LiberaMenteLilla_2011

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LIBERAMENTE LILLA A N N O

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M A G G I O

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LICEO VINCENZO LILLA ORIA-FRANCAVILLA

Essere bamboccioni: una scelta o un obbligo? (p. 11)

La legalità inizia con i giovani (p. 13)

Il giornale scolastico? Un’esperienza prima di tutto di crescita Anche quest’anno nel liceo Lilla sezione OriaFrancavilla si è tenuto il corso di giornalismo. I ragazzi che hanno aderito a questo progetto si sono recati il giovedì a scuola per poter incontrare la giornalista Rossella Bufano. Accanto all’esperta, a seguire questo cammino, ci sono stati il prof. Camarda Pasquale e la prof.ssa Cosima D’Elia. Attraverso lezioni frontali e laboratoriali, e con l’utilizzo del computer e di internet siamo riusciti a pubblicare il giornale online e cartaceo. I primi giorni del Pon sono stati la base del corso, e sono stati un po’ meno divertenti di quelli successivi. Con il tempo anche i più scettici si sono resi conto dell’importanza di questo progetto, e grazie anche alla professionalità dell’esperta accompagnata sempre dalla sua personalità divertente ognuno ha trovato nella redazione il suo “spazio” e il suo compito. Anche nell’anno precedente, ma specialmente quest’anno si sono formati due gruppi che hanno permesso il buon funzionamento della redazione “Liberamente Lilla”. Alcuni ragazzi si sono dedicati all’impaginazione e alla grafica del giornale e altri alla scrittura degli articoli. Nonostante le “difficoltà” date dagli spostamenti Oria-Francavilla i ragazzi del Liceo non si sono fermati e hanno dimostrato la loro unità in questo progetto. Progetto che non è stato utile solo per il miglioramento delle competenze linguistiche e dell’utilizzo di tecniche di scrittura appropriate e di nuove tecnologie finalizzate alla scrittura giornalistica, ma che ha lasciato ai ragazzi un’esperienza di crescita positiva. Infatti, ha permesso una maggiore collaborazione fra i due indirizzi del liceo Lilla ed è nata da quest’attività non solo un rapporto professionale di confronto ma anche di stima e amicizia. Stefania Iunco Carmen Santagada

Proteggi la donna che sarai (p. 17)

INSERTO Speciale Risorgimento (p. 23)

Schiavi di Internet Recenti studi mettono in allerta!

Ci accorgiamo di quello che ci accade intorno, fuori dal mondo internet? Ormai una persona su due, abituata a navigare, va in panico se non riesce a effettuare l’accesso a una rete fissa o mobile che sia. Questo è quanto rivela uno studio condotto da un istituto di ricerca in Inghilterra. Il 60 % degli internauti dà segni di nervosismo se non ha il collegamento a internet, ed è la medesima percentuale a sentirsi tranquillizzata nel momento in cui naviga.

Nel 36% dei casi il fenomeno riguarda individui che temono di non poter più comunicare con i propri familiari, nel 31% di persone che hanno paura di non riuscire a terminare un certo lavoro, il restante 27% degli intervistati, invece, va in crisi perché non riesce più ad avere contatti con i propri amici. Esiste però il fenomeno contrario, il 27% degli internauti non potendosi collegare a internet prova sollievo, questa percentuale riguarda le persone che ogni giorno ricevono numerose mail, chiamate e messaggi vari. È per questi motivi che in Cina e USA sono sorti i primi centri per disintossicazione dalla rete, dove vi sono individui dell’età tra i 16 e i 45 anni che non riescono a starvi lontano. (continua a pagina 3)

La settimana dello studente

A marzo, dal 9 al 12, è stata organizzata presso il liceo scientifico “V. Lilla” la settimana dello studente. L’obbiettivo di questa manifestazione che si tiene già da qualche anno è quello di affiancare alle normali lezioni curricolari, delle attività opzionali a scelta

degli alunni. Lo scopo è allargare gli orizzonti formativi attraverso incontri con esperti (dott.ssa Annese, tutor Di Girolamo, tutor De Rubertis), videoforum (visione intervento di Benigni a Sanremo, i 150 dell’Unità D’Italia, incontro con i fucilieri di Martina Franca, il progetto legalità), laboratori (fisica, chimica, informatica). Queste le iniziative alla base dei 4 giorni dello studente organizzate a Oria, alcune delle quali si sono svolte in più incontri. (continua a pagina 7)


Cultura

Questioni di genere

Attualità

Scuola

Giovani

LIBERAMENTE

LiberaMente Lilla

LILLA

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Schiavi di Internet di Andrea Barletta

p. 3

Sigarette e cocaina tra i ragazzi di Francesca Camarda

p. 3

“Sogna ragazzo sogna!” di Carmela Santoro e Giovanna Suma

p. 4

Leggi? Mmm… poco di Federica Gioia e Stefania Iunco

p. 4

Quando è difficile dire “Io sono contro” di Andrea Pesare

p. 5

Multiculturalità in Lilla di Doriana De Gaetani e Arianna Pepe

p. 5

LiberaMente compie tre anni... di Alessandro Lupo

p. 6

Settimana dello studente di Federica Gioia e Stefania Iunco

p. 7

Intervista alla rappresentante Chiara Taurisano di Ciro Lupo

p. 7

Liceo Lilla a Firenze di Pierpaolo Pastore

p. 8

La Gelmini taglia. L’Italia protesta di Letizia Di Noia e Carmen Santagada

p. 9

La famiglia fra passato e presente di Francesca Leo e Noemi Panzera

p. 10

Convivenza: pro e contro di Andrea Barletta

p. 10

Essere bamboccioni: una scelta o un obbligo? di Pierpaolo Pastore e Natalia Proto

p. 11

L’anoressia “divora” ragazze di Sabrina Nica

p. 11

Bioetica: la scienza al servizio della vita di Francesca Leo e Noemi Panzera

p. 12

Legalità: inizia con i giovani di Carmela Santoro e Giovanna Suma

p. 13

La mafia, le mafie di Clelia Milone

p. 14

Lavoro minorile, bambini soldato di Serena Lacorte e Vittoria Schifone

p. 14

I diritti degli animali lesi dalla moda di Luna Fattizzo e Vincenzo Fattizzo

p. 15

Il nucleare in Italia è necessario? di Pierpaolo Pastore

p. 15

Italia-Serbia: teatro di violenza di Paola Cavallo e Caterina Tondo

p. 16

“Arbitro”: un mestiere faticoso di Oscar Pronat

p. 16

Volere è potere di Natalia Proto

p. 17

Proteggi la donna che sarai di Paola Cavallo e Caterina Tondo

p. 17

La consigliera di parità. Che fa? di Giulia Conte, Doriana De Gaetani e Giusy Natale

p. 18

La felicità non è in vendita! di Letizia Di Noia e Carmen Santagada

p. 19

Per non dimenticare... di Andrea Pesare

p. 19

La “Teologia” in varie religioni! di Ciro Lupo

p. 20

Pablo Neruda di Mariangela Corrado e Sabrina Nica

p. 20

La casa degli spiriti di Isabel Allende di Mariangela Corrado

p. 21

Harry Potter: scandaloso successo di Federica Gioia e Stefania Iunco

p. 22

Remember me di Chiara Lombardo

p. 22

Speciale inserto Risorgimento da pagina 23

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(...dalla prima)

Giovani

In Italia, invece, è sorto il primo centro per drogati di facebook, mentre dei gruppi di lavoro delle università di Palermo, Chieti e Roma stanno approfondendo il fenomeno. Gli scienziati stanno analizzando, in particolare, l'attività quotidiana di 100.000 ragazzi tra i 15 e i 21 anni, ottenendo come risultato che il 3,7% dei partecipanti soffre di una vera e propria dipendenza da internet.

Schiavi di internet Questo attesta che livello della psiche La dipendenza dobbiamo essere più ma anche fisico, da internet prudenti nell’usare la come danni irrerete che, di questi temversibili al tunnel provoca danni pi, può essere definita carpale della mapsicologici come una droga menno per l’uso contitale per chi non riesce nuo della tastiera e fisici: a controllare i ritmi di e del mouse e dai disturbi del accesso a essa e ne l’incurvamento sonno a problemi della spalla. diventa succube. Questa nuova forma di Quindi talvolta è vertebrali dipendenza può promeglio usare invocare seri danni alla psiche ternet per fini scolastici e lavoradella persona: depressione, tivi e non utilizzarlo per puro isolamento sociale, disturbi del svago o comunque utilizzarlo sonno, sregolatezza dei pasti e con parsimonia! vari disturbi compulsivi. Tali disturbi non avvengono solo a Andrea Barletta

Sigarette e cocaina tra i ragazzi Aumentano consumo e decessi in Europa Le politiche sulla tossicodipendenza italiane sono inefficaci poiché improntate al proibizionismo e alla punizione indifferenziata

La droga e il fumo sono gli argomenti di cui al giorno d’oggi si parla maggiormente. Il numero di giovani e adolescenti che iniziano a farne uso è in costante aumento. I ragazzi italiani fumano la loro prima sigaretta già all’età di tredici anni. Si pensa che uno dei possibili responsabili sia il cattivo esempio dei programmi trasmessi nella televisione. Questo vizio riguarda soprattutto le ragazze. I giovani sostengono di non essere a conoscenza dei possibili rischi derivanti dall’uso continuo e precoce di sigarette. Quindi persuaderli a smettere di fumare facendo leva sulle malattie causate dal fumo, non serve a nulla. La motivazione che danno sul perché abbiano iniziato a fumare sono molteplici: alcuni lo hanno fatto per sperimentare qualcosa di nuovo, altri per sembrare adul-

ti, altri ancora per scaricare lo stress o più semplicemente per seguire l’esempio degli amici. A quanto pare, quindi, la strada da fare è ancora lunga. Ma il fumo non è l’unico problema grave da affrontare. In Italia resta anche allarmante il problema cocaina, con circa 14 milioni di individui (15-64 anni) che l’hanno provata nella loro vita e circa 4 milioni che l’hanno assunta nell’ultimo anno. Il consumo è concentrato soprattutto in alcuni Paesi occidentali dell’Ue (Danimarca, Irlanda, Spagna, Italia e Regno Unito) e con incidenze sui giovani tra i 15 e i 34 anni che vanno dal 2,9% dell’Italia al 6,2% del Regno Unito. Il rapporto 2010/2011 dell’Osservatorio Europeo rileva un aumento dei decessi associati all’uso di tale sostanza. Il quadro che emerge è sconfortante. La cocaina sta vivendo un vero e proprio boom. Eppure le politiche sulla

tossicodipendenza del nostro paese continuano a essere improntate al proibizionismo. Un modo di affrontare il problema che a livello internazionale è stato abbandonato, proprio perché non ha dato grandi risultati. Quindi come si può ben notare, il consumo di sigarette e sostanze non è solo elevato, ma anche in aumento. Il senato ha appro-

vato un maxi emendamento contro la droga sul quale il governo ha posto la sua fiducia. Sono previste pene per chi spaccia (dai sei ai venti anni) e multe per i consumatori, senza distinzione tra droghe leggere e quelle pesanti. Francesca Camarda


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“Sogna, ragazzo sogna!” I giovani devono inseguire le loro ambizioni “Volere è poco; occorre volere con ardore per raggiungere lo scopo”. Questo aforisma di quel “nasone” di Ovidio dovrebbe accompagnare la vita di ogni adolescente. Da piccoli tutti, vivendo in un mondo fiabesco, hanno quell’ingenua convinzione che ci sia il “vissero felici e contenti”. Ma purtroppo nella vita esistono i cosiddetti antagonisti: il sogno svanisce e ci si catapulta nella malinconia. Spesso la natura “Siamo noi dell’uomo si mescola e si modifica, deve fare i gli artefici conti con le esperienze, del nostro con circostanze negative. Tutto sembra impossibile, destino” le strade tortuose e piene di salite. Ma arriva il giorno in cui bisogna prendere in mano le redini della propria vita. Aprire quel cassetto: il sogno si era nascosto in un piccolo angolino. Le iniziative da intraprendere si riassumono in “coltivare” e “credere” nelle proprie aspirazioni o nei propri desideri, per-

ché come dice la canzone di Cenerentola “i sogni son desideri”… forse nei primi periodi in cui ci impegniamo, i risultati non si vedono e talvolta ci deludono. Questo non basta

però a cancellare “qualcosa” per cui ci battiamo e lottiamo giorno dopo giorno. Le fatiche e i dolori ci ricompenseranno: “siamo noi gli artefici del nostro destino”. La peculiarità che da sempre ha caratterizzato l’essere umano e l’ha distinto dall’animale è il sogno. Una passione ti corrode, ti chiama, ti impedisce di vivere se non la affronti e se non le

dai lo spazio che lei reclama. L’unica accortezza del giovane è quella di distinguere il sogno “vero” dall’utopia, due mondi antitetici che si attraggono e si respingono; che si scontrano e si fondono. L’uno non può vivere senza l’altro. L’illusione fiorisce proprio dall’ombra del sogno ma senza questo non germoglia, e la vita stessa appassisce. E come già detto i sogni si realizzano solo se si crede veramente, se ciò non accade significa che quelli non si possono nemmeno definire tali: si è caduti in una grande illusione. E per evitare di incorrere in questo errore basta non “deporre le armi”. E solo così ci si accorgerà che nessun ideale è irrealizzabile. “Ma la vita è così grande che quando sarai sul punto di morire, pianterai un ulivo, convinto ancora di vederlo fiorire” (R. Vecchioni) ...e con questo presupposto inizia la salita. Carmela Santoro Giovanna Suma

Leggi? Mmm... poco...

Tv e pc sono più amati della carta stampata perché, come di consuetudine, l’uomo sceglie la via più semplice! L’indagine “Aspetti della vita quotidiana” rileva ogni anno informazioni sulla lettura di libri nel tempo libero. Nel 2009 il 45,1% della popolazione di 6 anni e più (oltre 25 milioni e 300 mila persone) dichiara di aver letto almeno un

libro. La quota più alta di lettori si riscontra tra la popolazione di 1117 anni (oltre il 58%), con un picco tra gli 11 e i 14 anni (64,7%), e decresce all’aumentare dell’età. Già a partire dai 35 anni la quota di lettori scende sotto il 50%, per diminuire drasticamente dai 65 anni in poi e raggiungere il valore più basso tra la popolazione di 75 anni e più (22,8%). Perché oggi i giovani non leggono? Forse questa domanda non è affatto corretta. In realtà i ragazzi

leggono, anche se poco. Hanno sicuramente più stimoli e quindi più distrazioni rispetto a quelli di anche solo trent’anni fa. Televisione a tutte le ore, internet, videoteche, videogiochi, tutto concorre a ridurre sensibilmente il tempo da dedicare alla lettura. Gli studenti, solitamente, non amano leggere perché la loro esperienza di lettura quotidiana è legata allo studio o ai compiti. I testi che si consigliano a scuola, solitamente, sono lunghissimi e impegnativi. I libri di letteratura colta sono letti quasi esclusivamente per ordine dei professori. Il fatto che si abbia una scadenza, e

magari sia anche obbligatoria una recensione scritta in seguito alla lettura, va ad aggiungersi allo scoglio già enorme che è la lunghezza dei testi. L'incentivo alla lettura, dunque, proviene essenzialmente dalla scuola. Ma, proprio per questo, gli studenti vivono la lettura come un obbligo poco piacevole. Difatti a scuola si leggono soprattutto i libri classici, scritti con un linguaggio diverso da quello attuale e dai temi a volte superati e poco interessanti. Federica Gioia Stefania Iunco


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Quando è difficile dire “Io sono contro” I ragazzi oggi sono in balia del conformismo (il corsivo)

Si sa che l’adolescenza è un periodo turbolento, pieno di scontri col mondo dei “grandi”. Spesso gli adolescenti risentono della impetuosità di un mondo che gira a una velocità impensabile rispetto a una generazione fa. E proprio per questa confusione anche gli adolescenti sono sempre più confusi. Basti pensare a tutta l’indifferenza che spesso è riversata sulle tematiche che più dovrebbero coinvolgerli perché riguardano il loro futuro come ad esempio una politica che va a rotoli, un dibattito sul nucleare, l’emergenza delle guerre.

Scuola

Come costruire un domani se prima non lo si sogna? Come porre i pilastri se prima non si conoscono le fondamenta? Non si può proporre un’idea di futuro se prima non si hanno delle basi. E sono queste basi che mancano alla generazione odierna, persa dietro griffe, telefoni e pc, interminabili messaggi farciti di smile che non hanno la forza di stupire l’altro. E il segreto è questo: lo stupore. Non ci si stupisce più per niente, non si ha più la bellezza della meraviglia. I bambini sono felici, eppure si accontentano di poco. Anche per gli anziani è così.

mezzo” non è così? Forse per abitudine, forse per ignavia, forse per una rassegnazione intrinseca alla sicurezza di un intervento altrui. Manca la sfrontatezza, l’impegno, il coraggio di dire fortemente “no”. Vero ciò che diceva A. Einstein: “I problemi non possono essere risolti allo stesso livello di pensiero che li ha generati”, però è anche vero che un piccolo sforzo va fatto per trovare nuove soluzioni. Solo così si potrà mettere in moto una macchina che, con la giusta benzina, non si fermerà più.

Perché per la “generazione di

Multiculturalità in Lilla L’integrazione a scuola

Adama descrive attraverso la sua storia l’Africa: una terra affascinante ma piena di sofferenza e povertà

Lo scorso novembre gli alunni del liceo scientifico di Oria “Vincenzo Lilla” vivono una giornata memorabile grazie a un’iniziativa avviata dalla professoressa di lettere Cosima D’Elia. Hanno l’opportunità di incontrare Adama Zoungrana, un ragazzo africano del Burkina Faso. Il diciottenne alterna il racconto della sua vita ad alcune favole accompagnate dallo ”djembè”, strumento musicale della tradizione africana. Adama da otto anni vive in Italia, prima affidato e poi adottato da una famiglia pugliese di San Vito dei Normanni. Il ragazzo ha un’infanzia difficile, oppresso da un padre violento che gli nega il diritto allo studio, ma è circondato anche da persone che gli vogliono bene, di cui ricambia l’affetto ovunque egli si trovi. La tenacia di Adama è tale che un giorno, stremato, decide di fuggire e inizia a

lavorare duramente in miniera. Qui gli si presenta l’occasione della sua vita: incontra una troupe cinematografica italiana impegnata nella produzione di un cortometraggio sui bambini africani. Il ragazzo inizialmente collabora nella ricerca del casting dei personaggi, successivamente viene designato protagonista dello stesso documentario. L’esperienza gli consente di venire in Italia dove realizza il suo sogno più grande: proseguire i suoi studi e portarli a termine.

L’iniziativa è nata con l’obiettivo di far conoscere ai ragazzi del Lilla altri modi di vivere, ampliarne le prospettive e renderli capaci di rapportarsi con realtà sconosciute. La nostra è una comunità nella quale i contatti tra gruppi etnici differenti si stanno intensificando. Ormai il tema della multiculturalità viene affrontato sia in ambito


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scolastico che nella quotidianità. Infatti la multiculturalità è il concetto che descrive la fattuale presenza di culture diverse entro una collettività. Si tratta, appunto, del tentativo di realizzare una società in cui le varie cultuDa sempre re siano raccolte, dove quella predominante non lo scambio sovrasti la più piccola, ma culturale dove tutte si completino scambievolmente. Le conoarricchisce scenze, le tradizioni, i miti, gli usi, i costumi, le tecniche i popoli lavorative e le manifestazioni spirituali di un determinato gruppo umano non sono stabili, ma si arricchiscono nel tempo grazie anche agli scambi e ai contatti. Insomma oggi dobbiamo sostituire il concetto di monocultura a uno diverso, più aperto ai cambiamenti. I

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grandi mezzi di comunicazione hanno reso possibile un contatto ancora più grande tra le diverse culture come anche le migrazioni che hanno costretto gli uomini di diverse etnie a convivere, anche se a volte in modo non pacifico. Ma ogni membro della società è aperto alla multiculturalità? Di certo i ragazzi del liceo Lilla lo sono e lo hanno dimostrato dando il via a una loro iniziativa, un progetto per la raccolta fondi per sostenere e contribuire, anche se in piccola parte, alle spese necessarie per realizzare il sogno di Adama: costruire un centro nel Paese di origine per 200 ragazzi disagiati. Il 22 dicembre in occa-

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sione della chiusura, in vista delle vacanze natalizie, i ragazzi hanno mostrato il risultato di tante riflessioni, stimolate dal precedente incontro, in un video con musiche, immagini e poesie da loro realizzate. Inoltre Adama ha dato voce ai suoi ricordi in un libro intitolato “Se entri nel cerchio sei libero” nel quale spicca in primo luogo il concetto di povertà ritenuta la forza che unisce gli africani, e direttamente da una di queste pagine è presa la citazione: “Corri, corri, corri e sei certo di una sola cosa: se entri nel cerchio sei libero. Ce l’hai fatta, nessuno può più toccarti. Ed è bellissimo quando, una volta entrato nel cerchio, puoi gridare con tutta la voce che hai: libero, libero, libero!”. Doriana De Gaetani Arianna Pepe

LiberaMente compie tre anni... Ce ne parla l’esperta del Pon di giornalismo

Intervistiamo l’esperta di giornalismo Rossella Bufano che ha dato vita al giornale d’istituto nel 2009 insieme ai ragazzi del liceo scientifico e tecnologico Lilla di Oria. LiberaMente Oria quest’anno diventa LiberaMente Lilla. Ci può raccontare la storia del nostro giornale? Certamente. Ho avuto l’onore di veder nascere il giornale del Lilla tre anni fa a Oria. In tale sede fu

bandito il Pon di giornalismo che vinsi come esperta esterna. I ragazzi realizzarono il giornale scolastico, sia nella versione multimediale, cioè il blog, sia in quella cartacea. Scelsero come nome della testata “LiberaMente Oria”. L’allora tutor prof.ssa Carmen Taurino utilizzò la piattaforma del giornale on line anche come strumento didattico e di confronto con gli studenti. Lo scorso anno, visto l’entusiasmo riscontrato, la stessa Taurino ripropose l’esperienza come Pof e mi scelse come esperta. Il nuovo dirigente scolastico, Francesco Carone vide il giornale e ne apprezzò l’iniziativa. Tanto da aver voluto estendere l’esperienza a tutto il liceo Lilla e, quindi, anche alla sede di Francavilla, indicendo

un nuovo Pon: “Da giornale di Istituto a ‘voce’ del Liceo. Il Lilla dalla carta al Web”. Per fortuna o per sfortuna dei ragazzi (ndr: l’esperta ride), ho vinto nuovamente il bando e ho avuto il piacere di collaborare con altri due bravi docenti: Cosima D’Elia e Pasquale Camarda. È stato, pertanto, necessario modificare il nome da LiberaMente Oria a LiberaMente Lilla. Abbiamo rinnovato anche la veste grafica (ndr: l’esperta mi sorride poiché sono uno degli studenti che fa parte del team di grafica e impaginazione).

Insomma è una veterana del Lilla! Quale anno le è piaciuto di più? Sì ormai sono una veterana. Mi sono piaciuti tutti e tre gli anni perché hanno partecipato sempre studenti motivati e intelligenti. E ho conosciuto docenti stimolanti, oltre che cordiali e accoglienti. Lei ritiene che un giornale scolastico sia importante? Sì assolutamente. Educa alla libertà d’espressione ed è uno strumento di democrazia. Consente a voi ragazzi, infatti, di essere protagonisti della vostra comunità-scuola, di condividere informazioni, passioni e argomenti importanti. Abbiamo partecipato al concorso indetto dal Quotidiano per i 150 anni dell’Unità e con la nostra prima pagina siamo arrivati tra i primi quattro finalisti. È soddisfatta? Sono orgogliosa di voi. Alessandro Lupo


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(...dalla prima)

La prima giornata è stata articolata in diverse attività. Tra queste, il laboratorio di fisica e il corso d’armonia funzionale (ascolto musicale) tenuto dal prof. Passaro (che non si è concluso in questa giornata, ma è continuata anche nei restanti 3 giorni). Due i seminari organizzati intorno al tema dell’Educazione finanziaria. Quello tenuto dalla

prof.ssa Monopoli è stato riservato solo alla classe II A e ha riguardato l'importanza del ruolo delle banche. Mentre le classi V hanno potuto seguire l’incontro tenuto dal prof. Padula che ha affrontato gli argomenti: la falsificazione dei soldi e come saper gestire il denaro. Il corso di fotografia digitale tenuto dai tutor Errico e Fanuli, è risultato il più gettonato. Quest’at-

Settimana dello studente

tività, infatti, è stata scelta dalla maggior parte degli studenti, così si sono formati due gruppi; uno seguito da Errico, l’altro da Fanuli. Il progetto ha avuto l’obiettivo di mostrare ai ragazzi come usare la macchina digitale, di insegnare a fare scatti migliori e a modificare le foto con i vari programmi di grafica. Anche questo corso è durato per tutta la settimana. In palestra è stato proiettato l’intervento di Benigni a Sanremo. Ne è seguita una discussione coordinata dalla prof.ssa Tancredi. Dapprima, la docente ha informato sugli eventi storici, avvenuti dal ‘700 fino all’Unità d’Italia, citando alcuni dei protagonisti che hanno contribuito a renderla unita. Successivamente ci è stata la visione dell’intervento di Benigni. In ultimo, ma non di minore importanza, l’attività teatrale, tenuta dalla prof.ssa Genovesi, riservata alle classi IV tec e I D. Il calendario della seconda giornata ha previsto l’incontro con la dottoressa Annese sulla prevenzione delle malattie trasmis-

sibili sessualmente, attività tenuta in palestra. Sempre sul tema salute e con l'utilizzo della televisione, il Prof. Distante ha tenuto, presso l'aula di Informatica, la lezione: “Pianeta salute e sue dinamiche: ciò che i giovani devono sapere”. Il tutor Di Giromino ha realizzato un incontro sulla donazione degli organi, che si è svolta in palestra. Il tutor ha illustrato ai ragazzi le ragioni per cui un uomo dovrebbe decidere di donare i propri organi e l’importanza di salvare altre vite. “Designer e Moda”, attività voluta dagli studenti, è stata tenuta dal tutor De Rubertis, nell’aula IV B. Non sono mancate le rappresentazioni storiche. Il Prof. Candita Mino, in IV A, ha fatto incontrare gli studenti con i Milites di Oria: una compagnia d’armi formata da un gruppo di ragazzi fortemente appassionati di storia medievale. Varie anche le attività di venerdì 11. La V tec è stata impegnata nell’iniziativa “Paesaggi naturali”: i ragazzi si sono recati al bosco di Laureto e a San Cosimo per osservare la natura. L’incontro più seguito dagli studenti è stato “I 150anni dell’Unità

d’Italia”, tenuto dal Prof. Andriani, il quale ha illustrato il quadro degli eventi storici che hanno portato ad avere una nazione unita, aiutandosi con il proiettore. Il fiore all’occhiello dell'ultima giornata è stato l'incontro “I giovani oggi”, organizzato da un gruppo di ragazzi che hanno già terminato gli studi universitari e che hanno dato vita a un’associazione, chiamata “Spazio Libero”. Si è discusso dei vari problemi che colpiscono il mondo giovanile e si è deciso che tutti insieme possiamo collaborare, per rendere il nostro futuro migliore. L’incontro si è concluso con una domanda: “e tu vuoi migliorare il mondo?” Lo chiediamo anche a te che hai appena letto questo articolo. Federica Gioia Stefania Iunco

Intervista alla rappresentante Chiara Taurisano Intervistiamo la rappresentante ratori hanno abbracciato gli inted’istituto del liceo classico Lilla di ressi di ognuno. Alcune attività programmate Francavilla, Chiara Taurisano. sono state annullate per scarsa Come ci si sente a essere rappre- adesione. Per quale motivo non sentante d’istituto? hanno riscosso successo? È un’esperienza molto formativa, Purtroppo il primo giorno una ed è bello riuscire a coinvolgere iniziativa è stata annullata a caututti , o almeno la maggior parte sa della scarsa informazione dei degli studenti nelle varie iniziative partecipanti. Però, nei giorni successivi, siamo riusciti a risolveculturali e artistiche. Qual è il bilancio della settimana re il problema. dello studente che si è conclusa È giusto parlare di politica nella scuola? da poco? La settimana dello studente si è Sì. Le iniziative realizzate hanno risolta molto bene, nonostante riscosso un buon risultato, soalcuni disguidi organizzativi inizia- prattutto perché hanno permesli. Complessivamente tutti i labo- so ai ragazzi di stringere amicizia

e di scambiare opinione nei vari forum. Secondo te, gli altri studenti sostengono e approvano l'operato dei rappresentanti? Durante i comitati studenteschi cerchiamo di mediare tra tutte le idee che ci vengono proposte, mettendo “in cantiere” quelle scartate. Ti sembra giusto imporre di partecipare a un’assemblea d’istituto? Non mi piace parlare di obbligo: le assemblee d’istituto dovrebbero essere un momento piacevole per tutti. Non obbligo nessuno a partecipare, perché non sareb-

bero formative. In che misura il ruolo di rappresentante ha influito sul tuo impegno strettamente scolastico? Non ha influito né positivamente né negativamente perché non ha a che fare con l’impegno scolastico. L’esperienza di rappresentante ha contribuito alla tua crescita anche umana? Sì, molto. Ho acquisito molta più sicurezza e determinazione. Ciro Lupo


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Liceo Lilla a Firenze Diario di viaggio tra le meraviglie del Rinascimento Mercoledì 6 Aprile è partito il pullman che ha portato le classi III del liceo scientifico “V. Lilla” in viaggio d’istruzione a Firenze. Accompagnati dai professori Mario Passaro, Fabio Di Bella e Luigina Genovesi alle 5 di mattina eravamo tutti lì di fronte all’autobus in trepidante attesa di partire e di arrivare nella Capitale dell’arte rinascimentale. Ma purtroppo la partenza è stata ritardata a causa di una La città ci ha ragazza dormigliona! Fatte le dovute scuse per il ritardo, era tutto finalmente pronto incantati per la partenza. Il viaggio non è per l’arte e stato troppo faticoso, anche perché abbiamo avuto la fortul’atmosfera na di avere un autista simpatiche si respira cissimo, Francesco, ma per noi “Ciccio”! Dopo le convenevoli soste agli autogrill, siamo giunti a Firenze alle 16 e 30. Fatto un chilometro di strada a piedi, siamo arrivati nel nostro “hotel Basilea” vicinissimo al cuore di Firenze. Lasciate le valigie, dopo una bella doccia rinfrescante, ci siamo recati al ristorante e dopo di che ci siamo immersi nella bellissima Firenze per un giro insieme agli insegnanti. Abbiamo ammirato la maestosità di opere straordinarie come il Duomo, il campanile di Giotto e la copia del David di Michelangelo sita in piazza Signoria. Dopo il giro di perlustrazione siamo tornati in hotel per riprenderci da una giornata faticosa. Nel secondo giorno in compagnia della nostra guida Laura Masucci abbiamo ammirato la chiesa di Santa Maria Novella e il dipinto “la Trinità” del Masaccio che custodisce all’interno, la chiesa di San Lorenzo e, terminate queste visite, ci siamo recati a pranzare. Nel pomeriggio sempre in compagnia della nostra guida abbiamo visitato palazzo Signoria, simbolo della potenza civile fiorentina. Salutata la guida, abbiamo girato ancora un po’ per Firenze dividendoci tra chi voleva fare shopping e chi voleva andare a prendersi un bel gelato. Ritornati all’hotel, siamo nuovamente usciti per andare a mangiare gli

ennesimi piatti di pasta col sugo e di pollo con le patate e poi di nuovo in giro per la città. Tra passeggiate romantiche di fronte all’atmosfera splendida di Ponte Vecchio e balli davanti a cantautori di strada la serata è passata in un lampo ed era ora di ritornare in hotel. Passata la notte, un’altra mattinata ad ammirare Firenze ci attendeva. Con la guida ci siamo recati nell’Accademia delle Arti dove è custodita la statua

originale del David di Michelangelo. Siamo tutti rimasti estasiati dinanzi alla bellezza di quest’opera emblema assoluto della perfezione fisica. Purtroppo non abbiamo potuto immortalare il momento in quanto era vietatissimo l’utilizzo di macchine fotografiche! Dopo di ciò, siamo andati a visitare Santa Maria del Fiore, Duomo di Firenze, che dalla sua cupolona (opera di Brunulleschi) domina l’intera città. Alcuni di noi, con ancora il fiato per fare i ben 463 scalini che portavano alla sommità della cupola, sono saliti per il rimpianto di chi purtroppo non ci è voluto andare. Era uno spettacolo meraviglioso, se Firenze è splendida solo se ci cammini per le strade, vederla dall’alto è un’esperienza e un’emozione fantastica! Aspettati che scendessero dalla cupola i ragazzi, tutti insieme siamo andati a mangiare per poi visitare la chiesa di Santa Croce e passare il resto del pomeriggio in giro, tra negozi e bar. La sera dopo esserci lavati e aver mangiato siamo usciti, recandoci chi agli

Uffizi, dove c’era un bravissimo cantante inglese, chi in piazza Duomo e chi a trascorrere la serata su Ponte Vecchio. Il giorno dopo era il momento di entrare nella galleria d’arte tra le più famose del mondo, gli Uffizi. Arrivati lì alle 8, dopo ben due ore e mezza di fila siamo riusciti a entrare. È una struttura immensa a staffa di cavallo. Dinanzi a opere come il “Tondo Doni” di Michelangelo e la “Primavera” di Botticelli si fermava il tempo. Incredibile quanta gente giunge da tutto il mondo per ammirare opere di autori “Italiani”. Passata tutta la mattinata agli Uffizi, verso mezzogiorno siamo andati al ristorante dopo di che consueta passeggiata dentro il cuore di Firenze per poi tornare in hotel, mangiare e uscire di nuovo. Indimenticabile per tutti l’ultima notte, passata a cantare, ballare, ma anche commuoversi perché nessuno di noi avrebbe voluto lasciare Firenze e la sua atmosfera magica. Arrivata l’ora di tornare in albergo, con i volti tristi siamo andati a dormire rassegnati all’idea che fosse rimasta l’ultima notte a disposizione per assaporare ancora l’aria fiorentina. Il giorno dopo, la sveglia è suonata prestissimo perché alle 8 dovevamo partire e dopo aver fatto colazione, siamo saliti sul pullman per tornare di nuovo alle nostre care case, sperando di tornare nuovamente a Firenze tutti insieme per rivivere ancora una volta quella che a detta dei professori e degli alunni è stata una gita eccezionale e sarà un ricordo bellissimo da portare per sempre con noi. Un ringraziamento particolare ai docenti, è anche merito loro se è stata una gita meravigliosa! Pierpaolo Pastore


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La Gelmini taglia. L’Italia protesta Attualità

Lo scorso inverno l’Italia ha vissuto un nuovo ’68: è scesa in piazza contro una riforma che per eliminare gli sprechi aumenta il precariato e pregiudica la ricerca

Negli ultimi mesi del 2010 ci sono state molte manifestazioni studentesche contro la riforma universitaria. Mentre veniva approvato il ddl (disegno di legge) Gelmini, l’Italia sembrava vivere un nuovo ’68 .

Tutto il paese protestava e si mobilitava. Una protesta i cui protagonisti non erano solo gli studenti, ma anche le maggiori sigle sindacali, che vedevano con il decreto legge minacciata la loro funzione. Ma contro cosa si è protestato? Ormai da tempo le associazioni sindacali e studentesche erano impegnate a contrastare la riforma Gelmini, la quale ha modificato negativamente il mondo della scuola già nel 2008. Il governo con le sue azioni, in nome della semplificazione e della riduzione degli sprechi, non ha fatto altro che aumentare il precariato, la disoccupazione e l’ignoranza nel nostro bel paese, favorendo manovre che anziché ridurre la crisi economica e culturale italiana l’hanno ulteriormente aggravata. Si pensi a tutti i disoccupati che riuscivano a lavorare con le supplenze e che si sono ritrovati completamente senza lavoro. Mentre il resto del mondo decide di investire nel sistema della formazione, l’Italia adotta riforme che sono in realtà solo una serie di tagli. L’approvazione del ddl ha previsto il taglio di 87 mila posti di docente e 44.500 di Ata (amministrativi,

tecnici, ausiliari). Questo non fa che peggiorare il funzionamento dell’istituzione scolastica italiana che, secondo quanto si evince dai dati dell’Ocse (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), si colloca agli ultimi posti per la preparazione degli studenti . Il coinvolgimento non solo degli studenti ma anche dei lavoratori, che vedono davanti ai loro occhi un futuro sempre più nero, ha sembrato ricalcare il modello di protesta del ’68. Oggi, come allora, studenti e professori hanno contestato salendo sui tetti degli atenei, occupando le facoltà e bloccando le città con lunghi cortei. Neanche il contesto sembrava molto diverso. Nel ’68 gli studenti rivendicavano l’estensione del diritto allo studio anche ai giovani di condizione economica disagiata. Oggi hanno chiesto più finanziamenti per le

scuole pubbliche, che cadono letteralmente a pezzi, mentre vengono finanziate dallo Stato quelle private con 270 milioni all’anno. La nuova riforma Gelmini incentrata sull’università favorisce il precariato dei ricercatori che pur essendo molto qualificati (dottorati, ricerche all’estero) si ritroveranno dopo eventuali 6 anni di lavoro (il nuovo concorso per ricercatore è a tempo determinato) disoccupati.

La protesta non si è fermata ai confini nazionali. È arrivata in Svizzera. I giovani ricercatori che lavorano al Cern (centro europeo per la ricerca nucleare) hanno scritto in un comunicato che per mantenere la ricerca italiana al livello di quella degli altri paesi europei sono necessari finanziamenti adeguati e un sistema universitario pubblico e libero. Questa riforma – hanno aggiunto i ricercatori italiani del Cern di Ginevra – mette in pericolo il ruolo di leadership nella ricerca che l’Italia ha conquistato con la fatica e la passione di tanti scienziati. Le contestazioni hanno cercato di attirare l’attenzione dei politici sordi, che favoriscono l’ignoranza per avere un maggior controllo del paese. Con i tagli alla scuola si finanzia l’ici, da cui sono esentate le classi sociali benestanti, e si costringe migliaia di ricercatori italiani a spostarsi all’estero. I ragazzi del 2010, proprio come i sessantottini, hanno chiesto un’università che sia per tutti e non solo per i figli di papà, più fondi per la ricerca e per il patrimonio culturale italiano. Serve una politica che finanzi l’istruzione, perché la cultura è alla base di tutto. Senza affondiamo.

Letizia Di Noia Carmen Santagada


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La famiglia fra passato e presente Da tutti per uno a ognuno per sé

Negli ultimi trent’anni ci sono state diverse trasformazioni in diversi campi: tecnologico, scientifico, culturale. Ma c’è stato anche uno stravolgimento di uno dei pilastri principali della vita di ognuno: la famiglia. Quest’ultima è stata da sempre la colonna portante dell’uomo. Prima la famiglia era considerata al centro di ogni cosa, lo stesso matrimonio era per ogni essere umano sacro e indissolubile. In casa, infatti, si imparavano i valori necessari per essere accettati dagli altri e per muoversi e interagire nella società con regole ben precise. C’era una famiglia di tipo patriarcale, ovvero l’uomo predominava su tutti, provvedeva alle necessità economiche

del proprio nucleo, mentre la donna si prendeva cura della casa e aveva il compito di educare i figli. I figli maschi, una volta raggiunta una certa età, imparavano dal padre il mestiere e tutti quegli atteggiamenti necessari per diventare un capo famiglia. E infine, le figlie femmine aiutavano la madre nei lavori domestici per diventare casalinghe. Nella società odierna, la parola famiglia ha assunto un significato differente da quello dato nei tempi passati. Ci accorgiamo che quel focolaio domestico che abbiamo conosciuto non corrisponde più alla realtà. A cambiare sono soprattutto i rapporti reciproci tra i membri della famiglia. I figli prima aiutavano i genitori, invece ora si dedicano a se stessi, trascorrono molte ore a letto e a differenza dell’adolescenza dei loro genitori, si trovano dinnanzi a un mondo cambiato, dove al centro di ogni cosa vi è la tecnologia. Ciò comporta anche un riflesso nella società, si passa da un profondo senso di comunità a uno spiccato individualismo.

Il matrimonio ora è inteso come una semplice unione, che potrebbe anche finire da un giorno all’altro. Un fenomeno, infatti, sempre più diffuso è quello del divorzio. Su tale tema, è nata una serie TV “I Cesaroni”. Si parla di una famiglia allargata composta dai due coniugi e la rispettiva prole. Avendo avuto un enorme successo, deduciamo che la collettività abbia ormai accettato questi cambiamenti. La donna ha, anche, acquisito la consapevolezza del suo ruolo nella società e oltre ai lavori domestici svolge un lavoro fuori casa. L’educazione dei figli non è più prerogativa della mamma, ma viene affidata oltre che alle scuole e altre istituzioni, sempre più spesso a baby sitter. Dove andremo a finire e come? Francesca Leo Noemi Panzera

Convivenza: pro e contro Convoliamo a nozze?! No, grazie! Ormai la società di oggi è cambiata. Sono molte le coppie vip e non che È vero invece di sposarsi scelgono di conviche dopo vere. Molti lo fanno perché non vogliono affrontare un’esperienza i confetti così importante come il matrimonio. E c’è chi ha addirittura dichiaraescono to che la convivenza potrebbe essei difetti? re il primo passo verso un rapporto abitudinario. Altri invece pensano il contrario, che una relazione può dirsi consolidata solo davanti all’altare e che non potrebbero sopravvivere senza il loro partner sempre vicino. Chi ha ragione? Innanzitutto bisogna dire che convivere con il proprio partner non è come fare una vacanza di due settimane. Perché in questo caso ci si sveglia la matti-

na con la voglia di divertirsi, senza la preoccupazione di fare il letto, preparare la colazione, il pranzo, fare il bucato o andare alla posta a pagare le bollette. Gli unici pensieri sono andare al mare, fare lunghe passeggiate il pomeriggio, uscire la sera. Ma la vera e propria convivenza non dura solo una settimana, non è un viaggio di piacere, non ha una scadenza. Per i primi giorni sembra quasi una vacanza, ma dopo settimane iniziano ad arrivare i problemi seri. Si devono contenere le spese, perché non si è a carico di nessuno e non si è in un albergo, i conviventi devono contribuire a collaborare in casa e a dividersi i compiti, devono cercare di stabilire un ordine psicologico per mantenere la coppia in equilibrio. Grazie a questa esperienza alcune coppie riescono a realizzare il concetto di unione e di condivisione, e soprattutto riescono a capire se sancire la coppia di fatto con il

matrimonio oppure separarsi e ricominciare la vita normale di tutti i giorni precedente all’esperienza stessa. Grazie anche a dati statistici sappiamo che il 46,7 % degli interessati sceglie di convivere anziché affrontare un grande passo come il matrimonio perché teme il risultato che il connubio potrebbe portare. Quindi ricapitolando l’unione di fatto per molti suoi aspetti è preferita dalla gran parte delle coppie italiane perché consente loro di misurarsi con la vita insieme ma non li vincola per sempre. Andrea Barletta


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Essere bamboccioni: una scelta o un obbligo? Sembra proprio che i bamboccioni siano in aumento. Già, proprio gli stessi ragazzi che in Inghilterra devono lasciare la casa paterna una volta maggiorenni per non pagare una specifica tassa alla propria famiglia contribuendo alle spese quotidiane. In Italia invece, giustamente ma anche per sfortuna, preferiscono restare a casa nonostante l’età inoltrata. Alcuni approfittano della mamma, che farebbe di tutto pur di non lasciare i figli, non avventurandosi così nella vita reale! Altri re-

stano a casa perché non hanno altra alternativa. Si parla tanto di “bamboccioni”,

ma ci si chiede, però, se in realtà non siano le mamme bamboccione! Sembra che nelle madri vissute nel grande periodo rivoluzionario del ‘68, invece di quel senso di responsabilità e consapevolezza dei propri diritti e doveri, sia rimasto solo un senso di superficialità e irresponsabilità. D’altronde parte di quei genitori sessantottini, che facevano i rivoluzionari, godevano sempre dei benefici familiari. Attaccavano la polizia, occupavano le università, ma venivano lo stesso sempre considerati dall’opinione pubblica positivamente. E questi sessantottini non poteva-

no far altro che mettere al mondo una generazione di veri e propri irresponsabili. Troviamo, infatti, madri individualiste che non vogliono assumersi il compito di educare i figli affinché riescano a trovare la propria identità e autonomia, egocentriche, disinteressate della loro vera formazione, incapaci di indicargli la giusta via perché implicherebbe troppi sforzi. Troviamo anche, al contrario, madri iperprotettive, con la paura di lasciare i propri figli in balia del mondo e delle sue difficoltà. Senza il coraggio di staccarsi dai propri “pargoli”, li convincono a restare sempre a casa nell’agio che ovviamente non dispiace! Ma ci sono soprattutto padri inesistenti, rottamati, svuotati dei loro poteri, aggrediti da una cultura che gli attribuiva quel principio di autorità, regressivo e reazionario, che blocca lo sviluppo dei figli, ne impedisce l’emancipazione e ne reprime la libertà. Da questa realtà è molto difficile per un giovane uscire fuori con una propria identità, con un proprio carattere capace di affrontare le sfide di questo tempo, da qui l’egoista volontà di restare a casa, aggiunta alle scarsissime occasioni

L’anoressia “divora” ragazze ll 5% delle donne tra i 13 e i 35 anni soffre di disturbi del comportamento alimentare. Il fenomeno della colpisce anche giovani adolescenti moda ha di sesso maschile. A volte basta poco per vincere sulla vita. favorito L’anoressia ruba un pezzettino di esistenza a tante persone. Essenmodelli zialmente donne, ma non solo. sbagliati Bambine, donne adulte e soprattutto adolescenti ogni giorno si scontrano quotidianamente con un corpo che non amano, il loro e che vorrebbero modificare con una dieta dimagrante. È così che spesso inizia il drammatico percorso verso una patolo-

Il mondo

gia seria che può portare a una serie di pericolose complicanze e, in alcuni casi, alla morte. Come si riconosce l’anoressia? I sintomi possono essere comportamentali e fisiologici. I primi sono l’inizio di una dieta con alti obiettivi di dimagrimento, l’alterata percezione del proprio corpo, l’ossessione per il cibo che porta a isolarsi e provocarsi il vomito. I sintomi fisiologici sono la perdita di peso, di massa grassa, scomparsa del ciclo mestruale, si rovinano i denti, iniziano a cadere i capelli, gonfiori addominali, infine depressione e scarsa autostima. Tutti questi elementi sono comuni a molte storie.

lavorative. Giovani, da sempre abituati a vivere in casa, con madri che li “cullano”, gli offrono tutti i servizi e le comodità: dalle faccende domestiche alle spese economiche. Comfort irrinunciabili per i giovani (e meno giovani) di oggi. A tutto ciò si aggiungono le scarsissime opportunità di lavoro, dovute alla corrente crisi economica. Poiché il lavoro è divenuto troppo caro rispetto al costo del capitale, le imprese decidono di sostituire gli individui con le macchine. Queste perdite di posti di lavoro sono, ovviamente, una pessima notizia per le persone colpite e per chi spera di essere assunto. E i giovani, in notevole difficoltà nel trovare lavoro, impossibilitati dalla mancanza di soldi a rendersi indipendenti e ad allontanarsi dal focolare domestico, sono costretti a essere a lungo assoggettati ai genitori. Tutto ciò si riflette nello sconforto di quei ragazzi volenterosi che vorrebbero essere utili alla società, e anche nei “veri” bamboccioni ma in minore misura. Pierpaolo Pastore Natalia Proto


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L’anoressia si può vincere. Ma non va sottovalutata perché conduce alla morte come è successo a Isabelle Caro

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Ricordiamo tra tutte la testimonianza di Isabelle Caro che rappresenta il simbolo della lotta all’anoressia (anche se nel 2010 è morta proprio a causa della malattia). Il suo corpo da top model aveva raggiunto i 31 chili. La donna si è raccontata anche in un libro testimonianza. Una storia toccante tanto da farci capire cosa è effettivamente questa malattia. L’improvvisa notorietà aveva dato alla ragazza uno spunto in più per lottare contro la malattia, ma non era facile. Nel 2007, quando il fotografo Oliviero Toscani l’aveva scelta per un servizio fotografico, pesava 31 chili ed era alta 1,64 m. Aveva già iniziato un percorso di rinascita: l’anno precedente aveva toccato i 25

chilogrammi di peso. Uno scricciolo di donna, che ha avuto il coraggio di mettersi a nudo, sulle foto e sulle pagine di un libro per indurre altre ragazze a non barattare la fama nel mondo della moda con la propria salute. La sua autobiografia è stata pubblicata in Italia da Cairo Editore nel 2009: “La ragazza che non voleva crescere. La mia battaglia contro l’anoressia”. Un libro in cui si racconta e ci spiega cosa c’è dietro la sua malattia, dietro il suo corpo tutto ossa. Ecco qualche stralcio dell’intervista che Isabelle ha rilasciato a Repubblica nel maggio 2009: “Nel mondo della moda, ad esempio, il problema non è risolto. Hanno votato delle leggi per vietare le modelle troppo magre, ma si continua a chiedere alle ragazze di perdere peso. Lo dico perché l’ho visto. Ero nella giuria di un concorso, alcuni stilisti che facevano parte della commissione dicevano alle ragazze, magari quindicenni, che avrebbero dovuto dimagrire. Quegli stilisti erano gli stessi che avevano votato a favore del divieto“. In merito alla guarigione ha detto: “Studiare ogni singolo caso, ascol-

tare, amare chi non è capace di amarsi da solo“. Molte sono anche le storie di guarigione. L’anoressia si può sconfiggere, lo affermano le giovani protagoniste della campagna di sensibilizzazione proposta dall’ABA (l’Associazione per lo studio e la ricerca sull’anoressia, la bulimia, l’obesità e i disordini alimentari). L’iniziativa è stata presentata a Milano in occasione del ventennale dell’Associazione guidata e fondata da Fabiola De Clercq, una delle prime donne che ha combattuto e vinto sulla malattia anche e soprattutto impegnandosi socialmente. L’assessorato alla Salute della capitale lombarda ha concesso il patrocinio all’iniziativa che si attuerà con la diffusione e l’affissione in tutta la città delle foto di alcune ragazze sorridenti e in salute che dichiarano di aver sconfitto la malattia. Si tratta di un messaggio di solidarietà nei confronti di tutte quelle ragazze che continuano a soffrire silenziosamente. Non solo adolescenti. Sabrina Nica

Bioetica: la scienza al servizio della vita ...ma nel rispetto della morale La ricerca scientifica deve porsi dei limiti oppure ogni tipo di sperimentazione è lecita, purché raggiunga il risultato per il quale è stata intrapresa? Il rischio è che rispondendo a questa domanda emergano posizioni preconcette, partendo però sempre dal presupposto che non è possibile essere perfettamente neutrali su questo, come su altri argomenti. La ricerca può giungere a risultati importanti riguardo a tumori o altre malattie inguaribili. Può aiutare a risolvere il problema della fame che coinvolge molte popolazioni mondiali, e a donare la gioia di avere un figlio anche a chi non può provarla altrimenti. Tuttavia gli scienziati stessi che si trovano a sperimentare e a modificare i meccanismi della vita, hanno ritenuto opportuno

riflettere sui loro lavori, sul comportamento da adottare in certi casi, e così è nata la bioetica. La filosofia illuminista ci ha insegnato che esistono non solo diritti civili, ma anche diritti naturali dell’uomo, pertanto, giustamente, gli scienziati si chiedono se, in una o nell’altra situazione, stanno violando i diritti di qualcuno. Un conto, infatti è che l’uomo operi su una materia inerte, un altro conto è che operi su un altro uomo. È corretto quindi servirsi delle nuove scoperte tecnicoscientifiche, ma salvaguardando i diritti che ciascun uomo ha sin da quando nasce. Infatti, se non è giusto frenare il progresso umano con principi e credenze tese solo a fermarlo, d’altra parte non è legittimo subordinare al profitto personale (o di

alcuni…) ogni tipo di ricerca. Non si può dire a un medico “ho bisogno di un organo da trapiantare”, comportandosi con lui come ci si comporta con un commerciante qualsiasi. Ci si dovrebbe prima chiedere: “Da chi è stato espiantato quell’organo? Per caso, per curarmi, si sono lesi i diritti di qualcun altro?”. L’autonomia della scienza, insomma, non può essere liberazione dall’etica, altrimenti passeremmo dall’umanesimo all’utilitarismo, subordinando tutto all’appagamento di bisogni personali, scavalcando i diritti degli altri, o creando i presupposti per un’involuzione, invece che un miglioramento. Tuttavia questo non vuol dire che la ricerca debba essere inibita. La bioetica non è un ostacolo alla


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scienza, ma un aiuto, affinché questa operi nel rispetto della morale. Bisognerebbe esaminare ogni situazione in modo approfondito. Prima di esprimere una propria

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opinione occorre documentarsi con scrupolo e solo dopo prendere una decisione, che sia condivisa dalla maggioranza e non imposta dall’alto. La prospettiva da cui osservare il singolo problema, in ogni modo, è che non tutto quello che può dare un vantaggio immediato segue per forza la procedura corretta. Magari, a lungo andare, ci si potrebbe trovare di fronte a risultati sfavorevoli di cui spesso ci si accorge quando ormai è troppo tardi. L’importante è che non si applichi il criterio che “sono stati spesi dei

soldi”. Bisogna andare fino in fondo sempre e comunque prima di operare una scelta definitiva, altrimenti prevarrebbe l’interesse imprenditoriale-economico su quello della persona. La soluzione è quindi quella di usare la ragione. Al di là dei suggerimenti interessati dei laboratori di ricerca o dei talkshow serali, la nostra è una responsabilità diretta ogniqualvolta siamo chiamati a esprimere un’opinione o un voto, a prendere una posizione autonoma e ben ponderata. Francesca Leo Noemi Panzera

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La bioetica non inibisce il progresso ma aiuta la scienza a rispettare i diritti naturali dell’uomo

La legalità: inizia con i giovani ….perché non c’è legalità senza cultura Un concetto forse troppo complicato: il rispetto delle regole per una società più giusta. Ma molti uomini hanno speso e spendono tutt’ora l’intera vita a riguardo. Anche la scuola può essere protagonista nella diffusione della cultura della legalità, per una migliore convivenza. “Purtroppo i giudici possono agire solo in parte nella lotta alla mafia. Se la mafia è un’istituzione antistato che attira consensi perché ritenuta più efficiente dello Stato, è

compito della scuola rovesciare questo processo perverso, formando giovani alla cultura dello Stato e delle istituzioni” (Paolo Borsellino). La legalità non è una lezione che si può apprendere a memoria, né una materia opzionale. Ma è un progresso per rendere i giovani consapevoli della necessità del rispetto delle regole. Infatti vivere la

legalità è vivere nella consapevolezza che non vi sono scorciatoie nella vita e che la via più breve ha sempre un prezzo alto che prima o poi dovrà essere pagato. Pertanto si potrebbe definire che la legalità è lo strumento di tutti, anche di chi non ha potere. Diventa di fatti tutela dalla violenza, dall’arroganza e dagli abusi di chi pensa di essere più forte. La legalità però esige partecipazione, capacità di critica ma soprattutto di autocritica. Perché comunque si condivide solo cogliendone le ragioni profonde per metterle poi in pratica. Spesso purtroppo la legalità viene meno perché, come dicevano Machiavelli e Guicciardini, gli uomini agiscono nel proprio interesse. Non sono per niente generosi. E di questo deve prenderne atto il politico affiancato dalla società in cui opera. Forse nel mondo attuale non si considera illegale guidare parlando al telefono, fare uso di droghe e di sostanze stupefacenti. Ma lo è. E questa non conoscenza è proprio alla base dei mali che emergono nella società quali criminalità di ogni genere, anche in ambito informatico con la cosiddetta pirateria. Come affermava Socrate molto probabilmente l’uomo compie il male per-

ché è ignorante del bene, è essenziale dunque educare l’individuo alla completa socializzazione. Anche Pietro Grasso, nella prolusione per l’inaugurazione dell’anno accademico dell’università mediterranea affronta questo tema sostenendo il principio secondo il quale non c’è legalità senza cultura. Si tratta dunque di lavorare su due piani. Innanzitutto sul piano della cultura per spostarsi parallelamente su quello della legalità. La cultura, la conoscenza aprono la nostra mente alla riflessione e al coraggio, al rispetto degli altri e alla tolleranza; ci rendono migliori, ci rendono più liberi. Ci educano al non silenzio. Ci rendono uomini capaci di pensare con intelligenza. Perché oggi si può, si deve scegliere da che parte stare! Carmela Santoro Giovanna Suma

La cultura, la conoscenza aprono la nostra mente alla riflessione e al coraggio, al rispetto degli altri


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La mafia, le mafie In Italia la più grande organizzazione criminale è la mafia che a seconda del luogo in cui si trova ha nomi diversi: “Cosa Nostra” (Sicilia), ”’Ndrangheta” (Calabria), “Camorra”, (Campania), ”Sacra Corona Unita” (Puglia). La mafia è coinvolta in giri loschi: prostituzione, droga, traffico di uomini ecc. Questa organizzazione criminale è pericolosa e agisce silenziosamente. La mafia si può dividere in due tipi: quella “bianca” (si attiva direttamente per influenzare le scelte e la gestione della cosa pubblica) e quella “nera” (gestisce droga, gioco d’azzardo, traffico di prostitute, traffico d’organi, ecc.).

Purtroppo anche se si arrestano boss, usurai, assassini il problema non si risolve. Bisogna prevenire la criminalità, non avendone paura, unendosi tutti insieme per combatterla e diffondendo la cultura della legalità. Molti uomini sono morti a causa della mafia, uomini che hanno combattuto consapevoli che le loro idee sarebbero rimaste nei cuori di tutti. Consapevoli di rischiare la vita per una causa giusta e che tanti altri uomini si sarebbero adoperati per portare avanti quegli ideali. Ricordiamo Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e tutte le persone al loro fianco che sono morti a causa

della mafia. Roberto Saviano dal 2006 vive con la scorta per aver denunciato la criminalità. E tanti altri uomini come lui vivono sotto protezione per non essere uccisi. Non dobbiamo avere paura di alzarci e combattere. No! Affrontiamo i problemi di questa vita per un mondo migliore.

Bisogna prevenire la criminalità tutti insieme non avendone paura

Clelia Milone

Lavoro minorile, bambini soldato... Fotografia della sofferenza infantile

Sette registi in altrettanti paesi (tra i quali l’Italia), nel 2005 hanno realizzato il documentario “All the invisible children” i cui proventi sono devoluti al World Found Program dell’Unicef. Il comune denominatore del progetto è stato la condizione di degrado nella quale si ritrovano milioni di bambini, molto spesso anche tra le mura di casa: dall’adolescente coinvolto nella microcriminalità napoletana al dodicenne-soldato africano. Bambini che vivono in condizioni disumane e che ogni anno muoiono per fame o per altre cause evitabili. Lo sfruttamento e il lavoro minorile è una di queste cause. Un fenomeno presente anche nell’occidente industrializzato, ma particolarmente diffuso in Africa, Asia e America Meridionale. All’inizio degli anni Ottanta i piccoli lavora-

tori erano stimati in oltre 5 milioni, ora sono oltre 100 milioni. Per secoli queste popolazioni sono state sfruttate, colonizzate, ridotte in schiavitù, spogliate delle loro risorse naturali, espropriate delle loro terre. Interi popoli sono stati sterminati. La loro struttura sociale è stata stravolta imponendo il nostro sistema di sviluppo economico a tutto vantaggio dei paesi sviluppati. A queste ragioni si devono aggiungere gli sconvolgimenti climatici causati principalmente dai paesi industrializzati con l’inquinamento. Ma di cui sono proprio i paesi del Terzo mondo a pagare le conseguenze maggiori: siccità con conseguenti carestie sempre più frequenti da un lato e aumento esponenziale dei fenomeni climatici violenti come inon-

dazioni, uragani ecc.. dall’altro. Sempre più diffuso è anche il fenomeno dei “bambini soldato” cioè di fanciulli impiegati in operazioni militari. Utilizzati direttamente nelle ostilità, in ruoli di supporto (vedette, messaggeri, spie) oppure come strumenti politici (scudi umani o veicoli di propaganda). In diversi momenti della storia e in molte culture, i minori sono stati coinvolti in campagne militari anche quando la morale comune lo riteneva riprovevole. A partire dagli anni Sessanta sono state firmate numerose convenzioni internazionali allo scopo di limitare la partecipazione dei bambini alle guerre. Nonostante questo però, sembra che il loro impiego negli ultimi decenni sia aumentato. Il rapporto-globale sui bambini soldato analizza il comportamento dei governi e dei gruppi armati in 180 paesi. I bambini soldato, infatti, non sono reclutati solo nei paesi in via di sviluppo ma anche in quelli già sviluppati dove ci sono leggi che consentono l’utilizzo di minori nei conflitti. Più di 300.000 bambini combatto-

no attivamente negli eserciti in più di 40 paesi al mondo. A sostegno dei bambini maltrattati e abbandonati operano in Italia e nel mondo diverse O.N.L.U.S. (Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale). “Bambini del Mondo”, per esempio, è un’associazione che lotta da anni contro i pregiudizi razziali, cercando di aiutare tutti i bambini, senza distinzione di etnia, nazionalità, religione. “Bambini del Mondo”, progetto avviato nel 2001, nasce dal desiderio degli associati di condividere le esperienze maturate in diversi ambiti di volontariato. Una comune idea d’amore legata ai bambini bisognosi e il desiderio di contribuire attivamente a garantire loro un futuro migliore è l’obiettivo che instancabilmente i volontari perseguono. L’associazione, che ha dato e continua a dare il proprio supporto a progetti internazionali, opera soprattutto in Kenya, in Kosovo e in Armenia, oltre che in Italia. Serena Lacorte Vittoria Schifone


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I diritti degli animali lesi dalla moda Rettili scuoiati per produrre accessori L’associazione animalista Peta (People for the E t h i c a l Treatment of Animals), che da sempre difende e rivendica i diritti degli animali, ha lanciato lo scorso inverno la sua nuova campagna contro il designer di moda Hermes. La maison di moda francese, infatti, che ogni stagione ci propone le sue collezioni, maschili e femminili, di abiti e di accessori è stata al centro di un’organizzata protesta

da parte del gruppo, poiché la sua nuova collezione prevedeva l’utilizzo di pellami esotici. L’organizzazione Peta ha infatti investigato nei siti di produzione del pellame, girando un video in cui si mostrano baby coccodrilli, serpenti e

lucertole che vengono uccisi senza seminuda e con la pelle dipinta seguire normative per la procedu- che richiama quella dei serpenti. ra di macellazione ante Una forma di promortem, come lo storditesta originale, che mento degli animali, ma L’associazione non solo ha attirato sono lasciati agonizzare. l’attenzione dei Peta protesta passanti, ma soImmagini davvero molto contro la prattutto ha destaforti. La richiesta rivolta al to clamore e ilarità fashion brand francese è maison Hermes in tutto il mondo. stata chiara e semplice: Di sicuro questa gli attivisti che difendono che lascia iniziativa non lascegli animali hanno chiesto agonizzare rà indifferenti le a Hermes di cessare di utilizzare pellami di anicase di moda intergli animali nazionali. mali esotici per realizzare i suoi capi di moda. ALuna Fattizzo shley Bruno, attivista del gruppo Vincenzo Fattizzo Peta, si è presentata così in una delle strade del centro di Bangkok

Il nucleare in Italia è necessario? La stretta di mano tra Sarkozy e generazione, assolutamente sicuBerlusconi del 9 aprile 2010 ha re, ma in realtà queste centrali sancito il definitivo ritorno dell’Ita- hanno subito solo miglioramenti lia tra i paesi favorevoli all’atomo evolutivi sul design e non hanno civile. Nonostante il premier sa- avuto innovamenti sostanziali sui pesse di dover anche convincere principi di funzione. E i piccoli l’Italia pubblica sulla sicurezza del- miglioramenti derivano da sperile centrali nucleari. mentazioni effettuate sui reattori Ma sappiamo bene che il nuclea- di II generazione. re è un sistema che nasce Non esiste poi nessun dall’estrazione di uranio Il nucleare posto sicuro per le nelle miniere, passa per gli scorie, pensate solo impianti di arricchimento non è sicuro, un attimo a quanto del combustibile, per la cenpotranno essere nenon è trale con uno o più reattori, fande le contaminae continua con lo stoccag- economico zioni. gio delle scorie. Analizzando il nucleae non ci E quando finisce? Mai, lo re dal punto di vista stoccaggio delle scorie, che economico notiamo renderebbe viene chiamato in modo la sua antieconomicielegante smaltimento, dura indipendenti tà, in quanto nessuno dai 300 al milione di anni. ha ancora stilato un L’estrazione dell’uranio di per sé bilancio definitivo del costo. non è certo un’attività salubre per L’uranio non ci renderà indipenl’alta radioattività del materiale e denti energicamente, perché non per la respirazione delle polveri abbiamo miniere di uranio da ex sottili. colonie, non abbiamo impianti di Berlusconi e i suoi esperti ci ripe- arricchimento e quindi dipendetono che saranno centrali di III remo da altri stati e dovremo

pagarlo al loro prezzo e l’uranio nel giro di pochi anni ha duplicato la sua valutazione. Il nucleare è a basso costo per i cittadini, solo se vi è un imprenditore privato disposto a costruire tutto “il sistema” e soprattutto a occuparsi delle scorie. Se invece le spese saranno sostenute dallo stato e quindi da noi, il costo esorbitante delle centrali ricadrà quindi sulle nostre spalle, attraverso le bollette. Grande sarà l’antidemocraticità della scelta nucleare in quanto dipenderemo sempre da una fonte centralizzata pubblica o privata. Che il nucleare sia “pulito”, è vero nel senso che è “carbon free”, ma dire che le scorie sono pulite è un’assurdità. Solo nella fase della centrale non si produce Co2 ma in tutte le altre sì, anzi solo la fase estrattiva produce Co2, come da studio effettuato, quanto una centrale a gas e inoltre, già in questa fase c’è un enorme spreco di acqua. Vengono ignorate opinioni come quella del CNEL (consiglio nazio-

nale di economia e lavoro), secondo cui per i prossimi vent’anni non c’è una domanda elettrica aggiuntiva che giustifichi la costruzione di nuove grandi centrali nucleari in Italia. Il futuro dell’Italia risiede invece nelle fonti rinnovabili che secondo alcuni studi offrirebbero ben 100.000 posti di lavoro entro il 2020. Il settore veramente trainante dell’energia italiana è quello delle fonti rinnovabili, che inoltre potrebbe far rispettare maggiormente gli impegni presi in sede europea. Pierpaolo Pastore


Italia-Serbia: teatro di violenza

Doveva essere una festa. Finalmente lo stadio Marassi sarebbe stato teatro di una partita della Nazionale che da Genova mancava da anni. E invece le scolaresche di bambini e le tante famiglie presenti allo stadio lo scorso ottobre hanno dovuto assistere allo sconcertante degrado offerto da persone che non meritano di essere chiamate “tifosi”. Già nel pomeriggio si respirava un’aria di violenza con tre fermi e quindici feriti serbi negli scontri con la polizia in città. La situazione è precipitata dentro lo stadio quando a dieci minuti dall’inizio della partita circa 1.600 ultras

serbi nel settore ospiti hanno cominciato a lanciare fumogeni verso la vicina gradinata nord riempita da tifosi italiani. Il lancio è proseguito verso il campo, nonostante l'intervento dei vigili del fuoco, ed è stato accompagnato anche dall’esplosione di una bomba carta. La polizia, in assetto antisommossa, si è schierata a bordocampo al di là della recinzione che circonda i tifosi stranieri. Intanto sono iniziate le scaramucce con i tifosi italiani in curva nord, provocati, che hanno risposto innaffiandogli con un idrante. Gli agenti della Digos hanno cercato di convincere a scendere una

decina di ultras, che hanno sollevato la rete della “gabbia” e si sono appollaiati sulla recinzione. Intanto le squadre sono entrate in campo. I giocatori ignari di tutto, si sono guardati intorno spaesati. Il minuto di silenzio previsto in onore dei militari italiani deceduti in Afghanistan è stato completamente ignorato poiché sovrastato da fischi e urla. Era chiaro che così non si poteva giocare. L’arbitro scozzese Thomson ne ha preso atto e ha mandato le due squadre negli spogliatoi. Dopo qualche minuto i giocatori sono rientrati in campo e la squadra serba al gran completo ha provato a placare gli animi dei suoi tifosi invano. Finalmente alle 21.27 con 37 minuti di ritardo la partita ha avuto inizio. Tempo di sentire i fischi dei tifosi italiani ogni volta che la Serbia prendeva palla e di vedere un rigore a favore dell’Italia trasformato dall’arbitro in punizione. Precisamente alle 21.38 è arrivata la decisione finale: la partita viene sospesa e vengono fatti evacuare dallo stadio i normali tifosi. Nello stadio riman-

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gono solo gli ultras e la polizia. Gli scontri, fuori e dentro lo stadio fra polizia e ultras sono andati avanti fino a notte inoltrata con il risultato di una quindicina di feriti fra cui un carabiniere e un poliziotto. Arrestati alcuni ultras fra cui Ivan Bogdanov che con le sue braccia tatuate e il suo passamontagna era stato il vero protagonista della serata. La decisione della Uefa nei confronti della Serbia non è stata delicata: vittoria dell’Italia 3-0 a tavolino, tre partite casalinghe a porte chiuse e l’esclusione per i prossimi due anni della nazionale serba dall’Europeo. Tutta questa vicenda non può che far interrogare seriamente le istituzioni calcistiche riguardo alla sicurezza negli stadi: dov’erano le autorità quando i 1.600 ultras serbi sono tranquillamente entrati nello stadio con fumogeni, petardi e bastoni? Paola Cavallo Caterina Tondo

“Arbitro”: un mestiere faticoso In un campo di calcio i calciatori sono spesso acclamati tanto quanto disprezzati. Ma il più delle volte i soggetti di frasi scurrili, provenienti dagli spalti e non solo, sono gli arbitri. Coloro che ricoprono quel ruolo tanto detestato e che hanno ormai assunto come secondo nome quell’appellativo che allude alla fedeltà delle loro consorti. Purtroppo ancora oggi non si riesce a comprendere quali e quanti sacrifici ci siano dietro il lavoro dei giudici di gara costretti durante tutta la settimana a faticosi allenamenti ai quali si aggiungono gli impegni lavorativi e quelli che scaturiscono dalla loro vita privata. Si incomincia a essere definiti arbitri fin da subito, fin da quando si completa

il corso e una volta superati gli esami scritti e fisici si inizia a dirigere gare del settore giovanile provinciale prima, regionale poi. Ma tale titolo si merita a pieno quando ci si proietta nel settore professionistico, passando per categorie intermedie regionali, fino ad arrivare ai tornei che si svolgono a livello nazionale. Queste comportano un confronto diretto con altri colleghi, dato che durante le partite si viene affiancati da due assistenti arbitrali, detti anche guardalinee che hanno il compito di coadiuvare l’arbitro nel suo lavoro. Alla così detta terna arbitrale si aggiunge il più delle volte il quarto uomo che, collocato tra le due panchine, si occupa di monitorare il comporta-

mento dei componenti di esse, di segnalarlo se ritenuto inadeguato al direttore di gara, e di sostituire quest’ultimo in caso di un infortunio. La figura dell’arbitro, che oserei definire dannata, non è solo oggetto di diffamazioni e insulti, ma in alcuni casi si parla di fenomeni ben più gravi, come minacce e violenze. Ne è un esempio la vicenda del giudice di gara inglese Howard Webb che durate gli europei del 2008 subì minacce di morte da parte dei tifosi della Polonia per un presunto rigore non dato. Tanto che la sua famiglia che si trovava in Inghilterra, protagonista di gravi intimidazioni, fu messa sotto scorta. Questi episodi, uniti all’abituale violenza gratuita che si consuma dentro e

fuori dagli stadi, non fanno altro che rendere riprovevole questo mondo a chi lo guarda con gli occhi di un semplice spettatore che si vuole divertire. Tuttavia non riescono ad arrestare la voglia e la curiosità di chi si affaccia al mondo dell’arbitraggio per la prima volta, anzi forse divengono motivo di riscatto per certi giovani che entrano a far parte di questo mondo proprio per cercare di cambiarlo. Oscar Pronat


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Volere è potere

“We want sex”: donne alla conquista dei diritti Questioni di genere

Nel 1968 le donne che lavoravano nella Ford venivano pagate molto meno degli uomini.

“We want sex”. Il film uscito a dicembre 2010 che celebra il movimento sindacale femminile sembra aver fatto molto successo. La storia è ambientata nel 1968 nell’Essex, contea dell’Inghilterra orientale, in una fabbrica Ford. Vi lavorano 55.000 operai uomini (stipendiati dignitosamente) e 187 donne che si occupano della cucitura e della rifinitura della pelle che ricoprirà i sedili e le portiere delle automobili realizzate dai colleghi uomini. Ma la situazione precipita quando questi ultimi vengono trasferiti nella nuova sede lasciando le donne in quella vecchia, mal ridotta e decadente, dove continuano a lavorare però declassate, senza qualifica. Organizzano pertanto una rivolta capeggiata da Rita O’Grady. All’inizio la protesta assume dei toni ingenui ma successivamente si inasprisce fino a raggiungere il Parlamento. Qui le donne chiedono prima di percepire lo stesso salario dei colleghi uomini, poi chiedono di essere trasferite nella nuova sede. Danno così vita al primo sciopero con

l’efficace sostegno della parlamentare Barbara Castle. L’idea di girare “We Want Sex” nasce dalla visione di un programma radiofonico chiamato “The Reunion”. Quando allo show parteciparono le vere donne che cambiarono la storia scioperando nel ’68, il produttore Stephen Wooley ingaggiò il regista del brillante film britannico “Calendar Girls” Nigel Cole, incontrò le “ragazze” di Dagenham e discusse con queste le potenzialità di una sceneggiatura che riproponesse la loro esperienza. Il film non vuole solo celebrare il “girl power” ma soprattutto vuole far conoscere fatti realmente accaduti e che restano sconosciuti persino a Londra stessa. L’interesse suscitato dal film sta proprio nel fatto che esso abbraccia i temi più attuali e più sentiti in modo particolare dal pubblico femminile. La grande forza della pellicola di Nigel Cole sta tutta nell'ironia:

lo scopo preposto è quello di raccontare un tema drammatico come quello della disparità tra i sessi con un tono brillante, proprio come il carattere di questo gruppo di donne spigliate, grintose, a volte anche un po’ volgari. Colpisce lo spirito della leader che si presenta intelligente, ironica, sfacciata, con una vera voglia di cambiamento. Senza mai cadute di stile la pellicola diverte, emoziona ed entusiasma, e ciò grazie alla funzionale regia di Cole. La direzione degli attori e la musica si sposano piacevolmente senza mai cadere nel banale. Una commedia equilibrata che quindi oltre a strappare grosse risate offre spunti di riflessione. Natalia Proto

Per questo motivo decisero di scioperare

Proteggi la donna che sarai... Di cancro all’utero non si muore più. Basta essere informati in giovane età

L’amore, se si è superficiali, può distruggere la vita di una donna… Pensaci prima...

In Italia circa 3500 donne ogni anno sono colpite dal tumore al collo dell’utero. L’incidenza maggiore si ha attorno ai 45 anni di età, mentre è assente sotto ai 25 anni. Nonostante questo, è proprio da giovani che si può e si deve prevenire. Il principale responsabile del tumore al collo dell’utero è il virus HPV e si contrae per via sessuale attraverso rapporti non protetti. Oggi la prima arma di prevenzione è il Pap Test, un esame citolo-

gico che indaga le alterazioni delle cellule del collo e della cervice dell’utero. L’esame è semplice e innocuo e permette di identificare la presenza di lesioni anche piccolissime curan-

dole prima che si trasformino in tumore. Vista la diffusione del fenomeno, in Europa recentemente è stato autorizzato l’uso dei vaccini antiHPV. In particolare l’Italia è stato


LIBERAMENTE

LILLA

il primo Paese in Europa a offrire alle giovanissime l’immunizzazione contro il Papilloma virus. Dal 2008 il vaccino è stato somministrato gratuitamente a tutte le 12enni, presupponendo che a quest’età le ragazzine non siano ancora attive sessualmente. L’utilità di questo vaccino infatti è dimostrata in bambine e donne di età compresa tra 10 e 26 anni e per sfruttarne al meglio l’efficacia il vaccino dovrebbe essere somministrato prima di avere il primo rapporto sessuale. Questo perché a seguito del rapporto (se non protetto) si potrebbe già essere state infettate dal virus. È emersa anche la necessità che ragazze e famiglie siano più informate. Vaccinarsi significa perciò prevenire in maniera decisiva questa malattia. L’azione dei vaccini è infatti preventiva, non terapeutica, ed è dovuta alla somministrazione di “particelle virus-simili” altamente purificate e che quindi non possono infettare le cellule, riprodursi o causare malattia. Quando un paziente riceve il vaccino, il sistema immunitario produce anticorpi contro tali proteine. In caso di esposizione al virus dopo la vaccinazione, il sistema immunitario è in grado di proteggersi prontamente producendo anticorpi più

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rapidamente. Il vaccino può avere duplice funzione: quella di educazione sessuale e quella di educazione alla salute. Infatti secondo uno studio dell’università di Manchester pubblicato sul British Journal of Cancer otto ragazzine inglesi su 10 hanno ammesso che la puntura anti-Hpv funge anche da stimolo per riflessioni sui rischi legati ai rapporti sessuali. Per le ragazzine intervistate incombe l’imbarazzo nell’affrontare argomenti ancora tabù e il vaccino impone un dialogo sulle patologie che si trasmettono con i rapporti sessuali. Parlarne è importante proprio per chiarire le idee. Accanto all’hpv, infatti, i rapporti non protetti possono provocare diverse infezioni, dalla candida, alla sifilide, al micoplasma. Il micoplasma, per esempio, se non curato può provocare sterilità. Il dato positivo è appunto che il 79% delle ragazze ha confessato che il vaccino è

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servito a renderle più consapevoli del rischio del contagio sessuale. Le dodicenni di oggi dimostrano nel sondaggio una consapevolezza maggiore rispetto alle generazioni precedenti e la dimostrazione è in quel 42% di ragazze che ha voluto sottoporsi al vaccino, perché riteneva importante proteggersi dal cancro nonostante il rifiuto dei genitori. Ovviamente il sostegno dei genitori resta cruciale, come dimostrato dal 77% delle ragazze che si è sottoposto all’iniezione di comune accordo con la famiglia. Solo il 10% delle partecipanti è stato immunizzato contro la propria volontà. Il vaccino si è rivelato uno dei più importanti strumenti di prevenzione (così come lo è usare il preservativo). Di certo prevenire è meglio che curare e approfittare di questo mezzo può essere molto importante per la salute. Ma la scelta resta comunque vostra. Paola Cavallo Caterina Tondo

La consigliera di parità. Che fa? ...tutela la donna nel mondo del lavoro La consigliera di parità, nominata dal ministro del lavoro, è una figura che la legge istituisce per la promozione e il controllo dell’attuazione del principio di uguaglianza e opportunità e di “non discriminazione” per uomini e donne nel mondo del lavoro. È anche un pubblico ufficiale che ha l’obbligo di segnalare all’autorità giudiziaria eventuali illeciti in materia di discriminazioni: molestie, mobbing, differenza di trattamento salariale, ostacoli alla carriera, ecc. La consigliera di parità svolge un ruolo importante per la promozione dell’occupazione femminile. Sia attraverso la prevenzione e la lotta contro le discriminazioni nell’accesso al lavoro e nei luoghi di lavoro. Sia valorizzando e sostenendo la presenza e la partecipazione delle donne in tutti i campi (lavoro

e politica), attraverso attività di formazione o azioni concrete sul territorio. Per esempio con accordi territoriali con enti e aziende (pianificando gli orari di apertura degli asili in sintonia con le esigenze di lavoro delle madri lavoratrici, premiando le imprese che rispettano le esigenze di genere, dando visibilità a attività femminili, ecc.) o con campagne di sensibilizzazione al lavoro. È sempre più alto, infatti, il numero di donne, soprattutto nel Sud, che non cercano più lavoro. Oltretutto la consigliera di parità può svolgere un ruolo attivo anche sul fronte della prevenzione e della lotta alla violenza di genere. È prevista una consigliera di parità nazionale, una regionale e una per Provincia, sempre accompagnata da una supplente. La Consigliera della Regione Puglia,

Serenella Molendini, ha promosso numerose iniziative, sin dal 2004 (quando è stata eletta consigliera della Provincia di Lecce). Ha sostenuto campagne informative contro la violenza sulle donne. Dal convegno “Donne: violenza nascosta” (2007), finalizzato a sensibilizzare le istituzioni e informare le donne sul tema della violenza, al progetto “Mai più vittime!” (2008): un corso di autodifesa personale, offerto gratuitamente alle dipendenti della Provincia di Lecce e alle mogli e figlie dei dipendenti. Ha promosso concorsi per valorizzare le eccellenze femminili pugliesi in tutti i campi: impresa, giornalismo, scienza, ecc. Nel 2010 ha presentato la campagna “Immagini Amiche”, promossa in collaborazione con l'UDI (Unione donne in Italia) volta a contrastare

l’uso di immagini violente, volgari, irrispettose della dignità femminile nella pubblicità, attraverso accordi con i Comuni che si sono impegnati a non finanziare pubblicità lesive e a promuovere immagini rispettose della dignità delle donne. Giulia Conte Doriana De Gaetani Giusy Natale


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“La felicità non è in vendita!”

Cultura

“Che rumore fa la felicità?” Non è solo il titolo di una canzone dei Negrita. È la domanda del secolo. Tutto quello che cercano gli uomini è la felicità. Da sempre. La nostra società spesso la ricerca nel materialismo. Ma la felicità si trova nelle piccole cose. Quelle di tutti i giorni. Il genere umano è alla continua ricerca di quel sentimento così ambito da tutti. La felicità è silenziosa. Non fa rumore. A volte, per quanto lo siamo, non ci accorgiamo nemmeno di essere felici. Essere felici è un diritto. Diritto sancito espressamente anche in alcune costituzioni, come in quella degli Stati Uniti d’America, insie-

fornia, il “paradosso della felicità”. me al diritto alla libertà e alla vita. Secondo Easterlin quando auRinunciare alla menta il reddito la felicità umana felicità vorrebbe aumenta fino a un certo punto, dire rinunciare a poi comincia a diminuire, seguenvivere. Ma come do una curva a U rovesciata. E se invece fosse davvero come dice si ottiene questo Oswald, come spiegheremmo diritto inalienabil’insoddisfazione dell’uomo di le? La felicità, che non va confusa oggi? La risposta è semplice. L’uomo con la serenità o la gioia, è difficile cerca di riempire il suo vuoto da ottenere, a quanto pare. Non ci sono regole o manuali. interiore con i beni materiali. È L’economista Andrew Oswald tutto inutile. Se la felicità non c’è ritiene che la felicità dipenda dal non si fa altro che creare un vuoto denaro in maniera ripiù profondo. Il problema gorosamente proporè che si cerca la felicità là zionale. dove non c’è. Non è neC’è chi, per fortuna, la “La felicità è cessario avere un lavoro pensa diversamente. perfetto, il potere, o la uno stato Già Aristotele diceva “è famiglia del Mulino Bianchiaro che non è la d’animo, e come co per essere felici. La ricchezza il bene da noi felicità è uno stato cercato: essa infatti ha tale va cercata d’animo, e come tale va valore solo in quanto cercato dentro di noi. utile”. Col passare dei dentro di noi” Non è nemmeno un’utosecoli sono ancora pia. Esiste, perché una molti quelli a sostegno volta vissuta, la felicità del concetto che “la non può più essere diricchezza non produce la felicità”. menticata. È stato perciò definito nel 1974 da Richard Easterlin, professore di Letizia Di Noia economia all’università della CaliCarmen Santagada

Multiculturalità in Lilla

Il passato deve essere monito per il presente e il futuro, affinché certi “orrori” non si ripetano

Per non dimenticare... Shoa: quando l’uomo diventa una belva ''Il 150mo anniversario dell’Unità d’Italia è un’occasione preziosa, da non perdere per richiamare alla nostra memoria, all’attenzione delle giovani generazioni e alla coscienza collettiva della nazione, quel ‘da dove veniamo’ che è premessa di ogni slancio verso il futuro di una società ricca di

storia”. Così il presidente Napolitano ha ricordato l’uccisione di milioni di ebrei avvenuta settant’anni fa inserendo l’evento nei 150 anni dall’Unità d’Italia. Ha usato parole forti di dissenso per l’olocausto e di auspicio nei confronti di tutti gli Ebrei, dimostrando amicizia e solidarietà, impegnandosi a combattere il pericolo dell’indifferenza che rischia di far affievolire il ricordo.

E aggiunge che “l’intolleranza è un germe distruttivo: bisogna vigilare su nazionalismo e populismo”. L’olocausto, verità atroce, spesso negata o ignorata, non può essere dimenticato. Infatti in tutta Italia ci sono state innumerevoli celebrazioni per ricordare. Perché la Memoria è un dovere. Andrea Pesare


La “Teologia” in varie religioni!

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Chi indaga chi è Dio, chi ‘cosa’ Egli vuole La teologia è la disciplina che natura del Divino operata dai studia Dio, ovvero le divinità nei filosofi e teologi di cultura greca caratteri che le varie religioni e romana a partire dal VII secolo, riconoscono come propri del di- fino alla chiusura delle scuole vino in quanto tale. Accessoria- filosofiche e teologiche non cristiane avvenuta nel 529 mente, e in alcune relia.C. con la pubblicaziogioni, si occupa di svine del “Codex Iustinialuppare elaborazioni teOgni neum” voluto dall’imoretiche, oggetto della teologia peratore Giustiniano. E fede dei credenti. con la seguente scomCompare per la prima elabora parsa di ogni forma di volta nel IV secolo a.C. studio teologico o pratinell’opera di Platone una propria ca religiosa “classica”. “La repubblica”. concezione «Il primo motore dunNel passo: que è un essere neces«“Va bene – disse – ma del Divino sariamente esistente e tali direttive inerenti in quanto la sua esialla teologia quali postenza è necessaria si trebbero essere?”. “Più o meno queste – risposi – identifica col bene, e sotto tale come Dio si trova a essere, così profilo è principio. [...] Se, pertanandrebbe sempre raffigurato, sia to, Dio è sempre in uno stato di che lo si faccia in versi epici, o beatitudine, che noi conosciamo lirici, o nel testo di una trage- solo qualche volta, un tale stato è meraviglioso; e se la beatitudidia”». ne di Dio è ancora maggiore essa deve essere oggetto di meraviTeologia Greco-romana Per Teologia Greco-romana si glia ancora più grande. Ma Dio, è intende l’indagine razionale sulla appunto, in tale stato!».

Teologia Ebraica. Parlare di teologia nell’Ebraismo è argomento piuttosto spinoso. L’Ebraismo si è sempre preoccupato di ciò che Dio vuole che gli uomini compiano piuttosto di cosa egli sia. L’indagine sulla natura di Dio è sempre stata vista con sospetto in quanto dannosa per la fede religiosa che chiede sempre il rispetto della Legge che non può essere disturbata da un’analisi sulle sue radici. Nel mondo ebraico, inoltre, l’assenza storica di autorità politiche ha determinato che la maggior parte delle riflessioni teologiche si concentrassero, e anzi si limitassero, all’interno delle varie comunità e delle sinagoghe, piuttosto che all’interno di istituzioni accademiche specializzate.

divina, che può avvenire solo per il tramite e l’opera di un Profeta (nabi) e di un Inviato (rasul) non essendo minimamente in grado l’essere umano di concepire una realtà soprannaturale infinita come quella di Dio (Allah). Ciò nonostante l’azione interpretativa dei dotti musulmani (Ulama) o, più appropriatamente, mufassirūn, ha condotto a identificare taluni attributi divini (Sifat ) che sono stati pomo di profonda discordia fra i credenti, originando ad esempio la non conciliata dissidenza del mutazilismo.

Teologia Islamica La teologia nell’Islam è indicata dal termine arabo ‘ilm al-kalām. In senso stretto le conoscenze teologiche possono essere acqui- Ciro Lupo site solo per graziosa Rivelazione

Pablo Neruda

«La poesia è un atto di pace. La pace costituisce il poeta come la farina il pane» Una poesia mai banale, che attacca le convenzioni della sua società, i sentimenti codificati. Una poesia opposta alla purezza e alla freddezza delle poesie moderniste. Questa è la poetica di Neruda, l’uomo che ha cambiato il modo di fare poesia nell’epoca moderna. Nasce il 12 luglio 1904 a Parral (Cile), non lontano dalla capitale Santiago e rimane orfano di madre dopo solo un mese di vita. Il suo vero nome è Neftali Ricardo Reyes Basoalto. Il futuro poeta comincia presto a mostrare interesse per la

letteratura. Il padre lo avversa ma l’incoraggiamento arriva da Gabriela Mistral, futuro premio Nobel che sarà sua insegnante durante il periodo di formazione scolastica. Il suo primo lavo-

ro ufficiale come scrittore è l’articolo “Entusiasmo y perseverancia” che pubblica a soli 13 anni sul giornale locale “La Manana”. Nel 1920 per le sue pubblicazioni inizia a utilizzare lo pseudonimo di Pablo Neruda, che in seguito gli verrà riconosciuto anche legalmente. Neruda nel 1923 ha solo 19 anni e pubblica il suo primo libro: “Crepuscolario”. Già l’anno seguente riscuote notevole successo con

“Venti poesie d’amore e una canzone disperata”. A partire dal 1925 dirige la rivista “Caballo de bastos”. Intraprende la carriera diplomatica a partire dal 1927: viene nominato prima console a Rangoon, poi a Colombo. Nel 1933 è console a Buenos Aires, dove conosce Federico Garcia Lorca. Allo scoppio della guerra civile (1936) parteggia per la Repubblica e viene destituito dall’incarico consolare. Si reca quindi a Parigi. Qui diviene console per l’emigrazione dei profughi cileni repubblicani. Nel 1940 Neruda viene nomina-


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to console per il Messico, dove incontra Matilde Urrutia, per la quale scrive “I versi del capitano”. Viene eletto senatore nel 1945 e si iscrive al partito comunista. Nel 1949 dopo un periodo di clandestinità, per sottrarsi al governo anticomunista di Gabriel González Videla, fugge dal Cile e viaggia attraverso Unione Sovietica, Polonia e Ungheria. Tra il 1951 e il 1952 passa anche per l’Italia. Vi ritorna poco dopo e si stabilisce a Capri. Tra il 1955

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e il 1960 viaggia in Europa, Asia, America Latina. Nel 1966 viene fortemente criticato dagli intellettuali cubani per un suo viaggio negli Stati Uniti. Pablo Neruda riceve il premio Nobel per la Letteratura nel 1971. Muore a Santiago il 23 settembre 1973. Tra le sue opere più importanti vi sono “Residenza sulla terra”, “I versi del Capitano”, “Cento sonetti d’amore”, “Canto generale”, “Odi elementari”, “Strava-

gario”, “Le uve e il vento”, il dramma “Splendore e morte di Joaquin Murieta” e il libro di memorie “Confesso che ho vissuto”. Mariangela Corrado Sabrina Nica

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Una poesia mai banale, che attacca le convenzioni della sua società, i sentimenti codificati

La casa degli spiriti di Isabel Allende

Affresco di una famiglia e di un paese intero, che si snoda attraverso generazioni e racconta del golpe del 1973 in Cile. I sentimenti e gli ideali nella maggior parte dei casi vengono delusi, ma questo non fa deprimere i protagonisti, che trovano nelle difficoltà la forza per andare avanti. “La casa degli spiriti” è il romanzo d’esordio di Isabel Allende, scrittrice latino-americana pubblicato nel 1983. Narra la storia della famiglia Trueba-Del Valle attraverso la voce di Alba, nipote del capostipite Esteban Trueba. Tutto comincia agli inizi del ‘900 con la famiglia Del Valle, la cui figlia maggiore Rosa, ragazza dalla straordinaria bellezza, è fidanzata con Esteban Trueba. Rosa però muore avvelenata prima delle nozze ed Esteban anni dopo ne sposa la sorella minore, Clara. Esteban intanto si

arricchisce e ristruttura una proprietà paterna, le Tre Marie, dove si stabilisce prima del matrimonio e che successivamente diventa la residenza estiva. Clara è una ragazza molto particolare perché dotata di poteri sovrannaturali: parla con gli spiriti e prevede il futuro. Dall’unione di Clara ed Esteban nascono una figlia, Blanca, e due gemelli, Jaime e Nicolàs. Alle Tre Marie Blanca stringe subito amicizia con Pedro Terzo Garcia, figlio del contadino più fidato del padrone. Dopo anni Blanca e Pedro, di idee comuniste, diventano amanti. Il loro amore trova un ostacolo in Esteban, acerrimo nemico politico di Pedro. Perciò Esteban dà sua figlia, incinta di Pedro, in sposa a Jean de Satigny, un conte francese stabilitosi nella proprietà dei Trueba. Qualche giorno dopo il matrimonio, Blanca abbandona la casa di Satigny perché scopre le perversioni del marito. Torna a casa e partorisce la figlia frutto dell’amore con Pedro: Alba. Alba cresce serenamente e frequentando l’università conosce Miguel, anch’egli di idee comuniste, con il quale ha una relazione clandestina. Intanto in città gli

scontri tra gli oppositori politici diventano sempre più violenti e alla fine scoppia il golpe militare guidato dal sergente Garcia, nipote illegittimo di Esteban Trueba. Miguel è costretto a fuggire mentre Alba è catturata e torturata per ordine di Garcia. Fortunatamente interviene Trànsito Soto, una sua amica, che riesce a liberare Alba dalla prigionia corrompendo i militari. Così Alba ritorna casa e inizia a scrivere la storia della sua famiglia, utilizzando i quaderni di sua nonna Clara, nei quali annotava minuziosamente ogni avvenimento. Protagoniste indiscusse del romanzo le donne, forti, stupende, coraggiose e passionali, predominanti con il proprio carattere: Clara, Blanca, Alba che si trovano ad affrontare mille difficoltà in un paese devastato dalla guerra. Da questo straordinario romanzo è stato tratto l’omonimo film diretto da Bill Auguste. Gli attori che hanno interpretato i personaggi del libro sono Meryl Streep (Clara Del Valle-Trueba), Jeremy Irons (Esteban Trueba), Winona Ryder (Blanca Trueba), Antonio Banderas (Pedro Terzo Garcia). Mariangela Corrado

“Mi sarà molto difficile vendicare tutti quelli che devono essere vendicati, perché la mia vendetta sarebbe solo l’altra parte dello stesso rito inesorabile. Voglio limitarmi a pensare che il mio pensiero sia la vita e che la mia missione non sia protrarre l’odio, bensì unicamente riempire queste pagine mentre aspetto il ritorno di Miguel, mentre sotterro mio nonno che ora riposa vicino a me in questa stanza, mentre attendo che arrivino tempi migliori, tenendo in gestazione la creatura che ho nel ventre figlia di tante violenze, o forse figlia di Miguel, ma soprattutto figlia mia. Mia nonna aveva scritto per cinquant’anni sui quaderni in cui annotava la vita. Trafugati da qualche spirito complice, si sono miracolosamente salvati dal rogo infame, in cui sono perite tante altre carte della famiglia. Li ho qui, ai miei piedi, stretti da nastri colorati, separati per fatti e non per ordine cronologico, così come lei li ha lasciati prima di andarsene. Clara li ha scritti perché mi servissero ora per riscattare le cose del passato e sopravvivere al mio stesso terrore. Il primo è un quaderno di scuola di venti pagine, scritto con una delicata calligrafia infantile. Comincia così: ‘Barrabás arrivò in famiglia per via mare…” Alba


Harry Potter: scandaloso successo! «Non vado in cerca di guai. Di solito sono i guai che trovano me». Così dice Harry Potter, giovane studente della prestigiosa Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, ai suoi amici. Il protagonista del romanzo è un ragazzo insolito sotto molti punti di vista. Prima di tutto, odia le vacanze estive più di qualunque altro periodo dell’anno. Poi vuole davvero fare i compiti, ma è costretto a studiare di nascosto, nel cuore della notte. E per giunta è un mago. “Harry Potter e i doni della morte” è l’ultimo dei sette romanzi, scritto e ideato dalla scrittrice britannica J. K. Rowling .

Harry Potter è ormai il simbolo della speranza del mondo magico di fronte all’avanzata di Voldemort e dei suoi Mangiamor-

te. I membri dell’Ordine della Fenice organizzano il suo trasporto verso un luogo sicuro, la Tana, ossia la casa della famiglia Weasley, ma il gruppo viene attaccato, con la perdita di Edvige e Malocchio Moody. Il

nuovo Ministro della Magia Rufus Scrimgeour rivela a Harry, Ron ed Hermione l'eredità di Silente. In seguito il Ministero cade, i Mangiamorte attaccano la Tana e i tre ragazzi si smaterializzano a Londra, iniziando le ricerche del punto debole di Voldemort, gli Horcrux, oggetti nei quali il Signore Oscuro ha racchiuso la sua stessa anima. Per concludere, vediamo Voldemort che profana la tomba di Silente. Diventato un fenomeno letterario di portata internazionale, Harry Potter ha conquistato le prime pagine dei giornali e ha risvegliato l’amore per la lettura

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in un’intera generazione. Il ritmo incalzante, i personaggi indimenticabili, la trama perfetta fanno di questi libri dei capolavori assoluti, amati dai ragazzi e dagli adulti. In una intervista, quando le viene posta la domanda se ricorda ancora la sua infanzia, nonostante il passare del tempo, l’autrice di Harry Potter pronta risponde: “Mi ricordo benissimo dei miei undici anni: a quell’età si è del tutto impotenti. Ma i bambini hanno un mondo segreto che per gli adulti sarà sempre impenetrabile”. Federica Gioia Stefania Iunco

Remember me Un dolore familiare sullo sfondo “Ricordati di me”. È questo il titolo di uno dei tanti film che ha fatto innamorare adolescenti e adulti. Tutti sono stati incantati dalle scene di dolore straziante, amore famigliare e suicidio. Inoltre è stato anche un modo per ricordare alla gente il drammatico evento dell’11 settembre 2001, l’attentato alle Torri Gemelle. La gente ogni giorno che passa tende a dimenticare gli eventi che non la colpiscono direttamente. È buono qualche volta ricordare fatti del passato significativi senza chiudersi nell’egoismo personale. Secondo alcuni grandi critici questo film, i cuoi attori sono molto amati dai giovani, è riuscito a collocare nella mente dei ragazzi un evento storico molto importante. Tanti infatti non sanno della caduta delle Torri Gemelle, a causa della quale molti uomini sono morti. Uomini con un futuro e una famiglia sulle spalle. Esattamente come ognuno di noi. Per questo è utile ogni tanto utilizzare gli interessi dei giovani per insegnare loro la cultura del nostro mondo. “Remember me”

è un film drammatico diretto da Allen Coulter e sceneggiato da Will Fetters. Gli interpreti sono Robert Pattinson, Emilie de Ravin e Pierce Brosnan. Il film è uscito nelle sale americane il 12 marzo 2010, mentre è stato distribuito in quelle italiane il 26 marzo dello stesso anno. La vicenda storica fa da sfondo alla storia di un ragazzo ventunenne, Tyler Hawkins, il cui animo è segnato da un grande lutto famigliare: ha trovato il fratello impiccato. Si era suicidato. Anni prima una donna era stata uccisa sulla banchina di una metropolitana davanti agli occhi della sua bambina Ally. Sopravvissuta alla morte della madre e all’affetto apprensivo del padre, dieci anni dopo quella bambina è una diciannovenne fragile ma determinata a farcela. Ally si innamora di Tyler, interpretato da Robert Pattinson che ha visto nascere uno smisurato successo grazie alla saga di “Twilight”. L’unica donna che Tyler amava era la sua sorellina di undici anni,

delle Torri Gemelle una bravissima artista. Questo prima di incontrare Ally. Tyler non è in buoni rapporti con il padre, l’astio è reciproco. Queste vicende di dolore rappresentano la società odierna, in cui i giovani credono di sapere più dei loro genitori a causa della presunzione che caratterizza tutti i ragazzi. Anche coloro che hanno il cuore di pietra, non possono non versare almeno una lacrima al dramma della dolce Ally e del ribelle Tyler, quando quest’ultimo dopo aver finalmente chiarito con il padre, superato il dolore del lutto e fatto pace con il suo io interiore è travolto da un triste evento. Il dolore straziante che gli attori riescono a interpretare e fare proprio è tanto da impressionare. L’attore inglese ricorda James

Dean nella sua rappresentazione della gioventù bruciata e tormentata. Accendendosi una sigaretta di troppo, sottolineando la tensione drammatica, imponendo al suo antieroe disarticolato l’introflessione fisica e il dinoccolare del vampiro Edward Cullen. “Remember me” è stato uno dei film più visti, sicuramente la maggior parte della gente che è andata a vederlo lo ha fatto più interessata all’attore che alla storia. Ma questo è comprensibile in una società in cui ogni ideale è andato sparendo, lasciando il passo alle mode. Tuttavia… chi è andato al cinema ora perlomeno ricorderà gli eventi dell’11 settembre. Chiara Lombardo


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INSERTO “Speciale Risorgimento” Donne protagoniste

Il Risorgimento può essere considerato come un’epopea, cui hanno partecipato tre generazioni di italiani che avevano come obiettivo la Jessie White Mario costruzione di un nuovo stato nazionale che abbracciasse tutto il territorio della penisola. Il Risorgimento italiano non è stato popolato solo da figure maschili ma anche da molte donne, della cui esistenza si sa poco, e quel poco è spesso nascosto, dimenticato. Tra queste l’inglese Jessie White Mario e la Antonietta De Pace nobildonna lombarda

Cristina Trivulzio Belgiojoso (vedi "Non dobbiamo mai dimentiarticolo a p. 27), oltre alla nostracare l’ardua e doppia imprena Antonietta De Pace. Nata a sa del nostro secolo, consiGallipoli nel 1818 e morta a Napostere nel distruggere e feli nel 1893, fu fervente patriota, condare nello stesso tempo, mazzinon dobbiamo dimenticare niana. che scopo finale del nostro Partecidestino sulla terra non è pò alla l’incivilimento, ma l’amore prepasociale, la fratellanza degli razione uomini, il trionfo della verità in terra e del bene assoluto". d'Otran(Cristina Trivulzio Beljoioso) to dei Brano scelto da Ciro Lupo moti del 1848. comitato politico mazziniano. A Na- Cristina Trivulzio Belgiojoso Appoggiò poi la spedizione di poli, Garibaldi, dal quale ottenne dove si trasferì, collaborò con il riconoscimenti e incarichi. Dopo comitato della “Giovane Italia” l’unità fu, a titolo gratuito, ispettridiventando elemento di punta ce dell’istruzione a Napoli. Aveva della cospirazione e fondò nel compiuto studi di diritto per di1849 un circolo femminile. Trami- fendere le donne e i deboli. te Nicotera fornì preziose informazioni a Mazzini, esule a Londra. Giulia Conte In seguito venne arrestata con Giusy Natale l’accusa di cospirazione. Liberata, fondò sul finire degli anni ‘50 un

Eravamo tanti Noi Credevamo Il film, diretto da Mario Martore, è certamente un film dalle grandi ambizioni. Terzo film italiano in concorso alla Mostra di Venezia, “Noi credevamo” affronta un bel pezzo di storia della nostra patria a partire dai moti mazziniani fino all’Unità d’Italia. Il desiderio del regista è offrire un quadro storico dell’Italia risorgimentale, ma anche scendere nel dettaglio dell’esperienza di quegli uomini comuni che il Risorgimento lo hanno vissuto e nel descrivere i loro sentimenti patriottici. Proprio per questo motivo il regista suddivide il film in quattro parti che descrivono i principali eventi del Risorgimento attraverso le vite dei protagonisti: Domenico e Angelo, fratelli dalle nobili origini, e il giovane popolano Salvatore. Amici sin dall’infanzia, diversi in tutto, i tre sono accomunati dal forte senso patriottico che li spinge a unirsi giovanissimi a “La giovine Italia” di Mazzini. Abbandonato il Cilento, i tre raggiungono Parigi, dove hanno modo di conoscere la principessa Cristina di Belgiojoso, fervente patriota, ma anche paladina dei diritti delle donne e dell’istruzione del popolo. La principessa avrà un ruolo importante nella formazione dei due nobili, intrecciando una storia d’amore con Angelo. I due fratelli e Salvatore partecipano al tentativo di assassinare Re Carlo

Alberto e ai moti savoiardi del 1834. Il fallimento di entrambe le missioni farà emergere le loro idee discordanti, la differenza di classe e il diverso modo di intendere la lotta per la libertà. Tutto questo porterà la loro amicizia a disintegrarsi. Mentre Domenico ha cieca fede nella repubblica, Angelo diventa sempre più estremista e le sue azioni si fanno sempre più violente durante l’arco del film. Ad Angelo, infatti, basta poco per sospettare del tradimento di Salvatore e ucciderlo in un accesso d’ira, delitto che continuerà a lacerargli l’anima fino alla fine dei suoi giorni. Su tutto domina l’incrollabile “credo” di una patria unita e giusta e la delusione di vedere applicati gli stessi metodi repressivi dei Borboni dal nuovo stato italiano. Il pubblico e i critici sono molto divisi sul giudizio di questo film che dura ben 170 min. Alcuni lo giudicano un potente affresco del Risorgimento Italiano e delle sue contraddizioni per spiegare la storia di oggi, altri un film troppo noioso e a tratti violento. Non si può certo discutere sul cast, che vanta attori quali Luca Zingaretti, nel ruolo di Francesco Crispi, Anna Bonaiuto, che interpreta la principessa Cristina di Belgiojoso, Luigi Lo Cascio, che impersona Domenico e Toni Servillo nel ruolo di Giuseppe Mazzini. Mariangela Corrado


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Viva l’unità La penisola è un fervore di eventi e iniziative di Arianna Pepe Da giovedì 17 marzo 2011 è iniziata tutta una serie di appuntamenti che si snoderanno fino a dicembre di questo stesso anno. Tra spettacoli, mostre, incontri, conveg n i , dibattiti, ap p u n tamenti gastronomici, concerti, spettacoli teatrali, animazione di strada, letture, proiezioni, bande musicali e fuochi pirotecnici, ogni italiano sarà impegnato nel celebrare, festeggiare e commemorare gli eroi che hanno reso l’Italia unita. I festeggiamenti programmati per la notte del tricolore sono stati gratuiti e hanno coinvolto tutte le principali strade di ogni città. I corsi sono stati abbelliti con bandiere e stendardi, i negozi hanno colorato le vetrine con locandine, i cittadini hanno esposto su finestre, balconi e cortili il tricolore italiano, tutti i palazzi delle istituzioni, musei, biblioteche e spazi di cultura sono rimasti a-

perti tutta la notte. Anche la rete televisiva Rai si è impegnata a trasmettere in diretta dalla piazza del Quirinale l’inaugurazione della Bandiera Monumentale su piazza dei Cinquecento con la trasmissione di Rai Uno “150” condotta da Pippo Baudo e Bruno Vespa in cui si sono esibiti artisti come Gianni Morandi, Roberto Vecchioni e Giancarlo Giannini. E anche il ministro della pubblica istruzione ha acconsentito affinché le scuole rimanessero chiuse in questa memorabile ricorrenza dedicata all’unità. Ma di certo gli istituti non sono rimasti con le mani in mano, partecipando passivamente a tutto questo fervore che ha travolto l’Italia e ognuno di loro si è attivato a modo proprio per lasciarci un segno. Infatti, anche il nostro istituto, il liceo scientifico Lilla ha trasformato questa giornata in una festa a tutti gli effetti. La mattina del 16 marzo alcuni alunni che lo rappresentavano,

accompagnati dal professore di storia e filosofia Fernando Andriani, si sono diretti verso il piazzale antistante al comune per declamare poesie e testi, ballare e onorare il tricolore italiano e dove erano presenti autorità politiche e forze armate. In seguito si sono recati nei due istituti primari di Oria, “Camillo Monaco” e “De Amicis”, dove i piccoli alunni hanno cantato lo storico inno di Mameli. Inoltre nel pomeriggio dello stesso 16 marzo facoltativamente ogni cittadino di Oria poteva partecipare a una manifestazione che partiva sempre dal piazzale municipale e che comprendeva ancora balli, esibizioni dei gruppi di sbandieratori oritani e la visita di mostre di quadri rappresentanti i simboli dell’Italia unita, il tutto dispiaciutamente rinviato a domenica 27 marzo per problemi meteorologici.

L’Italia degli studenti del Lilla Un altro fondamentale segno è stato lasciato da tutti i ragazzi che hanno preso parte al pon di giornalismo organizzato dal liceo Lilla, (sedi di Oria e Francavilla) che ha avuto come esperta Rossella Bufano e come tutor i professori di lettere, Cosima D’Elia e Pasquale Camarda. I ragazzi del pon hanno partecipato all’iniziativa della testata “Il Nuovo Quotidiano di Puglia” che proponeva ai giovani di disegnare, titolare e scrivere la prima pagina del giornale con la data storica del 17 marzo 1861. Con grande impegno i ragazzi hanno realizzato articoli e due prime pagine, una in stile contemporaneo e una in stile ‘800. Entrambe sono state pubblicate tra le più belle sedici prime pagine realizzate da

tutte le scuole della provincia di Brindisi e quella in stile ‘800 è stata la prima pagina del quotidiano pugliese pubblicato il 17 marzo. I ragazzi non solo hanno ottenuto questo gradito risultato ma hanno anche avuto la possibilità di rispolverare e approfondire gli eroi, lo spirito rivoluzionario e patriottico e la storia che hanno reso l’Italia unita. E hanno potuto ritrovare quei valori che dovrebbero farci sentire cittadini uniti di un’unica nazione.

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Di seguito gli articoli apparsi sul Quotidiano

Il Conte Cavour si racconta ai nostri lettori Oggi 17 marzo il mio obiettivo è stato raggiunto: l’Italia è unita. Quando fui nominato presidente del Consiglio avevo già in mente un programma politico ben chiaro e definito ed ero deciso a realizzarlo: solo una profonda ristrutturazione delle istituzioni politiche piemontesi e la creazione di uno stato territorialmente ampio e unito in Italia avrebbero reso possibile il processo di sviluppo e di crescita economica e sociale. Il mio ostacolo principale derivava dal fatto di non godere della simpatia dei settori estremi del Parlamento, in quanto la sinistra non credeva alle mie intenzioni riformatrici mentre per la destra ero addirittura un pericoloso giacobino, un rivoluzionario demolitore di tradizioni ormai secolari. Solo il Piemonte avrebbe potuto realizzare l’unità d’Italia poiché era l’unico, al contrario dei ducati di Napoli, Toscana, Modena e Roma

a non essere sottomesso al dominio austriaco. Inoltre non è da sottovalutare che solo il Regno di Sardegna non aveva tradito i suoi sudditi ritrattando la costituzione concessa come avevano fatto i Borboni. Tanto che lo Statuto Albertino diventa oggi la legge del popolo italiano. Ed è l’unica carta costituzionale che sotto la guida di Vittorio Emanuele II, può garantire alle monarchie europee che l’Italia non si spingerà troppo in là, verso ideologie democratiche e radicali. Addirittura nel 1848, mi avvicinai alla politica attiva e alle idee liberali e moderate, ponendomi come obiettivo la ristrutturazione dei poteri tra il Re e il Governo alla luce dei principi dello Statuto Albertino. Quest’ultimo, infatti, promulgato il 4 marzo 1848 da Carlo Alberto di Savoia in Piemonte, è certamente quello che ha avuto maggiore durata. Ha inoltre garantito un sistema libe-

rale avanzato e un Parlamento che abbia rappresentato le esigenze del popolo. Che il popolo italiano possa custodire gelosamente lo spirito unitario della Nazione che così faticosamente è stato costruito col sacrificio di tanti uomini e donne, molti dei quali hanno agito nell’anonimato e senza i quali non ci sarebbe UN’ITALIA UNITA! Giulia Conte Doriana De Gaetani Arianna Pepe

Che il popolo italiano possa custodire lo spirito unitario della Nazione così faticosamente costruito

Il Parlamento proclama Vittorio Emanuele II Re del Regno d’Italia

Il 17 Marzo 1861 sarà un giorno da ricordare. Il Parlamento ha approvato a Torino l’articolo unico della legge 4671 dell’ormai ex Regno di Sardegna, che recita: “il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e i suoi successori il titolo di Re d’Italia”.

Da questo momento con la proclamazione di Vittorio Emanuele II “Re d’Italia per grazia di Dio e volontà della nazione”, si sancisce la vera nascita del Regno d’Italia. Riunitosi per la prima volta lo scorso 18 febbraio, oggi il Parlamento ha concretamen-

te rappresentato il neonato popolo italiano. Un Parlamento eletto democraticamente lo scorso 27 gennaio da uomini maggiorenni e istruiti che finalmente godono dei diritti civili e politici. Abbiamo un’Italia fatta solo da Italiani, dopo la conquista “manu militari” piemontese degli Stati italiani dominati dagli stranieri, e la liberazione del Regno delle due Sicilie dai Borboni, grazie alla spedizione dei mille capeggiata da Giuseppe Garibaldi. Il valoroso condottiero ha affrancato il Mezzogiorno nella difficile battaglia di Calatafimi. Liberato il Sud dai Borboni che lo tiranneggiavano da oltre un secolo, Garibaldi nella sua risalita verso Roma ha

consegnato a Teano, il 28 ottobre scorso, il Regno delle due Sicilie a Vittorio Emanuele II, che scendeva lungo l’Italia centrale dopo aver sconfitto l’esercito papalino. L’incontro ha segnato l’adesione di Garibaldi alla politica dei Savoia e ha spianato la grande strada verso l’Unità d’Italia, che dal sogno di uomini come Mazzini, Cavour, Garibaldi e tanti altri, oggi 17 marzo 1861, è divenuto finalmente una Realtà! Pierpaolo Pastore Natalia Proto


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Intervista doppia a due eroi Garibaldi, uomo d’azione Mazzini, uomo d’ideali

Gen. Garibaldi può considerarsi soddisfatto dell’Unità d’Italia? La sua domanda avrebbe un senso se davvero ci fosse un’unità. Quest’oggi vi è stata l’apertura dei lavori del neonato Parlamento Italiano. Ma può dirsi Italiano un Parlamento che non annovera fra i suoi deputati quelli di Roma? Possiamo noi festeggiare quando i nostri fratelli romani sono ancora sotto il potere temporale dello Stato Pontificio? Altra Italia sognai nella mia vita. Perché un’Italia che umilia e snobba il sacrificio di tanti soldati, parte già col piede sbagliato. Non parlo di me, nonostante sia stato liquidato senza tanti complimenti, ma parlo degli uomini valorosi che ho avuto il piacere di conoscere e guidare. Giovani a cui non è stato nemmeno accordato il riconoscimento di essere inseriti nell’Esercito Nazionale. Preferisco poi tacere sulla vendita di Nizza alla Francia. Nizza, la mia patria! E la patria non si baratta, né si vende, per Dio! Se fossi nato

adesso a Nizza cosa sarei? Un francese?! Che ruolo hanno avuto le donne nell’unificazione del regno? Ho sempre considerato la donna la più perfetta tra le creature. Io ho veduto tanto coraggio nelle donne, tanta abnegazione, tanta intelligenza che ho detto a me stesso: giacché si vede che degli uomini preposti al Governo quasi nessuno ci riesce, perché non si rimpiazzano quei governanti con delle donne? Cosa la unisce a Giuseppe Mazzini? In Mazzini non si è mai spenta la fiamma dell’amore della patria e della libertà. Solo lui, infatti, vegliava quando intorno tutto dormiva. A Mazzini mi unisce sicuramente questo ardore, questo desiderio di vedere l’Italia unificata. Discordiamo solo per un aspetto: Mazzini, secondo il mio punto di vista, dovrebbe mutare giudizio sul conto del re, il quale, pur scontando la fatale educazione dei principi, è buono ed è stato la leva perché si realizzasse l’Italia di Dante e Machiavelli. Di certo il mio rapporto con Mazzini appartiene senz’altro alla storia: essa giudicherà. Se fra 150 anni si continuasse a parlare di Unità d’Italia, cosa le piacerebbe sentire? Il mio desiderio più grande è che anche gli italiani che verranno dopo di noi continueranno a gridare “Nessuno divida ciò che il sacrificio di tanti giovani sui campi di battaglia ha unito!”.

Sig. Mazzini può considerarsi soddisfatto dell’Unità d’Italia? C’è innanzitutto da chiarire che per far sì che l’Italia sia realmente unita mancano l’annessione di Roma e del Veneto. Detto ciò, l’intera penisola è stata unificata sotto una sola dinastia e finché, locale o straniera, vi è una tirannide, come si può avere la patria? La patria è infatti la casa dell’uomo, non dello schiavo. Oserei dire che sarebbe forse da preferire la tirannia straniera, sotto alla quale la nazione si ribellava ritemprandosi, piuttosto che quest’Italia servile, scettica, opportunista che qualcuno ha deciso di plasmare. Non posso essere del tutto soddisfatto quindi, poiché solo con uno stato di tipo repubblicano l’Italia avrebbe ottenuto il raggiungimento degli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità propri della Rivoluzione Francese. Viva l’Italia unita, quindi, ma

Altra Italia sognai nella mia vita. Perché un’Italia che umilia e snobba il sacrificio di tanti soldati, parte già col piede sbagliato (Garibaldi) Solo con uno stato di tipo repubblicano l’Italia avrebbe ottenuto il raggiungimento degli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità (Mazzini)

guidata dalla repubblica, non dalla monarchia. Che ruolo hanno avuto le donne nell’unificazione del regno? Le donne hanno avuto un ruolo fondamentale non solo per l’unità italiana ma anche per l’elaborazione del mio pensiero. Sono state un conforto, ma anche una forza, una ispirazione, un raddoppiamento delle mie facoltà intellettuali e morali. Cosa la unisce a Giuseppe Garibaldi? Volendo essere spiritosi, innanzitutto il nome comune! Fatta questa ironica premessa, direi che è comune a entrambi l’aspirazione a tener vivo il moto nazionale, a fare proseliti, a raccogliere armi e fondi, a proiettare l’irredentismo italiano nella lotta di liberazione dei popoli europei. Sono le mie considerazioni sul monarca a separarci, ma credo di aver già ampiamente illustrato i motivi per i quali sono e continuerò a essere a favore solo della repubblica. Se fra 150 anni si continuasse a parlare di Unità d’Italia, cosa le piacerebbe sentire? Mi piacerebbe sentire urlare con tutta la forza da tutti i futuri italiani, mentre il loro cuore batte all’unisono parlando della loro, della nostra Patria “Non dividete ciò che Dio e popolo hanno unito!”.

Paola Cavallo Carmela Santoro Giovanna Suma Caterina Tondo


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Antonietta De Pace: eroina del Sud In questa data che rimarrà la pietra miliare della storia del Nostro Paese, abbiamo voluto rivolgere alcune domande a una donna meridionale protagonista degli eventi che negli ultimi anni hanno portato all’Unità che oggi festeggiamo. Una donna appassionata e infaticabile come Antonietta De Pace, seguace degli ideali di libertà, unità e giustizia sociale. Pur essendo donna perché ha deciso di partecipare alla lotta per l’Unità d’Italia? Nella mia giovinezza colui che mi iniziò agli ideali liberal-democratici fu mio cognato e patriota napoletano Epaminonda Valentino. Lui mi presentò al circolo dei cospiratori i quali, inizialmente, non mi accettarono ma in seguito, forse colpiti dal mio coraggio e dalla mia intelligenza, mi considerarono parte integrante del gruppo patriottico meridionale. Nel 1848 ci fu una repressione durissima. Epaminonda venne arrestato e dopo che fu condotto nel carcere dell’Udienza a Lecce, morì. Ma io non mi diedi per vinta, sotto lo pseudonimo di Emilia Sforza Loredano mantenni i collegamenti tra i mazziniani di Puglia e quelli delle altre regioni italiane. Per questo motivo da donna innocente fui tenuta per 18 mesi in prigione con

interminabile processo e requisitoria di morte. Uscita dal carcere iniziai a raccogliere fondi, armi e adesioni per Garibaldi al fianco del quale, ebbi l’onore di entrare in Napoli lo scorso 7 settembre insieme all’amica Emma Ferretti. L’amore per la libertà e la giustizia mi ha animata e l’amore per i più poveri e le donne che senza istruzione non possono riscattare la propria condizione sociale. Infatti lei è addirittura laureata. Una cosa alquanto insolita. Cosa l’ha spinta a studiare giurisprudenza? Non ho mai tollerato le ingiustizie e le iniquità sociali. Mi ricordo di Tonina, la belva ferita: così la chiamavano. Era costretta dal marito a vivere fuori da casa. Mi ricordo la sua “casa”, un riparo con tavole e canne. La picchiava selvaggiamente e le faceva mangiare i suoi avanzi. Mi ricordo di quando le diedi i miei vestiti, del cibo e un coltellino per tagliare il cibo. Quel coltello però le servì per uccidere il marito, dal quale aveva dovuto subire i soprusi per anni e anni. Ne rimasi sconvolta e proprio per questo ho deciso di studiare legge, per poter lottare contro le ingiustizie che mi circondano, per poter difendere i bambini, i poveri e le donne come Tonina. Spero di

essere riuscita a combatterne almeno qualcuna. Lei è stata promotrice di molte associazioni. Tra queste vi è anche il Circolo femminile, qual è stato il suo scopo? Lo scopo di questo Circolo è stato quello di promuovere rapporti di solidarietà per riuscire a corrispondere con i prigionieri politici borbonici. Quest’associazione, fondata nel 1849, è divenuta in seguito Comitato politico femminile, rimasto attivo fino al 1855. Composto prevalentemente da donne di estrazione nobile o alto borghese, si occupava di stabilire contatti tra i parenti dei condannati politici e questi ultimi. Faceva pervenire ai carcerati viveri, indumenti e quanto era necessario alla loro sussistenza. Procurava loro letture, informazioni e stam-

pa politica. Insieme a me, hanno collaborato anche: Raffaella Settembrini Faucitano, Alina Agresti Perret, Antonietta Poerio, Costanza Leipnecher, Nicoletta Leanza, Sig.ra Pandola e tante altre che non sto qui a elencare. Lei che è un’eroina risorgimentale, pensa che l’Unità d’Italia sia stata un successo anche per le donne? Le donne si sono appassionate al processo dell’indipendenza, hanno lottato in tutti i modi per avere un’Italia libera e unita. Alcune di esse hanno perso i figli, la loro stessa vita, alcune son rimaste ferite sul campo di guerra. Ciò non ha impedito però di continuare nella nostra battaglia. Spesso abbiamo lottato con i coltelli nascosti sotto le larghe vesti, abbiamo fatto da messaggere. Insieme a Jessie White e altre donne, che per elencarle sarebbe una lista troppo lunga, abbiamo organizzato ospedali e curato i feriti. Siamo state determinate, audaci, sprezzanti del pericolo, insofferenti verso ogni forma di ingiustizia, perché come ci ha insegnato Mazzini la nostra missione è la libertà dei popoli e il progresso dell’umanità. Mariangela Corrado Stefania Iunco Federica Gioia Sabrina Nica

Patriote infaticabili le donne d’Italia L’Unità che oggi coroniamo con la legge del Parlamento è merito del sacrificio di t a n t e donne che immolando i loro figli o se stesse in prima persona, hanno combattuto per il sogno italiano. Tra loro si annoverano nobildonne e straniere. L’inglese, Jessie White Mario, nata nel 1832 a Gaspari, dopo aver compiuto gli

studi nelle migliori scuole di Londra, nel 1852 si trasferì a Parigi. Qui prese parte a circoli studenteschi liberali e repubblicani. A Nizza, successivamente conobbe Garibaldi, appena tornato dall’esilio a New York. Jessie durante il soggiorno a Surbona maturò una grande stima nei confronti di Mazzini. Con entrambi instaurò profondi rapporti. Soprattutto, dopo aver sposato il patriota intellettuale Alberto Mario, divenne protagonista delle imprese di Mazzini e di Garibaldi. La giovane riuscì grazie ai suoi studi nel campo della medicina a lavorare al

fianco del Generale, curando i feriti di guerra. Non solo, organizzò molte conferenze per perorare la causa italiana all’estero. Come Jessie anche la nobile lombarda Cristina Trivulzio Belgiojoso faticò e non poco per reperire i locali dove poter accogliere e curare i feriti. Riuscì a mettere in piedi ben dodici ospedali militari e organizzò il primo corpo di infermiere volontarie. Nata a Milano nel 1808 fu protagonista del nostro Risorgimento. Fu editrice di giornali rivoluzionari, scrittrice e giornalista ed ebbe contatti con i maggiori protagonisti dell’unifica-

zione. Intorno agli anni Venti, dopo numerose minacce scappò in Francia, dove fondò un salotto intellettuale e politico tra i più prestigiosi in Europa. Una volta tornata si impegnò in un’attività di sostegno sociale del mondo femminile e sostenne instancabilmente la lotta per l’unità nazionale. Questi sono solo due esempi delle tante, tantissime donne che hanno fatto l’Italia. Giulia Conte Giusy Natale


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