori del coro. Ma veniamo all’argomento in questione: “les défroqués”, i sacerdoti che “lasciano” il ministero. E’ stato acclarato che il prete, anche se “licenziato”, può in casi di estrema necessità esplicare la sua funzione, anche in presenza di un prete autorizzato. (cfr.can. 976 del Codice di Diritto Canonico) LAICI “ANOMALI” Una domanda sorge spontanea: se le cose stanno così, il prete “dispensato” perché viene considerato meno degli altri semplici laici, che sono privi di quelle prerogative presbiterali incancellabili ed indelebili? Saranno laici sì, ma laici “particolari” o, se si preferisce, “anomali” proprio perché mantengono, anche se non lo esercitano, quel “carattere” che hanno ricevuto “in perpetuo”con l’ordinazione sacerdotale. Viene da chiedersi: quei “cattolici tutto d’un pezzo” che, sostenuti da esponenti qualificati del mondo clericale, si ribellano e disprezzano questi ex sacerdoti divenuti laici “sui generis” come possono sentirsi in sintonia con la dottrina evangelica? ALLE ORIGINI DEL CRISTIANESIMO La chiesa (quella che comanda) continua a negare ai preti la libertà di sposarsi, contraddicendo ad un passato autentico, quello delle origini del cristianesimo A questo proposito è superfluo ricordare che quasi tutti gli apostoli erano regolarmente sposati e pertanto Cristo non considerò il matrimonio un impedimento alla loro missione. La donna non è mai stata sottovalutata, anzi apprezzata per il suo servizio e la devozione incondizionata che non venne meno neppure sul Golgota nel momento supremo dell’agonia e morte del Maestro. In quella dolorosa “circostanza” tutti gli apostoli e discepoli “sparirono”, tranne Giovanni il più giovane, la Maddalena e altre donne coraggiose. Un dato è certo e inoppugnabile: la disciplina del celibato non è di origine apostolica. Nei primi secoli non venne imposta in alcun modo. Soltanto al principio (dal IV secolo) il

Gianni Baget-Bozzo, prete intellettuale, collaboratore apprezzato del cardinal Siri,venne ridotto allo stato laicale: dopo varie vicissitudini fu “riammesso”, non essendosi sposato.

celibato fu visto come una pausa “eucaristica” : veniva chiesto ai sacerdoti e ai laici di astenersi dalle relazioni sessuali prima della comunione come momento di purità rituale e di raccoglimento. “E’ dallo svolgimento di questo principio - annotava opportunamente Gianni Baget-Bozzo - che si giunge al celibato obbligatorio per i sacerdoti”. “Se infatti si vuole - precisava lo studioso citato - che i sacerdoti si astengano dall’uso del loro matrimonio prima della celebrazione dell’Eucarestia e prevale l’uso romano della celebrazione quotidiana dell’Eucarestia, è inevitabile che si deduca il criterio che già nel V secolo stabiliva Lupus vescovo di Troyes: “Chi non vuole che si generi nella clericatura, non costituisca sacerdoti dei coniugati”. L’astensione dal sesso diventa un atto di riverenza innanzi alla realtà divina”. CELIBATO OBBLIGATORIO La scelta celibataria era fino a quel momento libera e personale, non strettamente legata all’ordinazione sacerdotale. Per trovare l’imposizione del celibato ai preti bisogna risalire al concilio di Elvira, presso Granada (un concilio non ecumenico) del 306: il can.33 obbligava gli ordinati in sacris, impegnati nel ministero, ad astenersi dal rapporto intimo con le loro spose e a non procreare figli, pena l’espulsione. Soltanto con i concili Lateranensi del 1123 e del 1139 venne sancita l’invalidità del matrimonio contratto da un ecclesiastico che avesse già ricevuto gli ordini maggiori. Fino a quel momento il matrimonio, anche se illecito, conservava la sua validità. Così quello che inizialmente era considerato un carisma accolto come segno di dedizione totale al servizio del Regno di Dio veniva trasformato in una legge. Nelle Sacre Scritture non emerge affatto un vero e proprio obbligo al celibato. Che questa, poi, non fosse la esplicita volontà di Cristo lo si può inferire dalla scelta del primo papa, cioè Pietro, di cui il Vangelo menziona la suocera guarita appunto da Gesù, come attestano gli evangelisti: Matteo cap.8,14-15, Marco cap.1,29-31 ed infine Luca cap.4,38-39. In verità c’è anche l’invito a vivere “da eunuchi” per il Regno dei Cieli” (Mt.19,12). Ma non si tratta di un obbligo o di una imposizione. Gesù intende riferirsi alla scelta di chi liberamente rinuncia ad accoppiarsi. Il matrimonio dei preti è per molti cattolici inconcepibile, ormai abituati ad una prassi celibataria. Detto per inciso, il celibato non è sinonimo di castità. Mi permetto riportare una spiegazione “originale” di Montesquieu: era convinto che gli sforzi dei Papi, nel sostenere ed imporre il celibato, fossero indirizzati ad affermare la loro potenza, che “non sarebbe stata duratura, se ogni prete avesse avuto a cuore una famiglia”. E’ una tra le tante tesi sostenute in questo dibattito, che del resto rimane sempre aperto, anche se dichiarato chiuso per decreto dell’autorità papale.

Giovanni Paolo II dimostrò subito la sua contrarietà alla decisione presa da Paolo VI di concedere la dispensa ai preti che la chiedevano: pose delle restrizioni, allentate a poco a poco.

LE ECCEZIONI ALLA REGOLA Non c’è dubbio che oggi nel mondo cattolico esiste una situazione anomala. Accanto a preti celibi, è presente una minoranza di sacerdoti sposati: sono quelli che di recente hanno abbandonato l’anglicanesimo e sono passati con le loro mogli e figli nella Chiesa cattolica romana a causa del loro dissenso nei confronti della ordinazione sacerdotale delle donne. Se la Chiesa accetta preti sposati, ciò significa che la disciplina celibataria è e rimane di piena discrezione del Papa. Infatti Giovanni Paolo II ha sempre ribadito l’obbligo del vincolo come conditio sine qua non per l’ordinazione sacerdotale (cfr. Enciclica “Pastores dabo vobis”). E’ importante non dimenticare che nel mondo cattolico di rito greco da sempre il prete sposato non è un’eccezione: tuttavia chi si sposa non può essere eletto vescovo. Ma un primo passo importante è già stato fatto nella chiesa latina con l’ordinazione diaconale di uomini regolarmente sposati. Non posso non esprimere una certa perplessità di fronte all’atteggiamento duro e severo di Giovanni Paolo II. Questo papa, tanto apprezzato ed acclamato, nei primi anni del suo pontificato negò qualsiasi dispensa ai preti che chiedevano di essere esonerati, contraddicendo alle aperture paterne, anche se sofferte, di Paolo VI. Venne disposto che i preti che chiedevano la dispensa avevano l’obbligo di dimostrare che erano stati costretti a subire l’ordinazione sacerdotale o affermare che non avevano avuto piena coscienza di quello che facevano. In questo modo non c’era bisogno di dispensa, in quanto la stessa ordinazione sacerdotale veniva annullata, ritenendola mai avvenuta. Poi, a malincuore, dovette accettare la linea precedente al fine di evitare scandali dannosi. Le dispense effettive con la licenza di matrimonio vennero concesse, per quanto possibile, “con il contagocce”. BAGET BOZZO: UNA VICENDA “SIGNIFICATIVA” Tutti ricordano la figura di questo cattolico, che si è trovato a percorrere strade diverse.


Prima di essere ordinato prete a 42 anni, fu un esponente politico nel consiglio comunale di Genova. Cattolico convinto era solito ogni giorno (lo ricordo bene per averlo più volte osservato) soffermarsi a lungo nella chiesa del S.Cuore di Carignano per pregare, meditando sul vangelo in silenzioso raccoglimento. (Chissà se oggi i preti e i laici zelanti trovano il tempo per queste “cose”?) . Nel 1960 si schierò a favore del governo Tambroni. Pochi anni dopo ricevette l’ordinazione sacerdotale e fu tra i più apprezzati collaboratori del card. Siri che lo aveva avuto come alunno al Liceo Andrea Doria. Ad un certo punto cambiò atteggiamento politico sostenendo la linea “craxiana”. Riuscì a farsi eleggere due volte europarlamentare. Apriti Cielo! Il Vaticano non tollerò una tale presa di posizione. L’ordine era perentorio: i preti non devono “fare” politica!). Gli fu imposto di lasciare l’abito talare a cui era molto legato e venne ridotto allo stato laicale. A dir il vero, non ho seguito passo a passo le sue vicende personali. So di certo che, quando lasciò l’incarico politico, venne riammesso nel clero: la sua richiesta fu accolta dal momento che non si era sposato. Il matrimonio è l’ostacolo che la Chiesa non intende mai eliminare. Divenne in seguito sostenitore di un’altra linea politica, questa volta non sgradita all’autorità ecclesiastica. Lo fece con grande impegno e “autorevolezza”. Mi fermo qui perchè non intendo “scivolare” su argomenti politici di attualità. Intelligenti pauca: certamente

molti lettori conoscono meglio del sottoscritto come sono andate le cose… IL GIUBILEO DEL 2000 A proposito di preti “sposati”, vorrei ricordare quanto proponeva il teologo Giovanni Cerreti, che ho avuto la fortuna di conoscere e di apprezzare. Per i sacerdoti che avevano dovuto abbandonare il loro ministero per l’amore di una donna, per il desiderio di sposarsi e formarsi una famiglia senza allontanarsi dalla fede, si augurava che il Giubileo del 2000 potesse rappresentare una opportunità per riprendere il dialogo con quanti lo desideravano, conservando il carattere sacerdotale. “Non possiamo invitare alla nostra festa gli altri cristiani, i credenti di altre religioni, se prima non ci siamo riconciliati all’interno della nostra comunità cattolica, se non abbiamo superato le cause di emarginazione che ancora esistono per tanti membri della nostra chiesa. Il Giubileo diventerebbe veramente significativo come momento di riconciliazione, se la chiesa cattolica avesse il coraggio di riammettere attraverso il sacramento della riconciliazione i divorziati risposati e di reintegrare nel loro ministero presbiterale quei preti che lo potessero ancora desiderare.” (“La Rocca” - 1 novembre 1997). La situazione in cui versano taluni ex sacerdoti talvolta è drammatica: non hanno lavoro, il loro titolo di studio conseguito in seminario non ha valore legale; si sentono emarginati e dalla chiesa e dalla società civile. Non pochi conducono un’esistenza di stenti e di disagi notevoli; c’è anche chi è diventato un clochard. Non pochi che

Ordinazione di nuovi sacerdoti: purtroppo il loro numero è in forte diminuzione.

avrebbero desiderio di lasciare il ministero per regolarizzare la loro condizione di vita condotta more uxorio con la loro compagna, non lo possono o non si sentono di decidere in tal senso, come imporrebbe loro la coscienza, per la paura di rimanere addirittura senza pane, senza lavoro e votati alla miseria, mentre, continuando a mantenere il loro ufficio e la loro posizione, agli occhi dei fedeli sono apprezzati e riveriti e conducono una vita agiata e soddisfacente. In quel periodo si tenne a Roma un convegno delle donne dei preti sposati che chiedevano in piazza S.Pietro di essere ri-

cevute da Papa Wojtyla, per far presente i loro problemi e le loro esigenze: non hanno ottenuto udienza e sono state ignorate dalle autorità ecclesiastiche. Hanno rivolto il loro appello anche a Scalfaro, allora Presidente della Repubblica, di stampo cattolico, ma senza risultato. Chi disapprova tali comportamenti, non dimentichi che - come sosteneva Seneca nessuno è senza colpa. Pertanto le debolezze e i difetti che accompagnano la condizione umana, originariamente decaduta e corrotta, sono presenti in tutti, “in capite” e “in membris” , vale a dire dal vertice alla base.


GENTE DI LIGURIA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Alfredo BERTOLLO

RAPALLESI

La famiglia Bacigalupo fra medicina e cultura l cognome Bacigalupo è tipicamente ligure. Ne troviamo moltissimi nel levante ligure e nella vallata della Fontanabuona. Noi ci riferiremo ai Bacigalupo di Rapallo e, in particolare a quelli che sposarono donne “foreste” che diedero anch’esse lustro alla città. Massimo Ruggero Bacigalupo sposò nel 1911 Elfriede Antze, nata nella nordica Brema nel 1888 che si recò giovanissima a Sestri Levante. Essa fu fra le prime donne tedesche a dedicarsi a studi superiori, continuò l’università in Germania durante la Grande Guerra e si laureò a Rostock nel 1917. Tornata in Italia si specializzò in pediatria a Pisa nel 1921 e iniziò ad esercitare a Rapallo dove Massimo Ruggero aveva aperto la “Farmacia angloamericana”, centro della vita sociale locale. Elfriede accompagnò l’attività di pedistrs a quella di medico di famiglia di molti stranieri residenti, fra cui gli Hauptmann, gli Andreae, i Pound, gli Imperiale, i Brown e la baronessa Jeannie von Mumm. La sua tranquilla e serena competenza le guadagnò molta stima. Qualcuno disse di lei nell’anteguerra “A Rapallo c’è un solo medico uomo ed è una donna”. Una paziente ricorda: “Bastava che entrasse in camera mia e già stavo meglio”. Elfriede conosceva perfettamente tedesco, italiano, inglese e francese, suonava il mandolino. frequentava i letterati e sosteneva i concerti degli “Amici del Tigullio”, organizzati da Ezra Pound. Praticava molto il tennis, sport al quale educò il primogenito Giuseppe (Bubi): con il giovane prendeva parte a tornei di doppio finchè il figlio non superò la madre e divenne uno dei primi tennisti italiani. Anche lui medico, Giuseppe aprì una nota clinica “Villa Chiara”, e raccontò le sue esperienze mediche in un libro, “Ieri a Rapallo”, che ebbe diverse ristampe. I sentimenti umanitari dei Bacigalupo sono confermati dal nome dato alla villa, costruita su disegno di Elfriede “La Buona Terra”, titolo di un famoso romanzo (poi film) di Pearl S. Buck sulla vita dei contadini cinesi. Durante la guerra il villino, ap-

I

Bubi (Giuseppe) e Frieda Bacigalupo, 1945.

pena terminato, fu gravemente danneggiato da una bomba che cadde il 31 dicembre 1944 mentre la famiglia stava per sedersi a tavola per Capodanno e fece alcune vittime in un edificio vicino. La ricostruzione avvenne velocemente prima della fine del conflitto e il giardino della “Buona terra” fu il luogo dove Elfriede coltivava i suoi fiori e riceveva i suoi cinque nipotini che le allietarono i suoi ultimi anni. Morì nel 1973, ottantacinquenne, a “Villa Chiara”, dieci anni prima della nuora Frieda. Frieda Bacigalupo Natali (1909-1983), laureata in lettere a Pittsburg, aveva conosciuto a Siena il suo futuro marito, quel Giuseppe tennista e medico sopra ricordato; intraprese i suoi studi di medicina a Genova e si laureò nel 1943. Cominciò a lavorare con la suocera, ma fu subito evidente il suo carattere diverso, più espansivo e americano. Poteva sembrare brusca ed autoritaria ma sapeva ascoltare e consigliare le madri che le portavano i piccoli, ottenendo da loro fiducia immediata e quasi venerazione. Frieda prestava la sua opera nell’ambulatorio comunale dell’ ”O.N.M.I. (Opera nazionale Maternità ed Infanzia”. Qui introdusse nuovi metodi di puericultura, educando le madri alla medicina preventiva e alla vita sana all’aria aperta. La dottoressa americana fu presto una figura di spicco nella vita sociale di Rapallo, tanto che nel 1971 fu fatta Cavaliere della Repubbilca Italiana. Poliglotta come la suocera, Frieda coltivò una rete di amicizie in tutto il momdo e fu punto di riferimento

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Massimo Ruggero ed Elfriede Bacigalupo, fotografati intorno al 1960 nel giardino della loro Villa La Buona Terra con i cinque nipotini: da sinistra Andrea e Massimo Bacigalupo, Laura (seduta), Giuliana e Roberta Tagliaferro.

per gli stranieri che arrivavano in Riviera. Essa sapeva mostrare a loro tutti gli aspetti della vita italiana. Uno scenografo americano le scrisse spiritosamente “Ricordo quando arrivammo a Rapallo e tu ti prendesti carico delle nostre vite”. Lo scrittore newyorkese Gerald Green pubblicò un romanzo satirico sul suo soggiorno a Rapallo “The Portofino p.t.a” (1) in cui tracciò un’affettuosa caricatura di Frieda nei panni di una ferrea dottoressa che domina tutto il Tigullio. In realtà Frieda era dolce, affettuosa e immancabilmente disponibile. Fedele ai suoi primi interessi letterari fra gli amici contò Ezra Pound, che visitò anche in America, la violinista Olga Rudge, la collezionista L.M.:Riess, il sacerdote Desmond Chute, lo studioso filosofo Isaiah Berlim e moltissimi altri. L’instancabile dottoressa fu per molti anni nel Consiglio direttivo del “Circolo Culturale del Tigullio”, presieduto dsl musicologo Pietro Berri che invitò a Rapallo i maggiori concertisti. Con un gruppo di amiche italiane e straniere fra cui la suocera Elfriede, fondò nel 1957 la “Biblioteca Internazio-

nale di Rapallo”; raccogliendo diversi fondi librari e ne divenne presidente. La biblioteca, composta da libri italiani e stranieri, ora ubicata in Villa Tigullio, fu nel 1988 donata dalle fondatrici alla cittadinanza ed oggi è uno dei vanti della città con raccolta di libri stranieri unica in Liguria. Negli ultimi anni Frieda ebbe un ruolo direttivo nella F.A.W.C.O. (Federazione delle donne americane all’estero); ancor ogg l’ American women club di Genova assegna annualmente una borsa “Frieda Bacigalupo” ad uno studente meritevole per aiutarlo negli studi. I figli di Frieda e di Giuseppe non smentirono le capacità dei genitori e dei nonni: Andrea, come la nonna e il padre, è un valentissimo medico ematologo primario a Genova e Massimo, come il padre e la madre, ha seguito gli studi letterari ed è professore di lingua e letteratura americana. (1) P.t.a= parent teacher association (Trad. As-

sociazione di genitori e insegnanti. Il titolo del romanzo di Green giustappone paradossalmente la riviera italiana a una istituzione tipicamente americana.

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ANNI SETTANTA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Silvana GAMBÈRI GALLO

AMARCORD

Puffi e Paperi (tra funghi, Villa Rosa e il Castello di Rapallo) C

onfessione: nel (poco) tempo libero, alterno letture seriose a fumetti e film d’essai a cartoni animati. Una mente esecrabile, parlerebbe di schizofrenia culturale; io mi assolvo invocando Peter Pan, salviamo il bambino che è in noi. Tra l’altro ho visto nascere alcune creaturine buffe, totalmente in blu, quando avevo solo sette anni e mio padre acquistava il “Corriere dei Piccoli”: si chiamavano “Puffi”, abitavano il tipico bosco magico e fungoso. Perfetti rappresentanti delle nostre caratteristiche umane (il saccente, il vanitoso, il saggio, l’artista, ecc.) e un po’ maschilisti – o misogini – nell’ospitare una sola fanciulla, per giunta riconvertita subito in bionda mielosa: via, la brunetta arruffata delle prime storie. Con due nemici, il tradizionale scienziato pazzo (Gargamella) e la sua gatta Birba, che non si è mai risolto quanto sia convinta del ruolo e quanto ci marci. Ma poi, alle medie, ecco la scoperta

di “Paperinik”: la riscossa degli sfigati, il vero eroe/antie-roe con tempi comici degni del miglior Jack Lemmon per nascondere la doppia identità. Il papero giusto al momento giusto: nella fase critica, tutti ancora sospesi tra infanzia e adolescenza, divenne (ed è ancora) il mio mito. Chi non ha sognato un rifugio segreto, dove tramare ipotetiche rivalse divorando panini al prosciutto, mentre il mondo dorme? Ed esibire il coraggio che difetta nel quotidiano, al riparo della maschera che incoraggia i timidi, un vissuto sospeso tra Fantozzi e Batman. Per non parlare del diario di Fantomius (l’illustre

predecessore) così lontano dai nostri, color confetto e stucchevoli – rivestimento in velluto, un lucchetto minuscolo e chiavetta a penzoloni – ma inevitabili, elargiti da qualche parente tra i regali “da bambina”. Il libercolo di Fantomius era ben altro, narrava di un posto misterioso (“Villa Rosa”) con sotterranei e trabocchetti, dove avventurarsi fra ragnatele, cimeli del passato e quadri antichi. Una goduria, specie per quelli come me, reduci dalla visione proibita di un telefilm francese in biancoe-nero, “Belfagor il fantasma del Louvre”. E da quel lontano giorno del 1969, ho continuato a desiderare lo scantinato occulto di Paperino, l’ascensore nascosto nell’armadio e le maschere in lattice, gli stivaletti a molla per volare di tetto in tetto. Uno zompo dal grattacielo alla Cattedrale, e poi su Corso Italia, infine alla Stazione; non male, per una che soffre di vertigini già al terzo gradino

della scaletta casalinga. Nel 2009 l’annuale Mostra Internazionale dei Cartoonist venne dedicata a Paperinik e le pareti del nostro Castello esposero molte tavole sul mio eroe; in più una splendida locandina, col papero che si erge in campo lungo e abbraccia col mantello tutto il golfo. La bambina di – giusto – quarant’anni addietro non poteva chiedere di più, quella che ha mantenuto costante il rapporto, non perde un album a fumetti del “nostro” e cita (ohibò) pure alcune battute a memoria. E quando, a sorpresa, ho ricevuto la tessera di “Rapalloonia” ecco il compiacimento: qualcosa in me è fumettistico e fanciullesco, la parte senz’altro più vera. Ingrid Bergman disse: “La felicità è buona salute e cattiva memoria”. Sul primo punto, non resta che affidarmi al destino: e più gli anni passano più la vita diventa una roulette, dove sperare che non vinca il “banco”. Quanto al resto, vorrei che il papero-in-black mi offrisse una scorta di “caramelle cancellin”, frutto di quel gran genio di Archimede, che eliminano i ricordi e rasserenano il cuore. Specie nelle notti d’insonnia, quelle in cui l’ora del lupo non dà tregua ed evoca immagini e bilanci così fastidiosi. Quelle in cui preferirei avere gli stivaletti a molla, e dopo guardare il mondo dall’alto nella notte, vagando fra tetti bui e gatti sperduti. Che assomigliano a me.

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CULTURA

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E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

Circolo Hemingway: incontri con gli scrittori IL CIRCOLO HEMINGWAY RAPALLO È UNA ASSOCIAZIONE DI VOLONTARIATO CULTURALE CHE HA SEDE A RAPALLO PRESSO HOTEL RIVIERA, IN PIAZZA IV NOVEMBRE 2

L’ 11 Gennaio è stata la volta della presentazione in prima nazionale del nuovo romanzo dello scrittore Carlo A. Martigli toscano, ormai Rapallese d’adozione, che con 999 L’Ultimo Cavaliere ha venduto più di 150mila copie in tutto il mondo, Nella sala gremita dell’Hotel Riviera è stato presentato il romanzo “l’Eretico” edito da Longanesi (presente con una numerosa delegazione) Il dibattito è stato “frizzante” e ha stuzzicato la curiosità dei futuri lettori, la platea con i suoi interventi ha fatto da cornice e l’amico Giorgio Karalis, che presentava la serata,

ha accompagnato lo scrittore nella sua presentazione che ha alternato momenti di profondità culturale a momenti in cui ci ha deliziato con aneddoti leggeri e divertenti.

SCOPI DEL SODALIZIO:

Vi aspettiamo numerosi ai prossimi eventi di Febbraio e Marzo che vedranno rispettivamente impegnati gli amici Giorgio Karalis e Luisa Marnati.

BUON 2012 a tutti

Perseguire esclusivamente finalità di solidarietà sociale nell’ambito dello sviluppo delle attività ed iniziative della Cultura. L’Associazione si propone pertanto di svolgere le seguenti attività: • Intraprendere iniziative di diffusione della cultura attraverso il coinvolgimento attivo dei cittadini anche in collaborazione e sinergia con le altre organizzazioni di volontariato culturale • Organizzare manifestazioni artistiche, corsi di formazione aggiornamento, conferenze, convegni e dibattiti

CIRCOLO HEMINGWAY RAPALLO Piazza IV Novembre n° 2 16035 RAPALLO e-mail eh.rapallo@gmail.com

IL DIRETTIVO Presidente - Salvatore ALONGI Vice Presidente - Pierangelo PAGANINI Consigliere Addetto Relazioni Esterne - Gianni ARENA Segretario - Nadia BRIGANTI Tesoriere - Ludovica RUSSO Consigliere addetto all’Organizzazione – Remo CASTRUCCIO Consigliere – Antonio CODAZZI Consigliere – GianRenato DE GAETANI Consigliere – Georgios KARALIS Consigliere – Luisa MARNATI Consigliere – Luigi Ernesto ZANONI Revisore dei Conti del Circolo Hemingway Rapallo D.ssa Nadia BOSCHINI

PAGINA REDAZIONALE

associazione culturale “Circolo Hemingway Rapallo” che ormai è una realtà culturale della nostra città, continua con la sua attività e i suoi eventi. Dopo l’evento dedicato a Hemingway, il 14 Dicembre 2011 ha organizzato un incontro con la scrittrice ligure Sara Rattaro che ha presentato il suo nuovo romanzo “Un uso qualunque di Te” che sarà pubblicato a febbraio dalla casa editrice Giunti, che è la stessa casa editrice dei successi di Susanna Tamaro. Il nuovo “talento” della narrativa ligure con l’evento “Debolezze e Fragilità della donna… narrate sottovoce” si è confrontata con il pubblico approfondendo dai vari punti di vista il suo precedente libro di successo “Sulla sedia sbagliata” (Morellini Editore). Un romanzo dove la figura della “madre” e comunque della donna è preponderante ma che ha stuzzicato la platea maschile che è intervenuta e si è confrontata con la

L’

scrittrice cercando di far emergere le figure maschili presenti nel romanzo. La discussione si è poi sviluppata sulla diversità dei ruoli tra padre e madre nella vita dei figli e sul modo di vivere il dolore e la perdita. Il pubblico ha poi puntato sulla personalità della scrittrice così solare e positiva che è riuscita a scrivere sul “dolore” pagine che hanno commosso e in sala qualche lacrima ha fatto capolino sui visi di mamme e figlie durante la lettura di alcuni passaggi. Sull’onda di queste emozioni ha colpito anche come la scrittrice ha “centrato” la descrizione dell’animo degli adolescenti co-protagonisti nel romanzo. L’autrice ci ha poi introdotto il suo prossimo romanzo attraverso la proiezione di una clip regalandoci alcuni spunti sulla storia, il rapporto tra un uomo e una donna, il loro amore la loro vita ed anche qui fa capolino il “dolore” fonte di crescita e di sviluppo per l’animo umano. Speriamo di poter incontrare Sara al più presto.


VIAGGI E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Vinicio TEMPERINI

CURIOSITÀ

Al Jubayil, un moderno porto “italo-arabo” iamo in Saudi Arabia - Regione Sharaqiya - costa sul Golfo Persico (Al Hassa). È una zona tra le più ricche di petrolio (quantità e qualità) dell’Arabia e del mondo. Due i porti principali dell’area: Al Dammàm (più multifunzionale) e Al Jubayil (più per petrolio). Facciamo qualche commento sullo sviluppo di Jubayil, oggi uno dei più moderni ed efficienti di tutto il Medio Oriente. Fino a qualche anno fa questo porto aveva qualche limitazione (relativa ovviamente) pur essendo in una zona apertissima alla edificazione e su un mare molto favorevole - anche geograficamente - ad un intenso traffico marittimo moderno. Considerando che due tra i pozzi più produttivi del Paese (Berri ed Alqatta) gli sono molto vicini lo Stato Arabo decise un importante intervento per un grande sviluppo di tutta Jubayil, porto - città strade - infrastrutture etc. Una considerazione: la massiccia opera edilizia ha continuato e continua in ogni settore in tutta l’Arabia Saudita. Notevole ed esemplare il metodo adottato. Con intervento di esperti locali e di tutto il mondo fu scelta l’area sul mare in cui operare. Lo spazio ancora completamente libero certo non mancava e non manca. Sempre in collaborazione con i massimi livelli di competenza, esperienza , cultura specifica furono preparati e disegnati i piani nei minimi particolari. Fu preparata una vera e propria “Mappa” con tutti i programmi specificati. Moli, canali, calate, magazzini, pompe, depositi per liquidi, gru, elevatori già in previsione dello sviluppo dei containers etc. Programmato ogni possibile dettaglio. Alle imprese scelte logicamente tra le maggiori mondiali fu affidata l’esecuzione totale “chiavi in mano” dei vari settori e della consegna finale dell’opera completa. Facile immaginare l’enorme problema già dal coordinamento di date, movimenti, inter-progressi etc. L’Italia con alcune delle più importanti Imprese partecipò sin dall’inizio all’impostazione e programmazione ed alla fornitura e messa in opera di materiali e macchinari, sopratutto per la parte “Portuale”. Il sottoscritto (e ne è orgoglioso...) fu parte del “Manipolo d’assalto” della spedizione Italiana che ebbe il compito di programmare: 1) Esportazioni ed imbarchi in Europa (Fornitori, Banche, Ministeri, Dogane, Assicurazioni etc); 2) Formalità import (come sopra più

S

alta Burocrazia e Ministeri) a Jeddah; 3) Formalità import ( come sopra per media Burocrazia) a Ryiadh; 4) Sbarco (Dogana, Assicurazione, Banche) ad Ammàm. Indi trasporti e relative consegne/montaggi (via mare e/o terra) ad Al Jubayil. Ed ora la parte più personale, “sociale” del nostro discorso. Ricordo con una certa emozione i primi contatti in una vasta zona sul mare, quasi deserta con i progetti letteralmente disegnati a terra con tutti

i dati indicativi sui punti in cui dovevano essere consegnati e poi messi in opera macchinari e materiali, Avevano addirittura segnato chiaramente le precedenze e la cronologia degli interventi. Abbiamo visto così letteralmente “nascere e crescere” il “nostro” nuovo Porto di Al Jubayil che non va assolutamente visto come un semplice ampliamento del precedente. Ammetto che la considerammo un po’ una nostra “creatura”. La strada che abbiamo percorso e ripercorso, giorno e notte, è ottima. Circa un centinaio di chilometri in una zona in certi punti arida e spoglia ma con sorprendenti tratti con piante, palmeti, ricca vegetazione, verde, movimento e vita. Pochi incontri ma sempre con gente cortese ed amichevole. Pochi gli italiani (allora, oggi non saprei) anche se non è mancato l’incontro a Ràs al Tannūra con la Pizzeria Bella Napoli dove però non servivano il Kebab....... La collaborazione locale è stata esemplare e il “modus vivendi” e il conseguente “modus operandi” furono trovati subito. Probabilmente la capacità di affrontare sempre ogni problema con ottimismo e speranza ed un certo tot di umanità e tolleranza tipico degli italiani fu di molto aiuto ma la positiva buona volontà degli interlocutori arabi la ri-

cordo con grande stima ed apprezzamento. Come ricordo piacevolmente tutti i problemi (tanti....) risolti assieme con il ....”Manipolo d’assalto arabo”....... Chi ama il mare ed ha operato a lungo in un porto con dedizione ed amore per il suo lavoro in qualsiasi Paese e

Continente (sono tentato di esagerare.....o Pianeta...) sa che si tratta di una relazione intima, profonda, gratificante. Ti lascia per sempre un segno positivo, indelebile. In fondo il porto è l’anima di quell’essere che noi amiamo. Il Mare !


LIBRI

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a cura di Massimo BACIGALUPO

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

Maria Jatosti “Ritorno a Nesci”

La scrittrice romana rivisita cinquant’anni dopo la Rapallo da lei vissuta con Luciano Bianciardi on dal gabellino ci arriviamo, ma dall’Aurelia fiorita e tortuosa. Il piccolo borgo riparato sotto i colli è perduto, inghiottito dall’arrampare inesorabile dei tempi. E i ricordi si negano. Dovremo stanarli nell’interno, costeggiando il Boate. Qui di colpo si affollano, incalzano, si scompigliano: le grandi nuotate, il sole a pancia all’aria sui sassi, il silenzio dei colli grigi, le assorte pedalate dalla messe estiva del mare verso il silenzio della grande casa dalle stanze vuote, le porte chiuse, le notti insonni, il terrazzo sferzato dal sole e dal vento dove non attecchisce nulla, e dove oggi campeggia, la vedi Alice?, un incongruo padellone parabolico. Il portoncino al numero nove non si vede: scomparso, inghiottito anche lui. Ma, con un sussulto, e la voce turbata – o è la mia immaginazione? – di Marcello, eccola la scuola, la sua prima scuola. – C’era la vecchia maestra tra il pubblico, oggi: emozioni garrule e lacrimose, memorie ondivaghe. – Il primo strappo, il mio pianto, davanti a quei cancelli, oltre la pozza fangosa del piazzale puntualmente allagato dalle stagionali inondazioni dal fiume. La curiosità di Alice frustrata: il portone è chiuso. Niente visita alla scuola. Si risale in macchina e via. Laggiù, come una promessa, il mare che balugina oltre la barriera di cristallo dei grandi caffè e degli alberghi liberty carichi di storia. Dài Marcello e si va coi ricordi, pedala pedala, via dalle sponde affannose, dai sassi infestati di topi e di corpi sudati, dovizia di tette e di natiche, via dal bagnasciuga straripante di relitti e rumente scaricati dal vasto mare. Il polpo, dice Marcello, me lo ricordavo molto più grande e il carrugio è tutta una mostra luccicante. Il mare devi cercarlo dietro la cortina ininterrotta di baracchini da fiera: palloncini, stelle de carta, sbrindelli di colore che s’infilano tra le nuvole,

N

da Mario

stridore di trombette, fischietti, sonagli: è la festa: tutti col naso in su. Il vecchio castello, poco più in là, dorme ottuso e stolido appollaiato sulla passerella, come il cormorano nero immobile sugli scogli, chiuso al pubblico. Niente retrospettiva: un’occasione evitata. Si potrebbe prendere la funicolare, esiste ancora? e salire lassù fra crinali brulli e pelati, fino al nostro colle che galleggia nel crepuscolo, avvolto nel silenzio. Ecco la panchina di pietra, la piazzetta, un piccolo slargo, e, lì sulla sinistra, avvilito, l’ingresso della libreria. Cerco invano l’insegna, una luce, un segnale... Le smemoratezze di Gotta, i discorsi di Emanuelli, del vecchio Arnoldo, le apparizioni del magnifico Pound, il tenero impaccio del piccolo operaio marsigliese divoratore di livres de poche, i pudori dell’anziana signorina, i silenzi ironici del giovane Massimo, la sinuosità sfuggente della padrona irlandese e del suo setter fiammeggiante... Fuori, echeggiare di voci e giochi impertinenti, le chiacchiere di Graziella, il carrugio dei vitelloni dei mugugnanti furrrbi: Un goto d’aegua pe’ piaxé. Belin se l’è bun un toco de fugassa cu’ un goto de giancu. Cu stu freidu.... Dai carrugi saliva nottetempo, stralunato, digiuno, cupo e con la sbornia storta, il pittoettore bugiardo. Un piatto di spaghetti, un bicchiere di vino e tante parole balorde, imbelinate... Una fitta al cuore, a tradimento. Era ieri l’altro, quasi mezzo secolo fa. Il nipote Vittorio col suo amico blasonato. E lei. Tutti e tre appena usciti gioiosi dall’acqua. Vent’anni, capelluti, romani, più tardi esibiti con orgoglio nel carrugio grande, che è tutto per loro. Fantasmi. La fronte diaccia di tramontana, il naso all’aria e al vento gravido di pioggia trattenuta – arriva di non so dove un odore acuto di eucalipti. La voce di Marcello un po’ scura, un po’ arrochita dalle sigarette, ancorché sottili e manufatte, arrotolate

Trattoria a Rapallo dal 1 9 6 3

Maria Jatosti presenta il suo libro Con amore e con odio (Manni Editore) alla Biblioteca Internazionale di Rapallo il 17 dicembre 2011, con letture della nipotina Alice Jatosti. Molte pagine di Con amore e con odio ricordano gli anni trascorsi a Rapallo con Luciano Bianciardi che qui ambientò il suo ultimo romanzo, Aprire il fuoco.

con esperta perizia, che spiega a un’Alice curiosa e impaziente, i pregi della quarzite di Sanfront, e le indica – solo ieri li guardavamo vivere dietro le vetrate dell’acquario più scenografico del mondo – la razza, il rombo, l’oloturia, il nicchio, il delfino e il pesce sega, con quella grottesca appendice sul muso. Il passeggio davanti ai moribondari è lento e sfioccato. La crisi si sente anche così. Le orde padane non sono ancora scese, i sassi ampoixi sono spogli, solo e inquieto si aggira il fantasma di Ezra Pound. Allunghiamo il passo. Laggiù, dicono, hanno costruito un grande porto. Ieri in una Portofino deserta, poca roba in rada, colpa della mareggiata dei giorni scorsi, o, di nuovo, anche qui, della crisi che spinge gli yacht miliardari verso paradisi esotici più garantiti. È ora di merenda. Alice ha fame e si va nel fitto dei carrugi in cerca di fugassa calda. Con la cipolla. Ma quella non è l’agenzia immobiliare, e lì non c’era il Canevari con i coccetti asettici della moglie danese, la taglierina per gli ovoli e la macchinetta brevettata per il suo primo caffè. Lungo, molto lungo, alle sei del mattino. È tempo di andare. – Le partenze all’alba senza un saluto e i ritorni furtivi nottetempo, il treno in pendenza sui binari scoscesi, il piazzale dei pullman odoroso di eucalipti bagnati... – Fantasmi. Le nuvole s’addensano, minaccia pioggia. E piove, infine. Il ritmo del tergicristallo segmenta

il silenzio. È bello sentire la pioggia picchiare sul tetto delle auto o sul porfido dei selciati romani. O sul viso, leggera, a zonzo per Parigi, clopin clopant. Il nostro viaggio volge alla fine. Un viaggio nel passato per ritrovarsi, in una specie di paradiso laico, fermare il tempo oggettivo, concentrarsi su di sé e parlarsi, ascoltarsi, confrontare i ricordi, le verità. Capire.... Un bisogno di silenzio ci avvolge nel commiato e quella malinconia assorta che è spesso compagna della bellezza. I saluti già sono alle spalle. A presto, amico mio, mentiamo. Il faut pas attendre longtemps. Non possiamo aspettare troppo. Il nostro tempo ha fretta. È corto. Un ultimo sguardo indietro, un ultimo pensiero alla stanza pentagonale: bottiglie vuote, gocce per dormire, mascherina di una compagnia aerea sugli occhi, tappi di cera nelle orecchie, uscio ben serrato contro il mondo... Da quell’angolo qualcuno costretto all’esilio, destato dal filo di luce che filtra dalle tapparelle, accompagnato dal rombo delle prime auto che imboccano il gabellino e si avventano impazzite verso Nesci, continua ancora a guardare dal finestrone, nell’attesa di un segno che non arriverà. Qualcuno con un vecchio storico Mauser nascosto e pronto, all’occorrenza, ad aprire il fuoco contro il nemico di sempre.

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STORIA LOCALE E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Eugenio BRASEY

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FERROVIA

Arrivano la strade ferrate dell’alta Italia Quando i treni erano in orario ed in ritardo era la stazione ferroviaria ! l 31 di ottobre del 1868, pochi anni dopo l’unità d’Italia, a quell’epoca già era stato redatto il primo progetto di tunnel Rapallo - Fontanabuona, che è datato 1860, entra trionfalmente in Rapallo, il primo fumante treno della sua storia. Che non dovesse passare dove attualmente corre la strada ferrata oggi, è ormai cosa risaputa; il suo percorso, all’epoca, fu oggetto di feroci polemiche tra Rapallo e Santa Margherita e tra Recco e Camogli, diatribe che sfociarono sino nelle aule del nascente parlamento del Regno e nelle più alte sfere dell’Amministrazione Ferroviaria, ma anche questo è fatto noto e di quelle interessanti cronache ce ne occuperemo in una prossima puntata. La ferrovia voluta fortemente dai Savoia, costruita in poco tempo, come tutte le grandi opere fatte in fretta, lascia incompiute una serie di iniziative complementari ancora da realizzare quando l’opera principale viceversa è già terminata. A questa regola non fece certo difetto la ferrovia a Rapallo. Insieme al suo unico binario venne costruita contemporaneamente una piccola stazioncina che doveva costituire la stazione ferroviaria provvisoria e che era situata dove oggi c’è il deposito bagagli cioè quel piccolo corpo guardando l’attuale stazione, posto all’estrema sinistra di essa. Quel piccolo stabile forniva all’utenza di allora una sola piccola sala d’aspetto che doveva funzionare da attesa sia per i viaggiatori di 1 che di 2 e 3 classe, nonché anche per piccolo deposito di merci in attesa di prendere la strada della propria destinazione. Quella piccola sala d’aspetto obbligò quasi giornalmente l’utenza ad atten-

I

dere il treno all’aperto; la ferrovia infatti sin da subito ebbe un notevole sviluppo ed affluenza e quella minuscola sala d’aspetto, fu da subito troppo carente per il traffico di passeggeri e merci che in breve vi si sviluppò; e l’attesa all’aperto, ieri come oggi, è cosa alquanto sgradita quando d’inverno fa freddo e piove oppure quando d’estate fa caldo ed i raggi spietati del sole non concedono tregua. Per di più l’attesa risultava sgradita anche per i pochi che, anche trovando posto in sala d’aspetto, erano comunque obbligati a convivere con merci ivi stipate di ogni tipo e genere. Questa situazione che doveva essere provvisoria con il passare degli anni infastidì sempre più rapallesi e turisti, e con essi l’amministrazione locale, forse

A fianco del vecchio ospedale, segnalato nella foto con un circoletto, si nota il primo capannone-stazione per la fermata del treno.

nella recondita e temuta ipotesi che detta soluzione da provvisoria finisse, come spesso accade in Italia, in una sistemazione definitiva. Da una planimetria allegata ad una Convenzione tra il Municipio di Rapallo e L’Amministrazione Finanziaria del 20 agosto 1879, per la piantumazione di alcuni alberi e collocazione di sedili nella piazza esterna alla Stazione Ferroviaria, si può notare come la stazione definitiva rimanga ancora sulla carta e che la stazione provvisoria sia ancora in essere. Da detta foto è interessante notare come la ferrovia sia a binario unico e che l’odierna Piazza Molfino sia ancora per gran parte proprietà delle Ferrovie e che al posto della stazione finita vi è solo una linea tratteggiata che significa ancora da costruire. Di lagnanza in lagnanza passano quindici anni di difficoltà e disservizi per i passeggeri e danno economico per l’intera città, finché il 3 maggio 1881 in una sofferta adunanza di Consiglio Comunale, il Consigliere Norero prende la parola ed effettua una notevole reprimenda contro le ferrovie dicendo che “ ... i passeggeri che regolarmente pagano il biglietto sono obbligati ad attendere il treno fuori della stazione ferroviaria... riepiloga tutte le lagnanze già anni addietro adombrate in una lontana delibera di Giunta Comunale del 18 agosto 1869, allora recapitata sia al Ministro degli Interni che alla Direzione Tecnica Governativa della Ferrovia, ….. evidenzia che dopo dette lagnanze fu costruita una nuova seconda sala che si

dimostrò subito carente stante l’aumento del traffico merci e passeggeri…”. La fine del suo discorso sarà perentoria con un imperativo finale “ ... questo stato di cose non può durare …” esclama che i cittadini e turisti rapallesi hanno diritto ad attendere il treno al coperto dal sole e dall’acqua e propone al Consiglio “ …. che il Ministero dei Lavori Pubblici decreti la definitiva costruzione della nuova stazione ferroviaria”, proposta che ovviamente il Consiglio Comunale votò all’unanimità. Il 31 luglio del medesimo 1881 il Sindaco Vignolo avuta assicurazione solo due giorni prima, dall’Amministrazione Ferroviaria, dell’approvazione della nuova costruzione appone agli angoli della città un manifesto dove annunzia la nuova stazione ferroviaria definitiva. E sbagliò. I tempi non saranno comunque brevi, come assicurato dalle Ferrovie, dovrà ancora scorrere parecchia acqua sotto i ponti o meglio parecchi treni sui binari. Infatti negli archivi comunali esiste un carteggio datato 12 dicembre 1882, dove le Strade Ferrate dell’Alta Italia assicurano il sindaco di Rapallo “ … dell’avvenuta approvazione ministeriale del contratto con la ditta Chiappe ….. e che al più presto (??) la città potrà finalmente vedere incominciati i lavori”. Dopo quasi vent’anni di ritardo Rapallo vedrà la sua stazione ferroviaria solo nel 1884; da quel momento la stazione ferroviaria di Rapallo non sarà più in ritardo, cominciarono ad esserlo i treni …… ed il Tunnel Rapallo Fontanabuona!!!!


ARTE E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Claudio MOLFINO

molfino.claudio@libero.it

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ILLUSTRATORI

Carlo Jacono, il pittore degli eroi U

n noto critico d’arte, in una trasmissione televisiva, disse che il valore di un opera d’arte e naturalmente del suo autore potrebbe essere quantificata considerando il numero di persone che la conoscono, una riflessione che puo apparire semplicistica ma in qualche maniera spiega certe quotazioni raggiunte da opere piuttosto che di altre di uguale valore artistico ma meno conosciute al grande pubblico. Se questa regola fosse vera in assoluto in Italia il “Numero 1” dovrebbe essere Carlo Jacono, credo che non ci sia italiano che non sia entrato in contatto con una delle sue opere. Carlo Jacono il creatore delle copertine del mito editoriale chiamato “Il Giallo Mondadori” entrato per decenni nelle case degli italiani. Chiunque, specie tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta, abbia comprato una copia di quella o molte altre pubblicazioni, lo ha fatto guidato da lui, Carlo Jacono: un artista che, senza nemmeno un tubo

CITTÀ DI RAPALLO BIBLIOTECA INTERNAZIONALE

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“SABATO IN BIBLIOTECA” 25 FEBBRAIO "25 anni di libri" Incontro con Rosellina Archinto ***

24 MARZO "I fratelli Karamazov” Laura Salmon, Pietro Fabbri e il Gruppo di Lettura Feltrinelli-Teatro della Tosse

catodico, ha tenuto in mano l’immaginario degli italiani per circa mezzo secolo. Talento, studio e capacità di conciliare la ricerca artistica con l’arte popolare nel senso più puro, l’illustrazione di pubblicazioni da edicola, questa è la formula che Jacono ha applicato per tutta la vita. Fin dagli esordi nel 1951, con gli occhi puntati sulle copertine dei “pulp magazine” americani ma anche le foto di scena dei film di Hollywood, Carlo Jacono comincia a guadagnarsi da vivere realizzando le sue prime copertine de “Il Giallo Mondadori”. In breve tempo diventa l’illustratore di fiducia di Alberto Tedeschi, creatore e direttore della celebre testata, che nel 1961 gli affida anche la collana sorella, “Segretissimo”. E intanto si ampliano le collaborazioni: la “Domenica del Corriere” e mille altre riviste, copertine per albi a fumetti e illustrazioni per narrativa di ogni genere: non solo giallo, ma anche avventura, fantascienza, fantasy, western, favole… Un’infinità di mondi pieni di eroi ed eroine, che rendono Jacono uno degli artisti più richiesti dagli editori. Carlo Jacono non resta confinato nel mondo dell’illustrazione, la sua cultura pittorica influenza le copertine dei periodici, che si staccano sempre di più dai rigidi modelli americani per assumere connotazioni personali. Sotto gli occhi dei lettori, Jacono arriva persino ad assimilare materiali diversi, come cartoline, carte da gioco, banconote, fogli di giornale, ritagli del National Geographic e fotografie, che vengono integrati nelle immagini da un sapiente uso dei colori. E alla fine di questo percorso di ricerca diventa quasi impossibile distinguere lo sviluppo di Jacono pittore da quello di Jacono illustratore: cambiano solo le tecniche. Nelle eroine dei romanzi di avventura e di spionaggio si riflettono i suoi Nudi. Al tempo stesso lo sguardo dei suoi Guerrieri, si travasa in certi personaggi del mystery. Paesaggi, fondali e personaggi passano scambievolmente dalla pittura all’illustrazione,

Libro giallo di G. Watson “Il peccato dell’Arcivescovo”, 1983 (copertina di Carlo Jacono)

Guerriero, 1998 - olio su tela 60x80

Nudo, 1996 - olio su tela 60x50

in un’osmosi continua. La particolarità sta nel fatto che la pittura di Jacono, presentandosi settimana dopo settimana ai lettori italiani, riuscì a penetrare profondamente nell’humus culturale nazionale e si potrebbe asserire che se oggi in Italia esiste una generazione di scrittori noir, in buona parte lo si deve a Carlo Jacono e alla sua capacità di dipingere il co-

lore degli eroi. Ho avuto modo di conoscere Jacono frequentatore assiduo della tipografia durante i suoi soggiorni rapallesi, e pur essendo passati oltre dieci anni dalla sua scomparsa ogni volta che mi capita un “Giallo Mondadori” mi tornano alla mente le sue battute salaci, il suo schietto umorismo e sopratutto le sue risate contaggiose.


CINEMA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

Quando scrivo, prima di tutto penso a quel lettore che io stesso sarei se non fossi un recensore.

di Luciano RAINUSSO

AL CINEMAin

diagonale

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Roberto Escobar

This must be the place di Paolo Sorrentino Il ventaglio segreto di Wayne Wang

Sul piano europeo Sorrentino è sicuramente uno dei cine-autori di maggior talento. (Basti pensare, tra i suoi film, a Il divo, convincente affresco surreale sulla nostra prima Repubblica, con al centro Giulio Andreotti, mostro politico). Con questa nuova opera, il quarantunenne regista napoletano si affianca ai colleghi che non si sono lasciati sfuggire lʼoccasione di realizzare un film in terra americana. (Tra costoro spicca Michelangelo Antonioni, il quale, negli USA, girò Zabriskie Point, indimenticabile pellicola sulla contestazione giovanile). E, come Antonioni, Sorrentino è riuscito a filtrare, attraverso la propria percezione di autore, particolarità e stilemi di un cinema arduo da affrontare per uno straniero. Il risultato è questʼopera matura e nuova, sia nella forma sia nei temi, accostabile in qualche modo al citato film di Antonioni, nonché a quel Paris Texas, di 30 anni fa, in cui il tedesco Wim Wenders raccontò il vagabondare di un uomo abbandonato dalla moglie. Allʼottima riuscita dellʼopera ha contribuito lʼestroso Sean Penn nel ruolo del protagonista: un ex rocker indolente e malandato che, alla morte del padre, reagisce realizzandone una ossessione: rintracciare e punire lʼaguzzino nazista che lo aveva umiliato in un campo di concentramento di Germania.

Quando la notte

di Cristina Comencini

Una lei e un lui tra le montagne della Val dʼAosta. Lei, una mamma con figlioletto difficile che non le da requie; lui, una guida alpina, scontroso oltre ogni dire, guastato da un doppio abbandono: dalla madre prima, dalla moglie poi. Giacché la donna ha preso casa per le vacanze presso di lui, i due si scrutano, diffidenti e curiosi. Un incidente (ma forse si tratta di qualcosa di più) capitato al bambino dà luogo al loro incontro, con prevedibile, conseguente relazione amorosa. Questa, in poche parole, la vicenda del nuovo film della Comencini, regista da sempre attenta ai temi della famiglia, alla vulenrabilità dei sentimenti. (Tra i suoi film, il migliore è forse Matrimoni, una garbata commedia corale che spezzava più di una lancia a favore dellʼadulterio, visto addirittura come una terapia). La traduzione in immagini del romanzo della stessa regista è abbastanza felice; funziona nel descrivere le asperità del nuovo rapporto dei protagonisti, almeno per buona parte del film. I personaggi hanno una loro corposità, reazioni e sentimenti veri, ben resi dagli interpreti: Claudia Pandolfi, alla sua prova più matura, e Filippo Timi che potrebbe essere il migliore dei nostri attori, se evitasse certi eccessi espressivi.

Film cino-americano firmato da un regista di origine hongkonghese, in cinema da ventʼanni, noto in Italia per alcuni film importanti. (Si ricorda, in particolare, The center of the World, girato negli USA: una spregiudicata commedia sulla vacanza a Las Vegas di un giovane informatico con una ballerina di lapdance, noleggiata per lʼoccasione). Ora, è la volta di due ragazze cinesi legate da un giuramento particolare, vissute in un lontano passato, vittime di un orrendo rituale (quello dei piedi mantenuti piccoli, per un motivo di perverso piacere maschile). In più, per analogia, lʼamicizia di altre due giovani cinesi di oggi, una delle quali potrebbe essere lʼautrice del libro da cui il film è desunto. Per la verità, lʼintreccio è piuttosto criptico, a causa della continua alternanza tra passato e presente. Ma il film ha una tessitura che, per i suoi toni lirici e dolenti, coinvolge non poco. Attrici di ottima resa. Una di esse, la splendida Bingbing Li, è tornata recentemente sui nostri schermi con Detective Dee e il mistero della fiamma fantasma, geniale film dʼazione cino-hongkonghese. (Vi interpretava unʼaffascinante donna-soldato al servizio della prima imperatrice cinese).

Il cuore grande delle ragazze di Pupi Avati

Il consueto film del settantaquattrenne regista bolognese: evocativo, svagato, crepuscolare, quasi mai del tutto apprezzato dalla critica. Qui, sullo sfondo della campagna emiliana degli anni Trenta, si racconta di un figlio di mezzadro che sʼinnamora della figlia di un possidente, venuta da Roma, e vuole sposarla a tutti i costi. Siamo un poʼ dalle parti di Renzo e Lucia. Tra molto favolismo e poco sarcasmo, le situazioni sanno di sana pazzia. (Indovinata la lunga ricerca di un prete disposto a unire in matrimonio i due sposi, seguiti dal corteo di parenti ed amici), È ovvio che la cerimonia si farà, ma la notte di nozze riserva una sorpresa, a causa del neo-marito, innamorato sì... ma delle donne. La vicenda ha qualcosa di vero, dal momento che Avati ha voluto raccontare una storia riguardante i suoi nonni. Un poco di asprezza in più e qualche bozzetto meno facile e avremmo avuto un piccolo gioiello. Al centro, in una prova di sostanza, Cesare Cremonini, ex leader dei Lunapop, e Micaela Ramazzotti, forse la nuova Monica Vitta, stando ad Avati. Intonata allʼatmosfera retrò del film la partitura musicale di Lucio Dalla.

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LETTERE E NOTIZIE

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

POSTE/1 CE L’HO, CE L’HO, … MI MANCA Caro direttore, ancora una volta sono a chiederti ospitalità in questa tua rubrica: infatti, da anni, colleziono buste di corrispondenza consegnate in ritardo corredate da tutti i reclami possibili. Quella che ti propongo, che mi mancava, è stata spedita dall’ufficio protocollo del Comune di Rapallo il 20 dicembre 2011 per la manifestazione del ‘Confuoco’ del 30 dicembre 2011 e consegnatami il 4 gennaio 2012. La distanza dal Comune a casa mia è di circa 550 metri, il postino, che non ha alcuna colpa, non suona più due volte, ma consegna una volta ogni 2 settimane. Lo slogan delle Poste Italiane dovrebbe essere: “Pratichiamo qualsiasi attività economico-commerciale esclusa la consegna della corrispondenza”. L’onere per il Comune, di un servizio disatteso è di euro 0,60 per posta prioritaria, oltre naturalmente la mancata comunicazione al destinatario. Ti ringrazio per la tua paziente sopportazione, Mauro Mancini Tuo Giriamo la lamentela del signor Mancini alle Poste. Per fortuna, Il nostro giornale è consegnato a mano; quindi non dovrebbero esserci problemi di ricezione!

POSTE/2 Caro Direttore, non se ne può più! Anche questa mattina, 3 Gennaio, sugli undici sportelli di cui l'Ufficio di via Boccoleri dispone, solo cinque funzionavano. Se poi si tiene presente che il computer che regola il flusso, è programmato per dare precedenza ai clienti-posta, a noi che ci andiamo per usarla, non come bazar, ma per le funzioni per le quali l'avevano creata, non resta che aspettare un'ora, prevaricati da altri, come pecore mute pronte ad essere munte da tutti. Le "commesse" pardon le "impiegate" poi ci mettono del loro. Grazie se vorrà pubblicarla; siamo in molti ad essere scocciati. Lettera firmata

COMUNICAZIONE Caro Direttore, il mese scorso, al “Confuoco”, il Sindaco ha illustrato tutte le

"cose" fatte da questa Giunta, lamentando però che la maggior parte dei Cittadini queste "cose" non le sa. La stessa lagnanza aveva fatto il consigliere Cianci, oltretutto Coordinatore del P.D.L, in un incontro conviviale. Ma non c'è un “portavoce del Sindaco” retribuito? Tutti ormai si sono organizzati, risparmiando i soldi dei “portavoce” ed utilizzano gli innumerevoli "media" per dialogare con i cittadini. Se noi non sappiamo è perchè, chi ne avrebbe interesse, non si dà da fare. Grazie e cordialità R.B.

PIRATI Una moderna Odissea termina (la nave Savina Caylyn, liberata) e un'altra ha inizio (la Enrico Ievoli, sequestrata). Se il mondo non ammette che è legale, oltre che opportuno, sparare a vista sugli occupanti dei veloci "barchini" che, in acque internazionali, as-

Invitiamo i lettori a volerci segnalare suggerimenti, problemi. Pubblicheremo le vostre istanze, raccomandandovi la brevità dei testi per evitare dolorosi tagli.

Scriveteci a Redazione “IL MARE” Via Volta 35 - 16035 Rapallo E-mail: rapallonotizie@libero.it

saltano le navi in transito, non se ne esce. E se l'ONU, la NATO e le altre organizzazioni internazionali (i cui "dignitari" vediamo abbuffarsi in occasione dei loro convegni in giro per il mondo) non programmano convogli scortati da navi militari ed elicotteri in ben note zone marine del pianeta, saremo sempre punto e a capo. C'è ancora qualcuno che crede che a volte questi novelli “espropriatori proletari” si commuovano e lascino libere le loro prede senza compenso? Luigi Fassone, Camogli

PREVIDENZA Caro Direttore, quante storie, Signori della Cassa di Previdenza dei Giornalisti! E così, care Casse dei notai, dei geometri, degli avvocati, dei commercialisti, degli ingegneri, degli architetti, dei periti, dei ragionieri, dei consulenti del lavoro, dei farmacisti e dei parafarmacisti, dei veterinari, dei medici, degli odontoiatri, degli spedizionieri, dei camalli, degli operatori di culto, delle anime e dei cimiteri, degli addetti alla nettezza urbana, delle fattucchiere e degli sciamani! Quando, ...anta anni fa,la florida Cassa Marittima (gli Ufficiali della Marina Mercantile Italiana ammalati avevano diritto a camera singola con servizi) fu obbligatoriamente fusa con l'INPS mica ci fu una rivolta simile a quella odierna tanto da far soprassedere dalla decisione il Ministro Fornero del tempo. Macchè, la si buttò nel crogiolo, un miscuglio che lèvati, e la storia finì lì, perchè i marittimi si sa, per mare vanno e questi pesci pigliano... Lettera firmata

IL COMANDO POLIZIA MUNICIPALE INFORMA CHE A PARTIRE DA

GENNAIO 2012 LA PULIZIA STRADA MENSILE DI VIA TITO SPERI VERRAʼ EFFETTUATA IL 4° GIOVEDIʼ DEL MESE DALLE 7.30 ALLE 11.00 E LA PULIZIA STRADA MENSILE DI VIA MAGGIOCCO VERRAʼ EFFETTUATA IL 4° MERCOLEDIʼ DEL MESE DALLE 7.30 ALLE 11.00

La nostra collaboratrice Ilaria Nidasio, è stata ammessa al Dottorato di Filosofia (Scuola di Scienze Umane) presso l'Università di Genova. Progetto di ricerca: "Motivi platonici in Gadamer. Una nuova interpretazione dei due pensieri". Docente tutor: Francesco Camera. Ilaria Nidasio si è laureata nel 2008 in Filosofia con la tesi "La verità nascosta. Oralità e scrittura in Platone", relatore Walter Lapini. voto: 110/110 e lode; nel 2010 ha conseguito la Laurea Specialistica Magistrale in Metodologie Filosofiche. Tesi: "Oralità e scrittura. Gadamer a confronto con Platone", relatore Francesco Camera. Voto: 110/110 e lode. La redazione de Il Mare fa i migliori auguri di buon lavoro a Ilaria.

Associazione Culturale

Caroggio Drito MERCOLEDÌ 11 GENNAIO Gita a Milano: Visita alla Mostra di Artemisia Gentileschi a Palazzo Reale Pranzo in loco Partenza ore 8,00 da Piazza delle Nazioni con pullman riservato SABATO 21 GENNAIO - Ore 16,30 - Villa Queirolo Conferenza Dott. Sandro Pellegrini “Genovesi alle Canarie fra 1500 e 1540 negli atti dei notai” MERCOLEDÌ 15 FEBBRAIO Gita a Genova: Visita a Palazzo Ducale per la mostra “Van Gogh e il viaggio di Gauguin” Pranzo in loco Partenza ore 8,30 da Piazza delle Nazioni con pullman riservato SABATO 18 FEBBRAIO - Ore 16,30 - Villa Queirolo Conferenza Dott. Barbara Bernabò “Letterati e genealogisti nella Rapallo del XVIII secolo”


di Renzo Bagnasco

LETTERE E NOTIZIE

Gargantua E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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Il proverbio del mese Famme e freido fan vegnî o pellamme neigro Fame e freddo fanno diventare la pelle nera

Associazione Culturale A COALINN-A

Liquore di Limone Procurarsi 12 limoni non del tutto maturi e un bel pugno di foglie. Sbucciarli sottilmente (escludendo la parte bianca), mettere le bucce sottili a macerare unitamente alle foglie, in un litro d’alcool a 95°, tenendo incoperchiato il tutto. A parte si fa bollire un litro d’acqua nel quale si saranno ben sciolti 3 etti di zucchero. Una volta intiepidita, versarla nell’alcool con ancora le bucce. Se l’acqua fosse ancora calda, nell’operazione, c’è il rischio che l’alcool ribolla, ustionandovi. Appena tutto freddo, si filtra e si imbottiglia e, dopo almeno 10 giorni di riposo, è pronto. Con questa esatta dose di zucchero, il liquore diviene ottimo digestivo e, se allungato con acqua tiepida, un delizioso “canarino” per digerire.

6 gennaio, ore 11,30 incontro all'Hotel Jolanda di Santa Margherita. Per prenotare telefonare ai numeri 0185-281945 oppure o103733869 22 gennaio ore 16,30 Hotel Tigullio & de Milan di Santa Margherita. Letture di racconti e poesie di Alfredo Bertollo e Lisa Pesatore

n questi giorni è nuovamente distribuito nelle migliori librerie, da Sagep Editore, la terza edizione de La CUCINA LIGURE di Bagnasco e Boccalatte, liguri DOC. E’ il libro più venduto sulla cucina ligure (quella vera) da quando, nel 1999, vide la luce in collaborazione con il quotidiano il Secolo XIX. Descrive dettagliatamente 335 ricette, tutte realizzate utilizzando quello che oggi è reperibile ancora sul mercato, avvalendosi di quanto la tecnologia moderna ci mette a disposizione in fatto di elettrodomestici. Un libro quindi consultabile giornalmente, se si vuole mangiare secondo la tradizione. Dopo l’introduzione seguono i “Menù delle ricorrenze” codificati e presenti nelle nostre feste durante l’intero arco dell’anno. Poi molti suggerimenti per, volendo, rifarsi in casa la “Gastronomia dimentica” e, finalmente, le ricette vere e proprie. Uno dei due autori, Renzo Bagnasco, è lo stesso che tiene su questo giornale la rubrica di gastronomia “Gargantua”. Con la stessa chiarezza, spiega per bene in questo libro, le 335 ricette in modo che sia facile eseguirle.

I

CASARZA LIGURE Via Annuti 40 (Croce Verde) Apertura: Martedi ore 12

www.ac-ilsestante.it

MESE

Gennaio

Giorno

Spazio Aperto di Via dell’Arco Associazione di Promozione Sociale

Gennaio GIOVEDÌ 19, ore 16.00 Riflessioni sul matrimonio Il film “Donne in attesa” di Ingmar Bergman (1952) a cura di Luciano Rainusso [RISERVATO AI SOCI] SABATO 21, ore 16.00 La chitarra acustica Concerto e illustrazione delle tecniche: fingerpicking, tecniche percussive, amplificazione ed effettistica, contaminazione di generi musicali, ritmi e poliritmi Claudio Bellato, chitarrista DOMENICA 22, ore 16.00 L’arte di esprimersi... oltre le parole Uno scorcio di tecniche espressive utilizzate in Psicologia per la promozione del benessere e per la consapevolezza di sé Valentina Vinelli e Sabrina Cassottana, psicologhe, counselor e teatroterapeute SABATO 28, ore 16.00 I problemi dei bambini Come capire e intervenire sul disagio dei nostri bambini Silvia Olivotto, psicologa psicoterapeuta

Febbraio

20 12 Lunazioni, Stagioni e Segni Zodiacali

Ora./min. Descrizione

Domenica 01

07:14

Primo Quarto

Lunedì

09

08:30

Luna Piena

Lunedì

16

10:08

Ultimo Quarto

Venerdì

20

17:11

Il Sole entra nel segno dellʼ

Lunedì

23

08:39

Luna Nuova: 11A Lunazione del Sonno

Martedì

31

05:09

Primo Quarto

ACQUARIO

GIOVEDÌ 2, ore 16.00 Musica e voglia di libertà Il film “I Love Radio Rock” di Richard Curtis (2009) a cura di Luciano Rainusso [RISERVATO AI SOCI] SABATO 4, ore 16.00 Portofino raccontata da uno dei suoi protagonisti Isabella Herzfeld, antropologa, intervista l’autore del libro “Memorie di Giovanni Carbone”



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