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PORTO diporto &

IL MAGAZINE CHE APRE IL PORTO ALLA CITTÁ

L’occasione per voltare pagina


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5 Shipyards with14 Dry Docks 5 Shipyards with14 Dry Docks Good maritime strategic locations 5 Shipyards with14 Dry Docks Good maritime strategic locations Up to maritime VLCC DDstrategic Size Good locations Up to VLCC DD Size Operating 24/7 Up to VLCC DD Size Operating 24/7 47 years of maritime experience Operating 24/7 47 years of maritime experience An Hub experience 47 Engineering years of maritime An Engineering Hub Over 2 Kms of repairing Berth An Engineering Hub Over 2 Kms of repairing Berth Adequate draft and easy Berth access from Over 2 Kms of repairing Adequate draft and easy access from open seasdraft and easy access from Adequate open seas Achieved open seasCredibility on Safety and on Achieved Credibility on Safety and on honouring deadlines on Safety and on Achieved Credibility honouring deadlines honouring deadlines Specialist in Ship Repair since 1967 in the heart of the Mediterranean Specialist in Ship Repair since 1967 in the heart of the Mediterranean Specialist in Ship Repair since 1967 in the heart of the Mediterranean

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sommario

IN ESCLUSIVA

Anno XII - N° 6 - Giugno 2016 Direttore responsabile Antonio De Cesare Direttore editoriale Maurizio De Cesare Hanno collaborato a questo numero: Massimo Bernardo - Alessandro Bonvicini Cosimo Brudetti - Eduardo Cagnazzi Bruno Castaldo - Stefania Catanzaro Gian Enzo Duci - Riccardo Fuochi Giovanni Grande - Alberto Medina Stefano Meroggi - Italo Merciati Sandro Minardo - Sergio Sario Carolina Sinnopoli - Stefano Sorrentini Stefania Vergani Amministrazione e abbonamenti amministrazione@portoediporto.it abbonamenti@portoediporto.it Costo abbonamento Italia € 110, estero € 220 CCP n. 81627671 - AM editori srl Via Diaz, 54 - 80055 Portici (Napoli) Pubblicità e marketing marketing@portoediporto.it Listini e specifiche tecniche www.portoediporto.it Progetto e realizzazione grafica Paola Martino Stampa Morconia Print Morcone (BN) Il magazine Porto&diporto è proprietà di AM editori srl info@ameditori.it redazione@portoediporto.it www.portoediporto.it Autorizzazione Tribunale di Napoli n. 17 del 15 febbraio 2006 Periodico associato all’USPI Unione Stampa Periodica Italiana E’ vietata la riproduzione totale e/o parziale di testi, fotografie e di qualsiasi altro contenuto o allegato. Tutti i diritti sono riservati.

Interventi di: Riccardo Fuochi, Stefano Sorrentini, Massimo Bernardo, Bruno Castaldo ------Interviste a: Carlo Silva, Umberto Masucci, Andrea Mastellone, Domenico De Crescenzo, Alberto Banchero, Tomas M. Avila M., Alessandro Bonvicini, Sergio Sapio, Guido Barbazza, Antonio Campolattano, Francesco Messineo, Giancarlo Acciaro, Fabrizio Luciolli, Stefano Canestri PORT&SHIPPINGTECH 4 - Naples Shipping Week occasione per voltare pagina 6 - Il Forum delle funzioni di Guardia Costiera 8 - Il mercato non aspetta la portualità italiana 10 - Napoli, mettersi alle spalle questi anni difficili 12 - Shipping italiano, sinergie importanti e strategiche 14 - Panama, sviluppare servizi ad alto valore aggiunto 16 - Ormeggiatori, cerniera tra banchina e mare 18 - Sempre più grande, ancora più sicuro 20 - RINA SpA acquisisce il 100% del capitale del Gruppo Edif 22 - La motoristica navale verso l’assistenza remota 24 - Codice Doganale unionale nuova sfida per spedizionieri 26 - Grimaldi protagonista nel Mediterraneo 28 - ISE, naturale retroporto di Napoli e Salerno 30 - Marina di Carrara, sinergie con il sistema industriale 32 - In corso grandi progetti che cambieranno la logistica 34 - Rivedere il meccanismo della continuità territoriale 36 - La sicurezza nel bacino del Mediterraneo

CANTIERISTICA 38 - Palumbo Superyachts inaugura sede a Tenerife SHIPPING 40 - Aspettando Godot … sequel napoletano 42 - Novità in arrivo per i formatori del mare 44 - Produttività della azienda legata alla risorsa umana 46 - Dopo lunga navigazione per Ulisse Itaca è in vista 47 - Gli Avvisatori Marittimi italiani e le Associazioni europee INFRASTRUTTURE 48 - Porto di Civitavecchia traffici in costante crescita 50 - Portualità lagunare al bivio “si accettano scommesse” 52 - Porto di Salerno, sviluppo commerciale e turistico 54 - Fin che la barca va… devi lasciarla andare? DIRITTO 56 - Adriatic Maritime Law Conference 58 - La Convenzione di Atene sulle navi di Classe A YOUNGSHIP 62 - YoungShip Italia ed i giovani attori del rinnovamento LIBRI 63 - La Tabula de Amalpha TURISMO 64 - Per il benessere delle aziende Unique Antistress Quality


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Naples Shipping Week

occasione per voltare pagina U

mberto Masucci, Presidente The International Propeller Clubs, e Carlo Silva, Presidente ClickUtilityTeam, i due “responsabili” dell’evento che vedrà Napoli al centro dello shipping internazionale, illustrano la Settimana napoletana in una intervista a due voci, proprio come hanno vissuto questa esaltante esperienza. Cosa significa per Napoli e per l’Italia la Naples Shipping Week? Umberto Masucci - Ritengo sia un evento importante per la nostra città e per l’economia marittima italiana in generale, che contribuirà a rinsaldare il rapporto fra il Porto e la città, restituendo slancio ed entusiasmo al nostro scalo in un momento cruciale per il settore stesso. Dal 27 giugno al 2 luglio Napoli si trasformerà nella capitale dello shipping mondiale. Saranno sette giorni di eventi dedicati all’economia e alla cultura del Mare organizzati da Propeller Club Port of Naples e ClickutilityTeam. Un ricco calendario di eventi aperto al cluster marittimo italiano e internazionale, cui contribuiranno relatori provenienti dal mondo imprenditoriale, scientifico, accademico e culturale. Anche in questa occasione l’intera città sarà coinvolta con iniziative culturali e divulgative aperte alla cittadinanza. All’interno di questa manifestazione spicca il Forum Port&Shipping Tech, vero? Carlo Silva - Port&ShippingTech, il Forum internazionale dedicato all’innovazione tecnologica per lo sviluppo del cluster marittimo è la Main conference della manifestazione. E’ un evento con-

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Umberto Masucci gressuale consolidato che conferma la propria leadership nel panorama delle manifestazioni internazionali dedicate alla logistica, allo shipping e, in generale, allo sviluppo del sistema logisticoportuale. P&ST non sarà però l’unico evento congressuale della manifestazione. Tutta la settimana sarà arricchita da importanti momenti di approfondimento grazie alla collaborazione con le principali realtà scientifiche e culturali del territorio quali il Museo del Mare di Napoli, la Fondazione Thetys, l’Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo del Cnr di Napoli, Conisma, Atena, la Stazione Zoologica Anton Dohrn, l’Università Federico II, Aniai Campania e l’Università Parthenope di Napoli. A questo si aggiungerà anche il conve-

gno organizzato da C.I.S.Co dedicato sia all’evoluzione del gigantismo navale nella flotta portacontainer sia all’evoluzione dei contenitori stessi. Ritornando a P&ST, quali saranno i temi di questa edizione? Carlo Silva - L’evento avrà sede giovedì 30 giugno e venerdì 1 luglio presso la Stazione Marittima di Napoli e sarà dedicato a “Innovazione e cooperazione per lo sviluppo del cluster marittimo del Mediterraneo”. Grazie alla collaborazione con il cluster marittimo napoletano, Port&Shipping Tech consolida la propria posizione aprendosi a nuovi spunti di riflessione. Ai tradizionali temi – Green Shipping Summit e Smart Port&Logistic – da due anni abbiamo sviluppato due nuove sessioni ovvero il convegno dedicato alla Safety che continuerà ad approfondire l’ampio tema della prevenzione infortuni nel settore dello shipping e della logistica portuale e quella dei NUOVI MERCATI, dedicata allo sviluppo dell’Autostrada del Mare che si focalizzerà sul consolidamento dell’area MED e sui nuovi mercati del Medio Oriente e Mar Nero. Novità di questa edizione di P&ST sarà Shipping&Finance che analizzerà il rapporto tra shipping, infrastrutture e logistica e i cambiamenti in atto all’indomani della Riforma della L. 84/94. A corredo della manifestazione, entrambi i giorni sarà allestita un’area EXPO, un “Salotto dello Shipping” in cui molte delle aziende partecipanti hanno scelto di presentare le proprie soluzioni all’avanguardia. Novità di quest’anno sarà la Cena Mediterranea a Palazzo Reale.


II edizione della Naples Shipping Week? Umberto Masucci - Siamo lieti che il Comune di Napoli e L’Autorità Portuale di Napoli abbiano riconfermato il proprio patrocinio cui quest’anno si aggiunge il fondamentale supporto della Regione Campania. Entrambe le istituzioni hanno compreso quanto la Naples Shipping Week sia un evento importante per la nostra città e per l’economia marittima italiana in generale perchè contribuirà a rinsaldare il rapporto fra il Porto e la città, restituendo slancio ed entusiasmo al nostro scalo in un momento cruciale per il settore stesso. La Regione Campania può vantare due porti di rilevanza internazionale come Napoli e Salerno, oltre a una lunga tra-

Napoli. Il Molo San Vincenzo, eccezionalmente aperto per la NSW, ospiterà convegni ed eventi per la città. In particolare il bacino borbonico accoglierà lo spettacolo teatrale MARE MATER - L’esemplare storia della Nave Asilo Caracciolo e della Signora Giulia Civita Franceschi a cura della Compagnia Teatro delle Nuvole con repliche fino al 2 luglio mentre nella sala Caracciolo sarà allestita la mostra “Da scugnizzi a marinaretti. L’esperienza della Nave Asilo Caracciolo (1913-1928)”. Durante la settimana, come nella passata edizione, il Porto di Napoli si aprirà alla città con visite guidate a cura dell’Autorità Portuale di Napoli e degli Ormeggiatori di Napoli. Mancano pochi giorni, possiamo

dizione armatoriale e di servizi dedicati allo shipping che la rendono, insieme a Genova, la naturale capitale marittima nazionale. Fino ad ora abbiamo parlato degli appuntamenti per gli operatori di settore. Per i napoletani e i turisti avete in programma degli appuntamenti? Carlo Silva - Tutti gli eventi della manifestazione, ad eccezione della Cena Mediterranea, sono aperti alla cittadinanza. Lo stesso Forum P&ST, per quanto di settore è a ingresso libero. L’arrivo della nave scuola «Amerigo Vespucci», il veliero simbolo della Marina Militare che rimarrà a Napoli tutta la settimana è stato pensato per

dire che l’obiettivo di replicare il successo della prima edizione della Naples Shipping Week è stato raggiunto? Umberto Masucci - I numeri delle prenotazioni agli eventi dicono di sì. Questa seconda edizione della Naples Shipping Week metterà in mostra le grandi capacità del Cluster marittimo napoletano e campano e sarà anche, sono certo, l’occasione per il Porto di Napoli di una svolta positiva con l’avvio di una nuova, qualificata e duratura Governance che restituisca alla Città di Napoli il ruolo di primo porto del Mezzogiorno d’Italia.

Carlo Silva Umberto Masucci - Si. Siamo orgogliosi di concludere la settimana proprio a Palazzo Reale simbolo indiscusso della storia, della cultura e dell’arte partenopee. Sarà un palcoscenico suggestivo e prestigioso che ospiterà l’evento clou della Naples Shipping Week, un importante momento di networking riservato alla community dello shipping nazionale e internazionale. Sarà una cena dedicata alla fantasia culinaria napoletana e mediterranea, cui si alterneranno visite guidate e momenti di intrattenimento, per ribadire il ruolo chiave dell’Italia e di Napoli nello sviluppo del cluster e del commercio marittimo del Mediterraneo. Sono numerosi i partner coinvolti in questa seconda edizione? Carlo Silva - Novità di questa edizione è la presenza della Marina Militare Italiana quale nuova istituzione ospite che parteciperà attivamente ai principali eventi della settimana. Anche il Corpo delle Capitanerie di Porto – Guarda Costiera ha confermato la sua prestigiosa partnership e proprio in occasione della Naples Shipping Week organizzerà a Napoli il “Forum delle Funzioni di Guardia Costiera del Mediterraneo” (MedCGFF). Con estremo piacere posso aggiungere che alcune collaborazioni si sono consolidate tra un’edizione e l’altra e anche grazie alla Genoa Shipping Week, manifestazione gemella che anima il capoluogo ligure ad anni alterni. Mi riferisco in particolare a quelle con The International Propeller Clubs, Assagenti, Federagenti, Fedepiloti, Fedarlinea, Fedespedi, la Fondazione Accademia Italiana Marina Mercantile e molte altre. Sul fronte dei convegni, Confitarma, Assoporti, RAM e WISTA Italia hanno partecipato attivamente alla stesura dei contenuti delle sessioni di questa edizione. Quali sono le novità di questa

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Il Forum delle funzioni di Guardia Costiera

l Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di porto – Guardia Costiera organizzerà a Napoli, presso la Stazione Marittima, con il supporto della Direzione Marittima della Campania, dal 30 giugno al 2 luglio prossimi, il “Forum delle Funzioni di Guardia Costiera del Mediterraneo” (MedCGFF), su specifico mandato della Commissione Europea – Direzione Generale per gli Affari Marittimi e la Pesca (DG Mare). Il MedCGFF, che nasce da un’iniziativa avviata proprio dalla Guardia Costiera italiana nel 2009 a Genova e proseguita con Marsiglia (Francia 2012), Palma di Maiorca (Spagna 2013) e Vilamoura (Portogallo 2014), è un Forum di dialogo non vincolante, volontario, indipendente ed apolitico che riunisce i rappresentanti delle Istituzioni ed Agenzie con competenze relative a funzioni di Guardia Costiera nell’ambito del bacino del Mediterraneo (Paesi UE ed extra-UE) così come rappresentanti delle Istituzioni europee, di omologhi Forum internazionali di Guardia Costiera ed organizzazioni Internazionali marittime di riferimento. La Guardia Costiera italiana, per l’edizione 2016, si propone di massi-

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mizzare il rilancio del dialogo all’interno del bacino del Mediterraneo, con particolare riguardo ai rapporti tra la sponda europea ed africana, interessando i rappresentanti di circa 95 Organizzazioni internazionali tra cui l’Organizzazione Mondiale Marittima (IMO), le Direzioni Generali HOME, MARE, MOVE della Commissione europea, l’Agenzia Europea per il coordinamento e il pattugliamento delle frontiere (FRONTEX), l’Agenzia Europea per la Sicurezza Marittima (EMSA), l’Agenzia Europea di Controllo della Pesca (EFCA), l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), l’Associazione Internazionale delle Autorità per i Fari e di aiuto alla navigazione (IALA) e la Commissione Generale per la Pesca nel Mediterraneo (GFCM). La scelta del tema cardine del MedCGFF “Mediterranean: Sharing experiences among Coast Guard Functions”, propone con forza il termine Condivisione come parola chiave per rilanciare il ruolo strategico ed al contempo storico del Mar Mediterraneo quale luogo di interscambio per la reciproca conoscenza tra le differenti Organizzazioni, tese a renderlo un luogo più sicuro, più pulito, più tutelato.

In particolare, il 1 luglio, nel corso della Conferenza Plenaria del Forum, vedrà altresì la partecipazione del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio; il giorno seguente si svolgerà la Cerimonia ufficiale per il Passaggio di Consegne tra la Guardia Costiera italiana e la Guardia costiera turca, che in tale consesso presenterà formalmente la sua candidatura ad ospitare l’edizione 2017. Il Forum rappresenta, dunque, un’eccellente occasione per rinforzare la cooperazione tra tutte le agenzie operanti nel Mar Mediterraneo, per questo la Guardia Costiera Italiana si propone di agevolare la cooperazione multilaterale attraverso la condivisione di esperienze e prassi, in modo cooperativo e consensuale per affrontare i cambiamenti che interessano il settore marittimo (protezione dell’ambiente marino e sicurezza della navigazione in primis). L’evento si svolgerà presso la Stazione Marittima peraltro in concomitanza con la “Naples Shipping Week”, manifestazione di rilievo internazionale rivolta a tutto il “Cluster Marittimo”. RedMar


Salerno

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Il mercato non aspetta la portualità italiana

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e qualcuno ancora nutrisse dubbi circa la necessità di intervenire con assoluta urgenza nei porti italiani, sarebbe sufficiente evidenziargli lo stato di degrado, quasi di abbandono, del porto di Napoli… Dragaggi mai effettuati con la conseguenza di compromettere interi specchi acquei, tutti i piani di sviluppo bloccati, una vacanza totale di governance attiva. Come non partire da queste considerazioni, amare, intervenendo indirettamente, dalle colonne di questa rivista, alla Shipping week che questa splendida città ospita? E’ una scelta obbligata per me come per chiunque si occupi dell’economia del mare; e lo è nei termini di una denuncia: l’Italia non può permettersi il lusso di abbandonare una risorsa economica che è stata parte imprescindibile della storia e non solo economica di Napoli e dell’intero Mezzogiorno. Una risorsa che in una città con tanti problemi come questa, dovrebbe rappresentare un valore aggiunto e che invece è diventata uno dei simboli tangibili di decenni di degrado e di sotto-attenzione alle problematiche e alle dinamiche di tutta la portualità nazionale e quindi anche delle città marittime. E va quindi affermato con forza che oggi non c’è piú il tempo per esitazioni e per rinvii. Non c’è perché il governo in carica ha finalmente scoperto, al contrario di quanto avvenuto con passati esecutivi di vari colori, che i porti e la logistica, in un paese caratterizzato prevalentemente da industrie di trasformazione, sono risorse strategiche primarie. E che la loro sottovalutazio-

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ne e la loro inefficienza si traducono in un disvalore per l’intera economia del Paese. Oggi non c’è piú tempo per rinvii, perché l’economia e l’interscambio mondiale stanno cambiando la loro geografia a ritmi sino a dieci anni fa impensabili e richiedono risposte di servizio altrettanto rapide ed elastiche. Oggi non c’è piú tempo per rinvii, perché i drivers organizzativi e le caratteristiche intrinseche dell’industria marittima mondiale, con particolare riferimento al mondo del trasporto container hanno subito e stanno subendo modifiche radicali, minimizzando funzioni (come ad esempio quella dei porti di transhipment) ed esaltando il ruolo dei porti gateway, a condizione che siano il piú vicino possibile ai mercati di produzione, consumo e distribuzione. E’ sufficiente pensare al fenomeno del gigantismo navale, che, piaccia o non piaccia, è una realtà con la quale comunque fare i conti e scoprire una volta di piú la distonia fra la domanda di servizi che queste nuove navi giganti stanno imponendo e la risposta che realtà portuali come Napoli sono in grado di dare. Federagenti è il piú affidabile anello di congiunzione fra la portualità italiana e la clientela internazionale che i servizi di questi porti utilizza. E’ quindi, quello degli agenti marittimi, un osservatorio privilegiato per valutare per tempo i trend e tentare di trasmetterne la conoscenza e la consapevolezza anche alle istituzioni e ai decisori pubblici. Per anni abbiamo tentato di attirare l’attenzione sulle problematiche irrisolte, sull’anacronismo di piani regolato-

ri e di sviluppo che necessitano anni per essere implementati e approvati, di una normativa sui dragaggi portuali che è unica in Europa e che determina (nell’eterno balletto italiano dei ricorsi amministrativi) ritardi talora letali nell’esecuzione dei lavori di escavo dei fondali. Lavori che nella maggior parte dei porti europei sono considerati ordinaria amministrazione. In piú di una occasione abbiamo richiamato l’attenzione anche sulla pianificazione delle infrastrutture portuali, cosí come sull’iter infinito di appalto e realizzazione delle nuove opere. Abbiamo poi affrontato temi specifici che minacciavano e minacciano di condizionare la capacità dei porti italiani di attrarre nuovi traffici o mantenere quelli già esistenti. MI riferisco, ad esempio, al caso della grandi navi da crociera nella laguna di Venezia: consapevoli di dover trovare una soluzione al transito davanti a San Marco, il prolungato ritardo nell’identificare una alternativa sta penalizzando tutta la portualità adriatica. Ma spesso in passato è stato come predicare al vento. Per la prima volta dopo anni ci troviamo difronte a un governo e a un ministro delle Infrastrutture e dei trasporti che hanno messo i porti e la logistica al centro del dibattito per lo sviluppo e il recupero di competitività del paese. La riforma portuale sembra essere giunta davvero alle ultime battute. Non si tratterà del meglio possibile, ma si tratterà comunque di un passo avanti per uscire dalla palude di decenni di non scelte. Per gli agenti marittimi cosí come per gli altri operatori privati che lavorano nei porti si tratta oggi


di conoscere quali risultati si vogliano davvero raggiungere con questa riforma e quale ruolo si voglia attribuire nel cosiddetto tavolo di concertazione agli operatori privati, che sono probabilmente i soggetti in grado di dare il contributo essenziale di conoscenza delle dinamiche dei mercati, a un processo coerente ed efficiente di riforma. Stiamo premendo sull’acceleratore anche perché deve essere superato, con quello che consideriamo l’avvio del processo di riforma, una delle piú gravi contraddizioni del settore. Quella di aver affidato a una gestione commissariale la quasi totalità della portualità nazionale, rendendo inevitabile l’assunzione di scelte e di decisioni che sarebbero state urgenti e determinanti per difendere un ruolo nel quadro di una concorrenza internazionale sempre piú spietata. All’orizzonte si delineano quindi due scelte fondamentali. Da un lato, la messa a punto di una governance per le Autorità di sistema portuale, che estenderà le sue competenze dalle banchine e dai terminal, all’ultimo miglio e all’efficientamento del sistema logistico. Un cambio di passo non facile, che richiederà alle vecchi strutture anche amministrative e gestionali delle Autorità portuali, una vera

e propria metamorfosi. E questa sarà doppia e piú difficile per quei porti che saranno oggetto di un processo non facile di integrazione quindi di fusione con scali vicini. Dall’altro, la scelta degli uomini, ovvero dei presidenti ma anche dei segretari generali ai quali sarà affidato il timone di una nuova e al tempo stesso vecchia macchina amministrativa che potrà contare su elementi di novità da interpretare correttamente per trasformarli in fattori di competitività. Mi riferisco alle nuove norme sui dragaggi, ma anche a quelle relative allo sportello unico o all’approvazione dei piani regolatori. Le nuove Autorità portuali di sistema dovranno conquistarsi sul campo autorevolezza e affidabilità. E ciò sarà possibile se non si sbaglieranno le scelte dei nuovi presidenti. La legge fissa un identikit professionale e un bagaglio di esperienze per concorrere a questa carica, e non abbiamo motivo per credere che anche questo governo possa consentire deroghe e flessibilità interpretative che in passato hanno provocato danni evidenti alla governance dei porti. La nostra richiesta è quindi quella di avere controparti incontestabili e quindi forti, in grado di imprimere una svolta e al tempo stesso un’accelerazione ai

processi decisionali. Anni addietro l’errore era sopportato e poteva sempre trovare un rimedio anche tardivo. Oggi non è piú cosí. Chi viene tagliato fuori dai grandi operatori internazionali del trasporto marittimo, difficilmente ha una seconda chance: i flussi di traffico tendono a orientarsi e stabilizzarsi là dove l’offerta dei servizi è garantita e ció vale a maggior ragione nel mercato dei containers; qui il numero di operatori che davvero controllano il mercato tende costantemente a ridursi, con l’effetto di accentuare anche l’effetto concentrazione nella comunità portuale. Un’ultima considerazione: gli agenti marittimi italiani hanno dimostrato di saper adattare la loro professione ai cambiamenti del mercato, hanno dimostrato anche una capacità di costruire nuove e diverse competenze in settori del tutto nuovi (basti pensare ai megayacht). Oggi siamo alla vigilia di una nuova svolta professionale che dovrà essere anche garantita e assecondata da norme efficienti e rispondenti non a logiche astratte ma alle reali esigenze del mercato in cui operiamo. Gian Enzo Duci Presidente Federagenti

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Napoli, mettersi alle spalle questi anni difficili

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a seconda edizione napoletana della Shipping Week cade in un momento di moderato ottimismo rispetto alla storia recente del porto. Al termine di una parabola critica caratterizzata da più di tre anni di commissariamento dovrebbe arrivare entro luglio l’agognata nomina del nuovo presidente dell’Autorità portuale. Si registrano, inoltre, interessanti segnali di ripresa dei traffici. Di buon auspicio per una comunità professionale alle prese con una narrazione troppo spesso sbilanciata sulle cose che non funzionano. Si è riusciti a tener duro e ora si celebra, proprio attraverso la manifestazione che si terrà dal 27 giugno al 2 luglio, il riconoscimento del suo ruolo di preminenza a livello nazionale. Senza perdere d’occhio le sfide della nuova stagione inaugurata dalla riforma portuale. “L’aumento previsto dei partecipanti – conferma Domenico De Crescenzo, presidente del Consiglio Territoriale degli Spedizionieri Doganali di Napoli – sottolinea il buon lavoro che è stato fatto in precedenza. Portare a Napoli colleghi italiani e internazionali, riempie di orgoglio e mette in risalto la rilevanza del settore per l’economia cittadina e regionale. La capacità di mettere in-

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sieme due realtà storiche come Napoli e Genova, inoltre, dimostra la volontà concreta di perseguire quelle sinergie che saranno sempre più indispensabili per il futuro della portualità italiana”. Un futuro di cui si discuterà nel corso del ricco programma di convegni. Anche, e soprattutto, per quanto concerne gli orizzonti verso cui indirizzare la logistica della regione Campania e le azioni da intraprendere per il rilancio del porto. Un tema su cui non mancherà di dire la sua il presidente di Assoagenti di Napoli, Andrea Mastellone. “Sul primo punto – spiega – ho una posizione in controtendenza. Non credo sia utile insistere sui collegamenti ferroviari dal porto. Piuttosto, considerando la natura dei nostri traffici e la breve distanza dagli interporti, sarebbe molto più conveniente puntare sui corridoi doganali su gomma. In questa prospettiva andrebbe fatta anche un’accurata riflessione sull’incidenza del porto nella promozione degli scambi commerciali. In mancanza di un retroterra produttivo, con le conseguenze di una crisi economica che tuttora affliggono il nostro territorio, bisogna rimanere con i piedi per terra”. Una professione di realismo che una volta chiusa la settimana di confronti e

dibattiti, dovrà caratterizzare anche il nuovo corso del porto di Napoli. “Il nuovo presidente – continua Mastellone – possiederà gli strumenti di governance adeguati e un piano di sviluppo già pronto, delineato dagli interventi del Grande Progetto cui mancano solo i finanziamenti. Sarebbe auspicabile, per recuperare il tempo perduto, l’accesso a strumenti di finanza alternativi in grado di anticipare l’erogazione degli stanziamenti. Particolare attenzione andrebbe posta anche alla questione dei costi. Il Comitato portuale ha già iniziato un percorso di analisi e comparazione rispetto agli altri scali. Oneri concessori, diritti di security e di banchina vanno messi a regime per rendere le banchine napoletane più competitive”. Nel frattempo non resta che lavorare alla riuscita della Shipping Week cominciando a pensare alla terza edizione, quella della rinascita completa. “Sono fiducioso – conclude Domenico De Crescenzo – il porto di Napoli e la sua comunità hanno molte carte da giocare. Con il dragaggio e la partenza degli interventi del Grande Progetto riusciremo a metterci alle spalle questi anni difficili”. Giovanni Grande


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Shipping italiano, sinergie importanti e strategiche I

l ruolo del comparto logistico-portuale italiano va sostenuto con opportune azioni di sensibilizzazione nei confronti del legislatore. In questo contesto la capacità sinergica di due poli di riferimento come Napoli e Genova, “gemellate” nell’organizzazione alternata delle Shipping Week, potrebbe contribuire a rendere più efficienti i processi decisionali. Ne parliamo con Alberto Banchero, presidente di Assagenti. Collaborazione Napoli-Genova in ambito Shipping Week. Quali differenze, invece, tra le due realtà portuali? Genova ha avuto la lungimiranza di creare un bell’evento e Napoli quella di non lasciarsi scappare l’occasione di farlo anche un po’ suo. Entrambe sono capitali italiane dello shipping, rispettivamente nel settore dei servizi alla nave e dell’armamento, e la loro centralità a livello globale è rinomata. L’evento di Genova, forse per tradizione, ci prepariamo a organizzare la quattordicesima edizione dello Shipbrokers Dinner nel 2017, è più caratterizzato da una forte presenza internazionale, con la partecipazione di operatori provenienti da oltre 40 Paesi, mentre Napoli rimane oggi il cuore del dibattito sul ruolo delle attività marittimo-portuali nazionali. Questa alleanza potrebbe essere allargata ad altri ambiti? In che modo potrebbe contribuire alla crescita di un nuovo sistema portuale italiano? Nell’ultimo anno abbiamo notato con piacere una maggiore attenzione ai temi della logistica e della portualità da parte delle istituzioni locali e nazionali. Dopo vent’anni di attesa, abbiamo finalmente una riforma portuale che, nonostante mostri ancora alcune lacune, rappresenta oggi una solida base per reimpostare la governance nei porti, mentre laddove non si è arrivati ancora

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Alberto Banchero a normare, mi riferisco per esempio ai distretti logistici, sono entrate in campo le Regioni con proposte concrete e operative come la macroregione del Nord-Ovest. Per far sì che il legislatore continui a considerare strategico il comparto logistico-portuale, è necessario che lo shipping dimostri a questo Paese quanto vale e quanto la sua funzione di capofila e di traino dell’economia italiana sia fondamentale per delineare il nostro ruolo in Europa. Ecco perché sinergie come quella tra Genova e Napoli sono importanti e strategiche: è solo con l’unione delle voci e delle forze che si porteranno all’attenzione delle istituzioni le nostre argomentazioni. Se non altro perché saranno costrette a sbatterci contro il naso, in un modo o nell’altro. Il campanilismo, invece, non fa altro che distogliere l’attenzione su quello che è realmente essenziale. Quali sono le priorità di Assagenti? Accettando la presidenza dell’As-

sociazione non mi sono prefissato particolari linee guida da seguire, il vero obiettivo è quello di riuscire ad affrontare le sfide che sono all’orizzonte nell’immediato futuro con determinazione, ragionevolezza e dialogo. Da mediatore marittimo la mia formazione è sempre stata più orientata a una dimensione globale e internazionale piuttosto che locale, per questo motivo ritengo che i prossimi anni saranno caratterizzati da un vero e proprio gioco di squadra, in cui le diverse e alte competenze di chi siede insieme a me nel Consiglio Assagenti saranno fondamentali nell’individuare una strategia e una sintesi comune a tutte le anime che compongono la nostra categoria. Con questo spirito andremo incontro alle aggregazioni e alle fusioni che stanno scuotendo il settore della linea anche a livello genovese, alla nomina del presidente dell’Autorità Portuale di Sistema, alle elezioni amministrative di Genova, al lavoro che ci attende nel tavolo di partenariato previsto dalla riforma portuale, all’entrata in vigore degli emendamenti alla normativa Solas sulla pesatura dei container. Criticità del sistema portuale italiano, come agire, su quali punti concentrarsi? Ritengo condivisibile ciò che è stato recentemente espresso dal Consiglio di Stato in sede di parere sullo schema di decreto della riforma portuale: le innovazioni introdotte dal decreto in materia di governance sono importanti, ma da sole non sono sufficienti per dare slancio a un settore centrale per lo sviluppo economico del Paese. Occorre lavorare parallelamente su un complesso più ampio di riforme, che comprenda in particolare la riforma degli interporti, una nuova disciplina dei dragaggi e il tanto atteso regolamento sulle concessioni portuali. Giovanni Grande


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Panama, sviluppare servizi ad alto valore aggiunto T

anto acciaio da costruire l’equivalente di 25 Torri Eiffel. Calcestruzzo sufficiente a realizzare 450 edifici da 20 piani. Escavi di nuovi canali navigabili per una lunghezza pari a 100 campi di calcio. Bastano questi pochi dati per dare l’idea della dimensione e della complessità dell’intervento per il raddoppio del Canale di Panama. Un’opera ambiziosa, partita nel 2006, anno in cui un referendum popolare diede il via libera al progetto, e portata a termine in meno di un decennio con l’obiettivo di rispondere ad un’espansione del mercato marittimo che prevede l’impiego di navi sempre più grandi. Fulcro dell’operazione, la costruzione di un nuovo canale, a completamento di quello esistente, in grado di ospitare unità “post panamax” fino a 13.600 Teu (per una lunghezza di 366 metri, una larghezza di 49 e pescaggio pari a 15 metri). Il triplo circa delle unità da 4.400 Teu che hanno finora solcato la principale opera infrastrutturale del Centro America. Per rendere possibile l’adeguamento sono state realizzate dal consorzio internazionale GUPC, composto dall’italiana Salini Impregilo, la spagnola Sacyr, la belag Jan de Nul e la panamense CUSA, due chiuse a salto triplo, rispettivamente sul lato Pacifico e Atlantico, che permettono di superare il dislivello di 27 metri esistente tra le acque oceaniche e il lago Gatun. Impressionante la dimensione delle tre camere – 55 metri di larghezza, 427 di lunghezza, 18,3 di profondità – corredate da 16 paratie scorrevoli realizzate in Italia per un peso totale di 50mila tonnellate e un’altezza (fino a 33 metri) pari a quella della statua del Cristo Redentore di Rio de Janeiro in Brasile. Al nuovo set di chiuse si accompagnano la realizzazione di nuovi canali di accesso, l’ampliamento e l’approfondimento del tratto sul lago Gaitan, l’introduzione di bacini ausiliari per il recupero e il riutilizzo parziale delle acque.

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Da sin. Tomas M. Avila M. ed il Console Rogelio Chin Ho Completato nel 1914 ma attivo a pieno regime dal 1920 il Canale ha registrato nel corso della sua attività più di un milione di transiti per una stazza totale che supera i 9 miliardi di tonnellate e un ricavato annuo che sfiora i due miliardi l’anno. Una centralità nell’ambito del sistema di trasporti internazionale messo a rischio dai limiti di accesso e che il governo panamense vuole sfruttare anche in ambito regionale. “L’allargamento del Canale – ha confermato in una recente visita alla sede consolare di Napoli il Segretario Generale della Panama Authority Maritime, Tomas M. Avila M. – arriva in un momento in cui il Paese sta sviluppando una precisa strategia logistica. Il nostro obiettivo è quello di sviluppare ulteriormente il sistema portuale nazionale, sia sul Pacifico che sull’Atlantico, per diventare punto di riferimento per tutto il Centro America. Più tonnellaggio attraverso il Canale significa più possibilità di poter sviluppare servizi ad alto valore aggiunto”. Nell’attesa le autorità panamensi hanno messo a punto un tariffario di-

viso per categoria merceologica, con sconti e parametri variabili a seconda delle imbarcazioni e del carico trasportato. Ne potrebbero giovare, ad esempio, nuovi segmenti di mercato, come il trasporto Lng e di carbone dalla costa orientale statunitense verso Cina e Giappone (con un risparmio di circa 14 giorni rispetto a Suez) o le operazioni di trasbordo dagli scali di Balboa e Corozal verso un mercato sudamericano in cui la popolazione crescerà entro il 2030 del 19% (700 milioni). Di sicuro la crescita dimensionale dei vettori, con i relativi vantaggi in termini di transit time rispetto a Suez, influenzerà la portualità dell’East Coast, mettendo gli scali a stelle e strisce davanti alla decisione di adeguare o meno le propria dotazione infrastrutturale. Opzione che il porto di Liverpool, in una posizione favorevole per le rotte che da Panama collegano Asia ad Europa, ha già deciso di esercitare con un piano per la creazione di un terminal per unità post panamax da 300 milioni di sterline. Giovanni Grande


giugno 2016 - 15


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Ormeggiatori, cerniera tra banchina e mare

L’

ultima arrivata si chiama Uragano ed è stata presentata a metà giugno sulle banchine di Calata Porta Massa. Adibita al servizio battellaggio e trasporto merci la nuova unità del Gruppo Ormeggiatori e Barcaioli del Porto di Napoli rappresenta il nuovo tassello di un piano complessivo di modernizzazione dei mezzi intrapreso da almeno un decennio. “L’obiettivo – spiega il presidente Mario Esposito, recentemente confermato alla guida del Gruppo – è garantire la piena sicurezza delle operazioni portuali. Senza alcun contributo statale in questi anni ci siamo sforzati di venire incontro ai cambiamenti tecnologici e normativi che hanno investito il mondo marittimo. Una scelta che ci ha permesso di offrire il massimo di flessibilità anche a livello di costi nei momenti più critici della crisi economica, contribuendo per quanto possibile a rendere più attrattivo il nostro porto”. Su quali mezzi può contare il Gruppo? La flotta è composta complessivamente da otto unità in grado di coprire tutti i servizi di competenza, dal battellaggio al trasporto di carichi, dall’appoggio a unità da diporto al trasferimento passeggeri. Nel nostro ruolo di cerniera tra banchina e mare abbiamo puntato anche ai servizi a terra, cominciando dal potenziamento della sala operativa, vero e proprio “cervello” per le unità in mare. Tra pochissimi in Italia, inoltre,

16 - giugno 2016

possiamo disporre di una stazione meteorologica per il rilevamento dei dati di vento, pioggia, temperatura, umidità e pressione atmosferica in tempo reale, collegata con l’università Federico II che certifica e gestisce i nostri dati. Cosa prevedete per il futuro? In collaborazione con il Corpo dei Piloti di Napoli stiamo progettando un programma per la digitalizzazione e informatizzazione delle operazioni di fatturazione che potrebbe vedere la luce entro un anno. Allo studio anche la creazione di un sistema di monitoraggio del traffico portuale ai fini della sicurezza che vede riuniti tutti gli attori dei servizi tecnico-nautici dello scalo partenopeo. Quali iniziative per la Naples Shipping Week? Imbarcheremo gruppi di visitatori a Mergellina per le visite guidate alla nave scuola Amerigo Vespucci in rada nel Golfo di Napoli. Inoltre, metteremo a disposizione i nostri mezzi per una serie di visite dal mare della parte commerciale del porto. Un’iniziativa per favorire la conoscenza di questa importante realtà economica che si aggiunge a quanto fatto durante le manifestazioni del Maggio dei Monumenti. Nell’occasione abbiamo accompagnato più di 450 visitatori alla scoperta del Molo S.Vincenzo. Sul fronte traffici e costi? Nel 2015 abbiamo registrato una flessione nei movimenti nave pari al

17%, determinata sostanzialmente dalla contrazione del comparto container. Nel primo trimestre di quest’anno i segnali sono positivi su tutto l’arco delle attività portuali. Il 2016, inoltre, ha visto un’importante novità. Abbiamo attivato una tariffa speciale in abbonamento per i collegamenti con le isole dal Beverello e da Porta di Massa. Il meccanismo, di concerto con Fedarlinea ed armatori, si basa sul numero di approdi effettuati da una determinata compagnia, suddivisa per tipologia di nave e fasce di tonnellaggio, secondo un principio semplice: più corse effettuate, maggior risparmio sul costo delle prestazioni. Un modello che, a livello nazionale, vede coinvolti oltre a Napoli, i collegamenti con le Eolie, Porto Vesme e Porto Empedocle. Quali sono le caratteristiche della vostra attività? L’ormeggiatore/barcaiolo è una figura professionale che affonda le sue radici nell’arte marinaresca ed oggi vanta una professionalità proiettata verso il futuro. Negli ultimi anni, soprattutto, si è data importanza alla formazione, all’adeguamento tecnico e professionale, seguendo una politica di coerenza e di coesione per raggiungere gli scopi prefissati. Non è un caso che tutto il personale del nostro Gruppo sia formato secondo standard Imo relativi ai titoli professionali propri del ruolo. Giovanni Grande


Salvage

Tug ANACAPRI

BHP

4400

Salvage

Tug PUNTA ALICE

BHP

2205

Salvage

Tug ARMANDO DE DOMENICO

BHP

5300

Salvage

Tug PUNTA CAMPANELLA

BHP

3750

Salvage

Tug GALESUS

BHP

3750

Salvage

Tug PUNTA RONDINELLA

BHP

2205

Salvage

Tug GUARRACINO

BHP

4400

Salvage

Tug PUNTA SCUTOLO

BHP

3750

Salvage

Tug MAGNA GRECIA

BHP

5300

salvage

Tug SAN BENIGNO

BHP

2205

Salvage

Tug MARECHIARO

BHP

4400

Salvage

Tug SAN CATALDO

BHP

3090

Salvage

Tug MASTINO

BHP

3090

Salvage

Tug SANT’ELMO

BHP

3750

Salvage

Tug MONTE FAITO

BHP

1910

Salvage

Tug TARENTUM

BHP

2205

Salvage Escort Tug CHERADI BHP Salvage Escort Tug DRITTO BHP Salvage Escort Tug CSM22 BHP Salvage Escort Tug CSM25 BHP Salvage Tug VESUVIO BHP Pontone VERVECE L 91,4M - B 27,4 - D 6.1 Psv GARGANO BHP Psv PORTOSALVO BHP SV AKER 09CD N.B. AKER N° 728 (2010-8880-4850

5550 5550 5550 5550 2205 5450 6310

giugno 2016 - 17


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Sempre più grande, ancora più sicuro

CETENA mette in campo la sua esperienza in un ampio ventaglio di soluzioni per l’incremento della sicurezza delle persone

I

l rapido sviluppo dell’industria crocieristica assieme alle richieste sempre più complesse e ambiziose degli armatori hanno portato alla costruzione di navi sempre più grandi. In ottica nave, l’accrescimento delle dimensioni porta con sé non solo numerosi problemi di ordine costruttivo e strutturale ma anche molteplici aspetti critici legati alla necessità di garantire un livello di sicurezza sempre molto elevato e via via crescente nel tempo in ragione dell’entrata in vigore delle nuove normative internazionali; inoltre tale incremento si riflette, in maniera proporzionale, anche a terra sulle strutture portuali che devono essere adibite ad accogliere un numero sempre maggiore di passeggeri (terminal crociere, ecc.). Più sono grandi questi alberghi galleggianti, quindi, e maggiore è la necessità di prevedere, con il più accurato dettaglio, scenari critici e soluzioni per il soccorso. Inoltre i potenziali incidenti e le situazioni di pericolo non si affrontano solo studiando le azioni che possono essere messe in pratica a posteriori, ad incidente avvenuto, ma grande importanza è data allo studio di soluzioni preventive a livello di progettazione per far sì che gli incidenti possano essere sempre più scongiurati. In questo ambito CETENA, il Centro per gli Studi di Tecnica Navale del gruppo Fincantieri, ha maturato una grande esperienza. Nel corso degli anni si è specializzato sempre più affrontando l’aspetto sicurezza sotto le sue molteplici sfaccettature: alternative e performance based analysis, risk asses-

18 - giugno 2016

Figura 1 - Simulazione di propagazione di incendio (layout ponte cabine rappresentate l’andamento della visibilità) sment, fire engineering e evacuation simulations. Si parla di “alternative e performance based analysis” quando si studiano soluzioni innovative per la progettazione degli spazi di bordo. Questo tipo di soluzioni, dovendo essere verificate ed approvate dai Registri di Classifica, sono soggette a molteplici vincoli di natura progettuale ed, al contempo, devono garantire che gli standard di sicurezza internazionali previsti per la nave ed i suoi occupanti siano debitamente rispettati. Negli ultimi anni, a questo proposito, l’IMO ha emesso una serie di regole che consentono l’adozione di configurazioni progettuali alternative a quanto prescritto dalle norme (SOLAS), ma accettate dalle amministrazioni di bandiera a patto che la soluzione realizzata garantisca un livello di sicurezza equivalente o superiore a quella prescritta dalle normative stesse. Tutti questi studi richiedono un approccio multi-disciplinare al problema

e vanno dall’applicazione dei metodi di valutazione del rischio all’utilizzo di strumenti specializzati per l’analisi dei flussi di passeggeri, (volti a valutare i percorsi di evacuazione), e strumenti CFD per simulare l’accensione e la propagazione di incendi a bordo. F1 Le possibilità di applicazione degli studi di “alterative design” sono molteplici; ad esempio, vengono effettuati per consentire l’utilizzo di scialuppe di salvataggio di maggiore capacità (e quindi in numero ridotto) oppure per la realizzazione di main vertical zone che superino in superficie o in lunghezza i limiti previsti dalla normativa. Un’altra attività in cui si è investito molto negli ultimi anni è il fire engineering. CETENA, in stretta collaborazione sia con i maggiori cantieri europei che con i Registri di Classifica, da anni svolge studi di valutazione del rischio di incendio, legati da un lato a particolari requisiti normativi ma dall’altro anche ad esigenze e richieste specifiche dell’armatore. Ciò ha permesso ai tecnici del


CETENA di maturare, nel tempo, una vasta esperienza in merito alle possibili applicazioni, sia su navi mercantili che su navi militari, delle diverse tipologie di studio nell’ambito del fire engineering: individuazione, quantificazione e mitigazione dei rischi di incendio. Nel primo caso si individua, all’interno della nave, la fonte di maggior rischio incendio; nel secondo caso il rischio di incendio viene quantificato utilizzando simulazioni ad hoc in modo da identificare parametri quali temperatura, visibilità e gas nocivi che si Figura 2 - Individuazione del fattori di rischio incendio (analisi hot-spot ad infrarosso) sprigionano nell’area; nel terzo caso analizzando i risultati l’ambiente a lui circostante; per questo nelle strutture adibite all’accoglienza delle attività precedenti, vengono prodiventa importante tenere in consideradei passeggeri a terra valutando un poste soluzioni sia a livello progettuale zione quei fattori che, in qualche modo, trade-off tra le performance in termini che a livello operativo per ridurre e mipotrebbero influenzare il processo di di sicurezza e le soluzioni progettuali nimizzare i rischi individuati. F2 evacuazione come, ad esempio, il ralInfine, sempre in chiave sicurezza adottate, andandosi quindi ad affianlentamento dovuto ai contro flussi delle nave, CETENA da anni svolge studi care alle recenti normative di sicurezza persone che si spostano non tanto per di “risk assessment”. Questi studi, se (ISPS CODE) che pongono particolare scappare quanto per raggiungere i prosvolti in fase progettuale, hanno un duattenzione all’impatto delle minacce orpri familiari o i colli di bottiglia in corriplice scopo: individuare a priori i rischi dinarie o straordinarie alla sicurezza (in spondenza delle porte, ecc.. connessi a scelte progettuali di tipo imparticolare quella portuale). In tale ambito CETENA si avvale di piantistico e, durante la fase operativa, Le competenze maturate negli anni e strumenti e tecniche, riconosciute a liridurre al minimo i rischi connessi alla la sinergia che con il tempo si è creata vello internazionale, che sono sempre gestione della nave. all’interno delle diverse aree tematiche all’avanguardia. Grazie infatti a conVengono poi svolte diverse simulain cui il CETENA opera, hanno portato tinui progetti di ricerca, svolti in collazioni relative al processo di evacuaa costruire un bagaglio di conoscenze borazione con i maggiori partner interzione; utilizzando un software dedicato ed un portafoglio di strumenti, difficilnazionali e con le università e in virtù viene simulato l’esodo delle persone mente reperibili in altre realtà, utili ad dell’esperienza progressivamente madalle zone di raccolta, attraverso i perincrementare la sicurezza nei contesti turata, è possibile realizzare nuovi tool corsi di sfuggita fino ai mezzi di abbanlegati accoglienza ed alla gestione di e affinare sempre di più le tecniche di dono nave, tenendo in considerazione i un gran numero di persone. simulazione. principali aspetti comportamentali delle persone. Il comportamento, infatti, è il modo di agire e reagire di un individuo messo in relazione con altri individui, organismi o semplicemente con

Questi strumenti e tecniche possono essere estesi ed utilizzati anche per analizzare i flussi di persone (in condizioni normali e di emergenza)

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Alessandro Bonvicini, Sergio Sapio CETENA S.p.A.

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RINA SpA acquisisce il 100% del capitale del Gruppo Edif La Holding inaugura al Posidonia di Atene il nuovo “Gas Centre of Excellence”

R

INA S.p.A., la Holding del gruppo multinazionale leader in Italia nel settore della certificazione, test, ispezione e consulenza ingegneristica, ha annunciato di aver sottoscritto un contratto volto all’acquisizione dell’intero capitale sociale di Edif Group Limited, una portfolio company di Phoenix Equity Partners, per una cifra pari a 118,5 milioni di sterline (circa 151 milioni di euro). L’acquisizione di Edif rappresenta per RINA un ulteriore passo avanti nell’attuazione di una più ampia strategia di crescita che non solo si tradurrà in una maggiore copertura geografica, ma che arricchirà ulteriormente anche le competenze che il Gruppo italiano oggi possiede. Nello specifico, RINA vedrà aumentare sensibilmente la propria presenza nel Regno Unito mentre negli Stati Uniti d’America e in Germania, dove entrambe le società già operano, la piattaforma di servizi complementari offerti dai due gruppi sarà alla base di un’ulteriore espansione. Edif è un gruppo leader a livello mondiale che fornisce servizi di testing, ispezione, certificazione e consulenza ingegneristica (TIC-CE) volti a ridurre il rischio, ottimizzare le prestazioni e potenziare le capacità dei propri clienti. Edif ha sede a Londra (Regno Unito) e circa 650 dipendenti a cui si aggiungono 2.500 collaboratori dislocati in più di

20 - giugno 2016

20 uffici nel mondo. Edif, come gruppo, è stata fondata nel 2011 e fin dai suoi inizi ha visto uno sviluppo rapido che è avvenuto sia per linee organiche sia attraverso acquisizioni. L’acquisizione è stata resa possibile da un aumento di capitale sottoscritto dai partner azionisti finanziari di RINA, VEI Capital e NB Renaissance Partners e da un finanziamento concesso da alcune delle più importanti banche italiane (BNL/BNP Paribas Italia, Unicredit e Banca IMI). Gli azionisti di RINA e i partner finanziari continueranno a sostenere e accelerare il processo di crescita e di internazionalizzazione intrapreso dal RINA negli ultimi anni, anche grazie al contributo di Sace. La conclusione dell’operazione, soggetta alle normali procedure antitrust, avverrà durante la seconda metà del 2016. Ugo Salerno, Presidente e Amministratore Delegato di RINA, ha affermato: “Questa acquisizione è davvero strategica per RINA, anche in considerazione del profilo di Edif sui mercati dell’energia, dei trasporti, della difesa, dell’industria e delle infrastrutture che ben si sposa con il nostro “DNA”. Inoltre Edif possiede una struttura molto simile a quella di RINA, con due marchi affermati: ERA che rappresenta la società di consulenza ingegneristica e NDE che è associata alle attività di collaudo, ispe-

zione e certificazione. Dato il carattere complementare dei servizi offerti dai nostri Gruppi, l’integrazione si tradurrà in una più ampia copertura geografica e in immediati vantaggi e sinergie per entrambi. Con questa acquisizione il fatturato di RINA raggiungerà i 500 milioni di euro con un EBITDA vicino ai 65 milioni di euro. Questo ci permetterà di proseguire nel processo di quotazione in borsa nel medio periodo”. Rob Dilworth, Amministratore Delegato di Edif, dal suo canto ha dichiarato: “Sono orgoglioso di aver partecipato alla fondazione del Gruppo Edif e averlo fatto crescere, insieme ai miei colleghi e con il supporto di Phoenix Equity Partners, negli ultimi 5 anni. L’azienda è oggi una realtà internazionale di successo nel campo delle ispezioni e della consulenza ingegneristica e noi crediamo che ci sia una fortissima motivazione strategica alla base della nostra unione con RINA. La nostra gamma di servizi e la nostra copertura geografica sono fortemente complementari con le attuali attività di RINA e siamo impazienti di lavorare insieme per spingere il gruppo allargato verso nuovi successi.” “Siamo molto orgogliosi del forte legame che abbiamo instaurato negli anni con Rob e con gli altri componenti del team Edif – ha detto Tim Dunn, Partner del Phoenix Equity Partners - Insieme


Ugo Salerno abbiamo portato avanti un ambizioso piano per costruire un business integrato e globale nel settore industriale TIC-CE e oggi crediamo ci sia una forte motivazione strategica nell’unione tra Edif e RINA che permetterà in futuro ai due gruppi di agire da una posizione privilegiata.” Advisor di RINA nell’operazione sono stati: Rothschild, Gattai Minoli Agostinelli & Partners, Mayer Brown, PwC, Boston Consulting Group e LS Advisory; Edif e Phoenix sono stati assistiti da: Baird, Travers Smith, EY, Credo Consulting e Cooley. Il Gruppo RINA ha presentato nei giorni scorsi al Posidonia di Atene il nuovo “Gas Centre of Excellence”, una risposta al crescente interesse e al piano europeo per l’utilizzo del GNL come carburante sulle navi. Questo nuovo centro di eccellenza ha lo scopo di riunire e moltiplicare le potenzialità degli esperti RINA nel settore gas, sfruttando le competenze, non solo navali di RINA Services, ma anche quelle ingegneristiche di D’Appolonia e quelle legate

ai materiali di CSM (Centro Sviluppo Materiali). Se si guarda all’obiettivo del masterplan europeo, appare evidente come esso sia volto a favorire l’uso del GNL sulle navi nelle aree del Mediterraneo, dell’Oceano Atlantico e del Mar Nero, accrescendo il potenziale delle Autostrade del Mare e abbassandone i costi di trasporto con l’effetto di ridurre le emissioni di CO2, NOx e Sox. Inoltre, attraverso l’utilizzo del GNL come carburante alternativo sulle navi, i corridoi di navigazione più trafficati beneficeranno di tecnologie più sostenibili. La competenza del RINA nel settore del gas, che copre i servizi di test, ispezione e certificazione (TIC) oltre che di consulenza ingegneristica, comprende anche CSM, azienda del Gruppo specializzata nella ricerca sui materiali e sulle tecnologie applicative. Il “Gas Centre of Excellence” sarà “virtualmente” basato in Italia, Grecia e Nord Europa. Grazie alla sua natura decentralizzata, RINA avrà la flessibilità per fornire i propri servizi specializzati a livello globale, supportando l’industria nello sviluppo delle tecnologie per lo sfruttamento del GNL come carburante ecologico. Questa specializzazione ha già portato RINA Services alla classificazione delle prime quattro navi da crociera alimentate a GNL mai costruite, nonché le uniche in grado di trasportare oltre 6600 passeggeri. Inoltre, il RINA è coinvolto in due progetti europei (GAINN4CORE e GAINN4MOS) che hanno lo scopo di sostenere l’utilizzo del GNL come carburante sulle navi. Paolo Moretti, General Manager Marine di RINA Services, ha affermato: “Questa iniziativa riunisce l’esperienza internazionale del RINA nel settore gas amalgamando le competenze provenienti da tutto il Gruppo. RINA Services fornirà i servizi di classificazione e ispe-

zione, in particolare per le navi e per i terminal a terra e in mare. Gli esperti di CSM applicheranno le loro conoscenze ai materiali. D’Appolonia sarà attivamente coinvolta nell’ambito della consulenza ingegneristica sulla progettazione, costruzione e gestione dei terminal GNL. Inoltre, per operare su navi e terminali che utilizzano questo carburante è necessaria una formazione specifica e RINA Academy, come parte del nostro “Gas Centre of Excellence”, ha ideato dei corsi di formazione, sia di base sia avanzati, in linea con i requisiti richiesti dalle convenzione internazionali”. Insieme all’inaugurazione del “Gas Centre of Excellence”, RINA ha tenuto mercoledì 8 giugno durante Posidonia il seminario “Affrontare le sfide e le opportunità del GNL come carburante navale”. Stefania Vergani

Il Gruppo Edif

Per i settori di importanza strategica il Gruppo Edif fornisce servizi di ispezione tecnica di consulenza ingegneristica per ridurre il rischio, ottimizzare le prestazioni e potenziare le capacità a livello globale. Il Gruppo Edif è formato da due società, Edif ERA ed Edif NDE, che insieme vantano oltre 100 anni di storia con clienti fidelizzati grazie al costante impegno ad ampliare la gamma di servizi e ad approfondire l’esperienza nei diversi settori, rispondendo rapidamente alle richieste del mercato.Il Gruppo Edif ha un fatturato proforma di oltre 77,8 milioni di sterline nel 2015 ed è presente in 20 uffici nel mondo. La società ha circa 650 dipendenti e 2.500 risorse non esclusive. EDIF è stata recentemente inclusa, per il secondo anno consecutivo, nel rapporto 2016 del London Stock Exchange tra le “1000 Companies to Inspire Britain”.

Genova Salita S. Caterina 4/11 - 16123 - T: +39 010 5761161 - F: +39 010 5958708 - gabamar@garbamar.it - Web site: www.garbamar.it Palermo Via Emerico Amari 8 – 90139 T: +39 091 8486010 F: +39 091 8486010

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Trapani Via dell’Assunta 83 - 91100 T: +39 092 31851858 F: +39 092 31851858 giugno 2016 - 21


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La motoristica navale verso l’assistenza remota “Q

uando si è nel cavo dell’onda arriva il momento di remare più forte”. Mettendoci fiato, impegno ed entusiasmo. È la filosofia di Guido Barbazza, dal 1 giugno di quest’anno President & Managing Director di Wartsila Italia, forgiata in una lunga carriera vissuta a cavallo di due passioni: il mare e la meccanica. Dagli imbarchi nel settore mercantile, passeggeri e militare, ai ruoli chiave ricoperti nei diversi ambiti operativi della multinazionale finlandese, Barbazza sta affrontando la nuova avventura cercando di mettere a frutto gli insegnamenti di una variegata esperienza lavorativa. Puntando, innanzitutto, a rimotivare un ambiente alle prese con una congiuntura non favorevole. Come imposterà la sua azione nell’immediato? In questa prima fase di ascolto, osservazione e acquisizione delle informazioni mi sono posto l’obiettivo di parlare con tutti i dipendenti dello stabilimento di Bagnoli (Trieste). Percorrendo in lungo e in largo i 550mila metri quadri della struttura ne ho potuto apprezzare la complessità e le grandi potenzialità. Inutile negare le difficoltà legate al contesto economico: l’offshore è in stasi e per quanto riguarda il settore mercantile si registra una brusca frenata degli ordini. È stato avviato un piano di ristrutturazione generale che, in Italia, coinvolge questo stabilimento. Ma è proprio in questi momenti che non bisogna cedere allo sconforto e remare più forte. Il mio approccio sarà quello di studiare bene la situazione e perseguire ogni possibile azione per mitigare con iniziative contestuali e collaterali

22 - giugno 2016

Guido Barbazza l’impatto sulle persone. Ha fissato già degli obiettivi? Rafforzare la squadra locale, puntare alla massima collaborazione, massimizzare l’efficienza facendo leva anche sulla comunicazione interna. A Trieste sto incontrando persone fantastiche, motivate, il margine di miglioramento è notevole. Per fortuna non ci sono solo notizie negative. La parte produzione motori dello stabilimento, che vorrei ricordare è il più grande del genere in Europa, è stata migliorata con interventi per 15 milioni di euro prevedendo, per la prima volta, l’installazione di un robot. Quali sono le prospettive attuali per la motoristica navale? I trend macroeconomici negli scorsi anni hanno influenzato soprattutto lo

sviluppo di fattori come la potenza e i consumi. Per il futuro, anche grazie alle normative ambientali, diventerà sempre più preponderante l’uso della propulsione a gas. Da questo punto di vista Wartsila occupa una posizione di primo piano: abbiamo supportato la delicata fase di superamento dei motori a vapore nel settore delle gasiere mentre il primo traghetto a gas attivo sulla linea Turku-Stoccolma era equipaggiato da un nostro propulsore. C’è poi un aspetto da non sottovalutare. Per esperienza diretta posso testimoniare che nelle unità con propulsione a gas la sala macchina è più fresca e pulita, con enormi vantaggi nella qualità della vita del personale. Il gigantismo navale sta influenzando gli aspetti progettuali della motoristica? Al momento no, non ci sono grosse differenze a livello di soluzioni tra una portacontainer da 18mila o 22mila teu. Non si può escludere lo sviluppo, già sperimentato, di sistemi con due motori a due tempi con doppia elica. La vera evoluzione del settore però sta nella digitalizzazione, in quella che comunemente è indicata come rivoluzione industriale 4.0. A Trieste, ad esempio, è stato realizzato il “virtual service engineer”, basato sul concetto di realtà aumentata della tecnologia google glasses. In pratica, un sistema avveneristico di “assistenza remota” che attraverso occhiali collega in wireless i tecnici di una sala macchine con esperti che si trovano a terra. Proprio qui sorge il centro di coordinamento delle operazioni per le aree del Sud Europa e dell’Africa. Giovanni Grande


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giugno 2016 - 23


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Codice Doganale unionale nuova sfida per spedizionieri M

assimo De Gregorio confermato alla presidenza del consiglio direttivo di ANASPED, la Federazione Nazionale degli Spedizionieri Doganali. Il congresso si è tenuto il 27 e 28 Maggio a Roma e si è articolato in due sessioni: la parte pubblica che si è svolta venerdì alla presenza di molte autorità del settore e la sessione congressuale e quindi elettiva che si è svolta nella giornata di sabato. La relazione centrale è stata tenuta da Massimo De Gregorio che ha fatto il bilancio degli ultimi anni di intensa attività dell’associazione ma il punto di maggiore interesse è stato rivolto all’entrata vigore lo scorso 1° Maggio del Nuovo Codice Doganale unionale e alle sfide che le nuove normative comunitarie imporranno agli spedizionieri doganali. “Superato il periodo di transizione - ha sottolineato Massimo De Gregorio - il codice doganale unionale disciplinerà in modo omogeneo nei Paesi dell’Unione Europea tutte le operazioni e le procedure doganali per le merci in importazione transito ed esportazione con l’obbiettivo ambizioso di informatizzare e centralizzare ogni operazione. Una sfida che ci vedrà impegnati come professionisti del settore per concorrere insieme all’Agenzia delle Dogane a modernizzare e qualificare, secondo logiche di efficienza, tutte le operazioni doganali, valorizzando le competenze e le professionalità di cui l’Italia dispone”. Sul tema sono intervenuti il direttore generale dell’ Agenzia delle Dogane e dei Monopoli Giuseppe Peleggi che, dopo aver raccolto gli unanimi consensi per la risposta operativa data dagli Uffici doganali in occasione delle modifiche procedurali dello scorso 1° Maggio, ha colto positivamente il ruolo che gli spedizionieri doganali italiani

24 - giugno 2016

Massimo De Gregorio intendono affermare nei prossimi anni, in uno spirito di collaborazione e di linguaggio condiviso così come avvenuto con l’entrata in vigore del nuovo codice doganale unionale che ha rappresentato l’occasione, ha aggiunto il direttore Peleggi, per misurare insieme la positiva sinergia fra la struttura operativa e gli spedizionieri doganali di tutta Italia. Un successo operativo che fa ben sperare per il futuro. Apprezzati anche gli interventi di Cinzia Bricca, direttore centrale dell’ufficio legislazione e procedure doganali, e di Teresa Alvaro, direttore centrale delle tecnologie per l’innovazione dell’Agenzia delle Dogane, che ha posto l’accento sulla necessità di sviluppare sempre di più e meglio le procedure innovative e tecnologiche nel settore doganale per competere e concorrere al pari con gli altri paesi Europei. Teresa Alvaro ha valorizzato il salto in avanti che in questi anni ha fatto l’Italia in materia di informatizzazione delle procedure ma ha anche sottolineato l’attenzione degli

operatori doganali nell’accompagnare i processi investendo in tecnologia nelle proprie aziende. Nel quadro di un rinnovato dialogo tra le diverse anime che rappresentano il mondo degli operatori logistici sono stati particolarmente apprezzati i contributi di Cosimo Ventucci, Presidente onorario di ANASPED, di Nereo Marcucci, recentemente confermato alla presidenza di CONFETRA, di Giuseppe Benedetti, presidente di ASSOCAD, di Giovanni De Mari, presidente del Consiglio Nazionale degli Spedizionieri Doganali, e di Domenico de Crescenzo, presidente della sezione doganale di FEDESPEDI. La parte elettiva del congresso si è svolta nella sessione di sabato ed ha visto la riconferma del presidente Massimo De Gregorio e l’elezione dei vice presidenti Bruno Pisano dell’associazione della Spezia e di Serse Grisendi di Reggio Emilia. Stefano Meroggi

La composizione dei nuovi organi

Consiglio Direttivo Massimo De Gregorio Presidente Bruno Pisano Vice Presidente Vicario Serse Grisendi Vice Presidente Nevio Bole Segretario Ciro Autore Vice Segretario Pio De Girolamo Tesoriere Collegio dei Revisori Vincenzo Rovigi Presidente Vincenzo Anatella Bruno Milella Gabriele Bevilacqua Stefano Pietraforte Collegio dei Probiviri Walter Orlando Presidente Gianfranco Lorenzoni Maria Ester Venturini Bruno Ingiostro Enzo Brizi


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Grimaldi protagonista nel Mediterraneo

Siglato accordo per il collegamento tra i Balcani, Venezia e il porto di Rostock per i mercati del Baltico Il gruppo Grimaldi potenzia i servizi per la Sardegna

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l Gruppo Grimaldi ha siglato con l’Autorità Portuale di Venezia e con il Porto di Rostock un accordo per la creazione di un collegamento intermodale (nave, ferrovia, nave) tra il Mar Adriatico e il Mar Baltico. Le merci che dai Balcani arriveranno al porto di Venezia via nave, verranno infatti caricate su treno dirette al porto di Rostock per poi ripartire da qui alla volta dei paesi scandinavi. Una soluzione che rende operativo uno dei primi collegamenti lungo il Corridoio Scandinavo-Mediterraneo. Un nuovo ponte tra Venezia e Rostock che si aggiunge a quello già attivato a novembre scorso tra Venezia e Francoforte (via Brennero) a partire sempre dal servizio ro/ro operato da Grimaldi Lines, raddoppiato da metà giugno 2016, consentendo di portare sul mercato tedesco le merci provenienti via mare dalla Grecia ed altri paesi balcanici in soli tre giorni e viceversa. Il Porto di Venezia continua così la sua “cura del ferro” che fa segnare numeri da record, +31% nei primi 4 mesi del 2016.Questo è stato reso possibile grazie al fatto che l’Autorità Portuale ha realizzato l’ampliamento del terminal ferroviario Marghera Scalo (9 più 7 binari per treni da 700 metri) nonché il raddoppio del binario in via dell’Elettronica a sostegno del Terminal Autostrade del Mare. Ulteriori sviluppi del trasporto ferro-

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viario conseguiranno dagli altri investimenti in corso di realizzazione e relativi all’elettrificazione del secondo binario in entrata alla stazione di Venezia-Mestre; alla realizzazione di un nuovo collegamento diretto fra Fusina e la linea Venezia-Milano, per bypassare il nodo di Mestre e ad un parco ferroviario a servizio del nuovo terminal container e del Distripark che sorgeranno nell’area ex Montefibre. A partire dagli oltre 200 km di rete ferroviaria interna di cui è dotato il porto di Venezia oltre a un proprio scalo merci (Marghera Scalo), questi sviluppi ferroviari a supporto dei traffici portuali consentiranno allo scalo lagunare di espandere la propria catchment area, raggiungendo i mercati quindi più lontani, quelli non serviti già via camion nel raggio di 150 chilometri. Intanto nell’ambito del processo di rafforzamento e ampliamento dei collegamenti offerti per la Sardegna, il Gruppo Grimaldi introduce ulteriore tonnellaggio a servizio del collegamento marittimo tra i porti di Livorno ed Olbia. Inoltre, dallo scorso 6 giugno, è aumentata la frequenza dei collegamenti Civitavecchia - Porto Torres e Porto Torres - Barcellona, in previsione della stagione estiva alle porte. Inaugurato lo scorso 11 gennaio, il collegamento giornaliero Livorno - Olbia è potenziato con l’impiego della nave Cruise Smeralda, traghetto di nuova generazione, che affianca la Zeus Palace.

L’ingresso della Cruise Smeralda permette al Gruppo Grimaldi di effettuare due partenze al giorno da entrambi i porti, offrendo così 28 partenze settimanali tra il Continente e l’isola sarda. Gli orari di partenza sono le ore 10:00 e le ore 21:30 da ambo i porti, in modo da permettere ai viaggiatori di scegliere se viaggiare di giorno o di notte, con un transit time di 8 ore. Per quanto riguarda invece i collegamenti Civitavecchia - Porto Torres e Porto Torres - Barcellona, sempre a partire dello scorso 6 giugno il Gruppo Grimaldi incrementerà la frequenza da 8 a 10 partenze settimanali. Queste rotte sono servite dai due moderni cruise ferry, la Cruise Roma e Cruise Barcellona, ammiraglie gemelle della flotta del Gruppo Grimaldi. Trattasi di veri e propri gioielli dei mari, che mettono a disposizione degli ospiti ogni comfort, un’alta qualità del servizio e tutto quanto contribuisce a una piacevole esperienza di navigazione. Grazie a queste recenti iniziative, il Gruppo Grimaldi offre una rete capillare di collegamenti tra l’Italia peninsulare e la Sardegna. Attualmente, oltre al servizio merci e passeggeri Civitavecchia - Porto Torres e Civitavecchia - Olbia, numerose altre linee regolari per il trasporto merci collegano i porti di Genova, Livorno, Palermo e Salerno con Cagliari, nonché Cagliari con Valencia. Sandro MInardo


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ISE, naturale retroporto di Napoli e Salerno

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n nuovo sito online che prossimamente parlerà inglese e cinese. L’Interporto Sud Europa ha deciso di rifarsi il look. Un biglietto da visita aggiornato che accompagna una notizia ben più importante per l’operatività complessiva della struttura. Lo sblocco dell’iter per la realizzazione della “bretella autostradale” sull’A30. “Dopo anni di attesa – conferma Antonio Campolattano, amministratore di ISE – la gara per la realizzazione di un ingresso autostradale dedicato sulla Caserta-Salerno prenderà il via. Il prossimo 17 luglio ci sarà la presentazione delle offerte mentre per il 31 è fissata la fase di apertura delle buste. Presumibilmente i lavori dovrebbero cominciare già a settembre e chiusi, secondo il programma, per la fine del 2017”. In che modo la “bretella” favorirà i traffici dell’Interporto? Lo sbocco “dedicato” sulle autostrade è un elemento imprescindibile per la natura stessa della nostra attività. Il collegamento sull’A30 rende molto più semplici i collegamenti con il porto di Salerno. Tanto è vero che abbiamo già chiesto un incontro con gli imprenditori salernitani per attivare una possibile sinergia. Con il collegamento già esistente sulla Caserta Sud e lo scalo ferroviario di Marcianise completiamo il nostro posizionamento a livello regionale e puntiamo a diventare punto di riferimento logistico per tutto il Meridione. Va in questa direzione l’accordo con gli interporti di Novara e Bologna? Esattamente. La sottoscrizione del memorandum pone le basi per un raccordo su ferro non solo per i flussi Nord-Sud ma anche in direzione inversa. A maggior ragione dopo l’apertura del nuovo tunnel del S. Gottardo che suscita, a ragione, non poche preoc-

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Antonio Campolattano cupazioni. Il rischio, se non ci organizziamo, è che i container che passano nel Mediterraneo prendano definitivamente la via del Nord Europa per “ridiscendere”, come già avviene oggi, in Italia. L’obiettivo è intercettare parte dei 38 – 40 milioni di container che ci passerebbero sotto il naso attraverso una collaborazione sempre più stretta con i porti del Sud Italia, a partire da Napoli, Salerno e Gioia Tauro. La riforma portuale e quella degli interporti aiutano questa visione? La previsione di aree retroportuali e l’istituzione di fast corridor doganali per rendere più veloci le operazioni favoriscono senza dubbio la messa in moto del processo. Agli attori della rete logistica regionale sta il compito di realizzare un efficace collegamento con quella nazionale. Dopo aver chiuso il cerchio con il Nord Ovest, con Novara e Bologna, abbiamo avviato una ricerca di partner anche per il quadrante Nord Est. Discorso simile vale per il testo in

discussione sugli interporti la cui impostazione ricalca quanto andiamo ripetendo da almeno venti anni. In particolar modo per quanto concerne tutte le azioni relative alla manipolazione della merce, la vera ricchezza non ancora sfruttata del ciclo dei trasporti. Quali sono gli ostacoli da superare? Lo spostamento su ferro della merce suscita timore e preoccupazione, soprattutto per i trasportatori su gomma. Ma è un falso problema. Si tratterebbe di portare la base operativa da un porto come Napoli sempre più ingolfato e inquinato per le continue difficoltà di circolazione, all’interno di un’area interportuale che funge da punto di arrivo e partenza. Ne più ne meno di quello che avviene a Novara che di fatto costituisce il retroporto di Rotterdam. E’ per questo che abbiamo lanciato un appello ai principali terminalisti napoletani: spieghiamo ai clienti che tutte le operazioni, anche quelle doganali, possono essere svolte a Marcianise. Per dimostrare la fattibilità dell’operazione abbiamo anche avviato, praticamente gratis, un collegamento ferroviario settimanale. Un polo comune con i terminalisti? Certo. In un processo che non può prescindere dalla collaborazione con l’Ap. In fondo, in linea con le prescrizioni comunitarie e con le condizioni previste dallo stesso Grande Progetto, non sarebbe difficile trovare incentivi adeguati al passaggio fase. Sotto forma, ad esempio, di sconti sulle concessioni. Una possibilità che la nuova governance tratteggiata dalla riforma portuale potrebbe favorire. A patto che a Napoli arrivi un presidente in grado di concertare e conoscitore della materia. Giovanni Grande


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Marina di Carrara, sinergie con il sistema industriale I

l futuro delle attività portuali sta nella capacità di adattarsi ai cambiamenti dei cicli economici. Nella messa a punto di un modello di flessibilità organizzativa che permetta di passare velocemente a nuovi assetti operativi, senza prescindere da un profondo dialogo con il territorio. Francesco Messineo, presidente dell’Ap di Marina di Carrara, ha improntato la sua azione a questo principio, contribuendo all’apertura di nuove prospettive di sviluppo per lo scalo toscano. Alla vigilia della chiusura del mandato, con l’accorpamento nella nuova APS del Mar Ligure Orientale all’orizzonte, stila un primo bilancio di quest’esperienza. Quali problematiche ha dovuto affrontare? Quattro anni fa ho trovato una comunità portuale attiva, con imprese radicate che avevano garantito occupazione, sviluppo e servizi all’utenza. Alle prese, però, con le conseguenze della crisi che stava incidendo profondamente sui traffici, e la presenza di un’area Sin (Sito di interesse nazionale, ndr), con tutte le difficoltà e i costi esorbitanti ad essa associati sul fronte dei dragaggi. Una situazione non facile cui si sommava il clima sfavorevole da parte della cittadinanza sulle possibili ricadute ambientali dei piani di sviluppo del porto. Su queste basi l’obiettivo principale è stato ridefinire il ruolo del scalo. In che modo? La rimodulazione delle attività è stata concepita in un’ottica di sistema terri-

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toriale: non solo il perimetro portuale, dunque, ma una strategia di interconnessione con il sistema industriale, ferroviario, stradale. Una ricetta che ha permesso alla GE Oil and Gas di concentrare nello stabilimento di Nuovo Pignone la costruzione di moduli di grandi dimensioni: il collegamento ferroviario diretto ha aperto la strada alla specializzazione nel settore dei trasporti eccezionali. Con conseguenze in termini posti di lavoro, 600 nuovi negli ultimi anni, e percentuali sul dato Istat dell’export – ogni modulo assemblato vale circa 350 milioni – che in alcuni periodi ci mettono a livello della provincia di Milano. Discorso simile per i Nuovi Cantieri Apuania, giunti al termine del loro ciclo di produzione nel settore ferry. Grazie alla fattiva collaborazione delle istituzioni locali, in grado di rilasciare in tempi record le autorizzazioni necessarie, e a un investimento di Italian Sea Group pari a 13 milioni in poco più di un anno abbiamo riconvertito il sito, oggi destinato alla produzione di grandi yacht. Di fatto il porto ha scelto di cambiare natura ai suoi traffici: da merci povere, ma caratterizzate da gigantesco tonnellaggio, a merci dall’altissimo contenuto aggiunto. Come ha sconfitto il Sin? Abbiamo sfruttato un articolo del decreto Salva Italia che consentiva il passaggio a Sito di bonifica regionale. Il lavoro, cominciato con le istituzioni locali nel settembre 2012, si è concluso nel 2013 quando è stato decretata la

riconversione del 90% del Sin in cui ricade tutta l’area marina e portuale. Da li abbiamo insistito, convinti che non c’era bisogno di alcuna bonifica, ottenendo ragione dal ministero: dopo 15 anni siamo tornati un porto “normale”. Purtroppo, nonostante tutti i passaggi formali favorevoli, non possiamo iniziare con gli interventi di dragaggio a causa della mancanza della normativa quadro, peraltro in via di approvazione in Parlamento. È il tassello che ci manca per poter utilizzare parte del sedimento, costituito da sabbie pulite, per il ripascimento delle spiagge. In questo modo lo scalo contribuirebbe, a un decimo dei costi precedenti (circa 70 euro a metro quadro), a mitigare l’erosione costiera. Il porto, percepito per troppi anni come sito inquinante, comincia ad essere considerato una risorsa non solo per l’economia ma anche per l’ambiente. Il turismo? Anche qui è stata fatta la scelta della specializzazione territoriale. Abbiamo puntato su uno scalo-boutique per le crociere di lusso ritagliandoci un nicchia ben precisa. L’idea non è promuovere solo il porto ma la destinazione Carrara, la provincia Apuana con le sue bellezze naturalistiche e culturali. Poiché per sua natura il settore luxury è caratterizzato da turisti dalla forte propensione alla spesa, “affezionati” a navi e mete, stiamo lavorando per offrire escursioni personalizzate. Offrire, cioè, sempre qualcosa di nuovo e bello.


Qual è stato l’elemento che ha caratterizzato maggiormente la sua presidenza? Il ruolo dell’Ap nella responsabilizzazione delle aziende rispetto a tutto il sistema-porto. Se un’impresa non contribuisce a promuovere uno scalo rendendolo attrattivo verso nuovi traffici non va bene. La leva è stata la pressione sulle rendite di posizione, la competizione positiva tra ambiti di attività differenti rispetto alla disponibilità delle infrastrutture. Questo ci ha permesso di creare un clima più dinamico, di rivitalizzare tutta la comunità portuale, rendendo più facile intercettare le nuove opportunità di sviluppo che venivano dal territorio. Come è vissuto l’accorpamento con l’Ap di La Spezia? Stiamo lavorando agli equilibri più idonei, all’armonizzazione degli aspetti amministrativi. La nuova APS sarà una delle tre che si trovano a cavallo di due regioni e si stanno affrontando in modo concreto con il MIT aspetti come la normativa sulle opere portuali, il ruolo del nuovo ente rispetto ai mercati di riferimento, la messa a sistema delle connessioni di ultimo miglio. Un lavoro di sintesi non eccessivamente complicato: sia perché le infrastrutture sono contigue rispetto al territorio da servire,

sia per le diverse specializzazioni che rendono le due realtà complementari a livello di offerta. Cosa auspica per il futuro della portualità italiana? La riforma da una prima risposta al problema della governance. Altri punti critici su cui lavorare sono le difficoltà operative che bloccano i progetti di sviluppo, gli ostacoli nell’approvazione dei piani regolatori portuali, le procedure di gestione degli appalti. Personalmente sono un ammiratore del modello aziendalista del Nord Europa. Lì gli enti portuali godono della piena autonomia finanziaria, i fondi sono reperiti sul mercato, le infrastrutture sono pagate da chi le usa. Un sistema che, anche per la conformazione geografica italiana, non può essere applicato tout court. Ad ogni modo le nuove APS vanno parzialmente in quella direzione: escono rafforzate economicamente, con la possibilità di un maggior peso nella stipula dei mutui. Sforzi maggiori andranno compiuti per la semplificazione delle procedure di sviluppo, gli interventi strutturali, la pianificazione, la programmazione e realizzazione delle opere. Porti anche più flessibili nel modellarsi rispetto al mercato? Senza dubbio. Quando si affaccia una nuova domanda devi possedere

Francesco Messineo gli strumenti per riconvertirti al nuovo. I cicli dell’economia cambiano e nasce la necessità di adattarsi velocemente, anche dal punto di vista organizzativo, per non perdere il treno che sta passando. Un atteggiamento che però non può essere scisso da un minimo di visione, perché rincorrere continuamente il nuovo non è possibile. In sintesi, giocare d’anticipo, sempre, con lo sguardo fisso all’economia reale che fa affidamento sulle banchine. Giovanni Grande


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In corso grandi progetti che cambieranno la logistica L

a Naples Shipping Week, giunta alla sua seconda edizione si sta definitivamente confermando come uno degli eventi più interessanti del mondo dello shipping. Numerosi sono i temi trattati che abbracciano non solo i trasporti marittimi ma anche altre tematiche, più connesse alla logistica, come ad esempio i corridoi dognali, circostanza questa che consente di fare il punto del nostro settore in un ottica globale. Va detto che da sempre il ruolo del Propeller è proprio quella di fare da collante tra le varie anime dello Shipping e della Supply Chain. Tutte le iniziative intraprese in questi ultimi anni sia a livello nazionale sia dal club di Milano sono state indirizzate a coinvolgere le varie Associazioni di categoria e a discutere di problematiche comuni. In questo contesto è opportuno sottolineare alcuni miglioramenti avvenuti nel nostro mondo come il fatto che negli ultimi tempi siano stati in parte superati i problemi di carattere doganale

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con lo sportello unico, il preclearing e la sperimentazione dei corridoi doganali. Inoltre il giudizio sul Decreto di Riforma dei porti è sostanzialmente positivo – anche se, per quanto riguarda il Tavolo di Partenariato della Riforma Mare previsto dall’art. 11 bis - ritengo che debba essere allargato anche agli operatori in land che utilizzano massicciamente quel porto e non esclusivamente alle categorie operanti nel porto stesso. Tutto ciò in un’ottica di sempre maggior integrazione fra i cluster terra mare. Tuttavia i miglioramenti ottenuti non sono sufficienti perché a livello internazionale stiamo a assistendo ed assisteremo ai cambiamenti sempre più importanti sia dal punto di vista infrastrutturale che di mercato. Per quanto riguarda ad esempio i cambiamenti infrastrutturali, solo per citare due progetti, vi sono in essere l’apertura del Tunnel del Gottardo che è un’opportunità straordinaria per incrementare la conversione modale dalla strada alla

rotaia del traffico pesante. Il Gottardo attraversando la Svizzera, interconnette l’Italia con alcune delle regioni europee economicamente più importanti, è l’opera più importante del Corridoio Reno-Alpi, tra Rotterdam e Genova, e attraversa un’area economica forte che rappresenta il 16% del Pil dell’Unione Europea. Per quanto riguarda l’Italia, il tunnel potrà fare dei porti a Sud del tunnel, Genova e Vado Ligure i porti di connessione tra l’area Nord Mediterranea e l’economia del Nuovo Mondo che si affaccia sui trasporti attraverso il Mediterraneo, facilitando nella direzione Rotterdam-Genova, le connessioni tra questi mercati e i mercati del Nord e del Centro Europa. Per cogliere quest’opportunità è però necessario che anche in Italia i lavori delle grandi infrastrutture, Terzo Valico in primis procedano senza sosta e nei tempi previsti per non essere tagliati fuori da questa prospettiva di sviluppo”. Un altro grande progetto in essere è il Progetto


One Belt One Road, un’iniziativa strategica della Cina per il miglioramento dei collegamenti e della cooperazione tra paesi nell’Eurasia. Comprende le direttrici terrestri della “zona economica della via della seta” e la “via della seta marittima del XXI secolo” che prevede investimenti necessari al miglioramento delle infrastrutture ferroviarie e portuali, complessivamente stimati in 1800 miliardi di dollari in dieci anni. La Via della Seta Terrestre attraversa tutta l’Asia Centrale e arriva dalla Cina fino alla Spagna: con le infrastrutture esistenti sono già stati simbolicamente inaugurati i collegamenti merci diretti fino a Berlino e Madrid, ma è allo studio anche la possibilità di una linea passeggeri ad alta velocità. La Via Marittima costeggia tutta l’Asia Orientale e Meridionale, arrivando fino al Mar Mediterraneo attraverso il canale di Suez. Un progetto di simile portata è in grado di stimolare l’intera economia Europea perché gli investimenti, o la realizzazione delle opere poi saranno affidati alle aziende e società di tutto il mondo. E’ senz’altro un progetto alla fase iniziale però è talmente importante che le varie associazioni imprenditoriali, dovrebbero già essere attive in questa direzione ed organizzare delle missioni con chi sta conducendo le operazioni per

approfondire da subito le informazioni e non aspettare che altri si avvantaggino facendoci poi trovare davanti a fatti compiuti. Altri cambiamenti in essere son relativi all’e-commmerce il cui grande sviluppo (le transazioni internazionali legate all’eCommerce sono in rapida crescita e si stima che nel 2020 raggiungeranno un volume d’affari pari a mille miliardi di dollari con circa 900 milioni di consumatori). sta facendo emergere nuovi players come ad esempio Amazon che ha in mente di controllare anche la logistica, concentrando nelle sue mani tutti i processi della filiera di distribuzione e vendita con un progetto talmente evoluto da voler diventare un competitor di UPS o FedEx. Il progetto, chiamato Dragon Boat, prevede un sistema di distribuzione globale che permetta di controllare il trasporto dei beni dalle industrie cinesi e indiane fino alla soglia di casa degli acquirenti statunitensi ed europei. In questo contesto la Logistica italiana è un’industria, non un provider di servizi, ed è perciò fattore di sviluppo. Con 200 miliardi di fatturato che rappresentano il 13% del PIL e circa 1 milione di occupati, la logistica è l’elemento trainante dell’economia italiana ed è quindi ora che il settore faccia sistema e si organizzino dei road show all’estero per

promuovere le strutture logistiche italiane anche alla luce dei progressi fatti sia in materia portuale che doganale sopraevidenziati ed appare opportuno che tale esempio di industria “Made in Italy” venga regolato da strumenti normativi moderni per competere su questi scenari internazionali così fluidi e in divenire. Riccardo Fuochi Presidente Propeller Club Port of Milan

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p&st / porto&diporto

Rivedere il meccanismo della continuità territoriale G

li effetti della concorrenza armatoriale sui traffici, la necessità di una revisione delle agevolazioni per la continuità territoriale, le perplessità sul nuovo assetto della future Autorità portuali di Sistema. Alla vigilia di un’estate che potrebbe registrare un’inversione di tendenza rispetto alle difficoltà degli anni passati, Giancarlo Acciaro, Past Presidente di Assoagenti Sardegna, illustra le questioni principali del sistema trasporti dell’isola. Quali previsioni per i traffici marittimi di quest’anno? In relazione al settore traghetti c’è da registrare un interessante miglioramento a livello di numeri di collegamenti. La guerra armatoriale tra Onorato e Grimaldi sta sortendo effetti positivi e si spera duraturi. Purtroppo il rischio è che si trasmettano solo a residenti e trasportatori. Le tariffe per i turisti sono aumentate – circa un migliaio di euro per famiglia tipo – e questo potrebbe avere influenza su tutta l’attività collegata. Ad ogni modo, l’ampia copertura assicurata dovrebbe scongiurare le code nei porti degli anni passati causati dall’overbooking. Più preoccupante mi sembra la situazione del trasporto aereo. Perché? Stiamo vivendo una situazione irreale con l’abbandono di importanti compagnie low cost che oltre a incidere negativamente sul numero di arrivi nel periodo estivo pregiudica i collegamenti dell’isola con l’estero, in particolare con Spagna, Germania e Inghilterra, per tutto l’anno. La giustificazione ufficiale per questo abbandono è stata l’aumento della tassazione di 2,50 euro per passeggero, già ampiamente an-

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Giancarlo Acciaro nunciato dall’inizio dell’anno. Solo ora la Regione sta cercando una soluzione ma forse avrebbe dovuto muoversi prima dell’emergenza, magari mettendo in campo meccanismi compensatori così come fatto in Puglia. Si consideri, poi, la situazione assurda costituita dalla tariffa agevolata di Alitalia che, in molti casi, supera di gran lunga i costi garantiti dalle compagnie low cost. Un bel paradosso, no? Sono gli inconvenienti di un meccanismo sulla continuità territoriale che andrebbe rivisto. La compagnia di bandiera, ad esempio, in molti casi mette a disposizione voli a distanza ravvicinata. Risultato: un volo arriva in Sardegna al completo, l’altro conta meno di 20 passeggeri. Purtroppo, manca una seria programmazione. Basterebbe trovare agreement con regioni come Lombardia, Lazio o Campania per mettere a gara gli slot di maggiore

interesse commerciale. Discorso simile anche per il trasporto marittimo. Dopo l’estate andrebbe aperto un tavolo di concertazione per mettere finalmente a sistema nuovi criteri per la determinazione delle tariffe. Le entrate, che pure ci sono, vanno trasferite a beneficio dell’utenza. La situazione negli altri settori? L’export è sempre più limitato a materie prime dal basso valore aggiunto, con l’eccezione di una nicchia rappresentata dal granito e dal marmo di Orosei imbarcati a Cagliari e Olbia. Per quanto riguarda il traffico containerizzato, pur in presenza di un importante hub a Cagliari, la scarsa attività industriale del territorio non riesce a “stornare” volumi consistenti dal transhipment. Rimane costante il traffico legato ai prodotti petroliferi relativo al ciclo di trasformazione del greggio della Saras. Quale clima si respira attorno all’imminente accorpamento delle Ap? Devo registrare la totale assenza di iniziativa da parte delle istituzioni regionali presso il Mit. A differenza di altre realtà non si è voluto sfruttare la finestra di tre anni resa possibile dal pronunciamento del Consiglio di Stato. Un periodo che avrebbe reso possibile la ricerca di una soluzione ottimale per un sistema portuale isolano con tipologie di traffico e dotazioni strutturali difficilmente assimilabili. In generale, nutro perplessità sullo scarso peso dato alle rappresentanze degli operatori nell’ambito della riforma. Il tavolo di partenariato a livello nazionale rappresenta un allontanamento dalle esigenze dei territori. Giovanni Grande


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La sicurezza nel bacino del Mediterraneo

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igliorare la cooperazione e rafforzare la sicurezza nel bacino del Mediterraneo: il ruolo della Nato, dei Comitati atlantici e delle Istituzioni”. E’ questo il titolo del Convegno con cui il Club Atlantico di Napoli ha celebrato la sua costituzione ufficiale dopo un iter caratterizzato da una serie di appuntamenti di alto livello come la visita dello scorso inverno a Bruxelless dell’Ing. Giosuè Grimaldi, attuale vice presidente vicario dell’associazione, e la recente riunione presso la Nato a Napoli per individuare eventuali forme di collaborazione. Nel corso del meeting sono stati analizzate problematiche legate al ruolo diplomatico dell’Italia nel contesto geopolitico mediterraneo, la necessità di un approccio politico “unitario” da parte dell’Europa, il ruolo della formazione nella capacità di comprendere e valutare scenari sempre più globali e complessi. Hanno partecipato ai lavori: Ing. Roberto Marchesini, Presidente Club Atlantico di Napoli, Dott. ssa Serena Angioli, Assessore Regione Campania, Gen.C.A. Leonardo di Marco, Capo di Stato Maggiore NATO JFC Naples, S.E. Amb. Giovanbattista Verderame, Vice Presidente S.O.I. Napoli. A margine dell’incontro, il Prof. Luciolli, Presidente dell’Atlantic Treaty Association e del Comitato Atlantico Italiano, ha risposto ad alcune domande di PORTO&diporto, inerenti i temi del Convegno. Quali opportunità dalla prossima adesione del Montenegro alla Nato? Sotto il profilo tecnico stiamo percorrendo l’ultimo miglio del processo. Già al prossimo vertice di Varsavia (8-9

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Fabrizio Luciolli luglio) il paese potrà partecipare nel ruolo di osservatore. La ratifica formale dovrà arrivare dai parlamenti nazionali dei 28 paesi membri in un quadro che comunque già vede il Montenegro inserito in alcuni meccanismi dell’Alleanza. Si tratta di un evento importante per due motivi. Intanto sigilla un’area strategica come l’Adriatico. Poi rilancia quella strategia della “porta aperta” che conferma la vocazione “politica” della Nato prevista dall’art.10 del Trattato. L’integrazione dei Balcani occidentali favorisce non solo la stabilità della ragione ma permetterà anche uno sviluppo sociale ed economico, con l’apertura a mercati pieni di opportunità per le aziende italiane. Come giudica gli esiti della politica di cooperazione mediterranea? Non in modo positivo. I programmi Meda1 e Meda2 nell’ambito del parte-

nariato euro mediterraneo si sono risolti in un fallimento non riuscendo ad intervenire sulle cause dei problemi. Anzi, in alcuni casi hanno rafforzato proprio i regimi alla base di quei problemi. La dimostrazione, dopo l’introduzione a partire dal 2004 della “politica di vicinato”, la osserviamo adesso. Anziché portare stabilità ai confini dell’Ue, si è sviluppato un arco complessivo di crisi che reclama approcci più lungimiranti. In che modo questa situazione influisce sulla sicurezza delle vie di comunicazione? In Italia le preoccupazioni maggiori riguardano il mantenimento delle libertà di navigazione sulle rotte di approvvigionamento energetico. L’instabilità della sponda Sud del Mediterraneo non va sottovalutata, così come i fenomeni di migrazione su cui si deve agire in modo coordinato con gli altri attori in campo. Penso alla Cina, coinvolta in modo sempre maggiore nell’area sub sahariana. Il limite sta nel concertare un indirizzo politico coeso da parte dei paesi membri dell’Unione. Le prossime iniziative dell’Ata? Sono state avviate cooperazioni in alcuni paesi del Golfo Persico sui temi della stabilità. Saranno avviati programmi sulla sicurezza dei confini con formazione di personale sul luogo. Poi, in ambito italiano, c’è l’opportunità che si sta aprendo a Napoli. Uno straordinario osservatorio, con una sensibilità unica sui temi della sicurezza e dello sviluppo sociale ed economico dell’area mediterranea. Da qui non mancheranno novità. Giovanni Grande


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cantieristica / porto&diporto

Palumbo Superyachts inaugura sede a Tenerife P

alumbo inizia la sua attività nel 1967 come piccola carpenteria di supporto al mercato locale di riparazione navale. Oggi la società è un gruppo con quattro diverse divisioni e cinque sedi (a cui si aggiunge un ufficio affiliato a Monaco) e rappresenta il maggiore centro nel Mediterraneo per la manutenzione e refitting navale, con un sistema di infrastrutture in continua espansione. Il gruppo ha costruito e consolidato la sua reputazione negli ultimi 50 anni grazie ad un team di professionisti che avevano un obiettivo comune molto preciso, supportare i clienti attraverso un’ampia gamma di servizi espletati con estrema puntualità: vendita e assistenza post-vendita con una rete di infrastrutture – Palumbo Superyachts – nel cuore del Mar Mediterraneo (Napoli, Messina, Malta, Marsiglia). Inoltre Palumbo Group S.p.A. che

Daniela Spinelli - nuovo Marketing & Communication Manager

Metà italiana, metà americana, Daniela Spinelli inizia la sua carriera lavorando per l’Ammiraglio della Sesta Flotta della Marina degli Stati Uniti a Napoli, Italia. Sono probabilmente le sue origini cosi diverse a conferirle la sua particolare personalità. Una spiccata dedizione, impegno e lealtà nel lavoro insieme alla sua profonda passione e creatività. “Dopo un lungo periodo nel settore – spiega Daniela – affronto questo nuovo incarico che rappresenta una grande ed importante opportunità di carriera. Sono stata fortunata. Ho avuto la possibilità di costruire il mio bagaglio di conoscenze nel settore dello yachting lavorando con persone di grande talento. Sono fiera di portare insieme a me, parte di questi talenti e poterli fondere insieme per contribuire ai futuri successi di Palumbo. Credo che Palumbo abbia un grosso potenziale. Riesco a percepire in cosa la famiglia Palumbo ha investito con passione gli ultimi 50 anni di attività. Hanno dedicato risorse, finanze ed impegno nel costruire ciò che naturalmente è diventata la loro mission”.

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opera nel settore della costruzione navi per trivellazioni off-shore nonché nel settore del noleggio di gru, ha recentemente annunciato l’acquisizione del suo quinto cantiere con base a Tenerife (Isole Canarie, Spagna) che rappresenta un’importante iniziativa per rinforzare la presenza di Palumbo Superyachts al di fuori dal bacino del Mediterraneo. L’attività di Palumbo Messina e Palumbo Napoli è focalizzata sulla riparazione, costruzione, modifica, riconversione e manutenzione di tutti i tipi di navi, di linea e di crociera. Le società del gruppo sono certificate ISO 9001 dal 1998, ISO 14000 dal 2005 e sono state dichiarate conformi al modello organizzativo e di gestione OHSAS 18001. Nel Novembre 2014, la filiale maltese del gruppo, ha ottenuto dal GTT (Gaztransport & Technigaz), la certificazione per la manutenzione e riparazione di metaniere, specializzate nel trasporto di gas naturale liquefatto. In aggiunta alla Palumbo Superyachts, il gruppo costruisce anche la propria gamma di superyacht sotto il brand di Columbus Yachts, con produzione localizzata nel cantiere di Napoli. Le diverse linee, tutte personalizzabili secondo le esigenze degli armatori, uniscono 50 anni di tradizione nella costruzione di navi con una produzione orientata all’utilizzo delle tecnologie più avanzate, grazie al supporto del suo efficiente team interno di ingegneri e alle collaborazioni con le più importanti società internazionali di design come Hydrotech, Marco Casali e Vafiadis. Le unità in acciaio e alluminio sono disponibili in quattro diverse linee: Liberty (da 26 a 38m), Berlinetta (da 33 a 50m), Oceanic Classic&Explorer (da 50 a 80m) e – forse la più sorprendente e premiata – la Sport Hybrid. Columbus Yachts, che vanta già quattro yacht in acqua (un 40m nel 2014 e un 54m nel 2011), nel 2015 ha varato due nuove unità: il 40m Sport Hybrid – M/Y DIVINE – e il 57m Classic – M/Y TAIBA. Grazie alle sue linee morbide, ai suoi spazi interni luminosi e tranquilli e alle sue performance semi-dislocanti, M/Y DIVINE di Columbus Yachts ha attirato l’attenzione della giuria di Boat International. Quando poi queste caratteristiche si sommano a una resistenza

perfetta a tutti i tipi di mare e a un consumo di carburante responsabile grazie al propulsore diesel-elettrico, questo yacht di 40.1m risulta decisamente vincente. Tra le caratteristiche più apprezzate dai giudici, sicuramente spiccano le murate abbattibili che formano delle bellissime terrazze laterali. Non sono passate inosservate anche le vetrate scorrevoli posizionate tra il salone e l’esterno che, quando piegate, inondano lo spazio interno di luce e aria. Dal punto di vista tecnico, la propulsione ibrida dello yacht permette da una parte di risparmiare carburante e dall’altra di navigare silenziosamente a otto nodi, grazie alla spinta dei generatori con giri al minuto fissi con basse emissioni. Durante la navigazione, insieme ai motori principali, lo stesso motore elettrico è utilizzato come generatore, permettendo così di spegnere il gruppo elettrogeno.


La progettazione navale e il design esterno è stato realizzato da Palumbo Group e Hydrotech, mentre l’interno è stato concepito da Palumbo Group in collaborazione con Hot Lab Studio. Questo premio è il secondo Superyachts Award ricevuto da Columbus Yachts, dopo quello assegnatogli nel 2012 per M/Y PRIMA di 54m. Questi importanti riconoscimenti vanno inoltre ad aggiungersi ai tre ShowBoats Design Awards ricevuti per il design interno, esterno e styling dello Sport Hybrid M/Y ELEONORA III di 40m. Attualmente il cantiere napoletano ha in costruzione un Oceanic Classic di 70m. Realizzato in acciaio e alluminio e progettato dallo studio Vafiadis e Associati, questo elegante superyacht rappresenta uno dei più grandi yacht del mondo costruiti “in speculazione”, senza committente. Le sue linee morbide e fluide uniscono fascino e funzionalità, consentendo

di accogliere l’ampia piscina sul ponte di prua, uno spazioso beach club, la palestra e la sontuosa cabina armatore. Con un’autonomia di 5.000m/n a 11 nodi e una velocità massima di 18 nodi, il Columbus Oceanic 70m vanta non solo una straordinaria estetica, ma anche prestazioni invidiabili. La recente acquisizione del suo quinto cantiere con base a Tenerife è un’importante iniziativa nell’ottica di rinforzare la presenza di Palumbo Superyachts al di fuori dal bacino del Mediterraneo. Una nuova sede che va ad affiancare e rinforzare la rete di infrastrutture – Palumbo Superyachts – nel cuore del Mar Mediterraneo tra Napoli, Messina, Malta, Marsiglia. Le prime tre focalizzate sulla riparazione, costruzione, modifica, riconversione e manutenzione di tutti i tipi di navi e linee di crociera oltre che di Columbus Yachts mentre Malta e Marsiglia sono altamente specializzate nel comparto super e mega

yacht. A questi si aggiunge l’importante organizzazione commerciale di Palumbo Superyachts – formata da Giuseppe Palumbo, Francesco de Vuono e Michela De Curtis – che vede il suo headquarter nel Principato di Monaco. Daniela Spinelli – Marketing & Communication Manager Palumbo Group S.p.A. commenta: “I nostri obiettivi a medio e lungo termine sono quelli di presidiare le Canarie sfruttando le sinergie e risorse di Palumbo Group nel settore della riparazione navale come nuova e innovativa piattaforma logistica tri-continentale – capaci di offrire una gamma completa di servizi e di reagire commercialmente e tecnicamente alle tendenze del mercato. Tutto questo prestando speciale attenzione alla qualità, sicurezza, nel rispetto assoluto dei tempi di consegna e degli impegni assunti”. Cosimo Brudetti

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Aspettando Godot … sequel napoletano L

a celebre opera teatrale di Samuel Beckett narra di due personaggi Estragon e Vladimir, che attendono il Signor Godot con il quale hanno appuntamento. Ogni giorno Godot invia loro un messaggero, annunciando che si presenterà il giorno successivo: “...Il signor Godot non verrà stasera, ma verrà domani, sicuramente...” I due uomini attendono invano: non fanno altro che lamentarsi continuamente del freddo, della fame e del loro stato esistenziale; litigano, pensano di separarsi e addirittura di suicidarsi, ma alla fine restano l’uno dipendente dall’altro. La riforma delle autorità portuali, oggetto di grande attenzione da parte dei numerosi e variegati portatori di interessi che operano all’interno del porto o che ad esso sono collegati, sembra volgere al termine di un lungo e complesso percorso non privo di ostacoli, che ormai dura da diversi anni. L’iter di approvazione è sostanzialmente concluso e a breve dovrebbe essere nominato il presidente dell’Autorità di sistema portuale del Tirreno meridionale. E’ possibile, dunque, affermare che finalmente si aprirà la stagione del rilancio della realtà portuale napoletana? A giudicare dalle opinioni espresse negli ultimi anni, la risposta è affermativa. Ma appaiono necessarie alcune considerazioni. L’attuazione della riforma, costituisce un’opportunità di sviluppo e di progressivo miglioramento per l’intero settore a cui si rivolge: come specificato nel titolo del decreto, la semplificazione burocratica, la riorganizzazione amministrativa e la razionalizzazione del sistema di governo sono i principali obiettivi da perseguire. Parallelamente, nel quadro del riassetto organizzativo, ci saranno cambiamenti radicali che produrranno anche effetti diretti nei confronti di molte categorie. In primo luogo, si fa riferimento alle mutate modalità di partecipazione degli operatori ai processi di governo del sistema portuale. Come è noto, infatti, tra gli elementi di novità della legge, spicca in modo evidente l’abolizione del comitato portuale e la conseguente costituzione di

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un comitato di gestione formato da cinque componenti, di emanazione prevalentemente politica, a cui vengono in sostanza attribuiti gli stessi poteri del precedente organo. Senza entrare nel merito dell’annoso dibattito tra posizioni ideologiche opposte, che vedono il comitato portuale, da un lato, come l’emblema del conflitto di interessi (e non ne riconoscono la piena efficacia) e, dall’altro, come il simbolo della concertazione (e ne enfatizzano la sua necessità), resta il fatto che la rappresentanza delle categorie imprenditoriali e sindacali nelle decisioni amministrative sarà ancora garantita dalla confluenza delle stesse nel Tavolo di partenariato della risorsa mare, ma contestualmente relegata ad un ruolo meramente consultivo. Non vanno, altresì, trascurate le condizioni che caratterizzeranno il rapporto tra tecnici e politici all’interno dell’organo di gestione. Nel quadro delineato, sembra apprezzabile il rischio di transitare in una situazione in cui gli operatori non si porranno più come protagonisti, o almeno come parte attiva, dei processi decisionali che tradizionalmente sono stati loro attribuiti. Pertanto, i temi dominanti e le sfide da affrontare nei prossimi mesi appartengono a molteplici ambiti e riguardano nello specifico le modalità di relazione con i soggetti che fanno capo alla governance dell’autorità di sistema, il

mantenimento e l’accrescimento della visibilità delle categorie, le possibilità di influenzare i comportamenti di breve e di lungo termine potendo incidere sulle decisioni strategiche ed operative. Tuttavia, è utile osservare che, nel mutato quadro normativo, le criticità legate allo svolgimento di un ruolo attivo nelle decisioni, peraltro già notevoli quando le categorie occupavano un ruolo istituzionale nel comitato portuale, risulteranno maggiori anche a causa del carattere esclusivamente consultivo dei poteri ad esse conferiti. Le considerazioni svolte inducono a un attento ragionamento sugli sforzi necessari nell’immediato futuro, in una prospettiva di elevata complessità almeno pari a quella che ci lasciamo alle spalle. Appaiono, quindi, essenziali una forte cooperazione e uno sforzo congiunto da parte di tutti gli operatori che dovranno assumere un ruolo attivo nel processo di cambiamento, nel rispetto delle condizioni ambientali e di sistema nelle quali si opera. Altro aspetto su cui è opportuno effettuare una seria riflessione attiene a un tema strettamente legato al precedente: la capacità competitiva del sistema portuale napoletano. Da un’analisi puntuale delle condizioni economicoorganizzative della nostra realtà, si evince che i risultati ottenuti negli ultimi anni hanno comportato una sostanziale perdita di competitività a vantaggio di altri sistemi più o meno vicini che evidentemente hanno adottato soluzioni gestionali, organizzative e tecniche più efficienti. Le ragioni di tale ritardo, peraltro ampiamente condivise, attengono alla ormai consolidata presenza negli ultimi anni di organi di governo straordinari con funzioni, poteri e responsabilità provvisorie. In particolare, si sottolinea che, nonostante l’importanza del lavoro svolto dai commissari che si sono avvicendati alla guida dell’autorità, l’attenzione è stata necessariamente rivolta soprattutto alla gestione dell’emergenza; ciò con conseguenti ricadute negative sul complesso delle attività portuali, anche a detrimento di possibili iniziative di programmazione a lungo termine. Il riferimento è alla mancata realizzazione di importanti investimen-


ti strutturali (dragaggi, miglioramento banchine, collegamenti logistici, etc.) e di tutte le altre azioni per le quali è necessario avere un interlocutore stabile e una pianificazione di lungo periodo. L’insieme di tali fattori ha determinato la progressiva perdita di competitività e – di conseguenza – la riduzione di rilevanti quote di traffico. Pure nella correttezza di quanto sin qui affermato, non bisogna tuttavia commettere l’errore di attribuire esclusivamente a tali criticità l’inefficienza e la perdita di quote di mercato; al contrario, troppo spesso tale circostanza è stata utilizzata come alibi. Analizzando la questione più in dettaglio, si nota che i risultati negativi sono riconducibili anche a un insieme di azioni concorrenziali poste in essere da altre realtà portuali. Solo per elencarne alcune, si fa riferimento alle seguenti: - offerta di servizi tecnico-nautici e portuali notevolmente più economici ed efficienti; - disponibilità di strutture operanti “h24”; - rese di imbarco e sbarco più elevate; - viabilità e collegamenti più efficienti; - interscambio con altri segmenti della logistica; - produttività più elevata.

Sembra, dunque, evidente che, se da un lato gli interventi sistemici rappresentano il presupposto essenziale per il recupero della competitività, dall’altro i loro effetti non sono immediati, né generano automaticamente un equivalente sviluppo del sistema portuale in termini di aumento di traffico, né costituiscono l’unico volano di sviluppo. Infatti, anche presupponendo che la riforma vada a regime in tempi brevissimi, è legittimo prevedere che i suoi effetti si verificheranno solo nel mediolungo periodo; pertanto, sembra logico ipotizzare un ulteriore allungamento dei tempi di stallo, se le misure previste non saranno accompagnate da un ripensamento all’interno delle imprese del proprio modo di competere, facendo leva su tutti gli aspetti legati all’efficienza ed all’efficacia di gestione nell’ottica di lungo periodo. Vi è poi da sottolineare che la concorrenza tra i porti non avviene tra le autorità portuali, ma tra gli operatori; quindi, non è corretto porsi nell’ottica di soddisfare le aspettative di sviluppo esclusivamente attraverso il sistema pubblico o di invocare la governance come unica soluzione. Proprio rispetto a tali argomenti, gli operatori del settore assumono da sempre posizioni opposte: alcuni ritengono

che si possa continuare a operare sulla scia degli interventi pubblici, spesso in condizioni di protezione, tariffaria o di mercato, con modelli imprenditoriali che, il più delle volte, appaiono superati. Altri hanno intuito che in cicli di mercato depresso e di difficoltà operative è necessario continuare a investire e a migliorare la produttività, l’efficienza e la competitività delle proprie aziende. Secondo questo modello imprenditoriale, lo sviluppo viene immediatamente generato dall’interno per poi accompagnarsi ed essere implementato dagli interventi pubblici strutturali e orientato dalle scelte sistemiche della governance. In tal senso, vi sono tanti esempi, sia all’interno del nostro sistema portuale che in altre realtà più o meno vicine. E questo sembrerebbe essere lo spirito che ha animato la riforma. Chi avrà ragione? Lo scopriremo presto. Nel sequel napoletano di “Aspettando Godot”, Godot arriva dopo più di tre anni: Estragon e Vladimir smettono di lamentarsi e di litigare; finalmente si adoperano per migliorare la propria condizione. Stefano Sorrentini AD Agenzia Marittima M. Sorrentini Spa

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Novità in arrivo per i formatori del mare Aniformar, Fisascat e Uiltucs Uil firmano un protocollo d’intesa che riguarda circa 50 aziende e oltre 2500 addetti

A

ziende e sindacati hanno chiuso un accordo – il primo dopo la Riforma del Job Act – che disciplina i Co.Co.Co. e promuove l’adesione del settore dei formatori del mare al CCNL Studi Professionali. A Roma è stato firmato – tra ANIFORMAR Associazione Nazionale Italiana dei formatori marittimi e le due principali organizzazioni sindacali nazionali (FISASCAT CISL, rappresentata da Dario Campeotto, e UILTUCS UIL, rappresentata da Gabriele Fiorino) – un protocollo nazionale di intesa, il primo dopo l’entrata in vigore del Job ACT, che disciplina l’applicazione delle collaborazioni coordinate e continuative per i formatori del mare e impegna contestualmente le parti ad avviare un confronto finalizzato all’adesione al CCNL Studi Professionali. Il protocollo firmato a Roma disciplina l’applicazione dei co.co.co. nel settore della formazione del mare attraverso una serie di linee guida vincolanti per le aziende che lo adottano. Aziende e sindacati si sono anche contestualmente impegnati ad avviare un confronto continuo finalizzato ad inserire i formatori del mare, nella V area del CCNL Studi Professionali, che disciplinerà le nuove professioni «non ordinistiche» e potrebbe così anche riguardare dipendenti e formatori professionisti del settore. Il protocollo d’intesa innanzitutto riconosce la professionalità degli operatori della formazione del mare, descrivendo

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le peculiarità della figura in una sorta di declaratoria; al tempo stesso, il documento evidenzia chiaramente le novità dell’accordo raggiunto, prevede – per la prima volta – anche garanzie sociali e diritti superiori a quanto previsto dalla disciplina vigente per collaboratori coordinati e continuativi, come l’assistenza sanitaria integrativa ed un gettone per la partecipazione alle assemblee sindacali. Il protocollo sottoscritto legittima l’utilizzo corretto del contratto medesimo e potrà essere adottato fin da subito dalle aziende del settore. “Questo protocollo d’intesa - ha dichiarato Manuel Tavilla Presidente di ANIFORMAR - è davvero un passo fondamentale per il nostro settore e riconosce il ruolo chiave nella rappresentanza di parte datoriale per la nostra associazione. Le aziende del nostro comparto negli ultimi anni hanno saputo sviluppare oltre 2500 posti di lavoro solo tra i formatori a cui aggiungere i dipendenti. Grazie a questo accordo si sono chiarite alcune incertezze sorte al momento dell’entrata in vigore del Job Act e si è avviato un costruttivo percorso di relazioni sindacali anche nel nostro comparto. Ora - prosegue il Presidente Tavilla - intendiamo condividere questo passaggio con il Ministero del Lavoro”. “L’intesa raggiunta - afferma Dario Campeotto di FISASCAT CISL - apre un importante capitolo nelle relazioni sindacali con un settore “giovane”

come quello dei formatori del mare, finalizzato a dare legittimità normativa sul piano contrattuale ad un segmento del mercato del lavoro fino ad oggi non regolamentato. Il Job Act prevede la possibilità per le parti sociale di realizzare ciò che non è più possibile fare, per quella parte del mercato del lavoro più debole e meno tutelata (come chi lavorava a contratto a progetto o con una partita Iva): con questa intesa ANIFORMAR e le Federazioni Sindacali di Cisl e Uil hanno costruito un percorso nuovo di tutela, sia alle aziende come ai lavoratori di questo settore. Va anche evidenziato il fatto - prosegue Dario Campeotto - di aver individuato in un CCNL come quello degli Studi Professionali – che prevede tutele non solo per il lavoratore subordinato, ma anche a quelle figure professionali che lavorano come co.co.co. o con partita Iva – lo strumento che può dare maggiore dignità contrattuale a queste figure di alta professionalità. Fisascat Cisl Nazionale dà, infine, anche un giudizio positivo alla grande sensibilità sociale delle Parti nell’aver applicato a queste figure i benefici della bilateralità e, in particolare, del Fondo di Assistenza Sanitaria Integrativa, già previsto per il lavoratori dipendenti ed il compenso per la partecipazione attiva all’attività sindacale durante le assemblee”. Per ulteriori informazioni: Ufficio stampa Aniformar Ufficio stampa Fisascat Cisl Nazionale


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Produttività della azienda legata alla risorsa umana L

a comunicazione continua resa possibile dalle nuove tecnologie mobili è tra i fattori che hanno mutato in profondità la percezione del lavoro a bordo delle navi. Con effetti a volte paradossali. “C’è una differenza quasi antropologica tra i marinai del passato, consapevoli del destino di solitudine legato alla navigazione in mare aperto, e i giovani d’oggi, connessi al resto del mondo in tempo reale, e proprio per questo, continuamente esposti al sentimento di distacco dal loro mondo a terra. Un elemento di novità, uno dei tanti emersi nell’ultimo decennio, con cui gli armatori hanno dovuto fare i conti”. Parole di Stefano Canestri, responsabile della Gestione Risorse Umane di Ignazio Messina e testimone privilegiato, con un’esperienza quasi trentennale nel settore manning and training, dei cambiamenti accorsi in un settore sempre più rilevante per la conduzione delle compagnie marittime. Come è mutato l’approccio al fattore umano nel corso degli anni? C’è stata una rivalutazione complessiva. Il marittimo è considerato un elemento fondamentale per l’operatività e la sicurezza di una nave. Prima agli equipaggi veniva chiesto molto di meno, oggi si parte dal presupposto che la produttività di un’azienda è legata alla risorsa umana, al di là delle tecnologie e delle strumentazioni. Ovviamente il discorso varia a seconda degli orizzonti di business entro cui si muovono gli armatori. Le aziende tradizionali, non orientate sull’investimento

Stefano Canestri sul breve periodo, puntano ad una managerialità che parte dai ruoli più bassi, seguendo con attenzione lo sviluppo delle carriere, con un innalzamento dei livelli di formazione che prescinde dalla preparazione comune a tutti i marittimi. Il ruolo della scuola nel preparare il personale del futuro? La serie di riforme della scuola ha depauperato gli Istituti nautici della tipicità delle sue materie a favore di un indirizzo culturale più generico. La difficoltà a reclutare docenti specializzati ha fatto il resto con risultati sconfortanti: il numero di bocciati agli esami per i titoli professionali è francamente altissimo. Da qui l’orientamento degli armatori verso altre strutture formati-

ve post diploma sulla falsariga degli esempi positivi rappresentati da alcuni Paesi dell’Est. In Russia e Ucraina, per dire, gli ufficiali passano attraverso un diploma universitario. Un messaggio che sembra essere stato recepito anche dall’Italia con l’istituzione delle Accademie in cui il modello di alternanza tra scuola e lavoro non può che essere giudicato positivamente. Quanto è difficile la ricerca di personale preparato? Le competenze dei marittimi andrebbero costruite dall’armatore. Affidarsi al solo mercato comporta il rischio di una scarsa loyalty nei confronti dell’azienda, con tutte le conseguenze in termini di prestazioni e produttività. Purtroppo non è la strada che può essere seguita sempre, sia perché per figure altamente specializzate sono venute a mancare nel corso degli anni adeguate politiche di formazione, sia perché l’evoluzione tecnologica tende in alcuni casi ad anticipare le scelte formative prese dalle compagnie. Pesa anche la tendenza all’accrescimento massiccio delle flotte. Per un armatore che mantiene in equilibrio la consistenza del naviglio, in genere, non ci sono problemi di reclutamento. Nel caso di grosse acquisizioni o consegne in blocco di navi, il discorso diventa più difficile: se arrivano 10 nuove unità, a livello di preparazione delle risorse umane, si attraversa un periodo di transizione in cui diventano fondamentali i criteri di selezione. La maggiore criticità da affrontare sul breve termine? Senza dubbio l’adeguamento entro i primi mesi dell’anno prossimo di tutto il personale navigante alla STCW95. L’Italia si è mossa all’ultimo momento, da poco sono stati emanati i decreti relativi. Il rischio è che i marittimi non formati in tempo non possano essere imbarcati. Un processo, tra l’altro, che comporterà una spesa cospicua: per una realtà come la nostra, circa 300 persone, parliamo di una cifra complessiva attorno a 400mila euro. Giovanni Grande


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Dopo lunga navigazione per Ulisse Itaca è in vista S

i sono tenuti a Roma i lavori di Mare Forum Italy, giunto alla sua dodicesima edizione. Dal 2005 ad oggi abbiamo visto evolvere in maniera inattesa non solo il mercato dei noli, ma siamo stati anche tutti testimoni di profondi cambiamenti di regole, protagonisti, leggi, forme giuridiche societarie, modus agendi di cui Mare Forum, con la sua cadenza annuale, è sempre il barometro. Il titolo di quest’anno, “The Italian Ulysses’ View”, è denso di significati: come il personaggio omerico, anche lo shipping italiano ed internazionale si sono imbarcati in un lungo viaggio che negli anni si è dimostrato pieno di insidie, ma Itaca sembra ora avvicinarsi. Ulisse aveva consultato un oracolo dal quale era stato ammonito che, se fosse andato a Troia, sarebbe tornato in patria solo dopo vent’anni. Lo shipping non ha avuto modo di consultare alcun oracolo, ma la sua odissea – iniziata nel 2008 – sembra stia per concludersi. Nel suo discorso di apertura, il Presidente di Confitarma Emanuele Grimaldi ha affermato che “Come Ulisse, gli armatori italiani stanno affrontando sfide da dieci anni. Nonostante il mercato sia ancora volatile, lo shipping nazionale contribuisce ancora in maniera significativa a far crescere il PIL” per poi concludere ricordando che gli armatori dovrebbero seguire lo stesso consiglio che Dante fece dare da Ulisse agli uomini “Fatti

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non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”. Parole - queste - accolte con entusiasmo dagli oltre 150 delegati provenienti da 10 differenti nazioni in rappresentanza di armatori, noleggiatori, brokers, istituti di credito, assicuratori e consulenti. La sessione di apertura ha visto l’intervento di Ugo Salerno, Presidente & CEO del RINA, che ha abilmente affrontato temi macroeconomici, commentando il mutato ruolo della Cina sullo scacchiere economico mondiale, ma anche analizzando la performance (positiva) dell’India e quella (deludente rispetto alle aspettative) di Russia e Brasile. Il proverbio cinese che ha citato in chiusura è suonato come un monito: “Il vero miracolo non è volare in aria o solcare le acque, ma camminare sulla terra”. La sessione “Challenges, Risks, Opportunities” è poi entrata nel vivo del tema dei noli con l’analisi dei mercati dry e tanker fatta da Giuseppe Bottiglieri, Presidente & CEO della Giuseppe Bottiglieri Shipping Company spa, il quale ha espresso il suo forte scetticismo sulla validità delle previsioni dei noli ed ha inoltre provocato un acceso dibattito quando ha preso una ferma posizione contro gli speculatori ed in particolare contro gli hedge funds, colpevoli di avere sovradimensionato l’offerta di naviglio, conseguentemente diminuendo non solo il mercato dei noli,

ma anche il valore delle navi. La reazione dei rappresentanti degli hedge funds – com’era prevedibile non è stata positiva. Tuttavia la posizione di Bottiglieri è risultata ampiamente condivisa dalla platea: alla domanda sull’uscita degli hedge funds dallo shipping, oltre il 70% del pubblico ha dichiarato di aver accolto la notizia con grande soddisfazione. Cesare d’Amico, (d’Amico Società di Navigazione), nel riconoscere che lo shipping sa adattarsi alle mutevoli situazioni di mercato, ha auspicato che il prezzo della demolizione si attesti intorno ai 300 USD, l’unico livello tale per cui ha senso demolire una unità da carico secco; mentre Khamis Juma Buamin (Gulf Navigation Holding) ha avuto parole incoraggianti per il settore petrolifero, ritenendo che un imminente aumento della capacità di raffinazione si tradurrà inevitabilmente in un aumento dei carichi da movimentare, con benefici effetti sul mercato dei noli tanker. Grande attenzione è stata dedicata all’ambiente, tema da sempre caro agli armatori – specie agli armatori italiani che vantano con orgoglio flotte giovani e sicure. A tal proposito Mariella Bottiglieri, Amministratore Delegato & Chartering Manager della Giuseppe Bottiglieri Shipping Company spa, ha manifestato il suo evidente disappunto nel constatare quanto ancora oggi lo shipping sia poco visibile all’opinione pubblica


e – anzi - sia a volte accusato di non fare abbastanza per promuovere “greener policies”, nonostante il cluster marittimo nazionale accolga sempre con favore politiche ambientali anche nuove, come quella proposta da George Tsavrilis (International Association of Marine Environment) sulla creazione di una associazione a tutela della protezione marina e ambientale a livello nazionale. Dopo le presentazioni di Leo Drollas (Centre for Global Energy Studies) sul greggio, di Enrico Paglia (BancheroCosta & Co) sul mercato del carico secco e di Lisarain Yu Jiang (Maersk Broker) sul settore petrolifero, l’audience è stato chiamato ad intervenire, come da tradizione ormai consolidata del format Mare Forum. Alla domanda sull’effetto sui noli dato dalla crescita del prezzo del petrolio il pubblico si è sostanzialmente diviso: il 51% ha ritenuto che la crescita del prezzo del barile rechi effetti benefici sul livello dei noli, mentre il 49% lo ha

giudicato negativamente. Nel tanker, il 43% dell’audience ha ritenuto che non ci si debba aspettare grandi sorprese dalle nuove flat rates che la Worldscale pubblicherà per l’anno prossimo, prevedendole sostanzialmente poco differenti dagli attuali livelli. Ottimismo è stato espresso anche sul mercato secco: il 50% degli intervenuti si è dichiarato contrario alla vendita nell’immediato di unità da carico secco, ritenendo che i tempi siano maturi per un miglioramento dei noli. Nella prima parte della sessione pomeridiana speakers e panelists si sono confrontati su “Miti, sogni, necessità e realtà” con gli interventi di Angelo D’Amato (Perseveranza), Scott Bergeron (Liberian Registry), Maurizio d’Amico (d’Amico), Fabrizio Vettosi (Venice) e profondamente interessante è stato l’intervento di Melissa Williams (Shell) sui nuovi carburanti e fonti energetiche alternative. A seguire, l’audience ha particolar-

mente apprezzato la presentazione di Lorenzo Pollicardo (Nautica Italiana) che - nella sessione dedicata alla eccellenze italiane - ha trovato opportuna collocazione alla nautica da diporto italiana e agli yachts di lusso lamentando tuttavia un paradosso tutto italiano: eccelliamo nella produzione, ma solo il 2% è destinato al mercato nazionale e solo l’1% dei super yachts batte bandiera italiana. Il 98% della produzione va in Estremo Oriente e America centrale battendo per la maggioranza (oltre 38%) bandiera delle isole Cayman: un’occasione mancata per il PIL italiano. Come ogni anno, il contributo dei relatori, dei panelists, ma soprattutto dell’audience, consistente in brokers, consulenti, media, autorità portuali ed armatori, si è rivelato essenziale. In chiusura, Giuseppe Bottiglieri e Jannis Kostoulas hanno ringraziato gli intervenuti tutti, dando appuntamento al 2017. Italo Merciati

Gli Avvisatori Marittimi italiani e le Associazioni europee N

ei giorni 11, 12 e 13 maggio scorsi gli Avvisatori Marittimi dei porti italiani, rappresentati dalla Dott.ssa Maria De Luca in qualità di presidente dell’Associazione e del Consorzio della categoria, nonché titolare dell’Avvisatore Marittimo del Porto di Brindisi, hanno incontrato il presidente di ISRA-ESRA (International Shipping Reporting Association) - (European Shipping Reporting Association) Capt. Peter Langbein presso la sede operativa dell’Avvisatore Marittimo del porto di Ravenna. Il Capt. Langbein è titolare dello Shipping Reporting service nei porti di Bremerhaven e Bremen e rappresenta, quale presidente dell’associazione ISRA-ESRA, i porti di Amburgo, Rottermam, Amsterdam, Anversa, oltre ovviamente Bremerhaven e Bremen. Nonostante l’Associazione Avvisatori Italiani ed ESRA fossero in contatto da diversi anni, è stata questa la prima occasione di uno scambio di informazioni necessarie a constatare come le realtà del Nord Europa e quelle delle coste italiane siano perfettamente in linea in relazione alla tipologia di attività e dei servizi resi ai rispettivi cluster portuali ed Autorità civili e militari. Non sono mancati gli approfondi-

menti circa i sistemi informatici in utilizzo nei porti nordeuropei dove si è appreso che, chi maggiormente in stato di avanzamento, chi meno, gli Shipping reporting o Port Informer o Ships Information o semplicemente Avvisatori Marittimi operano sulla NSW o ANSW (Advanced National Single Window) o nei local PCS. Punto di forza ed orgoglio è stato poter confermare che, anche se in corso di perfezionamento, la NSW italiana sta operando fin dalla data prestabilita dalla direttiva europea 65/2010 cosa

che non avviene ancora per alcuni porti, specialmente per quelli Olandesi. In due giornate di incontro / confronto, le due Associazioni hanno determinato di avviare una sinergia tra loro adottando un’interfaccia comune al fine di arricchire le rispettive piattaforme con dati validati ed aggiornati in tempo reale, cosa risultata di grande interesse per il comparto armatoriale e che sicuramente porterà ad un’importante partnership europea. Roberto Medina

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infrastrutture / porto&diporto

Porto di Civitavecchia traffici in costante crescita N

el primo quadrimestre del 2016 il traffico merci nel Network dell’Autorità Portuale di Civitavecchia – Fiumicino - Gaeta è cresciuto del 5%, rispetto allo stesso periodo del 2015, con un volume di 5,450 milioni di tonnellate (280 mila tonnellate in più movimentate). L’incremento è determinato principalmente dal traffico di merci secche, pari a 3,640 milioni di tonnellate (+7% pari a +250 mila ton.), mentre le merci liquide crescono dell’1% (+25 mila ton.) per un totale di 1,818 milioni di tonnellate. Notevole l’incremento (+43%) del porto di Gaeta (+270 mila tonnellate); positivo anche Civitavecchia con il 4% di merci in più movimentate (+130 mila ton.). In particolare, tra le merci secche crescono dell’11% le rinfuse solide (+204 mila ton.), mentre le altre merci secche in colli si incrementano del 3% (+47 mila ton.), le prime pari a complessivi 2,1 milioni di tonnellate, le seconde pari a 1,550 milioni di tonnellate. Tra le rinfuse solide in crescita principalmente il carbone (+4%), le altre rinfuse solide (+15%), i prodotti chimici (+37%), i prodotti metallurgici (+43%) e i minerali grezzi, cementi e calci (+210%). Tra le merci secche in colli aumentano dell’8% le merci in contenitori e del 3% le merci in modalità RORO. Nel porto di Civitavecchia si registra una crescita del 36% delle merci liquide (+51 mila ton.) e del 2% delle merci secche (+80 mila ton.). Tra le merci secche crescono dell’1% le rinfuse solide e del 4% le merci secche in colli, le prime pari a complessivi 1,810 milioni di tonnellate, le seconde pari a 1,524 milioni di tonnellate. “Il primo quadrime-

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Pasqualino Monti stre del 2016 conferma ulteriormente il trend di crescita del porto di Civitavecchia e del network dei Porti di Roma e del Lazio – sottolinea Pasqualino Monti, Commissario Straordinario dell’Autorità Portuale di Civitavecchia - La crescita si è verificata per tutte le categorie merceologiche – spiega Monti – in particolare per il traffico legato alle auto nuove che ha fatto di Civitavecchia il polo dell’automotive, confermando l’avvedutezza delle nostre scelte per quanto riguarda gli investimenti in nuove infrastrutture e gli accordi commerciali che si sono tradotti in incremento di traffici e nuovi posti di lavoro”. Tra le rinfuse solide stabile il carbone, in crescita del 38% i prodotti metallurgici, in controtendenza rispetto al biennio 2014/15. Tra le merci varie in colli crescono tutte le categorie: +8% le merci in contenitore, +3% i rotabili e +26% la categoria altro.

Container. Crescono del 3% anche i TEU movimentati, in particolare i pieni (+7%). Confermati anche i segnali di ripresa del traffico di linea: il numero dei passeggeri, infatti, aumenta del 13%. Ancora in flessione rispetto al primo quadrimestre del 2015 il traffico crocieristico (-9%), ma già il mese di aprile ha fatto registrare una ripresa del 7% rispetto all’anno scorso e la previsione per il 2016 rimane positiva, con un aumento di passeggeri stimato intorno al 2%. Cresce del 33% anche la categoria “automezzi”, incremento dovuto essenzialmente al traffico commerciale di autovetture nuove (+ 115%). Sono state, infatti, 82.431 le auto movimentate nel porto di Civitavecchia a fronte delle 38.349 del 2015. Significativo il dato registrato nel mese di aprile, pari ad un +85%, (26.582 contro 14.335), considerato che nello stesso mese dell’anno precedente era già attivo il nuovo traffico automotive di Grimaldi Group con il Nord America relativo all’export di vetture FCA. Importante inizio anno per il porto di Gaeta che, con 888 mila tonnellate complessive, fa registrare un incremento del 43% (+20% le merci liquide, pari a 582 mila tonnellate e +129% le merci secche, pari a 303 mila tonnellate). Si sottolinea, in particolare, la crescita del 187 % delle rinfuse solide (+184 mila ton.), legata principalmente alla ripresa del traffico di carbone (+67 mila ton.) e quella di tutte le altre categorie merceologiche: prodotti chimici (+83%), prodotti metallurgici (+105%), minerali grezzi cementi e calci (+317%), altre rinfuse solide (+25%). Red Mar


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infrastrutture / porto&diporto

Portualità lagunare al bivio “si accettano scommesse” “S

Agenti, mediatori marittimi e imprese di spedizione: 70° anniversario

i può costruire solo collaborando assieme verso traguardi condivisi”. E’ questo il rinnovato, comune impegno dell’associazione tra Agenti Marittimi e Raccomandatari con quella tra Imprese di Spedizione del Veneto dichiarato nella relazione congiunta dei due presidenti Alessandro Santi e Andrea Cosentino al 70° anniversario della fondazione delle due entità celebrata a Ca’ Vendramin Calergi, la prestigiosa sede del Casinò veneziano. Dalla corposa relazione, dalle sue sette pagine fitte di “numeri” e di “storia”, si evince come i presidenti delle due associazioni tentino un confronto simmetrico tra lo scenario che si presentava al porto nell’immediato dopoguerra e quello dei giorni nostri: un

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complicato bivio che riguarda il futuro di tutta la portualità veneziana nei suoi tre settori, quello commerciale, quello industriale e quello crocieristico. “Un bivio che impone delle scelte importanti e chiare per decidere che direzione intraprendere, una decisione da cui dipenderanno investimenti e cambiamenti, sociali ed economici, scelte che non possono più essere rimandate come spesso abbiamo visto accadere, specie negli ultimi anni. La nostra richiesta, non ulteriormente procrastinabile, alle autorità preposte è che vengano quindi trovate in tempi brevi e certi soluzioni definitive, superando l’imbarazzante immobilismo decisionale che sta dilapidando il patrimonio portuale di Venezia”. Basterebbero queste affermazioni

per capire la grande difficoltà in cui si trovano oggi gli imprenditori del comparto che tuttavia, come si legge nella relazione, si schierano col presidente dell’Autorità Portuale Paolo Costa per la realizzazione del progetto VOOPS, cioè del sistema offshore/onshore di cui peraltro, almeno per il momento non v’è alcuna certezza per la sua realizzazione così come sulle tempistiche di inizio lavori e loro durata. “Nel frattempo sono stati impegnati investimenti di denaro su progettazione, costruzione di prototipo “Mama Vessel” e ora lancio del bando di gara per il progetto. Il rischio è che se il progetto non venisse approvato, non solo il porto di Venezia sarà un porto condizionato, ma lo sarà anche senza che le garanzie di accessibilità nautica, collegate al


progetto MOSE, siano state perseguite e sviluppate”. Per quanto riguarda la crocieristica “nel totale stallo decisionale, che dura oramai da quattro anni, sulla possibilità di continuare ad accedere al porto passeggeri e le varie ipotesi di un suo spostamento in un’altra area, si sta creando un enorme danno al settore e di riflesso a tutta la filiera delle attività che le ruotano attorno. Le compagnie di navigazione, infatti, nell’incertezza sui limiti futuri di accessibilità del porto veneziano, iniziano a spostare su altri scali le proprie navi”. Si è passati da 1,85 mln nel 2013 a 1,55 mln di passeggeri nella previsione 2016 quindi -20% rispetto all’anno record solo a Venezia, ma va sottolineato che questo ha comportato una diminuzione dei passeggeri anche in tutti i porti Adriatici e che la qualità delle navi che oggi arrivano a Venezia (più piccole e vecchie) per la scelta volontaria delle compagnie di crociera di limitare le dimensioni delle navi in transito, comporta minor appeal per i passeggeri e quindi minor occupazione delle navi e minor capacità di spesa del cliente medio. Parlando invece delle possibili soluzioni, sono state proposte da più parti decine di progetti e varianti ai progetti, in parte sviluppati fino a diventare presentabili alle commissioni VIA (come Contorta, Venis 2.0, Tresse). Fiumi di parole sono state usate per difendere

una soluzione piuttosto che un’altra, ricorsi e contro ricorsi sono stati predisposti con il solo effetto di aumentare l’incertezza e la totale non prevedibilità di una soluzione condivisa a breve o medio periodo. “Noi chiediamo scelte immediate che risolvano i problemi di accessibilità nautica, vogliamo delle scelte chiare sul periodo transitorio in attesa della realizzazione della via di accesso che verrà individuata e vogliamo che si incardini nell’ambito del nuovo PRP la o le soluzioni di lungo periodo da cui dipenderà il futuro della crocieristica”. Dopo aver ricordato le varie performance del “porto immateriale” cioè di quei positivi processi amministrativi che, nati dalla collaborazione di Autorità Portuale, Agenzia delle Dogane, Capitaneria di Porto, Guardia di Finanza, Sanità Marittima, Uffici immigrazione, Servizio Veterinario e servizio Fitosanitario, hanno aiutato a crescere l’operatività e la competitività del porto, i due Presidenti concludono: “L’auspicio è che fra altri 70 anni, nel 2086 chi dopo di noi celebrerà magari proprio in queste splendide sale l’anniversario, possa guardare a questi anni come quelli in cui si sono fatte le scelte giuste, e possa illustrare, probabilmente con qualche, per ora impensabile, aggeggio elettronico, il ruolo di eccellenza a livello europeo del Porto di Venezia oltre, magari, a descrivere le grandi opere infrastrutturali come Mose, il Porto offshore e il canale delle

Tresse con la stessa meraviglia e stupore con le quali noi leggiamo oggi dei grandi interventi che nei secoli scorsi fecero serenissima la Repubblica di Venezia”. Quale attento interlocutore del mondo portuale, non solo adriatico, non posso non osservare come in questo “documento” che potrebbe rappresentare lo stato dell’arte delle tante, troppe problematiche attinenti allo sviluppo della portualità lagunare, non si sia fatto alcun cenno né ai collegamenti infrastrutturali dei porti di Venezia e Chioggia ai propri hinterland né ad una loro probabile, futura sinergia, né a quello che riteniamo più importante, alla formazione di nuove professionalità nel mondo del trasporto, vero obiettivo da raggiungere per dare continuità al lavoro portuale. Si notano invece i tanti elementi riportati in una “scrittura” a più mani tra le quali quelle di chi responsabilmente avrebbe invece istituzionalmente dovuto affrontare e risolvere quella “situazione di stallo” denunciata nella relazione. Il timore è che quel “bivio”, giustamente descritto dai due presidenti, rappresenti invece un vero e proprio “labirinto” in cui si perdono tra promesse e sorrisi di circostanza, progetti e realizzazioni, ma soprattutto certezze per dare alla portualità lagunare un proprio specifico ruolo in quel più vasto “range” sistemico che l’Europa ci chiede. Evidentemente i problemi di agenti marittimi e imprese di spedizione dell’area veneta riguardano le problematiche del quotidiano, queste sì lontane mille miglia da quanto invece si ipotizza, in una visione sempre più europea, sia nell’accidentato percorso del NAPA che nelle nuove linee normative previste nella futura legge Delrio. Dunque basterà “l’impegno a collaborare verso traguardi condivisi delle due associazioni “a superare lo stallo che caratterizza in questi ultimi anni il futuro del porto quando ad ottobre il presidente Costa lascerà l’Autorità Portuale (o quella di sistema?), quando alla luce della Riforma ben poco potranno fare quelle associazioni che non saranno più presenti come oggi avviene nell’attuale Comitato Portuale né nella Consulta? Quando ogni prospettiva è dubbia e, guarda caso, quando il 70° Anniversario delle Associazioni si è tenuto nella Casa da gioco di Venezia dove convivono calcolo, fortuna, probabilità e – passatemi il termine - anche “sfiga”, non ci resta che dire, senza giocare d’azzardo: “Per il futuro della poco serenissima portualità dogale, da oggi in poi si accettano scommesse”! Massimo Bernardo

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infrastrutture / porto&diporto

Porto di Salerno, sviluppo commerciale e turistico

Approvato dal CIPE il Progetto di Riqualificazione dell’intero Molo Manfredi - Nuovo Piano Regolatore del Porto Commerciale

E’

stato approvato dal CIPE il Progetto di € 6.600.000,00 per la Riqualificazione del Molo Manfredi di Salerno, un intervento volto a completare l’assetto delle importanti trasformazioni urbane in corso nell’area che si appresta a diventare la nuova porta a mare della città di Salerno. Dopo la recente inaugurazione della nuova Stazione Marittima, progettata dall’architetto Zaha Adid, ed il prossimo completamento del Crescent e di Piazza della Libertà, l’area del Molo Manfredi, acquisisce, nelle logiche di sviluppo territoriale poste in essere dall’Autorità Portuale e dal Comune di Salerno, una rinnovata centralità che va ben al di là di quelle ascrivibili alle sole dinamiche portuali. La Stazione Marittima, il progetto di riqualificazione del Molo Manfredi ed il futuro ulteriore prolungamento dello stesso fino al Molo di sopraflutto, previsto nel nuovo Piano Regolatore del Porto, con un conseguente allungamento per oltre un chilometro del Lungomare, hanno la finalità di sviluppare il comparto della crocieristica mediante la predisposizione di una banchina interamente dedicata all’accoglienza delle navi da crociera, in modo tale da offrire l’accesso, al Porto di Salerno, nel circuito degli scali crocieristici più esclusivi del Mediterraneo ed alle opportunità di sviluppo che da esso deriveranno. L’area si appresta ad ospitare, per adesso, infatti, fino a 150 navi da crociera all’anno per un totale di circa 500.000 crocieristi, ponendosi dunque come il trait d’union tra il mare e la terra ferma, tra il nuovo Polo Crocieristico ed il centro storico. Il cuore dell’intervento di riqualificazione del Molo è l’area che si dispiega tra la Stazione Marittima e l’ingresso del Porto, attualmente destinata prevalentemente a parcheggio. Il progetto, re-

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alizzato dallo Studio Archteam Adinolfi Associati, ricerca la massima armonia con le nuove opere, di cui si leggono gli elementi chiave, e, contemporaneamente, raccoglie e valorizza le tracce del passato del Molo Manfredi, ancora leggibili sul “palinsesto territoriale”, come gli atavici percorsi carrabili in basalto, al fine di far riaffiorare in superficie le vecchie identità che raccontano il genius loci dell’area per accostarle alle nuove identità che nell’intorno si stanno inserendo. Il nuovo spazio, che si integra con gli elementi progettati dal Comune di Salerno ed in corso di ultimazione, è concepito come un ambiente in cui l’utente possa sentirsi a proprio agio ma che contemporaneamente possa essere letto con facilità al fine di indirizzare i flussi turistici senza destare disorientamenti o confusione. L’organizzazione dell’area è stata immaginata nell’ottica della flessibilità ed atta a favorire la convivenza tra i vecchi ed i nuovi usi previsti. A tale scopo, parte dell’area

ospiterà uno spazio espositivo permanente finalizzato alla promozione della ceramica locale quale prodotto d’eccellenza e rappresentante l’artigianato locale, mentre l’impostazione dell’intero spazio sarà tale da consentire la localizzazione di strutture per eventi e manifestazioni attinenti il rapporto tra la città e il mare. Il progetto prevede altresì l’inserimento di “Ombre d’Artista”, aree d’ombra mediante l’impiego di installazioni amovibili al fine di creare zone protette ed ombreggiate fruibili dai turisti diretti verso la città e dai salernitani a passeggio in un’altra oasi urbana. Le installazioni fungeranno da piccole folies visibili da più punti di vista e da diverse distanze, che si collocano a ridosso dei percorsi preferenziali verso i diversi punti di interesse della città. Intanto, durante la riunione dello scorso maggio il Comitato Portuale, presieduto dal Presidente dell’Autorità Portuale Andrea Annunziata, ha discusso ed approvato il Nuovo Piano


Regolatore Portuale 2016. L’Organo collegiale ha unanimemente condiviso ed adottato l’importante documento, il cui complesso iter di formazione, adozione ed approvazione è stato coordinato dal Segretario Generale dell’Autorità Portuale di Salerno, Dr. Luigi Di Luise. Il risultato raggiunto dal “Gruppo di lavoro” costituito dai rappresentanti dell’Autorità Portuale di Salerno e del Comune di Salerno, rappresenta la sintesi di una perfetta cooperazione e collaborazione istituzionale che potrà, ora, proseguire con le ulteriori attività finalizzate al perfezionamento della procedura amministrativa. Si è dato l’avvio dei lavori all’inizio del 2014. Due sono state, da allora, le Delibere portate al parere del Comitato Portuale, rispettivamente nel mese di maggio e nel mese di settembre dello stesso anno e, da ultimo, con Delibera n. 23 del 21 aprile u.s., il Consiglio Comunale di Salerno ha formalizzato la sua approvazione. Le finalità e gli obiettivi principali del Nuovo Piano Regolatore Portuale sono, in estrema sintesi, i seguenti: a) Razionalizzazione dello specchio acqueo portuale e delle aree operative, ai fini dell’ormeggio delle unità navali e dello stoccaggio e movimentazione delle merci. Ai fini del Piano, l’ambito portuale è stato suddiviso in 6 “aree territoriali omogenee”.

b) Aumento - pur nell’ambito dei limiti fisici dello specchio acqueo portuale – della capacità di ormeggio dello scalo marittimo. Il documento programmatico prevede infatti: - il raddoppio del Molo Manfredi - l’ampliamento ed il prolungamento del Molo Ponente - l’ampliamento del Molo Trapezio - l’ampliamento del Molo 3 Gennaio c) Razionalizzazione ed accorpamento degli ormeggi delle unità navali dei servizi tecnico-nautici. In testata della futura configurazione del Molo di Ponente è stata prevista una darsena di servizio da destinare alle unità navali in uso ai servizi tecnico-nautici. d) Miglioramento delle condizioni di sicurezza della navigazione in ambito portuale. Il Piano prevede in Testata Molo sottoflutto, nelle immediate adiacenze della darsena di servizio, la realizzazione di una torre di controllo per i piloti. Tale infrastruttura, unitamente all’allargamento dell’imboccatura (intervento peraltro già appaltato), garantirà un ulteriore aumento della sicurezza della navigazione in Porto con specifico riferimento alle manovre di ingresso ed uscita delle navi. e) Completamento e perfezionamento del processo di integrazione porto/ città. Cosiddetta Vecchia Darsena e

Banchina Manfredi. Il documento di programmazione, per la Vecchia Darsena, esclude le attività direttamente riconducibili all’ormeggio di unità navali e/o alla movimentazione di merci, confermando nel contempo lo svolgimento di quelle attività che hanno sempre avuto sede in quel sito (pesca, attività sportive, diporto e piccola cantieristica). Nel contempo il Molo Manfredi (Nuovo Polo Crocieristico), già nell’attuale configurazione, ma ancor di più nella futura, rappresenta la cerniera tra il porto e la città. Per tali ambiti, ovvero la cosiddetta Vecchia Darsena e l’area Polo Crocieristico, il piano ha confermato il ricorso all’istituto della co-pianificazione tra Autorità Portuale e Comune di Salerno. Come già ampiamente descritto sopra, con un allungamento di circa 700 ml per 50 ml di larghezza, il Molo Manfredi occuperà, in totale, una lunghezza di circa 1350 m, diventando un vero e proprio prolungamento del lungomare di Salerno, impreziosito dalle ombre d’artista, da giardini e da importanti testimonianze dell’artigianato locale, quale la pregiata ceramica. Con il gioiello realizzato da Zaha Hadid, il Polo Crocieristico consentirà di ormeggiare fino a cinque navi, con una previsione di oltre diecimila turisti al giorno. Cosimo Brudetti

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infrastrutture / porto&diporto

Fin che la barca va… devi lasciarla andare?

Fatti e misfatti emergono clamorosi dal dogale “Vaso di Pandora”

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uanto c’azzecca il mitologico “Vaso di Pandora” in quello scrigno di progetti e di iniziative imprenditoriali che in questi ultimi mesi agitano la laguna di Venezia, la Città, il suo porto, il suo aeroporto con la realizzanda sua seconda pista e l’ampliamento dell’aerostazione e i parcheggi, Portomarghera con l’offshore/ onshore di Paolo Costa, i tanti eventi annunciati da Expo Venice mai realizzati come Yachting in Venice per la promozione di quel secolare rapporto che lega la Serenissima al suo mare e al suo hinterland? Credetemi, c’azzecca (!), per tutti quei tasselli di quel più vasto, ancorché opaco, mosaico che, agli occhi dell’attento osservatore, sembrano avere alle spalle un’unica grande regia, più orientata a sviluppare interessi privatistici piuttosto che pubblici, garantendo così, a soli pochi eletti, rendite di posizione, nel tempo, troppo spesso inalienabili. Dunque aprendo il citato “Vaso di Pandora” si scopre, nell’alchemico, maleodorante, “panettone” del suo contenuto, l’intricata vicenda della Venezia Terminal Passeggeri (VTP) oggi in balia di uno tsunami di ricorsi e controricorsi così come di oscure manovre d’alto bordo che richiedono, come dichiarato dallo stesso Davide Zoggia, assoluta chiarezza: “Le notizie che stanno girando sulla cessione delle quote di Vtp da parte di Veneto Sviluppo sono inquietanti. A questo punto sarebbe meglio che il presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia, intervenga e verifichi se davvero c’è o c’è stato un patto segreto tra le più grandi compagnie di crociere, Save e Veneto Sviluppo. Se così fosse sarebbe grave. Questo è un

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Da destra Paolo Costa e Luigi Brugnaro settore strategico non solo per il Veneto ma per tutto l’Adriatico, una risorsa nazionale. C’è grande confusione su questa scelta della finanziaria regionale, a partire dall’utilizzo di un canale per le navi di ultime generazione (quale?), all’impiego di ipotetiche aree di Porto Marghera. Su questi aspetti forse gli Enti Locali e la stessa Regione dovrebbero avere un ruolo. Spero che Zaia ne sia consapevole”. Ma in fronte alla Marittima, stavolta nell’immediata terraferma, a far notizia è il progetto di Porta di Venezia, proprio all’imboccatura del ponte translagunare, che fa capo a società dell’attuale Sindaco Brugnaro, già presidente di Assindustria Venezia. Un grande progetto a suo tempo già approvato dall’amministrazione comunale ma, per ora, “congelato” per evitare conflitti di interesse.

Tale convenzione prevede infatti la possibilità di realizzare nell’area dei Pili parcheggi a cielo aperto per circa 460 posti-auto con relative attività commerciali e ricettive annesse, in cambio della cessione di una porzione di spazio a titolo gratuito per consentire il passaggio della nuova pista ciclabile nel tratto che va dal sottopasso del Parco Vega al Ponte della Libertà. L’accordo, di carattere provvisorio, ha una durata di sette anni, ma è già previsto nella convenzione che possa essere prorogato. La destinazione precedente dell’area era invece a verde pubblico. Brugnaro aveva acquistato dal Demanio anni fa le aree - circa 40 ettari - per 5 milioni di euro e la sua idea iniziale era di far nascere nella zona un palasport da 10 mila posti disponibile non solo per eventi sportivi, ma anche


culturali e ludici. Ma l’idea non si era mai tradotta in realtà anche per la complessità della sua realizzazione nonché per i problemi e i costi legati alle bonifiche degli inquinatissimi terreni. Ma l’opposizione insorge per una scelta che non convince tacciando il Sindaco di conflitto di interessi “dovendo egli bloccare qualsiasi iniziativa imprenditoriale che possa configurarsi come conflitto di interessi tra imprenditore e amministratore , proprio per la sua carica di Sindaco”. Per Nicola Pellicani della Lista Casson all’opposizione: «Il conflitto di interessi è evidente, al di là delle intenzioni del sindaco e della sua buonafede e lui non può posticiparlo nel tempo, quando sarà tornato un imprenditore. Deve cedere quei terreni e rinunciare alla costruzione dei parcheggi, con un atto a suo vantaggio che viene comunque approvato da un’Amministrazione che lui dirige». Sempre in quella parte di perimetro lagunare è però recentemente sorto dal nulla il grande e polivalente capannone di Condotte S.p.a. e di una società di Enrico Marchi, attuale presidente di SAVE che gestisce l’aeroporto Marco Polo, il terzo gate intercontinentale, che, dopo aver ospitato il flop di Aquae (n.d.r. manifestazione connessa all’EXPO di Milano), avrebbe dovuto rappresentare la testa di ponte dello Yachting in Venice, il “salone nautico diffuso” naufragato anch’esso come Aquae e come pare stia accadendo per ExpoVenice società, tra le altre, partecipata, oltre che da enti pubblici e da associazioni di categoria, anche da VTP Events, che, con UCINA e I Saloni Nautici, avrebbe dovuto realizzare la kermesse nautica internazionale con l’appoggio incondizionato del Sindaco Brugnaro che l’aveva ufficialmente annunciata in pompa magna a Ca’ Farsetti . Al momento però, tra ExpoVenice che aveva affittato l’immobile da Condotte s.p.a. con un contratto di 12 anni mai onorato e i tanti suoi vecchi e nuovi chiacchierati partners o delusi espositori regna sovrano l’intricatissimo, perfetto caos, animato da cause legali e denunce. Per farla breve, siamo di fronte ad un’arena di incazzati neri che lanciano strali e chiedono giustizia, rimborsi, trasparenza ma soprattutto la, o le teste, di quei responsabili che, in pochi mesi, hanno saputo produrre un buco di bilancio plurimilionario che appare, al momento, difficilmente sanabile malgrado le architetture finanziarie proposte dall’amministratore unico Giuseppe Mattiazzo, tristemente determinato a non portare i libri contabili in tribunale. Ma scava, scava, dal veneziano “Vaso di Pandora” riemerge anche con forza l’ormai annoso problema del col-

legamento acqueo della Marittima alle bocche di porto per le grandi navi da crociera, progetti ancora in forse tra le tante ipotesi presentate tra le quali il Contorta-Sant’Angelo e il canale delle Tresse-Vittorio Emanuele nel quale si è saldamente consolidato il binomio Costa-Brugnaro nell’appoggiare questa seconda ipotesi che, di fatto, contrastando il progetto della Duferco- de Piccoli alla bocca di porto del Lido, potrebbe anche “agevolare” la realizzazione di un nuovo terminal per grandi navi a Portomarghera, proprio nelle aree vicinissime a quelle proposte dal progetto di Porta di Venezia del sindaco Brugnaro e di quelle dov’è ubicato il capannone di Condotte S.p.a. Dunque un patto d’acciaio tra Comune e Autorità Portuale, così com’è quello dell’incontenibile, euforico sostegno di Brugnaro a Palo Costa per la realizzazione della piattaforma logistica offshore in alto mare e dell’onshore nelle aree industriali già acquisite dall’Autorità Portuale a Portomarghera, Dunque, tirando le somme, è evidente che si è di fronte ad un “master plan” di “grande respiro per una grande Venezia “proprio quando, però, ironia della sorte, si

sta indicendo il referendum per dividere il comune in due: quello di Venezia da una parte e quello di Mestre dall’altra mentre è già nata la Città Metropolitana di Venezia di cui Brugnaro è Sindaco e della quale fanno parte molti comuni dell’ex Provincia. A questo punto ci viene naturale chiederci chi sia e se esista davvero l’illuminato regista di queste colossali iniziative destinate a stravolgere l’attuale situazione oppure se si tratti di pure, fantasiose enunciazioni per riempire di pura autoreferenzialità le spesso opache pagine di cronaca dei quotidiani locali. Col detto di manzoniana memoria, “Ai posteri l’ardua sentenza”, commentano in Città i soliti qualunquisti “invisibili”, mentre più misfatti che fatti, dal “vaso di Pandora” emergono, esondano e coinvolgono, irritandola, quella parte di pubblica opinione che da sempre sa e vuole saper distinguere tra la buona e la cattiva politica, tra la giustizia sociale e il suo contrario ma che è certamente e dichiaratamente ostile e reattiva al famoso ritornello che recita ... Fin la barca va, lasciala andare! Massimo Bernardo


diritto / porto&diporto

Adriatic Maritime Law Conference

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o scorso maggio si è tenuta nella suggestiva località di Portorose in Slovenia una conferenza internazionale dal titolo “Adriatic Maritime Law Conference” organizzata dall’associazione slovena di diritto marittimo congiuntamente all’associazione italiana diritto marittimo (AIDIM), e dall’associazione di diritto marittimo Croata con la collaborazione della Law Society (consiglio dell’ordine) locale. Il seminario, tenutosi nelle date dal 26 al 28 maggio scorsi, ha avuto come tema centrale il Mare Adriatico e le attività portuali e del commercio marittimo che si svolgono su tale versante. Professori universitari, avvocati marittimisti, esperti di diritto ed economia marittima dei tre Paesi coinvolti nell’organizzazione del seminario si sono confrontati sui maggiori temi di interesse nel settore dello shipping, ed hanno scambiato idee tracciando la prima parte di una lunga rotta verso future collaborazioni professionali e di studio. La prima giornata di conferenze è stata dedicata inizialmente a tracciare un quadro generale sui temi di maggiore interesse ed attualità nel settore dello shipping, con approfondimento sui maggiori case law della corte di Giustizia europea delineati con estrema chiarezza e capacità oratoria da un Giudice della stessa Corte. Successivamente, nella sessione dedicata ai porti i relatori si sono soffermati sulle normative degli Stati di loro

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appartenenza e della normativa europea evidenziando, nella seconda parte del pomeriggio, le modifiche alla legge sui porti italiani, ed il regime e le capacità di produrre ricchezza economica dei porti italiani, sloveni e croati. La seconda giornata di conferenza, in cui ampio spazio è stato dedicato ai giovani relatori rappresentanti delle associazioni dei Paesi coinvolti, ha fornito ai presenti interessanti spunti di discussione sul tema dell’offshore in Adriatico; dopo una minuziosa analisi delle normative applicabili a detto delicato settore, sono state delineate potenzialità economiche e rischi ambientali legati alla trivellazione in un’area di mare chiuso come l’Adriatico e ampio dibattito si è sviluppato in merito alle responsabilità degli operatori del settore nonché alle questioni assicurative correlate a detto tipo di attività su cui è stata evidenziata la carenza di un chiaro quadro normativo. Infine, nella ultima parte del convegno, culminato nella data del 28 maggio con una visita del porto di Koper, si sono passati in rassegna gli studi che le associazioni di diritto marittimo stanno svolgendo all’interno del CMI (Comite Maritime International) in cui rivestono un ruolo attivo e determinante allo scopo di creare un diritto marittimo unificato. La conferenza è stata inoltre occasione per siglare tra le associazioni di diritto marittimo Italiane, slovene e croate un accordo di reciproca collabo-

razione. “Fondata nel 1899, tra le più antiche delle associazioni nazionali di diritto marittimo facenti parte del CMI, l’associazione intergovernativa che le raggruppa e che ha quale scopo statutario il perseguimento dell’uniformità del diritto marittimo attraverso strumenti internazionali quali convenzioni o linee guida o leggi modello, è stato appunto formalizzato a Portorose in seguito ad intese intervenute al riguardo tra i presidenti delle tre associazioni, poi ratificate dai rispettivi comitati direttivi. Si è inteso, infatti, formalizzare gli intendimenti, espressi lo scorso anno in occasione di altro convegno tenutosi a Lussinpiccolo in Croazia, volti a perseguire una comune attività di studio e ricerca miranti alla tutela e alla protezione dei traffici marittimi, dell’ambiente e della sicurezza della navigazione nell’ambito del Mare Adriatico. L’intento, che è programmato coinvolgere altri paesi che si affacciano su tale mare, vuole peraltro estendersi a tutto il Mediterraneo e verranno quindi interessate tutte le associazioni nazionali di diritto marittimo ivi esistenti. Al proposito verranno avviati gli opportuni contatti e l’ intenzione è di programmare convegni e tavole rotonde su temi di interesse comune afferenti il Mediterraneo” così ha commentato Giorgio Berlingieri, Presidente AIDIM. Associazione Italiana Diritto Marittimo


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economia / porto&diporto

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l passeggero che il 1° gennaio 2017 si imbarca sul traghetto che lo porta da Napoli a Palermo avrà la piacevole sorpresa di vedersi riconosciuti gli stessi diritti che, fino al giorno prima, erano riservati al passeggero delle navi che fanno viaggi internazionali. Devo subito chiarire che il passeggero, se pensa di dover ringraziare il nostro legislatore, sbaglia di grosso. Nell’arco degli ultimi quaranta anni, il nostro legislatore ha manifestato un costante disinteresse sul tema della responsabilità del vettore marittimo e della corrispondente tutela del passeggero. Il trasporto marittimo di persone, sia nazionale che internazionale, è rimasto disciplinato dal Codice della Navigazione il quale prevede un limite di responsabilità per i danni al bagaglio ma non per quelli al passeggero. Ciò sul presupposto che il limite per i danni al passeggero, previsto dalle convenzioni internazionali, fosse iniquo e in contrasto con il dettato costituzionale. In mancanza di un limite di responsabilità, al vettore marittimo, se e in quanto armatore, restava però il beneficio della limitazione del debito. Sennonché, al vettore è stato sottratto anche il limite del debito armatoriale dopo che il legislatore, distratto oltre che pigro, pensando erroneamente che fosse stata ratificata la Convenzione LLMC sulla limitazione in materia di crediti marittimi, con conseguente nuova disciplina del diritto alla limitazione, ha abrogato la normativa codicistica sulla limitazione del debito per le navi di stazza lorda superiore alle 300 tonnellate. Nel lontano 1974 era stata approvata la Convenzione di Atene relativa al trasporto via mare dei passeggeri e del loro bagaglio. Per i danni al passeggero il limite di responsabilità era di 175.000 unità di conto pari agli attuali 200.000 euro. Questo limite fu ritenuto inadeguato ed anche per questo motivo la Convenzione rimase al palo. Gli avvenimenti della Moby Prince (1991) e dell’Estonia (1994) diedero voce alla richiesta di una più efficace tutela del passeggero creando in tal modo le condizioni per la revisione della Convenzione. I punti in discussione sono numero-

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diritto / porto&diporto

La Convenzione di Atene sulle navi di Classe A

si e sostanziali. Il principale riguarda l’adeguamento del limite di responsabilità. Gli Stati membri del Nord Europa chiedono che il limite sia portato a 500.000 diritti speciali di prelievo. La mediazione della Danimarca e dei Paesi Bassi consente di trovare l’intesa su un limite di 400.000 diritti speciali di prelievo. Ma il Protocollo arriva in porto molto più tardi e soltanto quando si realizza il consenso di tutti gli Stati membri sulla introduzione dell’assicurazione obbligatoria con un massimale di 250.000 dsp e dell’azione diretta del passeggero nei confronti dell’assicuratore. Il Protocollo è approvato in occasione della Conferenza Diplomatica tenutasi a Londra il 1° novembre 2002 con la partecipazione, mai verificatasi prima, della Commissione Europea. Nel 2003 la Commissione Europea propone agli Stati membri l’adesione della Comunità al Protocollo 2002 ma l’opposizione di Spagna e Regno Unito sulla posizione di Gibilterra impedisce la prosecuzione del dibattito in seno al Consiglio. Nel contempo, la lobby degli assicuratori è ancora una volta vincente e la mancata adesione della Comunità, in assenza del numero minimo di ratifiche, non consente l’entrata in vigore della Convenzione di Atene, emendata con il Protocollo 2002. A questo punto, la Commissione decide di prendere il pallino in mano e, allo scopo di introdurre almeno in ambito comunitario un regime uniforme di responsabilità, predispone una proposta di regolamento destinato a recepire la Convenzione di Atene, come emendata dal Protocollo 2002, unitamente ad alcune regole innovative. L’iter di approvazione è avviato nel 2005 ma, rimbalzando più volte tra Consiglio e Parlamento, veleggia tra secche e scogli per oltre quattro anni prima di avvistare il traguardo. Soltanto il 23 aprile 2009 il Regolamento 392/2009 riesce a gettare l’ancora in rada. Ma la clearance non è immediata e l’entrata in vigore del Regolamento è differita al 31 dicembre 2012. La grande novità è nell’ambito di operatività del Regolamento in quanto agli Stati europei è imposta l’adozione della Convenzione nel trasporto di passeggeri via mare anche all’interno di

ogni singolo Stato membro ed, altresì, nel trasporto internazionale e nazionale di passeggeri per vie navigabili interne. L’estensione del campo di applicazione è voluta in analogia con quella attuata per il trasporto aereo con il Regolamento CE 889/2002 che, recependo la Convenzione di Montreal, ne ha esteso la disciplina ai voli nazionali. In base al regime transitorio previsto dall’art. 11, gli Stati membri hanno la facoltà di differire l’applicazione del Regolamento 392/2009 fino al 31 dicembre 2016 per le navi di classe A e fino al 31 dicembre 2018 per le navi di classe B. L’Italia si è avvalsa di questa facoltà e pertanto il Regolamento sarà operativo dal 1 gennaio 2017 per le navi che fanno viaggi di cabotaggio oltre le 20 miglia dalla linea di costa (classe A). Per le navi abilitate al cabotaggio entro le 20 miglia dalla linea di costa (classe B), il Regolamento sarà operativo dal 1 gennaio 2019. Su queste premesse, possiamo ora illustrare al passeggero, imbarcatosi a Napoli sul traghetto Classe A che lo porterà a Palermo, gli aspetti salienti della normativa che, dal 1° gennaio 2017, disciplina la responsabilità del vettore nella malaugurata ipotesi di danni alla sua persona ed al bagaglio che ha a bordo. Il Regolamento, recependo la disciplina della Convenzione di Atene, individua, con riferimento ad un unico evento dannoso, un duplice titolo di responsabilità: fino ad un determinato importo, la responsabilità è quasi oggettiva; oltre tale importo la responsabilità diventa colposa. E’ anche confermata la distinzione tra sinistro marittimo e sinistro non marittimo, ricomprendendo nel primo il naufragio, il capovolgimento, la collisione, l’incaglio, l’esplosione o l’incendio a bordo e un difetto della nave. Quando il danno deriva da un sinistro marittimo, la responsabilità del vettore viaggia sulla cosiddetta two tier liability, già prevista nella Convenzione di Montreal per il trasporto aereo. Per il danno non superiore a 250.000 dsp la responsabilità è quasi oggettiva potendo essere vinta dal vettore soltanto con la prova che l’incidente è dipeso da atti di guerra, ostilità, guerra civile, insurrezione o da un fenomeno naturale di

carattere eccezionale, inevitabile o irresistibile oppure che è stato interamente causato da un atto o da una omissione intenzionale di un terzo. Se l’entità del danno supera i 250.000 dsp, la responsabilità del vettore diventa, per l’eccedenza e con il limite di 400.000 dsp, di tipo colposo e la responsabilità viene meno se il vettore prova che l’evento dannoso non è imputabile a sua colpa. Se il danno è subito dal passeggero per cause diverse da un incidente marittimo, il vettore ne è responsabile, qualsiasi sia l’ammontare del danno ma con il limite di 400.000 dsp, se l’evento è imputabile a sua colpa ma, in questo caso, è a carico del danneggiato la prova della colpa del vettore o dei suoi sottoposti. L’attuale conversione del Diritto Speciale di Prelievo è 1 dsp = 1.24 euro circa. Il limite di 400.000 dsp corrisponde pertanto a circa euro 496.000. La Convenzione di Atene, così come modificata dal Protocollo 2002 e recepita dal Regolamento, introduce l’obbligo per il vettore di sottoscrivere una assicurazione o altra garanzia finanziaria della sua responsabilità civile per i danni derivanti da morte o lesioni personali. Il massimale non può essere inferiore all’importo risultante dalla moltiplicazione del limite di 250.000 dsp per il numero dei passeggeri che la nave è abilitata a trasportare. Il traghetto in navigazione da Napoli per Palermo è abilitato a trasportare 1000 passeggeri e pertanto il massimale è di 250 milioni di dsp pari a circa euro 310 milioni. L’obbligo della copertura assicurativa è estesa ai rischi guerra e terrorismo e a bordo di ogni nave devono essere disponibili due certificati (blue cards), uno per la copertura della responsabilità civile e l’altro per la copertura dei rischi guerra e terrorismo. La Convenzione ha introdotto una ulteriore novità: l’azione diretta del passeggero nei confronti dell’assicuratore entro il limite di 250.000 dsp. La copertura assicurativa resta operativa con la relativa azione diretta anche nella ipotesi di fallimento o di messa in liquidazione del vettore assicurato ed, altresì, nel caso in cui il vettore sia decaduto dal beneficio della limitazione. In tutti i casi, il vettore decade dal

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nautica / porto&diporto

diritto di avvalersi dei limiti di responsabilità se il danneggiato prova che il danno è conseguente ad atti o omissioni commessi dal vettore con dolo o temerariamente con la consapevolezza che con ogni probabilità ne deriverebbe il danno. La congruità del limite e le regole innovative sul tema assicurativo, anche alla luce delle decisioni della Corte Costituzionale, non dovrebbero far sorgere dubbi sulla costituzionalità della Convenzione. Resta una perplessità: considerato che per il trasporto aereo la Convenzione di Montreal non ha previsto un limite di responsabilità, cosa giustifica l’introduzione del limite nel trasporto passeggeri via mare? Soltanto un breve accenno alla responsabilità del vettore in caso di perdita o danno al bagaglio. La responsabilità sussiste se l’evento dannoso è imputabile a colpa o negligenza del vettore con la precisazione che per il bagaglio consegnato spetta al vettore la prova della non imputabilità mentre, per il bagaglio a meno, la imputabilità deve essere provata dal passeggero. Il limite di responsabilità, per il bagaglio a mano, è di 2.250 dsp per passeggero e, per il bagaglio consegnato, è di 3.375 dsp per passeggero. Il nostro amico passeggero, nel frattempo, ha fatto amicizia con un cardiologo americano ed un giovane ingegnere pakistano. Cenano insieme nel ristorante del traghetto e più tardi, mentre il nostro amico decide di trattenersi per un drink, gli altri due passeggeri, volendo trasferirsi nella sala TV, utilizzano la scala mobile in discesa. A causa di un istantaneo stop, i due perdono l’equilibrio e precipitano rovinosamente. Purtroppo, il pakistano decede per trauma cranico mentre il cardiologo americano subisce gravi fratture degli arti superiori ed inferiori. Il cardiologo, durante la degenza in ospedale, pensa di aver già in tasca i 400.000 dsp convertiti in dollari e si chiede quanto potrà reclamare per i danni punitivi. Ricorda che una corte del Massachussets, in una causa promossa da un dipendente di impresa edile per un infortunio sul lavoro, aveva integralmente accolto la domanda risarcitoria per i danni patrimoniali quantificati in US$ 350.000 e, ritenuto

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l’evento imputabile a colpa grave del datore di lavoro, aveva riconosciuto l’ulteriore importo di US$ 7 milioni per danni punitivi. Il cardiologo è fuori strada in quanto l’art. 3.5.d) della Convenzione di Atene, in tema di responsabilità del vettore per i danni derivanti da morte o lesioni personali, chiarisce che il termine danni non comprende i danni punitivi o esemplari. Ma quali sono i danni punitivi o esemplari? Nel sistema di common law, la domanda risarcitoria può avere due distinte voci : compensatory damages e non compensatory damages (danni punitivi). Mentre i primi hanno la finalità riparatoria/risarcitoria, i secondi non riguardano la perdita subita dal danneggiato ma colpiscono economicamente il danneggiante, in base alla gravità della colpa ed alla sua capacità patrimoniale, come deterrente verso il responsabile e verso la collettività. Ricordo il caso di Mr. Gore che nel gennaio 1990 aveva acquistato un’auto BMW nuova pagando circa US$ 40.000. Dopo alcuni mesi, l’acquirente dava incarico a Mr. Slick di apportare varie migliorie all’auto e, con vivo stupore, veniva a sapere che l’auto risultava riverniciata. Convinto di essere stato ingannato, Mr. Gore citava la BMW e, assumendo che l’occultamento della riverniciatura fosse una frode, chiedeva il risarcimento di US$ 50.000 per il danno da riverniciatura nonché la liquidazione dei danni punitivi. In corso di causa si accertava che per politica aziendale, se il costo della riparazione dei danni alla carrozzeria rientrava nel 3% del prezzo, il concessionario BMW procedeva alla riverniciatura e vendeva l’auto come nuova tacendo l’informazione agli acquirenti. In virtù di questa politica aziendale, la BMW aveva venduto come nuove più di mille auto riverniciate. Il verdetto reso dalla giuria nel 1996 fece scalpore: la BMW fu condannata al pagamento di US$ 4.000 per il danno da riverniciatura e di ben US$ 4 milioni per danno punitivo on the determination that the nondisclosure policy constituted gross or malicious fraud. L’importo del danno punitivo era stato

calcolato dalla giuria moltiplicando il danno di US$ 4.000 per le mille auto che la BMW aveva riverniciato e venduto con la fraudolente politica aziendale. Il danno punitivo fu poi dimezzato dalla Corte Suprema dell’Alabama ma soltanto perché la giuria aveva punito la BMW anche per le auto vendute fuori della giurisdizione dell’Alabama. La speranza del cardiologo è, in ogni caso, destinata a naufragare in quanto in Italia il danno punitivo è stato bocciato senza appello dalla giurisprudenza: Non sono risarcibili i c.d. danni punitivi in quanto la loro funzione sanzionatoria contrasta con i principi fondamentali dell’ordinamento interno che assegna alla responsabilità civile una funzione ripristinatoria della sfera patrimoniale del soggetto leso ( Cass. 19.1.2007, n. 1183 ). Nel frattempo, la moglie del pakistano deceduto mi chiede un parere sulla responsabilità del vettore e sul ragionevole ammontare del danno da reclamare. L’art. 3.5.a) include tra i sinistri marittimi anche un difetto della nave e la successiva lettera c) precisa che per difetto della nave si intende qualsiasi malfunzionamento, guasto o non conformità alle regole di sicurezza applicabili in relazione a qualsiasi parte della nave o delle sue attrezzature utilizzata per la fuga, l’evacuazione, l’imbarco o lo sbarco dei passeggeri…… E’ ragionevole escludere che nella nozione di difetto della nave e quindi nella categoria dei sinistri marittimi possa rientrare il guasto della scala mobile. Non potendo quindi configurarsi una ipotesi di responsabilità quasi oggettiva del vettore, gli eredi del pakistano dovranno fornire la prova della imputabilità dell’evento dannoso a colpa o negligenza del vettore per poter poi chiedere il risarcimento dei danni entro il limite di 400.000 dsp. Per quanto riguarda la liquidazione dei danni, una volta accertata la colpa del vettore, sono risarcibili anche i danni non patrimoniali da perdita del congiunto. Poiché la quantificazione di tali danni è fatta in base ad indici tabellari (generalmente si ricorre alle tabelle utilizzate dal Tribunale di Milano), la richiesta risarcitoria non presenta


difficoltà richiedendo un mero calcolo aritmetico. Non posso, tuttavia, fare a meno di informare la moglie del pakistano che non è tutto così semplice come appare perché gli eredi del defunto sono pakistani e non italiani. Che vuoi dire, mi dice la donna, forse la vita di un pakistano vale meno di quella di un italiano? La domanda è scomoda ma non posso nascondere che sul punto vi è ampio contrasto nella giurisprudenza di merito e che anche la Corte di Cassazione si è pronunciata con decisioni contrastanti. Nello specifico, è stato affermato che anche allo straniero spetta il risarcimento dell’intero danno non patrimoniale dal momento che il risarcimento della lesione di un valore della persona umana è costituzionalmente garantito. Ma la Suprema Corte ha anche affermato il seguente principio: Nella determinazione equitativa del danno morale può tenersi conto anche della realtà socio-economica in cui vive il danneggiato al fine di adeguare a tale realtà l’importo che si ritiene dovuto ai fini riparatori del danno; ciò però presuppone la definizione di una somma di denaro assunta come equa per la riparazione del danno in base al potere di acquisto medio e la successiva ope-

razione di valutazione di corrispondenza di tale importo al particolare potere di acquisto del denaro nella zona in cui esso è presumibilmente destinato ad essere speso ( Cass. 14.2.2000, n.1637 ). Ricevo belle parole di ringraziamento per questo succinto ma doveroso parere ma poi la moglie del pakistano decide di affidarsi ad altro legale. Presumo che il parere sia stato giudicato un po’ razzista. Mi consolo sapendo che il mio amico passeggero è sbarcato a Palermo sano e salvo e con le regole della Convenzione di Atene nel bagaglio. P.S. E’ il 16 maggio 2016 e già da alcuni giorni ho inviato agli amici di Porto&Diporto la bozza di questa nota per la stampa. Nel primo pomeriggio il collega Marco Sannino mi informa che in mattinata la Prima Sezione della Corte di Cassazione ha depositato una ordinanza con la quale giudica opportuno un intervento delle Sezioni Unite sul tema della riconoscibilità delle sentenze straniere comminatorie dei danni punitivi. Ci affrettiamo a recuperare una copia dell’ordinanza per una veloce lettura della motivazione: …..In questa prospettiva, non dovrebbe considerarsi pregiudizialmente contrario ai valori essenziali della co-

munità internazionale (e, quindi, all’ordine pubblico internazionale) l’istituto di origine nordamericana dei danni non risarcitori, aventi carattere punitivo: una statuizione di tal genere potrebbe esserlo, in astratto, solo quando la liquidazione sia giudicata effettivamente abnorme, in conseguenza di una valutazione, in concreto, che tenga conto delle “circostanze del caso di specie e dell’ordinamento giuridico dello Strato membro del giudice adito……”. …..E’ dubbio, tuttavia, se la funzione riparatoria-compensativa, seppur prevalente nel nostro ordinamento, sia davvero l’unica attribuibile al rimedio risarcitorio e se sia condivisibile la tesi che ne esclude, in radice, qualsiasi sfumatura punitiva-deterrente….E, soprattutto, si dovrebbe dimostrare che la funzione del rimedio risarcitorio, attualmente configurato in termini esclusivamente compensatori, assurga al rango di un valore costituzionale essenziale e imprescindibile del nostro ordinamento….. L’ordinanza è molto articolata ed, esamina, tra l’altro, la progressiva evoluzione nell’interpretazione del principio di ordine pubblico. Merita certamente la massima attenzione degli addetti ai lavori. Avv. Bruno Castaldo

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youngship / porto&diporto

YoungShip Italia ed i giovani attori del rinnovamento

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l prossimo 30 giugno a Napoli, in occasione della Naples Shipping Week, l’associazione YoungShip Italia, che da pochi mesi ha rinnovato il proprio direttivo e pianificato le prossime iniziative, ha organizzato un incontro che riunirà, oltre ai giovani dello shipping italiani, diverse professionalità del mondo del mare sia italiane che straniere. La manifestazione, organizzata da ClickutilityTeam e dal Propeller Club Port of Naples, coinvolgerà l’intera città e terminerà con la grande Cena Mediterranea a Palazzo Reale, luogo simbolo di Napoli. Innovazioni tecnologiche, governance dei porti, autostrade del mare, sicurezza marittima, combustibili rinnovabili, nuovi mercati sono alcuni dei temi che saranno affrontati durante la NSW. La seconda edizione della Naples Shipping Week metterà in mostra le grandi capacità del Cluster marittimo napoletano e campano. La suggestiva location scelta per l’occasione, Bagno Elena in via Posillipo, compete in bellezza con il circolo Savoia sede della passata edizione di analogo evento organizzato dalle associazioni che riuniscono tra i propri associati i giovani che rappresentano il futuro dello shipping. “Anche quest’anno, come per la passata edizione, abbiamo deciso di investire energie ed entusiasmo per organizzare, unitamente ai Gruppi Giovani di Confitarma, Federagenti e Propeller Napoli, un momento di incontro e scambio all’interno della Naples Shipping Week evento immancabile per lo shipping italiano e straniero. Come per la passata edizione uniremo un momento formativo, nella prima parte del-

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Simona Coppola la serata, ad uno di network e di rilassatezza allo scopo di rafforzare i rapporti tra i giovani che saranno presenti e creare nuove sinergie. La vicinanza e la costante costruttiva collaborazione tra le nostre associazioni ci permette di realizzare iniziative come queste che riteniamo possano dare un valore aggiunto ai giovani che lavorano nel settore dello shipping ed essere punto di partenza per quelli che in esso desiderano affermarsi e mettersi in gioco” commenta Simona Coppola, Presidente di YoungShip Italia. Alberto Portolano, responsabile della formazione ed organizzazione eventi in YoungShip unitamente ad Andrea Cepollina: “Dopo il successo ottenuto due anni fa, anche quest’anno i giovani professionisti attivi o in procinto di affacciarsi al mondo dello shipping, avranno l’occasione di partecipare ad una serata divertente ascoltando i relatori

dell’evento, professionisti già affermati che con la loro esperienza potranno consigliare i giovani nel proseguo della loro carriera nel mondo dinamico dello shipping. Inoltre l’evento permetterà ai giovani delle varie associazioni, con i più svariati skills, di scambiarsi idee ed opinioni durante un evento mondano con affaccio sul mare di Posillipo e Capri”. Youngship Italia, collabora attivamente con le associazioni Internazionali, in rapporto diretto con i ‘colleghi’ di Youngship International, terrà ad arricchire le tematiche della giornata con approfondimenti dal mondo dello shipping, la diffusione della cultura del commercio e industria marittima rappresenta la priorità, questa risulterà una buona occasione per fornire ai nostri associati per sviluppare rapporti, conoscenze, partnership con enti e organizzazioni con finalità analoghe e collegate. “È un evento che riteniamo molto importante in quanto riunisce i giovani delle principali associazioni dello shipping italiano e, in un momento non facile per il settore, credo che la condivisione di esperienze e know-how possano essere delle leve importanti per il nostro futuro. Inoltre, ospitare questo evento e l’intera Shipping Week a Napoli è una grande occasione per l’intera città, che per una settimana sarà il centro dello shipping italiano ed internazionale” conclude Andrea Poliseno, Vice Presidente YoungShip Sud Italia e coordinatore dell’organizzazione dell’evento per conto dell’associazione. Stefania Catanzaro Addetta stampa YoungShip Italia


libri / porto&diporto

La Tabula de Amalpha

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a Tabula de Amalpha, rappresentò senza alcun dubbio una pietra miliare della storia del diritto marittimo ed una autorevole guida per la regolamentazione dei traffici nel bacino del Mediterraneo, dell’apposizione di clausole applicate ai contratti marittimi nonché la risoluzione delle controversie marittime nei secoli a venire. La sua importanza storica è da attribuirsi al contributo che questa diede alla formazione di una legislazione marittima uniforme in tutti gli Stati rivieraschi compresi quelli arabi.

Il testo, costituito da 66 capitoli, di cui 21 in latino e 45 in volgare italiano, non può considerarsi un codice nel senso letterale del termine ma una raccolta di usi risalenti alla Lex Rhodia e i Basilici, contenuti nel Digesto di Giustiniano. Tali usi dettavano tutto ciò che riguardava e interessava la navigazione: le controversie, il prezzo dei noli, gli obblighi del capitano e dei marinai, l’indennizzo in caso di perdita della merce, i cambi marittimi, la compartecipazione agli utili, i compensi dei rischi di mare, le avarie, l’armamento, l’abbandono del bastimento, delle mer-

ci in caso di pericolo e formava parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’antica Repubblica Marinara Il corpo di capitoli della Tabula sembra trovare più attinenza con il diritto marittimo di Common Law in quanto non si stabiliscono principi generali o concetti astratti ma si offrono risposte concrete alla casistica del tempo per soddisfare le immediate esigenze della societas maris in cui commenda e colonna risultavano gli istituti cardine attraverso i quali veniva organizzata l’impresa di navigazione. Ciò ci porta ad azzardare che il testo amalfitano presenti una più stretta attinenza con i moderni clausolari marittimi, sviluppati su iniziativa degli operatori del settore, e non con la moderna codificazione di settore che è frutto della nascita dello Stato Moderno. Quello della Tabula, che influenzò anche la redazione di altri statuti marittimi medievali come quello pisano, genovese e catalano, divenne “diritto vivente” applicato nei tribunali e nelle curie durante la successiva dominazione normanna e fu applicato anche nel Regno di Napoli. Alberto Medina

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turismo / porto&diporto

Per il benessere delle aziende Unique Antistress Quality

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avorare stanca e rompe la schiena, segnando il fisico ma anche la mente, come afferma Cesare Pavese in una sua bella raccolta di poesie. Anche il senza far niente però stanca, ricorda Italo Calvino. Lavoro ed ozio sono i due poli della grande dimensione spirituale. Avere dipendenti stressati o oziosi è controproducente non solo per loro, ma anche per l’azienda. Le conseguenze? Calano sia la motivazione che il livello di produttività. Secondo stime lo stress lavorativo e l’ozio colpiscono il 60% dei dipendenti. Con il rischio che l’impresa possa subire un calo del proprio fatturato. Contro stress ed ozio adesso c’è un rimedio. Lo lancia Iberotel Apulia ecoresort, capitale mondiale dell’antistress con il nuovo brand Unique Antistress Quality; uno strumento per certificare le aziende che puntano a potenziare il benessere nei luoghi di lavoro, dando valore al capitale umano. Il progetto è inserito nell’International Wellbeeing meeting point e nasce nell’ambito dell’Antistress Academy, coordinata da Simon Elliot con la firma dello psicologo Mirco Turco. In poche parole, è un rimedio nuovo e di qualità per le aziende che vogliono certificarsi in materia antistress per supportare comportamenti sani e migliorare la produttività duran-

64- giugno 2016

te il lavoro. E’ importante infatti creare ambienti di lavoro stimolanti e creativi, ma anche prevedere pause di riflessione, di vacanza e di aggiornamento, in luoghi dove potenziare il senso di squadra e stimolare la voglia di fare. E Iberotel Apulia, sulla litorale di Marina di Ugento, è la scelta migliore per stimolare la produttività del personale. E da quest’anno la struttura potenzia l’offerta benessere per tutti i suoi ospiti con un trattamento che coinvolge tutti i sensi dell’individuo: quello fisico, mentale ed emozionale. Immerso nel Parco litorale di Ugento, circondato da una pineta lussureggiante e confinante con una spiaggia caraibica riservata agli ospiti, a Iberotel Apulia si respira sin dal proprio arrivo un profondo senso di libertà: per gli immensi spazi a disposizione, per le numerose attività previste sia per la coppia che per la famiglia. Il motto è per tutti mens sana in corpore sano. Ogni giorno si può scegliere tra corsi di yoga, pilates, meditazione, fitness e lifting gym®, la ginnastica facciale che viene considerata alternativa al bisturi. E in una terra che viene definita il luogo di incontro tra Oriente e Occidente non potevano mancare le discipline orientali: il qi gong, che, ispirandosi alla medicina cinese e alle arti marziali, punta al potenziamento dell’energia interna con

pratiche di meditazione, concentrazione mentale e controllo della respirazione. Lezioni anche di Tai Chi, la boxe cinese, che viene praticata in Occidente come medicina preventiva. Ma ci si può divertire anche con il nordic walking, la camminata con i bastoni simili a quelli da sci, mentre nella Spa, si potrà godere dei trattamenti benessere mirati a soddisfare ogni singola esigenza. E se si vuole uscire dalla cinta del resort, tra le tante tappe che offre il Salento c’è Oria, epicentro del turismo culturale del Salento. Oltre alle bellezze del proprio borgo, del Sedile, della cattedrale e del castello normanno, è inoltre sede del corteo storico di Federico II e di Isabella di Brienne in costumi d’epoca e del torneo dei Rioni che si svolge ad agosto per la conquista del Palio. Un appuntamento che quest’anno, in occasione dei primi 50 anni del corteo storico, l’amministrazione cittadina seguirà particolarmente arricchendolo con numerose manifestazioni nell’ottica di promuovere non solo occasioni di business per il territorio oritano, ma di creare occasioni di speranza e di lavoro per tanti giovani ancora costretti a cercare fuori regione condizioni esistenziali meno mortificanti. Eduardo Cagnazzi


Azionista Unico:

Società in house del:

Ministero dell’Economia e delle Finanze

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

Rendere l’Italia protagonista nelle politiche sul trasporto dell’area Euromediterranea, è questo l’obiettivo che Rete Autostrade Mediterranee Spa, Società in house del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, persegue dal 2004. Implementazione di progetti europei, gestione degli incentivi, assistenza tecnica alle PA, sono solo alcuni degli strumenti attraverso cui RAM promuove lo sviluppo di reti di trasporto marittime, valorizzandone l’aspetto intermodale e puntando all’efficienza, l’economicità e la sostenibilità dell’intera catena logistica.

Ram Spa sarà presente alla Naples Shipping Week 2016 con il convegno: “La costruzione del dialogo Panmediterraneo: i principali stakeholder e le politiche di sviluppo per un sistema integrato di trasporti e logistica” 1 luglio 2016 h. 9.00 Sala Perseide Terminal Napoli Stazione Marittima

www.ramspa.it



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