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PORTO diporto &

IL MAGAZINE CHE APRE IL PORTO ALLA CITTÁ

Aiuti di Stato, mina vagante


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5 Shipyards with14 Dry Docks 5 Shipyards with14 Dry Docks Good maritime strategic locations 5 Shipyards with14 Dry Docks Good maritime strategic locations Up to maritime VLCC DDstrategic Size Good locations Up to VLCC DD Size Operating 24/7 Up to VLCC DD Size Operating 24/7 47 years of maritime experience Operating 24/7 47 years of maritime experience An Hub experience 47 Engineering years of maritime An Engineering Hub Over 2 Kms of repairing Berth An Engineering Hub Over 2 Kms of repairing Berth Adequate draft and easy Berth access from Over 2 Kms of repairing Adequate draft and easy access from open seasdraft and easy access from Adequate open seas Achieved open seasCredibility on Safety and on Achieved Credibility on Safety and on honouring deadlines on Safety and on Achieved Credibility honouring deadlines honouring deadlines Specialist in Ship Repair since 1967 in the heart of the Mediterranean Specialist in Ship Repair since 1967 in the heart of the Mediterranean Specialist in Ship Repair since 1967 in the heart of the Mediterranean

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sommario

IN ESCLUSIVA Interventi di: Massimo Bernardo, Raffaella Salvemini ------Interviste a: Stefano Sorrentini, Luca Antonellini, Marco Spinedi, Pasqualino Monte, Sergio Prete, Zeno d’Agostino, Giordano Bruna Guerrini, Michele Marsiglia, Patrizio Podini,

Anno XII - N° 7 - Luglio 2016 Direttore responsabile Antonio De Cesare Direttore editoriale Maurizio De Cesare Hanno collaborato a questo numero: Massimo Bernardo - Cosimo Brudetti Eduardo Cagnazzi - Michela Fanis Giovanni Grande - Alberto Medina Italo Merciati - Stefano Meroggi Sandro Minardo - Riccardo Russo Francesco S. Salieri - Raffaella Salvemini Carolina Sinnopoli - Franco Tanel Stefania Vergani Amministrazione e abbonamenti amministrazione@portoediporto.it abbonamenti@portoediporto.it Costo abbonamento Italia € 110, estero € 220 CCP n. 81627671 - AM editori srl Via Diaz, 54 - 80055 Portici (Napoli) Pubblicità e marketing marketing@portoediporto.it Listini e specifiche tecniche www.portoediporto.it Progetto e realizzazione grafica Paola Martino Stampa Morconia Print Morcone (BN) Il magazine Porto&diporto è proprietà di AM editori srl info@ameditori.it redazione@portoediporto.it www.portoediporto.it Autorizzazione Tribunale di Napoli n. 17 del 15 febbraio 2006 Periodico associato all’USPI Unione Stampa Periodica Italiana E’ vietata la riproduzione totale e/o parziale di testi, fotografie e di qualsiasi altro contenuto o allegato. Tutti i diritti sono riservati.

SHIPPING 4 - Ottimi risultati per Ia Naples Shipping Week 6 - “Che t’aggia di …o riest e’ nient”! 8 - Assoagenti Campania elegge presidente Stefano Sorrentini 10 - Siremar, parte il rilancio dei trasporti marittimi siciliani 11 - Msc Sveva, la portacontainer più grande del mondo 12 - Wärtsilä, intensa attività sullo scenario internazionale 14 - I Piloti del Porto festeggiano 150 anni di storia a Napoli CROCIERE 15 - Il marchio Costa Asia ordina due nuove navi a Fincantieri EUROPA 16 - Aiuti di stato a Napoli, mina vagante per la portualità CANTIERISTICA 18 - Fincantieri, forte presenza sui mercati mondiali FORMAZIONE 20 - Il corso-workshop MOST per professionisti italiani INFRASTRUTTURE 22 - Un presidente coraggioso per il porto di La Spezia 24 - Interporto di Bologna punta su logistica e immobiliare 26 - Incoraggiante semestre per il porto di Bari 28 - Pasqualino Monti: il nuovo ruolo di Assoporti 29 - Porto di Taranto, investimenti per ridefinirne il ruolo 30 - Sviluppo traffici ferroviari strategia vincente a Trieste 32 - L’uovo di Colombo per le grandi navi in Laguna 35 - Portacontainer: a Gioia Tauro un bacino di carenaggio 36 - A Venezia, tra luci ed ombre, si presenta l’anno portuale 2016 LOGISTICA 38 - Come e perché catalogare 26 milioni di container

39 - Omlog the Art of Logistics partner di Art Expo 2016 TRASPORTI 40 - La sfida di Sciarrone le merci sulle linee AV 42 - Antitrust, sanzioni miliardarie a costruttori di autocarri 44 - Confetra Nord Est, le cariche per il prossimo triennio 45 - Il car sharing ecosostenibile chiede di fare di più e meglio SICUREZZA 46 - Comitato Atlantico Italiano formazione e sicurezza ENERGIA 47 - FederPetroli: ridisegnare politica energetica italiana 48 - Idrogeno nel Piano strategico dei combustibili alternativi AZIENDE 49 - Raddoppia in 5 anni l’eCommerce italiano 50 - Di Gennaro Spa festeggia cento anni rivolti al futuro 52 - Amazon investe nel Lazio: nuovo centro distribuzione 53 - Il Gruppo Md vara un piano da 100 milioni di euro ECONOMIA 54 - Pesca e acquacoltura programma FEAMP 2014-2020 55 - Mezzogiorno, ripresa lenta NAUTICA 56 - Produttori e aziende nautiche escono da Confindustria 57 - Benetti: due premiere mondiali al Monaco Yacht Show 2016 58 - Toscana mette in rete eventi per nuova manifestazione INNOVAZIONE 59 - Aero Sekur, emissione Bond per piano investimenti 60 - Una fabbrica di droni marini in Toscana LIBRI 61 - Napoli e il mare nel Viceregno spagnolo TURISMO 64 - Le 5 scoperte archeologiche in gara alla BMTA di Paestum


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Ottimi risultati per la II Naples Shipping Week

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ltre 3500 ospiti provenienti da 40 nazioni hanno partecipato agli oltre 40 eventi della II edizione della Naples Shipping Week, la manifestazione organizzata dal Propeller Port Club di Napoli e da ClickutilityTeam che si è conclusa nella storica cornice di Palazzo Reale, luogo simbolo di Napoli. Governance dei porti, sostenibilità e innovazione le parole chiave della settimana, gemellata con Genova, che ha coinvolto l’intera città con eventi speciali e iniziative culturali organizzati fra la Stazione Marittima, il Molo San Vincenzo, la Stazione Zoologica Anton Dohrn, il Porto di Napoli, Villa Doria D’Angri, Piazza del Plebiscito, l’Università Parthenope di Napoli e altri luoghi del capoluogo campano. Per l’occasione la nave scuola «Amerigo Vespucci», il veliero simbolo della Marina Militare, ha fatto tappa a Napoli per tutta la settimana accogliendo quasi 23.000 visitatori e offrendo un ricco programma di eventi durante la sua sosta. In concomitanza della NSW si è anche svolto il “Forum delle Funzioni di Guardia Costiera del Mediterraneo” (MedCGFF), organizzato dal Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, che ha coinvolto i rappresentanti di circa 95 Organizzazioni internazionali per rilanciare il dialogo all’interno del bacino del Mediterraneo, con particolare riguardo ai rapporti tra la sponda europea ed africana.

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“L’economia marittima è la prima industria della città (il solo Porto di Napoli da lavoro a cinquemila addetti e produce un miliardo di fatturato) e la Naples Shipping Week è stato un evento di grande successo - ha dichiarato Umberto Masucci, Presidente del Propeller Napoli - Quando si crea sinergia e si fa squadra fra operatori pubblici e privati la nostra città è in grado di produrre risultati concreti per il territorio e veicolare un’immagine vincente a livello nazionale ed internazionale”. Partecipazione e riconoscimenti da parte del comparto marittimo anche per l’8^ edizione di Port&ShippingTech, main conference della manifestazione. Un’edizione significativa – oltre 150 i relatori messi a confronto – e più ampia, ai tradizionali temi del Green Shipping Summit, Smart Port & Logistics, Safety e Nuovi Mercati, quest’anno si sono infatti aggiunte nuove sezioni dedicate al Welfare e alla Finanza. Numerosi gli ospiti di rilievo e le autorità che hanno partecipato ai lavori confermando l’importanza dell’Economia del Mare motore di sviluppo commerciale e culturale del nostro Paese e ribadendo l’importanza del Porto di Napoli per la crescita del Mezzogiorno. “Il grande successo della Naples Shipping Week è stato costruito grazie all’apporto di una squadra eccezionale di oltre 50 persone coordinata dal Propeller di Napoli - aggiunge Carlo Silva, Presidente di ClickutilityTeam - E gra-

zie all’esperienza maturata nella scorsa edizione e in occasione della Genoa Shipping Week. Dal gemellaggio tra le due città di mare è scaturito un grande evento congressuale internazionale, punto di riferimento per tutta la comunità dello shipping e della logistica.” “Il successo di Napoli – ha affermato Alberto Banchero, presidente Assagenti – ci invoglia a partire subito con i preparativi dell’evento genovese del 2017, riprendendo in mano il testimone della Shipping Week, un evento che ci vede impegnati come Associazione soprattutto nell’organizzazione dello Shipbrokers and Shipagents Dinner, oggi alla sua quattordicesima edizione, per cui sono attesi più di tremila operatori dello shipping internazionale”. Intervenendo alla Naples Shipping Week, Riccardo Fuochi, Presidente Propeller Milano ha parlato del progetto One Belt One Road ed ha dichiarato: “In Cina è in atto un forte cambiamento economico. L’economia cinese, prima solo rivolta alla produzione per l’export, oggi, sta sempre più pensando allo sviluppo interno, questo in virtù della crescita della classe media collegata ad un aumento del costo del lavoro, La Cina agisce da stimolo per l’economia dei paesi vicini e dell’Est europeo: detiene capacità d’investimento e capitali e vuole coinvolgere i paesi con cui esistono già degli accordi commerciali di partnership, in diversi progetti. Le opportunità sono enormi soprattutto per


gli importanti corridoi marittimi e terrestri previsti ed è quindi il caso di approfondire capire l’essenzialità offerta da questo enorme bacino di popolazione che è ora un enorme mercato pronto a ricevere e a creare nuovi sfoghi anche per noi. Il progetto One Belt One Road avrà un peso enorme e prevede il coinvolgimento di 63 Paesi per integrare il corridoio terrestre (Silk Road Economic Belt) e quello marittimo (Maritime Silk Road del 21esimo secolo). Vi sono fondi già stanziati dalla Cina nell’ordine di 100 miliardi di dollari: 40 miliardi per il Silk Road Found in Asia centrale, 50 miliardi per Asian Infrastructure Investiment Bank (AIIB) e 10 miliardi per la Nuova Banca di Sviluppo dei paesi BRICS. L’operazione coinvolge il 70% della popolazione mondiale distribuita su un’area che comprende il 75% delle riserve energetiche conosciute e rappresenta il 55% del PIL mondiale”. Le prospettive più interessanti sono per i porti Adriatici in virtù del fatto che i cinesi considerano Venezia come il porto d’ingresso in Europa da Sud, possibile terminale di una delle rotte via mare della One-Belt/One-Road Strategy, Inoltre possono esserci effetti positivi sulla nostra industria ferroviaria e sulle grandi imprese di costruzioni. Il nuovo mercato del trasporto ferroviario sulla lunghissima percorrenza lungo il continente unico euro-asiatico può offrire all’industria ferroviaria europea ed italiana ma anche ai costruttori di contenitori, container, casse mobili, imballaggi, mezzi di movimentazione sui piazzali, ecc. un’opportunità storica di rilancio importantissima. Stesso discorso vale per il settore delle grandi costruzioni e per le società di engineering che operano all’estero; i paesi CAREC (Central Asia Regional Economic Cooperation) hanno messo in piedi programmi di investimento per miliardi di dollari in infrastrutture stradali e ferroviarie per approfittare della grande occasione

creata dalla New Silk Road per uscire dall’isolamento, agganciandosi all’Europa ed al Mediterraneo, da una parte, ed alla Cina, dall’altra. Tuttavia esiste un apparente distacco e ritardo con cui la nostra imprenditoria e finanza stanno vivendo il progetto, mentre altri Paesi Europei sono già attivi. A questo proposito anche a livello italiano è opportuno organizzare delle missioni con chi sta conducendo le operazioni ad Hong Kong per approfondire da subito le informazioni, relazionarsi con chi gestirà, anche finanziariamente, questa iniziativa, creare degli incontri mirati con chi è già dentro all’organizzazione del progetto stesso, avviare collaborazioni bilaterali in infrastrutture logistiche nei porti del Nord Adriatico. Sempre durante la Naples Shipping Week, in occasione della sessione conclusiva, Paolo d’Amico, Presidente della Federazione del Mare ha dichiarato: “Il cluster marittimo italiano si conferma uno dei settori più dinamici dell’economia italiana contribuendo al PIL nazionale per 32,6 miliardi di euro (2,03%). Tuttavia, se si considera questo dato al netto della spesa pubblica, il peso dell’economia del mare sale al 3,5% del PIL. Il settore garantisce oc-

cupazione a circa il 2% della forza lavoro del Paese (471mila persone fra addetti diretti ed indotto), dato questo rimasto stabile prima e dopo la crisi. Un settore competitivo, quindi, grazie soprattutto al processo di riforma della navigazione internazionale che ha reso competitiva la flotta mercantile italiana, ha portato ad ingenti investimenti (35mld di euro nella costruzione di nuove unità navali ndr.) e ha richiamato in Italia importanti attori internazionali con ricadute di grande rilievo per tutto il settore marittimo, come ad esempio nel settore cantieristico, delle crociere e dei mega yacht nei quali l’Italia detiene oggi una leadership mondiale indiscussa. Per questa ragione, il cluster marittimo, chiede in modo compatto alla Pubblica Amministrazione una rinnovata attenzione e una catena di comando ben funzionante che si faccia carico dei problemi e restituisca al settore una guida politica unica, adeguata agli standard internazionali del mondo marittimo e non frammentata come purtroppo è oggi”. Prossimo appuntamento, la terza edizione della Genoa Shipping Week che si terrà a Genova a settembre 2017. RedMar

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“Che t’aggia di … o riest e’ nient”! Dal fastoso Naples Shipping Week al nebbioso landscape della portualità altoadriatica

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40,250,260,270,280,290 Km/h: corre velocissimo il Freccia Rossa partito da Napoli Centrale alle 12.25 con arrivo previsto a Venezia alle 17,30. Poche ore dunque per collegare virtualmente i due mari, il Tirreno e l’Adriatico, da Sud a Nord di un Paese che con la nuova legge Delrio si prepara a realizzare un sistema di trasporti integrati con porti, strade, ferrovie, aeroporti. Ma è proprio in quel treno che, lasciando alle spalle il successo dell’affollato Naples Shipping Week, un vero trionfo per gli organizzatori e per il cluster marittimo nel suo complesso dove la parola chiave più volte invocata ed adottata è “sinergia”,

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il nostro pensiero, ovviamente, corre ad un’altra realtà, a quella adriatica, ai suoi porti, ai suoi binari, alle sue vie d’acqua interne desolatamente vuote, alle sue super intasate autostrade, all’incomunicabilità tra i grandi porti, al complesso rapporto tra questi e quelli “satelliti” minori e, dulcis in fundo, a quell’ormai famosa “via della seta”, ultima spiaggia per realizzare la grande piattaforma d’altura, ad ogni costo voluta dal presidente dell’Autorità Portuale di Venezia Paolo Costa ma contestata dai porti viciniori che ne denunciano l’inutilità oltre al dispendio di denaro pubblico. Un opaco, nebbioso “landscape” che, a differenza di quanto sta per

consolidarsi in Tirreno nell’asse NapoliGenova, non conosce sinergie, anzi, l’OBOR (n.d.r. One-Belt – One-Road, la Nuova via della seta) in dirittura d’arrivo ha scatenato tra i porti dell’alto Adriatico una vera e propria corsa ad ostacoli in rotta di collisione con quanto lo stesso Delrio ha dichiarato a Napoli. “La riforma guarda alla risorsa mare nel suo complesso. Il nostro Paese con 8000 km. di costa è una piattaforma che si protrae nel Mediterraneo. Una posizione strategica unica. Finora siamo andati avanti gestendo le attività esistenti, quelle consolidate. Ora è il momento di svoltare, di guardare ai porti come protagonisti di un unico sistema


portuale, quello italiano. Bisogna ragionare in termini complessivi. Solo così possiamo battere la concorrenza dei grandi hub nordeuropei. Non a caso il sistema abbraccia la rete ferroviaria e quindi RFI, le strade e quindi l’ANAS. Il sistema portuale Italia ha bisogno di manager capaci e competenti”. Il Freccia Rossa prosegue la sua corsa così come le nostre riflessioni sul come rendere evidenti al ministro e al governo i vari “gap” che, di fatto, bloccano lo sviluppo a livelli continentali del sistema trasportistico adriatico da Taranto a Trieste per non parlare della scarsa contrattualità del NAPA, espressione di quel range della portualità sudorientale europea che con Venezia, Trieste, Capodistria e Fiume, dovrebbe e avrebbe dovuto concretamente rappresentare la testa di ponte e la porta d’acqua polifunzionale del succitato OBOR come passaggio obbligato e concorrenzialmente preferenziale per il centro Europa. Dunque tentiamo una sintetica analisi, limitandoci alle problematiche lagunari, dello stato dell’arte dei tanti problemi che affliggono la portualità veneziana che, tra l’altro, è stata recentemente al centro della conferenza internazionale “Along the silk road” organizzata, con la partecipazione di Romano Prodi, dei ministri Gentilo-

ni e Delrio, del ministro dei trasporti austriaco Jorg Leichtfried e di quello russo per l’integrazione euroasiatica Tatiana Valovaya oltre, ovviamente a molti esponenti di Cina, Asia e Europa, dall’Autorità Portuale di Venezia e dalla Fondazione per la collaborazione tra i popoli e Nakai University. Step by step, cominciamo col non ricordare, perché oramai è noto a tutti, il ruolo hub per le compagnie del sol levante del porto di Pireo e, soprattutto, che cosa questa infrastruttura rappresenti e rappresenterà per i traffici del Mediterraneo in arrivo o in partenza via Suez. Non parliamo poi dell’alto Adriatico e dei difficili rapporti tra i porti di Ravenna, Venezia e Trieste basati più sulla concorrenza che sulla collaborazione per non citare i pesanti investimenti sui vicini porti di Capodistria e Fiume mentre a Venezia si sta animatamente discutendo sul come far transitare le navi dal canale dei Petroli e dalla sua insufficiente conca di navigazione, su quali canali scavare per l’accesso delle navi da crociera alla Marittima o in altri siti, sulla possibilità di realizzare l’onshore – offshore e relativa strutturazione ed infrastrutturazione delle aree portuali interessate, sulla realizzazione della zona franca e, dulcis in fundo ma non è tutto, sul come aggregare il porto di Chioggia all’Autorità portuale di Venezia con l’eventuale cessione delle aree e delle strutture (n.d.r. a pagamento visto che sono di proprietà della Camera di Commercio di Venezia?), all’insediamento in Val da Rio, sempre a Chioggia, del grande, già contestatissimo impianto di deposito per GPL che presuppone il relativo frequente passaggio di gasiere che potrebbero compromettere le operazioni relative al traffico marittimo commerciale, alla futura gestione del potenziale traffico crocieristico, ecc. mentre da Chioggia l’on. Giuliano Godino, già a suo tempo relatore dell’84/94 osserva: “Con la nuova legge anche a Chioggia l’uso delle banchine e dei piazzali dovrà essere concesso esclusivamente ai terminalisti abilitati i quali, in cambio, dovranno pagare un adeguato canone allo Stato mentre oggi – caso unico in Italia – le aziende hanno operato in virtù di accordi privati direttamente stipulati con l’ASPO (n.d.r. l’Azienda Speciale della Camera di Commercio che gestisce il porto). Intanto a Venezia l’on. Damiano Zoffoli, parlamentare europeo per la circoscrizione Nord Est, membro della Commissione Ambiente del Parlamento Europeo e Vicepresidente della delegazione per i rapporti con l’Iran ha incontrato Paolo Salvaro e Andrea Cosentino, rispettivamente presidente e vicepresidente di Confetra

Nord Est per fare il punto sulla situazione del sistema logistico e trasportistico con una particolare attenzione al Nord Est del nostro paese. Damiano Zoffoli è relatore di un parere della commissione ambiente sull’iniziativa del Parlamento Europeo relativa alla logistica nell’Unione, al trasporto multimodale e ai corridoi TEN -T. “Al settore della logistica si chiede un ulteriore sforzo per adottare soluzioni sempre più compatibili con l’ambiente, ma che contemporaneamente sostengano la competitività dell’economia italiana ed europea – ha tra l’altro dichiarato Zoffoli - In questo senso anche la realizzazione delle infrastrutture necessarie è un passaggio fondamentale”. “Senza dubbio le decisioni che saranno prese nelle prossime settimane e mesi dal Governo italiano, saranno fondamentali per il futuro del Porto di Venezia: la realizzazione della piattaforma offshore e la definizione di una via d’accesso per le grandi navi da crociera sono l’unica via per evitare una sicura marginalizzazione del Porto. La piattaforma offshore, oltretutto, è una opportunità di nuovi traffici anche per gli altri porti del Nord Adriatico, da Trieste a Ravenna e non ha quindi senso la contrapposizione campanilistica alla quale abbiamo assistito in questi mesi - ha tra l’altro affermato Salvaro - L’importante però è decidere, e decidere velocemente, in maniera chiara e inequivocabile”. Andrea Cosentino, vicepresidente di Confetra Nord Est ha focalizzato altri due temi: “E’ necessario uno sforzo per migliorare il servizio ferroviario merci, sia come offerta di servizi che come infrastrutture. E poi bisogna aumentare l’efficienza complessiva del sistema, e questo lo sintetizziamo nell’H24. Vogliamo che i Porti e i loro sistemi, incluse le pubbliche amministrazioni possano garantire una operatività sulle 24 ore. All’estero questo non avviene. Noi siamo pronti a fare la nostra parte”. Nel frattempo dal neonato Tavolo per l’economia marittima veneziana dopo la missiva diretta al premier Renzi e ai ministri competenti per addivenire quanto prima a soluzioni concrete alle numerose istanze degli operatori veneziani, tutto tace. Tra tanti “pensieri” sulle diverse realtà dei due mari che ci hanno accompagnato da Napoli a Venezia il nostro viaggio ci è sembrato brevissimo. Quando all’improvviso ci scuote l’annuncio“ Prossima fermata Venezia Santa Lucia – fine corsa “non possiamo che tristemente concludere alla napoletana con un bel: “Che t’aggia di ..o riest è nient”! Massimo Bernardo

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Assoagenti Campania elegge presidente Stefano Sorrentini E’

Stefano Sorrentini il nuovo Presidente di Assoagenti Campania, votato all’unanimità, e supportato da un consiglio di 13 agenti marittimi e mediatori. Abilitato dal 1985 come Dottore Commercialista, agente marittimo e mediatore marittimo, Sorrentini è alla direzione di un gruppo di 4 società specializzate nel settore marittimo, capo fila la M. Sorrentini S.p.A. di Napoli, nata nel 1975. “Per il nuovo direttivo di Assoagenti abbiamo deciso di creare un consiglio più allargato con 13 referenti – spiega Stefano Sorrentini, Presidente di Assoagenti Campania – in questo modo saranno rappresentate tutte le categorie professionali del settore marittimo e riusciremo ad essere presenti in ogni ambito, cercando di migliorare al massimo il dialogo con le Istituzioni e rispondendo al meglio alle esigenze del mercato”. Formazione professionale, confronto con le Istituzioni per tutelare gli interessi del settore marittimo e migliorare la collaborazione tra enti pubblici e singoli associati. Sono in breve alcuni degli obiettivi di Assoagenti Campania (Associazione agenti raccomandatari marittimi agenti aerei e mediatori marittimi della Regione Campania), che rappresenta le aziende dei diversi settori dello shipping: agenzie marittime di linea, di navi volandiere e da crociera; mediatori marittimi di noleggio e compravendita; agenti manning e operatori di diporto. Organismo operativo da oltre quarant’anni e diventato oggi un riferimento importante dal punto di vista istituzionale. Ha infatti propri rappresentanti nel Comitato Portuale di Napoli e nelle Commissioni Consultive dei porti limitrofi; in Confcommercio, Federagenti (Federazione nazionale agenti marittimi), FAMA (Fondo di previdenza agenti marittimi) e Comitato locale welfare Gente di Mare. Attraverso l’attività delle sue commissioni interne Assoagenti ha costituito tavoli di lavoro e confronto con gli operatori del settore marittimo locale e nazionale per la risoluzione di problematiche comuni. L’Associazione fornisce, inoltre, una puntuale e costante informativa agli associati con frequenti circolari periodiche e offre loro assistenza e consulenza a tutti i livelli, for-

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nita direttamente dalla Segreteria e da una rete di consulenti esterni. Tramite i propri rappresentanti, l’Associazione ha contribuito attivamente alla implementazione del sistema telematico di gestione portuale, che ha rivoluzionato ed ottimizzato la trasmissione dei documenti e la meccanizzazione delle procedure di approdo nave. “Assoagenti cura anche con particolare riguardo la formazione e il perfezionamento professionale degli addetti del settore – spiega Sorrentini - accanto ai diversi corsi di formazione organizzati e riservati ai dipendenti delle aziende associate, realizziamo seminari e approfondimenti su temi di particolare interesse. Al riguardo lavoreremo da

subito per la creazione di un Job Center, con una banca dati riservata agli associati che, vagliando curricula e auto-candidature, faciliti l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro e rappresenti un serbatoio professionale al servizio delle aziende associate”. Progetti che saranno coordinati da Sorrentini con il team di 13 consiglieri del nuovo direttivo, che saranno nominati nella prossima riunione, e naturalmente con il Presidente uscente Andrea Mastellone, che continuerà ad essere attivo in prima linea in Associazione, contribuendo con il suo grande carisma e preparazione tecnica. “Si punterà a rafforzare la comunicazione interna ed esterna dell’associazione – conclude il neopresidente di Assoagenti Campania Stefano Sorrentini – con la diffusione di newsletters periodiche per l’aggiornamento e l’informazione sulle attività e le iniziative dell’Associazione e sui temi di attualità più rilevanti. Si sfrutteranno maggiormente i social network e si cercherà di creare una porta aperta con il mondo dei media, per approfondire tematiche molto spesso troppo tecniche, e quindi difficili da comprendere subito, relative alla gestione del sistema portualità in Campania, cambiamenti legislativi Ministeriali, ricadute locali, normative che regolamentano il sistema marittimo regionale”. RedMar


Salerno

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Siremar, parte il rilancio dei trasporti marittimi siciliani N

ei dettagli, l’acquisizione di Siremar è stata un’operazione economica da oltre 50 milioni di euro. Esattamente l’importo che già quattro anni fa la Società di Navigazione Siciliana aveva offerto per rilevare la flotta dell’ex compagnia di Stato. Una lunga trattativa che è seguita alla sentenza del Consiglio di Stato nella quale veniva riconosciuto il diritto della Società di Navigazione Siciliana di acquisire Siremar. Un’operazione che, nel complesso, comprende anche il mantenimento dei livelli occupazionali provenienti da Siremar - Compagnia delle Isole. Nessuno dei dipendenti del comparto marittimo infatti perde il posto di lavoro. SNS ha assorbito in toto gli oltre 350 dipendenti, rispettando anche le procedure sindacali con un accordo che ha preceduto la firma del contratto di acquisto avvenuta la sera dell’11 aprile a Roma. SNS, quindi, opera da oggi su tutte le tratte previste dai contratti di servizio in Sicilia. Nessun regime di monopolio però. I prezzi e i costi sono stabiliti da contratti preesistenti e il mantenimento degli stessi è clausola fondamentale del contratto. Le pur poche speculazioni in tal senso, non trovano riscontro nella realtà. Va invece evidenziato un notevole beneficio per l’utenza che avrà a disposizione mezzi che verranno, nel tempo, adeguati agli standard qualitativi che certamente sono necessari. Nessun disagio inoltre per i passeggeri che avevano concluso precedentemente acquisti con Siremar - Compagnia delle Isole. SNS manterrà gli impegni assunti nel loro confronti unendo a ciò anche un servizio di cor-

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Ettore Morace tesia a terra per rendere maggiormente agevole viaggiare da e per le Isole servite. E’ un nuovo inizio che certamente prevede sin da subito un’offerta migliore per rendere i trasporti marittimi in Sicilia all’altezza della situazione. Su questo si concorda pienamente con la Regione siciliana con la quale l’interlocuzione diventa maggiore e con la quale si condivide l’obbiettivo comune di un servizio sempre tendente a migliorare ed a fare della Sicilia meta per viaggiatori soddisfatti. La flotta navale è composta da nove navi e il comparto sarà guidato dall’Ing. Luigi Genghi in qualità di Amministratore Delegato mentre gli aliscafi, una flotta di nove mezzi veloci, entrano nella gestione di Ustica Lines con la guida del Comandante Ettore Morace. L’esperienza di Caronte &

Tourist e di Ustica Lines sono sinonimo di garanzia assoluta. SNS intende ringraziare tutti coloro i quali hanno contribuito a concludere il passaggio senza grandi difficoltà e nel pieno rispetto della normativa ed auspica per la Sicilia una nuova era nel settore dei trasporti marittimi. Antonino Repaci, Presidente di Società di Navigazione Siciliana ha affermato: “Nell’operazione di acquisizione di Siremar si saldano due esperienze imprenditoriali – quelle di Caronte & Tourist e di Ustica Lines, socie in SNS - con caratteristiche di eccellenza in segmenti specialistici nel trasporto marittimo: quello dei traghetti e quello dei mezzi veloci”. Ettore Morace e Luigi Genghi, Amministratori Delegati SNS hanno a loro volta sottolineato: “Nella presentazione alle organizzazioni sindacali, abbiamo detto con una battuta che il piano industriale di un concessionario pubblico potrebbe limitarsi all’impegno di rispettare gli obblighi della concessione. E tuttavia, in questa scommessa tutta siciliana nella quale si delineano i contorni del maggior operatore di trasporti marittimi dell’Italia meridionale, ci è sembrato doveroso assumere l’impegno di operare immediatamente per il rinnovo della flotta e quello di investire sulle risorse umane. Sono, infatti, questi i capisaldi su cui impiantare le fondamenta per un trasporto da e verso le isole minori della Sicilia che faccia di qualità, puntualità e sicurezza i propri tratti distintivi”. Stefania Vergani


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Msc Sveva, la portacontainer più grande del mondo È

ADV Paola Martino

stata battezzata al porto di Le Havre in Francia la nave portacontainer più grande del mondo. MSC Sveva, lunga 395,4 metri e larga 59 metri, è il nuovo gigante dei mari con i suoi 16 metri di pescaggio e una capacità di oltre 19mila TEU. Tradizione vuole che tutte le navi del Gruppo MSC abbiano un nome femminile, alcune portano il nome di dipendenti del Gruppo e recentemente di membri della famiglia dell’armatore Gianluigi Aponte, così è stato per le ultime tre navi cargo varate con i nomi dei nipoti “Oscar”, “Olivier” e “Zoe”. L’ultima nave varata, “MSC Sveva”, porta il nome della figlia del Chief Executive Officer di MSC Cruises, Gianni Onorato, che dal settembre 2013 è entrato al fianco di Pierfrancesco Vago, Executive Chairman di MSC Cruises. Nell’occasione è stato annunciato, inoltre, che il 3 giugno 2017, sempre a Le

Havre, si terrà il varo di MSC Meraviglia la nuova ammiraglia MSC Crociere, costruita presso i cantieri STX a Saint Nazaire, in Francia. Si tratta della prima delle due navi di nuova generazione che per la stagione 2017 avrà home port a Genova, uno scalo chiave per la crescita e lo sviluppo del Gruppo MSC nel Mediterraneo e che già oggi rappresenta il 32% del totale del mercato italiano. MSC Crociere, nel 2016 porta a Genova 887mila crocieristi, +25,5% rispetto al 2015 (707mila) con 185 toccate all’anno rispetto alle 133 dell’anno precedente. Degli oltre 2.7milioni di passeggeri MSC previsti in Italia nel 2016, l’11% - oltre 300mila passeggeri - hanno scelto Genova come base di partenza per la propria vacanza e altrettanti sbarcheranno in transito per una vista alle bellezze artistiche e culturali della città.

Msc Meraviglia toccherà anche il porto di Napoli, altro scalo cruciale per la compagnia, dove ogni settimana imbarcherà oltre 1500 viaggiatori su un totale di oltre 5.700 ospiti a bordo. Alberto Medina

Registro Navale Panamense - Per informazioni: Consolato di Panama - Via Duomo 319 - 80133 Napoli (NA) - tel: 081 6028540


shipping / porto&diporto

Wärtsilä, intensa attività sullo scenario internazionale W

ärtsilä si è aggiudicata l’appalto per la fornitura di sistemi integrati di navigazione, automazione e controllo propulsione Wärtsilä Nacos Platinum che saranno installati su 27 nuove navi portacontainer in fase di costruzione per la danese Maersk Line A/S. Le navi sono attualmente in costruzione presso cantieri in Cina e Corea del Sud. Grazie a questi ordini, le ultime 47 nuove costruzioni nella flotta della Maersk line saranno tutte dotate del sistema Wärtsilä Nacos Platinum, a testimonianza del suo straordinario successo commerciale. Wärtsilä fornirà inoltre un sistema di gestione della potenza e le console di controllo, nonché i sistemi di comunicazione esterna. Il sistema integrato Wärtsilä Nacos Platinum gestisce i sistemi per il controllo di navigazione, automazione, motore e propulsione. Integrando tutte queste funzioni in un unico sistema, la nave può essere guidata, controllata e monitorata da varie posizioni a bordo. Le postazioni multi-funzionali permettono inoltre una comodità e una flessibilità ineguagliate. I livelli crescenti di automazione e connettività a bordo nave delle fonti essenziali di informazione sono fonte costante di opportunità per un’ulteriore riduzione dei costi operativi. La migliore gestione delle informazioni è la chiave per un risparmio sempre maggiore e

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può diventare la base di un futuro vantaggio competitivo. “L’ampia gamma di soluzioni messe a punto da Wärtsilä rappresenta un’ulteriore prova dell’ampio portfolio che l’azienda ha da offrire all’industria dei trasporti globale. La capacità di Wärtsilä di offrire ad armatori e operatori sistemi per il controllo di navigazione e automazione totalmente integrati conferma la posizione dell’azienda come leader del settore, soprattutto per navi portacontainer ad elevata specificità”, dichiara Stephan Kuhn, Vice Presidente, Electrical & Automation, Wärtsilä Marine Solutions. “Quando scegliamo quali sistemi adottare, tra i vari parametri teniamo in considerazione anche la presenza di una rete globale di assistenza e supporto”, afferma Jørgen Hansen, Maersk Line Ship Management. “Inoltre, alla luce della costante e crescente necessità di dati disponibili sia internamente che esternamente, Maersk Line vede in Wärtsilä Nacos Platinum una soluzione particolarmente interessante. Prevediamo anche una buona sinergia tra i 3 progetti, non solo in fase di progettazione, ma anche più tardi, quando le navi entreranno in servizio: le operazioni che prevedono ulteriori innovazioni e sviluppi sono più semplici e più veloci se responsabile dell’intero sistema è un unico fornitore”. Wärtsilä ha, inoltre, firmato un ac-

cordo per l’acquisizione di Eniram, un’azienda di tecnologia con sede in Finlandia che offre soluzioni per la gestione energetica e l’analisi dei dati per l’industria marittima. L’acquisizione di Eniram consentirà a Wärtsilä di crescere e rafforzare la sua offerta digitale e le sue capacità intra-aziendali, in particolare per quanto riguarda l’analisi dei dati, la realizzazione di modelli e l’ottimizzazione della performance. Eniram fornisce all’industria marittima la tecnologia di gestione energetica per ridurre il consumo di carburante e le emissioni. Le soluzioni offerte da Eniram vanno da singole applicazioni di bordo per il controllo della rotta, la velocità e l’ottimizzazione del motore ad un’analisi complessiva della flotta. Le soluzioni offerte da questa azienda sono state installate in oltre 270 imbarcazioni e hanno aiutato a ridurre il consumo di carburante, l’emissione di sostanze dannose e ad aumentare il profitto. Eniram ha la sede a Helsinki, in Finlandia e ha filiali in UK, USA, Germania e Singapore. Nel 2015 il fatturato di Eniram era di oltre 10 milioni di euro con 89 dipendenti in tutto il mondo. Inizialmente, Eniram continuerà a essere una forte azienda indipendente supportata dalle capacità globali di Wärtsilä. Il costo dell’operazione ammonta a 43 milioni di euro (valore d’impresa). Il passaggio di proprietà dell’azienda a Wärtsilä ha avuto effetto dal 1 luglio


2016. In occasione dell’annuncio dell’acquisizione, Henrik Dahl, CEO e Cofounder di Eniram, ha commentato: “Con una sempre maggiore tendenza verso la digitalizzazione e la connettività, c’è una sempre maggiore richiesta di innovazione in tutto il settore dell’industria marittima. La posizione leader di Wärtsilä sul mercato assieme alla tecnologia all’avanguardia di Eniram formano una combinazione vincente nel settore della digitalizzazione marittima.” “Eniram offre soluzioni analitiche di altissimo livello e unendo le forze saremo in grado di proporre ai nostri clienti prodotti imbattibili sia per singole navi che per intere flotte. L’offerta e le soluzioni di Eniram si integrano perfettamente con il recente portfolio di servizi Wärtsilä Genius. Assieme saremo in grado di aiutare i nostri clienti ad ottimizzare i loro asset e a migliorare la capacità predittiva, e anche a sostenerli nell’analisi dei dati in tempo reale. Si prevede inoltre il lancio di nuovi prodotti da parte di Wärtsilä ed Eniram in tempi brevi,” ha affermato Pierpaolo Barbone, President, Wärtsilä Services. Altra importante decisione è stata quella di ampliare la gamma dei servizi offerti attraverso la partecipazione a un nuovo hub per la manutenzione

situato nelle Isole Canarie. La struttura, gestita dalla Zamakona Yards, uno dei principali gruppi spagnoli nel settore della cantieristica e della riparazione di imbarcazioni, consentirà a Wärtsilä di offrire i sui servizi di alta qualità per soddisfare la crescente richiesta in materia di manutenzione e riparazioni nel settore navale ed energetico. Grazie a questa collaborazione con CCB Zamakona Offshore S.L. e Zamakona Shipyard, controllate della Zamakona Yards, Wärtsilä sarà in grado di fornire, presso il nuovo polo di Las Palmas, servizi di manutenzione e riparazione agli operatori del settore navale e della produzione energetica, soprattutto per quanto riguarda il mercato offshore. Questo nuovo hub costruito appositamente nell’Atlantico, al crocevia tra l’Europa, l’Africa e le Americhe, consentirà a Wärtsilä di offrire un servizio migliore alle società impegnate in operazioni di esplorazione, produzione e sviluppo in queste regioni. In un unico luogo, i clienti di Wärtsilä, di CCB Zamakona Offshore e di Zamakona Shipyard troveranno un’assistenza qualificata, beneficiando di un approccio integrato che riunisce tutte le competenze necessarie per la revisione completa delle imbarcazioni. Wärtsilä sarà quindi in grado di fornire servizi di alta qualità ai clienti offshore

e di altri settori. “Un hub per la manutenzione come questo rappresenta un importante passo avanti nella nostra rete di assistenza globale, in quanto permette ai clienti di usufruire in loco dell’esperienza necessaria per la revisione e manutenzione dei nostri sofisticati macchinari. Le Canarie sono ubicate in una zona di importanza strategica per quanto riguarda il settore offshore e della manutenzione, e questa collaborazione ci consentirà di essere più vicini ai nostri clienti nel momento in cui avranno bisogno della nostra assistenza”, ha spiegato Till Siegmann, Director Service Unit, Wärtsilä Iberica. Per attrarre i clienti servono una posizione strategica e molta esperienza Zamakona Yards è operativa nella zona delle Isole Canarie e nel Mar Cantabrico, dove fornisce servizi di cantieristica e manutenzione, e possiede una lunga tradizione di collaborazioni strategiche con i principali produttori di macchinari e motori, che le permettono di offrire un servizio completo. Wärtsilä fornisce a Zamakona Yards un supporto qualificato da oltre trent’anni ed ha anche prodotto diversi motori per le imbarcazioni costruite nei cantieri baschi del gruppo. Sandro Minardo

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shipping / porto&diporto

I Piloti del Porto festeggiano 150 anni di storia a Napoli

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ono stati celebrati il 7 giugno scorso, i 150 anni di attività dei Piloti al servizio del Porto di Napoli. Per consacrare questo importante anniversario, si è tenuto il convegno “Il ruolo dei Piloti nei 150 anni della loro storia”, attraverso tre importanti assi legati alla storia dei Piloti, al pilotaggio marittimo visto attraverso la sicurezza e alle innovazione tecnologica e alle nuove prospettive dei piloti nel contesto internazionale. Il Corpo Piloti del Porto di Napoli, dal 1 gennaio 2016, ha esteso le proprie competenze anche al traffico marittimo dei porti di Castellammare di Stabia e Torre Annunziata, diventando così il Corpo Piloti del Golfo di Napoli. Un maggior raggio di azione, dunque, per questi “controllori del mare” che da qualche mese affrontano nuove sfide e nuove responsabilità. La tavola rotonda, seppure celebri i 150 anni di attività della corporazione originaria, è stata la prima occasione per delineare prospettive e futuro di questo nuovo assetto organizzativo e territoriale. Ha introdotto i lavori del convegno Luigi Lucenteforte, Capo Pilota Corporazione Piloti del Golfo di Napoli che, nel corso del suo intervento, si è soffermato soprattutto sul tema della sicurezza, ponendo “l’attenzione su uno stralcio di una recente sentenza, in virtù della quale si mettono in rilievo gli aspetti fondamentali del pilotaggio. Come affermato dalla recente giuri-

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sprudenza, il servizio [di pilotaggio] va inteso come attività espletata a beneficio della sicurezza del Porto nel suo complesso, oltre che come ausilio alle attività di conduzione e manovra del singolo comandante di imbarcazione. E’ evidente che il comandante esperto e l’equipaggio che lo coadiuva possono essere perfettamente in grado di condurre nel porto l’imbarcazione. Tuttavia, non può essere sottaciuto il rilievo secondo il quale le esigenze di sicura navigazione ed approdo sorgano non solo (e non tanto) per effetto della possibile inesperienza o insufficiente conoscenza dei luoghi da parte del comandante, quanto in ragione del fatto che nella ristretta area marittima interessata sono contestualmente presenti diverse imbarcazioni in manovra, con rotte incrociate, i cui movimenti e posizioni devono essere necessariamente coordinati dalla stazione dei piloti. Alla luce di tale primaria esigenza ovvero quella inerente alla sicurezza, il servizio di pilotaggio non potrebbe essere svolto in proprio da ogni armatore, a beneficio esclusivo delle sue navi, in quanto i singoli conducenti, ancorché tecnicamente capaci ed esperti, non potrebbero avere quella visione d’insieme del traffico portuale necessaria a gestire le operazioni in totale sicurezza”. Il Vice Capo Pilota Giovanni Gargiulo ha focalizzato, invece, l’attenzione in particolar modo sull’innovazione

tecnologica che ha interessato la Corporazione dei Piloti. “Il Porto di Napoli – ha detto - rimane ancora oggi uno dei principali porti del Mezzogiorno e fra i primi sul piano nazionale. La più grande opera di recente costruzione, nell’ambito del Porto di Napoli, è la Torre di controllo dei Piloti, dotata di una sala di avvistamento ad una altezza di 35 metri sul livello del mare e situata in una posizione strategica all’interno del porto, dalla quale è possibile allargare la visione a tutto il Golfo di Napoli. Dal 1 gennaio - sottolinea ancora Gargiulo - la Corporazione dei Piloti del Golfo di Napoli, ha posto in essere una serie di interventi migliorativi, primo fra tutti quello di digitalizzazione del sistema di gestione. Attraverso questo sistema, i Piloti potranno verificare la movimentazione delle navi su uno schermo di grandi dimensioni, dove saranno riportati in forma tabellare, le navi, la tipologia, gli orari di arrivo e di uscita; si potranno prelevare, nei tempi e nei modi stabiliti, le firme del comandante della nave in transito con l’utilizzo a bordo di specifici tablet e tutte le informazioni saranno riportate automaticamente nei registri. Un processo, questo, completamente informatizzato, che porterà un incremento della produttività, riducendo i tempi delle trascrizioni a mano e dei passaggi cartacei, e aumentando il livello della sicurezza”. Carolina Sinnopoli


crociere / porto&diporto

Il marchio Costa Asia ordina due nuove navi a Fincantieri

Firma dei contratti, con il Ministro Graziano DelRio, i vertici di Fincantieri, di Carnival Corporation & plc e del gruppo Costa. Il Gruppo Costa ha annunciato un ordine a Fincantieri per la costruzione di due nuove navi da crociera, ognuna con una stazza lorda di 135.500 tonnellate e una capacità di 4.200 ospiti, con consegna prevista nel 2019 e 2020. Le due nuove navi saranno progettate appositamente per il mercato cinese e destinate a Costa Asia, il marchio del Gruppo Costa che opera in Asia. Le nuove navi fanno parte di una serie di contratti siglati tra Carnival Corporation & plc e Fincantieri, relativi alla costruzione di 5 nuove navi entro il 2020 negli stabilimenti Fincantieri di Monfalcone e Marghera, che finalizzano un memorandum d’intesa annunciato nel 2015. L’ordine per Costa Asia porterà a 14 il numero totale di navi del Gruppo Costa costruite da Fincantieri in Italia, per un investimento complessivo di oltre 6 miliardi di euro. Si prevede che i progetti per la costruzione delle nuove navi coinvolgeranno migliaia di lavoratori dei cantieri e dipendenti dell’indotto. I benefici per l’occupazione non riguarderanno solo i cantieri ma, soprattutto per l’allestimento degli interni, anche imprese esterne, la maggior parte della quali sono italiane. In seguito al recente annuncio, il Gruppo Costa ha sette nuove navi in ordine con una capacità complessiva di 41.000 letti (tre per il marchio tedesco

Aida Cruises; due per quello italiano Costa Crociere; due per Costa Asia), che porteranno la flotta ad un totale di circa 110.000 letti. Nel 2006 il Gruppo Costa è stata la prima compagnia di crociere ad entrare nel mercato cinese. Attualmente ci sono 3 navi Costa posizionate tutto l’anno in Cina ed Asia: Costa Atlantica, Costa Victoria and Costa Serena. A partire da fine aprile 2016 si aggiungerà una quarta nave, Costa Fortuna. Le crociere Costa sono conosciute in Cina come “Italy at sea” (Italia sul mare), perché offrono agli ospiti locali un’esperienza di vacanza in stile italiano ed europeo, caratterizzata da cucina, intrattenimento e ospitalità di alta qualità. Nel contempo Costa Crociere è sempre più impegnata nella salvaguardia dell’ambiente marino; è infatti la prima compagnia di navigazione ad aderire al protocollo di condotta per la salvaguardia dei capodogli. Questo protocollo è stato stilato dai partner del progetto di conservazione Whalesafe cofinanziato dall’Unione Europea attraverso il programma Life+ - Università degli Studi di Genova (Dipartimento di Fisica e Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita), Costa Edutainment, Direzione Marittima di Genova Capitaneria di Porto di Savona e Softeco Sismat. Il protocollo definisce 4 livelli di al-

larme, identificati da quattro colorazioni differenti: il VERDE, assenza di capodogli, il GIALLO, presenza di 1 o più capodogli in immersione, ARANCIONE, presenza di 1 o più capodogli in superficie senza rischio di collisione con imbarcazioni, ROSSO, presenza di 1 o più capodogli con rischio di collisione in corso. Il documento definisce anche 3 aree in caso di presenza di capodogli in superficie: ZONA NO TRANSITO, individuata in un raggio di 100 metri di distanza dal capodoglio, ZONA TRANSITO, individuata in un raggio entro i 500 metri di distanza dal capodoglio ad una velocità consentita di 6 nodi, ZONA DI ALLERTA, entro un raggio di 3 miglia dal punto di registrazione del capodoglio in superficie, con richiesta da parte delle navi che si trovano in zona di procedere con attenzione e utilizzando degli osservatori a bordo per monitorare gli eventuali spostamenti del capodoglio evitando così possibili disturbi o collisioni. I livelli di allarme vengono definiti dalla Capitaneria di Porto di Savona sulla base delle segnalazioni pervenute dalle boe di monitoraggio, posizionate a maggio al largo del porto savonese, e vengono poi trasmessi via radio esclusivamente alle navi presenti in zona, in ingresso o uscita dal porto. Cosimo Brudetti

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europa / porto&diporto

Aiuti di Stato a Napoli, mina vagante per la portualità L

e contraddizioni proprie all’incerto confine della disciplina europea sugli aiuti di Stato in materia portuale potrebbero deflagrare definitivamente a Napoli. Con conseguenze disastrose per tutto il sistema nazionale. Le recenti iniziative della DG Competition della Commissione europea sull’uso dei finanziamenti concessi all’Autorità portuale rischiano di aprire, infatti, un vero e proprio vaso di Pandora. “Il pericolo – spiega Luca Antonellini, membro di Sipotrà, associazione impegnata nell’analisi della politica dei trasporti – è che una segnalazione relativa a una qualsiasi infrastruttura portuale esistente in Italia basti ad innescare l’apertura di una procedura d’infrazione a Bruxelles”. I fatti di Napoli sono presto detti e danno la misura della posta in gioco. A fine giugno la Commissione Ue comunica l’apertura di un’indagine approfondita per verificare se una parte dei fondi messi a disposizione dell’ente portuale sono in linea con le regole sugli aiuti di Stato. Si tratta, in particolare, di 44 milioni di euro usati per ammodernare i bacini di carenaggio dati in concessione su base trentennale alla Camed. In pratica, Bruxelles intende verificare se l’azienda privata possa aver beneficiato degli interventi di miglioramento di un asset dello Stato. “In assenza di un appalto per l’uso dei bacini – questa la tesi – la Camed può usare le strutture rinnovate per fornire servizi di riparazione ad un prezzo potenzialmente

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sotto mercato”. Probabile conseguenza di una “guerra dei cantieri” che si combatte da anni attorno alla gestione dei bacini pubblici, la vicenda registra un colpo di coda. La replica, affidata allo Studio Legale Munari Giudici Maniglio Panfili & Associati, allerta la burocrazia europea sulla destinazione di altri finanziamenti assegnati all’Ap, denunciando di fatto la situazione “borderline” cui sono potenzialmente suscettibili tutte le banchine della penisola. L’attenzione, così, cade su 100 milioni di euro (di cui 18 per canoni demaniali non riscossi) utilizzati per una serie di interventi – prolungamento dei moli Bausan e Flavio Gioia, costruzione di due gru da banchina al molo Bausan, copertura dell’Alveo Pollena – che avrebbero indirettamente favorito società appartenenti alla galassia MSC. In sintesi, un clamoroso precedente che qualora varcasse i confini del porto di Napoli potrebbe aprire una stagione di contestazioni a catena. La possibilità di obiezioni in materia di aiuti di Stato, in realtà, affligge tutti i sistemi portuali dell’Unione basati su proprietà e/o partecipazione pubblica. Negli ultimi tre anni sono state aperte circa una cinquantina di procedure. Non ultime quelle relative alla decisone delle Ap di Rotterdam ed Anversa di modulare i canoni dei terminalisti in relazioni agli utili. “La tendenza si è rafforzata quando la questione degli aiuti di Stato per il settore dei trasporti è passata dalla DG Move, perfettamente

a conoscenza delle peculiarità del settore, è stata accorpata dalla DG Competition, dalle competenze più generalizzate” ricorda Antonellini. Un processo che per certi versi è stato replicato anche in Italia, quando il referente in materia è passato dal MIT al MISE, nel momento in cui la posizione europea in materia andava consolidandosi in favore del modello nord europeo. “In linea di massima Bruxelles considera i finanziamenti pubblici delle infrastrutture come fattori in grado di favorire le attività economiche. Pertanto sono soggetti alle norme sugli aiuti di Stato”. Al fine di non compromettere la strategia di sviluppo della portualità dell’Ue la Commissione è scesa in campo con una bozza di comunicazione improntata a una logica di minore rigidità. Se applicate, le misure prese in considerazione andrebbero a modificare, tra l’altro, le soglie di intervento e le quote di finanziamento pubblico che, ad oggi, rappresentano uno dei fattori critici per i principali progetti italiani. “A preoccupare – sottolinea Antonellini – è però l’idea che per gli interventi futuri vada dimostrata caso per caso la necessità di coprire un gap che impedisce al privato il perseguimento di un utile. Si andrebbe incontro a una nuova contraddizione. Non sarebbero considerati aiuti di Stato solo i finanziamenti utilizzati per infrastrutture che non incidano sui traffici”. Giovanni Grande


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cantieristica / porto&diporto

Fincantieri, forte presenza sui mercati mondiali

Il Gruppo triestino costituisce una joint venture in Cina, collaborerà con Rosneft per una nuova tipologia di nave e costruirà sette unità per il Qatar

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incantieri e China State Shipbuilding Corporation (CSSC), il maggiore conglomerato cantieristico della Cina, hanno firmato un accordo per la costituzione di una joint venture finalizzata allo sviluppo e alla crescita dell’industria crocieristica cinese. Fincantieri acquisisce così un ruolo di primo piano a presidio di un mercato strategico e ad alto potenziale. La firma è avvenuta a Shanghai tra l’Amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono, il Presidente di CSSC, Wu Qiang, e il Presidente di CSSC Cruise Technology Development e del cantiere Shanghai Waigaoqiao Shipbuilding (SWS), Wang Qi. L’accordo, che fa seguito a quelli storici con CSSC e Carnival Corporation del novembre 2014, prevede che la joint venture svilupperà e venderà navi da crociera destinate esclusivamente e appositamente personalizzate per il mercato cinese e asiatico. Tali navi saranno realizzate presso uno dei cantieri di CSSC, il sito di SWS, sulla base di

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una piattaforma tecnologica concessa in licenza alla stessa joint venture e al cantiere di SWS da Fincantieri, che quindi opererà, sempre attraverso la joint venture, per fornire le attività di sua competenza. Per assicurare il successo della collaborazione e per beneficiare dell’esperienza consolidata di Fincantieri nello sviluppo e costruzione di navi da crociera, l’accordo prevede che Fincantieri fornisca alla joint venture e al cantiere di SWS anche servizi di consulenza specifici e alcuni componenti chiave delle navi. Secondo il Ministero Cinese dei Trasporti (MOT) il mercato crocieristico cinese ha registrato una significativa espansione negli ultimi anni, raggiungendo 1 milione di passeggeri nel 2015. Le potenzialità di crescita sono stimate in 4,5 milioni di passeggeri nel 2020, che potrebbero portare tale mercato ad essere il secondo al mondo dopo quello americano, e in 8-10 milioni nel 2030, con una crescita annua a due ci-

fre. Se questo trend si confermasse il mercato cinese diventerebbe il primo in assoluto. “Questo nuovo accordo rileva una volta di più il primato delle competenze tecniche e tecnologiche di Fincantieri, e ci pone al centro di un progetto senza eguali al mondo che è promosso direttamente dal governo cinese attraverso un programma molto ambizioso - ha dichiarato Giuseppe Bono, Amministratore delegato di Fincantieri - Ci siamo attrezzati per affrontare i nuovi scenari internazionali, e oggi veniamo prescelti come il partner cantieristico dello sviluppo della crocieristica di un Paese che guarda con grande determinazione


a questa industria. Anche la presenza del nostro principale cliente Carnival, che acquisterà le navi oggetto degli accordi, è di fondamentale importanza per il successo del progetto. Oltre che una vittoria e uno sprone per il futuro a lavorare ancora più intensamente, questo risultato ribadisce la capacità del Gruppo di cogliere per primo le opportunità ad alto potenziale strategico e quindi il ruolo di leader a livello globale in tutti i settori in cui opera. È infine opportuno ricordare che i nostri cantieri italiani hanno assicurato il lavoro mediamente per i prossimi dieci anni, e che dall’accordo potranno derivare ulteriori benefici relativi sia alla componentistica che all’ingegneria, entrambe di assoluto livello”. Sul fronte dei progetti innovativi è stata firmata una joint venture per la progettazione di una nuova tipologia di unità: durante il XX° Forum economico internazionale di San Pietroburgo, Fincantieri e Rosneft hanno firmato una lettera di intenti per la costituzione di una joint venture per la progettazione di una nuova tipologia di unità, che verrà costruita presso il cluster cantieristico di Zvezda, nella Russia orientale. Nell’ambito dell’accordo si valuterà anche il possibile sviluppo delle competenze professionali utili al supporto della fase di costruzione della nave. Tale cooperazione, che si aggiungerà all’attuale potenziale tecnico del cluster di Zvezda ponendo le basi per la creazione di un prodotto innovativo, si svolgerà nel rispetto, e sarà condizionata alla conformità con tutte le restrizioni applicabili in materia di commercio internazionale europee, statunitensi ed internazionali. Questo accordo permetterà di valorizzare una piattaforma progettuale che oggi nessun altro gruppo

cantieristico può offrire. Rappresenta ovvero il miglior riconoscimento da parte del mercato dell’attitudine all’innovazione e della competenza tecnologica di Fincantieri, e conferma Fin cantieri come l’unico gruppo in grado di raggiungere una leadership mondiale in tutti i settori in cui opera”. Sempre in ambito delle costruzioni militari si sono registrati due importanti avvenimenti, la consegna del sommergibile “Pietro Venuti” alla Marina Militare e la firma di un corposo contratto con il Qatar. È stato infatti consegnato presso lo stabilimento Fincantieri di Muggiano (La Spezia), il sommergibile “Pietro Venuti”, il terzo della classe “Todaro”, tipo U212A, una serie di quattro unità gemelle commissionate a Fincantieri dalla Direzione Generale degli Armamenti Navali – NAVARM per la Marina Militare Italiana. Il sommergibile “Pietro Venuti”, come l’unità gemella “Romeo Romei” varata lo scorso anno nello stabilimento di Muggiano, è caratterizzato da soluzioni tecnologiche altamente innovative, interamente realizzato in materiale amagnetico con l’applicazione delle più moderne tecniche di silenziamento per la riduzione della segnatura acustica. “Venuti” ha un dislocamento di superficie di 1.509 tonnellate, una lunghezza fuori tutto di 55,9 metri, un diametro massimo di 7 metri e può raggiungere in immersione una velocità superiore ai 16 nodi. L’equipaggio è composto da 27 persone. Acquisizione internazionale invece con il Ministero della Difesa del Qatar che ha scelto il gruppo italiano per il suo programma di sviluppo navale nazionale firmando un contratto che prevede la realizzazione di sette unità di nuova generazione. La firma è avvenuta tra il comandante delle Forze Navali dell’Emirato del Qatar, Staff Major General Mohammed Nasser Al Mohannadi, e l’Amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe

Bono alla presenza dei Ministri della Difesa dei due Paesi, Khalid bin Mohammed Al Attiyah e Roberta Pinotti. Il contratto, che per Fincantieri vale quasi 4 miliardi di euro, prevede la fornitura di sette navi di superficie, di cui quattro corvette della lunghezza di oltre 100 metri, una nave anfibia (LPD - Landing Platform Dock) e due pattugliatori (OPV - Offshore Patrol Vessel) e dei servizi di supporto in Qatar per ulteriori 15 anni dopo la consegna delle unità. Tutte le unità verranno interamente costruite nei cantieri italiani del Gruppo a partire dal 2018, assicurando 6 anni di lavoro e una ricaduta importante sulle principali società della difesa italiane. Fincantieri ha prevalso su altri costruttori di navi militari grazie ad un progetto ritenuto in assoluto il più avanzato e innovativo. Tale risultato è stato raggiunto anche grazie all’esperienza maturata da Fincantieri nella costruzione di navi hi-tech per alcune fra le più prestigiose Marine estere. L’Amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono ha dichiarato: “Per Fincantieri questo è un giorno da ricordare, perché vincere la concorrenza mondiale per un programma di tale portata era tutt’altro che semplice. Abbiamo realizzato un’impresa eccezionale, che consente alla società di acquisire anche nel settore militare, così come in quello delle crociere e dell’offshore, una leadership mondiale. Con questo contratto Fincantieri realizza una vera partnership con le Forze Navali dell’Emirato del Qatar, che si pongono così tecnologicamente all’avanguardia. Abbiamo raggiunto questo traguardo con il concorso di un “sistema Italia” finalmente all’altezza delle ambizioni delle grandi aziende nazionali e grazie al ruolo fondamentale svolto in questa operazione dal nostro Governo e dalla nostra Marina Militare, che ci hanno supportato attivamente fino al raggiungimento dell’accordo definitivo”. Italo Merciati

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formazione / porto&diporto

Il corso-workshop MOST per professionisti italiani La Scuola Europea di Short Sea Shipping programma il corso per professionisti italiani sulle Autostrade del mare

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a Scuola Europea di Short Sea Shipping (2E3S), centro di formazione di Barcellona, avvia la stagione di corsi per professionisti con il corso-workshop MOST (Motorways of the Sea Training) Italia. Altamente specializzati, questi corsi offrono una formazione completa in logistica intermodale, short sea shipping e autostrade del mare. Nel 2015 la Scuola ha previsto per la prima volta l’edizione pilota di questo corso indirizzata esclusivamente a professionisti italiani, estendendo così le sue lezioni in un nuovo mercato europeo. A seguito del primo successo, la seconda edizione del corso avrà luogo dal 17 al 20 settembre 2016 a bordo della nave ro/pax Cruise della Grimaldi Lines in navigazione tra Civitavecchia e Barcelona, una delle più importanti Autostrade del mare in Europa.Il corso è sponsorizzato da Porto di Barcelona, Porti di Roma e Lazio, Grimaldi Lines, Grandi Navi Veloci, Autorità Portuale di Genova e International Propeller Club

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di Palermo ed organizzato in collaborazione con alcune associazioni italiane tra cui Rete Autostrade Mediterranee, Assoporti e Confitarma. Il corso sarà condotto da esperti e professionisti del settore sia italiani che spagnoli che offriranno un alto profilo alla didattica. Andrea Campagna, professore italiano e consulente in trasporti e logistica ha spiegato che: “La capacità di confrontarsi in un ambiente internazionale su tematiche innovative e con un approccio interdisciplinare al trasporto rende i corsi per professionisti del settore un’opportunità per aggiornarsi e acquisire elementi di competitività.” Sono circa 50 i posti disponibili e sono aperte ad un ampio spettro di profili professionali provenienti dal settore dei trasporti marittimi e della logistica, incluo spedizionieri, manager logistici, operatori portuali, agenti marittimi, freight forwarders, etc. Il corso offrirà inoltre la possibilità ai partecipanti di estendere la propria rete di contatti e di

mantenere durature relazioni con altri professionisti ed esperti del settore. Il programma completo del corso è disponibile sul sito della 2E3S, con tutte le informazioni su come iscriversi: www.2e3s.eu/course/160917mm/ Durante i 4 giorni di svolgimento, i partecipanti acquisiranno conoscenze teoriche e pratiche che contribuiranno ad accrescere le loro competenze nell’ambito delle catene di distribuzione e nelle Autostrade del Mare. Avranno l’opportunità di vedere dal vivo le operazioni intermodali attraverso visite all’interno delle navi (ponti di comando, sala macchine e stiva). Grazie allo studio di casi pratici gli iscritti saranno anche in grado di poter elaborare soluzioni ed offerte di trasporti. Durante l’autunno 2016, la Scuola offrirà corsi MOST anche per professionisti del mercato spagnolo (22-25 ottobre), portoghese (5-8 novembre) e francese (26-29 novembre). RedMar


Terminal intermodale

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ISE dispone di un proprio terminal intermodale di circa 200.000 mq, direttamente collegato al più grande scalo ferroviario del Sud Italia, lo scalo merci Marcianise/Maddaloni attraverso un impianto di presa/consegna di proprietà. Il terminal dispone di 11 binari lavorabili, di un’area doganale di Temporanea Custodia A3 di circa 20.000 mq, servita da un binario di 450 mt e di un’area doganale di circa 1.000 mq di magazzino doganale di tipo “C“, mentre per l’impianto di presa e consegna, che dispone attualmente di tre binari di manovra, sarà presto potenziato da lavori di raddoppio. La gestione del terminal intermodale è affidata alla SERV.ISE che con personale e mezzi propri offre agli utenti dell’Interporto Sud Europa e a clienti esterni i seguenti servizi : Manovre ferroviarie IN/OUT e distribuzione carri ferroviari nei vari magazzini raccordati dell’Interporto. Carico / scarico di carri ferroviari. Movimentazione UTI. Stuffing / Unstuffing UTI. Riparazione UTI. Gestione diretta delle aree doganali del terminal, tramite collegamento telematico con l’Ufficio delle Dogane di Caserta.

Interporto Sud Europa S.p.A. presso Interporto Marcianise Maddaloni - edificio lotto 1C 81024 Maddaloni (Caserta) Recapiti: +39 0823-204015; +39 0823-200747 E-mail: info@gruppobarletta.com

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infrastrutture / porto&diporto

Un presidente coraggioso per il porto di La Spezia U

n Presidente che sia espressione dello spirito-La Spezia, che sia in grado di compattare istituzioni e operatori su un obiettivo comune, che conosca il porto e il settore, che sia autorevole ma al tempo stesso “coraggioso” a sufficienza per rilanciare il modello spezzino in una chiave di rapido sviluppo; un presidente che abbia anche la capacità e la conoscenza dei meccanismi amministrativi in modo da evitare lungaggini inutili e pretestuose e sappia distinguere la funzione pubblica di promozione e controllo da quella privata rappresentata dalle attività commerciali di impresa. Nella prospettiva di una accelerazione della riforma portuale e quindi delle scelte di governance dei porti, e nel caso di un avvicendamento obbligato nei maggiori porti, è questo in sintesi l’identikit per il presidente della nuova Autorità portuale di sistema che la community portuale attraverso La Spezia Port Service lancia con veemenza con l’obiettivo preciso di scongiurare in anticipo, se ve ne fosse la volontà, derive lottizzatorie - politiche che “il porto, per le sue caratteristiche originali, per la sua storia di successo e per la sua capacità di cogliere in anticipo le

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trasformazioni dei mercati, non si può permettere”. Se si porrà in tempi tutti da valutare il problema di un avvicendamento al vertice dell’AP e quindi di una nomina per l’Autorità di sistema, la qualità della scelta e i criteri che a questa scelta presiederanno, diventano strategicamente determinanti per il futuro del porto. Se l’integrazione di Marina di Carrara non sembra suscitare particolari preoccupazioni, i nodi che il nuovo presidente sarà chiamato a sciogliere a La Spezia sono molteplici e tutti determinanti. Il porto è chiamato a ridefinire la sua mission strategica nei container, ma anche a fissare le linee guida per il suo sviluppo in altri settori, come quello delle rinfuse, dei ferries/autostrade del mare, delle crociere e della nautica da diporto. Il porto – sottolinea La Spezia Port service – dovrà compiere scelte precise e coraggiose per quanto attiene temi come le riparazioni navali, l’utilizzo coordinato con le altre istituzioni degli spazi retro-portuali (in primis Santo Stefano Magra), le connessioni e le alleanze logistiche-. Il nuovo presidente dovrà quindi aver ben chiara davanti agli occhi la situazio-

ne di un porto che è sulla linea del fronte della competizione internazionale e che ha sempre vinto le sue battaglie giocando in anticipo, non cavalcando bensí determinando il cambiamento. Difficilmente anche un tecnico e (ancora meno un burocrate o un politico a caccia di poltrone) che fosse “paracadutato” su La Spezia, potrebbe prendere in mano questa macchina complessa. Macchina che richiede uno sforzo coeso di tutte le componenti del porto per la realizzazione di un numero limitato, ma essenziale di obiettivi e quindi la firma di un nuovo patto sul e per il porto. L’attuale stagnazione dei traffici dopo anni e anni di crescita (anche quando porti concorrenti erano in crisi) conferma che i tempi per una scelta sono stretti. Sappiamo che fretta e qualità delle decisioni spesso non si conciliano. Crediamo tuttavia che sia dovere preciso della Community mettersi a disposizione del ministro, del governo e della Regione Liguria, per una consultazione anche informale che sia utile per tutti, governo in primis, ad assumere decisioni di cui non pentirsi. Stefano Meroggi


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infrastrutture / porto&diporto

Interporto di Bologna punta su logistica e immobiliare

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on circa 4mila addetti l’Interporto di Bologna ha assunto le dimensioni di una cittadina. Farne una grande community, non solo area di lavoro ma luogo dove trovare servizi avanzati per la merce e le persone, è uno degli obiettivi del piano d’impresa 2016-2018 che dall’inizio dell’anno sta perseguendo il nuovo presidente Marco Spinedi. Quali sono le priorità strategiche di IB? Nel medio periodo, alla luce di un recupero dei traffici confortante in relazione ad una situazione generale abbastanza incerta, l’obiettivo è riequilibrare il traffico intermodale, incidendo sull’attuale organizzazione logistica dell’area padana, e sviluppare ulteriormente il settore immobiliare, quello che in questi anni ha registrato le performance più soddisfacenti. Si punta anche ad estendere gli accordi di rete, come nel caso dell’intesa con l’Interporto Sud Europa di Marcianise, per attivare un nuovo modello di funzionamento incentrato sulla collaborazione tra sistemi interportuali. Vogliamo sfruttare la nostra posizioni baricentrica sia rispetto al corridoio adriatico, con la recente attivazione di servizi su Bari, sia a quello tirrenico per arrivare a Napoli, fino alla Sicilia. Le maggiori criticità da affrontare? Sulla carta dovremmo essere collegati tramite corridoi doganali con i nostri nodi storici come ad esempio il porto di La Spezia. Purtroppo quest’innovazione essenziale per la nostra attività si sta scontrando con innumerevoli fattori di resistenza. Poi c’è il problema dell’adeguamento del sistema ferro-

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viario che non si limita solo all’ultimo miglio di accesso ai porti. Mancano in sostanza linee dedicate alla merce, con moduli di stazione che consentano su lunghe tratte il passaggio di treni da 750 metri e 15-16mila tonnellate di portata, l’uso di sagome da pc 80 e p 400. Questo darebbe una svolta al traffico intermodale merci soprattutto sulla direttrice Nord – Sud della penisola. Come giudica il testo sulla riforma degli interporti? È ancora presto per dare un voto ma il testo risulterà utile solo se inserito in un quadro generale della logistica e non come un elemento a se stante. Quello che conta è la creazione di un quadro coerente di sostegno all’intermodalità, lo sviluppo di condizioni omogenee e coerenti in alternativa al tutto gomma. Il gigantismo navale avrà effetti sulle attività degli interporti? Da presidente di un interporto reputo

il fenomeno in modo positivo. Può rappresentare una reale opportunità, però, solo se si è in grado di sfruttare le economie di scala che mette a disposizione: pochi interporti, dunque, concentrati sul territorio e ben funzionanti. Al contrario in presenza di tante strutture, poco efficienti e in concorrenza tra loro, i vantaggi si diluiscono fino a sparire. Da studioso lo giudico con più prudenza. Anche se la crescita delle navi subirà ad un certo punto uno stop comunque si registreranno impatti significativi sui porti. Da qui nasce la necessità di una rigorosa selezione degli interventi su pochissimi scali da portare a livelli eccellenza. In che modo l’information technology sta cambiando la logistica? L’IT ha di fatto cambiato il volto degli interporti, in particolare sotto il punto di vista della struttura occupazionale. I nuovi insediamenti, con livelli di automazione, organizzazione e investimenti sconosciuti fino a 5-6 anni fa, sono caratterizzati da un’elevatissima qualità lavorativa. Questo chiama in causa direttamente le carenze del sistema scolastico, la sua incapacità di soddisfare la domanda crescente di operatori qualificati. La Regione su questo versante sta lanciando programmi di formazione superiore parallela all’università ma anche noi cerchiamo di fare la nostra parte sollecitando gli operatori e le imprese del nostro “condominio” a contribuire alla creazione di adeguate strutture formative. È questo il gap maggiore da colmare. Forse anche più di quello infrastrutturale. Giovanni Grande


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Incoraggiante semestre per il porto di Bari

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Elaborazione e dati Autorità Portuale del Levante (GAIA DATA TRAFFIC - Luglio 2016)

l Porto di Bari conferma il suo ottimo stato di salute sia sul versante passeggeri sia su quello merci rafforzando la sua leadership nel basso Adriatico. Le statistiche al 30 giugno 2016, confermano e consolidano la tendenza alla forte crescita dei traffici del Porto di Bari evidenziata dai dati del primo trimestre del 2016. Lo scalo barese si conferma sempre di più il gateway dell’Italia Sud orientale recuperando anche terreno nelle crociere, che era stato l’unico settore a registrare significative perdite nel 2015. Le statistiche del primo semestre del 2016 rispetto alla stesso periodo del 2015 segnalano una movimentazione complessiva di 3.001.451 tonnellate di merci, con un aumento del 19,2 % rispetto al dato dello stesso periodo dello scorso anno. Il traffico in import è pari a 1.969.395 tonnellate (+17,1%) mentre quello in export è di 1.032.056 tonnellate (+23,5%) a testimonianza del sempre migliore stato di salute dell’economia dell’area nord della Puglia e della sua forte e continua propensione all’internazionalizzazione ed alla

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esportazione in particolare. Il volume complessivo delle rinfuse solide è passato a 1.323.003 tonnellate con un aumento di circa il 22,6% rispetto allo stesso periodo del 2015. Il settore è sempre trainato dai cereali con un +22,5% ma ottimi risultati fanno segnare anche i prodotti chimici ed i fertilizzanti, che, grazie ad un confortante +21,4%, portano il totale del semestre a circa 58.000 tonnellate, e quelli metallurgici che, con un aumento del +91,5%, hanno toccato quota 31.000 tonnellate. Per quanto riguarda le merci varie il volume complessivo è giunto a circa 1.700.000 tonnellate con un aumento del 16,7% rispetto al dato 2015. Il forte aumento è conseguente alla crescita del traffico ro-ro (+7,6%) ma soprattutto al dato sempre più sorprendente dei container. Il numero dei contenitori movimentati - tutti classificabili come “hinterland”, secondo le nuove regole della classificazione statistica ESPO, e cioè destinati o provenienti al/dal territorio di riferimento del porto pugliese - è passato da 27.721 TEU a 39.372 TEU, con un aumento del 42,0% in crescita anche

rispetto al trimestre precedente. Molto interessante rilevare che la percentuale di container pieni è di circa l’81,3% mentre per quanto attiene la destinazione il traffico è quasi bilanciato con una percentuale di container destinati all’esportazione pari al 48,4% ed all’importazione pari al restante 51,6%. Si conferma pertanto la tendenza, già rilevata all’inizio anno, di crescita di questa importante tipologia di traffico che potrebbe portare nel 2016 ad un raddoppio dei container movimentati nel 2015 nel Porto di Bari che rimane l’unico porto pugliese ad assicurare questo tipo di traffico. Ottimi segnali di crescita anche dal traffico ferries, sia nel settore passeggeri che in quello dei rotabili. Il numero dei passeggeri dei traghetti è aumentato, sempre con riferimento al primo semestre dell’anno in corso, di circa il 6,8% rispetto all’analogo dato 2015 passando da 337.015 passeggeri agli attuali 359.858. In questo caso l’aumento è dovuto alla crescita di circa il 26,2% del traffico con l’Albania mentre quello con la Grecia rimane sostanzialmente stabile.


Molto interessante, infine, il dato relativo al traffico crocieristico per una stagione, che porterà a scalare nel Porto di Bari circa 150 navi delle principali Compagnie di navigazione nel periodo dal 11 marzo sino al 30 novembre, che si conferma in netta controtendenza rispetto a quella lasciata alle spalle. Alla chiusura del primo semestre risultano transitati già 144.132 passeggeri dei quali circa il 25,0% hanno utilizzato il Porto di Bari come home port e cioè qui hanno iniziato e terminato la crociera. Il numero testimonia un aumento del 35,3% rispetto allo stesso periodo del 2015 e fa ben sperare che al termine della stagione vi sarà un sostanziale recupero delle perdite di traffico registrate nel 2015 con un allineamento sulle riduzione medie registrate in Adriatico per effetto dei cambi di programmazione delle grandi Compagnie di navigazione conseguenti alle difficoltà di utilizzo delle gradi navi per l’accesso nella Laguna di Venezia. Il Commissario Straordinario Francesco Mariani, da poco riconfermato alla guida dello scalo barese, ed il Segretario Generale f.f. Mario Mega hanno commentato con grande soddisfazione i dati del primo semestre del 2016 affermando, a corredo dei dati, che “Il 2016 si sta dimostrando un anno di grande crescita per il Porto di Bari con la conferma di trend più che positivi in tutti i segmenti di traffico. Ormai il Porto di Bari è un punto fermo del sistema trasportistico dell’Europa meridionale con i suoi collegamenti feeder, regolari e ben strutturati, per Gioia Tauro, Pireo e Damietta - Port Said che consentono alle aziende dei territori pugliesi e lucani di poter far giungere le proprie merci

in qualsiasi parte del mondo con rapidità e costi contenuti. La forte ripresa del traffico passeggeri e merci verso l’Albania, poi, conferma ancora una volta che il nostro impegno a sostegno del traffico ro-ro era più che giustificato e che le merci continueranno a muoversi su rotabili, ancora per molti anni, verso quei Paesi con tutto quello che questo dovrà significare in ordine alle politiche di gestione e crescita delle infrastrutture portuali e retroportuali che dovremo mettere in campo. Il dato di crescita sul segmento crocieristico restituisce al Porto di Bari il ruolo che merita nel panorama regionale pur nelle difficoltà di un mercato che attende con ansia di conoscere le scelte infrastrutturali per risolvere la problematica delle limitazioni alle grandi navi a Venezia. Complessivamente si conferma l’ottimo stato di salute del Porto di Bari che, grazie all’impegno costante degli operatori e delle Istituzioni che vi operano, riesce ad aumentare le sue performance

pur in un momento storico dove sempre maggiori sono le criticità conseguenti ai sempre più puntuali controlli di frontiera operati a tutela della sicurezza dei confini italiani e dell’Unione Europea. Nelle prossime settimane andrà a regime la riforma della portualità voluta dal Governo per sostenere la ripresa del sistema logistico nazionale ed il Porto di Bari è pronto a svolgere quel ruolo guida nell’Autorità di Sistema Portuale dell’Adriatico Meridionale che le viene assegnato. I risultati degli ultimi anni testimoniamo l’efficacia di un’azione amministrativa che è fatta di condivisione quotidiana con Operatori ed Istituzioni portuali oltre che con il Comune, la Città Metropolitana e la Regione Puglia ed è basata su una visione di “porto pubblico” che devono costituire i punti di partenza della costruzione del nuovo sistema portuale della Puglia adriatica.” Stefania Vergani

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infrastrutture / porto&diporto

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Pasqualino Monti: il nuovo ruolo di Assoporti

l futuro del porto di Civitavecchia che punta a guadagnare più “profondità” a livello di mercati da servire e la nuova funzione di Assoporti alla luce di una riforma che muove “una macchina amministrativa e normativa ferma da oltre vent’anni”. Sono gli argomenti di cui Pasqualino Monti, alla guida dello scalo di riferimento della Capitale e dell’associazione che riunisce i vertici della portualità nazionale, ha parlato con Porto&Diporto, a margine dei lavori della Naples Shipping Week. Come si prospetta il 2016 per i traffici di Civitavecchia? Nel primo quadrimestre abbiamo registrato un ottimo +8%, in attesa della stagione estiva che ci darà il segno inequivocabile circa l’andamento annuale dei traffici. Purtroppo a causa delle difficoltà relative alla manutenzione di alcuni treni cargo, non imputabile direttamente all’Ap, c’è stata una piccola battuta d’arresto nel settore auto motive che contiamo di recuperare nei prossimi mesi. Con circa 4.800 autovetture movimentate a settimana le proiezioni indicano anche quest’anno un tetto di 120-130mila unità trasportate. In attesa della realizzazione della piastra logistica del Lazio su cui i privati investiranno 308 milioni. Ha senso, da questo punto di vista, puntare sul traffico container? Già oggi, seppur modesto, esiste un’attività legata agli “scatoloni”. Non sottovaluterei, però, il trend degli ultimi quattro anni, con il passaggio da 12mila a 78mila Teu movimentati. Certo, sono

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cifre piccole in termini assoluti ma quintuplicare i volumi in tempi difficili dal punto di vista economico significa che esistono i margini per servire il mercato di Roma e oltre. Ad ogni modo i privati interessati alla realizzazione della piastra logistica avranno fatto le loro considerazioni, dal loro punto di vista il gioco vale la candela. Quale ruolo giocherà Civitavecchia nel futuro della portualità italiana? Oggi siamo a livelli di vertici nel settore crocieristico e nella autostrade del mare ma ci sono tanti mercati inesplorati che potremo sfruttare non appena saranno risolti i problemi di collegamento verso il Nord. Con il patto StatoRegione firmato da Renzi e Zingaretti sono stati stanziati i 470 milioni di euro necessari al completamento della Civitavecchia – Orte. Un’opera che darà

“profondità” alla nostra offerta logistica fino a raggiungere l’Umbria e le sponde dell’Adriatico. Con la riforma in che modo cambierà il ruolo di Assoporti? L’associazione non è toccata dalla legge mantenendo le sue funzioni. Abbiamo approvato ad ogni modo un piano di investimenti in termini di risorse umane per rafforzare ancora di più il dialogo con il ministero. L’idea di un sindacato dei presidenti delle Ap è stata ormai accantonata a favore di un’organizzazione in grado di porsi come interlocutore per il mercato e rappresentante della portualità italiana in seno alle associazioni di rappresentanza internazionali come Espo e Med Cruise. Mettiamolo così, la riforma ha reso necessario un piccolo tagliando. Arricchiremo le nostre funzioni adeguandole alle sfide della riforma. Quali sono le principali? Come Assoporti punteremo soprattutto a fare opera di affiancamento per dare una mano, in modo efficace, alla direzione Generale dei porti e al tavolo di coordinamento nazionale. Più in generale con i mezzi messi a disposizione dalla nuova normativa diventerà essenziale oltre alla creazione di infrastrutture utili al mercato, ai processi di sburocratizzazione e semplificazione dei processi amministrativi, dialogare in termini di logistica integrata: è impensabile nei prossimi anni avere modalità di trasporto che non collaborano tra di loro. Giovanni Grande


infrastrutture / porto&diporto

Porto di Taranto, investimenti per ridefinirne il ruolo D

opo la crisi acuta degli ultimi anni il porto di Taranto si riscopre a voltare pagina. Diversificazione dei traffici, potenziamento infrastrutturale, un nuovo ruolo a livello regionale e nazionale. Sono questi i punti alla base del rilancio, illustrati dal Commissario Straordinario dell’Autorità portuale Sergio Prete. Qual è il bilancio di questo primo scorcio di 2016? A livello di traffici abbiamo registrato risultati molto soddisfacenti. Con un incremento del 20,2% medio nei primi cinque mesi dell’anno e del circa 30% negli ultimi due mesi possiamo guardare al futuro con una certa fiducia. Anche perché sul recupero delle tradizionali attività portuali presto si innesteranno le iniziative di nuovi operatori quando a fine anno saranno concluse le procedure per il rilascio delle concessioni sul molo polisettoriale. Quest’anno, inoltre, sono in aumento anche le presenze di megayacht mentre per la prima volta Taranto fa capolino nel settore delle crociere con sette scali prenotati dalla compagnia Thomson Cruise. Un esperimento quelle delle crociere o un investimento per il futuro? Ovviamente di auguro una crescita sostanziale per questo specifico settore. La città, colpita nel profondo dalla questione dell’Ilva anche a livello di immagine, ha la necessità di rivendicare un ruolo turistico specifico, considerando la sua storia e le sue attrattive archeologiche e culturali. Come Ap abbiamo già avviato un proficuo confron-

to con organizzazioni come Clia e Med Cruise mentre a livello infrastrutturale con l’inaugurazione del cantiere del Taranto Port Center puntiamo a mettere a disposizione delle compagnie una stazione marittima. L’obiettivo è un’offerta professionale e coordinata con gli altri porti pugliesi. Come rispondere alla crisi che ha investito il porto? Per fortuna il periodo più difficile è alle spalle. La crisi dell’Ilva, l’abbandono di Evergreen e TCT hanno avuto un impatto molto pesante. Il rilancio si basa sugli adeguamenti infrastrutturali dello scalo, in parte realizzati, in parte in via di completamento, che ne ridefiniscono il ruolo. Una visione condivisa con il MIT e la Regione Puglia che considera il porto una struttura a servizio della filiera produttiva e logistica, di natura polifunzionale nel vero senso della

parola, aperto alla diversificazione dei traffici. Un modello di collaborazione istituzionale che anticipa quello di buono contenuto nella riforma portuale. Vale a dire? Il dibattito sulla riforma si è concentrato più sulle polemiche su accorpamenti e nomine che su tematiche realmente strategiche. Penso proprio al coordinamento centrale delle politiche che è stato più volte auspicato in questi anni. A Taranto i risultati di questo lavoro congiunto sono evidenti. Non sottovaluterei gli interventi previsti per l’unificazione delle responsabilità nella gestione dei controlli sulle merci, l’organizzazione dei diversi enti che operano nel porto, la razionalizzazione degli investimenti. Personalmente considero importante anche la presentazione a livello internazionale della portualità italiano come un sistema unico. In questo sistema quale ruolo per i porti pugliesi? Le due ApdS previste lavoreranno su un’area logistica unica, coordinata a favore del sistema produttivo regionale, con una competizione tra gli scali che non sia che a crescere reciprocamente. Nell’ultimo viaggio fatto a Shanghai, nonostante gli investimenti nel Pireo, è emerso un interesse inalterato verso le nostre potenzialità logistiche della penisola. Riuscire a mettersi in collegamento in modo efficiente il Nord Europa permetterebbe all’Italia di giocare un ruolo fondamentale nella costituzione della nuova Via della Seta.

Giovanni Grande

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Sviluppo traffici ferroviari strategia vincente a Trieste

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ià papabile per il ruolo di presidente dell’Autorità portuale di Trieste come componente della terna di candidati proposta al MIT a fine 2014, Zeno D’Agostino, attualmente Commissario Straordinario dell’Ente, rifiuta a priori le “date di scadenza”. “Non ho mai gestito il porto basandomi su tempistiche semestrali. Ho lavorato ragionando sul medio-lungo periodo, sfruttando le potenzialità dello scalo”. I risultati, specie sul versante della “cura del ferro”, più volte invocata dal ministro Del Rio, non sono mancati. Un bilancio della sua esperienza da commissario? Devo premettere che a Trieste i presupposti per lavorare bene c’erano già tutti. Una condizione che ha reso più semplice mettere in pratica una strategia basata essenzialmente sullo sviluppo dei traffici ferroviari. Abbiamo preso una società per le manovre in liquidazione portandola all’utile in dieci mesi, con una forza lavoro passata da 29 a 52 dipendenti. Gli investimenti hanno funzionato e ora l’esplosione dei traffici registrati sul mare non sono altro che il risultato del supporto garantito dalla logistica a terra. Essenziale per i raggiungimento dell’obiettivo anche la presenza del punto franco. Abbiamo cercato di sfruttare i benefici che comporta per attrarre attività logistiche e industriali in loco. Quanto “pesa” il traffico ferroviario a Trieste? Attualmente dallo scalo partono un treno al giorno per il Lussemburgo e Monaco di Baviera, due per la Polonia, tre a settimana su Budapest e quattro per Ostrava. Con un bacino d’utenza internazionale, non lavorando per de-

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stinazioni raggiungibili su camion, la scelta del ferro è stata naturale. L’Europa settentrionale, con 25 treni al giorno, rappresenta l’80% della nostra movimentazione. E in futuro puntiamo a sviluppare ulteriormente i traffici: con una capacità di 2 milioni di Teu, senza difficoltà infrastrutturali né interne al porto ne sulla linea che arriva fino a Tarvisio, possiamo tranquillamente quintuplicare i volumi senza alcun intervento ulteriore. In che modo influenza l’integrazione dell’Alto Adriatico? In ambito Napa la capacità di fare sistema con i porti italiani è già a buon punto. Siamo, ad esempio, complementari con Venezia, più orientata per “vocazione” logistica, al trasferimento su gomma. Ad oggi come hub di transhipment per i porti dell’area dell’ex Jugoslavia movimentiamo circa il 35% dei contenitori dell’Alto Adriatico ma

su quel versante conteranno anche gli accordi tra governi. Di certo come gateway ferroviario c’è forte competizione con Capodistria. Con una differenza a nostro vantaggio: la rete di Trieste copre un quinto della sua potenzialità, Capodistria con un tasso di operatività di circa il 94% è al limite della saturazione. Come influirà su questa situazione la nuova legge portuale? Di positivo c’è l’idea di integrazione tra piattaforme intermodali. A questo proposito stiamo ragionando già con gli interporti di Fernetti e Cervignano. Più perplessità suscita lo sfrondamento dei Comitati portuali. Si avrà una struttura più snella ma la mancanza di condivisione su un tavolo ufficiale con i soggetti rappresentativi del sistema potrebbe dare la stura a conflitti paralizzanti. Molto interessante anche se poco chiaro è il livello di dinamismo che la legge concede alle nuove ApdS. Il modello della Spa che come affermato da Del Rio sarebbe attualmente applicabile solo a Genova, La Spezia e Trieste per una realtà come la nostra sarebbe la migliore soluzione. Purtroppo non ci sono le condizioni a livello nazionale. E le linee sul lavoro? Questa è una delle priorità di cui bisognerà tenere conto. Dalla riforma non emerge una strategia chiara. Da questo punto di vista la nostra scelta di assorbire i dipendenti della fallita Compagnia portuale e creare, utilizzando l’art.17 comma 5 della legge 84/94, una nuova agenzia del lavoro portuale potrebbe rappresentare un modello da seguire. Giovanni Grande



infrastrutture / porto&diporto

L’uovo di Colombo per le grandi navi in Laguna

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on si sa ancora se questo progetto, l’ultimo arrivato tra le tante ipotesi progettuali e le polemiche che in questi ultimi anni brulicano in laguna, sarà finalmente quello vincente. Certo è che appare come l’unica, intelligente, fattibile ed economica soluzione a qualsiasi intervento devastante dell’habitat lagunare veneziano: nessun escavo di canali, nessun transito di grandi navi per il bacino di San Marco ma una nuova modernissima concezione progettuale che potrebbe fare di Venezia il più importante hub crocieristico del Mediterraneo con la piena utilizzazione della Marittima e

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delle nuove progettate strutture ubicate nella gronda lagunare: il suo nome? “San Leonardo”. In un contesto così incerto, non può non essere considerata anche l’ipotesi della riconversione del porto di San Leonardo, così come proposta da uno specifico Comitato promotore in un progetto preliminare, direttamente presentato all’Autorità Portuale. Il progetto prevede la riconversione e riqualificazione del terminal petrolifero di San Leonardo quale hub passeggeri per l’ormeggio delle navi da crociera (anche per quelle oltre 100.000 tonnellate di nuova generazione), destinando la

Stazione Marittima alla gestione del flusso delle navi di ridotte dimensione e alle navi da crociera di lusso (tipicamente di stazza ridotta), il cui trend evidenzia un aumento costante negli ultimi anni: l’estromissione del traffico petrolifero dalla laguna è espressamente previsto dalla normativa vigente fin dal 1984, ma ancora nulla è stato fatto (a parte studiare il problema!). Il porto San Leonardo, che si trova sul lato sinistro del Canale dei Petroli a circa 4 chilometri dalla bocca di porto di Malamocco, è un’infrastruttura esistente, come tale classificata fra le Zone Produttive del Comune di Mira ed


La parola ai progettisti di “San Leonardo”: l’innovativo progetto riscuote consensi da ambientalisti e tecnici dello shipping

è gestito dall’Autorità Portuale di Venezia che ne ha la piena competenza. Costruito negli anni ‘60 contestualmente al Canale dei Petroli per permettere l’attracco delle petroliere di grandi dimensioni, oggi, vista la progressiva dismissione delle strutture circostanti e la conseguente drastica riduzione di utilizzo del petrolio, è utilizzato solo da navi di dimensioni ridotte, che scaricano gasolio e che possono essere ospitate direttamente a Marghera. La riconversione di un porto già esistente, facilmente accessibile e non invasivo, può portare a una diversa valorizzazione del patrimonio lagunare, a una migliore gestione e a una diversificazione del turismo, nonché a una sua maggiore sostenibilità; inoltre, i trend di crescita del trasporto crocie-

ristico portano alla costruzione di navi aventi dimensioni sempre maggiori: è ragionevole pensare che nel futuro prossimo saranno superati i 366 mt di lunghezza e i 40 mt di larghezza delle attuali navi di ultima generazione, dato quest’ultimo di estrema sensibilità per le manovre. La navigabilità del Canale dei Petroli per questa tipologia di navi è garantita anche in presenza di alte maree eccezionali - ovvero con il Mose sollevato - in quanto la conca di navigazione larga 50 metri, garantisce il passaggio di navi fino a 48 metri di larghezza (come viene realizzato per il Canale di Panama), con alcuni accorgimenti tecnici. Il progetto ha studiato dettagliatamente come collegare il nuovo hub a Venezia, Chioggia, Lido, aeroporto e

stazione ferroviaria: la posizione centrale di San Leonardo consentirà infatti di dirigere parte dei turisti anche su zone oggi meno frequentate rispetto al centro storico (Lido, Pellestrina, Chioggia,..), potendo attivare anche una nuova economia di recupero delle isole oggi abbandonate. Questa nuova soluzione è l’unica, tra le tante proposte, che: • garantisce il pieno rispetto della normativa esistente: la stessa legge speciale per Venezia (L.798/84 e successive) prevede infatti di operare per “l’arresto e l’inversione del processo di degrado del bacino lagunare e all’eliminazione delle cause che lo hanno provocato..” nonché di provvedere alle “opere necessarie ad evitare il trasporto nella laguna di petroli e derivati”.

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• non ha alcun impatto sull’ambiente lagunare, in quanto utilizza strutture e canali esistenti (nessun dragaggio di canali lagunari è previsto) e comporta la riqualificazione dell’itera area di San Leonardo, oggi ancora destinato a poche grandi navi petrolifere (il cui transito in laguna deve essere comunque eliminato per legge); • il nuovo hub consente non solo l’accesso di tutte le navi che oggi arrivano alla Stazione Marittima ma anche alla navi di ultima generazione; • Il costo di questa prima fase si aggira intorno ai 100-120 milioni di € e il tempo per la complessiva realizzazione è di circa 24 mesi, di cui 6-8 mesi per l’iter progettuale e approvativo. • E’ garantita la piena sicurezza dei natanti, in quanto non esposti al moto ondoso e alle correnti presenti in bocca di porto • Il Terminal di Fusina riceverebbe lo slancio per diventare il vero centro di riferimento del traffico della nascente città Metropolitana, riducendo il carico sul Ponte della Libertà; • L’hub potrebbe essere utilizzato per promuovere un turismo lagunare sostenibile nei periodi di fermo crociere, data la vicinanza al “Parco di S.Ilario: oasi naturalistica”; • L’isola delle Tresse - per la costruzione della quale sono stati spesi decine di milioni di € - non verrebbe distrutta mantenendo quindi la sua funzione senza gravi danni all’erario e senza grossi impatti per l’ambiente lagunare (basti pensare a cosa significhi rimuovere milioni di fanghi inquinati qui posizionati e ricollocarli identificando un altro sito idoneo) • Le navi rimangono ancorate all’interno della Laguna: sono mantenute in sicurezza, sono facilmente manovrabili, il rischio di danni è bassissimo, l’inquinamento azzerato (tutto funziona elettricamente e nessun mezzo a motore a combustione circola all’interno dell’hub). La conca di navigazione consente il traffico delle grandi navi in piena compatibilità col funzionamento del Mose. La riconversione di un porto già esistente, facilmente accessibile e non invasivo, può dunque portare a una diversa valorizzazione del patrimonio lagunare, a una migliore gestione e a una diversificazione del turismo, nonché a una sua maggiore sostenibilità. Considerati gli oggettivi vantaggi di una tale soluzione, quali in sintesi: • l’utilizzo di strutture portuali esi-

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stenti, • La disponibilità di adeguati fondali, per cui non serve scavare nuovi canali in laguna, né effettuare un qualunque intervento di dragaggio, • La posizione baricentrica fra Venezia e Chioggia e poco distante dalla bocca di porto di Malamocco, • Tempi di realizzazione certi e brevi (due anni) e costi di costruzione assolutamente comparabili con quelli delle altre soluzioni, appare interessante e necessaria una approfondita analisi di confronto delle diverse soluzioni elaborate, analizzando vantaggi e svantaggi di ciascuna. Di fatto, oggi manca un confronto di questo tipo, oggettivo e analitico fra le varie soluzioni possibili, da effettuarsi attraverso un’analisi multicriteriale pesata. Venuta meno l’ipotesi di ricalibratura del canale Contorta, sono dunque sul tavolo, oltre al progetto San Leonardo per l’appunto, le seguenti alternative: 1. Il progetto presentato dall’Autorità Portuale, per collegare i canali Marghera e Vittorio Emanuele attraverso l’Isola delle Tresse, denominato Tresse Nuovo, sembra essere l’unico ad avere i requisiti di pubblica utilità: il disfare una costosissima discarica recentemente costruita oltre a porre il problema della rimozione di milioni di metri cubi di fanghi inquinati e la necessità di costruire un nuovo sito idoneo a riceverli pone sicuramente anche il problema del danno all’erario; 2. il progetto De Piccoli - Duferco, denominato anche Venice Cruise 2.0 e già presentato in Commissione VIA, che prevede la creazione di moli di attracco delle Grandi Navi all’interno delle bocche di Porto di San Nicolò, davanti all’isola del MOSE; oltre alla vivacità idrodinamica dell’area, poco adatta ad ospitare navi da crociere, sembra difficile collegare la nuova zona portuale con le infrastrutture presenti a terra (via Fausta a Cavallino Treporti e Lido che non permettono lo sviluppo di nuove vie di traffico); 3. Il progetto dell’Arch. D’Agostino che prevedere la creazione di una stazione Marittima a Marghera con il transito delle Grandi Navi nel Canale Malamocco-Marghera: l’area non è compatibile con le navi di ultima generazione e un tale investimento dovrebbe poter garantire lo sviluppo dei traffici e non una riduzione/contenimento degli stessi; 4. Il progetto dell’arch. Claut che ipotizza la realizzazione dello scalo

passeggeri direttamente nell’isola del MOSE in Bocca di Lido: oltre ai problemi evidenziati per la soluzione 2 non sembrano essere noti i requisiti di sicurezza che opere di difesa dal mare richiedono; 5. Per ultimo, quello proposto dalle Compagnie di Crociera che prevede la realizzazione dello scalo passeggeri in Dogaletto di Mira (VE), da collegarsi al canale Malamocco Marghera, lungo il tracciato dell’Idrovia Padova Venezia: creare qui un’area portuale, creando l’accesso dal Canale dei Petroli, può significare la distruzione dell’ecosistema di questo ambito lagunare. Di ciascuna di queste soluzioni, oltre ai costi di costruzione e gestione, dovranno dunque essere prese in considerazione varie componenti economiche, sociali ed ambientali, cercando di utilizzare il più possibili indicatori quantificabili quantitativamente e non solo in termini qualitativi, come per esempio: • La quantità di materiale da scavare per garantire la funzionalità della soluzione, • Il quantitativo di fanghi inquinati che dovranno essere movimentati, • L’idoneità del sito a essere un’area portuale, in termini di idrodinamica delle correnti e di esposizione ai venti, • L’impatto della nuova struttura sulla idrodinamica e sull’ecosistema lagunare, • Le interferenze con il traffico navale mercantile, • Le influenze sull’ecosistema lagunare, • I vincoli amministrativi che possono condizionare l’esecuzione delle opere, • Le interferenze con i centri abitati e il sistema di collegamenti, sia acquei che terrestri, • La compatibilità con gli strumenti urbanistici vigenti. “Obiettivo dell’analisi, che si ritiene necessario attuare – dichiarano i progettisti- deve essere dunque quello di fornire uno strumento tecnico, oggi assente, di supporto nella fase decisionale delle Amministrazioni competenti, per la soluzione di un problema di vitale importanza non solo per l’economia veneziana, ma anche per lo stesso sistema Italia, perché, in assenza di una soluzione per Venezia con tempi certi, le compagnie internazionali di navigazione cambieranno, come in parte sta già avvenendo, le destinazioni delle loro crociere”. Massimo Bernardo


infrastrutture / porto&diporto

Portacontainer: a Gioia Tauro un bacino di carenaggio

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l Comitato Portuale di Gioia Tauro ha approvato all’unanimità la modifica al POT 2016 – 2018 al fine di realizzare le opere preliminari alla messa in opera di un bacino di carenaggio per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle navi porta-container. A dare inizio ai lavori è stato il Commissario straordinario dell’Autorità portuale di Gioia Tauro, Andrea Agostinelli, che ha sottolineato l’importanza delle scelte fatte a sostegno dello sviluppo dei porti di competenza dell’Ente ed in particolar modo del porto di Gioia Tauro: “Considerata l’importanza strategica di questa decisione – ha spiegato il Commissario Straordinario Andrea Agostinelli, nel presentare il progetto del bacino – il prossimo 16 luglio parteciperò a Roma, presso la Camera dei Deputati, alla presentazione del volume “Il porto di Gioia Tauro: tra Città Metropolitana e nuovi paradigmi geopolitici” e in quella occasione illustrerò fattiva-

mente, con tanto di analisi dei costi e dei benefici, il progetto di realizzazione di un polo logistico di manutenzione portacontainer che sarà realizzato nel porto di Gioia Tauro. In tal senso, credo sia giusto agire con una certa tempistica e in modo concreto per portare a compimento ogni necessaria attività a sostegno dello scalo”. Nel corso del Comitato è stata, così, approvata all’unanimità la variazione al Piano Operativo Triennale 2016 – 2018 con l’obiettivo, attraverso la realizzazione del bacino di carenaggio, di diversificare le attività lavorative attualmente presenti nel porto di Gioia Tauro. Dalla lettura integrata dei punti di forza e delle opportunità per lo scalo gioiese, si è infatti determinata la necessità di sviluppare una nuova strategia del Porto. E al centro di questa operazione, l’Autorità portuale di Gioia Tauro ha posto lo sviluppo di un progetto per la costruzione di un polo per le manuten-

zione navale delle porta-container, che transitano nei circuiti dei traffici internazionali del Mediterraneo. Del resto, dalla preliminare analisi e valutazione dell’idea progettuale è già emerso un’importante ricaduta occupazionale per lo scalo, che ben si concilia con l’attuale filiera produttiva dell’Hub portuale. Tra gli altri punti all’ordine del giorno, il Comitato Portuale di Gioia Tauro ha approvato all’unanimità il bilancio consuntivo dell’Autorità Portuale relativo all’esercizio 2015. Anno che si è chiuso con un avanzo di esercizio corrente pari a 4,852 milioni di euro e di avanzo di amministrazionedi circa 58 milioni. Dalla gestione 2015 ne è derivato un totale di 20,441 milioni dieuro di entrate accertate e di 15,888 milioni di euro di uscite impegnate,con una disponibilità di cassa di circa 105 milioni di euro. Carolina Sinnopoli

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infrastrutture / porto&diporto

A Venezia, tra luci ed ombre, si presenta l’anno portuale 2016 L’exploit del Sindaco, il leit motiv di Paolo Costa e…la prudenza del Governo

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ietro le quinte, tra i sedicenti “ben informati”, circolano già i nomi dei papabili alla presidenza dell’Autorità Portuale del dopo Costa: l’attuale presidente di RAM on. Cancian o, in alternativa, l’attuale presidente dell’ASPO Chioggia e di Sistemi Territoriali s.p.a. e dell’Associazione Industriali di Rovigo Michele Gambato, ma nel grande palcoscenico della Stazione Marittima 103 della Venezia Terminal Passeggeri, all’inaugurazione dell’anno portuale 2016, il vero protagonista resta il progetto targato Paolo Costa della piattaforma logistica dell’alto Adriatico col suo onshore nelle aree portuali di Porto Marghera e l’offshore, in alto mare, progetto già in vista di approvazione da parte del CIPE e sostenuto, oltre che dal Sindaco di Venezia Brugnaro, dalla Regione,

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dal neo costituito Tavolo dell’economia marittima ma, ovviamente, contestato da alcuni porti viciniori, in primis quello di Trieste. Al di là della cronaca che ha registrato la prudenza del sottosegretario Simona Vicari nel non entrare nella polemica tra i porti alto adriatici rispetto al progetto Costa, l’autorevole parlamentare si è richiamata al Piano Strategico mirato a creare un sistema integrato tra i porti e i relativi hinterland, snellendo la burocrazia, ha eccitato la platea l’intervento del Sindaco Brugnaro non tanto per le “frecciatine” lanciate a politici, sindacati e imprenditori, quanto invece il suo colorito, scurrile linguaggio: “Senza di voi il porto non ci sarebbe, la città non ci sarebbe… ma è troppo tempo che state zitti. Adesso è il momento di tirar fuori i c…oni, di mobilitarsi. E soprat-

tutto dobbiamo parlare con una voce sola” e riferendosi all’accordo con Costa sull’escavo delle Tresse Nuovo per far giungere le grandi navi in Marittima: “Abbiamo presentato una proposta, c’è l’accordo tra il Sindaco e il Porto, il primo che dice puttanate lo “pestiamo”! Una parte della sala applaude, un’altra parte non apprezza il gergo del Sindaco mentre al di là del plateatico show ci si chiede quale in realtà sarà nel dopo Costa il futuro del porto nelle sue tre funzioni: crocieristica, commerciale ed industriale. Il “countdown” per il time out del presidente del porto che è fissato per ottobre è già cominciato in uno scenario di luci ed ombre: da una parte l’incremento negli ultimi 12 mesi del tonnellaggio movimentato +14,9% e +21,9% sul traffico container che punta ai 600.000


teus dall’altra l’incertezza sul futuro del traffico crocieristico intimamente legato all’accessibilità in Marittima, al nuovo assetto societario che si verrà a creare per la Venezia Terminal Passeggeri, al traffico petrolifero ed industriale rispetto alla riconversione della zona industriale di Porto Marghera per la quale lo stesso Sindaco ha ricordato che “Una volta a Marghera lavoravano 30.000 persone nel settore del metallurgico e del petrolchimico, oggi solo poche migliaia”. Ancora una volta all’inaugurazione dell’anno portuale è mancato quel necessario, vitale contradditorio con chi fa impresa, cioè delle risposte concrete ai tanti quesiti che lavoratori ed imprenditori e non gli schierati “yes men“, si pongono a fronte dei tanti “colli di bottiglia”, materiali ed immateriali, che fre-

nano o meglio, penalizzano, lo sviluppo del porto e della sua comunità. Allo stato dell’arte, obiettivamente, siamo in presenza di tanti progetti, di annunci ed esternazioni, di tanti pro e di tanti contro ma in realtà, al di là della “fiera delle idee”, concretamente cosa accadrà alla portualità lagunare oggi in pressing tra chi, come Paolo Costa, con innegabile lungimiranza la vede collocata tra i grandi hub europei e chi invece, come il ministro Delrio con dichiarazioni ufficiali ha già deciso questo ruolo per i porti di Genova e Trieste? Contrariamente a quanto afferma il Sindaco Brugnaro gli imprenditori, terminalisti, agenti marittimi, spedizionieri, l’International Propeller Club Port of Venice (n.d.r. forte di una sessantina di aziende associate), sindacalisti, la stessa Autorità Portuale col suo presidente Paolo Costa, tutti presenti nel Tavolo dell’economia e della portualità veneziana, non tacciono. Oltre all’invito a tutte le categorie e alla Città a far squadra per il rilancio del porto, ne è tangibile prova la lettera recentemente inviata al presidente del Consiglio Matteo Renzi, al presidente della Regione Veneto Luca Zaia e allo stesso Sindaco Luigi Brugnaro nella quale si legge: “Siamo giunti al fine di un percorso che sta decidendo sul futuro della nostra economia e del lavoro per una parte importante dell’intera Area Metropolitana. Dopo che il Governo Nazionale ha posto dei limiti al passaggio delle navi passeggeri in Bacino di San Marco, che noi condividiamo, istituzioni politiche e tecniche preposte stanno dando i loro giudizi sul progetto presentato dal Sindaco della Città Metropolitana di Venezia e dall’Autorità Portuale di Venezia per far arrivare le navi passeggeri al di sopra delle 40.000T alla Stazione Marittima di Santa Marta utilizzando i canali esistenti dei Petroli ed il Vittorio Emanuele ed effettuando l’escavo del tratto delle Tresse per il collegamento tra gli stessi. Per noi che lavoriamo con il Porto e per l’intera economia della Città aspettare ancora a prendere una decisione sensata sarebbe una tragedia, le compagnie di navigazione sono in fibrillazione, i nostri lavoratori e le loro famiglie sono preoccupatissime per il loro futuro, i Porti dell’Adriatico ci chiedono di continuare a dare certezza al sistema della crocieristica perché è un’importante parte della loro economia locale. Noi siamo per continuare ad utilizzare la stazione Marittima di Santa Marta il che esclude la discussione su altri progetti che ci farebbero buttar via centinaia di milioni e complicherebbero ulteriormente il rapporto con la città. L’unico progetto oggi credibile in campo per l’arrivo in Santa Marta è attraverso il canale dei Petroli/Vitto-

Paolo Costa rio Emanuele e la realizzazione del raccordo delle Tresse, che da molti anni permette al naviglio commerciale ed industriale di raggiungere il Porto Commerciale ed Industriale di Porto Marghera senza penalizzazioni. Comunque ribadiamo che la realizzazione di tale sistema dovrà contenere tutti gli accorgimenti necessari per la continuità operativa del porto commerciale e industriale senza qualsivoglia intoppo. I sottoscritti invitano il Governo Nazionale, la Regione Veneto, la Città Metropolitana di Venezia a comportarsi unitariamente affinché siano prese decisioni immediate per la realizzazione del progetto di arrivo delle navi da crociera al di sopra delle 40.000T di stazza alla Stazione Marittima di Santa Marta mettendo fine all’attuale incertezza sul futuro per migliaia di lavoratori, imprese ed operatori e all’intera economia dell’area metropolitana”. Dunque se come è scritto nel corposo documento di ben 19 pagine distribuito in occasione dell’anno portuale 2016 dall’Autorità portuale l’emblematico obiettivo è “Guardare avanti mettendo porto e industria al centro” secondo una nuova politica portocentrica, documento che conclude citando Seneca: “Non esiste una rotta favorevole per il marinaio che non sa dove andare” e, ovviamente, invitando tutti alla collaborazione, “Noi abbiamo chiaro dove vogliamo andare, ce l’abbiamo chiaro. Ma non possiamo e non vogliamo andarci da soli”, riteniamo utile più che le manifestazioni di piazza, più che gli show autoreferenziali nella ricerca di un privilegiato consenso, un più utile investimento sul piano culturale agevolando tutte quelle iniziative che, come ben fa la C.F.L.I., a Venezia, con enormi sforzi finanziari, stanno preparando alle professioni del trasporto e della logistica le nuove generazioni, si è riusciti a costruire per lo sviluppo della portualità lagunare sempre salvaguardando l’inscindibile binomio “città-porto”. Massimo Bernardo

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logistica / porto&diporto

Come e perché catalogare 26 milioni di container S

i chiama Technical Caharacteristics Database ed è il progetto lanciato dal Bureau International Containers per la creazione di una banca dati internazionale in grado di rendere accessibili tutte le caratteristiche tecniche dei circa 26 milioni di contenitori che circolano per il mondo. Un esempio delle nuove prospettive aperte al settore dello shipping dalla tecnologia dell’informazione di cui parliamo con Giordano Bruno Guerrini, attuale Presidente del BIC e Segretario Generale del C.I.S.C.O. In cosa consiste il progetto TCD? È un’iniziativa nata circa due anni fa per l’integrazione dei dati già in nostro possesso relativi ai 2.100 proprietari di codici di contenitori. Non dati riservati, sia chiaro, ma tutte le caratteristiche tecniche proprie ai container, come ad esempio la tara. L’obiettivo è quello di metterli a disposizione di chi ne ha bisogno, a cominciare dalle autorità di controllo. In che modo può risultare utile? Si pensi all’obbligo di dichiarare la massa totale del container prevista dalla normativa VGM entrata in vigore lo scorso 1 luglio. I metodi previsti per la “pesatura” sono sostanzialmente due: uso di bilance certificate, ancora poche in Italia, o dichiarazione del peso della merce e degli imballaggi da sommare alla tara, anch’essa certificata, dello “scatolone”. Rendendo disponibile a costo zero questo dato rendiamo più

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semplice optare per una delle alternative, permettendo alla merce di spostarsi nel rispetto delle regole internazionali e di evitare possibili distorsioni nel traffico. Che tipo di distorsioni? In questa prima fase di applicazione della normativa VGM nell’Ue esistono 27 diversi modi di intendere la pesatura certificata. Gli enti amministrativi di riferimento sono eterogenei, così come i livelli di preparazione e i regimi di tolleranza applicati. In questo quadro la preferenza per uno dei due metodi, in particolare per il primo, giudicato più “tollerante”, potrebbe determinare una problematica per il nostro sistema logistico. Se nei porti del Nord Italia si decidesse di applicare un soprannolo per i costi aggiuntivi di sosta e deviazioni per la pesatura, la merce proveniente dal Nord Europa, via Gottardo, diventerebbe ancora più concorrenziale. Quando sarà definitivamente disponibile il TCD? Il presupposto è la volontarietà dell’adesione essendo la nostra una organizzazione no profit. Nell’attuale fase pilota del sistema abbiamo ottenuto la collaborazione di numerosi settori rappresentati nel Council europeo dei caricatori: automotive, pneumatici, cemento. Ogni giorno aumentano anche le adesioni degli operatori marittimi che stanno superando i primi momenti di perplessità. Quando l’industria si confronta con uno strumento funzionale

alle sue necessità è generalmente rapida nell’adottarlo. Entro un paio d’anni dovremmo mettere a disposizione i dati dei 26 milioni di contenitori che circolano per il mondo. Il sistema garantisce la privacy? Questo è un elemento essenziale. TCD lo garantisce sotto due aspetti. Intanto, la volontarietà della consegna dei dati da parte di proprietari e operatori. L’accesso, inoltre, sarà consentito solo a coloro che ne hanno oggettiva necessità, con una limitazione del numero di inserimenti quotidiani al fine di evitare usi impropri. Per la gestione fisica delle informazioni useremo il sistema che abbiamo adottato da quasi un cinquantennio per il database dei codici: due server in location diverse, non accessibili, indipendenti dalle nostro utenze, la cui ubicazione è sconosciuta anche a me. Quali sono i progetti futuri di C.I.S.C.O.? Cerchiamo di guardare sempre più avanti. La sfida per il mondo dello shipping sarà rappresentato sicuramente dall’IOT – l’Internet delle cose. Non possiamo anticipare gli sviluppi ma di certo nei prossimi anni il controllo delle merci trasportate sarà molto più importante di quello sul container sigillato. Lo chiedono i consumatori, sempre più interessati alla qualità dei prodotti, lo chiedono sempre più le autorità, interessate al rispetto dei processi di trattamento previsti dalle normative. Giovanni Grande


Omlog the Art of Logistics partner di Art Expo 2016

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DALÌ SALVADOR - Les Rayons Cosmiques ressuscitent les montres molles

mlog the Art of Logistics è il partner logistico di Artexpo2016 Milano, evento esclusivo con ingresso riservato che si terrà dall’8 al 15 settembre nella location espositiva di East End Studios. Il Ceo di Omlog Art of Logistics, Riccardo Fuochi interverrà il 15 Settembre alla ore 17.00 su “La Logistica ed il Contempraneo - Dal Trasporto all’Art Storage”. Riccardo Fuochi è da sempre impegnato in un opera di divulgazione sulla necessità di professionalizzare la logistica e i trasporti delle opere d’arte (ritiro, imballo personalizzato, attenzione alla temperatura e all’umidità, deposito – quando necessario – in caveau blindati con i massimi livelli di sicurezza e i più sofisticati sistemi allarme, formalità doganali in Italia e nel mondo e le

procedure imposte dagli uffici dei Beni Culturali, l’assicurazione e i contatti con le varie Istituzioni e Sovrintendenze per gli aspetti burocratici e amministrativi). Quello delle opere d’arte è uno dei segmenti a maggior potenziale nell’ambito dei trasporti delle opere d’arte e vale circa 50 milioni di Euro. Omlog - The Art of Logistics è specializzata nel trasferimento di opere d’arte di prestigio che richiedono un servizio dedicato ad alto valore aggiunto, si è occupata fra l’altro nel 2015 del trasporto e la logistica presso la Villa Reale di Monza della “Bella Principessa di Leonardo” del valore di 105 milioni di euro ed è sponsor della Mostra “Leonardo Da Vinci e i Contemporanei” che si terrà a Brescia fino al 2 Ottobre 2016 a Palazzo Martinengo Cesaresco Via Dei Musei, 30.

Art Expo 2016 è patrocinato dalle Ambasciate dei Paesi Bassi, Norvegia, Svezia, Canada, Lettonia e Finlandia e proverà a bissare il successo dell’edizione speciale del 2015 (90 giorni di evento, 105 artisti da 26 paesi, aste, incontri per addetti ai lavori, laboratori per associazioni) con la nuova programmazione e format che vuole invitare addetti ai lavori, collezionisti e amanti dell’arte ad avvicinarsi alla bellezza in un modo diretto e privato. Il concept stesso di ArtExpo2016 Milano è basato sul private viewing come mezzo vincente per fare conoscere ed apprezzare i numerosi artisti selezionati durante l’anno dal team guidato da Melissa Colangelo, curatrice in capo, insieme ad Alan D’Orlando Ceo di Gartam, società londinese che produce l’evento. Carolina Sinnopoli

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trasporti / porto&diporto

La sfida di Sciarrone le merci sulle linee AV

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he a Giuseppe Sciarrone piacciano le sfide è fuor di dubbio: nel febbraio 2000 fonda RTC la prima impresa ferroviaria privata merci in Italia, otto anni dopo è tra i soci fondatori di NTV la prima compagnia ferroviaria privata passeggeri nell’alta velocità. Oggi da amministratore delegato di ISC, Interporto Servizi Cargo, l’impresa ferroviaria basata a Nola Interporto, sta per segnare un nuovo record: portare per primo i treni merci sulla nostre linee ad Alta Velocità, rompendo un “tabù” che fino ad oggi sembrava intoccabile.

I primi treni merci intermodali, carichi di semirimorchi stradali, dovrebbero essere operativi nella prima metà del 2018 tra Nola e almeno tre località del Nord Italia. La realizzazione del progetto infatti deve superare problematiche tecniche ed organizzative non banali, ma che non spaventano Sciarrone, che volentieri spiega la genesi e i dettagli di questa nuova sfida. «E’ un progetto che è nato dal mercato: i grandi operatori europei del trasporto si lamentano che il Centro-Sud Italia è tagliato fuori dai collegamenti intermodali a causa dei limiti di sa-

goma». Rfi in effetti sta gradualmente adeguando la sagoma delle linee principali allo standard necessario al transito dei container high cube e dei semirimorchi stradali con altezza allo spigolo di 4 metri, il PC 80, ma la linea storica che da Bologna scende a Roma e Napoli non è ancora adeguata. «Abbiamo parlato con il mercato spiega Sciarrone - e verificato che il semirimorchio è il mezzo preferito per la sua capacità e versatilità e ragionato di conseguenza. Verso il Sud solo la linea Adriatica oggi è adeguata alla sagoma PC 80 mentre né la Tirrenica né la dorsale centrale sono transitabili. Le linee ad alta velocità però si. Ricordo che quando si decise di realizzare la rete ad Alta Velocità italiana, fu il Parlamento a decidere che l’infrastrut-


tura fosse realizzata in modo da poter far viaggiare anche le merci. E fin da allora si è sempre parlato di sistema AV/AC, cioè Alta Velocità/Alta Capacità. Questa scelta che ci differenzia ad esempio dalla Francia, ha comportato un costo maggiore di costruzione che si può calcolare in un terzo del totale, circa 10 miliardi di euro. Perché per poter far viaggiare i treni merci che sono molto più pesanti e lunghi dei treni passeggeri (un Frecciarossa 1000 è lungo poco più di 200 metri, un treno merci mediamente 500 e in futuro circa 750 metri ndr) è stato necessario realizzare linee con pendenze molto più dolci e quindi costruire molti più viadotti e gallerie. Gallerie che hanno tutte una sagoma più che adeguata. Però poi per un insieme di ragioni i treni merci non hanno mai viaggiato sulle linee AV». In effetti negli anni passati a chi chiedeva conto di questa scelta, Rfi spiegava che da un lato i treni merci per la loro velocità massima, oggi di 120 km/h, non sono compatibili con il traffico a 250-300 km/h dei treni AV, e che dall’altro la notte, quando i convogli passeggeri non circolano, è necessario fare la manutenzione dei binari che devono essere come “tavoli da biliardo”. Non ultimo il costo della traccia, molto elevato, ha fino ad oggi scoraggiato qualsiasi ipotesi di questo genere. Insomma da un lato la cosa non entusiasmava Rfi, dall’altro nessuna impresa ferroviaria chiedeva l’accesso: lo Stato aveva speso 10 miliardi in più per una opportunità che nessuno sfruttava. «E’ proprio così - chiosa Sciarrone ma questa volta noi siamo andati da Rfi e abbiamo detto “vogliamo andare con i nostri treni merci sull’alta velocità”. E la risposta di questo management è stata positiva: “ok, si può fare, sediamoci e parliamone”. Abbiamo aperto un tavolo tecnico e stiamo lavorando per analizzare tutti gli aspetti di un servizio che non ha precedenti. Aspetti tecnici, normativi, organizzativi ed economici. Adesso dobbiamo ragionare su quante tracce possiamo avere e su come organizzare la circolazione stante il fatto che siamo d’accordo sul fatto che non ci può essere una promiscuità tra passeggeri e merci». Ma quali sono i cardini del progetto? «L’obiettivo è mettere a disposizione degli operatori del trasporto stradale un servizio che colleghi l’area di Napoli e quella di

Roma con il Nord e viceversa. I semirimorchi partono la sera e sono in resa la mattina dopo, pronti per essere agganciati ai trattori per il segmento finale del tragitto. A Nord Ovest abbiamo pensato ad un terminal che faccia riferimento alla direttrice del Gottardo, potrebbe essere Novara o Busto, a Nord Est la scelta naturale è Verona sulla direttrice del Brennero, poi è necessario un terminal nell’area di Milano. Quello dei terminal è uno dei problemi che dobbiamo risolvere perché c’è una questione di capacità e di rapidità di carico e scarico dei semirimorchi. L’idea sulla quale stiamo lavorando con Rfi è di inserire nella rete AV da Nord e da Sud i treni la sera, uno dopo l’altro a distanza di blocco, appena è partito l’ultimo treno viaggiatori nella stessa direzione. Così lo spazio temporale e fisico di occupazione delle linee si riduce e Rfi ha il tempo per effettuare le normali operazioni di manutenzione». Ma naturalmente il progetto ha molte variabili e richiede significativi investimenti; una delle domande che tutti si fanno è quale prezzo delle tracce Rfi applicherà a questi treni. «Certamente non potrà essere quello dei treni viaggiatori AV - afferma Sciarrone - anche se fino ad oggi non abbiamo affrontato questo argomento con Rfi; ma credo che non dovremmo avere difficoltà a trovare una soluzione, si tratta di un progetto speciale e quindi penso che potremmo ragionare di un prezzo speciale... e poi non penso che il gestore della rete abbia particolari costi che derivino dai treni merci rispetto ai passeggeri. In ogni caso chiariamo subito che i treni non viaggeranno certo ad alta velocità, al trasporto merci non serve andare a 250 km/h, ma avere tempi certi di resa. Quindi inizialmente i merci viaggeranno a 120km/h che è la velocità massima ammessa oggi dai carri disponibili, in futuro vorremmo portarla a 160 km/h facendo realizzare carri ad hoc, ma più per una esigenza nostra di produttività magari avere più tempo nei terminali per le fasi di scarico». Sciarrone spiega anche che ISC dovrà ordinare delle locomotive bitensione in grado di marciare sia sulla rete AV alimentata a 25kV a c.a. che su quella storica che ha una tensione di 3 kV cc e che siano dotate anche del sistema ERTMS impiegato sulle linee veloci. Non si sbilancia invece sugli investimenti previsti che, dice, saranno definiti dopo aver capito quante tracce, e quindi quanti treni si potranno realizzare nella prima fase di lancio del progetto. In ogni caso saranno necessarie alcune locomotive (ognuna delle quali costa alcuni milioni di euro), che saranno ordinate entro quest’anno, mentre i carri in una prima fase saranno noleggiati sul mercato; e poi probabilmente

nuovo personale. Entro il 2016 la fase di studio con Rfi sarà completata, e tutto il 2017 verrà impiegato per organizzare i servizi e ottenere omologazioni e certificazioni. Il servizio vero e proprio dovrebbe partire quindi entro la prima metà del 2018. Sarà una rivoluzione per l’intermodalità italiana e forse non solo. I semirimorchi che già giungono su treno dai valichi alpini potranno proseguire il loro viaggio oltre la Pianura Padana. Sicuramente accorcerà le distanze tra il Nord e il Sud dell’Italia come ha già fatto la AV per i passeggeri, ma soprattutto darà una alternativa vera al tutto gomma sulla direttrice Nord-Sud. L’impresa ferroviaria ISC di cui Giuseppe Sciarrone è amministratore delegato dall’autunno dello scorso anno è una azienda decisamente in salute: «Nel 2015 abbiamo registrato una crescita dei volumi trasportati del 16% rispetto al 2014 - spiega l’amministratore delegato - e nei primi quattro mesi del 2016 siamo cresciuti del 25% a confronto con i primi quattro mesi dello scorso anno. E soprattutto abbiamo un load factor dei nostri convogli del 91% che è veramente alto. Sono dati importanti, vista anche la situazione economica di questi anni; nel 2016 contiamo di arrivare alle 30.000 unità trasportate». Le relazioni svolte da ISC collegano il terminal di Nola con Milano Segrate, Melzo, Verona Quadrante Europa e Bologna mentre da Pomezia (Roma) e attiva una relazione quotidiana per Milano Segrate. Recentemente l’offerta su Milano Segrate da Nola è passata da 1 coppia 5 giorni alla settimana a una coppia 6 giorni alla settimana, e il servizio su Verona Quadrante Europa da 3 a 5 giorni alla settimana, a testimonianza di una domanda in crescita. «Grazie anche ad un buon lavoro di Rfi - commenta Sciarrone - i nostri servizi sono di qualità, stabili ed affidabili e questo è ben percepito dal mercato. Certo c’è sempre la concorrenza del tutto gomma, resa ancora più evidente dal basso costo del petrolio e quindi del gasolio. I treni merci, tutti, non solo i nostri sono penalizzati rispetto a quelli europei: abbiamo ancora il doppio macchinista i moduli dei binari sono di soli 550 metri e non 750 e la massa rimorchiabile è di 1200-1600 ton al massimo. Sono temi sui quali anche con Fercargo, l’associazione che raggruppa le imprese merci private italiane stiamo spingendo molto per vedere delle novità. Devo dire che il Governo e il ministro Delrio in particolare, stanno portando avanti, finalmente una politica vera e convincente sul rilancio del trasporto merci su ferrovia. Oggi si lavora bene insieme e questa è una ottima notizia». Franco Tanel

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trasporti / porto&diporto

Antitrust, sanzioni miliardarie a costruttori di autocarri L a Commissione europea ha accertato che i costruttori MAN, Volvo/Renault, Daimler, Iveco e DAF hanno violato la normativa antitrust dell’UE. Per 14 anni i citati costruttori di autocarri hanno stretto accordi collusivi in materia di prezzi degli autocarri e sul trasferimento ai clienti dei costi per conformarsi a norme più rigorose in materia di emissioni. La Commissione ha comminato un’ammenda record di 2 926 499 000 EUR. All’impresa MAN non è stata comminata un’ammenda in quanto ha rivelato alla Commissione l’esistenza del cartello. Tutti i costruttori citati hanno riconosciuto gli addebiti e hanno convenuto di regolare la controversia. Margrethe Vestager, commissaria responsabile della politica della concorrenza, ha dichiarato: “Oggi abbiamo inviato un messaggio chiarissimo, comminando ammende record a seguito di gravi infrazioni. Sulle strade europee circolano in tutto più di 30 milioni di autocarri, che effettuano circa i tre quarti del trasporto di merci su gomma in Europa e svolgono un ruolo vitale per l’economia europea. È inaccettabile che i costruttori MAN, Volvo/Renault, Daimler, Iveco e DAF, che insieme producono i nove decimi degli autocarri medi e pesanti costruiti in Europa, facessero parte di un cartello anziché essere in concorrenza tra di loro. Per 14 anni hanno stretto accordi collusivi in materia di prezzi e di trasferimento ai clienti dei costi per adeguarsi alla normativa ambientale. In questo modo inviamo un chiaro messaggio alle imprese: i cartelli sono inaccettabili”. Il trasporto di merci su strada costituisce una parte essenziale del settore europeo dei trasporti e la sua competitività è strettamente legata al prezzo dei veicoli usati dai trasportatori. La decisione odierna si riferisce in particolare al mercato della costruzione di autocarri medi (di peso compreso tra 6 e 16 tonnellate) e pesanti (di peso superiore a 16 tonnellate). L’inchiesta della Commissione ha rivelato che MAN, Volvo/ Renault, Daimler, Iveco e DAF avevano costituito un cartello in relazione: - al coordinamento dei prezzi dei “listini all’ingrosso” degli autocarri medi e pesanti nello Spazio economi-

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co europeo (SEE). I prezzi del “listino all’ingrosso” si riferiscono ai prezzi di fabbrica degli autocarri fissati da ciascun costruttore. In generale i prezzi di listino all’ingrosso costituiscono la base per la fissazione dei prezzi nell’industria degli autocarri. Il prezzo finale pagato dagli acquirenti si basa poi su ulteriori adeguamenti, apportati a livello nazionale e locale, dei prezzi di listino all’ingrosso; - alla tempistica di introduzione delle tecnologie di riduzione delle emissioni per autocarri medi e pesanti al fine di renderli conformi alle sempre più rigorose norme europee sulle emissioni (da Euro III fino a Euro VI attualmente in vigore); - al trasferimento ai clienti dei costi delle tecnologie di riduzione delle emissioni necessarie per conformarsi alle sempre più rigorose norme europee sulle emissioni (da Euro III fino a Euro VI attualmente in vigore). Le violazioni, che hanno interessato tutto lo Spazio economico europeo, sono durate 14 anni, dal 1997 al 2011, anno in cui la Commissione ha effettuato ispezioni senza preavviso presso le

imprese. Tra il 1997 e il 2004 le imprese hanno tenuto riunioni a livello di alti dirigenti, talvolta al margine di fiere o eventi di altro tipo, e hanno intrattenuto contatti telefonici. A partire dal 2004 il cartello si è organizzato attorno alle affiliate tedesche dei costruttori di autocarri e i contatti sono avvenuti per lo più per via elettronica. Per 14 anni le discussioni tra le imprese hanno avuto per oggetto le stesse tematiche, ovvero gli aumenti di prezzo dei rispettivi “listini all’ingrosso”, la tempistica di introduzione delle nuove tecnologie di riduzione delle emissioni e il trasferimento ai clienti dei costi delle tecnologie di riduzione delle emissioni. La decisione attuale fa seguito all’invio di una contestazione degli addebiti ai costruttori di autocarri nel novembre 2014. Nel quadro dell’inchiesta è stato avviato un procedimento anche nei confronti di Scania. Poiché tale impresa non rientra nella presente decisione di transazione, l’inchiesta proseguirà con il procedimento ordinario (alternativo al procedimento di transazione) per i casi di cartello. La collusione individuata dalla Com-


missione riguardava le nuove tecnologie di riduzione delle emissioni previste dalle norme ambientali da Euro III a Euro VI, e più nello specifico il coordinamento sulla tempistica e sul trasferimento ai clienti dei costi delle tecnologie di riduzione delle emissioni per rendere gli autocarri conformi alle norme di nuova introduzione in tale ambito. La collusione non era tuttavia finalizzata a evitare o manipolare la conformità alle nuove norme in materia di emissioni. L’inchiesta della Commissione non ha evidenziato alcun collegamento tra il cartello di cui trattasi e le accuse o pratiche di elusione dei sistemi antinquinamento di determinati veicoli (comunemente noti come “dispositivi di manipolazione”). La decisione adottata sottolinea l’importanza di un mercato concorrenziale funzionante per favorire la messa a punto e la diffusione di tecnologie a basse emissioni efficienti ed economiche, che costituisce tra l’altro uno degli elementi della strategia europea sulla mobilità a basse emissioni, di prossima pubblicazione. Le ammende sono state fissate sulla

base degli orientamenti della Commissione del 2006 in materia di ammende (cfr. comunicato stampa e MEMO). Nel fissare l’importo delle ammende la Commissione ha tenuto conto delle vendite di autocarri medi e pesanti di ciascuna impresa nel SEE, come pure della natura grave della violazione, dell’elevata quota di mercato combinata delle imprese, della portata geografica e della durata del cartello. In applicazione della comunicazione della Commissione sul trattamento favorevole del 2006, l’impresa MAN ha beneficiato della piena immunità per aver rivelato l’esistenza del cartello, evitando così un’ammenda di importo pari a circa € 1,2 miliardi. Sempre in virtù della comunicazione della Commissione sul trattamento favorevole del 2006, le imprese Volvo/Renault, Daimler e Iveco hanno ottenuto riduzioni dell’ammenda. Tali riduzioni sono in funzione del momento in cui le imprese hanno cominciato a collaborare e della misura in cui le prove da esse fornite hanno aiutato la Commissione a dimostrare l’esistenza del cartello. A norma della sua comunicazione

del 2008 concernente la transazione, la Commissione ha applicato una riduzione del 10% alle ammende comminate alla luce del fatto che le imprese di cui trattasi hanno ammesso la loro partecipazione al cartello e se ne sono assunte la responsabilità. Contesto L’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e l’articolo 53 dell’accordo SEE vietano i cartelli e altre pratiche commerciali restrittive. L’inchiesta della Commissione ha preso il via da una domanda di immunità presentata da MAN. Nel gennaio 2011 la Commissione ha effettuato ispezioni senza preavviso (cfr. MEMO/11/29). Ulteriori informazioni saranno disponibili sul sito web della DG Concorrenza della Commissione, nel registro pubblico dei casi con il numero 39824, una volta risolte le questioni di riservatezza. Maggiori informazioni sugli interventi della Commissione contro i cartelli sono disponibili sul suo sito web relativo ai cartelli, sul quale figura un elenco delle dieci ammende più elevate comminate nei singoli casi di cartello. Cosimo Brudetti

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trasporti / porto&diporto

Confetra Nord Est, le cariche per il prossimo triennio L’Assemblea degli Associati sottolinea il ruolo fondamentale della logistica e dei trasporti per l’economia delle tre Regioni e offre il suo contributo per soluzioni condivise

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aolo Salvaro è stato riconfermato alla presidenza di Confetra Nord Est dall’Assemblea degli Associati che si è tenuta nei giorni scorsi a Marcon. Ad affiancare Salvaro nello svolgimento del mandato, per i prossimi tre anni, l’Assemblea ha chiamato, come vicepresidente, Andrea Cosentino, presidente di Assosped Venezia. I nuovi Consiglieri di Confetra Nord Est sono Andrea Brighenti (ASCAB Brescia), Andrea Ormesani (Assosped Venezia), Stefano Visintin (ASPTASTRA Trieste), Giacomo De Luca (ATACS Padova), Maurizio Veghini (AVAS Verona), Manuel Scortegagna (AVICS Vicenza), Marco Corda (Anasped Venezia), Hugo Hartman (UNI. SPE.TRA Bolzano), Roberto Tosetto (Interporto Padova), Mauro Da Ros (Assosped Pontebba). Confetra Nord Est è la struttura territoriale di Confetra in Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige e rappresenta le organizzazioni che sono espressione di associazioni e/o imprese che operano nei settori dei trasporti, del traffico, delle spedizioni, del deposito e della logistica. Complessivamente rappresenta oltre 2400 aziende del Nord Est. Paolo Salvaro, ringraziando gli associati per la riconfermata fiducia, ha evidenziato i temi sui quali si concentrerà l’attività dell’Associazione nel prossimo futuro: “Logistica e trasporti sono una parte fondamentale del tessuto produttivo: sempre meno semplici servizi alle imprese e sempre più elementi cardine delle filiere industriali. Le aziende che rappresentiamo sono specialiste

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Paolo Salvaro in queste attività che si sviluppano e crescono in un contesto nazionale ed internazionale complesso e talvolta contraddittorio. Ci vengono chiesti, giustamente, trasporti e logistica sostenibili sia dal punto di vista ambientale che economico, ma spesso ci troviamo ad operare in un contesto non adeguato da un punto di vista normativo ed infrastrutturale. Noi, con le nostre aziende faremo certamente la nostra parte, ma chiediamo ai decisori pubblici di fare la loro. Nei tre anni passati abbiamo lavorato con successo per semplificare, ad esempio, le procedure doganali: è stato attivato lo sdoganamento in mare, che accelera il transito dei container nei porti, così come altre procedure che riguardano le operazioni di import export. Altri aspetti rimangono da migliorare, ma sono certo che troveremo la collaborazione convinta delle

autorità preposte, dalla Agenzia delle Dogane alla Sanità Marittima, alla Capitaneria di Porto, come è stato in passato, nonostante un confronto a volte anche vivace. C’è però un punto su cui voglio porre l’attenzione ed è quello delle scelte strategiche che la politica deve fare: l’intermodalità è una necessità, non una moda, e bisogna spingere perché sia davvero una scelta possibile per le aziende, potenziando ferrovie, infrastrutture portuali e interportuali. Ma bisogna anche che le scelte siano chiare e rapide: assistiamo, da anni oramai, a un dibattito infinito sul futuro del Porto di Venezia e sulla realizzazione o meno della piattaforma offshore, così come manca chiarezza sul futuro della crocieristica, sempre a Venezia. Noi lo abbiamo detto chiaramente, siamo favorevoli sia al Porto offshore che all’approdo delle navi da crociera in Marittima. Ma in ogni caso bisogna porre fine all’incertezza: e questo vale anche per le altre scelte da fare in tutto il Nord Est. Come Associazione siamo a disposizione di tutti, amministrazioni regionali e nazionali, autorità portuali, ferrovie, per illustrare le criticità ma anche le opportunità del sistema logistico e trasportistico del Nord Est. Lo abbiamo fatto negli anni scorsi, lo faremo con la stessa convinzione in futuro, nonostante qualche difficoltà emersa, ad esempio con la Regione Veneto alla quale ci piacerebbe poter illustrare compiutamente la nostra visione su questi temi che sono fondamentali per l’economia del nostro territorio”. Stefano Meroggi


trasporti / porto&diporto

Il car sharing ecosostenibile chiede di fare di più e meglio “N

oi abbiamo quasi 1.000 macchine in servizio di car sharing a flusso libero e altre 150 in noleggio nei nostri Share’Ngo Point. Abbiamo fino ad ora investito oltre 16 milioni di euro, senza aiuti di stato, e siamo convinti di avere fatto bene e di averlo fatto con lungimiranza. Auspichiamo che il Governo se ne renda conto e premi la mobilità condivisa a impatto zero con misure che consentano, ad esempio, di trasformare bonus alla demolizione di vetture euro zero in minuti di car sharing elettrico, sostenere una politica di infrastrutture nelle città medie affinché gli operatori possano gestire servizi di car sharing elettrico anche dislocando 50/60 auto senza esorbitanti costi di logistica, defiscalizzare l’energia per la mobilità e gli investimenti degli imprenditori immobiliari e dei proprietari dei parking (spazi e infrastrutture) per favorire la diffusione del car sharing elettrico di condominio o di quartiere, impegnare le Regioni e le ferrovie alla creazione dei mobility hub che favoriscano l’intermodalità treno-auto elettriche... Il momento è favorevole e il successo di Share’Ngo dimostra che i pregiudizi verso la mobilità elettrica stanno scomparendo. Non perdiamo questa opportunità per fare di più e fare bene, anche meglio di tanti paesi europei che oggi sono ancora più avanti di noi.’’

Con queste parole Emiliano Niccolai, Amministratore Delegato di CS Group / Share’Ngo ha commentato i lavori degli Stati Generali della Mobilità Elettrica, tenuti all’interno di rEVolution - Electric Drive Days al Centro Guida Sicura dell’ACI di Lainate. Lo ha fatto con la soddisfazione di aver visto - anche grazie a Share’Ngo – letteralmente ‘evaporare’ a Milano, Roma e Firenze la diffidenza verso l’auto elettrica. I numeri parlano chiaro: negli ultimi tre mesi Share’Ngo ha raddoppiato i suoi iscritti (oggi sono oltre 27.000), raggiunto i 2.500 noleggi al giorno, e venduto o pre-venduto oltre 15.000.000 di minuti di mobilità elettrica in pochi mesi nonché coinvolto oltre 500 dei suoi clienti nella campagna INSOSTENIBILE! per la diffusione della mobilità elettrica urbana. Grande è stato anche il successo della sperimentazione dei PACCHETTI - MINUTI con oltre 1.000.000 di minuti utilizzati in 6 mesi dal 24% dei clienti di Share’Ngo per correre a 6 € l’ora (0,10 € al minuto), la tariffa più bassa al mondo per un car sharing a flusso libero. La sperimentazione è terminata entrando in una fase nuova da domani, 28 maggio, con un’offerta di PACCHETTIMINUTI allargata a 4 ‘’tagli’’ con valore, costo e validità differenziati. Chiamati ‘’SI PARTE’’, ‘’SMART’’, ‘’MOVIDA’’ e ‘’NO STOP’’, i nuovi pac-

chetti nascono per premiare i tanti cittadini di Milano, Firenze e Roma che usano le auto elettriche di Share’Ngo ormai quotidianamente e anche più volte al giorno, spesso avendo abbandonato – o demolito - la loro auto privata a motore termico. E resta confermata - con il pacchetto da 1.000 minuti che mediamente permette di fare 12/15 corse al mese per 3 mesi - la tariffa unificata per la corsa e per la sosta di € 0,10 € al minuto, con una convenienza stimata del 40/45% sulle migliori offerte della concorrenza. Tra le nuove iniziative sono state annunciate a rEVolution la partnership nazionale con Lega Ambiente per la diffusione del car sharing elettrico, che potrebbe avere una forte accelerazione in autunno anche nelle città italiane con un inedito modello operativo peerto-peer chiamato MyShare’Ngo, e il consolidamento di quella con Carrefour Express che dal 30 maggio all’8 giugno diffonderà oltre 100.000 “Scontrino Amico’’ a Roma, Milano e Firenze che consentono ai frequentatori, di questa sempre più importante e diffusa rete di convenience store, di iscriversi a Share’Ngo a 1 € con 100 minuti bonus e la miglior tariffa disponibile oggi in modalità pay-as-you-go di 0,18 € al minuto. Stefano Meroggi

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sicurezza / porto&diporto

Comitato Atlantico Italiano formazione e sicurezza I

l Comitato Atlantico Italiano svolge, da quasi 60 anni, attività di ricerca, formazione ed informazione sui temi di politica estera, sicurezza ed economia internazionale relativi all’Alleanza Atlantica, con particolare riferimento al ruolo dell’Italia nella NATO. In ambito internazionale, il Comitato Atlantico Italiano assicura la presenza dell’Italia in seno all’Atlantic Treaty Association (ATA), organismo internazionale di raccordo tra la NATO e le pubbliche opinioni dei Paesi membri dell’Alleanza Atlantica. L’ATA, cui aderiscono tutti i paesi membri della NATO, ha assunto nuovi compiti e una sempre maggiore rilevanza con l’associazione dei Comitati Atlantici dei Paesi del Partenariato per la Pace e del Dialogo Mediterraneo. Il Comitato Atlantico Italiano partecipa attivamente ai programmi dell’ATA ed è promotore di diverse iniziative di cooperazione internazionale con i paesi membri e partner della NATO. In occasione della Sessione Speciale del Consiglio dell’ATA tenutasi a Budva, Montenegro, il Segretario Generale del Comitato Atlantico Italiano, Prof. Fabrizio W. Luciolli, è stato unanimemente eletto Presidente dell’Atlantic Treaty Association. La presidenza italiana avrà durata triennale a partire dall’Assemblea Generale 2014. In ambito nazionale, il Comitato Atlantico Italiano organizza attività didattiche e di formazione per personale civile e militare, nonché conferenze e dibattiti presso istituti accademici e scolastici, anche avvalendosi di una rete di associazioni denominate Club Atlantici dei quali coordina e promuove le attività. Lo studio, la ricerca e l’analisi rivestono un ruolo fondamentale nell’ambito del-

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Fabrizio W. Luciolli le attività del Comitato Atlantico Italiano che, a tal fine, promuove progetti ed iniziative anche in collaborazione con centri di studio e ricerca internazionali. Questi ed altri interessanti temi sono stati trattati recentemente presso la Camera di Commercio di Napoli durante il Convegno sul tema “Migliorare la cooperazione e rafforzare la sicurezza nel bacino del Mediterraneo: il ruolo della N.A.T.O. dei Comitati Atlantici e delle Istituzioni”. Fabrizio W. Luciolli, Presidente del Comitato Atlantico Italiano e Presidente dell’Atlantic Treaty Association ha illustrato missione e compiti di questo Organismo internazionale che in maniera complementare alle attività militari della N.A.T.O. assicura una adeguata informazione ed una qualificata discussione sui temi di politica internazionale. L’Ambasciatore Giovanbattista Ver-

derame , Vice Presidente del S.I.O.I., ha proposto una interessante analisi del ruolo diplomatico che l’Italia sarebbe oggi in grado di svolgere in un contesto geopolitico dove lo storico equilibrio della nostra politica estera e la naturale posizione geografica al centro del Mediterraneo rendono il nostro Paese elemento indispensabile per un proficuo dialogo. L’Assessore Regionale Serena Angioli, a cui sono affidate le deleghe per i Fondi Europei, per le Politiche Giovanili, per la Cooperazione Europea e per il Bacino Euro-Mediterraneo, forte della sua esperienza in campo internazionale, ha indicato un percorso nuovo ma necessario rivolto alle nuove generazioni dove il processo formativo deve aiutare a costruire una adeguata capacità per comprendere e valutare scenari sempre più globali e complessi. Il Generale C.A. Leonardo Di Marco, Capo di Stato Maggiore NATO JFC Naples, nella sua interessante relazione ha sottolineato come il successo di iniziative politico-militari anche complesse è strettamente legato ad una corretta e sapiente “orchestrazione” di tutte le componenti in gioco le quali solo se ben armonizzate e modulate assicurano un risultato finale positivo; viceversa si rischia di rendere vani sforzi e sacrifici militari. Il Prof. Luciolli nelle conclusioni ha voluto ringraziare la Camera di Commercio per l’ospitalità ricevuta, il Presidente del Club di Napoli Ing. Roberto Marchesini ed in particolare l’ing. Giosuè Grimaldi Vice Presidente Vicario che con passione e determinazione ha lavorato a questo importante progetto. Sandro Minardo


energia / porto&diporto

FederPetroli: ridisegnare politica energetica italiana “G

li idrocarburi non possono essere sostituiti da energie alternative, che per definizione non possono essere sostitutive del petrolio, e allo stesso tempo quando si parla di gas si dimentica che è un idrocarburo”. E’ uno dei passaggi dell’intervista che Michele Marsiglia, Presidente di FederPetroli Italia, ha concesso ad H2Oil parlando di petrolio, idrocarburi ma non solo, passando per l’Union Energy fino all’attuale situazione del mercato energetico italiano e mondiale. “In più di un’occasione - ha proseguito Marsiglia - la Commissione Europea, parlando di Union Energy, ha detto che è necessario ridurre la dipendenza da fonti fossili ampliando al contempo il mercato del gas dei 28 Stati membri, come se questo non lo fosse: una contraddizione, questa, che in più di un’occasione abbiamo fatto notare, anche in Audizione al Senato. Come FederPetroli Italia stiamo investendo molto, soprattutto in termini di infrastrutture, per la realizzazione di un hub italiano nel cuore del Mediterraneo per il GNL, il gas liquido più pulito e con una maggiore compatibilità ambientale, necessario in quei piccoli Comuni italiani che non sono raggiunti dalla rete del metano. Tra l’altro, troppo spesso si dimentica che nel nostro Paese l’indotto petrolifero non è bloccato, bensì ci sono pozzi che, pur essendo già stati trivellati, attendono le autorizzazioni

per essere aperti. Il greggio non può essere sostituito da altre fonti energetiche ed è ancora lungi dall’esaurirsi, a differenza di quanto si è detto negli anni: molte previsioni si sono rivelate errate e le nuove tecniche estrattive, come ad esempio quelle utilizzate negli Usa, come fracking e shale oil, ridisegnano gli scenari di mercato”. Sulla politica energetica italiana, Marsiglia ha le idee molto chiare: “E’ necessario velocizzare i processi autorizzativi, ci sono aziende straniere che se non hanno certezza regolamentare e di business non investono nel nostro Paese. La politica energetica va creata: un grande operatore come Eni dovrebbe dettare le linee guida da seguire, ma così non è. Il gruppo guidato da Descalzi a mio giudizio sta investendo troppo fuori dal nostro Paese, come in Egitto e Ghana, ma non dimentichiamo che anche il gas estratto a Zohr deve essere venduto. L’Italia ha invece bisogno dell’indotto proveniente dalla raffinazione. Inoltre trovo incredibile che, a seguito di quanto accaduto al Centro Oli di Viggiano, in Basilicata, l’indagine abbia bloccato la produzione, con danni per i fornitori e soprattutto per i dipendenti, con 240 persone in cassa integrazione”. Il Presidente di FederPetroli non risparmia poi una stoccata allo Sblocca Italia: “Lo Sblocca Italia - ha detto Marsiglia - per paradosso ha bloccato tutto l’indotto energetico italiano, così come le infra-

strutture. Di fatto, si è voluto togliere potere ai territori per portare le decisioni in materia energetica a Roma, ma è stata una strategia fallimentare: devono essere Regioni, Province e Comuni a decidere. Il referendum dello scorso aprile ha dimostrato che la situazione attualmente è in fase di stallo per quanto riguarda le piattaforme offshore”. Nonostante le criticità seguite alla crisi economica mondiale, Marsiglia mostra una cauto ottimismo: “Dalla seconda metà del 2015 abbiamo assistito a una ripresa complessiva del settore, che va dall’estrazione alla raffinazione. C’è una nuova voglia di investire, nonostante molti costi siano stati ridimensionati, ma la situazione, soprattutto a livello mondiale, è positiva”. Sulle prossime sfide che attendono FederPetroli, Marsiglia sottolinea che “la priorità in questo momento è ripristinare gli investimenti nel GNL e nelle infrastrutture nei mari italiani. Serve un prodotto liquido per i Comuni italiani che non hanno una rete di metanizzazione. Siamo stati contattati da più parti, soprattutto da Calabria e dal Sud Italia. Credo che questa sia la strada da seguire in questo momento”, ha concluso Marsiglia. Cosimo Brudetti

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energia / porto&diporto

Idrogeno nel Piano strategico dei combustibili alternativi V

entisettemila veicoli a idrogeno a celle a combustibile in Italia al 2025 e ben 8 milioni e mezzo al 2050, affiancati da 23.000 autobus e riforniti da 5.000 stazioni di approvvigionamento. Sono solo alcune delle cifre di previsione contenute nella proposta di Piano Nazionale per la Mobilità a Idrogeno illustrata recentemente a Catania da Alberto Dossi, Presidente del Comitato di Indirizzo Strategico di Mobilità Idrogeno Italia (MH2IT) e Presidente di Gruppo Sapio. MH2IT è un organismo che riunisce i principali soggetti del settore e che ha affiancato le autorità competenti nella redazione del Piano che il Governo presenterà alla Commissione Europea entro novembre, come previsto dalla Direttiva 2014/94/UE sullo sviluppo del mercato dei combustibili alternativi. Infatti, la mobilità a idrogeno, con i veicoli elettrici a cella a combustibile, farà parte del quadro strategico dell’Italia sulla mobilità di domani insieme a GNL, metano compresso e mobilità elettrica. “Questo risultato è stato possibile grazie ad un’iniziativa spontanea costruita dal basso dal mondo industriale – dice con orgoglio Alberto Dossi – e che ha coinvolto il mondo istituzionale, la ricerca e tutti i portatori d’interesse di questo settore. Mobilità Idrogeno Italia infatti è nata un anno fa per affrontare tutte le questioni tecniche, regolamentari e finanziarie ed è riuscita a ottenere dal Ministero dello Sviluppo Economico il mandato ufficiale per l’elaborazione

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Alberto Dossi del Piano Nazionale di Sviluppo delle Infrastrutture per il Rifornimento di Idrogeno nei Trasporti, ora in approvazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, prima della presentazione alla UE il prossimo novembre”. Il Piano Mobilità Idrogeno Italia si pone un obiettivo iniziale al 2025, previsto dalla direttiva DAFI, ma guarda ben più lontano, al 2050: si focalizza sul trasporto stradale e fa una stima dell’entità del finanziamento necessario anche per le altre applicazioni nei veicoli industriali, nel trasporto ferroviario e navale. Considera inoltre la produzione di idrogeno da steam reforming di gas naturale e biometano e da elettrolisi dell’acqua da rinnovabili. La proposta di Piano è stata redatta su una base di numeri e un processo di

elaborazione assolutamente sostenibili e realizzabili, basato su valori realistici e seguendo un’evoluzione conforme alle linee di programma attualmente adottate dall’Italia all’interno degli impegni Europei. Inizialmente, per minimizzare i rischi finanziari e introdurre la tecnologia, prevede un approccio captive fleet, con introduzione di flotte per le autovetture e gli autobus in grado di assicurare un adeguato fattore di carico per ciascuna stazione di rifornimento. Quanto ai veicoli, sono già una realtà grazie anche agli investimenti in tecnologia di alcune case automobilistiche. “L’efficienza è sorprendente – commenta Dossi - ed è bene ricordare che i motori a fuel cell, rispetto ai motori a combustione interna, rilasciano nell’atmosfera solo vapore acqueo. I veicoli leggeri con 1 kg di idrogeno oggi percorrono 100 km, hanno livelli di autonomia al passo con le altre vetture (500-750 km con un pieno) e i tempi di rifornimento sono inferiori ai 5 minuti. Il Piano Mobilità Idrogeno Italia prevede 27.000 mila veicoli elettrici a celle a combustibile alimentati a idrogeno in Italia al 2025 e ben 8 milioni e mezzo al 2050, cioè il 20% del parco circolante”. D’altra parte, L’Agenzia Internazionale dell’Energia ha chiaramente detto che per contenere l’aumento della temperatura sotto i 2°C, il numero di vetture a celle a combustibile alimentate a idrogeno circolanti nel 2050 tra Francia, Germania, Italia e Regno Unito non potrà essere inferiore a 40 milioni. Analogo discorso vale per gli autobus: autonomia di 450 km con un pieno, tempi di rifornimento inferiori ai 10 minuti e un’efficienza di 8-9 kg per percorrere 100 km sono dati incoraggianti. Dovranno essere 1100 in Italia al 2025 e 23.000 al 2050, una cifra che rappresenterà il 25% del parco autobus. Francesco S. Salieri


aziende / porto&diporto

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Raddoppia in 5 anni l’eCommerce italiano

ontinua la crescita a doppia cifra dell’eCommerce in Italia: il valore degli acquisti online degli italiani raggiungerà nel 2016 i 19,3 miliardi di euro con un incremento del 17% rispetto al 2015, pari a oltre 2,7 miliardi di euro. Le previsioni per il 2016 rivelano una crescita dei settori che hanno trainato l’eCommerce fino ad oggi: il Turismo (+11%), l’Informatica ed elettronica (+22%) e l’Abbigliamento (+25%), ma anche l’Editoria (+16%). Vanno molto bene anche i settori simbolo del Made in Italy che, pur considerati ancora emergenti per la vendita online, stanno registrando le crescite più alte: il Food&Grocery otterrà un incremento del 29% e supererà di poco quota 530 milioni di euro mentre l’Arredamento & Home living crescerà del 39% sfiorando i 570 milioni di euro. La penetrazione dell’eCommerce nel 2016 raggiungerà il 5% delle vendite retail. Lo scontrino medio vale 75 euro per l’acquisto di prodotti, per un totale di 115 milioni di ordini, e di 253 euro nei servizi, per 45 milioni di ordini. Questi sono solo alcuni dei dati salienti presentati dall’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm Politecnico di Milano nel corso della XI edizione del Netcomm eCommerce Forum, alla presenza di oltre 6.000 invitati, tra aziende, professionisti e giornalisti. Un record che mostra come il comparto sia divenuto nel tempo una

scelta obbligata e un canale necessario e cruciale per le imprese che vogliano fare business sia nel nostro Paese sia su scala globale. “I grandi numeri raccontano che gli italiani che acquistano online sono 18,8 milioni. Rapportata alla popolazione Internet in grado di fare acquisti, ovvero 30,8 milioni di individui, la cifra indica che l’eCommerce vanta una penetrazione del 61%, in crescita rispetto agli scorsi anni se consideriamo che fino a due anni fa eravamo ancora sotto il 50% - commenta Roberto Liscia, Presidente di Netcomm - Non c’è niente in Italia che cresca come il commercio elettronico a +17%, così da superare, nelle stime, quota 19 miliardi di euro. In Italia esiste, però, un paradosso perché nel Paese esistono tutte le condizioni potenziali perché quei 19 miliardi raddoppino diventando 40 miliardi. Mentre gli eShopper italiani sono raddoppiati, passando da 9 a oltre 18 milioni, le imprese non si sono digitalizzate con lo stesso ritmo. In Italia sono state censite appena 40mila imprese che vendono online, contro le 800mila a livello europeo di cui 200mila solo in Francia: 5 volte le nostre. In questo modo le aziende italiane non solo perdono quote di mercato sugli acquirenti italiani, ma rischiano di perdere fatturati anche da eShopper esteri. Il mio monito, quindi, dall’eCommerce Forum va alle aziende italiane: che serva a spronarle a essere

sempre più presenti online e a capire come il “fare eCommerce” sia davvero vitale per la loro sopravvivenza”. La crescita dell’eCommerce è trainata, nel Turismo, dall’acquisto di biglietti per i trasporti, soprattutto ferroviari, e dalla prenotazione di alloggi, non solo hotel ma anche affitti temporanei gestiti dai principali operatori della “sharing economy”. Nell’Abbigliamento continuano a essere determinanti gli acquisti high fashion, con un contributo crescente di abbigliamento sportivo e mass market. Nell’Editoria, la crescita è trainata dai libri, in particolare si prevede anche nel 2016 una crescita proveniente dai testi scolastici. L’Export, inteso come il valore delle vendite da siti italiani a clienti stranieri, aumenta del 18% e supera quota 3,5 miliardi di euro. Il 42% di questo valore è imputabile al Turismo, grazie prevalentemente agli operatori del trasporto e ai portali di hotel, e per il 38% all’Abbigliamento grazie ai grandi marchi e ai retailer tradizionali ma anche alle boutique multi-brand italiane (sia tradizionali che Dot Com). Con un peso sempre più rilevante ed in crescita, troviamo l’Arredamento & Home living e il Food&Grocery grazie al contributo sia di imprese produttrici che di Dot Com specializzate italiane. Italo Merciati

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aziende / porto&diporto

Di Gennaro Spa festeggia cento anni rivolti al futuro G

rande evento multimediale nella prestigiosa cornice di Castel dell’Ovo, a Napoli, per celebrare il 100esimo anno dell’attività familiare della Di Gennaro Spa e per avviare un anno di iniziative speciali rivolte non solo al trade ma soprattutto alla tutela ed alla rivalutazione del territorio. Di Gennaro SPA, marchio di rilievo del settore dei servizi ecologici integrati, tra i più importanti in Italia, ha compiuto 100 anni e lo scorso 14 luglio, nel cuore di Napoli, città che ha visto i natali dell’impresa, la proprietà ha dato il via ad un anno ricco di attività e progetti innovativi con un accorsatissimo e affollatissimo show party. Realizzato in collaborazione con la Soprintendenza e con il Comune di Napoli, l’evento era strutturato in due parti: un suggestivo prologo al tramonto nella cornice del Ramaglietto di Castel dell’Ovo, tra photo set e degustazione di champagne; ed un coinvolgente dinner show sulle acque dei Cantieri Powerboat, sotto il Castello. Di Gennaro SPA è un’impresa famigliare attiva a Napoli dal 1916 nel settore del recupero e della valorizzazione

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dei materiali. Nata esattamente un secolo fa per lungimirante iniziativa della famiglia Di Gennaro, la piccola attività di raccolta di rottami nel centro storico di Napoli è via via cresciuta nel tempo, trasformandosi in una moderna realtà industriale. Negli anni ’60 l’attività viene trasferita dai fratelli Di Gennaro nella periferia Nord della città di Napoli per disporre di un primo spazio organizzato per la cernita e lo stoccaggio. Negli anni ’80 viene realizzato a Casavatore un vero stabilimento industriale in grado di offrire servizi integrati per il recupero dei materiali. Nello stesso sito, nel 1997, è sorto anche il centro di selezione al servizio della “neonata” raccolta differenziata degli imballaggi in plastica per effettuare, primo in Campania e primo d’Italia interamente autofinanziato, la selezione per polimero/colore. Da allora l’azienda, guidata dalla terza generazione Di Gennaro, è ulteriormente cresciuta, parallelamente al generale aumento della raccolta differenziata, del recupero e del riciclo. Agli inizi del nuovo millennio la Di Gennaro, divenuta punto di riferimento in Campania di tutti gli schemi consorti-

li sia del “Sistema CONAI” (COREPLA per la plastica, COMIECO per la carta, RICREA per l’acciaio, CIAL per l’alluminio, COREVE per il vetro, RILEGNO per il legno) sia al di fuori di questo (POLIECO per i beni in polietilene, CONIP per le cassette in plastica dell’ortofrutta), inaugura a Caivano, nell’area industriale, un modernissimo impianto automatico di selezione delle raccolte differenziate e dei diversi stream di imballaggi in plastica, primo automatizzato del Mezzogiorno: 40.000 metri quadri di cui 8.000 coperti, una capacità di lavorazione di 60.000 tonnellate/anno, numerosi lettori ottici installati, 100 dipendenti, una “piattaforma satellite” dedicata alla sola carta a Secondigliano. Il processo di crescita e miglioramento è tuttavia continuo, ed oggi è in via di ultimazione la ristrutturazione dell’impianto per renderlo ancor più performante, in fatto di qualità della selezione, e per allargare la gamma di materiali recuperati. Di Gennaro SPA non è un’impresa di riciclo: la sua funzione è di “cavare fuori” dal rifiuto, attraverso processi di cernita e selezione che oggi sono sempre più sofisticati, tutto ciò che può


rappresentare una risorsa per l’industria, producendo quindi “material for recycling”: una funzione fondamentale per l’”economia circolare” perché, senza questo step altamente specializzato, la maggior parte dei rifiuti raccolti non sarebbe di fatto riciclabile o, per lo meno, non troverebbe un mercato economicamente sostenibile. I materiali trattati spaziano dal più tradizionale comparto della carta e cartone, che vengono preparati per essere poi avviati alle cartiere di tutto il mondo, a quello più recente delle plastiche, sottoposte a selezione per tipologia (polimero) e colore, ottenendo così dal flusso della raccolta differenziata prodotti omogenei pronti per il successivo riciclo meccanico (processo di triturazione, lavaggio e produzione di nuovi granuli riciclati) costituiti da bottiglie in PET (acqua minerale, bibite, latte, ecc.) Giuseppe Di Gennaro con Giorgio Napolitano

incolori, azzurrate e colorate miste, flaconi in polietilene ad alta densità (soprattutto detersivi), film d’imballaggio di grandi e piccole dimensioni, cassette per la frutta etc. Sempre dalla raccolta differenziata urbana vengono selezionati anche l’alluminio (lattine, capsule, tappi, bombolette, ecc.), l’acciaio (scatolette, “boatte”, fusti, ecc.) e, in alcuni casi, anche vetro e legno (rifiuti ingombranti).

Nel 2008, su segnalazione dell’Unione Industriali di Napoli, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha premiato la Di Gennaro SPA come “Impresa di Eccellenza nell’Innovazione e nella Tradizione del Territorio”. “Siamo ormai alla quarta generazione – spiega l’amministratore delegato Giuseppe Di Gennaro - Ma è giusto ricordare che ha cominciato per noi, esattamente cento anni fa, nostro non-

no, Salvatore, con una piccola attività di rottamaio nel centro storico di Napoli. Un po’ di metalli, legno, vetro: in una società povera i rifiuti erano pochi, tutto era prezioso. Nessuno ancora pensava alla questione ambientale, ma l’economia “circolare” la si praticava inconsapevolmente tutti i giorni, per necessità. Oggi possiamo dire che quell’intuizione, nata dal bisogno, nel tempo si è rivelata vincente: per noi, per le nostre famiglie, per i nostri dipendenti e collaboratori e, non ultimo, per il territorio in cui viviamo e operiamo. Non è una sfida semplice fare impresa nella nostra regione, specie in un settore delicato come quello che ruota attorno ai rifiuti. Abbiamo sempre fatto scelte nette, spesso rinunciando a opportunità all’apparenza molto invitanti: non a caso abbiamo sempre continuato a puntare solo sul recupero dei materiali, anche quando lo smaltimento sembrava offrire prospettive molto più allettanti. Oggi che ci muoviamo sul mercato mondiale, siamo fieri del nostro radicamento su Napoli e sulla sua provincia, ed orgogliosi di sostenere iniziative che supportano la formazione e l’avvio al lavoro dei giovani in contesti fortemente svantaggiati, come quella della Fondazione Quartieri Spagnoli - FOQUS. Con la mia famiglia, dopo tanti premi e riconoscimenti, al traguardo di questo incredibile “Centenario”, straordinario in un settore come quello dei servizi ecologici integrati, abbiamo un unico scopo, un’unica visione aziendale: operare con sempre maggiore impegno e sempre più su scala internazionale, non solo per il futuro della nostra azienda ma anche per il nostro territorio e per il nostro Paese”. Francesco S. Saliero

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Amazon investe nel Lazio: nuovo centro distribuzione A

mazon ha annunciato l’avvio della realizzazione di un nuovo Centro di Distribuzione a Passo Corese, frazione del Comune di Fara in Sabina (RI), a 30 km da Roma, per soddisfare la crescita della domanda in Italia. Il nuovo polo logistico, che sarà il secondo Centro di Distribuzione di Amazon nel Paese, inizierà l’attività nell’autunno del 2017. Amazon investirà 150 milioni di € nella nuova unità operativa da 60.000 mq, dando un impulso anche allo sviluppo dell’economia locale. L’azienda ha in programma di creare fino a 1.200 nuovi posti di lavoro entro tre anni dall’avvio delle attività. “Negli ultimi cinque anni abbiamo creato più di 1.000 nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato nel nostro centro di distribuzione attivo a Castel San Giovanni e ora siamo lieti di annunciare che ne creeremo altri 1.200 nel nuovo polo di Passo Corese nei prossimi tre anni - ha dichiarato Roy Perticucci, Amazon Vice-President Operations Europe - Questa nuova unità operativa sarà integrata nel network di Amazon che conta ventinove Centri di Distribuzione in sette Paesi europei, che ci permettono di rispondere alla crescita della domanda e di mantenere le nostre promesse di consegne veloci e affida-

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bili ai clienti in Italia. Sono convinto che da questo investimento trarrà vantaggio anche l’economia locale, con nuovi posti di lavoro e nuove opportunità per le imprese di collaborare con uno dei più avanzati network logistici al mondo, che raggiunge milioni di clienti in tutta Europa”. Insieme al centro di distribuzione di Castel San Giovanni, la nuova unità operativa di Passo Corese consentirà ad Amazon di gestire la domanda attuale e futura, sia in Italia, dove un numero crescente di famiglie sceglie Amazon.it per i propri acquisti, sia in Europa. Entrambi i Centri di Distribuzione garantiranno ai clienti di Amazon in tutto il mondo il servizio rapido e affidabile a cui sono abituati, in particolare in occasione dei periodi di picco antecedenti le vacanze. L’avvio delle attività del nuovo Centro di Distribuzione è previsto per l’autunno del 2017. I salari dei dipendenti Amazon si collocano tra i più alti del settore della logistica e comprendono anche benefit quali sconti sugli acquisti su Amazon.it, assicurazioni sanitarie e cure mediche private. Amazon propone anche opportunità come il programma Career Choice, che offre ai dipendenti che intendono specializzarsi in un ambito specifico fino al 95% del costo delle

rette e dei libri di testo per frequentare corsi professionali per quattro anni. Il 2015 è stato un anno record per la creazione di posti di lavoro da parte di Amazon in Europa: sono infatti stati creati oltre 10.000 nuovi posti fissi, che hanno portato il personale europeo della società a superare complessivamente i 40.000 dipendenti. Dal 2010 Amazon ha investito oltre 15 miliardi di € in Europa in infrastrutture e servizi per la distribuzione, in servizi ai clienti, in data center regionali come Amazon Web Services, nella ricerca e sviluppo e altro ancora. A partire dall’avvio delle sue attività in Italia nel 2010, Amazon ha investito nel Paese più di 450 milioni di € e creato 1.700 posti di lavoro. Il Centro di Distribuzione di Castel San Giovanni, che impiega più di 1.000 dipendenti, è stato aperto nel 2011, un anno dopo il lancio di Amazon.it. Inizialmente esteso su 26.000 mq, oggi copre un’area di 86.000 mq per poter gestire la crescente domanda dei clienti e far fronte alla crescita del catalogo Amazon.it, che oggi offre più di 136 milioni di prodotti. A novembre 2015 Amazon ha aperto il Centro di Distribuzione urbano di Milano (1500 mq) per il servizio ai clienti Amazon Prime Now. Stefania Vergani


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Il Gruppo Md vara un piano da 100 milioni di euro I

l gruppo Md vara un piano di sviluppo su tutto il territorio nazionale da 100 milioni di euro che si concretizzerà con l’apertura di 44 nuovi punti vendita. Un’operazione imprenditoriale e finanziaria che le consentirà di rafforzare la propria quota di mercato nel Paese, pari oggi al 15%. Il gruppo casertano, secondo discount italiano ed attivo nel settore della grande distribuzione organizzata con oltre 725 punti vendita a marchio Md (di cui 110 solo in Campania), con sede a Gricignano d’Aversa, e Ld Market con sede in Trentino Alto Adige (175 discount nel Milanese) e sei centri di distribuzione, hanno infatti sottoscritto con un pool di banche guidato da Unicredit un deal di finanziamento da 100 milioni di euro a sostegno dei propri piani di crescita. Le nuove linee di credito, di durata decennale, rese concrete da UniCredit (50%), Bpm (25%), Ubi (15%) e Banca Popolare dell’Alto Adige (10%), andranno a sostenere gli investimenti per lo sviluppo della rete di punti vendita a format Md, su tutto il territorio nazionale. Obiettivo dell’operazione finanziaria è lo sviluppo della rete di vendita che nei prossimi tre anni si completerà con 44 nuove aperture a format completamente rinnovato, progettate e costruite da Md Immobiliare spa su tutto il territorio nazionale. Il nuovo format Md, che esordisce con l’apertura del punto vendita di Grumello del Monte in provincia di Bergamo, prevede una superficie di 1.500 metri

Patrizio Podini quadrati, parcheggi e un layout funzionale ed efficace con ampi reparti di ortofrutta, gastronomia e macelleria. “Sarà un modo totalmente diverso di concepire il punto vendita. Con questo store inauguriamo un format estremamente innovativo, dove tutto è pensato per rendere l’esperienza di acquisto semplice e piacevole. Qui l’ottimo rapporto tra qualità, prezzo e la spiccata propensione verso il fresco, che da sempre caratterizzano la nostra marca, saranno resi ancora più funzionali attraverso le caratteristiche di un progetto sviluppato completamente dal nostro gruppo e destinato a diventare un punto di riferimento per la spesa

quotidiana di tutti - dichiara il fondatore e presidente del gruppo Md, Patrizio Podini - Questa ulteriore operazione bancaria rientra nei piani di sviluppo finalizzati a raggiungere un elevato standard di mercato e di presenza sul territorio nazionale. Rappresenta inoltre un segnale preciso della fiducia del sistema bancario verso il nostro gruppo che è pronto a realizzare quanto si è prefissato per i prossimi anni e ha già in cantiere ulteriori progetti di sviluppo per i quali il supporto delle banche resta fondamentale”, aggiunge Podini. Con questo nuovo intervento prosegue l’accompagnamento di UniCredit al gruppo Md nel suo percorso di crescita che nel 2013 ha visto l’acquisizione della catena Ld market. L’operazione rappresenta la conferma di UniCredit quale partner finanziario di riferimento per gli operatori di un settore, quello della GDO, il cui supporto richiede competenze specifiche e che, al tempo stesso, può avere ritorni positivi in termini occupazionali e di stimolo ai consumi. L’operazione è stata resa concreta da Legance-Avvocati Associati che ha assistito il pool dei finanziatori con un team composto dal partner Andrea Giannelli, dal senior associate Beatrice Zilio e dall’associate Pietro Stefani e, per il gruppo Md da Gattai Minoli Agostinelli & Partners con un team composto dal partner Gaetano Carrello e dall’associate Edoardo Pecorario. Eduardo Cagnazzi

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Pesca e acquacoltura programma FEAMP 2014-2020 Il sottosegretario Castiglione: “Sostenibilità ambientale, economica e sociale, 84 milioni di euro per le strategie locali partecipative delle Regioni”

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uasi un miliardo di euro per pesca e acquacoltura sostenibili, maggiore occupazione e coesione territoriale, organizzazione funzionale del mercato, tracciabilità e rispetto della politica comune della pesca. Questo prevede il Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca 2014-2020 (FEAMP), il cui Programma Operativo nazionale è stato presentato Catania, nel corso di una conferenza stampa. “È tutto pronto dopo un lungo lavoro - ha spiegato il sottosegretario di Stato alle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Giuseppe Castiglione, ripercorrendo l’iter che ha portato all’avvio della programmazione - il FEAMP è sinonimo di sostenibilità ambientale e tutela della risorsa marina. Dobbiamo entrare nell’ottica che non esiste pesca senza qualità del mare. Il nuovo ciclo di programmazione rappresenta per il settore importanti opportunità in termini di competitività e di salvaguardia ambientale, attraverso l’introduzione di innovazioni mirate al miglioramento delle tecniche di pesca, alla creazione di nuovi sbocchi per i prodotti del mare e all’innalzamento della qualità della vita nelle zone costiere. Ma la sostenibilità ambientale verrà coniugata con quella economica, e penso in questo senso all’organizzazione dei produttori, alla tracciabilità, alla trasformazione e

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alla valorizzazione del pescato. Infine, grande importanza verrà data all’aspetto sociale, con il coinvolgimento del grande patrimonio umano delle nostre marinerie, anche in un’ottica di aumento dell’occupazione, soprattutto quella giovanile”. Tra le novità della programmazione 2014-2020 la cosiddetta “riserva di performance”, “per evitare il mancato impiego di risorse – ha sottolineato Riccardo Rigillo, direttore generale della Pesca Marittima e dell’Acquacoltura del MIPAAF (Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali) – verrà infatti utilizzato un sistema di indicatori legati principalmente all’attuazione finanziaria e per i quali sono stati fissati dei target intermedi al 2018: uno strumento efficace per garantire il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi. Tra le misure concrete previste inoltre dal FEAMP, il consolidamento della governance marittima integrata e alcune best practices che riducono l’impatto negativo sulle risorse biologiche e sugli ecosistemi”. Per quanto riguarda le priorità connesse alla politica marittima integrata (8,9 milioni) e al controllo e alla raccolta dei dati, (120,3 milioni), la competenza esclusiva sarà dello Stato, mentre le strategie di sviluppo locale partecipativo, per un importo pari a 84,8 milioni di euro, spetteranno alle Regioni. Per

le restanti “priorità” inerenti gli interventi connessi al settore della pesca e dell’acquacoltura, e per l’assistenza tecnica, le risorse finanziarie saranno ripartite nella misura del 33% allo Stato (241,4 milioni di euro) e del 67% (463,8 milioni di euro) alle Regioni e Province autonome. Del coinvolgimento dei soggetti operanti nel settore e del bisogno di un cambio di mentalità nell’ottica dello sfruttamento responsabile della risorsa ittica ha parlato il contrammiraglio Nunzio Martello, direttore marittimo della Sicilia Orientale: «Tra i pescatori ci sono moltissimi anziani e pochi giovani. Il Fondo dovrebbe coinvolgere le nuove generazioni ed educare i pescatori a guardare non solo al presente ma anche al futuro. Serve il contatto tra istituzioni e ceto peschereccio, e in questo senso la comunicazione deve svolgere un ruolo di raccordo». A margine della conferenza, il sottosegretario Castiglione ha infine evidenziato l’impegno del governo sul fronte del contrasto alla pesca illegale e ha annunciato la firma, nei prossimi giorni, del decreto sulla pesca costiera artigianale, con l’obiettivo di tutelare l’ambiente marino e arginare il depauperamento dello stock ittico mediante pesca con modalità selettive. Cosimo Brudetti


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Mezzogiorno, ripresa lenta ridare vita ai consumi interni E’

lenta ed impercettibile, ma i numeri dicono che nel Mezzogiorno la ripresa è iniziata. Un po’ meno in Puglia e Campania. Quest’ultima registra un tasso di crescita del valore aggiunto di appena 0,9 punti percentuali contro la media nazionale di 1,3 e l’export segna un andamento favorevole del 2,8%. Nella regione l’illegalità economica è ancora elevata, condizione che determina l’alto costo del credito. Nonostante le manovre agevolative varate nell’ultimo anno dalla Bce, il livello dei tassi d’interesse praticati alle imprese risulta infatti di 9,26 punti percentuali a fronte del 6,95% della media nazionale. Ciononostante il tessuto imprenditoriale regionale mostra una vivacità superiore alla media italiana con un incremento delle iscrizioni nel registro delle imprese dell’1,2% contro +0,3% a livello nazionale e crescono sia le startup innovative (336 in Campania, pari al 26,5% dell’intero Mezzogiorno) che l’occupazione, seppure dell’1% appena. Frutto del dinamismo delle imprese riscontrato a Napoli (+2,3%), mentre più contenuto è quello che registrano Caserta e Salerno, come afferma il presidente di Unioncamere Campania, Andrea Prete, commentando il rapporto sull’economia regionale curato dallo stesso organismo e dall’Istituto Tagliacarne. Un andamento che lascia però ben sperare, afferma il presidente della Regione, Vincenzo De Luca, anche se ci sono elementi di crisi ancora pesanti che riguardano la disoccupazione, soprattutto quella giovanile. “Siamo quattro punti sopra al 2007, quindi agli anni prima della crisi, come incoraggianti sono i dati sulle start up, e le imprese di stranieri nella nostra regione. Ma dobbiamo puntare sui settori che esportano e sull’economia del mare e, soprattutto ad aprire cantieri e a riversare nell’economia campana i 10miliardi di euro che abbiamo di fondi europei e Patto per il Sud. Questo è il nostro obiettivo per i prossimi mesi”. Certo, la ripresa non è roboante, ma i primi segnali di una inversione di tendenza di segno positivo cominciano ad intravedersi. Ma bisogna fare i conti con la questione infrastrutturale, quella energetica e quella fiscale. Lo sostiene Vincenzo Boccia, presidente di Confindustria. “Occorre

portare all’attenzione della politica economica del governo queste necessità, perché il Sud può essere la vera locomotiva del Paese. Anche perché c’è l’occasione dei fondi strutturali che, in tempo di scarse risorse, rappresentano uno dei limiti di cui soffre il Paese”. L’altra leva di sviluppo è il sostegno ai processi d’internazionalizzazione delle imprese ma, osservano gli analisti di Unioncamere e dell’Istituto Tagliacarne, ciò non basta da sola a sopperire alle carenze della domanda interna e ad allargare la base occupazionale. “Occorrono politiche e strumenti atti a ridare linfa vitale ai consumi delle famiglie che, al pari delle imprese, scontano da tempo una sostanziale perdita del potere d’acquisto che non agevola una pronta riattivazione del circuito economico”. Ma occorre anche una forte capacità innovativa e tecnologica delle

aziende che passa anche attraverso i percorsi di digitalizzazione che si configurano sempre più quale elemento imprescindibile della competitività. Le imprese campane che oggi utilizzano internet per aumentare la possibilità di fare affari sono il 37%, una quota lontana dalla media nazionale che supera il 40%. Se l’innovazione è fattore di competitività per qualsiasi sistema produttivo, altri elementi di dinamismo e capacità di conferire ricchezza addizionale si riscontrano nelle filiere strategiche, tra cui il mare. La ricchezza prodotta da questa filiera si attesta al 3,9% del totale Italia, troppo poco per un territorio che ha una forte vocazione marina e che annovera oltre 22mila imprese. Seppure in crescita dell’1,8% rispetto al 2014. Eduardo Cagnazzi

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nautica / porto&diporto

Produttori e aziende nautiche escono da Confindustria

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maggiori produttori italiani di yacht e megayacht e alcune tra le principali aziende di produzioni industriali nautiche del nostro Paese Apreamare, Azimut|Benetti, Baglietto, Cantiere delle Marche, Cantieri di Sarnico, Colombo, Gruppo Ferretti, Maltese, Mase Generators, Mondomarine e cantieri di Pisa, Opem Sistemi, Perini, Picchiotti, Tecnopool, Viareggio Superyacht, Vismara Marine - annunciano la propria uscita da Confindustria. Decisione motivata dalla ormai prolungata mancanza di attenzione, servizi e dedizione strategica al comparto nautico da parte di questa Confindustria, che si limita a svolgere una attività di supporto sindacale per le aziende a fronte di cospicui contributi. Tale disattenzione si è addirittura manifestata in modo scandaloso, nella sostanza e nella forma, per la mancata implementazione di una federazione di scopo, più volte annunciata, che avrebbe dovuto raccogliere tutti gli operatori del settore. Per analoghe ragioni di immobilismo e di etica gli stessi produttori ed altre 60 primarie aziende erano usciti nel 2015 da Ucina, che in questi anni non ha saputo bilanciare correttamente le iniziative a supporto della piccola nautica e di quella di grandi dimensioni, che si è invece concentrata principalmente

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sull’organizzazione del salone nautico di Genova. Ucina non presta alcuna attenzione all’ innovazione, ma per contro redige bilanci sui quali sono stati sollevati gravi dubbi dall’organo competente, tanto in Ucina stessa, quanto in sede confederale. Ultimo, ma non per ultimo, si tratta di una associazione presieduta da un dipendente di un gruppo francese, il gruppo Bénéteau, diretto concorrente della industria italiana. Un elemento poco compatibile per aziende impegnate a tenere alta l’immagine del Made in Italy nel mondo. Già nel 2015 queste 67 aziende italiane, la spina dorsale della nautica italiana,- che impiegano nel loro complesso 4500 dipendenti diretti, 15.000 operatori dell’indotto, esprimono un valore della produzione di 1500 milioni di euro e che rappresentano l’80% della produzione italiana di imbarcazioni e il 95% del valore delle esportazioni - hanno dato vita ad una prestigiosa associazione denominata Nautica Italiana. In quanto rappresentanti dei più prestigiosi marchi del Made in Italy nel mondo, è stata naturale la loro affiliazione ad Altagamma, l’associazione che raccoglie le aziende dell’eccellenza italiana. In Altagamma le aziende nautiche sono state accolte con entusiasmo e favore e possono ora svolgere tutte quelle attività di innovazione e promo-

zione sconosciute in Confindustria e Ucina. Nautica Italiana, realtà associativa pragmatica, innovatrice e costruttiva, ha adottato immediatamente un codice etico per distinguersi in un’Italia che talvolta all’estero sconta seri dubbi di credibilità; ha redatto un pacchetto di proposte normative da sottoporre al Governo, tese al rilancio del settore vessato da anni di persecuzioni ed errori da parte di politici e Pubblica Amministrazione; ha predisposto un palinsesto di eventi, di prossima pubblicazione, atti a far conoscere in modo efficace la produzione nautica italiana nel mondo. Nautica Italiana rappresenta un gruppo unito e compatto, desideroso del riscatto. Lo dimostra il fatto che quasi ogni giorno raccoglie nuove adesioni. In relazione a quanto precede , le aziende Apreamare, Azimut|Benetti, Baglietto, Cantiere delle Marche, Cantieri di Sarnico, Colombo, Gruppo Ferretti, Maltese, Mase Generators, Mondomarine e cantieri di Pisa, Opem Sistemi, Perini, Picchiotti, Tecnopool, Viareggio Superyacht, Vismara Marine rescindono formalmente la propria iscrizione da tutte le associazioni territoriali in cui sono presenti le proprie sedi ed i propri cantieri. Riccardo Russo


nautica / porto&diporto

Benetti: due premiere mondiali al Monaco Yacht Show 2016 I

l cantiere italiano presenterà gli ultimi modelli della gamma Custom, il FB701 MY Domani 45m e FB264. Il primo, in alluminio e acciaio, lungo 45 metri, articolato su 3 ponti, può offrire ai suoi ospiti 4 cabine sul ponte inferiore, una cabina VIP sull’upper deck e una suite armatoriale a tutto baglio sul main deck, complete di terrazzino privato. Il salone principale è caratterizzato da finestrature a tutta altezza che garantiscono una vista mozzafiato a 180° sul mare. Per quanto riguarda gli spazi esterni, il sun deck è stato diviso in 3 zone: un salottino con sdraio prendisole, un’area dining esterna, riparata dal

vento, e infine l’area attrezzata con piscina e bar. MY Domani è equipaggiato con 2 motori CAT C32 ACERT 1081kW @ 2.100 rpm per una velocità massima di 15 nodi ed un’autonomia di 4.000 miglia nautiche, viaggiando a 10.5 nodi. Realizzato anch’esso in acciaio e alluminio, il superyacht FB264 – il cui design degli esterni, nonchè la compartimentazione, sono stati progettati interamente da cantiere - ha 4 ponti, con una lunghezza complessiva di 63,5 metri, una larghezza di 10,8 e un dislocamento a pieno carico di 1.081 tonnellate. Il layout degli interni – a cura dello studio FM Architettura d’Interni –

prevede 4 cabine sul ponte inferiore, 2 cabine VIP sul ponte principale e una suite armatoriale di ben 80 mq sull’upper deck. Sempre su questo ponte, un ampio salotto esterno che può essere usato alternativamente come area dedicata all’intrattenimento degli ospiti, per cene formali all’aperto, o ad utilizzo esclusivo dell’armatore. Benetti FB264 è equipaggiato con 2 motori MTU – 12V 4000 M53 1380 kW @ 1800 rpm per una velocità massima di 15.5 nodi ed un’autonomia di 4.750 miglia, viaggiando ad una velocità di 12 nodi. Riccardo Russo

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nautica / porto&diporto

Toscana mette in rete eventi per nuova manifestazione Avanti tutta con l’evento internazionale di primavera tra Versilia e Marina di Carrara aperto all’intero settore

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AUTICA ITALIANA ringrazia il Presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, per aver fatto proprio e sostenere il progetto di evento nautico internazionale, che prevede la messa a sistema attorno ad un innovativo “Show del Mare” - con l’esposizione in acqua di imbarcazioni delle produzioni nautiche italiane e internazionali - lo Yare (a Viareggio), Seatec (a Marina di Carrara) e ShowBoats Superyacht Awards (Firenze). Una rassegna a 360°, dedicata a tutti i protagonisti del mondo della nautica: dal cliente finale agli operatori, dai produttori di accessori a quelli dei servizi, fino ai comandanti di superyacht e al turismo nautico. Portare l’eccellenza dell’industria nautica italiana e mondiale e dei suoi servizi, all’inizio del mese di maggio del prossimo anno in Versilia, unendo più eventi esistenti tra loro sinergici ed integrati e aggiungendo il glamour e lo stile del made in Italy nautico: è questa la sfida che NAUTICA ITALIANA ha proposto al Presidente Rossi confermando il grande Progetto Strategico - perseguito con costanza e impegno fin dall’inizio della sua attività - di definire e realizzare un nuovo palinsesto di manifestazioni nautiche di

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respiro internazionale in Italia. “Dopo la bella notizia che ci ha dato il Governatore Rossi, oggi possiamo dire che lavoreremo da subito con il massimo impegno perché si realizzi, il prossimo maggio, questo bellissimo evento che sono sicuro avrà sapore del cambiamento e interpreterà l’internazionalità del nostro settore – ha dichiarato Lamberto Tacoli, Presidente di Nautica Italiana - Siamo convinti che sia una opportunità di innovazione e di crescita per tutto il comparto nautico e per il Paese, per questo ci rivolgiamo a tutti gli operatori.” “Desideriamo ribadire l’esigenza, che è anche la nostra convinzione – continua Tacoli - che gli organizzatori siano soggetti autonomi e professionali e faremo il possibile affinché aziende leader del settore, come Fiera di Milano, possano collaborare con realtà già radicate nel territorio, come Carrara Fiere e altre, per la creazione di una piattaforma di reale contenuto internazionale. Crediamo che questo programma risponda alle caratteristiche del Progetto di Palinsesto di Eventi che fin dall’inizio NAUTICA ITALIANA ha proposto con apertura e trasparenza alle istituzioni locali e nazionali, nel rispetto dei ruoli

e con intento costruttivo”. Un palinsesto che per NAUTICA ITALIANA consiste in una manifestazione internazionale primaverile outdoor dedicata alla media e grande nautica ed un salone autunnale indoor dedicato alla piccola nautica e agli sport del mare e che auspica quale soggetto organizzatore una o più realtà fieristiche di capacità ed eccellenza, ma autonome e sopra le parti per poter garantire professionalità e imparzialità ad un evento realmente aperto a tutte le componenti del comparto. NAUTICA ITALIANA, l’associazione affiliata ad Altagamma che riunisce l’eccellenza della produzione cantieristica italiana e dei servizi ad essa collegati, opera fin dalla sua fondazione con l’obiettivo di disegnare una nuova strategia di sviluppo e crescita del comparto sia a livello nazionale che internazionale per restituire al settore un elevato livello di reputazione. L’associazione oggi conta 67 soci nelle le tre principali aree del comparto - industria, servizi e territori – e rappresenta l’80 per cento della produzione di barche e il 95 per cento del valore di esportazione delle imbarcazioni prodotte in Italia. Italo Merciati


innovazione / porto&diporto

Aero Sekur, emissione Bond per piano investimenti

E’

finalizzata a finanziare il piano triennale d’investimenti 20162018 l’emissione del primo Mini-Bond del gruppo Aero Sekur, società leader a livello mondiale nei prodotti in tessuti speciali e in gomma per il mondo della difesa, dello spazio, e dell’avionica. Valore dell’operazione 5 milioni di euro, periodo di collocamento fino al 25 agosto, data di emissione il giorno successivo, advisor ed arranger, Banca Promos spa. Il rendimento è previsto al 5,75%. L’operazione è rivolta a finanziare non solo programmi di ricerca e sviluppo per l’ingresso del gruppo nei nuovi mercati, in primis la Russia, ma anche ad ampliare la capacità produttiva delle linee di produzione, tra cui quello di Pensacola (Usa), destinato a supportare la commessa F35-JSF e a fornire supporto logistico e manutentivo a terzi. Oltre che attraverso l’emissione del minibond, il piano sarà finanziato con il cash-flow generato dalla normale gestione che nel 2105 ha evidenziato ricavi per 36,6 milioni di euro, con un incremento del 12% rispetto all’anno precedente, e l’Ebitda pari a 3,4 milioni, circa il 9% dei ricavi. Un risultato reso possibile grazie al vecchio piano in ricerca e sviluppo, tradottosi negli ultimi cinque anni in oltre 12 milioni di investimenti. Grazie ad esso, l’azienda ha potuto consolidare la sua presenza nel mercato internazionale ed entrare a far parte di alcuni tra i più importanti programmi per l’aerospazio e la dife-

Silvio Rossignol sa, finanziati da istituzioni nazionali e internazionali, in collaborazione con i principali player del settore. L’eccellenza dei risultati ha avuto l’avallo del Miur che ha definito Aero Sekur “un esempio virtuoso”, unica Pmi dell’aerospazio ad aver vinto tre bandi internazionali nel primo anno di Horizon 2020, il programma quadro della Commissione Europea che finanzia i progetti per la Ricerca e l’Innovazione fino al 2020. “Il nostro gruppo è in costante crescita. Il piano industriale prevede un incremento delle vendite di circa l’8% nel triennio, per effetto dell’aumento dei volumi di consegna attesi nei settori della difesa ed airborne”, dichiara l’amministratore delegato del gruppo, Marco Borghesi. “Il ricorso al mercato

dei capitali ci consentirà di accelerare il potenziamento e il consolidamento dei nostri programmi di espansione”. Costituita nel 1968, Aero Sekur ha il suo quartier generale ad Aprilia, in provincia di Latina. Altre sedi sono a Casella Torinese, Arenzano (Genova) e San Pietro Infine, nel Casertano, mentre uffici commerciali sono presenti negli Usa e nel Regno Unito. E’ però dagli inizi degli anni Duemila che sotto la guida dell’attuale presidente, Silvio Rossignoli, l’azienda dà impulso a un profondo processo di innovazione e diversificazione affiancando al suo prodotto storico, il paracadute, altri più sofisticati servizi dedicati al mondo della difesa, dello spazio e dell’avionica, finalizzati ad assicurare la sopravvivenza delle forze di difesa e sicurezza, supportando l’operatività di elicotteri, mezzi aerei e di terra, sia civili che militari. Prodotti e servizi basati su software e tecnologie d’avanguardia e materiali innovativi in tessuti speciali e gomma. Le ultime iniziative sono state avviate dopo l’aggiudicazione della commessa per la realizzazione degli Shelter, “hangar gonfiabili”, per il cacciabombardiere F-35, bandita da Northrop Grumman: una struttura che copre l’aereo per la manutenzione “in campo”, accompagnata da condizionatori di alta tecnologia che consentono di lavorare nei climi più diversi, dalle zone desertiche fino a quelle artiche. Cosimo Brudetti

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innovazione / porto&diporto

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Una fabbrica di droni marini in Toscana

no stabilimento per la produzione di droni marini – destinati all’assistenza ai migranti in mare, a operazioni di soccorso e salvataggio e attività di monitoraggio delle condizioni ambientali – nascerà in Toscana. Un progetto che vede il coinvolgimento di tre imprese toscane, un investimento complessivo di 5.508.500 euro e una ricaduta importante anche sul fronte occupazionale. Il progetto – denominato SAND (Safety & Ambient Nautic Drone) è stato presentato dal cantiere navale Effebi (gruppo Balducci) come azienda capofila, insieme a Meccano Engineering e IDS Ingegneria dei Sistemi SpA e gestito con il supporto di Navigo centro innovazione e sviluppo della nautica. Grazie alle caratteristiche tecnologiche, innovative e di particolare attenzione agli aspetti di approvvigionamento energetico e di impatto ambientale, il programma si è classificato al primo posto nella gara aperta sui fondi messi a disposizione dal bando relativo ai Protocolli di insediamento. Lo strumento agevolativo è finalizzato al sostegno di programmi di investimento in processi di industrializzazione di rilevanza regionale, di dimensione significativa e in grado di produrre occupazione aggiuntiva. Un bando promosso nel 2015 dalla Regione Toscana con fondi PRSE 2012-2015 che porterà alle imprese coinvolte un finanziamento regionale pari a 2.478.825 euro degli oltre cinque milioni complessivi di cui 3.029.675,00 a carico delle tre aziende. Nel protocollo siglato, si dà rilievo ad un programma “di rilevanza strategica in quanto è finalizzato alla progettazio-

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ne e all’impostazione di una fabbrica di droni marini con caratteristiche distintive in riferimento all’estrema affidabilità operativa. E oltre a essere in grado di realizzare rilevanti risultati per le imprese coinvolte, può essere di forte impatto sul livello delle tecnologie di eccellenza prodotte in Toscana” e “può contribuire in maniera significativa alla realizzazione di alcuni obiettivi di sviluppo definiti dalla programmazione regionale, in particolare quelli definiti dagli indirizzi del Programma regionale di sviluppo 2011-2015”. Il programma prevede la progettazione e l’implementazione di una fabbrica droni - mezzi navali di superficie comandanti a distanza. Partendo dalla ricerca e dall’applicazione di discipline principali della “Smart Specialisation” (ICT e Fotonica, Fabbrica Intelligente, Chimica e Nanotecnologie), le imprese andranno a creare una linea di produzione con particolare attenzione ad aspetti energetici e ambientali. I droni potranno essere modulabili (con una lunghezza variabile dai 15 ai 18 mt.), guidati da remoto e attrezzati per operazioni marine in contesti differenti. Il prodotto sarà “multipurpose” e innovativo, che possa garantire moltissimi dei compiti oggi svolti dalle Unità Navali maggiori, con una rilevante riduzione dei “costi correlati” e in grado di posizionarsi in modo competitivo sul mercato e quindi di essere commercia-

lizzato in qualsiasi Paese. Nella strategia di produzione si è tenuto conto dell’appetibilità̀ del prodotto sul mercato. I droni marini non solo avranno capacità di rispondere a esigenze di stretta attualità̀ come il controllo degli accessi via mare e il soccorso dei migranti in arrivo da molti paesi (in particolare quelli affacciati sul bacino del Mediterraneo), ma anche dall’intento di voler creare un prodotto modulare unico e ad alto contenuto tecnologico, che con pochi adattamenti permetterà il loro utilizzo in diversi ambienti e situazioni. Oltre ad interventi di salvataggio e monitoraggio delle condizioni ambientali, potranno essere impiegati per operazioni di servizio antinquinamento dei porti, azioni antintrusione in aree sensibili (parchi marini, isole con particolari destinazione d’uso, porti, pattugliamento anticontrabbando, sorveglianza anti terrorismo di impianti sensibili (piattaforme petrolifere e strutture di rigassificazione in mare), ricerca idrografica. RedMar


libri / porto&diporto

Napoli e il mare nel Viceregno spagnolo

Il nuovo arsenale al Molo San Vincenzo

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a Naples Shipping Week 2016 ha avuto a disposizione gli spazi del Molo San Vincenzo e la splendida sala Caracciolo per accogliere gli eventi culturali del giorno 28 giugno, compresa la mostra e la rappresentazione teatrale sulla nave-asilo Caracciolo. La sede è stata messa a disposizione dalla Marina Militare e dall’Ammiraglio Donato Marzano. Non nego che da storica dell’età moderna ho provato una grande emozione a ritrovarmi in un luogo magico e di grande prestigio per la storia marittima del Mezzogiorno e ringrazio per questo l’Ammiraglio Marzano, ma soprattutto Umberto Masucci e Giuseppe D’Amato che, anche in questa edizione, hanno voluto accogliere un incontro con la storia e la cultura del mare. Sull’arsenale e la marineria napoletana nel Cinquecento esistono vari studi sui quali mi sono soffermata in un convegno a Huelva nel 2015. Impossibile per me non condividere con un pubblico abituato a guardare alle infrastrutture nell’ottica contemporanea quella pagina di storia che risale all’epoca del Viceregno spagnolo quando cioè dopo i fasti del Rinascimento, il regno di Napoli aveva visto ridimensionato il suo ruolo di potenza economica e militare autonoma trasformandosi in un possedimento del grande impero spagnolo. Gli Aragonesi nel 1495 avevano affrontato Carlo VIII con una flotta composta da 60 galere e 25 imbarcazioni. Ma quella aragonese è letta come l’ultima pagina di successi marittimi del Regno: si concluse infatti con la distruzione della flotta e dell’arsenale napoletano per impedire ai nuovi regnanti di dotarsi in tempi brevi di nuove navi. Giunti gli spagnoli nel 1503, non bastarono a sostenere il settore marittimo e la costruzione di nuove imbarcazioni la conferma nel 1505 dei capitoli di Federico del 1496 per l’esenzione dal pagamento di dogana, gabella e diritti relativi all’ancoraggio e falangaggio oltre che all’uso della legna per la fabbricazione di navi. Con l’arrivo degli spagnoli diverse furono le prospettive e soprattutto mutarono le priorità con riferimento alle

La Tavola Strozzi (1472 o 1481) raffigura la flotta aragonese mentre rientra vittoriosa nel porto di Napoli dopo la vittoria riportata nell’estate del 1465 al largo di Ischia contro il pretendente al trono Giovanni D’Angiò spese statali. Il mancato o ridotto investimento in infrastrutture e costruzioni navali fu in stretto rapporto con la presenza dei turchi ma soprattutto con la politica fiscale che impose enormi sacrifici alle popolazione delle province. Non si conoscono le dimensioni di questo ridimensionamento. In generale le notizie dei contemporanei sulla condizione di baite, marine, porti, approdi, spiagge e caricatoi sono poco confortanti. Nel corso del primo Cinquecento molti furono i saccheggi e le distruzioni ad opera dei turchi e solo dalla battaglia di Lepanto (1571), ci fu una ripresa della cura ai porti della penisola almeno fino alla prima metà del Seicento, quando per combattere il contrabbando, le frodi e la paura della peste, si decise di abbandonare quei porti “caricatoi” di grano e olio. La difesa passiva delle coste con il ricorso ai controlli da terra attraverso la costruzione di torri e fortificazioni ebbe il sopravvento sulla difesa attiva con una marineria da guerra e la manutenzione dei porti. Premesso che permangono oggettive difficoltà a ricostruire il contributo

della nostra marineria alla circolazione via mare, quote consistenti di traffico passarono in mano ai mercanti stranieri, interessati agli scambi e capaci di controllarli e condizionarli, titolari di grosse disponibilità di capitali, utili ai programmi di espansione della Spagna. Nei porti giungevano mercanti e capitani genovesi, fiorentini, ragusei, veneziani, milanesi e greci. Sulla presenza e sul controllo degli scambi affidati agli stranieri esiste una ricca letteratura, di contro resta ancora da definire la consistenza di una marineria mercantile locale, parcellizzata e decentrata, dove operarono mercanti, costruttori, padroni di barche e armatori regnicoli. Segno evidente della vivacità e della presenza di una marineria locale è la presenza dei 37 monti di assistenza e previdenza per i marinai, padroni di barche, pescatori e altre attività legate al mare operanti nel Regno e nella provincia di Napoli, di cui 18 nella sola Napoli, istituiti tra il Cinquecento e fine Settecento. Nati per la tutela della gente di mare e soprattutto per riscattare

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Particolare della Tavola Strozzi 1472 con galere

e d’Europa. Furono riviste le strutture architettoniche della città e della provincia, fu disposta la costruzione di un intero quartiere per i soldati spagnoli facenti parte del Terzo di fanteria di stanza a Napoli. Per il settore marittimo e la difesa delle frontiere dagli attacchi dei pirati Toledo punto sulla rete di fortificazioni. Ma Toledo credeva anche nella difesa attiva. La Capitale diventò base navale per la flotta spagnola, fu riavviata la sistemazione del molo grande, del molo piccolo e del porto commerciale. I lavori interessarono anche le periferie marittime come il porto di Brindisi. Don Pedro de Toledo avrebbe voluto una flotta composta di 10 galere costruite a Napoli e in Sicilia. Come attestano gli studi di Maria Sirago ne furono ordinate 4 a Cetraro, in Calabria Citra, e 4 all’arsenale napoletano cui si aggiunsero le 19 galere dell’arsenale di Genova costruite per Andrea Doria. Don Pedro sapeva che per una flotta era necessario un arsenale, per questa ragione ne dispose la ricostruzione con un programma atto ad accogliere fino a 16 galere ma il progetto non fu ultimato e si realizzarono solo 12 arcate per 12 galere e non per navi di maggiore portata come le galeazze. Alla morte del Toledo nel 1553 la flotta del Regno poteva contare su 30 unità di cui 13 del Regno. Dopo la sua morte toccò al viceré Pacheco programmare interventi in

i captivi tra i più antichi c’erano quelli del porto della capitale del viceregno. di Piano di Sorrento (1520), di CastelNella pianta di Crescentio c’era anche lammare di Stabia (1580) e di Napoli il nuovo arsenale militare di Napoli che cui seguirono Gaeta (1611), Torre del il Summonte definì “magnifico”. Navi, Greco (1615) e Procida (1617). galere e galeoni furono costruite a più Sulla composizione degli equipaggi riprese dal governo napoletano per e sulla costruzione e gestione delle loro combattere i corsari e i francesi. Come imbarcazioni permangono ombre di orscriveva Luigi de Rosa, nonostante il dine qualitativo/quantitativo: quanti erano gli addetti; quale il ruolo assunto; chi erano gli armatori; di quali mezzi finanziari disponevano. Il quadro della portualità non era rassicurante e venivano individuati solo 7 porti nei primi anni del Seicento. Diversa la condizione della capitale dove s’investì a fine Cinquecento sul porto e sull’arsenale militare. Nel 1607 l’ingegnere pontificio Bartolomeo Crescentio, nel suo trattato ricco d’immagini sulle galere, galee e galeazze e di dettagli sulla loro costruzione, ricordava che per l’armata navale erano necessari un arsenale e un porto. Tra i porti artificiali adatti a fabbricare armate c’erano quelli di Venezia, GenoNapoli, pubblicata nel Civitates Orbis Terrarum I47, da Braun and Hogenberg (Antonio va e Napoli che avevano Lafreri, 1566) los barrios para las tropas un proprio arsenale ma al contempo essendo troppo esposti difficile rapporto tra tassazione, circomerito alla flotta navale. Nel frattempo ai venti mettevano a rischio i vascelli. lazione dei capitali e investimenti nel si apriva un intenso dibattito sul potenAnche Crescentio, come altri suoi conregno di Napoli, il capitale non mancaziamento della flotta, sul coinvolgimentemporanei di fine Cinquecento, elava. Con Don Pedro de Toledo Napoli dito e rifacimento degli arsenali della caborò un progetto per la trasformazione ventò uno dei più grandi cantieri d’Italia pitale e del Regno, sulla partecipazione

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Napoli, Stopendaal Bastiaen, 1663 dei baroni alla costruzione e alla conduzione delle galere e sul reclutamento dei remieri. Non mancarono le novità di ordine tecnico e amministrativo: come rilevato da Maria Sirago la gestione delle galere passò dai viceré al comandante delle galere; furono introdotte nuove tipologie di galera e di voga; si chiamarono ai remi schiavi, forzati e buonavoglia. Nel 1561 la flotta regia era notevolmente cresciuta composta da 64 galere di cui 6 napoletane. Molte di esse furono realizzate nell’arsenale napoletano: dalla sconfitta di Gerba del 1560 e fino al 1569 furono costruite 39 galere. Finalmente nel 1577 al tempo del viceré Mondejar fu avviata la realizzazione del nuovo arsenale tra Castelnuovo, la Torre San Vincenzo e Castel dell’Ovo. Gli studi sull’arsenale di Luigi De Rosa, Nicola Ostuni, Giulio Fenicia hanno evidenziato quanto il progetto fosse conforme ad una logica militare e per questa ragione fu edificato in un’area diversa da quella occupata dal porto commerciale e dalle abitazioni. Il piano di costruzione di Santiago Miguel, cappellano maggiore dell’opera pia di San Giacomo degli Spagnoli, prevedeva un arsenale capace di costruire fino a 60 galere oltre allo spazio da adibire a magazzino per conservare legname e altro. L’arsenale ebbe un proprio apparato di gestione in gran parte affidato a spagnoli. Ai vertici c’era un tribunale regio con uno dei presidenti della Camera della Sommaria; aveva una sua giurisdizione civile e criminale sugli ufficiali e gli operai. Nell’arsenale, secondo il Summonte, c’erano più di “cento artisti di tutte le arti” che dipendevano da 4 capomastri e altri soggetti. L’incarico di maggiore responsabilità era del

maggiordomo, persona di confidenza, da cui dipendevano tre scrivani. Per gli acquisti c’erano tre ufficiali regi che due volte la settimana si riunivano per le necessità dell’arsenale: legno, fasciame, cotone, pece, stoppa, panatica, vestiti e cure mediche. A proposito dei medicinali stretto era il rapporto tra i governatori dell’ospedale di San Giacomo degli Spagnoli e la flotta. I lavori alla struttura, completati nel 1583 al tempo del viceré Pedro Tellez Giron, duca d’Ossuna, consegnarono alla città un arsenale con 22 arcate per 60 galere e 2 galeazze. Ma non tutte le navi erano costruite ex-novo e nell’arsenale si prestava infatti attenzione al

riuso di vecchi scafi. Cosi delle 50 galere che formarono la flotta napoletana al tempo di Filippo II all’incirca 15 erano state realizzate su vecchi scafi recuperati a Messina e sequestrati alla flotta nemica. Dopo Lepanto la flotta del viceregno registrò una forte contrazione; il numero di galere si dimezzò; mutò anche il contratto di asiento. L’arsenale, da poco completato, era già obsoleto in quanto non adatto alle nuove navi da guerra pronte a sostituire le galere. In conclusione nel Cinquecento per quanto concerne quella mercantile sia le fonti sia le ricerche non aiutano a tracciare un quadro chiaro della partecipazione del Viceregno alla storia marittima. Diversamente invece si può dire per la vicenda della flotta di mare. Il Viceregno e la sua capitale, con una popolazione che nel corso di 100 anni era passata da 115.000 abitanti a circa 300.000, furono inseriti in un ampio

programma d’investimenti nel settore dei trasporti, delle infrastrutture e delle costruzioni navali da guerra. Napoli accolse tecnici esperti del settore e professionisti stranieri. A partire dalla prima metà del Seicento la crisi economica, sociale e finanziaria che sconvolse l’Europa impose una revisione di spesa in materia di difesa delle coste e, contro i turchi e la peste, si preferì la difesa passiva e l’abbandono dei porti. Raffaella Salvemini Primo Ricercatore, Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo Consiglio Nazionale delle Ricerche – Napoli

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turismo / porto&diporto

Le 5 scoperte archeologiche in gara alla BMTA di Paestum Il premio, promosso dalla BMTA e da Archeo, sarà consegnato a Paestum il 28 ottobre in occasione della XIX edizione della Borsa

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a Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico e Archeo, la prima testata archeologica italiana che nel 2015 ha celebrato l’anniversario dei 30 anni, hanno inteso dare il giusto tributo alle scoperte archeologiche attraverso un Premio annuale assegnato in collaborazione con le testate internazionali, tradizionali media partner della Borsa: Current Archaeology (Regno Unito), Antike Welt (Germania), Dossiers d’Archéologie (Francia), Archäologie der Schweiz (Svizzera). L’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” - giunto alla seconda edizione e intitolato al Direttore del sito di Palmira che ha pagato con la vita la difesa del patrimonio culturale - è l’unico riconoscimento a livello mondiale dedicato al mondo dell’archeologia e in particolare ai suoi protagonisti, gli archeologi, che con sacrificio, dedizione, competenza e ricerca scientifica affrontano quotidianamente il loro compito nella doppia veste di studiosi del passato e di professionisti a servizio del territorio. Il Premio sarà assegnato alla scoperta archeologica prima classificata, secondo le segnalazioni ricevute da ciascuna testata. Inoltre, sarà attribuito uno “Special Award” alla scoperta, tra le prime cinque classificate, che avrà ricevuto il maggior consenso dal grande

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pubblico attraverso la pagina Facebook della Borsa (www.facebook.com/borsamediterraneaturismoarcheologico) nel periodo 7 luglio - 30 settembre. Le prime cinque scoperte archeologiche del 2015, candidate alla vittoria della seconda edizione dell’International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad”, sono risultate: • Francia - Tomba celtica a Lavau • Grecia - 22 relitti sottomarini nell’arcipelago di Fourni • Inghilterra - Monumento sotterraneo nei pressi di Stonehenge • Italia - Tomba etrusca a Città della Pieve • Palestina - Tombe della Necropoli di Khalet al-Jam’a I Premi saranno consegnati venerdì 28 ottobre - in occasione della XIX BMTA, nell’area archeologica della città antica di Paestum dal 27 al 30 ottobre alla presenza dei Direttori delle testate che intervisteranno i protagonisti. Il Direttore della Borsa Ugo Picarelli e il Direttore di Archeo Andreas Steiner hanno condiviso questo cammino in comune, consapevoli che “le civiltà e le culture del passato e le loro relazioni con l’ambiente circostante assumono oggi sempre più un’importanza legata alla riscoperta delle identità, in una società globale che disperde sempre

più i suoi valori”. Il Premio, dunque, si caratterizza per divulgare uno scambio di esperienze, rappresentato dalle scoperte internazionali, anche come buona prassi di dialogo interculturale e cooperazione tra i popoli. Michela Fanis


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