Il nostro book 2017_2018

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Come rivoluzionare la tua casa rendendola bella e funzionale con l'aiuto di un architetto di fiducia? Intervista arch. Pietro Marsciani Articolo pubblicato sul magazine Design Lifestyle

Cambiare casa è un passaggio fondamentale nella propria vita. Ci si trova di fronte a grandi interrogativi, a cui spesso non si sa rispondere da soli: come organizzare gli spazi, quali finiture usare, quali i materiali più innovativi, che tipo di illuminazioni e quali accostamenti sono i più azzeccati? Come realizzare un ambiente più luminoso, spazioso ed accogliente, magari risparmiando anche sulle bollette? Infatti, stare bene nella propria casa è davvero essenziale per la qualità della vita. Inizia, così, la ricerca del consiglio giusto, o chiedendo ad amici o a fornitori diversi, col rischio di sbagliare, di perdere di vista dei particolari importanti. Per questo, è più conveniente chiedere aiuto ad un esperto, ad un architetto o designer di interni, in grado di proporre soluzioni creative e con la conoscenza tecnica necessaria per realizzare un ambiente confortevole e funzionale. Partiamo da un esempio. La riqualificazione di una casa nella zona Rimini Porto. Un progetto iniziato un anno fa, terminato da qualche mese e per cui si sono coinvolti vari professionisti di Polistudio. Ce lo racconta l’arch Pietro Marsciani, che ha seguito in prima persona la storia del progetto.

La casa potrebbe essere paragonata ad un abito di sartoria, va cucita addosso a chi la abita, sia da un punto di vista dello stile che della forma. Per questo è importante che il progettista intercetti i bisogni profondi del cliente e li associ in maniera armonica alle varie esigenze funzionali, tecniche ed estetiche. Arch Marsciani, cosa ne pensa?


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Sono d’accordo. È importante partire dalle esigenze del cliente e “cucire su misura” il progetto. Succede spesso che il cliente abbia un’idea di casa diversa da quella dell’architetto, un suo gusto personale, fattore che va capito ed interpretato. Sono convinto che, sin da subito, debba iniziare un dialogo, che considero essenziale per lo sviluppo del progetto, per raggiungere un buon risultato. È ciò che è successo per la riqualificazione della villetta a schiera situata nella zona di Rimini vicino al porto. Il committente era una giovane coppia con tre figli piccoli, che aveva un’idea precisa di come voleva vivere la casa.

Che tipo di esperienza avete fatto e che riscontro avete avuto nel senso di benessere abitativo, armonia degli spazi e soddisfazione del cliente? Si è trattata di una ristrutturazione importante, una riqualificazione architettonica, strutturale ed impiantistica. Mi considero soddisfatto per il risultato ottenuto a livello di progettazione armonica degli spazi, di funzionalità, luminosità, stile e di benessere abitativo. Sono convinto che siamo riusciti ad interpretare al meglio il desiderio del cliente.

Come è nato il progetto e quali erano le esigenze da cui siete partiti per questo lavoro di ristrutturazione (estetiche, funzionali, …)? Il punto di partenza era una villetta a schiera indipendente costruita attorno agli anni ’50, non a norma dal punto di vista sismico. Prima dell’intervento c’era la seguente situazione: un piano seminterrato con un’altezza minima di 1m e 95, un piano rialzato con zona giorno e cucina e un piano superiore con tre camere e un bagno. La ristrutturazione è stata importante, perché siamo riusciti a rivitalizzare spazi non vivibili, quali, ad esempio, il piano interrato. Grazie al supporto dello staff di ingegneri strutturisti di Polistudio, siamo riusciti a risolvere alcune questioni importanti. Ci siamo dunque abbassati con la fondazione per raggiungere un’altezza utile di 2 m e 30. In questo modo si è creato uno spazio vivibile e luminoso. Il desiderio del cliente era quello di una casa luminosa, bella, moderna e confortevole per una famiglia con tre figli piccoli, ma anche pensata per gli ospiti.


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Che tipo di intervento è stato fatto? Siamo partiti da un intervento strutturale. In un secondo momento siamo intervenuti sul disegno degli spazi. Infatti, era una casa che aveva bisogno innanzitutto di diventare sicura, essendo stata costruita praticamente con la sabbia, attorno agli anni ‘50. Grazie al nostro staff di strutturisti, abbiamo fatto uno studio approfondito in modo da migliorare alcuni elementi strutturali dell’edificio. Si è trattato di una SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), una ristrutturazione edilizia che ha comportato interventi di supporto strutturale, cerchiature, aperture sulla facciata.

Fig.sopra: Foto di cantiere e pianta interrato


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Abbiamo dunque creato un pilastro al centro della casa che sorregge un po’ tutto, che fungesse da perno. Infatti, non volevamo cambiare la linea particolare della facciata, abbiamo deciso di mantenere una serie di aperture che già c’erano. Quindi, il lavoro principale sulle strutture è stato quello della riqualificazione e rinforzo di alcuni elementi (solai, murature). In un secondo momento siamo andati a vedere le finiture. Siamo intervenuti anche sulle fondazioni con un rinforzo di quelle esistenti e creando un collegamento nelle due direzioni mediante una soletta armata in calcestruzzo. Abbassando il piano d’imposta, il volume interrato è diventato vivibile, un miniappartamento. In questo modo è stato pianificato lo spazio per una sala, un bagno con una lavanderia e una camera per gli ospiti.


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Il piano rialzato è la vera zona living. Un open-space, in cui convivono, in maniera armonica, sala e cucina. Abbiamo cercato soluzioni funzionali per ottimizzare lo spazio, creando una continuità estetica nei materiali e nelle volumetrie fra i due ambienti. Il committente desiderava aggiungere un bagnetto per gli ospiti e per questo abbiamo cercato una soluzione ottimale, in modo da non portar via troppo spazio alla zona giorno. Al piano superiore abbiamo mantenuto le tre camere, creato una zona ripostiglio al centro del piano ed un ulteriore bagno nella camera matrimoniale. In sintesi, abbiamo realizzato 4 bagni, 4 camere e 2 sale in 140 mq. La facciata è stata armonizzata e rivista in un certo modo e lo spazio esterno è stato pavimentato e valorizzato.

Come avete disegnato la facciata? La facciata della casa è espressione delle persone che la abitano e dice molto dello stile: la bellezza di un'abitazione comincia dall'esterno. Perciò abbiamo prestato molta attenzione alla forma, ai materiali, ai colori, che in questo caso sono il bianco dei muri e il nero delle persiane. In particolare, siamo partiti dalla struttura che c’era già. Abbiamo voluto mantenere il disallineamento delle aperture, un elemento per noi interessante. Abbiamo optato per scuri scorrevoli in alluminio di color antracite. Si tratta di persiane senza guide visibili, che sottolineano l'aspetto elegante e minimal della facciata. Tanto da sembrare un componente della facciata e da unire estetica e funzionalità. Un gioco di forme e di incastri: ad esempio quando la finestra è aperta lo scuro scorre sulla porta.


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Al piano terra la finestra era tripartita. Abbiamo mantenuto l’apertura, trasformandola in due finestre ampie e il risultato è quello di una maggiore luminosità. I terrazzi hanno parapetti a listellini verticali molto minimal, come del resto tutta la linea della casa, lo stile dell’architetto.

Fig. sopra: Soggiorno. Sx. Prima dell’intervento. Dx. Dopo l’intervento.

Cosa significa utilizzare al meglio la metratura di uno spazio e quindi offrire al cliente la soluzione ideale? In questo caso? Innanzitutto, ogni particolare, dalla disposizione degli spazi alle finiture, all’arredo, è stato guardato e condiviso con il cliente. Ad esempio, il committente desiderava aggiungere un bagno per gli ospiti al piano rialzato e abbiamo studiato un piccolo spazio ad hoc, magari a discapito di un po’ di spazio per la cucina. È stato interessante fare i conti con le metrature di questa casa, con spazi abbastanza ristretti e con una disposizione su tre livelli. Il desiderio nostro e del cliente era quello di renderla il più funzionale possibile. Ad esempio, come tutte le case degli anni ’50, la sala e la cucina erano separate, a discapito della luminosità e degli spazi. Quindi abbiamo optato per buttare giù i muri non portanti. Aprire la zona living, collegare la cucina e la sala è stato fondamentale per dare maggiore respiro alla casa. In questo modo abbiamo messo in risalto la grande vetrata già presente, da cui entra tanta luce.

Come far sì che la casa dimostri personalità, carattere? Il ruolo dell’architetto è quello di ottimizzare gli spazi, di renderli i più funzionali possibili, di studiare la luce, di puntare sul comfort e lo stile. Ogni architetto ha il suo proprio stile, io amo, ad esempio, le linee semplici e minimal e questo sicuramente incide sul profilo della casa. Ma sono convinto che la personalità e il carattere ce li debba aggiungere il cliente. Ho dato delle indicazioni sui pavimenti, sui materiali, sulle finiture, ma la scelta finale degli arredi e dei complementi di arredo spetta al cliente. In questo caso, il nostro cliente desiderava una casa con colori, materiali e mobili molto contemporanei. Adesso la casa abitata ha preso una personalizzazione e un carattere stupendi.


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Fig.sopra: Pianta primo piano

Che tipo di arredi, colori e materiali avete scelto? Per quanto riguarda gli arredi, abbiamo progettato una cucina su misura, in stile country chic bianca, per creare quell’atmosfera intima e accogliente che sa tanto di casa country. Il cliente desiderava un lavabo grande e pratico dai toni caldi. Quindi abbiamo scelto un lavabo in pietra scura di circa 90 cm, posto sotto alla finestra, con rubinetto sfilabile. Il piano della cucina è in dekton, un materiale particolarmente resistente. Il rivestimento è stato scelto con piastrelline bianche. Abbiamo, inoltre disegnato un mobile in cartongesso per l’entrata, una libreria che risolve l’ingresso della casa.

Fig. sopra: Zona di ingresso. Sx. prima dell’intervento. Dx. Dopo l’intervento.


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Per quanto riguarda la pavimentazione, si è optato per un parquet per tutta la casa. Un parquet non trattato e moderno. Infatti, il legno contribuisce a dare un tocco di calore e a generare una sensazione di benessere. Invece, al piano seminterrato abbiamo optato per un gres grigio (60 per 60 cm) e per una ceramica esagonale portoghese. Per i bagni abbiamo scelto piastrelle in ceramica e grès porcellanato molto particolari. Al piano seminterrato abbiamo aggiunto una porta finestra tipo casa a schiera londinese. In questo modo la casa si trova ad avere due ingressi indipendenti con porte blindate. Per quanto riguarda l’esterno della casa, abbiamo scelto la pavimentazione in gres grigio molto resistente, nonché il modello di cancello, sempre moderno e minimal. Inoltre, abbiamo sistemato i due terrazzi, dai pavimenti ai parapetti.

Per che tipo di soluzione impiantistica avete optato? Abbiamo scelto di installare un riscaldamento a pavimento al piano primo e rialzato. Infatti, la caratteristica distintiva del riscaldamento a pavimento è di assicurare una distribuzione ottimale del calore nelle stanze. Attraverso l’irraggiamento, il calore si diffonde in modo omogeneo da terra fino al soffitto e si ha un miglioramento delle condizioni di benessere all’interno della casa. Al piano seminterrato abbiamo dovuto optare per un sistema di riscaldamento tradizionale. Infatti, come spiegato precedentemente, dovevamo sfruttare al massimo l’altezza. Sul tetto abbiamo installato un pannello solare, infatti, l’energia del sole è inesauribile, pulita, sicura e aiuta ad abbattere i costi della bolletta.


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Top 50 Studi Architettura: Polistudio cresce ancora

È online la nuova classifica con i dati sui bilanci 2017 dei primi 50 studi italiani di architettura e design. Una tabella pubblicata come di consueto su Il Sole 24Ore e stilata da Guamari. Come lo scorso anno dominano la scena: One Works di Leonardo Cavalli e Giulio De Carli, (una cifra d’affari di 21,5 milioni di euro (+3,5%)), Renzo Piano Building Workshop (16,3 milionidi euro (+ 31,1%)) e Lombardini22 con (12,3 milioni (+ 7,4%)). Nella Regione Emilia-Romagna Polistudio A.E.S. si riconferma in classifica tra i primi studi dopo Mario Cucinella Architects e Open Project. Quest’anno la nostra società si trova al 27° posto, guadagnando ben 6 posizioni rispetto all’anno precedente.


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Questa classifica è per noi una conferma della bontà del cammino intrapreso. Infatti, dopo anni di contrazione del mercato immobiliare, la nostra squadra è sempre più coesa nel cercare di garantire le migliori soluzioni per i propri clienti. Siamo davanti a nuove sfide e prospettive di crescita, grazie ad una presenza qualificata della società sul territorio nazionale. Continuiamo a guardare con fiducia al futuro, con la consapevolezza che bisogna sempre perseverare. Leggi la notizia sul sito architetti.com: https://www.architetti.com/top-50-studi-di-architettura-in-italiarenzo-piano-sempre-al-primo-posto.html/amp

Studi di Architettura in Italia, la classifica 2018 1 One Works (Posizione 2017: 1) = 2 Renzo Piano Building Workshop (Posizione 2017: 2) = 3 Lombardini22 (Posizione 2017: 3) = 4 Progetto Cmr (Posizione 2017: 14) ↑ 5 Cremonesi Workshop (Posizione 2017: 10) = 6 Giugiaro Architettura (Posizione 2017: 4) ↓ 7 Archea Associati (Posizione 2017: 16) ↑ 8 Hydea (Posizione 2017: 8) = 9 Gpa (Posizione 2017: 7) ↓ 10 Citterio Viel & Partners Interiors (Posizione 2017: 10) = 11 Citterio Viel & Partners (Posizione 2017: 9) ↓ 12 Pininfarina Extra (Posizione 2017: 6) ↓ 13 Patricia Urquiola (Posizione 2017: 11) ↓ 14 Matteo Thun & Partners (Posizione 2017: 15) ↑ 15 Mario Cucinella Architects (Posizione 2017: 19) ↑ 16 Starching (Posizione 2017: 17) ↑ 17 General Planning (Posizione 2017: 13) ↓ 18 David Chipperfield Architects (Posizione 2017: 12) ↓ 19 Design Group Italia ID (Posizione 2017: 18) ↓ 20 Architetto Michele De Lucchi (Posizione 2017: 22) ↑ 21 Lissoni Architettura (Posizione 2017: 20) ↓ 22 Studio Marco Piva (Posizione 2017: 46) ↑ 23 Piuarch (Posizione 2017: 29) ↑ 24 Open Project (Posizione 2017: 21) ↓ 25 Tekne (Posizione 2017: 25) =


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26 Hangar Design Group (Posizione 2017: 27) ↑ 27 Polistudio Aes (Posizione 2017: 33) ↑ 28 Global Planning Architecture (Posizione 2017: 70) ↑ 29 Park Associati (Posizione 2017: 72) ↑ 30 Zuccon International Project (Posizione 2017: 24) ↓ 31 Archilinea (Posizione 2017: 26) ↓ 32 Stefano Boeri Architetti (Posizione 2017: 77) ↑ 33 Land Italia (Posizione 2017: 36) ↑ 34 Atelier(s) Alfonso Femia AF517 (Posizione 2017: 23) ↓ 35 Carlo Ratti Associati (Posizione 2017: 50) ↑ 36 Lissoni Associati (Posizione 2017: 28) ↓ 37 Chapman Taylor Architetti (Posizione 2017: 31) ↓ 38 J+S (Posizione 2017: 41) ↑ 39 Genius Loci Architettura (Posizione 2017: 37) ↓ 40 Archest (Posizione 2017: 40) = 41 Il Prisma Architettura (Posizione 2017: 58) ↑ 42 Aegis Cantarelli & Partners (Posizione 2017: 32) ↓ 43 Asa Albanese (Posizione 2017: 49) ↑ 44 Goring & Straja Studio (Posizione 2017: 47) ↑ 45 Wip Architetti (Posizione 2017: 59) ↑ 46 Destudio (Posizione 2017: 39) ↓ 47 Iosa Ghini Associati (Posizione 2017: 38) ↓ 48 Fortebis Integrated Building Services (Posizione 2017: 42) ↓ 49 Vudafieri Saverino Partners (Posizione 2017: 67) ↑ 50 Cairepro (Posizione 2017: 56) ↑


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Inaugurato il nuovo Centro universitario di Produzioni Ittiche a Cesenatico

Venerdì 19 ottobre ha avuto luogo l’inaugurazione delle nuove e aule uffici presso il Dipartimento di veterinaria a Cesenatico. Un progetto che ha coinvolto diverse professionalità e per cui Polistudio A.E.S. ha seguito la progettazione di impianti elettrici e speciali.

Scopri di più sul progetto (vedi sito)

Un vero e proprio evento quello che ha visto l’inaugurazione di un nuovo complesso di circa 1500 mq che ospiterà 200 studenti in un vecchio magazzino vicino al porto di Cesenatico. A tagliare il nastro erano presenti il rettore Francesco Ubertini, l’assessore regionale all’Agricoltura, Caccia e Pesca, Simona Caselli e il sindaco di Cesenatico, Matteo Gozzoli. Un progetto che si è potuto realizzare grazie al contributo dell’Ateneo, al supporto del Comune, alla Fondazione Cassa di Risparmio di Cesena e a un donatore privato.


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Aule Nei 1500 mq sono presenti tre aule, un laboratorio didattico attrezzato per esercitazioni, una biblioteca e aula studio. Dal prossimo anno partiranno nuovi lavori al piano terra del Centro per l’allestimento dell’area sperimentale dotata di vasche per la stabulazione e studio degli animali acquatici. In questo nuovo spazio di circa 800 mq potranno essere sviluppate le attività di ricerca già in corso a Cesenatico sull’allevamento, alimentazione, riproduzione e salute dei pesci allevati.

Scopri di più sul progetto (vedi sito)


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Nuovi strumenti per la progettazione innovativa di Arch. Andrea Banci

Stiamo vivendo negli ultimi anni la prima vera rivoluzione nel processo di progettazione di un’opera, potendo creare una copia virtuale del manufatto ancor prima che esso venga costruito. Un processo rimasto invariato per secoli, dove sulla base di rappresentazioni bidimensionali, di dettagli e di viste prospettiche si procedeva a valutarne i costi e le tempistiche di realizzazione dell’opera, affidando la buona riuscita di un progetto solo all’esperienza e alla sensibilità dei soggetti coinvolti.


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Figura 1 Immagine di progettazione in Bim

Tecnologie di supporto alla progettazione Oggi, grazie alla rapida evoluzione tecnologica, stanno diventando sempre piÚ accessibili tecnologie di supporto alla progettazione. Partendo da una fase preliminare del processo, tecnologie come la fotogrammetria, il rilievo morfologico tramite droni o il laser scanner, rendono possibile ottenere in breve tempo un rilievo preciso e ricco di informazioni da poter trasporre all’interno di un software BIM sin dalle fasi iniziali della progettazione.


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BIM È proprio il processo di digitalizzazione BIM che ha portato i maggiori benefici alla progettazione, si riesce così ad ottenere un modello tridimensionale ricco di informazioni, dove ad esempio, un oggetto non è più un semplice modello 3D o una rappresentazione bidimensionale di sé stesso. Questo può essere classificato, vengono indicate proprietà dimensionali, termiche ed acustiche, marca modello e costo, preventivata la data di acquisto per il cantiere, gestite le scadenze di manutenzione, nonché la metodologia e la data di smaltimento (che magari avverrà tra decine di anni).

Figura 2 Immagini reali di progettazione in Bim

La coerenza delle informazioni all’interno del progetto è il punto cardine della nuova metodologia di sviluppo del progetto. Un tale metodo porta sicuramente ad una più veloce ed efficiente gestione del processo di realizzazione dell’opera, abbattendone i costi e riducendo gli imprevisti in fase di cantiere. Infatti, la maggior parte di essi sono gestibili nelle fasi preventive di progettazione. In questo modo, è possibile ottimizzarne l’esecuzione. Il processo BIM però non è una macchina perfetta. Concettualmente nato tra la fine degli anni Ottanta ed i primi anni Novanta, se ne sente parlare da una decina d’anni e fino a poco tempo fa non esistevano vere e proprie linee guida sullo sviluppo dei software in grado di supportarlo. Ciò ha contribuito a generare un po’ di confusione su quale fosse il vero scopo del BIM.


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Figura 3 Immagini reali di progettazione in Bim

Nuove linee guida Fortunatamente la recente norma UNI, che tratta del processo BIM, ha iniziato a delineare delle linee guida da seguire. Sono stati ben definiti i risultati da ottenere fino al 3D. Con il termine 3D ci si riferisce ad un modello federato composto da tutte le discipline coinvolte nel progetto e comprese le informazioni e le proprietà dei singoli oggetti. Tuttavia, il passaggio al 4D, 5D, 6D e 7D ancora non è facilmente applicabile utilizzando un unico modello.

Figura 4 Immagini reali di progettazione in Bim


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Un nuovo processo di digitalizzazione Credo che questa sarà la fase più complicata da sviluppare, perché bisognerà essere in grado di digitalizzare le singole fasi di lavorazioni ed il lavoro umano, non solo l’opera in sé, e questo porta ad infinite variabili che software concepiti in maniera tradizionale difficilmente saranno in grado di prevedere. Vedremo se magari l’ultimo grande filone dello sviluppo tecnologico, l’IA, sarà in grado di sopperire a tali vincoli, ottimizzando ancora di più la realizzazione delle opere progettate. Il futuro è vicino, ma non è ancora arrivato.


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Dopo il sisma rinasce una scuola più sicura a Crognaleto

Tanta voglia di ricominciare. È questo lo spirito con cui il 20 settembre scorso è stata inaugurata la Scuola primaria e dell'infanzia San Giovanni Battista de la Salle in località Tottea nel Comune di Crognaleto (TE), (unica scuola italiana dedicata al patrono degli insegnanti e degli educatori). Un progetto finanziato e costruito dalla Regione Emilia-Romagna, grazie alla consulenza per il progetto architettonico ed impiantistico della società di ingegneria Polistudio A.E.S. di Riccione. "Un intervento da 850mila euro per portare in sicurezza i bimbi nella scuola primaria e dell’infanzia del comune danneggiato dal sisma del 2016. I bambini di Tottea, nel Comune di Crognaleto nel teramano, sono tornati nella loro scuola. - Così recita il comunicato della Regione Emilia-Romagna - Con un intervento da 850mila euro complessivi, la Regione Emilia-Romagna, ha ricostruito il complesso scolastico che accoglie la materna e le elementari “San Giovanni Battista de La Salle in località Tottea, gravemente danneggiato dal terremoto che dall’agosto 2016 al gennaio 2017 ha colpito il centro Italia. Al taglio del nastro l’assessore regionale alla Protezione civile, Paola Gazzolo, con il sindaco di Crognaleto, Giuseppe D’Alonzo, la commissaria straordinaria per la Ricostruzione, Paola De Micheli, il sottosegretario del ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Gianluca Vacca e il sottosegretario alla Presidenza della Regione Abruzzo, Mario Mazzocca".


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Lavori realizzati in tempo record I lavori, partiti lo scorso 20 aprile, sono durati meno di 6 mesi. Il risultato è il frutto di un lavoro in sinergia fra la Regione Emilia-Romagna, il Comune di Crognaleto e l’Istituto comprensivo Montorio-Crognaleto. La progettazione e la realizzazione sono state curate dal Servizio Area Romagna dell’Agenzia regionale per la sicurezza territoriale e la protezione civile della Regione Emilia-Romagna, coadiuvato, per il progetto architettonico e impiantistico, dal Polistudio A.E.S. di Riccione. Il terremoto aveva danneggiato gravemente la vecchia scuola, rendendo non economico l’intervento di recupero e adeguamento sismico rispetto all’abbattimento-ricostruzione.

Una scuola sicura e sostenibile Gli spazi sono stati pensati e realizzati non soltanto per renderli sicuri, ma anche per permettere e favorire l’apprendimento e i rapporti interpersonali: una scuola sicura, aperta al dialogo, luminosa, confortevole, tecnologica e sostenibile. Il nuovo edificio di 430 metri quadri ospiterà i bambini del paese (1.300 abitanti) e delle 21 frazioni del territorio. Oltre alle aule per la didattica, può contare su una biblioteca, la mensa e una sala polifunzionale al servizio della comunità. Date le caratteristiche di massima sicurezza e alta qualità, servirà anche come struttura di protezione civile, in caso di emergenza.


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Le caratteristiche della scuola L’edificio, che risponde anche ai Criteri Ambientali Minimi (CAM), è costruito con pareti esterne “a secco”, ed è composto da un unico corpo ripartito in due strutture in acciaio: una polifunzionale e sportiva e una didattica, unite da un volume passante e trasparente. Il blocco polifunzionale e sportivo è dotato di spogliatoi ed è stato posizionato in prossimità dell'ingresso carrabile, in modo da poter essere immediatamente accessibile. Il blocco didattico ospita le 3 aule per attività scolastiche, la biblioteca, i servizi igienici, gli uffici e la mensa. La copertura è coibentata e rivestita con lamiera in alluminio di colore chiaro per massimizzare l’effetto albedo. I materiali di finitura (intonaco, pietra e legno) rispecchiano le caratteristiche proprie degli edifici scolastici. Si tratta di materiali caldi che, insieme a un disegno sobrio ed elegante, rendono l’ambiente piacevole e ospitale per i bambini. Un gioco geometrico del prospetto, caratterizzato dai tagli delle finestre che portano colore e movimento, donano all'edificio allegria, ampiezza di vedute, appartenenza all'ambiente circostante.


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Impianti, sostenibilità e innovazione Pompe di calore ad alta efficienza per il riscaldamento e l’acqua calda sanitaria; impianto radiante a pavimento a bassa temperatura, in grado di garantire un ottimo comfort degli ambienti; impianto fotovoltaico in grado di produrre energia pulita e rinnovabile, domotica per la gestione e centralizzazione dell’accensione luci, chiusura finestre motorizzate e gestione delle temperature di riscaldamento degli ambienti, sono le strategie impiantistiche indirizzate alla sostenibilità e al raggiungimento di un considerevole risparmio energetico. È stato previsto un impianto domotico


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Scuola Natura Particolare attenzione è stata posta ai servizi e alla sistemazione degli spazi esterni per i bambini, allestiti come un vero e proprio “parco didattico”, suddiviso in tre aree: area giochi, area flora e area fauna.


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L’orientamento ottimale di un edificio: meglio una casa esposta ad Est e Ovest o a Nord e Sud? Quali fattori bisogna prendere in considerazione per orientare al meglio il proprio edificio? di ing. Franco Casalboni

Articolo pubblicato su Ingenio-web

Il tema di quale sia l’orientamento ottimale per un edificio è da tempo al centro di molti dibattiti e studi in quanto dalla scelta dell’orientamento dipendono il comfort degli occupanti e i consumi energetici per riscaldamento e climatizzazione estiva.

Due linee di pensiero Ci sono scuole di pensiero che indicano nell’orientamento N-S (cioè con i lati maggiori esposti ad EST e ad Ovest) come il migliore, mentre altre ritengono che sia da preferire l’orientamento E-O (cioè con i lati maggiori esposti rispettivamente a NORD e a SUD). I due orientamenti sopra indicati sono esattamente l’uno l’opposto dell’altro (ovviamente ci sono poi le situazioni intermedie) e qualcuno si chiederà come sia possibile che nemmeno su questo ci si riesca a mettere d’accordo. Questa breve nota non ha certamente la pretesa di dirimere la questione dicendo una parola ultimativa ma vuole semplicemente porre all’attenzione alcuni fattori che possono essere da guida laddove ci sia la possibilità di effettuare tale scelta (tante volte non c’è questa facoltà).


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Vari fattori Come prima cosa occorre avere presente quali soni i fattori che caratterizzano le varie esposizioni. NORD: non c’è mai il sole, la luce è sempre uniforme, esposizione a venti freddi in inverno. EST: sole al mattino, piacevole in primavera/estate, freddo in autunno/inverno. SUD: sole basso nelle ore centrali invernali, allo zenit in estate per cui ci si protegge facilmente dalla radiazione solare diretta con aggetti poco profondi. OVEST: forte soleggiamento al pomeriggio, in ombra tutta la mattina.

Soluzioni fino agli inizi del 2000 Fino agli inizi degli anni duemila ci si è preoccupati fondamentalmente di limitare i consumi energetici per il riscaldamento invernale, fattore ritenuto tra i maggiori responsabili dell’inquinamento atmosferico. Si suggeriva pertanto di preferire soluzioni che favorissero l’utilizzo dei cosiddetti “guadagni solari”, soluzioni cioè che permettessero al sole di riscaldare gli edifici nella stagione invernale o entrando attraverso le superfici vetrate o accumulando calore su pareti perimetrali che avrebbero poi rilasciato di notte all’interno degli ambienti il calore accumulato di giorno. L’evolversi della normativa ha fatto sì che i nuovi edifici avessero un livello di coibentazione tale da ridurre di molto il fabbisogno di riscaldamento facendo per contro aumentare la spesa energetica per la climatizzazione. Infatti, un edificio molto coibentato, se da una parte disperde poco calore verso l’esterno in inverno e ne fa entrare poco in estate, dall’altra costituisce un ostacolo allo smaltimento del calore endogeno, quello cioè prodotto all’interno da persone, illuminazione e apparati elettrici. Questo fatto ha quindi sgretolato la granitica certezza, in voga fino ad alcuni fa, che l’orientamento ottimale fosse sempre quello E-O. Ci si è resi conto che occorre guardare il comportamento dell’edificio lungo tutto l’anno solare e non solo in inverno e questo ha portato a valutazioni diverse rispetto al passato.


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Valutazioni diverse Oggi il tema va affrontato tenendo conto di molti più fattori, dei quali i principali sono: -

La destinazione dell’edificio Il tipo di attività che vi si svolge ed i profili orari di funzionamento La zona climatica in cui si trova

Destinazione dell’edificio Vediamo il caso di edifici con destinazione a civile residenza. In questo caso di notte non ci sono attività per cui ha ancora senso privilegiare un orientamento E-O con i lati maggiori esposti a Nord ed a Sud cercando di collocare a Nord bagni, scale, corridoi, vani tecnici e, perché no, le camere da letto mentre a sud vi saranno cucine, soggiorni e studi. In questo modo in inverno si sfrutta il sole basso permettendogli di entrare attraverso i vetri, e la luce piatta e omogenea che si ha a Nord interesserà locali che non vengono vissuti di giorno. Il forte irraggiamento delle esposizioni EST ed OVEST avrà effetti molto modesti sul surriscaldamento estivo degli edifici. Nel caso invece di un edificio ad uso terziario, è senz’altro da preferire l’orientamento N-S e quindi con i lati maggiori esposti ad Est e ad Ovest. Questi edifici sono occupati durante la giornata e vuoti la sera per cui occorre sfruttare il più possibile l’illuminazione naturale per ridurre i consumi energetici dovuti alle lampade accese; saranno quindi da preferire grandi superfici vetrate a condizione che siano presenti schermi solari esterni tali da proteggere gli ambienti dalla radiazione solare diretta. Con le prestazioni termiche che hanno i vetri di oggi, superfici vetrate ampie non sono un problema in inverno, in quanto, a regime, quasi sempre il calore prodotto all’interno supera le dispersioni termiche dell’involucro e per contro in tutte le stagioni permettono di notte lo smaltimento del calore in eccesso prodotto all’interno degli edifici.

Tipo di attività Per quanto concerne il tipo di attività che si svolge all’interno di un edificio, va tenuto presente che ci sono attività per le quali è assolutamente da evitare che la radiazione diretta entri all’interno per non creare fenomeni di abbagliamento a chi svolge attività lavorative che non tollerano tali situazioni. Questo è il motivo per cui, ad esempio, nel caso delle attività produttive è sempre opportuno che la luce arrivi da Nord. Diverse sono invece le necessità di attività dove è importante la resa cromatica per cui sono da favorire ingressi di luce naturale da tutti i lati tranne che da nord.

Zona climatica Parlando di zona climatica ci si riferisce sia all’altezza rispetto al livello del mare sia alla presenza o meno di venti dominanti. Per quanto riguarda il primo aspetto è evidente che il riscaldamento invernale è ancora preponderante rispetto alle esigenze di climatizzazione estiva per cui nel limite del possibile sono da preferire orientamenti E-O per tutti gli edifici. Per quanto riguarda invece il secondo aspetto, come è noto, laddove si ha una situazione di venti dominanti sempre dalla stessa direzione, gli edifici sono sottoposti ad una differenza di pressione tra il lato esposto al vento e quello contrapposto. Questa differenza di pressione


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si traduce in rientrate di aria esterna non controllata che, soprattutto in inverno, possono rendere inefficace la coibentazione dell’involucro.

In sintesi Concludendo, si è voluto mettere in evidenza come non esista un orientamento ottimale sempre valido ma occorre di volta in volta prendere in considerazione gli aspetti sopra richiamati per poter prendere la decisione che realizzi il miglior compromesso tra tutte le esigenze.


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Come riqualificare la pavimentazione della pista di volo di un aeroporto Con l’aumento del trasporto aereo, si stanno moltiplicando gli scali aerei che hanno necessità di essere riqualificati o ampliati. Come intervenire al meglio per trovare soluzioni efficienti, innovative e sostenibili? Lo abbiamo chiesto all’ing. Andrea Amaducci di Polistudio.

Alcuni studi attestano che il trasporto aereo e le sue infrastrutture assumeranno probabilmente il ruolo fondamentale di elemento trainante dello sviluppo sostenibile. Qual è la sua opinione a riguardo? In questi anni abbiamo assistito ad una grande trasformazione del trasporto aereo a livello mondiale con effetti sullo sviluppo delle attività aereoportuali. In particolare, sta aumentando sempre più la sensibilità pubblica verso l’impatto degli aeroporti sull’ambiente, che costituisce un serio vincolo ai piani di sviluppo aeroportuali. Quindi l’espansione di un aeroporto europeo deve seguire non solo fattori economici ma considerazioni di carattere sociale ed ecologico, secondo un approccio in grado di bilanciare effetti positivi e risposte negative legate agli impatti ambientali del trasporto aereo.


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Partiamo da un esempio, la riqualificazione della pavimentazione dell’aeroporto di Rimini. Come è nato il progetto e quali le tappe principali per la sua costruzione? All’epoca, attorno al 2008, si era venuti a conoscenza dell’esigenza di riqualificare l’aeroporto internazionale Federico Fellini di Rimini, in quanto la pavimentazione era giunta al termine della sua vita utile. Quindi abbiamo presentato un’offerta alla direzione dell’aeroporto, che, dopo essere stata valutata, è stata accettata. Il progetto di riqualificazione della pista di volo, configurato e dimensionato in relazione alla classe 4E dell’aeroporto, prevedeva l’asportazione del tappetino di usura ammalorato e la realizzazione di nuovo strato in conglomerato bituminoso modificato nella fascia centrale della pista di volo. Inoltre, era necessario procedere al rifacimento completo della segnaletica orizzontale. Per consentire l’adeguamento degli aiuti visivi luminosi della pista e per limitare futuri interventi sulla pavimentazione, si doveva procedere alla predisposizione degli impianti AVL per le luci di pista. In base al budget a disposizione si è determinato il tipo di intervento da fare. La pista dell’aeroporto in questione ha una lunghezza di quasi 3 km, una delle più lunghe in Regione, e ciò ha inciso significativamente sui costi di realizzazione dell’opera.


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Che tipo di asfalto è stato adoperato per assicurare affidabilità e durabilità della pista di volo? Innanzitutto, è stato fatto uno studio approfondito sulla scelta della miscela da utilizzare per il rifacimento dello strato superficiale. Inoltre, in corrispondenza del punto di atterraggio degli aeromobili è stato previsto un intervento più profondo, andando a rifare lo strato sottostante di BYNDER (lo strato di conglomerato bituminoso che funge da collegamento, unendo lo strato di usura a quello di base - lo strato più superficiale a quello più profondo - trasmettendo l’azione verticale dei carichi). L’intervento è stato calibrato per tutta la lunghezza della pista di volo e in larghezza rispetto all’asse della pista, tenendo conto del quadro economico e delle risorse che il committente ha messo a disposizione. È stato anche scelto di eseguire un rinforzo ulteriore sopra al bynder, mettendo una geo-griglia in polietilene. Il punto focale del progetto è stato lo studio del conglomerato bituminoso e delle fibre impiegate. Queste dovevano assicurare eccellenti caratteristiche tecnico-funzionali e rispondere ai requisiti tecnico-normativi di ENAC e ICAO. Si è trattata di un’indagine molto approfondita: dall’inerte al tipo di bitume, dall’emulsione bituminosa agli additivi, … È stato dunque utilizzato un conglomerato bituminoso con modifica hard per garantire maggiore durabilità e prestazioni dell’asfalto, per migliorarne le caratteristiche fisico-meccaniche.


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Che prestazioni assicura il bitume modificato e come avete optato per questo tipo di materiale? Avete fatto delle prove? Il bitume modificato permette all’asfalto una maggiore elasticità̀ e, allo stesso tempo, una maggiore resistenza. A riprova dell’accuratezza delle lavorazioni, sono state effettuate stese con giunti a caldo su tutta la pista aeroportuale. È stato fatto, dunque, uno studio del comportamento a fatica sulla pavimentazione di nuova realizzazione, con l’intento di garantire una vita utile di circa 20 anni. Ma partiamo dall’inizio. In fase di progettazione sono stati fatti sopralluoghi, eseguiti dei carotaggi della pavimentazione ed è stata attivata una collaborazione con l’università di Bologna. Sono state fatte prove di laboratorio a taglio diretto Leutner, eseguite su provini carotati in sito e provenienti dal Campo Prove posto sulla pista. Il fine era quello di valutare le effettive risorse di resistenza del collegamento generato con la riqualificazione, simulata impiegando i materiali e le tecniche di posa scelti.


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Ai fini progettuali il Campo Prove è stato costruito adottando tre diverse soluzioni di posa da mettere a confronto. Previa fresatura, sono state realizzate tre sezioni di cui: una con sola emulsione bituminosa modificata, una con emulsione e rete geo-sintetica ed una sulla quale è stata posata una membrana bitume/graniglia di tipo SAMI. Le prove di laboratorio Leutner sulle undici carote prelevate in sito sono state condotte presso il Laboratorio di Strade del DICAM - Università di Bologna. Al termine delle fasi realizzative ed in seguito al raffreddamento dei materiali posati, si è proceduto al prelievo di alcune carote del diametro di circa 150 mm. In particolare, sono state prelevate quattro carote dalla prima sezione, quattro carote dalla seconda sezione e tre carote dalla terza sezione, per un totale di undici carote doppio strato.


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Successivamente, sono state asciugate e trasportate presso il Laboratorio di Strade del DICAM dell’Università di Bologna per eseguire delle prove meccaniche. Le prove di laboratorio hanno riguardato le undici carote cilindriche con diametro di circa 143 mm prelevate in sito. Queste sono state sottoposte alla fase di test, così come pervenute presso il Laboratorio, previa termostatazione a 20°C. In particolare, la configurazione con sola emulsione bituminosa si è distinta dalle restanti due, restituendo valori tensionali a rottura mediamente più alti di 300-400 kPa. I valori ottenuti per la configurazione di posa con SAMI sono quelli più bassi e, in media, superano di poco i 600 kPa

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Come è stato steso sulla pista? Una volta deciso il materiale, dopo uno studio molto approfondito, è iniziata la sua stesura sulla pista, eseguita dall’impresa Pesaresi Giuseppe Costruzioni SpA e dalla Cooperativa Braccianti Riminese CBR. Per ragioni di budget, la pista non è stata riqualificata nell’intera sua larghezza, ma per una larghezza inferiore, solo sulla corsia di atterraggio degli aeromobili. Nella distesa del bitume modificato, per garantire che non ci


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fossero dei giunti tra una strisciata e l’altra, sono state utilizzate quattro macchine in parallelo, quattro vibrofinitrici disassate. Ciò ha significato che, mentre una macchina stendeva, l’altra livellava e il giunto veniva subito sigillato.

Che tipo di illuminazione e sistemi di illuminazione avete applicato? Per quanto riguarda l’illuminazione, è stata fatta una predisposizione in previsione di un’implementazione a cambio di categoria dell’aeroporto, ossia per il passaggio alla CAT 3. Sono state stese delle tubazioni in corrispondenza delle parti che andavamo a ripristinare. Si tratta della predisposizione degli impianti AVL per le luci di pista.


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Grazie all’operazione di riqualificazione della pista e dell’illuminazione, si può parlare di risparmio in termini di manutenzione e di una migliore efficienza complessiva? Si è trattato di un’operazione volta ad ammodernare l’infrastruttura della rete locale e degli impianti pista. L’ammodernamento in questione mirava proprio ad un risparmio in termini di manutenzione e ad una migliore efficienza complessiva. Infatti, la nuova pavimentazione è stata costruita con l’obiettivo di una durabilità ventennale e di una riduzione delle manutenzioni del primo periodo di vita utile.

Come intervenire al meglio per trovare soluzioni efficienti, innovative e sostenibili? Come emerge dal progetto di cui abbiamo appena parlato, è fondamentale progettare infrastrutture sostenibili e sicure, grazie ad uno studio approfondito e ad un lavoro integrato, coinvolgendo varie professionalità. In questo modo è possibile mettere in campo soluzioni che fungano da supporto allo sviluppo economico e alla qualità della vita.


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Case galleggianti – House Boat Una moda sempre più diffusa nel mondo, soluzioni all’avanguardia, in cui innovazione e sostenibilità vanno a braccetto. Abitazioni versatili, resilienti ed energeticamente autosufficienti. Un nuovo concetto di abitazione, ma anche di vacanza. Sono queste ed altre caratteristiche a rendere le “case galleggianti/house boat” protagoniste nell’architettura del futuro e dell’Italian Style. Ecco una nostra interpretazione.


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Figura 1 - Un nostro concept

Come vivere in simbiosi con la natura circostante senza danneggiarla? Come evitare il consumo del suolo e quali possono essere le soluzioni abitative alternative che non danneggino l’ambiente? Sarà questo il futuro delle abitazioni sostenibili? Interrogativi importanti, a cui sta cercando di dare risposta anche il nostro settore Ricerca e Sviluppo, stimolato anche dal percepire come una opportunità la presenza sul nostro territorio di “specchi d’acqua” da valorizzare. Sicuramente le House boat possono essere un’ipotesi da prendere in considerazione. Rappresentano una soluzione alla problematica dello sfruttamento del suolo, nonché un modo di vivere in armonia con la natura. Il fatto che abbiano un consumo del suolo pari a zero le rende particolarmente adatte a far fronte, ad esempio, alle problematiche di sovrappopolamento di alcune aree del pianeta. Esistono progetti importanti che, partendo da una struttura modulare di base, sono in grado di ridisegnare intere città galleggianti (es. FreiLichtHaus tra Sassonia e Brandeburgo oppure IJburg, Amsterdam). In particolare, in Olanda sono previste case moderne e sostenibili sull’acqua e che non hanno nulla da invidiare alle abitazioni su terra.


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Figura 2 - Un nostro concept

La loro parola d’ordine è quella di sfruttare i vantaggi della vicinanza dell’acqua in termini di ecocompatibilità. Si tratta di strutture natanti a tutti gli effetti, di progetti – in genere - a basso impatto ambientale e a ridotto consumo energetico. Un fenomeno in crescita in Europa, soprattutto in zone in prossimità di fiumi, lagune, canali. Non mancano esempi nel mondo, in cui innovazione e sostenibilità vanno a braccetto, abitazioni in cui la scelta della componentistica verte su materiali isolanti per ridurre perdite di energia, su pannelli fotovoltaici che alimentano il sistema di illuminazione a LED della casa e su pannelli solari posti sul tetto che permettono una indipendenza energetica, oltre all’uso di materiali riciclati e riciclabili, tenendo conto dell’ambiente in cui si andranno a collocare. La floating architecture è dunque un modo per guardare al futuro, un campo aperto alla sperimentazione e all’integrazione di nuove tecnologie. Anche per il turismo, rappresentano una modalità nuova ed affascinante di vivere le vacanze, rifugi per fuggire dallo stress e dalla confusione, una possibilità per occupare darsene poco frequentate e per arricchire l’offerta turistica, che nel pacchetto vacanza possono includere un’esperienza diversa sull'acqua!


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Figura 3 - Un nostro concept

Un’opportunità per vivere nuove esperienze, momenti unici, valorizzando il territorio con scelte sostenibili. Non solo quindi un nuovo concetto di abitazione, ma anche di vacanza. Dalla sfida tecnologica, alla residenza riconosciuta.


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Figura 4 - Un nostro concept

Anche noi ci siamo lasciati ispirare da questa tematica. Abbiamo pensato, e sviluppato un “water masterplan” articolato tra servizi primari e abitazioni/servizi ricettivi in una delle più belle darsene d’Italia. Il progetto affrontato si è rivelato un'interessante occasione per approfondire le tematiche di rapporto tra tecnologie navali e necessità abitative. Temi come autosufficienza energetica, scarichi, sicurezza sono imprescindibili per queste innovazioni. Il rapporto con le infrastrutture… Per quanto riguarda la rete fognaria, il progetto non può non tener conto di impianti di raccolta dei reflui portuali per raccogliere sia le acque di scarico provenienti dalle house boat e dai servizi igienici, sia quelle di sentina che vanno raccolte separatamente e trattate prima del loro trasferimento allo scarico definitivo. Inoltre, bisogna tener conto di servizi aggiuntivi, quali le colonnine di erogazione elettrica ed idrica nel contesto della darsena. Non mancano esempi di unità abitative sull’acqua definite come case net zero energy, autosufficienti energeticamente e dotate di certificazioni LEED Platinum, la certificazione internazionale più prestigiosa sulla sostenibilità degli edifici. Continuiamo a guardare in questa direzione.


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Figura 5 – Porto Marina di Loano

Figura 6 - Un nostro concept


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Hotel Meeting: un restyling per un’esperienza unica Da qualche settimana ha aperto i battenti l’hotel Meeting, un luogo completamente rinnovato, un restyling curato fin nei minimi dettagli dal nostro staff. Un dialogo serrato tra architetti, ingegneri, geometri e la proprietà. Per saperne di più abbiamo intervistato l’arch.Valeria Ferri che si è occupata dell’interior. Immagini fotografiche: ©Roberto Betti


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Oggi la riqualificazione delle strutture alberghiere passa attraverso scelte in grado di collocare l’hotel in maniera forte sul mercato, conferendo un carattere distintivo alla struttura alberghiera e alla proposta di vacanza. Non un soggiorno qualunque, ma un’esperienza di dinamicità, vivacità e sorpresa. Oggi l’ospite è alla continua ricerca di nuove esperienze, che gli consentano di tornare a casa, avendo assaporato nuove emozioni e ricordi unici. Quale percorso è stato fatto, quali studi e quali scelte sono state compiute, nel progetto di restyling dell’Hotel Meeting di Riccione, per raggiungere questi obiettivi? Per iniziare a rispondere a queste esigenze si è avviato un fitto dialogo con la proprietà dell’Hotel, che è poi anche il gestore. Ma ci si è anche lasciati ispirare dalle suggestioni che nascono dal felice contesto in cui l’edificio si colloca. I suoi nove piani consentono di godere di un punto di vista singolare, se non unico per la città di Riccione, dando modo all’ospite di vivere appieno una stretta connessione tra la spiaggia e le colline. L’obiettivo principale, quindi, a cui non si è voluto rinunciare, è stato quello di proporre agli ospiti un’esperienza di mare, vento, sole, aria e natura anche negli ambienti interni.

La camera, cuore della proposta di soggiorno, come è stata progettata? Il layout di progetto degli interni ha voluto dar corpo ad un’idea di vacanza legata al benessere; per questo gran parte delle camere sviluppano uno spazio ampio e articolato che prevede una zona “morbida” dedicata al relax in stretta connessione visiva con il mare o la collina. Per gli arredi abbiamo scelto linee eleganti, ma semplici, miscelando il legno naturale e il colore bianco; volevamo avere a disposizione una base neutra che consentisse di personalizzare ogni camera con l’aggiunta di dettagli colorati. Per questo motivo in ogni camera abbiamo inserito un elemento evocativo del tema prescelto (mare, natura, sport), tramite l’utilizzo della carta da parati, introducendo così note di


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colore attentamente riprese nella scelta degli accessori, come il divano letto, la poltrona letto, i cuscini e il rivestimento del bagno. Ogni camera doveva essere una “esperienza” a sé, originale e non ripetitiva. Così, l’inserimento di uno specchio non convenzionale di forma circolare e di superficie importante ci ha permesso di evocare la sagoma circolare dei balconi (elemento distintivo della facciata) e di replicare all’interno delle camere la suggestione dello spazio esterno.

Lo spazio bagno che ruolo gioca? Consapevoli che lo spazio e il tempo per la cura della persona stanno acquisendo sempre più importanza, soprattutto nell’ambito della vacanza, abbiamo fatto in modo che la stanza da bagno diventasse parte integrante e originale nella organizzazione della camera. Questo è avvenuto lasciando che l’area bagno fosse spesso in continuità con il resto dell’ambiente, eliminando chiusure tradizionali, ma utilizzando quinte o pannelli scorrevoli vetrati; dando ampio spazio alla doccia sempre dotata di “cromoterapia”, creando un ampio piano d’appoggio al lavabo.

Sono state progettate anche alcune suite. Come si distinguono dal resto dell’offerta? Le suite sono collocate al settimo e all’ottavo piano dell’albergo. Sono ambienti unici, in posizione panoramica, con grande personalità ed appeal. Sono dotate di un grande spazio doccia con vista mare, che assicura un’esperienza unica, sia per l’originalità della sua conformazione e ampiezza, che per le sue dotazioni: “soffione doccia” multifunzionale di ampie dimensioni con getti d’acqua diversificati e led multicolori che consentono di godere dei benefici della cromoterapia.


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La luce che ruolo ha giocato nelle scelte progettuali? Non abbiamo sottovalutato l’importanza delle scelte illuminotecniche, consapevoli che la luce è un elemento fondamentale nell’organizzazione dello spazio e per assicurare una atmosfera confortevole. L’illuminazione generale è stata risolta con elementi da incasso che si integrano discretamente nel controsoffitto, distribuiti anche nelle zone accanto all’armadio e allo specchio. Ma i corpi illuminanti assolvono anche a una funzione di estetica e decorativa: a corredo alla testata letto e sulle scrivanie, diversa da camera a camera, garantiscono la funzionalità per la lettura e il riposo.

Come è avvenuta la selezione dei fornitori? Non sarebbe stato possibile raggiungere l’obiettivo prefissato senza un’attenta cernita dei fornitori. Con loro abbiamo scelto materiali, prestazioni e caratteristiche tecniche di tutti gli elementi che sono stati inseriti nel progetto. In particolare, abbiamo selezionato partners e fornitori con una significativa esperienza nel settore della ospitalità. Gli elementi propriamente di arredo di ogni camera sono stati progettati quasi “sartorialmente” assieme ad una azienda che ci ha supportato, non solo per quanto riguarda le opere di falegnameria, ma anche per le opere in vetro, in lamiera smaltata e prodotti tessili, permettendoci di avere un unico interlocutore. Abbiamo potuto progettare gli elementi di ogni camera senza vincoli di standardizzazione, ottenendo così il meglio da ogni ambiente.


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E i materiali come sono stati selezionati? I materiali sono stati scelti nell’ottica di coniugare massima funzionalità a grande eleganza, come conviene in spazi dedicati all’ospitalità. Gres ceramico per il pavimento in grande formato, moquette nei corridoi delle aree comuni, controsoffitti, ceramiche e rubinetterie, tutto deve contribuire alla qualità della soluzione finale. Particolare attenzione è stata dedicata alla “insonorizzazione” della camera, tema da cui non è possibile prescindere nell’affronto di un progetto dedicato all’ospitalità, per assicurare il massimo comfort agli ospiti. Per questo motivo sono state fatte scelte tecnicamente evolute per le pareti divisorie, per le porte d’ingresso alla camera, per gli infissi esterni e per la pavimentazione morbida dei corridoi comuni. Sempre per assicurare elevati standard di comfort particolare attenzione è stata dedicata alla scelta del letto, costituito da un sommier e materasso prodotti da una azienda leader del settore hospitality. Abbiamo cioè lavorato sul “sistema letto” assicurandoci - grazie alle dimensioni generose e ai materiali di qualità - alti livelli di prestazione in termini di riposo, comodità, e relax. Tutto il progetto è stato dunque concepito mettendo al centro del processo ideativo l’ospite e l’insieme dei suoi desideri e delle sue esigenze.


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L’efficienza energetica nei grandi edifici attraverso l’involucro di ing. Franco Casalboni Articolo pubblicato su Ingenio.

Quando si parla di efficienza energetica relativamente agli edifici molteplici sono gli aspetti da prendere in considerazione, aspetti che grossolanamente possiamo dividere in due grandi filoni: -

Aspetti legati all’involucro Aspetti legati agli impianti ed al loro utilizzo

In questa breve memoria ci concentreremo sul primo dei due aspetti sopra richiamati e in questo caso le considerazioni svolte (a livello concettuale) sono valide sia per edifici di piccole dimensioni che per edifici di grandi dimensioni.

Premessa Fino a qualche anno fa quando si parlava di efficienza energetica di un edificio si prendeva in considerazione solamente il comportamento invernale; l’introduzione di norme e leggi volte a ridurre i consumi energetici invernali hanno portato oggi ad avere edifici, soprattutto i grandi edifici destinati ad uso terziario, in cui i consumi energetici per la climatizzazione estiva superano quelli per la climatizzazione invernale. Il tema sarà dunque affrontato prendendo in considerazione il comportamento annuale di un edificio.


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Gli aspetti che prenderemo in esame sono: -

Forma dell’edificio Orientamento dell’edificio Comportamento delle superfici opache Serramenti e sistemi di schermatura

La forma dell’edificio È il primo aspetto da esaminare se si vuole costruire edifici efficienti dal punto di vista energetico. Infatti, come è intuitivo, si ha che: -

Al crescere delle superfici esposte verso l’esterno crescono le dispersioni di energia verso l’esterno in inverno e le rientrate di calore indesiderate in estate Al crescere del volume crescono la massa e l’energia che può accumulare contribuendo a smorzare le oscillazioni termiche

Un indice che condensa i due concetti sopra esposti è il fattore S/V, cioè il rapporto tra superficie disperdente e volume racchiuso dalla superficie disperdente. A parità di volume, il fabbisogno di energia decresce con il decrescere della superficie disperdente. Tradotto in altri termini significa che gli edifici con forma regolare e compatta sono più risparmiosi di quelli con forma irregolare. Per edifici residenziali un valore ottimale del rapporto S/V è 0,6 mentre per gli altri edifici è 0,4.


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L’orientamento dell’edificio Su questo tema si scontrano due esigenze contrastanti: la necessità di proteggersi dalla radiazione solare in estate e la possibilità di sfruttare in inverno i guadagni solari gratuiti per ridurre i consumi energetici per il riscaldamento. Rispetto al vento invece vale l’opposto e cioè in estate contribuisce a mitigare il clima all’interno degli edifici mentre in inverno occorre proteggersi dagli effetti del vento che possono portare a rientrate di aria fredda indesiderate. È chiaro che le considerazioni da mettere in campo sono diverse a seconda che l’edificio sia in un clima freddo piuttosto che temperato o caldo. In clima freddo, dal momento che la durata del periodo di riscaldamento è molto più lungo di quello in cui necessita la climatizzazione saranno da prevedere orientamenti e soluzioni che favoriscano i guadagni solari gratuiti e viceversa negli altri casi. Tanto per fornire qualche numero significativo, per una località situata a 45° latitudine Nord, una parete verticale esposta a SUD riceve una radiazione pari a 1.624 Wh/mq al giorno mentre una facciata esposta a EST o ad OVEST riceve una radiazione pari a 2.570 Wh/mq al giorno. Fatti salvi questi criteri di carattere generale, ci sono in realtà diverse modalità di affrontare il tema che consentono di tenere conto di queste esigenze contrastanti. In linea di massima, laddove è possibile, se si vuole privilegiare lo sfruttamento dei guadagni solari per il riscaldamento invernale sarebbe opportuno un andamento dell’edificio Nord-Sud così da avere il maggiore sviluppo delle pareti esterne lungo le esposizioni Est ed Ovest; se questo non fosse possibile a causa della configurazione del lotto o di altri vincoli, è sempre preferibile collocare con esposizione a Nord


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locali di servizio (vani scale, ascensori, servizi igienici, etc) e/o locali in cui non si ha permanenza continuativa delle persone (come ad esempio sale riunioni negli edifici ad uso uffici o camere da letto negli edifici residenziali) ed a Sud gli ambienti in cui è prevista permanenza più continuativa delle persone.

Il comportamento delle superfici opache Mentre per proteggersi dal freddo invernale è sufficiente avere pareti con un buon (basso) coefficiente di trasmissione termica, per proteggersi dal caldo in estate è necessario prestare attenzione anche ad altri aspetti. Infatti, isolare non significa solo proteggersi dal freddo in inverno, ma anche garantire un buon confort abitativo pure in estate. Contrariamente a quanto si pensi comunemente non tutti i materiali che ci proteggono dal freddo possono dare buoni risultati anche in estate. Ad esempio, l’EPS (polistirolo espanso) ha un ottimo potere isolante in inverno, ma è quasi inutile contro il caldo estivo. Per comprenderne il perché è necessario parlare di due concetti base: attenuazione e sfasamento dei materiali isolanti. • •

Attenuazione (Fa): capacità di ridurre il calore trasferito all’interno dell’abitazione. Sfasamento (St): ritardo dato dal materiale nel lasciarsi attraversare dal calore, quindi capacità di ritardare il picco di calore all’interno dell’abitazione.

Con riferimento alle due grandezze sopra citate, per i principali materiali utilizzati come isolanti termici si hanno indicativamente i seguenti valori:


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EPS:

attenuazione 3% sfasamento 0,5 ore

lana di roccia: attenuazione 6% sfasamento 1,5 ore fibra di legno: attenuazione 23% sfasamento 4 ore Facciamo un esempio: se il picco di calore in una giornata estiva è alle ore 16 ed è di 40° C ecco cosa accadrà all’interno di un edificio: • • •

con EPS picco alle ore 16,30 – temperatura 38,8°C con Lana di roccia picco alle ore 17,30 – temperatura 37,6°C con fibra di legno picco alle ore 20,00 – temperatura 30,8°C

a questi valori vanno poi sommati i contributi della rimanente parte di stratigrafia della parete (mattone, intonaco, camera d’aria, ecc) che contribuisce ad aumentare il potere isolante. Pertanto, scopo di un buon isolamento è quello sia di attenuare il calore, sia di ritardarne il picco all’interno dell’abitazione in modo che questo avvenga nelle ore notturne e poter così sfruttare una ventilazione naturale, prendendo aria fresca dall’esterno. Questi due aspetti (fattore di attenuazione e smorzamento termico) vanno valutati attentamente in fase di progettazione per avere un comfort abitativo estivo con bassi consumi energetici. La tabella che segue fornisce un’indicazione del livello di prestazione di una chiusura opaca in funzione dei suddetti parametri.

St St > 12 12 ≥ St > 10 10 ≥ St > 8 8 ≥ St > 6 6 ≥ St

Fa Fa ≤ 0,15 0,15 ≤ Fa ≤ 0,30 0,30 ≤ Fa ≤ 0,40 0,40 ≤ Fa ≤ 0,60 0,60 ≤ Fa

Prestazione Ottima Buona Sufficiente Mediocre Cattiva

Un altro elemento delle chiusure opache che influenza il comfort interno estivo è il colore e la tipologia di finitura esterna. Superfici scure e rugose hanno una predisposizione ad assorbire la radiazione solare (e quindi a scaldarsi) superiore rispetto a superfici liscie e di colore chiaro. Le superfici lisce inoltre hanno una capacità di scambiare calore l’aria esterna attraverso moti convettivi maggiore rispetto alle superfici lisce. Pertanto, la superficie liscia si fa preferire sia in estate che in inverno. Particolare attenzione va prestata agli edifici con copertura piana. Quest’ultima infatti, al netto di ombreggiamenti riportati da altri edifici, raccoglie calore durante tutte le ore del giorno e il discomfort estivo supera di gran lunga il beneficio invernale. Occorre pertanto evitare di avere coperture piane di colore scuro; in senso assoluto questo vale per superfici piane il cui strato finale verso l’esterno è rappresentato dalla guaina di impermeabilizzazione (catrame) nera: i locali sottostanti diventano invivibili.


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Un efficace soluzione per le coperture piane è costituita dal tetto verde; ne esistono svariate tipologie e soluzioni e tutte permettono di ridurre notevolmente gli effetti negativi delle dispersioni invernali e delle rientrate di calore in estate.

I serramenti e i sistemi di schermatura Anche per questo aspetto ci troviamo di fronte al problema di dover conciliare due esigenze contrapposte: far entrare il sole in inverno, tenerlo fuori in estate. Infatti, il primo (è più efficiente) sistema di condizionamento estivo è non far entrare il sole all’interno degli edifici. Dei vari componenti dell’involucro di un edificio, quelli vetrati sono di gran lunga gli elementi che costituiscono l’anello debole dell’involucro negli scambi energetici con l’ambiente esterno. Questo soprattutto nei grandi edifici spessissimo caratterizzati da grandi superfici vetrate. Un approccio molto semplicistico potrebbe portare a dire: prevediamo infissi con un basso valore del coefficiente di trasmissione termica così siamo a posto sia in inverno che in estate. Questo purtroppo non è sempre vero; infatti se da un lato avere elementi vetrati con basso coefficiente di trasmissione termica riduce in inverno le perdite di calore verso l’esterno e riduce anche in estate le rientrate di calore per trasmissione dall’esterno, per contro rendono difficoltoso lo smaltimento del calore endogeno in eccesso verso l’esterno quando ci sono condizioni favorevoli (mezze stagioni con temperatura esterna inferiore a quella interna) col risultato di rendere necessario accendere l’impianto di condizionamento anche con temperature esterne


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inferiori a 20°C. Questo accade molto più spesso di quanto non si pensi, soprattutto negli edifici del terziario caratterizzati da elevati carichi endogeni. Occorre pertanto fare molta attenzione nel determinare le caratteristiche termiche dei componenti vetrati da adottare perché una errata valutazione può portare a realizzare edifici poco efficienti dal punto di vista energetico. Una corretta impostazione del problema non può prescindere da una simulazione energetica dinamica, l’unico strumento oggi in grado di farci capire cosa succede realmente all’interno di un edificio e di valutare quindi quale sia il miglior compromesso da adottare per minimizzare i consumi energetici di un edificio. Chiudo con una esperienza reale che fa capire meglio di ogni altro discorso la tematica a cui si è accennato. Abbiamo seguito il progetto di una casa in legno per dei nostri clienti (parliamo quindi di civile abitazione ma il concetto nei grandi edifici del terziario si presenta amplificato); casa in legno è sinonimo di edificio molto performante, molto efficiente dal punto di vista energetico. A fine ottobre del primo anno di edificio occupato mi chiama la moglie dicendo che c’era un problema all’impianto di riscaldamento che andava sempre e lei aveva così caldo che doveva dormire con le finestre aperte (fine ottobre-inizio novembre nella campagna di Rimini, con temperature esterne di 10-11°C). Vado a vedere quale fosse il problema e trovo la caldaia spenta, l’impianto di riscaldamento spento, tutto spento e 23°C in casa. Cosa succedeva? Che la casa era così isolata dal punto di vista termico che l’involucro, nonostante le condizioni favorevoli di temperatura esterna, non riusciva a smaltire il calore prodotto da due persone in camera da letto con televisore e aplique accesi. Conclusione: non sempre edificio molto isolato è sinonimo di edificio efficiente e comfortevole, occorre valutare bene il comportamento dell’involucro succede in tutte le stagioni dell’anno.


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Apriamo le porte alla nostra sede Guardare in avanti, oltre l’orizzonte, ripartendo insieme con nuovi traguardi e nuove sfide. Questo fa parte della nostra storia. Un esempio? La realizzazione della nostra sede. I nuovi scatti fotografici sono stati un’occasione per riguardare un percorso fatto e ridarsi nuovi obiettivi. Sono passati dodici anni e tuttora dominano essenzialità, rigore geometrico, funzionalità, luce, trasparenza e comfort. Un luogo piacevole. Ma come è nato tutto? Lo abbiamo chiesto all’arch. Stefano Matteoni e all’ing Franco Casalboni.

Arch. Matteoni, come è nato questo progetto? Qual è la sua storia? La storia di questo progetto è legata indissolubilmente alla storia di Polistudio. È una società di ingegneria nata grazie ad alcuni professionisti che nel 1972 si sono messi insieme. Poi negli anni ‘80 si sono aggiunte nuove leve, giovani che sono arrivati a dar man forte alla struttura tecnica di Polistudio. Dal 1972 al 2006 abbiamo cambiato quattro sedi e ogni volta cercando di adeguare gli spazi che riuscivamo a ritrovare e modellando la struttura sulla base delle disponibilità che il mercato ci offriva in termini di spazi fisici, in cui esercitare la nostra attività professionale. Il sogno dei soci era quello di avere una sede adeguata e che fosse, da un lato la macchina produttiva per le nostre attività e dall’altro un biglietto da visita importante, in cui i nostri interlocutori potessero incontrare la realtà tutta di Polistudio.


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Attorno agli anni 2003-2004 si è chiarita un po’ di più questa idea. L’occasione di una proposta di un cliente ci ha permesso di focalizzare la nostra attenzione su quest’area che è stata scelta e destinata alla sede di Polistudio. Un’opportunità che il comune di Riccione ci ha dato, grazie ad un permesso in deroga su quest’area al confine nord di Riccione. Un luogo ideale per noi, dato che in quel periodo il nostro mercato lavorativo era per lo più incentrato su interventi riccionesi e riminesi. Dopo aver preso tale decisione il progetto è venuto fuori immediatamente, l’idea iniziale, cioè, si è trasformata in una chiara forma progettuale. Dopo dodici anni, possiamo affermare che quest’area ha risposto egregiamente alle esigenze di Polistudio.

Quali gli obiettivi iniziali? Gli obiettivi iniziali erano principalmente due: il primo che i vari settori di Polistudio potessero trovare una sede adeguata a poter svolgere in profondità la propria attività, il secondo era quello di avere spazi di lavoro comuni, in cui l’interdisciplinarità propria del nostro mestiere potesse trovare un’adeguata risposta in termini di spazi fisici, di possibilità di sviluppare interrelazioni e di creazione comune. Ci furono lunghe discussioni fra i soci sulla individuazione di un’efficace immagine organizzativa. C’erano sostanzialmente due visioni, o continuare a lavorare in stanze separate o avere un grosso open space, in cui lavorare in maniera comune. Si giunse alla classica via di mezzo: grandi spazi, in cui i settori avessero la possibilità di organizzare gli open space interni e grandi spazi di relazione comune, in cui i settori di progettazione avessero la possibilità di incrociare le loro opere e relazioni, di potersi incontrare e mettere a sistema le varie competenze che Polistudio aveva generato e riconosciuto. Di fatto è stata realizzata una struttura a corpo quintuplo, come si dice nell’edilizia ospedaliera, una sintesi tra le esigenze che Polistudio manifestava e le capacità edificatorie che il lotto proponeva. E’ nata una


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struttura caratterizzata da due assi di percorrenza, con un corpo centrale destinato alle sale riunioni e con la possibilità di avere spazi comuni per il lavoro. Hanno giocato come sempre un ruolo determinante la situazione dei vincoli e la situazione della potenzialità che l’area stessa esprimeva. Ad esempio, per via dei vincoli aeroportuali non potevamo crescere in altezza. Il vincolo è diventato un’opportunità per sviluppare il progetto orizzontalmente e linearmente. Fino ad ora la struttura si è prestata abbastanza bene anche alle evoluzioni di mercato, a cui Polistudio ha dovuto fare fronte, nel senso che dai 1300 m² destinati alle attività di Polistudio, per un certo periodo si è passati agli 800 m², per poter tornare ora alle dimensioni originali dell’intera occupazione del piano terra.

Quali strategie e quali strumenti utilizzati per un valore aggiunto architettonico? Il processo di progettazione è sempre molto complesso, perché deve mediare e tener conto di una serie di fattori, tra cui i desideri del cliente (Polistudio, anche se ne facevo parte, era a tutti gli effetti un mio cliente); gli elementi normativi; le possibilità economiche. Il valore aggiunto architettonico è stato ottenuto, cercando di utilizzare tutti gli strumenti che la tecnologia in quel momento metteva a nostra disposizione, in modo da ottimizzare le risorse economiche in funzione del risultato che si voleva ottenere. Abbiamo scelto di utilizzare una struttura prefabbricata, in modo tale da poter sostenere l’intervento in maniera economicamente raggiungibile. Non volevamo che apparisse un capannone artigianale e per questo lo abbiamo modellato al fine di ottenere, invece, una struttura che dal punto di vista architettonico manifestasse una gradevolezza, una piacevolezza, un rapporto con l’ambiente, con la natura, … Un luogo,


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insomma, che potesse permetterci di lavorare bene, in serenità, a contatto con il sole, l’aria, la luce e il verde circostante. Sono molto soddisfatto del risultato ottenuto, perché alla fine quello che poteva essere una struttura di tipo industriale, di tipo artigianale, è diventata, invece, un edificio estremamente aperto e capace di godere della posizione e dell’ambiente naturale, all’interno del quale siamo collocati. Sono orgoglioso della creazione di una collina verde che entra nella struttura fisica in cui quotidianamente lavoriamo. Credo che dai nostri uffici sia possibile godere dei migliori tramonti dell’ambiente che ci circonda e della visione di una situazione verde che fronteggia il rio Marano, tanto che ci sembra di lavorare in aperta campagna, pur essendo all’interno della struttura urbana riccionese.

Si può parlare di una visione dinamica dell’edificio? Direi di sì. È stato progettato proprio con questo intento, un edificio di servizi destinato a studi professionali e ad attività professionali. In questi anni abbiamo notato che l’edificio si presta bene a variazioni di commercializzazione. La struttura complessiva è di circa 2300 m² e Polistudio occupa più della metà dello spazio. Nell’area restante sono presenti altri servizi e attività direzionali.


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Mi sembra, dunque, che la struttura abbia la possibilità di adattarsi bene. È impostata su due piani (con un grande sviluppo del piano terra), gode di una serie di ingressi anche separati con la possibilità di inserire strutture senza andare a modificare completamente la distribuzione funzionale dell’edificio intero.

In questo edificio dominano essenzialità, rigore geometrico, funzionalità, luce, trasparenza e comfort. Può approfondire questo aspetto? In fase di studio abbiamo posto a tema la necessità di avere ambienti estremamente illuminati. Infatti, il nostro lavoro - soprattutto per quanto riguarda l’aspetto architettonico - ha bisogno di avere un rapporto con la natura costante. L’individuazione delle facciate come elementi, attraverso le quali l’esterno poteva diventare parte predominante del benessere ambientale, è stato uno dei punti di ricerca fondamentali ed importanti. Tutto questo ha significato andare a fare tesoro delle conoscenze tecniche relative all’impostazione planimetrica del lotto, per orientare l’edificio in modo da sfruttare al massimo il fattore di luce diurna, senza per questo soffrire di un soleggiamento eccessivo. A questo proposito è stato fatto uno studio particolarmente importante delle vetrate, con la scelta di vetri particolari che abbiano la possibilità di mediare il flusso di luce e di calore immessi. I nostri colleghi impiantisti hanno fatto un ottimo lavoro dal punto di vista della gestione e del trattamento dell’aria, sia per quanto riguarda la climatizzazione estiva che per quanto riguarda il riscaldamento invernale. Il nostro è un edificio dotato di ricambi d’aria meccanizzati, in modo tale che sia possibile regolare i flussi dell’aria immessa, indipendentemente dalle condizioni atmosferiche esterne. C’è stato uno studio importante degli impiantisti. Franco ti potrà parlare anche del solar cooling, stiamo facendo il freddo attraverso il calore del sole, un esperimento che è stato fatto sulla nostra pelle.


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Ing. Casalboni, può spiegarci il funzionamento del solar cooling? Per solar cooling si intende un impianto in grado di produrre acqua refrigerata per la climatizzazione estiva sfruttando il calore del sole. L’impianto funziona in questo modo: la radiazione solare viene captata da collettori solari (che possono essere sottovuoto oppure di tipo parabolico; quelli piani tradizionali non si prestano) in grado di portare l’acqua anche a 100-110 gradi (anche a temperature superiori con i collettori parabolici) accumulando calore in dei serbatoi di acqua calda ad alta temperatura. Questa viene inviata ad una macchina che si chiama assorbitore, all’interno del quale c’è una miscela (in genere bromuro di litio) che compie un ciclo frigorifero, sfruttando appunto in ingresso quest’acqua a temperatura superiore a 85 gradi. L’assorbitore produce acqua refrigerata a 7 gradi e smaltisce il calore in eccesso su una torre evaporativa. L’impianto realizzato presso gli uffici del POLISTUDIO ha una potenza frigorifera di 35 kw (il campo solare ha una potenza di circa 70 kW) che fornisce lo zoccolo duro di energia frigorifera per la climatizzazione dei locali; quella che manca viene integrata con chiller tradizionale aria-acqua. L’impianto è in funzione dal 2007 ed è stato monitorato soprattutto nei primi anni di funzionamento (vedi immagini). Abbiamo visto che nei mesi estivi il sistema permette un significativo risparmio di energia elettrica. Un impianto innovativo in Italia e direi l’unico a Rimini. Lo abbiamo installato per poterlo testare e per proporlo ai nostri clienti.


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CRIF Campus certificato LEED V4 Gold Un grande risultato e un’enorme soddisfazione per il team di Polistudio A.E.S. che ha seguito il progetto e l’intero iter di certificazione (design/construction) del CRIF Campus di Varignana in collaborazione con Macro Design Studio (LEED AP) e Studio Associato Vio (Commissioning authority).

Si tratta del primo edificio in Italia ad essere certificato LEED® V4 Gold e uno dei primi in Europa.

Una certificazione prestigiosa (LEED®: Leadership in Energy and Environmental Design) che rappresenta un riconoscimento ufficiale del fatto che un edificio è stato progettato e realizzato secondo i principi di sostenibilità più avanzati presenti sul mercato internazionale.

Guarda il progetto sul sito http://www.polistudio.net/progetti/edificio-direzionale-bologna-bo

Leggi l’articolo pubblicato su Casa Clima http://www.casaeclima.com/ar_34829_gold-LEED-V4-CRIF-Campus.html


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Casa Clima Gold LEED V4 per il CRIF Campus A Varignana un green building al passo con la sostenibilità Lunedì 7 Maggio 2018 Inaugurato nel mese di marzo a Varignana, alle porte di Bologna, il nuovo polo operativo realizzato da CRIF ha dimostrato di avere tutte le caratteristiche necessarie per essere annoverato tra i green building. Infatti, dallo sviluppo alla progettazione, sino alla costruzione e alla gestione quotidiana della struttura, tutto è stato ideato e realizzato in maniera sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale.

Grazie a questa impostazione, il CRIF Campus è risultato essere il primo edificio in Italia ad aver ottenuto il livello Gold della prestigiosa certificazione internazionale LEED (Leader in Energy and Environmental Design) protocollo v4 per la valutazione delle prestazioni energetiche e di sostenibilità degli edifici. Sviluppato negli Stati Uniti da U.S. Green Building Council (USGBC) e aggiornato nella sua ultima versione a fine 2016, il “LEED v4 for New Construction BD + C” è un protocollo di valutazione, riconosciuto a livello mondiale, studiato per favorire e accelerare l'adozione di uno sviluppo dell'edilizia sostenibile, delle operazioni di manutenzione degli edifici e delle pratiche di sviluppo urbanistico. Si tratta dello standard di certificazione su base volontaria più diffuso e attualmente è applicato in più di 150 paesi in tutto il mondo. Obiettivo guida delle certificazioni LEED è garantire che l’intero ciclo di vita dell’edificio abbia un approccio di sostenibilità globale, valutandone le prestazioni energetiche e l’impatto ambientale in ambiti chiave quali il risparmio idrico ed energetico, la riduzione delle emissioni di CO2, il miglioramento della qualità degli ambienti interni, i materiali utilizzati, l’accessibilità del sito, etc, configurandosi, dunque, come una modalità per determinare in maniera oggettiva e chiara la qualità dell’edificio e il suo livello di ecosostenibilità. Il riconoscimento di questa prestigiosa certificazione fornisce un’ulteriore conferma del percorso intrapreso da CRIF nel realizzare una struttura in grado di ospitare un ambiente lavorativo moderno, che consente maggiore flessibilità, efficienza e confort e che rappresenta un esempio avanzato di smart work, di riferimento per tutta la community aziendale (italiana e internazionale). Il CRIF Campus, che fino ad oggi ha richiesto investimenti pari a circa 35 milioni di Euro, è costituito da edifici realizzati ex novo che occupano complessivamente circa 4.000 mq. e ospitano circa 130 persone, oltre ad avere sale riunioni, sale corsi e spazi dedicati alla collaborazione.


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Il Nuovo edificio Fondazione Feltrinelli, ne parla una rivista svizzera Sul numero di aprile della rivista svizzera TEC21 è stato pubblicato un articolo sull’edificio Feltrinelli di Milano. Un approfondimento a tutto tondo sui vari aspetti del grande progetto. Riportiamo un estratto dedicato alla progettazione impiantistica, che ha seguito Polistudio A.E.S.

Tecnologia delle costruzioni Al riparo fin dalle prime luci del mattino Milano non è famosa per le sue giornate soleggiate. Tra la nebbia della Pianura Padana e lo smog imperante, la città di Milano è piuttosto grigia: in diversi giorni dell'anno prevale il maltempo. Tuttavia, le ampie superfici vetrate della Fondazione Feltrinelli rendevano indispensabile una buona schermatura solare. Di Peter Seitz

Leggi la rivista


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Tecnologia edilizia in gran parte nascosta I soffitti in calcestruzzo dovevano rimanere visibili per mantenere invariato il rigore architettonico dell’edificio. Sono stati quindi esclusi i controsoffitti come possibilità per le installazioni tecniche. Pertanto, solo i rivelatori di fumo e i punti luce, per motivi energetici con tecnologia Led, sono stati incorporati nei solai stessi. La tecnologia del condizionamento dell'aria doveva trovare un altro posto. Tuttavia, poiché anche lo spazio disponibile sulle facciate - con la sequenza alternata di pilastri triangolari in calcestruzzo e gli elementi della finestra - contribuisce fortemente all'effetto architettonico, l’impianto di condizionamento doveva essere realizzato nel modo meno impattante possibile. I progettisti hanno deciso di installare ventilconvettori incassati a pavimento, con ingresso di aria primaria all’interno del canale di contenimento dei ventilconvettori stessi. Dal punto di vista idronico, l’impianto è a 4 tubi, perché l’involucro esterno è tale da rendere contemporaneamente necessario, in alcune stagioni, caldo in alcune parti dell’edificio e freddo in altre. La disposizione delle unità di condizionamento al di sotto delle finestre inclinate del livello del tetto sollevava dubbi sul comfort. L'aria fredda, in seguito all’impatto sulle superfici finestrate inclinate, poteva produrre spiacevoli effetti di aria, specialmente nell'area del piede. Per questo motivo, i progettisti hanno incaricato il produttore degli apparecchi di condizionamento di realizzare un modello parziale della facciata inclinata con un ventilconvettore installato in scala 1: 1 per effettuare i test necessari.

Clima grazie alle acque sotterranee Il raffreddamento e la potenza termica ai ventilconvettori sono forniti da pompe di calore condensate ad acqua di falda. Le elevate risorse idriche sotterranee di Milano hanno fin da subito contribuito ad indirizzare verso questa scelta. Nove pozzi sotterranei sono in grado di assicurare un servizio costante e una capacità sufficiente per il raggiungimento del freddo e del caldo. Questo è possibile grazie al limitato variare della temperatura del fluido nel corso dell’anno. In inverno, deve essere fornita una potenza termica massima di 562,7 kW. Il fabbisogno di raffreddamento estivo necessario può arrivare a 1637,3 kW. Grazie alla combinazione di ombreggiatura, superfici vetrate adatte e tecnologia di climatizzazione efficace, i progettisti sono stati in grado di raggiungere la prestazione energetica di classe B per l'edificio con un indice di prestazione energetica inferiore a 75 kWh / m2*anno. Cifre chiave per edifici amministrativi di nuova costruzione (rispettivamente 100 e 35 kWh / m2a). Inoltre, l'edificio è stato certificato con certificazione LEED Silver. Ciò significa che ogni anno sono risparmiate 256 tonnellate di CO2, che corrispondono ad una quantità di 100.000 litri di olio combustibile.


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Centrale termofrigorifera - pompa di calore acqua-acqua

Centrale termofrigorifera - scambiatori di calore a piastre circuito di condensazione pompe di calore ad acqua di falda.


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Vano tecnico in copertura- circuiti idronici UTA.

Vano tecnico in copertura- UTA aria primaria uffici.


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Riapre l’hotel Meeting di Riccione con un nuovo look glamour In questi mesi siamo al lavoro per la ristrutturazione dell’Hotel Meeting di Riccione. Un progetto di riqualificazione ed ampliamento iniziato nel 2016 e quasi in dirittura d’arrivo, infatti si prevede di terminarlo entro maggio. Ma come è iniziato tutto e quale il percorso seguito? Lo abbiamo chiesto al proprietario Marco Balducci.

Un progetto ha sempre una sua storia, può raccontarci quella dell’Hotel Meeting di Riccione? La storia dell’Hotel Meeting ha avuto inizio negli anni ottanta, quando, cioè, la famiglia Balducci si è trasferita da Valverde di Cesenatico a Riccione. E ha deciso di aprire l’hotel Meeting sul lungomare di Riccione. Da allora sono passati più di 30 anni e, fino a poco tempo fa, è stato gestito dai miei genitori. Ora ne ho preso io il timone e continuerò questa avventura, grazie al supporto di mia madre. In realtà, nelle ultime cinque stagioni lo abbiamo dato in gestione ad una famiglia riccionese che l’ha condotto egregiamente. Ma questo è l’anno della svolta. Abbiamo deciso di voltare pagina, con un’opera di ristrutturazione importante. Questo grazie al supporto di Polistudio A.E.S. e di tutto il suo staff. Pertanto, abbiamo realizzato 45 nuove camere, di cui 2 suite estremamente accurate ed innovative, complete di docce con vista mare. Abbiamo dato così un nuovo look, ancora più glamour, e un nuovo


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vigore alla struttura. Con questi ingredienti guardiamo al futuro con grande speranza e fiducia. Ci siamo impegnati con un investimento importante e abbiamo deciso di metterci nelle mani di tecnici molto competenti. Un lavoro impegnativo, ma siamo ottimisti. Siamo pronti a dare il benvenuto alla stagione estiva 2018.

Un hotel completamente rinnovato, con suite e più di 45 nuove camere, per un totale di 52 stanze… Come si è arrivati a questo? Quali gli obiettivi, gli spunti iniziali da cui è partito tutto il progetto e come li avete perseguiti? Grazie ad un intenso programma di ristrutturazione e ad un consistente investimento, ora l’Hotel Meeting si presenta ai propri ospiti con numerosi vantaggi. Tutto è iniziato con un’indagine approfondita su come ridistribuire gli spazi e su come rilanciare l’albergo. È stato indispensabile il supporto di consulenti con esperienza in ambito alberghiero. In questo modo siamo riusciti a sviluppare una strategia mirata e ad allargare la visuale, guardando al futuro, allo stile delle camere del domani. Dopo questo primo passaggio ci siamo rivolti a Polistudio A.E.S.. Il loro apporto è stato molto importante per la realizzazione del nuovo Hotel Meeting. Un percorso che ci ha permesso di ottenere innanzitutto un edificio bello, con un layout accattivante e ben organizzato negli spazi, ma anche uno studio approfondito di interior design, che ci ha dato molta soddisfazione.


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Per quale pubblico è stato pensato il nuovo Hotel Meeting? Sicuramente è un hotel pensato per un pubblico “leisure”. Ovviamente noi siamo questo, la scelta del target è dettata dalla posizione. Infatti, è un hotel con vista mare e per questo la nostra clientela sarà gente che vuole andare al mare, che desidera godersi l’estate. Quindi, grazie al supporto di Polistudio, l’ispirazione di questo hotel ha seguito tre linee: lo sport, la natura e il mare.Questa scelta è naturalmente legata al contesto. Oltre al mare e alla natura, sulla spiaggia vicino all’hotel si praticano molti sport acquatici tra cui vela, surf, windsurf, kitesurf e il Sup (Stand up Paddlin). Le camere si sono dunque ispirate a questi tre macrotemi. L’arch Valeria Ferri ha curato l’interior, aiutandoci a realizzare camere dedicate alla natura, ma anche stanze incentrate sullo sport, o altre evocative del mare. I colori utilizzati sono dunque il blu, l’azzurro e il verde.

Con quale spirito aprite? Ha un desiderio particolare che ora, grazie a questa nuova veste, pensa di poter realizzare? Lo spirito con cui apriamo questo hotel? Sicuramente la prendiamo come una bella sfida, piacevole e impegnativa. Piacevole perché la struttura che andiamo a realizzare avrà come parole d’ordine bellezza e comfort. Inoltre, si rifà ai nuovi standard tecnici e a quelli legati all’ospitalità. Perciò, con questo nuovo look, l’hotel Meeting me lo sento particolarmente mio. Sono quasi certo che l’avventura andrà bene, ma sono comunque pronto a metterci tutto il mio impegno, passione e sacrificio. Evviva.

Guarda il progetto sul sito


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Efficientamento energetico, l’isolamento termico La soluzione più efficace ed economica per la riduzione del fabbisogno termico di un’abitazione di ing. Chiara Buda

In Italia la riduzione degli sprechi energetici e la riqualificazione edilizia sono due aspetti fondamentali per poter raggiungere gli obiettivi di efficientamento previsti dalle normative europee. Infatti, gran parte del patrimonio edilizio residenziale è stato costruito prima degli anni ’70 con scarsa attenzione ai problemi energetici.

L’importanza di riqualificare È dunque indispensabile riqualificare il patrimonio esistente per diminuire drasticamente i consumi energetici delle abitazioni ed aumentarne, così, l’efficienza energetica. Le strategie d’intervento sono molteplici e tra queste vi sono quelle legate all’involucro e quelle legate all’efficienza degli impianti e degli elettrodomestici.


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Isolamento a cappotto Il sistema di isolamento a “cappotto” è tra gli interventi che possono assicurare ottimi risultati sul fronte dell’efficientamento energetico. È, infatti, la soluzione più efficace ed economica per la riduzione del fabbisogno termico. Contribuisce a migliorare il comfort abitativo, ad abbattere l’inquinamento atmosferico, garantisce isolamento dal caldo e dal freddo, diminuisce il rumore percepito all’interno delle abitazioni e riduce i consumi energetici con conseguenza sulle bollette, sia per il riscaldamento invernale che per il raffrescamento estivo. In genere si pensa all’isolamento in riferimento al freddo e poco al comportamento dell’edificio nel periodo estivo. In realtà entrambi i periodi, poiché molto energivori, sono da tenere in considerazione, soprattutto in un clima mediterraneo come il nostro nel quale si raggiungono elevate temperature soprattutto nella stagione più calda.

Isolamento esterno delle pareti perimetrali L’isolamento a “cappotto” esterno è in genere una soluzione che permette di ottenere una maggiore durata dell’intervento eseguito, senza eccessivi oneri economici dovuti alla manutenzione nel tempo. È un sistema, infatti, che assicura una durabilità e un’affidabilità nel tempo per almeno 25 anni. Un altro vantaggio derivante dall’applicazione del cappotto termico è la riduzione/eliminazione dei ponti termici, portando ad una notevole riduzione delle dispersioni. In effetti, i ponti termici sono i punti dell’involucro edilizio, in cui si verifica una notevole perdita di calore, associata ai fenomeni di condensa e di muffe che possono essere vinti mediante l’utilizzo di opportune barriere al vapore.

Isolamento interno delle pareti perimetrali Non di minore importanza sono gli interventi che prevedono l’isolamento interno delle pareti perimetrali, scelta che spesso nasce da vincoli architettonici e/o urbanistici. Ciò permette di intervenire sia nelle nuove costruzioni sia negli interventi di ristrutturazione o riqualificazione di edifici esistenti in funzione delle condizioni al contorno che si hanno, andando però incontro all’inconveniente di una riduzione degli spazi abitati.


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Coibentazione delle coperture Un discorso analogo può essere fatto per la coibentazione delle coperture piane o inclinate; si può affermare che per alcune tipologie di coperture la progettazione dell’isolamento è prevalentemente di tipo invernale (solai in latero-cemento, predalles e solai in c.a.), mentre per le coperture in legno ricade maggiormente sull’analisi del comportamento estivo. Grazie a tali interventi è possibile raggiungere una classe energetica del proprio edificio maggiore rispetto a quella di partenza, ottenendo un minor consumo di combustibile all’anno per ogni metro quadro di superficie riscaldata.

In sintesi È possibile quindi affermare che l’efficientamento energetico produce vantaggi considerevoli e visibili in termini economici e in termini di benessere, evitando tutti gli spiacevoli inconvenienti di un edificio in classe bassa. A questo si aggiungono un notevole risparmio di risorse e il conseguente beneficio del nostro pianeta e delle sue risorse naturali.


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La riqualificazione dell’ex Manifattura Tabacchi, un edificio ricco di storia

Dal 2011 al 2013 Polistudio si è occupato della riqualificazione di uno degli edifici dello stabilimento della Manifattura Tabacchi di Milano, uno dei più importanti centri produttivi dell’industria italiana del tabacco. Infatti, nel 1958 lo stabilimento occupava un’area di 60.000 mq, una vera e propria città del tabacco che dava lavoro a un migliaio di persone. Una riqualificazione e rigenerazione dell’area che, oltre al recupero di edifici sottoposti a vincolo, ha permesso la realizzazione di nuovi fabbricati a nord dell’isolato, salvaguardando però la ciminiera della centrale termica della Manifattura come landmark cittadino. In questo contesto, come si è inserito Polistudio? Di cosa si è occupato e quale percorso ha seguito? Lo abbiamo chiesto all’ing. Daniele Pagnoni di Polistudio che ha collaborato a questo progetto.

Ing. Pagnoni, può inquadrarci meglio questo edificio? Racchiuso in un intero isolato tra viale Fulvio Testi, via Santa Monica, via Giovanni Suzzani e via Esperia, lo stabilimento della Manifattura Tabacchi di Milano è stato uno dei più importanti centri produttivi dell’industria italiana del tabacco.


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Tutelata come sito industriale di interesse storico, l’ex Manifattura Tabacchi di Milano è stata recentemente riconvertita a polo culturale dedicato al cinema. Nei locali restaurati della “città del tabacco” hanno oggi sede il Centro sperimentale di cinematografia, la Fondazione Cineteca italiana e il Museo interattivo del cinema (MIC). Nel 2005, in seguito a un accordo di programma tra Regione Lombardia, Comune di Milano, Agenzia del Demanio, Fintecna Spa e Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia è stata avviata la riqualificazione del complesso manifatturiero e, in particolare, degli edifici vincolati dalla Soprintendenza per i beni architettonici e ambientali, che costituiscono una delle migliori testimonianze d’insediamento produttivo del Novecento. La riqualificazione del complesso, oltre al recupero degli edifici sottoposti a vincolo, ha permesso, inoltre, la realizzazione di nuovi fabbricati a nord dell’isolato, salvaguardando però la ciminiera della centrale termica della Manifattura come landmark cittadino.

Cos’ha significato riqualificare e valorizzare edifici industriali risalenti al 1929 e meritevoli di salvaguardia per il loro articolato sistema? L’intervento di recupero dell’edifico 4 del complesso Ex Manifattura Tabacchi di Milano è stato, senza ombra di dubbio, uno degli esempi più significativi di come competenza, conoscenza e capacità sul campo siano assiomi cardine per il raggiungimento ed il completamento con successo di ogni progetto, anche del più complesso. È stata dunque un’occasione, nonché una sfida, per mettere in campo le nostre competenze. E questo è per noi motivo di orgoglio.

Ing. Pagnoni, com’è iniziato tutto e quali erano le esigenze iniziali del committente? Tutto è iniziato grazie ad un bando di concorso indetto dalla Regione Lombardia per l’edificio MT4 che fa parte dell’ex Manifattura Tabacchi, oggetto di una riqualificazione funzionale.


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L’Accordo di Programma sottoscritto nel gennaio 2005 ha dunque sancito il progetto dell’intervento di riqualificazione e valorizzazione delle aree e degli immobili della ex Manifattura Tabacchi di viale Fulvio Testi. Scopo di tale accordo era quello di intraprendere un percorso comune, da parte degli enti pubblici e dei soggetti privati, finalizzato alla completa riqualificazione dello stabile attraverso la riconversione del comparto in un polo cine-audio-visuale all’interno del quale collocare attività di promozione, ricerca e produzione legate al settore. Nel corso del 2010 sono iniziati anche i lavori di ristrutturazione che interessano l’edificio retrostante, l’edificio 4, destinato ad ospitare la nuova sede delle Scuole Civiche di Cinema, Televisione e Nuovi Media del Comune di Milano, Fondazione Cineteca Italiana e Lombardia Film Commission, nonché operatori privati attivi nel settore audiovisivo. Per questi lavori Infrastrutture Lombarde ha assunto il ruolo di Stazione Appaltante, occupandosi direttamente della realizzazione della progettazione propedeutica all’indizione della gara di appalto finalizzata al recupero dell’edificio.

Un edificio lungo 150 m, diviso in due ali con al centro un vano di collegamento tra le due parti e che doveva essere adibito a più funzioni: • Scuola del Cinema (nell’ala sinistra) • Archivio Cinematografico (piano terra ala sinistra) • Uffici per co-working, sala incontri e convegni per uso polifunzionale (nell’ala destra) Le esigenze erano molteplici.

Ogni destinazione d’uso aveva peculiarità, cui tener conto ed era oggetto di confronto con vari interlocutori. Nell’ala sinistra sono stati previsti: la Scuola del Cinema, i suoi uffici, i laboratori teatrali, una sala incontri e gli archivi cinematografici. Mentre nell’ala destra: lo spazio co-working.


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Quali i punti salienti del progetto di riqualificazione? Che tipo di studio avete fatto su spazi, forme e luci? La prima fase del progetto è stata fortemente vincolata e determinata dalla creazione e progettazione di due piani sottoterra da destinarsi all’archivio storico della Fondazione Cineteca di Milano. Il materiale di primario valore storico e culturale necessitava di particolari condizioni di “stoccaggio” e mantenimento. In pratica, è stato necessario creare due celle frigorifere di 2000 mq ciascuna, ai livelli interrati -2 e -3, in grado di mantenere condizioni di temperatura e umidità costanti per garantire la perfetta conservazione delle pellicole storiche. La zona destinata agli archivi è stata ricavata all’estremità destra del corpo di fabbrica, in adiacenza al medesimo. Sempre in questa zona, ma al livello -1, è stato deciso di posizionare la cabina elettrica di ricezione e la centrale termomeccanica a servizio dell’intero complesso. È stato previsto di realizzare la distribuzione impiantistica alle varie utenze finali, sfruttando dei cavedi alle estremità destra e sinistra del corpo di fabbrica. Ciò ha presentato notevoli problematiche per il raggiungimento del cavedio dalla parte opposta rispetto alle centrali menzionate - dato che in esterno non era possibile passare e la realizzazione di un “cavedio orizzontale” all’interno del volume dell’edificio non era percorribile - per non portare via spazio utile ai futuri utilizzatori. Dopo un lungo dibattito, che aveva coinvolto principalmente i progettisti degli impianti, strutturisti ed architetti coinvolti, è stato deciso di scavare un “cunicolo” interrato totalmente ispezionabile che unisse le due estremità dell’edificio. A tal riguardo si sono dovuti adottare particolari accorgimenti per rendere accessibile gli impianti per le future manutenzioni e per insonorizzare opportunamente la copertura del cunicolo. Le difficoltà nella fase di Direzione Lavori sono state principalmente dettate dall’esigenza di creare degli spazi specifici per destinazioni d’uso indicate e determinate dai vari destinatari dell’opera (Scuole Civiche e Cineteca), con altri spazi, la cui destinazione d’uso non era prettamente indicata e dovevano essere pertanto adibiti alla più completa funzionalità e destinazione d’uso. Un’altra problematica grave verificatasi in corso d’opera è stato il fallimento dell’impresa esecutrice degli impianti elettrici, evento possibile ma non così comune in fase di realizzazione dei lavori. Ciò ha determinato non pochi problemi di gestione ed organizzazione dei lavori in corso durante la Direzione Lavori.


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Nel dettaglio… L’edificio, fuori terra si sviluppa per tre piani in altezza ed è sostanzialmente costituito da un corpo lungo circa 150 metri che fisicamente e logicamente fu suddivisa in tre parti o zone. A sinistra sono stati ricavati gli spazi destinati alla Scuola Civica e al Museo del Cinema. A destra tre piani con destinazione d’uso non meglio identificata al momento della realizzazione del progetto. Come elemento centrale, uno spazio con triplo volume adibito ad ingresso e ad elemento di comunicazione dei tre piani “generici”. Specificamente al piano terra dell’ala sinistra sono stati ricavati gli uffici ed i laboratori del Museo Civico, collegati con un lungo corridoio dedicato alla zona degli archivi interrati. Sempre nell’ala sinistra, il restante spazio del piano terra ed interamente i due piani sovrastanti, sono stati destinati alla nuova sede della Scuola Civica del Cinema che, per un preciso accordo fra Regione Lombardia e Comune di Milano, si doveva trasferire nell’edificio MT4 di Ex Manifattura Tabacchi. Gli spazi al piano terra della scuola sono stati destinati agli uffici e ai locali di servizio (archivio, biblioteca, depositi, etc. etc.) della scuola. Al piano primo si sono concentrate e distribuite le aule di insegnamento e di post-produzione. Al terzo piano, invece, sono state ricavate 4 sale sale prove teatrali e di produzione moderne e funzionali, ed un’aula magna di 60 posti. In virtù della natura della scuola, si può ben capire che non è stata una progettazione “classica” di spazi scolastici, ma una sfida nell’accogliere le esigenze del fruitore. In particolare, la rete dati della zona dedicata alla Scuola è stata dimensionata in modo opportuno per poter supportare uno scambio massiccio e costante


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di grossi flussi di informazione telematica, visto che una delle attività principali della scuola consiste nella produzione di video e materiale visivo. Anche la progettazione dei teatri è stata molto interessante e particolare. Garantire la possibilità di utilizzare gli spazi con carichi elettrici e punti di allaccio non definiti e totalmente variabili in funzione della particolare attività che vi sarebbe dovuta svolgere, non è stato banale.

Mentre l’ala destra… Come evidenziato e riportato in precedenza, l’ala destra dell’edificio doveva essere progettata per essere poi destinata ad usi non meglio precisati in fase progettuale. Sono state indicate delle linee guida in funzione delle quali fare le scelte progettuali di massima, ma nulla di più. Questo è stato sia un grosso ostacolo da una parte, ma anche una forte stimolo nella ricerca di soluzioni impiantistiche particolarmente innovative e flessibili. In accordo con quelle che erano le indicazioni ricevute dal progetto a base di gara che permise di ottenere poi il lavoro, il piano terra dell’ala destra è stato pensato come uno spazio prettamente polifunzionale, in cui fosse possibile svolgere attività culturali, mostre o eventi. La distribuzione elettrica a livello alto (soffitto), è stata realizzata tutta a vista con l’utilizzo di Blindoluci, a cui attaccare i corpi illuminanti e, in caso di necessità, per prelevare energia elettrica per piccole installazioni temporanee.


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Il Piano primo dell’ala destra è esclusivamente dedicato ad area di co-working o uffici più in generale. La zona è sostanzialmente suddivisa in uffici di varia metratura, che il gestore dell’ufficio può affittare ai più diversi fruitori o ad unico soggetto. Il terzo piano è costituito da un'unica sala auditorium destinata sia ad incontri, sia ad altre destinazioni particolari, quali rappresentazioni.

La parte centrale… La parte centrale dell’edificio, elemento di separazione e congiunzione delle due ali, è quella più di impatto, essendo in pratica un triplo volume con un gioco sfalsato di aperture dei solai che lo rende dinamico e scenico al contempo. Particolarità della zona, fra le altre, fu l’utilizzo di corpi illuminanti sospesi con una distribuzione asimmetrica e sfalsata dei medesimi che ha permesso di aumentare da dinamicità e la “disincrasia” armonica dello spazio.


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Qual è il punto di forza di questo progetto? Il punto di forza del progetto della Scuola Civica è rappresentato dall’attenzione nei confronti delle tecnologie digitali, che ne costituiscono proprio il valore aggiunto. Le potenzialità del settore e la vocazione alle nuove tecnologie consentono la creazione di una forte sinergia tra le attività di conservazione e valorizzazione del patrimonio e quelle finalizzate alla divulgazione e alla fruizione da parte del pubblico. Grazie a questo secondo intervento e grazie alla collaborazione costante tra le più importanti scuole di formazione, le imprese di produzione e quelle private, le fondazioni e le associazioni di categoria, il polo cineaudio-visuale è in grado di diventare a tutti gli effetti il centro di eccellenza della città di Milano specializzato nel settore. L’ala destra rappresenta una soluzione molto interessante dal punto di vista polifunzionale. Un altro aspetto importante del progetto è quello della flessibilità degli impianti, in modo da essere utilizzati in svariati contesti.


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Cosa avete imparato da questo progetto? È stato un lavoro importante che ci ha fatto capire meglio come non si debba dare nulla per scontato. È stata un’occasione per approfondire il concetto del project management, di un lavoro ben coordinato e con un piano d’azione preciso. Abbiamo adottato soluzioni impiantistiche nuove, che in genere non utilizziamo. Sicuramente è stata la struttura stessa dell’edificio ad imporci tali soluzioni (es cablaggio strutturato).

Guarda il progetto sul sito


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Pastrocchio, una grande città

Poco prima di Natale ha aperto i battenti Pastrocchio a Riccione, primo Live Coffee Bakery, Breakfast, Brunch, Lunch, Pizza, Bread and Co, Zuppe, Roll, Hamburger a Riccione. Un luogo unico nel suo genere, uno dei locali più cool della Riviera. Polistudio ha seguito la progettazione architettonica dell’intero edificio, dal miglioramento strutturale al rinnovo completo degli impianti. Questi ultimi sono stati realizzati perseguendo obiettivi in efficienza energetica, comfort ambiente ed integrazione architettonica. Ma come è nato tutto? Lo abbiamo chiesto a Fabio Ubaldi, manager presso Pastrocchio.

Sig. Ubaldi, come è nata l’idea di creare Pastrocchio Riccione? L’idea del Pastrocchio nasce dall’esigenza di cavalcare un’iniziativa imprenditoriale su un segmento inedito. Il Pastrocchio, come dice la parola stessa, è una provocazione sull’offerta che il locale propone. Un’offerta dinamica capace di diversificare un unico locale attraverso la sua offerta capace di mutare fino a quattro volte nello stesso giorno. Fondamentalmente l’idea era quella di portare una mentalità internazionale attraverso l’artigianalità del prodotto made in Italy e questo era fattibile solo abbandonando gli schemi classici e interpretando una strada alternativa attraverso molti viaggi all’estero, ma soprattutto attraverso la voglia di interpretare un nuovo percorso prima di altri.

Come avete deciso di rivolgervi a Polistudio e come vi ha aiutati? Abbiamo deciso di rivolgerci a Polistudio perché in città è sicuramente la società più completa, in cui si possono trovare più realtà nella stessa struttura: dal perito termoidraulico a quello elettrotecnico, dal geometra all’ingegnere, all’architetto, …


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Questo è a mio parere un grande vantaggio. Infatti, le varie professionalità dialogano tra loro, si innesca un network, c’è maggior confronto e questo aiuta sia nella qualità del lavoro che nella riduzione delle tempistiche di realizzazione di esso.

Come reputate il lavoro svolto? È un ottimo lavoro, ci consideriamo molto soddisfatti. Infatti, non era un progetto ordinario: Pastrocchio è una struttura dinamica, in continuo aggiornamento. Ad ogni modo conoscevamo già Polistudio. Questo è già il terzo lavoro nel giro di cinque anni.

Ci può raccontare un po’ meglio la storia di questo locale e il percorso per realizzare il vostro “sogno”, se si può chiamare così? La storia del Pastrocchio nasce fondamentalmente due anni prima della sua creazione. Le varie esperienze nel settore della caffetteria avevano fatto maturare una conoscenza diversa del prodotto caffè, ritenuto eccellenza degli italiani per via dell’espresso, ma elevato culturalmente in gran parte del resto del mondo, dove professionisti del settore hanno sviluppato vere e proprie economie, attraverso le somministrazioni alternative. Tutto questo, legato all’artigianalità del prodotto italiano in tema di panificazione e lievitazione, ci ha motivato nello sviluppare un nuovo concetto. La parola concetto è quello che ci ha sempre mosso dal primo momento, tanto da sviluppare il primo Pastrocchio, un locale di 140 m quadri che, con il senno di poi, è risultato un vero e proprio beta di ciò che poi abbiamo fatto due anni dopo. Il primo Pastrocchio, nato nel febbraio 2016, ha dato fin da subito un riscontro positivo per quanto riguarda la voglia di esplorare da parte dell’utente finale. Ciò ci ha stimolato a fare in modo che quel tentativo si consolidasse attraverso una struttura adeguata, che contribuisse allo sviluppo del concept.


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La nascita del nuovo Pastrocchio attraverso una nuova struttura è una chiave di volta, è importante per lo sviluppo dell’obiettivo alla base di questo nostro sogno. Esportare il brand Pastrocchio al di fuori delle mura domestiche. Questo è l’obiettivo che ci eravamo dati due anni prima di partire con il primo locale e questo è l’obiettivo prossimo, a cui stiamo già lavorando con la stesura del franchising del marchio.

A suo parere, come lo studio degli spazi, la ricerca del comfort e l'uso della tecnologia possono influenzare il mood di un locale? Nel suo caso? A mio modo di vedere, l’uso degli spazi attraverso il comfort è determinante. Un locale nei tempi che corrono è un contenitore di emozioni. Proprio per questo motivo, lo sviluppo di una struttura piacevole, innovativa, spregiudicata e trasversale - in grado di intercettare un’utenza molto giovane e, al tempo stesso, di non intimorire persone adulte o anziane - è la chiave di volta di ogni nostro progetto e specialmente del Pastrocchio. La tecnologia è una componente fondamentale, perché, paradossalmente, un device come lo smartphone è il punto di unione tra le varie generazioni. Un giovane non può farne a meno, un adulto lo utilizza soprattutto per lavoro, mentre un anziano non vuole sentirsi escluso e si ritrova a fare utilizzo delle strumentazioni di ultima generazione per restare aggrappato anche alla semplice informazione quotidiana. Imposto l’occhio su tutto questo. Quindi offriamo: iPad per bambini, connessione con fibra in ogni suo punto, ben venti punti di presa corrente, USB per permettere alle persone di lavorare con i propri device, senza restare mai a corto di batteria, e news giornaliere sempre aggiornate, attraverso sistemi video collocati all’interno della struttura. Anche attraverso questi sistemi desideriamo che i nostri clienti possano sentirsi all’interno di una grande città con tutti i comfort e le comodità che possono essere utili ad ogni singola esigenza.


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Vi ritenete soddisfatti del risultato? Ritenersi soddisfatti del risultato in parte è corretto, ma al tempo stesso siamo orientati verso un obiettivo pianificato già da tempo e questo ci fa pensare al fatto che dobbiamo essere molto soddisfatti del lavoro fatto dal punto di vista strutturale. Siamo parzialmente soddisfatti per le dinamiche che riguardano i processi di sviluppo aziendale, che, grazie a questa struttura, possono essere traguardati nel corso del tempo. Comunque, sì... pensiamo di aver fatto un bel Pastrocchio.

Quali obiettivi per il futuro? Gli obiettivi del futuro sono quelli di replicare il marchio Pastrocchio, soprattutto attraverso la partnership con Caffè Pascucci Torrefazione. Azienda con la quale abbiamo sviluppato il concept della caffetteria, già prima di aprire il Pastrocchio. Pastrocchio e Caffè Pascucci stanno dando inoltre vita ad un piano di produzione del bakery dolce e salato, sulla base di una visione comune degli standard qualitativi e, soprattutto, di innovazione della proposta. La nuova struttura del Pastrocchio sarà quindi la base logistica e il miglior tester per qualsiasi nuova struttura del marchio stesso. Infatti, attraverso i suoi laboratori creati internamente, come ad esempio quello della scuola professionale al piano -1, riesce a coagulare i migliori professionisti del settore per quanto concerne la panificazione, la pizzeria, la cucina, la gelateria, il cocktail e la stessa coffee School.


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In poche parole, il nostro obiettivo è quello di creare i Pastrocchi del futuro e al tempo stesso di formare le figure professionali che ci potranno lavorare.

Notizie correlate: Pastrocchio a Riccione, uno dei locali piĂš cool della Riviera


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Progettare una scuola, un dialogo tra didattica e architettura Cosa significa oggi progettare una scuola a misura di ambiente e di studente? Lo abbiamo chiesto all’arch. Stefano Matteoni, partendo da un esempio a lui caro, la ristrutturazione della Colonia Comasca di Rimini. Un edificio acquistato dalle famiglie riminesi Gemmani e Tadei e dato in uso ai licei e alla scuola media della Karis Foundation. Uno spazio di circa 5000 mq, un’aula magna, una biblioteca, 26 aule, quattro laboratori, un bar ed una mensa. Un progetto da cui abbiamo imparato molto e che ha in qualche modo anticipato la nuova concezione di scuola.

La scuola è sempre di più un luogo in cui si integrano relazioni, spazi, componenti architettoniche, informazioni, tecnologie, … Uno spazio educativo che non può essere neutro, ma che ha un ruolo determinante. Cosa significa per lei progettare una scuola? Quali dovrebbero essere le caratteristiche di una scuola a misura d'ambiente e di studente?


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A mio parare, progettare una scuola significa mettere in luce le relazioni che permettono ad una figura discente di essere in contatto con una figura docente. Lo ritengo uno dei percorsi più interessanti del progettare scuole, perché si ha a che fare non solo col dare forma agli spazi, ma con il creare spazi che permettano rapporti. Rapporti di particolare tipo, in cui c’è un adulto che ha a che fare con delle persone che domandano le ragioni di quello che sono e le ragioni del loro significato. E questo aspetto fondamentale è importante che venga preso in considerazione nella definizione dello spazio. Quest’ultimo deve consentire che tale rapporto si possa svolgere senza ostacoli e con tranquillità: è importante, dunque, prevedere spazi di relazione. Di fatto, il Decreto Ministeriale del 1975, sulla base del quale realizziamo tuttora scuole, già conteneva al suo interno delle indicazioni sul rapporto tra alunni e docenti. È chiaro che ciò deve assumere un’anima, un modo di fruire, un modo di muoversi e comportarsi nei confronti degli spazi. Quindi, progettare una scuola materna, una scuola elementare, scuole medie o superiori significa tener conto di queste interrelazioni, nonché cercare di fare sì che la struttura le ostacoli il meno possibile.


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Come si fa a “far dialogare” didattica e architettura in un progetto? Ciò è possibile dando una forma agli spazi che permetta il rapporto tra docente e discente. Questo rapporto è intrinsecamente ‘umano’, ricorda la relazione madre/figlio e padre/figlio. Anche se ha delle caratteristiche assolutamente diverse, perché si incomincia ad inserire il ruolo dell’autorità, in maniera diversa rispetto a quella in ambito familiare. Un tipo di rapporto che sicuramente deve conformare lo spazio. Poi, ci sono due temi importanti, due limiti che bisogna tenere presenti nella progettazione di una scuola. Il primo è emerso in seguito ad una chiacchierata con un caro amico, Vittorio Tadei, amico di alcune delle scuole che ho progettato e che rimase sorpreso dal livello di interazione normativa per realizzare questo tipo di attività. Lui mi disse: “Guarda Stefano, io ho visto in Africa delle scuole con 50 bambini ed un maestro, che svolgevano le lezioni sotto ad un grande albero. Io credo che quel rapporto tra il maestro e il bambino sia la cosa più importante, più di tutte le norme che regolano i tuoi progetti”. Quindi è un “limite”, dentro cui un progettista sa che deve svolgere il suo lavoro. L’altro “limite” ha a che fare con la tecnologia. Mi riferisco a tutte le nuove tecnologie e a tutti i nuovi apparati che vanno ad inserirsi nel rapporto tra docente e studente, a tutti i livelli. Quindi sia a livello della scuola materna, che a livello della scuola superiore e ancora di più sicuramente a livello di edificio universitario. Ecco, un progettista si muove all’interno di questi due confini, dal Baobab, sotto cui un maestro esercita ugualmente la sua autorità, a quello di un maestro di oggi, che deve utilizzare strumenti multimediali quali le L.I.M., i tablet, internet, … Il mestiere dell’architetto deve permettere, dunque, di non interporre ostacoli tra la figura del docente e i ragazzi, per far sì che possano apprendere e crescere umanamente.


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Partiamo da un progetto che ha più di 10 anni, la ristrutturazione della Colonia Comasca di Rimini. Come siete riusciti in questo progetto a superare gli ostacoli – come ha appena affermato - tra didattica e architettura? In questo progetto è emersa fin da subito una sfida, quella di superare un altro limite architettonico, cioè di riuscire a far nascere una scuola in un edificio che era stato pensato con funzioni completamente diverse. Poco fa ho accennato all’albero e alla nuova tecnologia, qui avevamo un altro elemento. Come creare una scuola dentro ad un edificio che era nato per svolgere funzioni di colonia marina ai primi del secolo scorso, in un’epoca in cui nessuno pensava di realizzarvi una scuola? Quindi avevamo a disposizione grandi spazi, stanzoni comunicanti e una struttura molto bella… Tuttavia, ci siamo accorti, fin da subito, che con pochi ritocchi potevamo trasformare questa bella struttura in una bella scuola. Pochi ritocchi ha voluto dire che le camere sono diventate aule, la mensa è diventata l’aula magna, i corridoi sono diventati spazi di relazione sufficientemente grandi per garantire processi, relazioni, rapporti e incontri propri di una scuola. Insomma, il progetto ha cercato di fare entrare tutta quella vita scolastica che inizia la mattina alle 8 e termina alle 2 del pomeriggio, che comprende non solo la parte didattica e cattedratica, ma anche il rapporto tra gli studenti, la possibilità di incrociarsi tra di loro, o coi professori, di andare alle macchinette, al bar, di considerare, dunque, più spazi di incontro, … Di sicuro possiamo affermare che questi spazi hanno trovato una loro collocazione dentro a questo ambiente. È stata un’esperienza molto bella, perché il rapporto con il corpo docente e con la direzione della scuola è stato l’elemento che ha suggerito ed accompagnato di volta in volta la redazione del progetto. Quindi, tutto sommato è stato un gioco di incastri costituito dai due termini, il baobab e la tecnologia. Ha voluto dire anche


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essere docili a quello che la forma di questo edificio imponeva. Perché avevamo idea di fare cose molto in grande e la struttura non ce l’ha permesso. Ma questo ha voluto dire un lavoro di adeguamento delle nostre idee alla realtà, la realtà che diventava maieutica nei confronti del progettista.

Si può affermare che questo lavoro abbia in qualche modo anticipato la nuova concezione di scuola? Se per nuova concezione di scuola si intende un’attenzione nuova verso lo spazio di apprendimento, come luogo di espressione del rapporto tra il docente e il discente, credo proprio che questo progetto abbia espresso pienamente il concetto. Infatti, come dicevo poco fa, il nostro progetto si è sviluppato in un dialogo continuo con il corpo docente.


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Com’è nato questo progetto, quali gli obiettivi e il percorso fatto? Il progetto è nato da un’intuizione di don Giancarlo Ugolini che ha corteggiato un paio di imprenditori riminesi. Don Giancarlo era innamorato dell’immobile ancora prima di pensare di fare una scuola. Per lui i ragazzi per crescere avevano bisogno di assaporare la bellezza, di essere continuamente a contatto con la bellezza. Era molto affascinato da una struttura come quella della Comasca, divisa dal mare solo da una strada e da cui tutte le aule hanno la possibilità di contemplare il mare. Quindi, ha convinto due imprenditori, due amici che hanno lasciato un segno indelebile nella mia vita: Giuseppe Gemmani e Vittorio Tadei. Due grandi uomini che, assieme a don Giancarlo, sono stati una presenza importante nel mio percorso personale e lavorativo. I passaggi sono stati questi: dopo aver fatto tutte le verifiche sulla fattibilità del progetto, gli imprenditori hanno acquistato l’immobile. Successivamente sono iniziati gli incontri, le conferenze, i rapporti con tutte le persone che erano implicate con la Karis, in modo da individuare meglio gli obiettivi, compatibilmente con i limiti che la struttura poneva. Non è stato un percorso particolarmente lungo, ci sono voluti circa 3 anni per terminarlo. Gli obiettivi sono stati quelli di permettere a questi ragazzi di incontrare degli adulti che si chiamano docenti e che quindi avevano qualcosa da insegnare. Il percorso del crescere attraverso la didattica. Questo era l’obiettivo che c’eravamo dati e che credo che la Karis stia perseguendo nei propri compiti istituzionali: far crescere delle persone attraverso la didattica.

Cosa vi ha guidato nella progettazione di questa scuola? Oltre all’aspetto normativo - tutta la parte della pubblica amministrazione in tutte le sue declinazioni - che è necessario tenere ben presente nella progettazione, in questo lavoro ci hanno guidato incontri fatti, a partire da docenti, ma anche dalla rete di amici che a livello nazionale si occupano di scuole e che sono interessati ad avere uno sguardo sui ragazzi che non sia semplicemente finalizzato alla professione del docente, bensì ad un percorso di crescita e di educazione dei ragazzi. Poi ci hanno accompagnato tanti amici: dai docenti ai bidelli, ai genitori… ognuno aveva il suo suggerimento da dare. E questo ha voluto dire fare un progetto e poi metterlo in discussione, tenendo conto di tutto. Per usare un’immagine, è stato come tenere aperto un sacco e metter dentro tutto e poi riguardarlo e prendere di nuovo delle decisioni, cercando di trattenere il valore di quei suggerimenti. Questo è interessante anche pensando all’origine della realtà scolastica della Karis Foundation, nata grazie al coinvolgimento e alla passione educativa di un gruppo di genitori. Anche il rapporto con l’impresa è stato molto positivo. Il proprietario dell’impresa era coinvolto come me nel buon esito dell’operazione e con lui in particolare era ben chiaro il senso di uno scopo comune che ci portava non solo a risparmiare, ma anche a cercare di utilizzare materiali di elevata qualità.


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Cosa può dire di avere imparato da questo tipo di lavoro, come ha inciso sul suo modo di progettare? Questo progetto mi ha insegnato che per raggiungere un risultato ottimale nella progettazione di una scuola bisogna avere a che fare con chi fa quel mestiere e riuscire ad interrogarlo fino in fondo sulle esigenze, altrimenti il progetto lo si sbaglia. Non basta attenersi esclusivamente alle norme da applicare, anche se hanno sicuramente una loro rilevanza, se pensiamo alla sicurezza, all’antincendio, alle normative di medicina del lavoro, oppure a quelle che regolano la grandezza di aule, il numero di bagni in una scuola… Sono convinto, infatti, che al di là della somma dei componenti con cui si fa una scuola, bisogna avere davanti chi quella scuola la andrà a fare, chi quella scuola l’andrà a gestire: gli insegnanti, i presidi, insomma, chi ha il sentimento delle cose che devono accadere. La relazione con chi quelle scuole le deve fare è stata dunque l’esperienza più interessante.


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Un viaggio nello Azerbaijan

In questi giorni l'arch. Domenico La Gioia e l'arch. Stefano Matteoni di Polistudio sono ospiti nello Azerbaijan, Paese pieno di fascino, cultura e tradizione. Un calendario ricco di appuntamenti e di momenti di confronto. MercoledĂŹ 28 febbraio ha avuto luogo un ricevimento presso l'Ambasciata italiana in presenza dell'ambasciatore Augusto Massari.


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Giovedì 29 è avvenuta l'apertura dell'Italian Design Day alla facoltà di architettura, nonché la presentazione delle società intervenute, tra cui Polistudio. Una conferenza incentrata sulla crescente importanza del design e della progettazione nel contribuire a produzioni e costruzioni più rispettose della natura e dell’essere umano.

Successivamente si è aperta la manifestazione con il Baku Media Center, un'occasione di incontro tra gli intervenuti. Nel pomeriggio sono avvenute due tavole rotonde dal titolo “The beauty of Baku and its future: retail interior design in modern busy lifes” e “The beauty of Baku and its future: architectural integrated project in urban”, ospitate nell’avveniristico edificio del Baku Media Center. A lato delle discussioni si sono svolti circa 100 incontri B2B. Un'occasione di approfondimento dei rapporti tra aziende azerbaigiane e gli esponenti di una delegazione di imprenditori italiani arrivati a Baku per l’occasione. Per citarne alcuni, erano presenti rappresentanti di Signoretto Lampadari, Pibamarmi, Polistudio A.E.S., Monkey du, Studio Pironi, Federlegno, Kubedesign, 4dimension, Studio Ape, Cnaapc.

Presentazione di Polistudio A.E.S. davanti ad un centinaio di operatori


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Santa Marta: alcuni scatti di cantiere Come continuano i lavori al centro della Fondazione Simoncelli? Ecco alcuni aggiornamenti sul cantiere

Stanno procedendo a ritmo incalzante i lavori per la realizzazione del centro Santa Marta della Fondazione Marco Simoncelli, in linea con l’obiettivo estivo dell’inaugurazione. Sono state completate le strutture e si stanno realizzando le divisioni interne e gli impianti. Come da progetto, il fabbricato ha una struttura portante in legno posta su fondazioni in cemento armato, mentre le pareti interne sono a secco. Nell’uso dei materiali, si è prestata particolare attenzione al tema della riciclabilità e all’origine naturale di ogni finitura, dal colore degli intonachi, a quello delle persiane, dalle coperture ai rivestimenti. Ti proponiamo alcuni scatti di cantiere fatte per noi da ©Federico Galli fotografiadicantiere.it


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Efficienza energetica: utilizziamo le risorse in maniera intelligente Un tema di grande valore, poiché da come ci comportiamo oggi dipende l’eredità che lasceremo alle generazioni future. di Ing. Franco Casalboni

Leggi l'articolo sul portale ingenio-web.it

Il secondo principio della termodinamica, nelle sue conseguenze pratiche attinenti alla vita dell’uomo, dice una cosa molto semplice la cui comprensione è alla portata di tutti: il mondo finirà. Quanto questo evento sarà lontano nel tempo dipende da quanto saremo capaci di utilizzare le risorse e l’energia in maniera più o meno efficiente. Non c’è una ragione diversa per cui debba starci a cuore il tema dell’efficienza energetica: da come ci comportiamo noi oggi dipende l’eredità che lasceremo ai nostri figli, ai nostri nipoti, pronipoti e generazioni future in termini di possibilità di godere di quanto abbiamo goduto noi.

Un’esperienza maturata sul campo Qualcuno si chiederà cosa c’entra questo “pistolotto” nell’affrontare il tema dell’efficienza energetica in un articolo di una società di ingegneria: ebbene, le considerazioni sopra esposte nascono proprio dall’esperienza maturata sul campo, affrontando tale tematica in diversi contesti e con diversi clienti. Credo non ci siano altri temi così al centro dell’attenzione, da vent’anni a questa parte, come quello dell’efficienza energetica quando si parla di edilizia, industria e in generale dell’attività lavorativa


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dell’uomo. Questa tematica è spessissimo, per non dire sempre, impastata e, a volte, confusa (almeno per i non addetti ai lavori) con altri termini quali risparmio energetico ed energie rinnovabili. É vero che sono molto impastati tra di loro, ma esprimono concetti diversi anche se complementari tra di loro.

La definizione Col termine efficienza energetica si intende la capacità di utilizzare l’energia nel modo migliore possibile. E ancora più in generale questa formula indica un obiettivo: il risparmio energetico negli usi finali. Ma bisogna fare una distinzione fra ‘efficienza’ e ‘risparmio’: benché entrambi si traducano con una riduzione dei consumi, nel primo caso non si rinuncia a fare qualcosa ma a farla nel modo ‘migliore’. Se il risparmio mette l’accento nel consumare meno, l’efficienza nel farlo meglio.

La tecnologia ha fatto passi da gigante Da quanto definito sopra si capisce subito che i primi ad essere investiti dal problema sono i costruttori di prodotti e apparecchi che utilizzano energia. Da questo punto di vista bisogna riconoscere che la tecnologia ha fatto passi da gigante, rendendo disponibili oggi sul mercato macchine e prodotti altamente efficienti. Si pensi, tanto per fare alcuni esempi, alle sorgenti luminose a led: ci sono lampade che con un assorbimento di pochi watt forniscono lo stesso flusso luminoso di lampadine a incandescenza che assorbivano 60 W; nel campo automobilistico ci sono autovetture di larga diffusione (non parliamo quindi dei prototipi) che con un litro di carburante percorrono quasi il doppio di km delle auto di venti anni fa; per restare nel campo


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impiantistico ci sono pompe di calore con COP pari a 1,5 volte rispetto a quello di 15 anni fa. Possiamo dire quindi che l’industria sta facendo la sua parte. Sicuramente questo progresso è stato in un qualche modo indotto anche dall’evolversi della normativa e della legislazione: l’entrata in vigore di leggi e norme nazionali ed europee che hanno imposto limiti sempre più stringenti ai consumi energetici ha favorito la ricerca e lo sviluppo, rendendo disponibili apparecchi e macchine sempre più efficienti.

Gli utilizzatori hanno un ruolo fondamentale Forse chi deve ancora compiere un passo più deciso in questa direzione è il terzo polo di questo triangolo virtuale (legislatore, produttore, utilizzatore) investito dal tema dell’efficienze energetica: noi, gli utilizzatori comuni. I nostri comportamenti tante volte impiegano un nanosecondo a vanificare gli sforzi dell’industria per produrre prodotti efficienti. Un esempio per tutti: c’è stato un tempo, non secoli fa ma fino a dieci anni fa, in cui si sono costruiti decine di migliaia di alloggi con le caldaiette murali sui balconi. Una cosa, dal punto di vista energetico, veramente inconcepibile. Tantissime volte ai miei clienti facevo questo esempio: ma lei lo metterebbe il frigorifero sul terrazzo sotto al sole? Le discussioni erano troncate sul nascere, l’uomo della strada capiva subito l’assurdità della scelta di mettere le caldaie sui balconi. Tutto questo per dire che anche noi, persone comuni, abbiamo un ruolo ed un compito che ha riflessi notevoli sull’efficienza con cui utilizziamo l’energia che ci viene messa a disposizione. Un altro aspetto che mi preme evidenziare in questa sede è il seguente: tante volte ci si imbatte in un approccio al problema da parte degli utilizzatori finali, dettato da un mero criterio di vantaggio economico: d’accordo, tu mi proponi


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questa macchina che è più efficiente dell’altra ma costa di più. In quanto tempo rientro della maggior spesa? Tante volte mi sono sentito rispondere: “guadagno di più se tengo i soldi in banca” (oggi forse non è più così …). Per carità, l’aspetto economico è importante e nessuno vuole fare il grande coi soldi degli altri, ma così non si va da nessuna parte, la premessa iniziale è stata fatta proprio avendo a mente atteggiamenti di questo tipo: quando finisco io il mondo finisce; ma non è così.

In sintesi Queste riflessioni hanno voluto solamente evidenziare come sul tema dell’efficienza energetica ci sia tanto da fare soprattutto da parte di chi utilizza l’energia e gli apparecchi che consumano energia. Nel concreto delle applicazioni poi va detto che non ci sono scelte univoche valide per tutte le situazioni: affrontare il tema dell’efficienza energetica per una civile abitazione porta a scelte diverse da quelle da prendere se si affronta un ospedale, o un albergo o una attività industriale. Su questo siamo a disposizione dei nostri clienti per affrontare assieme le tematiche ed individuare la soluzione più idonea al caso in esame.


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Tax credit: bonus alberghi e agriturismi Desideri accedere alle agevolazioni del tax credit al 65% per riqualificare la tua struttura ricettiva? Puoi farlo. È già possibile compilare le domande. Il click day sarà il 26 e il 27 febbraio!

Desideri riqualificare la tua struttura ricettiva? Ora puoi farlo. Si tratta di un bonus alberghi e strutture ricettive, che la scorsa Legge di Stabilità ha esteso anche agli agriturismi e agli stabilimenti termali. Questi ultimi posso ottenere agevolazioni per realizzare piscine termali e per l’acquisto di attrezzature e apparecchiature per le attività termali.

Di che si tratta Il tax credit al 65% riguarda le spese di ristrutturazione edilizia, l’eliminazione di barriere architettoniche, l’incremento dell’efficienza energetica. È inoltre prevista una quota del 10% per spese per l’acquisto di mobili destinati all’albergo oggetto di ristrutturazione edilizia. Nel decreto 20 dicembre 2017 del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo sono elencati con precisione le spese di ristrutturazione alle quali si può applicare il credito d’imposta.


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Risorse Lo Stato mette a disposizione 60 milioni di euro per l'anno 2018, 120 milioni di euro nell’anno 2019 e 60 milioni nell’anno 2020, fino ad esaurimento delle risorse disponibili di ciascuno degli esercizi medesimi.

Come utilizzare il tax credit Viene ripartito in due quote annuali di pari importo a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in cui gli interventi sono stati realizzati. Il credito d’imposta riconosciuto può essere comunque utilizzato entro 10 anni (art. 2946 c.c.).


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Leggi il tutorial sul sito del Ministero: http://www.turismo.beniculturali.it/wp-content/uploads/2018/01/Tutorial-Tax-CreditRiqualificazione.pdf

Click day Sul portale del Ministero del Turismo è attiva la procedura online


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La compilazione è attiva da giovedì 25 gennaio al 19 febbraio 2018. Successivamente, si apriranno i termini per l’invio in versione click day, dalle ore 10:00 del 26 febbraio alle ore 16:00 del 27 febbraio 2018.

Domanda Per presentare domanda bisogna registrarsi al Portale dei procedimenti del Ministero, con procedura effettuata dal legale rappresentante dell’impresa. Per questioni che riguardano il a taxcreditriqualificazione@beniculturali.it,

procedimento

bisogna

scrivere

una

mentre per risolvere aspetti tecnici o informatici è attiva l'email: procedimenti@beniculturali.it.

Scopri di più: http://www.turismo.beniculturali.it/operatori/tax-credit/

Fonte: MIBACT

e-mail


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Investire sul turismo La nuova sfida lanciata con il Patto per il turismo 4.0 sottoscritto dal ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo e da Banca intesa Sanpaolo. Nuove prospettive per l’hotellerie.

Lo scorso 11 gennaio 2018 ha avuto luogo la conferenza MiBACT e Intesa San Paolo per la presentazione del 'Patto per il Turismo 4.0'. In questa occasione Il Ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo Dario Franceschini e Banca Intesa Sanpaolohanno sottoscritto e presentato ufficialmente il protocollo d’intesa per il Patto per il Turismo 4.0. Uno dei primi esempi di partnership tra il sistema bancario e il referente istituzionale del settore. Oltre al ministro erano presenti il consigliere delegato e Ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina; il direttore generale Turismo del ministero, Francesco Palumbo; il responsabile della divisione Banca dei Territori e il chief economist di Intesa Sanpaolo, Stefano Barrese e Gregorio De Felice.

Plafond da 5 miliardi di euro Intesa San Paolo annuncia il lancio di un plafond da 5 miliardi di euro in tre anni per sostenere gli investimenti del settore turistico (oltre 550mila imprese turistiche italiane). L’iniziativa si inserisce in un quadro molto positivo di crescita del turismo. La banca ha elaborato infatti uno studio che ha messo in luce la tendenza del turismo in Italia, una forte crescita di flussi verso il nostro Paese, in particolare di stranieri. Secondo questa indagine, tra il 2008 e il 2016 gli arrivi di turisti non residenti sarebbero cresciuti del 36%. Nello stesso periodo le presenze sarebbero aumentate del 23%, con un grado di internazionalizzazione prossimo al 50%. I turisti sarebbero per lo più europei, ma sono aumentati i visitatori dai Paesi asiatici. Se si sommano anche i turisti residenti, il totale relativo al 2016 segna 117 milioni di arrivi e 403 milioni di presenze. Già oggi con 4,5 milioni l'Italia è il primo paese europeo per presenza di turisti cinesi.


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Nel dettaglio Per rispondere alle nuove esigenze del turismo, la banca si impegna dunque a sostenere le linee di credito degli operatori per ristrutturare ed ammodernare le strutture ricettive, per migliorare la qualità dell’accoglienza e della formazione degli operatori e di migliorare la raggiungibilità dei luoghi.


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Puntare sul turismo Il ministro Dario Franceschini, nel suo discorso, rivolgendosi agli imprenditori, ha evidenziato l’importanza di tornare a puntare sul settore turistico: “Io dico agli imprenditori: investite nel turismo! Siete molto in ritardo rispetto a ciò che da qualche tempo ci dicono i numeri. Il turismo è in crescita fortissima e c'è bisogno che pubblico e privato facciano in fretta e bene ognuno la propria parte”.

La carta da giocare è dunque l’investimento “Lo Stato – continua il ministro - può aiutare con gli incentivi, ma il resto spetta al privato. Agli imprenditori dico: è il momento di investire se vogliamo recuperare il gap”. Una vera e propria sfida per i prossimi anni, cioè governare la “crescita impetuosa” che vivrà il settore.


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Nuove prospettive in un mondo che cambia È sempre più importante essere proattivi, trovare soluzioni efficaci ed innovative atte a rispondere alle nuove esigenze del mercato. Come si declina questo nell’hotellerie? Sicuramente nel migliorare la guest experience, creare l’atmosfera adatta, avere dei progetti chiari, pensare alla tecnologia per risolvere al meglio le problematiche gestionali, pensare all’acustica, alle luci, al risparmio energetico, … È importante rivolgersi dunque ad un team di esperti per iniziare un percorso.


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Humanitas Fiordaliso: la qualità al centro Un’intervista a due nostri professionisti per raccontarti la storia di una collaborazione nata circa tre anni fa con la progettazione diHumanitas Medical Care ad Arese e che sta proseguendo con ulteriori proposte ed idee. Un rapporto di fiducia e stima reciproca che ha portato a sempre nuove ed interessanti sfide. Ci soffermiamo sul progetto Humanitas Fiordaliso a Rozzano, grazie al contributo dell’arch. Pietro Marsciani e dell’ing. Andrea Facondini di Polistudio.

Immagini fotografiche: ©Max Allegritti

Arch Marsciani, com’è iniziato tutto e quali erano le esigenze iniziali del committente? Dopo la realizzazione del Medical Care di Arese, Humanitas ha deciso di fare questo nuovo investimento nel contesto milanese con l’obiettivo di avvicinare la sanità ai cittadini, garantendo loro un servizio pratico, veloce e affidabile. Poliambulatori di qualità, belli ed attraenti dal punto di vista architettonico ed avanzati dal punto di vista tecnologico. Inoltre, la location del medical care Fiordaliso è strategica, situata, cioè, vicino all’ospedale Humanitas di Rozzano e collegato al Centro Commerciale Fiordaliso, sulla stessa linea del medical care di Arese.


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Quali i punti salienti del progetto architettonico? Che tipo di studio avete fatto su spazi, forme, luci e colori? Abbiamo seguito le indicazioni ricevute per Arese, cioé confermare le finiture e i materiali utilizzati. Infatti, tutti i progetti Humanitas seguono lo stesso mood, uno stile che contraddistingue tutti i medical care. Il nostro lavoro è stato, dunque, quello di cercare di sagomare su misura le richieste del cliente. Flessibilità massima nell’individuazione delle esigenze, ma coordinazione e vigore nel risultato finale. Abbiamo, dunque, iniziato a sviluppare il progetto con queste indicazioni, passando attraverso molteplici tappe e seguendo le esigenze del nostro committente. Per questo, possiamo affermare che il layout finale sia la risposta a diversi quesiti e la soluzione a differenti problematiche. Il layout del progetto si costituisce di spazi particolari dettati da un concept iniziale seguito da riflessioni in progress al progetto, è il risultato delle richieste emerse durante il processo del lavoro. Un bel risultato, a nostro parere, e confermato da Humanitas.


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Nel dettaglio… Il progetto prevede, al piano terra un’area di accettazione, un box prelievi, una sala d’aspetto, nonché una zona per gli addetti ai lavori. Invece, al primo piano sono presenti un’altra sala d’aspetto, gli ambulatori e una palestra. Inoltre, ci siamo occupati di disegnare alcuni arredi come il bancone d’accettazione, sia al piano terra che al piano primo. Abbiamo utilizzato un controsoffitto, un sistema integrato tra luci ed impianti meccanici, con travi fredde e banner di luce, che, dal punto di vista architettonico, hanno funzionato molto bene.


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Come avete scelto i materiali? Come ho appena accennato, per la scelta dei materiali abbiamo seguito la stessa linea del medical care di Arese. Ad esempio, abbiamo utilizzato dei rivestimenti lignei fonoassorbenti, in grado di risolvere i problemi di acustica. Per quanto riguarda la pavimentazione abbiamo utilizzato il linoleum, un tipo di pavimento resiliente, composto da materie prime di origine naturale, particolarmente adatto agli ospedali, mentre le pareti sono ricoperte con rivestimento in fibra di vetro, un tipo di tessuto che garantisce la massima resistenza ai più disparati tipi di sollecitazione. É inattaccabile dagli agenti chimici e le intrinseche caratteristiche meccaniche lo rendono resistente agli urti e alle abrasioni. Inoltre, il rivestimento in fibra di vetro è ignifugo ed è omologato anche in classe A1 di reazione al fuoco.

Come avete scelto gli arredi? Ci siamo occupati degli arredi su misura, nello specifico del bancone di accettazione del piano terra e di quello del primo piano. Il bancone del piano terra doveva essere piuttosto lungo per accogliere gli utenti richiesti. La sua forma segue la direzione in pianta del controsoffitto, attenendosi alla sua presenza come un vero e proprio limite spaziale. Sullo stesso limite, infatti, il controsoffitto si abbassa e cambia tipologia, così da marcare in modo netto la differenza tra attesa e reception. Abbiamo scelto uno stile contemporaneo con linee pulite, essenziali e colori chiari, con richiami allo stile nordico. Un progetto funzionale, luminoso e naturale. Invece, per quanto riguarda gli arredi degli ambulatori, Humanitas si è rivolto ad altri fornitori di fiducia, esperti in attrezzature elettromedicali, forniture e servizi ospedalieri.


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Si può affermare che in questo progetto le parole chiave sono comfort, accoglienza e persona al centro? Assolutamente sì, nel progetto abbiamo seguito questo fil rouge ed in particolare si può parlare di qualità degli spazi. Spazi, cioè orientati al benessere fisico e psicologico del paziente, prestando dunque particolare attenzione all’illuminazione, ai colori, agli arredi. Il risultato finale è quello di un luogo piacevole, accogliente e confortevole.


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Ing. Facondini, dal punto di vista impiantistico quali step avete seguito? Gli input iniziali da parte di Humanitas sono dell’indipendenza rispetto al centro commerciale.

stati quelli

della flessibilità impiantistica e

Come le avete perseguite? Realizzando un impianto completamente indipendente dal centro commerciale. Questo ha significato individuare opportuni spazi in copertura per contenere tutta la parte impiantistica. Ci siamo dunque avvalsi di una pompa di calore polivalente, in grado diprodurre contemporaneamente caldo e freddo, e di una piccola centrale posta in un vano tecnico recuperato in adiacenza all’unità di trattamento aria.

Perché si parla di flessibilità? Potrebbe spiegarci meglio? Parliamo di flessibilità perché abbiamo realizzato un impianto idronico a travi fredde tale che, un domani, in caso di un eventuale adeguamento, rifunzionalizzazione o di una modifica al layout del medical care, la parte impiantistica meccanica possa essere facilmente adeguabile. La sfida vera era creare un impianto all’interno di un centro commerciale, con spazi tecnici contenuti, che non fosse tipicamente ad espansione diretta, ma che avesse le caratteristiche richieste dal cliente di efficienza, flessibilità e comfort.


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Come si declina il comfort nella progettazione impiantistica? Abbiamo lavorato in team con il nostro settore architettonico, una vera e propria progettazione integrata, in modo che le scelte impiantistiche fossero sulla stessa lunghezza d’onda della progettazione architettonica ed estetica ed integrate con le finiture scelte. Possiamo affermare che il comfort e la parte di integrazione estetica sono stati la conseguenza di questo tipo di approccio. Le travi fredde sono un terminale ambiente molto confortevole dal punto di vista acustico (ha bassissime emissioni acustiche) e sono facilmente integrabili dal punto di vista estetico. Ecco il perché della scelta, condivisa anche dal Committente per ragioni manutentive. La soluzione particolare è stata quella di utilizzare delle travi fredde integrate che avessero sia mandata che ripresa dell’aria. Con lo stesso oggetto abbiamo realizzato climatizzazione e ventilazione. Nello specifico, ci siamo avvalsi di una pompa di calore polivalente per Impiantistica a quattro tubi, in grado, quindi, di garantire completamente la gestione delle temperature in maniera separata per i vari ambienti, ovviando così ad eventuali problemi di caldo o di freddo.


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Si può parlare di vantaggi reali nell’utilizzo di questo sistema? Grazie alla tecnologia utilizzata e ad una progettazione puntuale possiamo parlare di efficienza energetica. Infatti, grazie alla pompa di calore polivalente, mentre produciamo del fluido freddo abbiamo la produzione gratuita di fluido caldo. In questo modo, viene raddoppiata l’efficienza del sistema. Inoltre, abbiamo perseguito l’efficienza grazie alla pompa di calore dedicata per la produzione di acqua calda sanitaria, ad un bilanciamento dinamico del circuito idronico con l’utilizzo di valvole “pressure indipendent”, una unità di trattamento aria completa di recupero ad alta efficienza e bilanciamento aeraulico con taratura a portata costante ambiente per ambiente e possibilità di attenuazione da Sistema di supervisione delle condizioni ambiente in funzione dell’occupazione.


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Inaugura la piscina Pentathlon di Pesaro Orgogliosi di aver dato il nostro contributo con la progettazione esecutiva degli impianti meccanici

Ieri non potevamo perderci l’inaugurazione della piscina Pentathlon a Pesaro, un progetto a cui abbiamo lavorato per anni, occupandoci degli impianti meccanici, e che ora guardiamo con soddisfazione. Un momento sentito per la città di Pesaro, impreziosito dalla presenza del Presidente del Coni Giovanni Malagò, del presidente del FIPM Valter Magini, del sindaco di Pesaro Matteo Ricci, del Presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli e del Presidente della Provincia di Pesaro-Urbino Daniele Tagliolini. Ma l’inaugurazione ufficiale della piscina è avvenuta con il tuffo del due volte campione del mondo 100 stile libero Filippo Magnini, scortato dai pentatleti azzurri. Un momento di forte impatto. Quindi, il suo commento: «Bell’impianto. Spazioso, luminoso: mi piace». «Una struttura sofferta,- così l’ha definita il sindaco di Pesaro - il rischio era l’incompiuta. Ma a Pesaro le incompiute non ci sono mai state. E Malagò ci è stato vicino, con determinazione. La parte superiore, destinata alla palestra, vedrà il nostro impegno nei prossimi mesi». La piscina è un tassello dentro una strategia di cittadella dello sport per poter accogliere a Pesaro manifestazioni sportive di carattere nazionale e internazionale. Così, lungo il Foglia, Ricci ha tracciato la città dello sport. «Con campi da calcetto e da calcio, piscina, campo scuola per l’atletica ristrutturato, parco Miralfiore. E l’area di via dell’Acquedotto, per proseguire la linea, verrà completamente riqualificata con gli 11 milioni e 200mila euro ottenuti dal bando periferie. In gran parte con attività culturali, aggregative e sportive. E con collegamento ciclopedonale lungo il fiume».


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Top 50 Studi Architettura: Polistudio in classifica

Anche quest’anno è uscita su Il Sole 24Ore la tanto attesa classifica dei principali studi di architettura in Italia stilata dal prof. Aldo Norsa di Guamarì. La classifica si basa sui bilanci del 2016 e vede un cambio di vertice, non più Renzo Piano Building Workshop, ma lo Studio One Works, di Leonardo Cavalli e Giulio De Carli, con un fatturato di 20,8 milioni di euro. Nella classifica emerge come a crescere siano stati soprattutto gli studi più grossi grazie all’attività all’estero. Nella Regione Emilia Romagna sono presenti fra i primi 50 solo 4 studi: Mario Cucinella Architects, Open Project, Polistudio AES e Iosa Ghini Associati. Polistudio A.E.S. si trova al 31 posto, ha guadagnato due posizioni rispetto all’anno precedente e ci auguriamo di salire ulteriormente in classifica. Infatti, dopo un lungo periodo di contrazione del mercato immobiliare, siamo davanti ad importanti prospettive di crescita, non solo per quanto riguarda il fatturato, ma, in generale, in riferimento alle commesse acquisite. Grazie ad una presenza qualificata dello studio sul territorio nazionale, consolidando collaborazioni importanti con clienti prestigiosi, integrando efficacemente competenze specialistiche diverse fra loro, puntando al coinvolgimento di giovani progettisti nel team dello studio, siamo oggi in condizione di guardare fiduciosi al futuro, confermati nella strada intrapresa e consapevoli della necessità di non mollare mai.


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Pastrocchio a Riccione, uno dei locali più cool della Riviera

In questi giorni è stato inaugurato Pastrocchio a Riccione, primo Live Coffee Bakery. Breakfast, Brunch, Lunch, Pizza, Bread and Co, Zuppe, Roll, Hamburger a Riccione. Un locale polifunzionale che nasce come laboratorio di pasticceria, panetteria e caffetteria ed ha un tocco del tutto personale, che lo rende unico.

Polistudio A.E.S. si è occupato della progettazione di Pastrocchio, destinato a diventare uno dei locali più cool della Riviera. Nello specifico abbiamo attuato una progettazione integrata dell’intero edificio, comprendente anche una palestra e locali ad uso uffici.

Tramite il coordinamento generale del geom Carlo Savioli e del geom Matteo Villa, il contributo dell’ing. Mauro Cevoli (per le strutture) e dell’ing. Andrea Facondini (per gli impianti), Polistudio ha eseguito tutte le attività relative al miglioramento strutturale e al rinnovo completo degli impianti. Questi ultimi sono stati realizzati perseguendo obiettivi in efficienza energetica, comfort ambiente ed integrazione architettonica.


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Video intervista - ing. Franco Casalboni a Smart Building Expo

L'edificio Feltrinelli è uno degli esempi applicativi del Building Management System. Ti segnaliamo la videointervista fatta all'ing Franco Casalboni di Polistudio A.E.S. dallo staff di Ingenio, in occasione del Convegno Smart Building Expo avvenuto dal 15 al 17 novembre alla Fiera di Milano, a cui ha partecipato come relatore, con un affondo tecnico sul BMS del Nuovo edificio Feltrinelli. Infatti, Polistudio si è occupato della Progettazione esecutiva impiantistica ed antincendio dell’edificio presso Porta Volta per «Fondazione Feltrinelli» Milano.

Guarda il video sul portale di Ingenio

Un evento, quello di Smart Building Expo e di Sicurezza 2017, che ha visto più di 25.000 visitatori e circa 50 convegni. "A Smart Building Expo - ha affermato Luca Baldin (Project Manager Smart Building Expo) - abbiamo colto in tutta evidenza quanto sia avvertita l’importanza della partita in corso anche a livello istituzionale e quanto sia percepita come decisiva la sfida verso l’evoluzione tecnologica che investe fortemente la crescita professionale degli operatori del settore: saper integrare è infatti materia per progettisti e tecnici con una mentalità e una preparazione tecnica del tutto nuove".


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Fico Eataly World: taglio del nastro Oggi è il giorno dell'inaugurazione ufficiale di Fico Eataly World, il parco dell’agroalimentare più grande del mondo, in presenza delle autorità, tra cui menzioniamo il premier Paolo Gentiloni e i ministri della Cultura e Turismo, dell'Ambiente, delle Politiche agricole e del Lavoro. Un progetto su cui vale la pena parlare, non solo perché ci sentiamo coinvolti in prima persona, essendoci occupati del Collaudo MEP dell’intervento...

Sicuramente è una bella storia, un caso da manuale di project manegement, gestito con tempi record, considerando la complessità dell’intervento. “Ora è il momento della verità: - recita un interessante articolo su Il Sole 24 Ore - se il progetto resterà fedele alla sua missione, centrando l’obiettivo di portare a Fico tra i 4 e i 6 milioni di visitatori all’anno, senza snaturare l’identità di una città che non è solo cibo, raggiungendo i target di redditività per tutti gli operatori, trascinando il turismo della regione e offrendo opportunità educative a bambini e ragazzi, allora questo sarà un grande caso di successo che finirà nei libri di testo delle business school di tutto il mondo. Molti se, ma senza sfide ambiziose, non si realizzano risultati significativi. L’Emilia Romagna ha ricominciato a pensare in grande in molti settori e, in un Paese in difficoltà, questa è l’unica possibilità di salvezza”. Il Parco è sicuramente suggestivo: 10 ettari di cui 2 scoperti, di campi e stalle; 40 fabbriche e oltre 40 luoghi di ristoro. Il suo obiettivo è quello di imporsi come vetrina dell’eccellenza dell’enogastronomia italiana, attraendo, così, milioni di visitatori da tutto il mondo.


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Uno degli aspetti più interessanti è il fatto che si potrà fare esperienza, toccare con mano come si produce, come si alleva e come si gusta il cibo italiano. Questo lo rende un luogo unico e suscita in tutti grande attesa e curiosità. Sarà, inoltre, un luogo aperto alle scuole. Ospiterà, infatti, le scuole da tutta Italia e di tutto il mondo.

Scopri di più sul progetto


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Hotel Rewind Riccione: Sostenibilità e accessibilità

Grande successo per la terza tappa dell'evento Hotel Rewind a Riccione. Ti proponiamo il video di Hotel Rewind, un'ottima sintesi della giornata, a cui hanno preso parte il sindaco di Riccione Renata Tosi e professionisti del mondo dell'edilizia e dell'hotellerie, tra cui menzioniamo l'arch. Domenico La Gioia di Polistudio A.E.S.

Guarda il video:

Focus Leggi l'articolo di Hotel Rewind: “Un’iniziativa molto stimolante perché apre gli occhi e rende veramente tangibile quella che è la nostra prima frontiera: affrontare un futuro che non deve più farci tenere gli occhi chiusi ma essere pronti e disponibili alla sostenibilità e all’accessibilità che soprattutto una città turistica deve avere”. Queste le affermazioni di Renata Tosi a seguito della terza tappa di Hotel Rewind tenutasi lo scorso 25 ottobre al Palazzo del Turismo. Per il Sindaco di Riccione l’offerta turistica, l’accessibilità e la sostenibilità sono componenti che devono essere presenti in tutte le città italiane oltre che nelle strutture ricettive. Fare turismo è fare la città, soprattutto in un contesto come quello di Riccione in cui si è registrato nel 2017 un +4% di presenze turistiche. Ed è proprio su questo punto che Federico Della Puppa concentra l’attenzione. Per il Docente di economia allo IUAV e Responsabile area economia&territorio Smart Land srl, un hotel consuma a persona dieci volte di più rispetto ad un utilizzo domestico. Bisogna far diventare l’offerta ricettiva “virtuosa”: il turista è in uno stato ricettivo per definizione; è alla ricerca di qualcosa di nuovo e che rispecchi il suo “stile di vita”.


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Questo perché, continua Paola Pierotti Giornalista PPAN, ciò che cerchiamo in un hotel è comfort, socialità, “sentirsi a casa”. Un hotel vincente è in grado di mettere al centro la persona, è in grado di raccontare delle storie. Ed è per questo che la creatività sui servizi correlati è fondamentale per essere competitivi. Ma la creatività, da sola, non basta. Bisogna pensare a quelli che sono i reali bisogni delle persone. In questa prospettiva si è parlato con Roberto Vitali, CEO Village for all V4A a ciascuno la sua vacanza, della necessaria attenzione che si deve prestare ad un segmento importante come quello del turismo accessibile: “stiamo parlando di circa 10 milioni di persone in Italia, 127 milioni di persone in Europa […] un vero e proprio mercato trasversale che oggi già gira nel sistema turistico italiano. […] Persone anziane, famiglie con bambini piccoli, chi ha allergie, persone che hanno disabilità motorie, sensoriali, cognitive. Ed è un segmento che oggi ha un’offerta turistica nettamente insufficiente a quella che è la vera richiesta del mercato. È necessario parlare di “Guest Experience Inclusiva” e cioè “di cosa effettivamente possiamo offrire all’ospite” - conclude Vitali. Il rispetto della norma non implica necessariamente il rispetto delle esigenze dei clienti Elena Stoppioni, Presidente Cdo Edilizia, si è soffermata sull’importanza di curare l’aspetto acustico degli hotel; e ancora Leopoldo Busa, Architetto esperto in qualità dell’aria indoor, ha illustrato l’importanza del comfort inteso come qualità dell’aria indoor. Mario Nocera dell’Unità Tecnica Efficienza Energetica ENEA - Agenzia nazionale nuove tecnologie, energia e sostenibilità, ha evidenziato le opportunità reali offerte dai meccanismi di incentivazione per le strutture ricettive. Ma come è possibile mettere in sinergia questi tre elementi? È Domenico La Gioia, A.D. Polistudio - architecture & engineering a dimostrarlo con due importanti casi studio.


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Intervistati ad Hospitality Day su riqualificazione e sostenibilità

Dopo l'interessante giornata passata ad Hospitality Day, ti proponiamo l'intervista di Media Hotel Radio, prima web radio italiana rivolta ai professionisti del settore turistico alberghiero e al mondo dell’Ospitalità. L'intervista della giornalista Concetta D'Emma si trova all'interno della rubrica “Servizi & Comfort Speciale Hospitality Day": tutto ciò che serve per ottimizzare le esigenze dell'ospite e migliorare i servizi dell'ospite.

Messa in onda: Giovedì 2 novembre alle ore 11.00 andrà in onda la puntata audio all'interno della rubrica "Servizi & Comfort Speciale Hospitality Day". Sarà in replica lo stesso giorno alle ore alle ore 15.00 - 18.00 - 22.00; sabato 04/11/2017 alle ore 12.00 domenica 05/11/2017 alle ore 18.00.

Clicca sul link per ascoltarla in streaming

Focus: Intervista all'ing. Stefano Ferri, presidente di Polistudio e all'ing. Daniel Felipe Parias Anaya, Ege. Al centro, il tema centrale dello speech tenuto ad Hospitality: "Consigli per una gestione efficace dell’energia intelligente: l’iter ideale per un’attività sostenibile”, un percorso ideale di certificazione di sostenibilità,


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fatto insieme ad un partner, l' Hotel Le Grotte (AN). Un esempio brillante con impianti a fonte rinnovabili molto interessanti e accorgimenti volti a ridurre l'impronta ambientale nel parco delle gole di Frasassi.

Altre domande: Qual è il valore aggiunto di certificarsi di questi tempi? Bisogna focalizzare l'attenzione su piccoli passi che permettono di aumentare ed efficientare lo stato della struttura ed ottenere un risultato di marketing. Occorre la volontà di intraprendere un cammino attraverso un percorso di sostenibilità, in un percorso non corto. Il tragitto è un'opportunità per traguardare il futuro.

Quali sono gli aspetti di cui un albergatore non si accorge? ...

Scopri di più guardando l'intervista sul sito


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Speciale Liceo pedagogico "Valgimigli"

Ti segnaliamo un articolo pubblicato sulla rivista GLGyproclive - Rassegna mensile dei migliori cantieri italiani. Si parla del progetto del Liceo Pedagogico Valgimigli di Viserba, per cui Polistudio A.E.S. ha svolto la progettazione preliminare, definitiva, esecutiva, architettonica, strutturale ed impiantistica meccanica.

"Un razionale edificio a ferro di cavallo ospita la nuova sede del Liceo Pedagogico “Valgimigli”, costituita da 43 aule scolastiche, un’ampia e luminosa biblioteca–sala lettura, uno spazio polifunzionale di oltre 150 metri quadrati, un’area di ristoro ed una serie di laboratori di lingua, informatica, chimica e fisica.


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Il fabbricato può essere considerato un vero e proprio prototipo costruttivo con soluzioni e tecniche innovative, in grado di garantire un’elevata efficienza energetica ed un’ottima resa estetica ed architettonica. L’ossatura portante del complesso è costituita da un tradizionale telaio di pilastri e travi in cemento armato e solai in latero-cemento, mentre per tutti i tamponamenti perimetrali, i tramezzi interni e i controsoffitti sono stati utilizzati i sistemi a secco Saint-Gobain Gyproc, altamente performanti e con l’esclusiva tecnologia Activ’Air®, che assicura un miglioramento della qualità dell’aria grazie all’assorbimento e alla neutralizzazione della formaldeide presente negli ambienti interni. La forte e costante collaborazione tra i tecnici Saint-Gobain Gyproc e lo studio di progettazione Polistudio A.E.S. è alla base degli eccezionali risultati ottenuti soprattutto dal punto di vista del comfort abitativo e del trattamento acustico degli spazi, con soluzioni studiate ad hoc e capaci di incidere positivamente sulla qualità delle attività scolastiche svolte e sulla capacità di apprendimento degli studenti".

Leggi sul sito gyproclive


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Nuovi spazi per la cultura e l'innovazione Cemento e vetro distinguono uno degli edifici più interessanti recentemente completati a Milano, nel quale la climatizzazione degli ambienti è affidata a impianti estremamente efficienti e architettonicamente ben integrati. Intervista a ing. Franco Casalboni Articolo pubblicato su RCI

Ti proponiamo l'articolo sul progetto Feltrinelli pubblicato su RCI - la rivista del progettista di impianti - con l'intervista all'ing.Franco Casalboni. "Fino al recente progetto filmato dall'affermato studio elvetico Herzog & De Meuron, sviluppato e gestito da Coima Sgr, l'area di Porta Volta è stata fra i simboli del degrado urbano di Milano. La costruzione dei caselli daziari, alla fine dell''800, fu seguita nel secondo dopoguerra dalla demolizione di uno degli ultimi tratti delle mura spagnole, che trasformò il sedime delle fortificazioni in una zona dequalificata, in gran parte utilizzata come parcheggio. La costruzione del nuovo complesso attua una sostanziale riqualificazione di quest'area centrale della città. Ispirati al rigore stilistico dei principali edifici storici milanesi, i nuovi volumi si sviluppano in linea ricreando un margine netto, quanto altamente permeabile, fra il tessuto edificato circostante e i nuovi spazi a verde previsti dal progetto paesaggistico. Continua a leggere l'articolo


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La parola al progettista L'ing. Franco Casalboni (Polistudio A.E.S.) ha progettato gli impianti termomeccanici: "In una costruzione nella quale il vetro è protagonista e il resto è in cemento armato, il tema della prestazione energetica dell'edificio è risultato fra i più impegnativi. Durante la prima fase della progettazione sono state effettuate diverse simulazioni con software energetici, anche in ragione di una serie di vincoli progettuali - ad esempio la notevole estensione dei fronti esposti a nord e a sud - che hanno limitato la scelta delle tipologie impiantistiche da adottare. Il ricorso a pompe di calore è legato essenzialmente all'abbondanza di acqua presente nel sottosuolo di Milano e alla sua limitata escursione termica (2° C al massimo). Oltre a garantire rendimenti molto elevati e soprattutto costanti tutto l'anno, questa soluzione permette di fronteggiare simultaneamente carichi molto diversi nelle varie zone dell'edificio. Abbiamo perciò studiato un impianto a 4 tubi estremamente versatile e flessibile, basato su pompe di calore multifunzione e, per sopperire ai picchi di carico estivi, un gruppo frigorifero con tecnologia multi scroll. Al servizio della caffetteria è presente anche una pompa di calore acqua-acqua per la produzione di ACS che, come sorgente, utilizza il circuito caldo a servizio delle batterie delle UTA. Nella scelta delle pompe di calore ci siamo orientati verso un produttore che dichiara prestazioni assolutamente coerenti con quelle effettive e dotato di centro assistenza affidabile, per assicurare il pronto intervento anche a opera terminata. Nel corso dei collaudi abbiamo potuto verificare la rispondenza dei generatori termofrigoriferi e dell'intero impianto rispetto alle aspettative del progetto: abbiamo simulato dal vero l'evoluzione delle condizioni termoigrometriche interne al variare delle condizioni climatiche esterne, in estate e in inverno, in funzione della programmazione oraria del profilo-tipo di occupazione e considerando anche lo spegnimento durante il fine settimana, registrando i dati tramite data logger".

Quali aspetti hanno caratterizzato l'integrazione fra architettura e impianti? "Il progetto originario risale al 2008, perciò è stato sviluppato con metodi e strumenti tradizionali. Successivamente, durante il progetto costruttivo, si è fatto ricorso al BIM soprattutto per lo sviluppo di alcuni dettagli, sia a livello architettonico sia per l'interazione edificio-impianti. Per rispettare la volontà dei progettisti di mantenere a vista le strutture in cemento armato, negli ambienti non sono presenti controsoffitti e tutti i terminali, specifici per l'installazione sotto ampie superficie vetrate, sono incassati nel pavimento galleggiante. Gli unici componenti annegati nei solai sono i punti luce e i rivelatori di fumo. In particolare, i ventilconvettori sono stati prodotti su misura e testati presso la sede tedesca del produttore. E' stato realizzato un mockup in scala 1:1 della parte dell'edificio con le facciate inclinate, per verificare che i flussi dell'aria prodotti dai ventilconvettori fossero compatibili con il comfort e il benessere degli occupanti. Un altro fattore rilevante è stato costituito dall'elevata superficie trasparente, pari a 10.598 m2, e della necessaria protezione dalla radiazione solare lungo tutto il prospetto sud. In accordo con gli architetti, si è deciso di installare tende a rullo su tutte le vetrate del fronte sud, ad eccezione degli ultimi due "frame" superiori, dove sono stati previsti vetri con fattore solare g ≤ 0,3".


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Il progetto del Liceo Valgimigli Un lungo percorso terminato con successo di Arch. Stefano Matteoni

Una scuola bella, funzionale, grande ed estremamente luminosa. Questo è il risultato di un percorso iniziato nel lontano 1998 e terminato solo in questi giorni. Infatti, in quella ormai lontana data Polistudio A.E.S. aveva partecipato e vinto il concorso di architettura relativo al progetto bandito dalla Provincia di Rimini. Tuttavia, a causa di mancanza di fondi ed alla richiesta di spostamento della localizzazione, il progetto ha subìto, durante il suo percorso, molteplici cambiamenti: dal cambiamento del sito a modifiche consistenti rispetto all’ipotesi iniziale. Nella nuova ottica di risparmio sono stati scelti materiali che, pur mantenendo un ottimo livello qualitativo, hanno comunque modificato l’immagine originaria. Queste scelte hanno condotto ad una estetica forse più “spartana”, lasciandone tuttavia inalterata la funzionalità dei requisiti originali. La storia di questo edificio risulta piuttosto complessa. Ha risentito fortemente della crisi edilizia, dal fallimento dell’impresa generale affidataria, alla sostituzione in corso d’opera di alcuni subappaltatori a causa di difficoltà economiche. Per questo, consideriamo un ottimo risultato aver portato a termine questa impresa nella maniera che oggi possiamo vedere: una scuola funzionale, che risponde a tutto ciò che una scuola oggi richiede in


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termini di spazi e di tecnologia, e capace di racchiudere in un solo sguardo il suo funzionamento, quindi bella!

Il progetto Polistudio A.E.S. si è occupato della progettazione preliminare, definitiva, esecutiva, architettonica, strutturale ed impiantistica meccanica della nuova sede del liceo pedagogico "Valgimigli" di Rimini. Inoltre, ha svolto il rilievo topografico del fabbricato ultimato e l’accatastamento dell’immobile.Siamo ampiamente soddisfatti del risultato. Ne è emerso un edificio funzionale, luminoso e sicuro, a servizio della cultura. Un luogo privo di barriere architettoniche, con 43 aule isolate dal punto di vista acustico, completo di laboratori linguistici, informatici, di chimica e di fisica, un adeguato spazio ristoro, una biblioteca-sala lettura ampia e luminosa, diverse aule polifunzionali ed ampi spazi di relazione in cui la vita scolastica può sviluppare incontri, rapporti, discussioni e creatività.

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Un esempio di progettazione integrata Abbiamo scommesso! E abbiamo vinto! di arch. Domenico La Gioia e ing. Stefano La Motta

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Dovevamo progettare un Poliambulatorio in Provincia di Taranto per la locale ASL. Un edificio accessibile, sostenibile, efficiente, economico, massivo! In breve, non si poteva sbagliare. Certo, sappiamo lavorare in team, siamo abituati a condividere i file sui quali operare, convochiamo abitualmente meeting di commessa, redigiamo sistematicamente i report delle riunioni, progettiamo abitualmente in BIM, insomma sappiamo come si lavora in squadra. Ma tutto questo non bastava: “Questa commessa la gestiamo applicando rigorosamente i metodi della “progettazione integrata”. Insomma, qui bisognava fare di più! La sfida è stata raccolta da tutti i componenti del team, anzi, già nel comporre la squadra, primo atto del processo, abbiamo cominciato a ragionare di integrazione e coordinamento. Le competenze necessarie non sono state selezionate sulla base delle conoscenze acquisite, ma facendoci guidare dal programma funzionale redatto come guida alla definizione degli obiettivi e poi alla progettazione dell’edificio. Sono stati definiti gli obiettivi prestazionali che l’edificio doveva assicurare sotto il profilo della logica funzionale, della sicurezza, della accessibilità, della qualità ambientale e del sistema edificio-impianti. Tutto in relazione alle caratteristiche del sito.


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Questi elementi sono stati decisivi per la definizione del team. Sono state, infatti, coinvolte figure che fossero in grado di dare un contributo, non solo per le competenze nei vari campi specialistici, ma con riguardo anche al ciclo vita dell’edificio, alla sua manutenzione nel tempo, attraverso simulazioni dinamiche e monitoraggi virtuali delle prestazioni dell’edificio nel lungo periodo. Questo ha comportato il coinvolgimento di figure con competenze, fra l’altro su: • • • • • • •

Project Management BIM Management Modellazione energetica dinamica Certificazioni ambientali Tipologia strutturale in relazione alle abitudini costruttive del luogo Apporto di luce naturale dal sito Ciclo vita dei materiali

L’insieme di queste informazioni ha condizionato l’impostazione del lavoro, non solo nella definizione e nello sviluppo del concept architettonico, ma anche nella determinazione delle risorse umane necessarie, nei criteri di codifica degli elaborati da produrre e nella scansione temporale delle diverse attività.

Il progetto Il progetto, da realizzarsi come detto nel Comune di Statte (TA), prevedeva la realizzazione di un nuovo edificio in un’area precedentemente urbanizzata denominata “Ex Mercato coperto”, che comprendeva delle aree a verde, parcheggi pubblici e l’edificio, ormai dismesso, dell’omonimo mercato. L’edificio da demolire era costituito da un corpo di fabbrica avente pianta rettangolare delle dimensioni pari a mt. 55,00 x 57,00 con struttura portante composta da pilastri e solai in cemento armato prefabbricato, tamponature e tramezzi in conci di tufo, nonché copertura del tipo a Shed con lucernai per l’illuminazione. I servizi da organizzare nel nuovo edificio erano i seguenti: • • • • • • • • • •

Uffici Amministrativi quali CUP, Ticket Front Office; Anagrafe Sanitaria; Dieci Ambulatori distrettuali/consultoriali; Un Centro Prelievi; Un’Area per continuità assistenziale; Un Dipartimento di Igiene Pubblica; Ambulatori e palestra per Servizio di Riabilitazione; Una Postazione Medica 118; Un Centro Polifunzionale Territoriale per medici di base con 8 ambulatori per MMG (medici di medicina generale) e PLS (pediatria); sale di attesa e ambulatori infermieristici; Servizi Socio-Sanitari quali una sala PUA (Porta Unica di Accesso); una sala UVM (Unità Valutativa Multidisciplinare); una sala consultorio per anziani; Un Centro Diurno per Anziani, separato dal resto della struttura, in quanto gestito dal Comune di Statte, quale edificio strategico in caso di calamità e per questo progettato per raggiungere la classe sismica IV.

L’idea progettuale si è sviluppata intorno al concetto di “centro multiservizi”, un polo urbano che si presentasse ai cittadini non solo come centro poliambulatoriale, ma anche come luogo d’incontro. Così nasce


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l’idea di “main street” [l’asse di collegamento principale] che possa fungere da cerniera e collegamento alle varie aree, secondo un percorso organizzato di servizi e condiviso con l’ASL, che metta al centro la “persona”, il suo bisogno e le se sue necessità. La planimetria dell’edificio si sviluppa quindi in maniera semplice, ma allo stesso tempo sufficientemente articolata, così da togliere ogni rigidità geometrica, anche grazie all’inserimento di corti interne e delle rientranze volumetriche, che arricchiscono e rendono armonici gli spazi e la configurazione planivolumetrica generale. Le corti interne, spazi conclusi a cielo aperto, contribuiscono all’illuminazione naturale degli spazi interni, della main street, delle attese e delle aree comuni.

La main street rappresenta dunque la “cerniera” dell’impianto distributivo e attraversa da SUD a NORD l’intero edificio.L’ingresso alle aree dei servizi ASL avviene, infatti, direttamente sulla main street, attraverso percorsi esterni privi di barriere architettoniche e da essa si snodano gli accessi alle aree di servizi che l’ASL offrirà: CUP/Ticket/Anagrafe Sanitaria; Igiene Pubblica; Centro Prelievi; Ambulatori multispecialistici; area riabilitazione; PUA, UVM e CTP; continuità assistenziale e 118. Sulla main street si trovano il punto “informazioni” e l’area “ristoro”, dove è prevista la collocazione (a carico dell’ASL) di “distributori self service”. L’altezza interna netta di tutti gli ambienti è di 3 metri, mentre la main street avrà un’altezza di 4,00 m. Tutti gli ambienti sono controsoffittati, garantendo un’altezza minima di 1,00 m, dedicata alle reti impiantistiche.


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La copertura ospita le centrali tecnologiche, costituite da locali all’interno dei quali sono collocati i gruppi di pompaggio e di accumulo dell’acqua calda sanitaria. In copertura trova spazio anche l’impianto Fotovoltaico e le Pompe di Calore di ogni blocco dell’edificio. L’articolazione planivolumetrica è stata impreziosita e valorizzata anche dalla scelta dei materiali della facciata che vede l’utilizzo di una “sistema di facciata ventilata” con lastre alleggerite in gres porcellanato di grande formato. La continuità materica e, quindi, l’idea di involucro continuo, che funge anche da elemento di forte caratterizzazione compositiva, si articola con frangisole orientabili a protezione della radiazione solare degli ambienti, realizzati con il medesimo materiale. L’effetto risultante è quello di una superficie esterna compatta e di impatto, una pelle armoniosa e non pesante, che valorizza appieno la configurazione planimetrica e volumetrica del nuovo edificio.

La facciata ventilata nasconde e maschera anche la scala di accesso alla copertura accessibile dalla main street. Le componenti vetrate che servono i vari ambienti, oltre ad essere protette dall’irraggiamento solare diretto tramite i frangisole orientabili, per garantire la privacy, sono dotate di veneziane interne al vetro camera, orientabili, eliminando così l’uso di tendaggi interni, fonte di possibili rischi biologici.


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Gestire un hotel: come riqualificare una struttura alberghiera Gestire un hotel non è semplice. Oggi riqualificare l’albergo non è un’attività che si improvvisa, è un lavoro da fare in team, paziente e complesso, tutto rivolto alla definizione di un prodotto fatto di molte componenti.

di Arch. Domenico La Gioia

Gestire un hotel significa conoscere davvero quali sono i punti critici della sua struttura, le debolezze, le magagne che è meglio nascondere: - Ho poco parcheggio - Niente minibar in camera - Gli scarichi fanno rumore

Gestire un hotel significa però anche conoscerne i punti di forza, quelli su cui puntare per attrarre nuovi clienti: - C’è la sauna - Colazione fino alle 12,00


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- Biciclette per tutti Naturalmente sono solo degli esempi. L’elenco di entrambe le liste per un buon hotel management potrebbe allungarsi a dismisura. E non sarebbe un esercizio inutile completarlo, almeno per rendersi conto di quello che c’è già e di quello di cui c’è bisogno.

Una riflessione a 360° Oggi, finiti i tempi in cui i clienti te li trovavi nell'hotel in gestione senza nemmeno sapere come, nasce la necessità di intercettare le diverse domande di vacanza. Per farlo è bene riflettere sulle caratteristiche della propria struttura, sulle proprie abilità e valutare se è opportuno rivolgersi ad una fetta di mercato ben definita: turismo d’affari, Bike Hotel, Pet Hotel, Family Hotel, Smart Hotel.


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Gestire con l'aiuto di un esperto Le conoscenze di un buon hotel mangager non bastano. Certo ci vuole l’architetto, che si occupi degli aspetti funzionali, della dimensione delle camere, che riveda le facciate, che disegni la piscina e gli arredi. Ci vuole l’ingegnere che ci metta a disposizione un efficiente impianto di aria condizionata, o che metta a posto le luci e la centrale termica. E magari varrebbe la pena anche consultarlo per capire come si comporterebbe la struttura in caso di terremoto (eventualmente sfruttando le opportunità del Sismabonus). Ma bisogna soprattutto ricorrere all’aiuto di qualcuno che, conoscendo le dinamiche del mercato, possa aiutarci a fare la scelta giusta, illustrandocene le conseguenze e accompagnandoci nel percorso da intraprendere per riqualificare l'albergo in gestione. Se ci si vuole distinguere, specializzare, alla ricerca di un cliente diverso da quello dell’albergo a fianco non basta annunciarlo sul sito dell’hotel. Se, per ipotesi, vogliamo rivolgerci ai vacanzieri con cani o altri animali domestici, oltre a organizzare l’albergo con spazi adatti ad accogliere animali, sarebbe opportuno disporre di un servizio di toelettatura, di un menù a quattro/zampe, ci vuole la ciotola per le crocchette e l’acqua, e sarebbe meglio concordare un trattamento pet friendly anche col bagnino della spiaggia di fronte. E poi la lettiera per i gatti, un servizio veterinario sempre disponibile, ecc. Insomma, non basta scrivere “si accettano animali”. Tutto questo per dire che non possiamo fare tutto da soli, nemmeno con un gestionale per hotel. Bisogna rivolgersi a professionisti che affianchino l’albergatore, definendo una strategia di marketing che individui


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i settori di mercato a cui rivolgersi, per dare carattere e personalità all’albergo, curare l’immagine, la comunicazione, l’arredo. Allora i tecnici (l’architetto e l’ingegnere) dovranno lavorare a stretto contatto con questi consulenti, per calibrare opportunamente gli interventi di ristrutturazione. Non è detto che una facciata vetrata lato mare sia di per sé un valore aggiunto, se poi per tenerla pulita occorre sostenere dei costi incompatibili con la sua capacità di attrarre clientela. Forse una doccia circolare fa perdere troppo tempo agli addetti alla pulizia e al riassetto delle camere. Sarebbe meglio prevedere il distacco automatico dell’aria condizionata nella camera se la finestra è aperta. E così via.

Riqualificare, un lavoro da fare in team Insomma, oggi riqualificare l’albergo non è un’attività che si improvvisa, è un lavoro da fare in team, paziente e complesso, tutto rivolto alla definizione di un prodotto fatto, come abbiamo visto, di molte componenti, che deve essere sufficientemente definito ma al contempo dotato della necessaria flessibilità per adattarsi ai mutamenti veloci della domanda di vacanza. L’architettura e l’ingegneria devono sapere inserirsi in questo processo, con l’autorevolezza che deriva dalle proprie competenze, ma anche con la modestia di chi è consapevole del valore di tutti, pensando soprattutto di offrire un servizio alla causa comune prima ancora che innalzare un monumento a se stessi.

Un contributo strategico Possono invece offrire un contributo strategico nell’ambito della riqualificazione dell’esistente, a proposito della possibilità di incremento del comfort (clima, rumore), dell’innovazione tecnologica, della sostenibilità, mettendo in campo misure che costituiscano non solo risparmi sui costi di gestione, ma creino anche un valore con ricadute sulla reputation della struttura alberghiera. Oggi disponiamo di tecnologie che consentono di ridurre drasticamente il fabbisogno energetico dell’edificio e contemporaneamente possono migliorare l’offerta alberghiera e le condizioni di comfort. Perché il prodotto funzioni non si può improvvisare niente, occorre avere una bella struttura, accogliente, leggera da gestire, con spazi giorno adeguati al numero dei clienti, con camere e servizi giusti per il segmento di clientela che si cerca e poi un budget proporzionato da distribuire fra interventi strutturali, arredi, immagine coordinata, campagna di marketing, ecc. Non è detto che si debba gettare tutto all’aria, ma occorre definire una strategia, stabilire delle priorità e porsi degli obiettivi intermedi. Il budget disponibile detterà tempi e modi, l’importante è condividere un percorso che coinvolga tutti i soggetti interessati, albergatore, consulenti, tecnici e, perché no, anche i clienti.


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Hotel Royal Riccione, una piscina a quattro (anzi sei) mani di Arch. Stefano Matteoni

La realizzazione della piscina al servizio dell’Hotel ROYAL è stato uno di quei progetti che potrebbero essere studiati come case history del particolarissimo rapporto che lega il progettista al cliente.

La vecchia dependance dell’albergo aveva la possibilità di essere demolita e ricostruita ed i proprietari, marito e moglie, gestori dell’albergo e presenti sia al bureau (la moglie) che come chef in cucina (il marito), hanno colto immediatamente l’occasione per dotare l’albergo di un servizio che fa la differenza: la piscina, anzi le piscine. Il problema si è però posto in relazione alla destinazione della superficie del vecchio fabbricato.

Dopo oltre un anno di tentativi per capire come sarebbe stato possibile aumentare in qualche modo la capacità ricettiva dell’albergo, con conseguenze importanti sulla capacità dei servizi presenti di adeguarsi ad un aumento degli utenti, i proprietari hanno deciso di destinare le parti coperte del nuovo edificio in parte per creare una casa alla propria famiglia ed in parte per ricreare lo spazio da offrire ai clienti per la colazione. Ma a questo punto si trattava di colazione a bordo piscina. Poi, insoddisfatti, hanno pregato il progettista di inserire altri specchi d’acqua al servizio della clientela e, perché no, della famiglia.


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Il progettista ha proposto la soluzione, i proprietari hanno accettato, ma quello che il progettista a quel tempo non sapeva era che il proprietario, chef provetto, era anche muratore provetto, piastrellista provetto, commerciante provetto, imbianchino provetto, elettricista provetto, designer ed arredatore di ottimo gusto.

Il rifacimento della palazzina ha permesso di realizzare una successione di terrazzi che vanno a creare una serie di vasche da idromassaggio sui diversi livelli, vasche che si affacciano sulla piscina principale. Una volta approvato il progetto i proprietari si sono messi a caccia dei migliori materiali, delle migliori imprese, dei migliori piastrellisti, svolgendo un ruolo a volte di provocazione, a volte di suggerimento, a volte di censura dell’operato delle maestranze e del progettista medesimo che in cantiere ritrovava puntualmente ogni giorno dall’alba al tramonto, oltre agli artigiani, anche lo chef vestito da muratore.

La passione al proprio lavoro da parte della proprietà ha portato al raggiungimento di due obiettivi: da un lato l’intervento è stato realizzato nei nove mesi invernali, dall’altro ha contribuito a creare un prodotto di estrema qualità che ha consentito alla gestione di guadagnare posizioni nel ranking di gradimento dei propri clienti e dei clienti della concorrenza. Il risultato si può osservare e valutare.

Scopri di più sul progetto Hotel Royal


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Polistudio Open Studio: il video Alcuni momenti salienti della serata "Polistudio Open Studio" raccolti in un breve video:

Studi Aperti: Polistudio aperto alla città Venerdì 26 maggio Polistudio A.E.S. ha aperto le porte al territorio, uno scambio tra realtà diverse e grandi professionisti del mondo dell’architettura e dell’ingegneria. Leggi l'articolo su Il Resto del Carlino di Rimini

Una serata ricca di contenuto, uno scambio culturale interessante per il nostro territorio, che ci ha dato ulteriori spunti di approfondimento per il nostro lavoro. Questo ed altro è stato per noi “Polistudio Open Studio”. Ringraziamo di cuore tutto il pubblico di clienti, colleghi ed amici che hanno partecipato.

Cosa ci ha spinto a aderire all’iniziativa “Studi Aperti”? Innanzitutto, per riscoprire il rapporto col territorio. “In questi anni – ha affermato arch Domenico La Gioia, direttore commerciale di Polistudio A.E.S. - le occasioni di lavoro ci hanno portato spesso lontano dalla città, in Lombardia, Toscana, Umbria, Puglia e, per questo, abbiamo raccolto volentieri l’invito rivoltaci dal Consiglio Nazionale degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori e con l'Ordine degli Architetti della provincia di Rimini di aprire lo studio alla città,


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proprio per recuperare questo rapporto col territorio, coi nostri clienti storici, con le imprese del posto, col tessuto produttivo, col mondo del lavoro, con i nostri amici e colleghi”.

Tre speech accomunati dalla preoccupazione della riqualificazione intelligente degli spazi e degli edifici. “In questa giornata – continua Arch La Gioia - abbiamo voluto dare un contributo, proprio al nostro territorio con il colloquio insieme all’ arch. Nicola Lombardi, dello studio Scott Brownrigg Architects London, sul tema della riqualificazione di un’area strategica della città di Riccione”. Uno sguardo nuovo sul futuro di Riccione, in particolare sul centro, con uno sguardo sulla storia dello sviluppo urbano della città. Un luogo in cui convivono tradizione, sostenibilità ed innovazione. “La città giardino”, “la Perla verde 2.0” sono le parole chiave, il filo rosso di questo nuovo concept. Come arrivare alla realizzazione di questa perla verde? Questo è stato lo spunto iniziale del nostro progetto "Quadrilatero d'oro", ideato assieme all'Arch. Marco Vanucci Director OPENSYSTEMS Architecture Ltd.

La serata è continuata con alcune considerazioni su due temi scottanti: il Sismabonus e la Sostenibilità energetica. Il SISMABONUS affrontato dall’ing. Mauro Cevoli, è sicuramente un’opportunità di rendere sicuri i nostri edifici, le nostre case, le nostre scuole, sfruttando le occasioni che vengono concesse dal meccanismo di finanziamento per interventi di miglioramento sismico degli edifici. Il tema della sostenibilità energetica è stato un ricco dibattito tra ing. Cosimo Marinosci, esperto EGE, e ing. Daniel Felipe Parias Anaya (EGE) su diagnosi energetica, efficienza degli impianti, isolamento dell’edificio: anche questo è un tentativo per migliorare l’ambiente, per renderlo più bello e più vivibile.


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Project Management Il progetto come impresa e il progetto nell’impresa

Continua il nostro percorso di approfondimento di Project Management, un metodo di gestione che contribuisce a migliorare il processo di pianificazione, organizzazione e controllo di tempi, costi e risorse aziendali. Una pianificazione che ci aiuta a raggiungere risultati sempre più soddisfacenti per i nostri clienti. Un percorso iniziato l’estate scorsa presso la Summer School in Project Management, organizzata dal Dipartimento di Economia, Società, Politica dell’Università di Urbino in collaborazione con il Project Management Institute (PMI). Un corso settimanale basato sugli standard professionali di Project Management proposti dal Project Management Institute (PMI) con riconoscimento internazionale. Quest’anno siamo stati invitati a partecipare al Workshop “Il progetto come impresa e il progetto nell’impresa” che ha avuto luogo presso l’Università di Urbino nella giornata di venerdì 26 maggio. Un evento organizzato dallo stesso Dipartimento di Economia, Società, Politica - DESP. Un'iniziativa che si inserisce tra le attività di ricerca, di didattica e di alta formazione che da più di un anno alcuni docenti del DESP conducono sul tema del Project Management. Il workshop è stato, non solo un’occasione di lancio della seconda edizione della Summer School in Project Management (17-21 luglio 2017), di approfondimento del tema grazie alla presenza di professionisti ed esperti del settore, ma anche per raccogliere alcune esperienze di imprese che hanno intrapreso questo nuovo metodo di gestione e pianificazione dei progetti. In questo contesto è stato invitato l’ing. Stefano La Motta (PMO di Polistudio A.E.S.) ad intervenire alla “Tavola rotonda: esperienze di progetti nelle imprese” per raccontare l’esperienza maturata nella riorganizzazione aziendale e i risultati ottenuti grazie al nuovo approccio nella gestione delle commesse secondo le linee guida del Project Management.


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Workshop: Contributi per Diagnosi Energetiche e Sistemi di Gestione dell’Energia Nuove opportunità per le PMI: come ottenere i contributi per Diagnosi Energetiche e Sistemi di Gestione dell’Energia?

Come ottenere contributi per la tua impresa? Di questo ed altro parleremo durante il workshop tenuto dal nostro Esperto in Gestione dell’Energia UNI CEI 11339, in grado di sviluppare le attività ammesse al contributo.

Contributi per Diagnosi Energetiche e Sistemi di Gestione dell’Energia è il titolo dell'incontro è organizzato da CDO Rimini e Polistudio A.E.S. e si terrà presso la nostra sede di Riccione Lunedì 15 maggio alle ore 17 (via Tortona 10). La partecipazione è gratuita; è necessaria conferma da inviare a delsavio@cdorimini.it entro giovedì 11 maggio.


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Abstract dell’incontro La Regione Emilia Romagna, con la Delibera 344/2017, ha emesso un Bando per la concessione di contributi in conto capitale per la realizzazione di: • •

Diagnosi Energetiche redatte da Esperti in Gestione dell’Energia UNI CEI 11339 certificati ed ESCo UNI CEI 11352 certificate; Implementazione di Sistemi di Gestione dell’Energia conformi alla norma ISO 50001.

I contributi sono rivolti a tutte le PMI non soggette all’obbligo di Diagnosi Energetica di cui all’art. 8 del D.Lgds 102/2014 con uno stabilimento nella Regione, e copre il 50% dei costi per la realizzazione delle Diagnosi e dei SGE.

Tempistiche Il Bando è attivo dal 10 Aprile e le domande potranno essere presentate fino al 30 Giugno.

Desideri un aiuto ad ottenere questi incentivi? Contattaci per una consulenza gratuita -


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Una clinica ospedaliera d'eccellenza di arch. Domenico La Gioia

Questa esperienza, nata dalla richiesta di progettare una clinica ospedaliera di eccellenza dedicata alla riabilitazione fisica ortopedica post operatoria, si è posta l’obiettivo di elaborare un modello di edificio ospedaliero replicabile, cioè che potesse adattarsi a diverse condizioni di localizzazione, di dimensioni e probabilmente anche di programma funzionale. Non è stato dunque definito un edificio specifico, ma piuttosto un vero e proprio prototipo, da sintetizzare in un sistema generativo, capace di produrre un risultato flessibile che, adattandosi alle diverse condizioni fisiche al contorno, non perdesse la propria identità formale e funzionale. Abbiamo tratto ispirazione dalla biologia e in particolare dalla struttura cellulare del tessuto osseo, traendone un riferimento concettuale e formale per il nostro progetto.


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Le strutture biologiche hanno la caratteristica di combinare fino a fonderli, l’aspetto logico-funzionale e quello estetico-formale. Nelle strutture biologiche la forma è sempre il risultato dell’ottimizzazione dei processi funzionali e fisiologici che coinvolgono l’organismo e ne definiscono l’aspetto. Pertanto la forma “organica”, intesa nel senso profondo del termine è sempre una forma funzionale. Nelle strutture ossee, la disposizione delle cellule che costituiscono i tessuti formano strutture caratterizzati dalla ripetizione di pattern microscopici di pieni e vuoti, che rendono le ossa rigide, resistenti, e allo stesso tempo leggere.


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Lo stesso avviene nelle formazioni coralline, dove lo sviluppo ramificato dell’organismo consente a questo il contatto ottimale con l’acqua e lo svolgimento dei processi necessari alla sua nutrizione. Il progetto, riproducendo la logica delle strutture ossee, ne ha riproposto il sistema aggregativo, dove la cellula, elemento unitario replicato, contiene in sé la logica dell’intero sistema. L’elemento base, nel nostro caso, è un edificio ramificato formato da 3 bracci, a formare una Y. I tre bracci, di dimensioni uguali fra loro si diramano da un punto centrale, che costituisce il centro del cerchio in cui l’elemento è inscritto.


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Ogni terminazione dei bracci rappresenta un potenziale punto di aggancio tra la prima cellula-edificio e una seconda, che in funzione della sua dimensione ed orientamento articola la geometria dell’insieme. L’aggregazione di diversi elementi base (cellula-edificio), consente di ottenere geometrie aperte, in forma ramificata, che permettono un maggiore ingresso della luce naturale così come un rapporto più diretto con il paesaggio circostante. Moltiplicando il numero degli elementi, è possibile costruire anche cortili chiusi che facilitano l’organizzazione degli spazi interni.


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Dal punto di vista della circolazione ogni cellula è caratterizzata da una dimensione variabile dei bracci, ma sempre di lunghezza inferiore ai 30 m. In questo modo si facilita il funzionamento della circolazione interna, con i corpi scala collocati sulle testate, semplificando così anche i percorsi di fuga, collocando il core degli ascensori al centro degli snodi, in modo da ottimizzare i flussi di circolazione. Unendo una cellula con l’atra il numero dei copri scala per cellula può essere ridotto, in quanto due cellule interconnesse possono condividere la scala collocata nel punto di connessione. Seguendo questa logica aggregativa, qualunque sia la geometria finale dell’edificio, il sistema dei percorsi e delle vie d’esodo risulta automaticamente risolto.


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Nel nostro caso abbiamo scelto di sviluppare un modello progettuale piuttosto estensivo, costituito da edifici di tre piani di altezza, con un forte rapporto con il contesto esterno ed uno sfruttamento elevato della luce naturale. Progetto in collaborazione con arch. Nicola Lombardi e con Saporiti Italia Spa. Scopri il progetto


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Valutazione rischio sismico degli edifici: il Sismabonus come occasione per un piano di prevenzione di Ing. Mauro Cevoli Leggi l'articolo sulla rivista ingenio

Valutazione rischio sismico: la Legge di Stabilità 2017, approvata il 21 dicembre 2016, ha inteso fare del Sismabonus l’occasione per un piano volontario dei cittadini, con forti incentivi statali, di valutazione e prevenzione nazionale del rischio sismico degli edifici. Lo strumento attuativo è il decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, emanato il 28 febbraio 2017, con cui sono stabilite le Linee Guida per la classificazione di rischio sismico delle costruzioni nonché le modalità per l'attestazione, da parte di professionisti abilitati, dell'efficacia degli interventi. Il decreto, con le Linee Guida allegate, firmato oggi dal Ministro e pubblicato sul sito del Mit, ha assunto efficacia dal 1° marzo 2017.

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Un Sismabonus rafforzato – detrazioni premianti Detrazioni premianti con il Sismabonus della Stabilità 2017 Rispetto alle ristrutturazioni antisismiche senza variazione di classe (50%) le detrazioni per la prevenzione sismica aumentano notevolmente qualora si migliori l’edificio di una o due classidi valutazione Rischio Sismico.


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• abitazioni, prime e seconde case, e edifici produttivi detrazione al 70% se migliora di 1 classe di rischio detrazione all’80% se migliora di 2 o più classi di rischio • condomini parti comuni detrazione al 75% se migliora di 1 classe di rischio detrazione all’85% se migliora di 2 o più classi di rischio L ‘ammontare delle spese non superiore a euro 96.000 per ciascuna delle unità immobiliari di ciascun edificio.

I passaggi per realizzare un intervento con detrazioni Operativamente, per accedere al Beneficio Fiscale: • Il proprietario che intende accedere al beneficio, incarica un professionista della valutazione della sicurezza legata alla classe di rischio e della predisposizione del progetto di intervento; • Il professionista, individua la classe di Rischio della costruzione nello stato di fatto prima dell’intervento; • Il professionista progetta l’intervento di riduzione del rischio sismico e determina la classe di Rischio della costruzione a seguito del completamento dell’intervento; • Il professionista assevera i valori delle classi di rischio e l’efficacia dell’intervento; • il proprietario può procedere ai primi pagamenti delle fatture ricevute; • per la cessione del credito seguirà provvedimento Agenzia delle Entrate; • Il direttore dei lavori e il collaudatore statico attestano al termine dell’intervento la conformità come da progetto.

Un passaggio fondamentale per la conoscenza del patrimonio edilizio e la cultura della prevenzione I numerosi eventi sismici che si sono verificati negli ultimi decenni hanno comportato per la collettività uno straordinario costo sociale in termini di vittime e di incidenza sulla vita delle comunità e costi economici sostenuti per l’emergenza e la ricostruzione. Negli ultimi 50 anni si valutano: - circa 5.000 vittime - spesa annua media di circa tre miliardi di euro per emergenza e ricostruzione. Il rischio sismico sarà tanto più elevato quanto più probabile sarà il verificarsi di un terremoto di elevata magnitudo. Oltre alla sismicità tipica del Paese, alla elevata vulnerabilità sismica degli edifici. L’esigenza di


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elaborare le Linee Guida nasce dalla necessità, avvertita da tutto il Paese, di affrontare la mitigazione del rischio sismico, promuovendo una cultura della conoscenza e della prevenzione.

Le Linee Guida: strumento di classificazione edifici e di prevenzione sismica Il 20 febbraio 2017 l’Assemblea Generale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ha espresso all’unanimità parere favorevole al testo delle “Linee Guida per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni”.

Le Linee Guida forniscono lo strumento di regolamentazione degli incentivi fiscali, legati alla misura del cosiddetto Sismabonus, con uno specifico riferimento all’edilizia privata e produttiva, costituendo il primo strumento di attivazione di una concreta politica di Prevenzione Sismica del patrimonio edilizio abitativo e produttivo del Paese. La misura fiscale a cui si legano le Linee Guida rappresenta una novità per l’Italia: per la prima volta si può attuare, su larga scala e senza graduatorie di accesso ai benefici, un’azione volontaria con forti incentivi statali di prevenzione sismica sugli edifici esistenti privati.

Un nuovo approccio che unisce salvaguardia delle vite e tutela delle comunità sul piano socioeconomico Le Linee Guida affrontano, con un nuovo approccio, il tema della classificazione del Rischio Sismico delle costruzioni esistenti coniugando:

• il rispetto del valore della salvaguardia della vita umana (mediante i livelli di sicurezza previsti dalla Vigenti Norme Tecniche per le Costruzioni) • la considerazione delle possibili perdite economiche e delle perdite sociali (in base a robuste stime convenzionali basate anche sui dati della Ricostruzione post Sisma Abruzzo 2009).

Valutazione Rischio Sismico: l’unità di misura per fare prevenzione Indice rischio sismico: è la misura matematica/ingegneristica per valutare il danno (perdita) atteso a seguito di un possibile evento sismico. La valutazione di un rischio sismico dipende da un’interazione di fattori. Il Rischio Sismico: è la misura matematica/ingegneristica per valutare il danno (perdita) atteso a seguito di un possibile evento sismico. Dipende da un’interazione di fattori. Rischio = Pericolosità x Vulnerabilità x Esposizione

Pericolosità: probabilità che si verifichi un sisma (terremoto atteso): zone sismiche Vulnerabilità: valutazione delle conseguenze del sisma: capacità degli edifici


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Esposizione: valutazione socio/economica delle conseguenze: contesti delle comunità

Otto classi di Rischio Sismico, dalla A+ alla G Le Linee Guida consentono di attribuire ad un edificio una specifica Classe di Rischio Sismico, da A+ a G, mediante un unico parametro che tenga conto sia della sicurezza sia degli aspetti economici: classe A+ (meno rischio) classe A classe B classe C classe D classe E classe F classe G (più rischio) Le Linee Guida forniscono indirizzi di massima sulla progettazione e associano ai livelli di sicurezza un costo convenzionale in base ai dati del monitoraggio della ricostruzione a seguito della scossa di terremoto del 2009 in Abruzzo.

I due metodi per la determinazione della Classe di Rischio Sismico al fine di accedere ai bonus fiscali: 1. Valutazione rischio sismico convenzionale: applicabile a qualsiasi tipologia di costruzione, basato sull'applicazione dei normali metodi di analisi previsti dalle attuali Norme Tecniche e consente la valutazione della Classe di Rischio della costruzione, sia nello stato di fatto sia nello stato conseguente all’eventuale intervento, consentendo il miglioramento di una o più classi di rischio.


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2. Valutazione rischio sismico semplificato: basato su classificazione macrosismica dell'edificio, è indicato per una valutazione economica e speditiva (senza specifiche indagini e/o calcoli) della Classe di Rischio e può essere utilizzato sia per una valutazione preliminare indicativa, sia per l’accesso al beneficio fiscale in relazione all’adozione di interventi di tipo locale, consentendo al massimo il miglioramento di una sola classe di rischio.

Il Metodo convenzionale per la classe di Rischio Sismico

Le Linee Guida e il decreto ministeriale Dal punto di vista dei contenuti tecnici, le Linee guida della valutazione di un rischio sismico costituiscono: • uno strumento efficace e di facile comprensione; • non richiedendo strumenti e concetti diversi rispetto a quelli già utilizzati dai professionisti nell’applicazione delle vigenti norme tecniche per le costruzioni.• consentono la pronta attuazione al disposto della Legge di Stabilità 2017. Il Decreto Ministeriale di approvazione stabilisce: • Le modalità per l'attestazione, da parte di professionisti abilitati, dell'efficacia degli interventi effettuati; • L’istituzione, presso il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, di una Commissione permanente di monitoraggio, incaricata di valutare l’efficacia dell’azione di prevenzione sismica sul patrimonio edilizio.


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Un Sismabonus rafforzato – le novità La Stabilità 2017 ha quindi previsto misure rafforzate per il Sismabonus, in particolare: • Estensione alle zone sismiche 1, 2 e 3, buona parte del territorio nazionale a rischio (in precedenza, solo 1 e 2) • Stabilizzazione per 5 anni, tra il 1 gennaio 2017 e il 31 dicembre 2021 • Riguarda gli immobili adibiti a abitazioni, seconde case e ad attività produttive • Detrazioni in 5 anni (anziché 10) • Detrazioni premianti maggiore è l’efficacia dell’intervento • Cessione del credito ai fornitori per chi non può sostenere la spesa (con successivo provvedimento dell’Agenzia delle Entrate). Le zone a rischio sismico fanno riferimento alla classificazione operata con l’Ordinanza 3274/2003, che elimina la categoria “non classificato” e introduce quattro zone di pericolosità sismica decrescente: • • • •

Zona 1 – È la zona più pericolosa, dove possono verificarsi forti terremoti (rientra nella Detrazione 65% adeguamento sismico edifici esistenti); Zona 2 – Nei Comuni inseriti in questa zona possono verificarsi terremoti con forte magnitudo (rientra nella Detrazione 65% adeguamento sismico); Zona 3 – I Comuni inseriti in questa zona possono essere soggetti a magnitudo modeste; Zona 4 – Zona a basso indice di rischio sismico.


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Efficienza energetica: partecipa al bando per le piccole medie imprese Previsti incentivi di circa 2,3 milioni per diagnosi energetiche o sistemi di gestione dell’energia

Vuoi realizzare diagnosi energetiche o adottare sistemi di gestione dell’energia? Ti consigliamo di fare subito domanda per poter ricevere gli incentivi che la Regione mette a disposizione delle piccole e medie imprese dell’Emilia-Romagna.

Risorse È previsto un contributo di 2 milioni e 288 mila euro per le piccole e medie imprese dell’Emilia-Romagna.

Tempistiche Per richiedere l’incentivo stanziato dalla Regione e cofinanziato dal Ministero dello Sviluppo economico c’è tempo dal 10 aprile al 30 giugno 2017.


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Di che si tratta La convenzione ha durata di 36 mesi (10 aprile 2017 fino al 31 dicembre 2019) e mette a disposizione delle imprese del territorio i fondi del Ministero dello Sviluppo Economico, a copertura del 50% della spesa sostenuta per: • Realizzazione di Diagnosi Energetiche finalizzate alla valutazione del consumo di energia e al risparmio energetico conseguibile con specifici interventi (contributo massimo 5 mila euro al netto dell’Iva). • Adozione di sistemi di gestione dell'energia conformi alla ISO 50001, comprensivi di diagnosi energetiche, e rilascio della certificazione di conformità del sistema (contributo massimo 10 mila euro al netto dell’Iva). Conclusa la Diagnosi sarà possibile ottenere fino al 50% della spesa sostenuta per la realizzazione della stessa fino ad un massimo di 5.000€. Analogamente, una volta concluso l’iter di Certificazione ISO 50001 sarà possibile ottenere fino al 50% della spesa sostenuta fino ad un massimo di 10.000€. Le richieste vanno compilate online, attraverso l’applicativo web “Pride” (Programma regionale diagnosi energetiche). L’assegnazione dei contributi avviene secondo l’ordine cronologico della richiesta e fino ad esaurimento delle risorse.

Nel dettaglio: 1. Diagnosi energetiche: Puoi ricevere il contributo con: • Redazione della Diagnosi Energetica • Realizzazione di almeno un intervento di efficientamento energetico con tempo di ritorno inferiore a 4 anni. • Interventi di tipo gestionale, senza investimenti in apparati purché comportino un risparmio energetico. 2. Certificazione ISO 50001: Per partecipare al bando è indispensabile presentare la certificazione di conformità delle norme ISO 50001.

Desideri un aiuto ad ottenere questi incentivi? Contattaci per una consulenza gratuita


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Riqualificare è meglio: l’efficienza energetica in ambito residenziale di ing. Daniel Felipe Parias Anaya Leggi l'articolo sulla rivista INGENIO

È più che mai attuale parlare di riqualificazione energetica e di comfort. Negli ultimi decenni molti interventi edilizi in Italia si sono concentrati sulla manutenzione degli edifici, in particolare su interventi puntuali. Tuttavia, nel nostro Paese, al momento, non ci sono esempi significativi di riqualificazione energetica globale, nonostante la situazione edilizia italiana mostrerebbe un particolare bisogno di interventi strategici. Cosa impedisce, dunque, di raggiungere alti livelli di efficienza nel patrimonio edilizio italiano? Forse la mancanza di fiducia dei proprietari nell’esito qualitativo degli interventi o la scarsa conoscenza dei plus che può dare un’abitazione ben riqualificata? Con questo articolo cerchiamo di dare qualche spunto in più per approfondire l’argomento.

Quanta energia consuma il settore residenziale in Italia? In Italia il settore residenziale presenta un consumo totale pari a 25.5 MTep nell’anno 2014. Questo dato rappresenta circa il 16.9% del totale del fabbisogno nazionale del 2014, 151 MTep. (cfr.Rapporto Annuale di Efficienza Energetica 2016, ENEA)


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Perché riqualificare? Il dato più interessante dal quale partire è senz’altro il fatto che il 60% del parco edilizio italiano ha più di 40 anni (dati del censimento ISTAT 2011), ovvero precedente alla legge n.373/1976, la prima legge sul risparmio energetico. Partendo da questo, si riesce a capire la necessità di realizzare una riqualificazione profonda del parco edilizio urbano. Una riqualificazione energetica di un condominio mira proprio a diminuire il consumo di energia della struttura, ma mantenendo lo stesso grado di comfort ambientale, o se possibile, migliorandolo. Quindi non si tratta esclusivamente di un beneficio economico, ma anche di comfort. Per esempio, migliorando la coibentazione dell’involucro, si possono anche eliminare alcuni tipi di problemi di muffa e umidità, oppure sostituendo infissi vecchi, non solo si migliora la prestazione termica, ma si eliminano anche spifferi problematici.

Che importanza ha capire lo stato dell’edificio prima di intervenire? Per valutare in maniera precisa gli interventi da fare e la loro priorità in termini di efficacia, è necessario svolgere una Diagnosi Energetica. La Diagnosi Energetica è definita dal D.Lgs 115/2008 come la “procedura sistematica volta a fornire un'adeguata conoscenza del profilo di consumo energetico di un edificio o gruppo di edifici, di una attività o impianto industriale o di servizi pubblici o privati, ad individuare e quantificare le opportunità di risparmio energetico sotto il profilo costi-benefici e riferire in merito ai risultati”. Infatti, è necessario fare uno studio approfondito dell’edificio per comprendere gli sprechi e i punti critici e poter sviluppare un’attenta analisi tecnico-economica di fattibilità degli interventi di efficientamento individuati.


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Soltanto in questa maniera si può ridurre al minimo il rischio di sostenere un investimento, anche importante, che non generi risparmi economici giustificabili.

Che tipo di interventi si possono fare? Gli interventi realizzabili sono molteplici: si parte dall’abbassamento del fabbisogno energetico tramite interventi sull’involucro edilizio come la coibentazione delle strutture, la sostituzione degli infissi, la localizzazione ed eliminazione dei ponti termici, la sigillatura delle infiltrazioni d’aria, per citarne alcuni. Altri tipi di interventi sono realizzabili sugli impianti tecnologici, ad esempio la sostituzione dei generatori di calore obsoleti con pompe di calore o caldaie a condensazione, l’isolamento termico delle reti di distribuzione dei fluidi, la regolazione corretta della temperatura ambiente (si pensi alle famose valvole termostatiche), la regolazione della centrale termica, l’installazione di sistemi solari termici per la produzione di ACS e l’installazione di inverter sulle pompe di circolazione dei fluidi. Tutti questi interventi concorrono all’abbassamento dei consumi, ma rimane l’importanza di quantificare il beneficio economico derivante dalla loro applicazione, di fronte ad investimenti che possono essere importanti.

L’obbligo di contabilizzazione del calore Il D.Lgs 102/14 obbliga gli edifici condominiali serviti da un impianto di riscaldamento centralizzato di munire ogni unità immobiliare dell’edificio con una contabilizzazione del calore consumato e di impostare il calcolo dei costi di approvvigionamento energetico in base alle prescrizioni della norma UNI 10200. Vale la pena dire che la contabilizzazione del calore, pur non essendo un tipo di intervento che attivamente partecipa alla riduzione dei consumi, partecipa passivamente in quanto dà la possibilità all’utente di monitorare i suoi consumi, sensibilizzandolo e di conseguenza influenzando i suoi comportamenti in maniera positiva. Infatti, non è raro vedere che un condomino, dopo aver installato il suo sistema di contabilizzazione e tenendo monitorato il suo consumo energetico, ha abbassato la temperatura di comfort ambientale in ambiente o installato un termostato per controllare la stessa. In questo modo riduce i consumi ma non modifica le condizioni di comfort termo-igrometriche in ambiente.

Le barriere alla riqualificazione Le principali barriere alla riqualificazione energetica dei condomini sono note: in primis la mancanza di capitale da investire, seguito dalla difficoltà ad accedere al credito. Queste barriere possono essere superate sfruttando gli incentivi disponibili e alcuni tipologie contrattuali che permettono di lasciare l’investimento ad un soggetto terzo.

Che incentivi ci sono? È possibile sfruttare le detrazioni fiscali al 50% per le ristrutturazioni edili, piuttosto che quelle del 65% per gli interventi di riqualificazione energetica (con la conferma del Ecobonus 2017 in alcuni casi è possibile detrarre fino al 75% del totale delle spese). Uno strumento finora poco utilizzato, ma che ultimamente ha preso forza, è il Conto Termico (attualmente Conto Termico 2.0 DM 16/02/2016). Questo meccanismo premia alcune tipologie di interventi di


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riqualificazione energetica, in particolare di natura impiantistica, tramite l’erogazione in conto capitale dell’incentivo, anche per la durata di 5 anni.

ESCo Una ESCo (Energy Service Company) è una società di servizi energetici che ha la capacità finanziaria di sostenere un investimento di efficienza energetica per conto di un suo cliente e che genera il suo guadagno proprio dai risultati ottenuti. Un condominio può sfruttare un contratto di tipo FTT (Finanziamento Tramite Terzi) in cui una ESCo sostiene gli investimenti di riqualificazione energetica, generando un risparmio sulla bolletta del condominio, e, tramite diverse tipologie contrattuali, riceve il ritorno del suo investimento sotto la forma di un canone mensile od annuale che il condominio dovrà corrispondere alla ESCo. Una volta finito il periodo contrattuale con la ESCo, al condominio rimane il risparmio di energia rispetto alla situazione prima degli interventi.

Alcuni ostacoli nella riqualificazione residenziale È vero che nell’ambito edilizio, e in particolare quello residenziale, i tempi di rientro degli interventi di efficientamento energetico sono mediamente più lunghi rispetto a quelli dei settori industriali e terziario, ad esempio. Questo è dato dal fatto che l’utilizzo degli edifici residenziali è molto inferiore alle applicazioni industriali e del terziario in termini di ore annuali di impiego e funzionamento. Si combini questo fattore con il fatto che gli interventi energeticamente più efficaci in campo edilizio residenziale sono anche quelli che presentano dei costi di realizzazione più elevati e diventa chiaro il motivo per cui il reparto residenziale di fatto ha un freno sugli investimenti, oltre ai noti problemi di accesso al credito.

Uno sguardo al futuro In questo periodo è in atto un grande cambiamento nel mondo dell’edilizia contemporanea, verso una progettazione NZEB, a energia quasi zero. Gli esempi internazionali mostrano una particolare tendenza verso una riqualificazione degli edifici su larga scala. Una politica di finanziamento, assistenza tecnica ed informazione hanno sicuramente contribuito ad andare verso questa direzione, portando ad un notevole miglioramento delle strutture edilizie. In Italia, bisogna puntare di più su progetti di qualità ed eccellenza e su maggiore assistenza ed informazione, in modo da dare coraggio e mobilitare gli investimenti. È importante, infatti, prendere maggiore consapevolezza che abitare in un edificio ben riqualificato permette di migliorare il comfort e la qualità della vita.


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Polistudio A.E.S. Corporate video Bisogna sempre guardare le cose da un nuovo punto di vista per capire e comunicare meglio quello che hai fatto e quello che sei.

Guarda il primo video istituzionale di Polistudio!

PerchĂŠ un video? Volevamo raccontarti in breve chi siamo, i nostri valori, i progetti e in che direzione guardiamo.

Chi siamo Uno staff di circa 60 professionisti e un project management specializzato sono in grado di offrire una progettazione integrata e di seguire il cliente in tutto il processo di realizzazione del progetto.

Mission Seguiamo obiettivi e soddisfiamo esigenze! Offriamo soluzioni integrate di architettura e ingegneria per accompagnare il cliente a soddisfare le sue esigenze, sempre alla ricerca della migliore risposta, grazie a capacitĂ professionale, know-how e formazione continua.

Un ambiente dinamico e formazione continua


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Guardiamo alle nuove sfide come un’opportunità di crescita professionale, un’occasione per acquisire nuove competenze. Questo contribuisce alla dinamicità dell’ambiente e ad un aggiornamento continuo, nella certezza di offrire un servizio adeguato al mondo. In particolare, il nostro staff si è formato per poter approfondire le competenze e garantire una progettazione ottimale in B.I.M.

Crediamo nell’energia sostenibile e nell’efficienza energetica In questi anni abbiamo affinato le conoscenze delle problematiche relative alla progettazione ecosostenibile per migliorare la qualità della vita e per la riqualificazione dell’ambiente, lavorando sugli aspetti della sostenibilità come scelta dei materiali e sull’efficientamento energetico.

Soci di U.S. Green Building Council Oggi siamo soci di U.S. Green Building Council e abbiamo registrato il primo progetto italiano che ambisce alla certificazione Leed V4 BD+C new construction.


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Un'idea di restyling in stile minimal Un appartamento di 90 mq al 25° piano del grattacielo di Rimini

di Arch. Pietro Marsciani

Questo progetto dell’architetto Pietro Marsciani di Polistudio riguarda un’interessante ristrutturazione di un appartamento al venticinquesimo piano del grattacielo di Rimini, a due passi dal mare, e dove il panorama è il protagonista indiscusso. Il progetto prevede la sostituzione del pavimento e degli infissi, il rifacimento della cucina e la realizzazione di una libreria che “completa” il soggiorno e arreda tutto l’ambiente principale. Il tratto è minimal ed essenziale, le due mensole in massello di rovere scaldano e si contrappongono al pavimento grigio concrete che è presente dappertutto ad eccezione delle camere, dove si è mantenuto il parquet originale degli anni 60, anno di costruzione di tutto l’edificio. La cucina mantiene il linguaggio essenziale della casa, senza pensili o mensole, ma una semplice “L”, dove l’unico elemento verticale è il frigo.


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L'appartamento, 90 mq in tutto, con cucina separata dalla sala, due camere e un bagno, non è stato “caricato” di complementi di arredo al di fuori delle mensole e della libreria, perché ciò che prevale è senz’altro la vista, il cielo, le vetrate continue che aprono al paesaggio da ogni punto dell'appartamento. La volontà, dunque, è quella di mantenere questa gerarchia. Scopri di più sui nostri progetti di architettura


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Un caso di simulazione dinamica: una scuola di Aosta Il nostro caso studio per la scuola Tzamberlet

di ing. Franco Casalboni e ing. Laura Michetti

Attraverso la simulazione dinamica il team di progettazione Polistudio ha valutato quale fosse il miglior compromesso tra stratigrafie delle pareti opache e caratteristiche prestazionali delle finestre, il tutto allo scopo di ridurre i consumi energetici estivi ed invernali prestando attenzione al comfort degli utilizzatori. Infatti, avendo la scuola un utilizzo annuale, ciò che è ottimale in inverno (ad esempio una elevata coibentazione termica delle pareti opache ed un elevato fattore solare dei vetri per sfruttare l’effetto serra) è controproducente in estate per cui sono state analizzate varie combinazioni dei fattori in gioco per trovare quella che ottimizza i consumi nell’arco dell’anno solare. Un altro punto cruciale sul quale il team di progetto è stato aiutato dalla simulazione dinamica nella valutazione delle prestazioni energetiche, riguarda il fattore solare delle componenti vetrate e le schermature esterne contro la radiazione solare. La simulazione dinamica ha permesso di verificare il miglior valore di fattore solare per la costruzione dei vetri in sinergia alla tipologia di schermature esterne proposte. La quantità di energia che passa dalle finestre è importante e interessante ai fini energetici: è deleteria per i carichi estivi di condizionamento, ma è un beneficio in termini di apporti gratuiti in regime invernale. La necessità di sfruttare a pieno l’energia solare nei mesi freddi è stata l’output di confronto di simulazione per la scelta del fattore solare “g” più conveniente che è risultato essere 0,5.


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Figura 1: Sistemi schermanti ‘’Light-shelves’’ per superfici vetrate

Infine, per sfruttare il massimo valore di radiazione solare entrante delle vetrate e garantire il miglior valore di illuminazione naturale, che permette di limitare drasticamente l’utilizzo di luce artificiale e quindi ridurre i consumi energetici, sia per la componente elettrica di illuminazione, sia per la componente termica di riscaldamento, si è verificato che la scelta dei sistemi schermanti innovativi Light-shelves è fortemente conveniente rispetto ai classici sistemi schermanti frangisole.

Figura 2: Confronto fattore di abbagliamento con e senza Light Shelves

La curva del grafico con fattori di abbagliamento minori rappresenta il caso di superfici vetrate con frangisole esterni, mentre la curva con picchi maggiori si riferisce all’applicazione della nuova tecnologia Light Shelves: maggior fattore di abbagliamento, minor consumo/spesa di energia elettrica per illuminazione.


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Edificio Feltrinelli: impianti ed efficienza energetica Ti proponiamo un'intervista all'ing. Franco Casalboni pubblicata sulla rivista ARKETIPO. Taglie pompe di calore sono polivalenti, quante sono? Che sistemi di back-up ci sono? I carichi massimi dell’edificio nel suo complesso sono: potenza termica invernale: 562,7 kW; potenza frigorifera estiva: 1.637,3 kW. La centrale termofrigorifera è costituita da n. 2 pompe di calore polivalenti aventi ciascuna Pth=646 kW e Pf=608 kW e n. 1 chiller avente potenza frigorifera=560 kW. Le macchine sono tutte acqua-acqua e lavorano con acqua di falda. In inverno c’è dunque una riserva del 100% mentre in estate c’è un margine di circa il 10% sulla potenza massima contemporanea che si verifica solo per poche ore all’anno.

I pozzi per l'acqua di falda a che profondità arrivano? Come sono disposti per evitare cortocircuito presa/resa? I pozzi sono tutti allineati lungo la mezzeria dell’autorimessa al piano -2; nel tratto piu’ vicino alla centrale frigorifera sono disposti i pozzi di presa con una interdistanza di 10 metri; all’altra estremità del corsello sono posizionati i pozzi di resa con una interdistanza tra di loro di 10 metri. La minima distanza che c’è tra un pozzo di presa ed un pozzo di resa è di 80 metri.


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Che tipo di controllo viene effettuato all'interno dei locali e in generale dal BMS? Il controllo è solo in base alla temperatura o ci sono anche sonde co2 (in ritorno o in ambiente)? L’impianto di base è un impianto a ventilconvettori a 4 tubi piu’ aria primaria; solo in alcune aree è stato realizzato un impianto a tutt’aria (sala polifunzionale, archivio storico, libreria-caffetteria). Siccome tutte le UTA sono dotate di recuperatori di calore molto efficienti (efficienza superiore all’80% sia in inverno che in estate) si è valutato superfluo prevedere il controllo della qualità dell’aria mediante sonde di CO2 in quanto avrebbero dato un vantaggio energetico minimale. In questo modo tutti gli ambienti sono “lavati” continuamente con aria pulita. Pertanto, in ambiente viene controllata direttamente solo la temperatura mentre l’umidità relativa è controllata in maniera indiretta tramite sonde di u.r. poste sulla ripresa dell’aria dall’ambiente.

L'uso del BIM vi ha aiutato nella progettazione? Ci sono dei problemi che avete superato più facilmente grazie al bim? Le interferenze tra le varie discipline come sono state gestite? La fase di progettazione è partita nel 2008 quando di BIM si era appena cominciato a parlare per cui tutto il progetto degli impianti è stato sviluppato in dwg. In corso d’opera, per lo studio di alcuni dettagli costruttivi e di interferenze strutture/impianti si è fatto ricorso al BIM per analizzare e sviscerare alcune situazioni critiche. Il giudizio su questa metodologia ovviamente non puo’ che essere positivo in quanto aiuta a risolvere preventivamente criticità costruttive.

C'è un recupero delle acque piovane e grigie e un loro riutilizzo? Sì, è previsto un parziale recupero delle acque piovane per usi irrigui delle aree verdi del parco.


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Le grandi superficie vetrate che problemi hanno creato? Qual è stato l'approccio progettuale? Indubbiamente in fase progettuale questo è stato “il tema” dei temi. Molteplici sono stati i fattori da tenere presente che spesso andavano in contrasto tra di loro. Sinteticamente gli aspetti affrontati sono stati i seguenti: a) Il rispetto della normativa sul risparmio energetico in vigore al momento della richiesta del permesso di costruire che ha portato ad individuare un valore massimo Uw del coefficiente di trasmissione termica dell’infisso (vetro piu’ telaio) b) La protezione dalla radiazione solare diretta per evitare sovratemperature interne sia invernali che estive. Questo ha portato ad individuare come soluzione l’impiego di tende esterne del tipo a rullo su tutto il fronte S-SW c) La scelta dei progettisti architettonici di non avere tende esterne sui front. Questo ha portato ad individuare una tipologia di vetro che avesse un fattore solare “g” minore o uguale 0,3 d) La necessità di garantire sul fronte S-SW un fattore di shading 0,1 dell’insieme vetro+tenda per contenere la potenza termica frigorifera e contemporaneamente garantire un certo livello di luminosità naturale all’interno degli spazi. Sono state fatte varie simulazioni con l’ausilio di software energetici per valutare l’impatto che le varie proposte via via presentate dagli architetti avevano sul rispetto dei minimi di legge e sul contenimento della potenza frigorifera. Un altro vincolo fissato dai progettisti architettonici è stato quello di voler avere a vista (e quindi assenza di c-soffitti) il cemento dei solai superiori e di non voler vedere impianti appesi/sospesi ai


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solai. Questo ha portato fin da subito ad individuare nei ventilconvettori lineari incassati a pavimento lungo le facciate perimetrali la soluzione per la climatizzazione. Così è stato studiato col costruttore un ventilconvettore che potesse avere anche l’ingresso dell’aria primaria e che potesse stare entro le misure stabilite dagli architetti. Una volta fatto il prototipo, abbiamo chiesto che venisse realizzato un moke-up di una porzione di fabbricato con la facciata inclinata per verificare l’andamento dei flussi d’aria in uscita dai ventilconvettori sia in regime estivo che in regime invernale. Questo per capire se la presenza del vetro inclinato poteva creare rimbalzi d’aria fredda verso i piedi degli occupanti. Le verifiche effettuare presso il laboratorio del costruttore dei ventilconvettori in Germania (al cui interno è stato realizzato il moke-up) hanno fornito risultati positivi così la scelta della soluzione è stata definitivamente confermata.

Le pompe di calore, ma sopratutto le UTA dove sono posizionate? Le pompe di calore sono posizionate all’interno della centrale frigorifera che è ubicata al secondo piano interrato. Le UTA in parte sono posizionate ai piani interrati in appositi locali tecnici ed in parte all’interno del vano tecnico realizzato nella cuspide dell’edificio. Qualcuno l’ha definito il piu’ bel locale tecnico di Milano (le foto rendono ragione di cio’).

Quali sono gli accorgimenti principali per minimizzare i rumori (causati da persone ma anche dagli impianti) all'interno degli spazi? Nell’affronto del tema acustico si è lavorato in due direzioni: limitare all’origine il rumore (e quindi intervenire sulle macchine e sui componenti in campo) e intervenire in ambiente sui materiali da costruzione e di arredo per evitare fenomeni di riverbero e calpestio. Per quanto riguarda il primo aspetto si puo’ dire questo: tutte le macchine che sono sorgenti sonore importanti (chiller/pdc, pompe di circolazione, UTA ed estrattori) sono confinate in locali tecnici che sono separati dagli altri ambienti tramite solai in calcestruzzo pieno e pareti dotate di elevata massa. Tutte le macchine poi, comprese le elettropompe, sono installate su piedini antivibranti che appoggiano su basamenti in c.a che a loro volta sono disaccoppiati rispetto alle strutture di appoggio (solai) mediante l’interposizione di materassini di gomma ad elevata densità (800 kg/mc). Le UTA poi sono dotate di silenziatori a setti fonoassorbenti sia sulla mandata che sulla ripresa ed il collegamento tra canali e terminali di mandata7ripresa dell’aria è realizzato con condotti flessibili fonoassorbenti. Da ultimo, tutti i ventilconvettori in ambiente sono dotati di ventilatore tangenziale con motori EC che esprimono livelli sonori molto bassi. Per quanto riguarda invece i materiali di costruzione e di arredo sono state fatte analisi previsionali del tempo di riverbero per individuare quelle soluzioni che permettessero il raggiungimento di un comfort acustico elevato; queste analisi hanno poi portato a scegliere determinati tendaggi per la sala polifunzionale e per la sala lettura nel triplo volume della Fondazione e della porzione occupata da Microsoft, pavimentazioni in legno, arredi con parti imbottite per avere una certa superficie fonoassorbente.


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Le facciate come sono realizzate? Montanti e traversi in alcune zone e facciata cellulare in altre? Come è gestita l'interfaccia tra serramenti e parti opache dei pilastri? Come è gestito l'isolamento termico negli sbalzi orizzontali esterni per evitare i ponti termici lineari? Costruttivamente l’edificio è molto semplice: tutti i solai sono costituiti da solette piene in c.a.; ai piani interrati le pareti divisorie sono tutte realizzate on blocchetti aventi spessori variabili in funzione della resistenza REI da garantire. I core dei vani scala ed ascensori sono tutti in c.a. Nei piani fuori terra non esistono pareti divisorie se non quelle dei core. I due fronti longitudinali (aventi esposizione rispettivamente N-NE e S-SW) sono costituiti da una maglia regolare di pilastri e finestre; i due front a Est ed a Ovest sono costituiti da elementi di facciata in vetro da solaio a solaio; i due front che si affacciano sul cut (taglio in diagonale tra i due corpi di fabbrica fuori terra) sono ciechi. I pilastri sono prefabbricati e sono realizzati in due parti: la parte interna che è quella che concorre alla statica dell’edificio e la parte esterna che è cava ed è solo architettonica. Tra le due parti è realizzata la coibentazione termica con 12 cm di stiferite (parte centrale) e 15 cm di lana di roccia (parti laterali che coprono in parte anche i telai delle finestre). Anche i ballatoi sono prefabbricati e tra i ballatoi ed i solai è presente la coibentazione realizzata con 12 cm di stiferite così che l’unico ponte termico è costituito dai ferri che fissano i ballatoi ai solai.

C'è stata una valutazione specifica del comfort atteso nell'edificio che sarà sede di Microsoft? Per quanto riguarda la parte che sarà sede di Microsoft noi ci siamo limitati a fornire un allestimento shall&core lasciando ai tecnici di fiducia di Microsoft l’onere di sviluppare eventuali modifiche per la personalizzazione degli spazi. Per tale ragione non sono state effettuate valutazioni specifiche in ordine al comfort atteso.


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Fondazione Feltrinelli: La progettazione impiantistica di un complesso architettonico dalla forte personalità Ing. Franco Casalboni

Articolo pubblicato su ingenio.it L’EDIFICIO Quello che viene comunemente indicato come “edificio Feltrinelli” è un complesso costituito da due corpi di fabbrica uguali dal punto di vista architettonico che si differenziano solo per la lunghezza: quello più corto è sede della Fondazione Feltrinelli, quello più lungo, di proprietà di COIMA sgr, è un direzionale che è stato immesso sul mercato delle locazioni in affitto. I due edifici sono separati da un corridoio di circa 3 metri di larghezza che mette in comunicazione via Pasubio col parco antistante il complesso. Ci sono poi due livelli interrati (nei quali non è presente la separazione tra i due corpi di fabbrica che c’è invece a piano terra) dove sono collocati l’autorimessa, i locali tecnici, depositi e locali di servizio, l’archivio storico della Fondazione Feltrinelli. L’edificio (d’ora in avanti con questa parola intendiamo l’insieme dei due corpi di fabbrica) ha una forte personalità in quanto l’involucro esterno è caratterizzato da ampie superfici vetrate alternate a pilastri in cemento armato e questo ha posto vincoli stringenti alla progettazione impiantistica.


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INPUT PROGETTUALI AGLI IMPIANTISTI Desiderio dei progettisti architettonici (studio Herzog de Meuron di Basilea) è stato quello che gli impianti non modificassero il rigore architettonico di questa alternanza e che il cemento dei solai rimanesse a vista e quindi è stata esclusa da subito la presenza di controsoffitti. L’unico spazio tecnico “orizzontale” era costituito dal volume risultante sotto al pavimento galleggiante. Con queste premesse ci si è limitati al massimo per quanto riguarda la posa di impianti annegati nei solai in cemento armato, limitandoli a punti luce e a punti di installazione dei rivelatori di fumo; tutto il resto viaggia sotto al pavimento galleggiante. La geometria dell’edificio - con le superfici vetrate inclinate dei piani alti a delimitare spazi abitati - ha reso non praticabile l’installazione di pannelli solari termici e/o fotovoltaici; per contro la presenza della falda ricca di acqua ha da subito indirizzato la scelta per la produzione dei fluidi vettori verso pompe di calore funzionanti ad acqua di falda.

CERTIFICAZIONI RAGGIUNTE Grazie a questo, la classe energetica raggiunta è la classe “B”, nonostante la massiccia presenza di superfici vetrate. L’edificio sarà dotato di un certificato di sostenibilità ambientale secondo il protocollo LEED con livello GOLD.

PROBLEMATICHE AFFRONTATE IN FASE PROGETTUALE In fase progettuale le grandi superfici vetrate hanno costituito “il tema” dei temi. Molteplici sono stati i fattori da tenere presente che spesso andavano in contrasto tra di loro. Sinteticamente gli aspetti affrontati sono stati i seguenti: a) Il rispetto della normativa sul risparmio energetico in vigore al momento della richiesta del permesso di costruire che ha portato ad individuare un valore massimo Uw del coefficiente di trasmissione termica dell’infisso (vetro piu’ telaio). b) La protezione dalla radiazione solare diretta per evitare sovratemperature interne sia invernali che estive. Questo ha portato ad individuare come soluzione l’impiego di tende esterne del tipo a rullo su tutto il fronte S-SW (fig. 1).


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c) La scelta dei progettisti architettonici di non avere tende esterne sui front. Questo ha portato ad individuare una tipologia di vetro che avesse un fattore solare “g” minore o uguale 0,3. d) La necessità di garantire sul fronte S-SW un fattore di shading 0,1 dell’insieme vetro+tenda per contenere la potenza termica frigorifera e contemporaneamente garantire un certo livello di luminosità naturale all’interno degli spazi. Sono state fatte varie simulazioni con l’ausilio di software energetici per valutare l’impatto che le varie proposte via via presentate dagli architetti avevano sul rispetto dei minimi di legge e sul contenimento della potenza frigorifera. Un altro vincolo fissato dai progettisti architettonici è stato quello di voler avere a vista (e quindi assenza di c-soffitti) il cemento dei solai superiori e di non voler vedere impianti appesi/sospesi ai


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solai. Questo ha portato fin da subito ad individuare nei ventilconvettori lineari incassati a pavimento lungo le facciate perimetrali la soluzione per la climatizzazione. Così è stato studiato col costruttore un ventilconvettore che potesse avere anche l’ingresso dell’aria primaria e che potesse stare entro le misure stabilite dagli architetti (fig.2). Una volta fatto il prototipo, abbiamo chiesto che venisse realizzato un moke-up di una porzione di fabbricato con la facciata inclinata per verificare l’andamento dei flussi d’aria in uscita dai ventilconvettori sia in regime estivo che in regime invernale. Questo per capire se la presenza del vetro inclinato poteva creare rimbalzi d’aria fredda verso i piedi degli occupanti. Le verifiche effettuare presso il laboratorio del costruttore dei ventilconvettori in Germania (al cui interno è stato realizzato il moke-up) hanno fornito risultati positivi così la scelta della soluzione è stata definitivamente confermata.

Fig. 2 – sezione ventilconvettore speciale

I fabbisogni termici massimi dell’edificio nel suo complesso sono: potenza termica invernale: 562,7 kW; potenza frigorifera estiva: 1.637,3 kW. La centrale termofrigorifera è costituita da n. 2 pompe di calore polivalenti aventi ciascuna Pth=646 kW e Pf=608 kW e n. 1 chiller avente potenza frigorifera=560 kW. Le macchine sono tutte acqua-acqua e lavorano con acqua di falda. In inverno c’è dunque una riserva del 100% mentre in estate c’è un margine di circa il 10% sulla potenza massima contemporanea che si verifica solo per poche ore all’anno.

TIPOLOGIE IMPIANTISTICHE Come anticipato, per quanto riguarda la climatizzazione si è fatto ricorso a ventilconvettori incassati a pavimento con ingresso di aria primaria all’interno del canale di contenimento dei ventilconvettori stessi. Dal punto di vista idronico, l’impianto è a 4 tubi, perché l’involucro esterno è tale che ci può essere necessità di avere contemporaneamente caldo in alcune parti dell’edificio e freddo in altre parti. Questa è la tipologia


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prevista in tutti i piani dal 1° al 5°. Vi sono poi alcuni ambienti dove invece l’impianto è a tutt’aria (libreriacaffetteria, archivio storico, sala polifunzionale). La fig. 3 illustra una porzione del piano 4° della Fondazione con i ventilconvettori incassati sotto alle finestre.

Per quanto riguarda l’illuminazione, è stata fatta la scelta di avere punti luce concentrati sulle postazioni di lavoro e/o di utilizzo per evitare inutili consumi di energia elettrica, ricorrendo alla tecnologia Led. È previsto un sistema di controllo accessi a tutti gli ambienti in cui non è previsto l’accesso del pubblico, un sistema di sorveglianza con TVCC, un sistema di illuminazione di sicurezza e un sistema di supervisione (BMS), tramite il quale gestire, monitorare e controllare tutti gli impianti.

Maggiori info sul progetto Feltrinelli


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Notizie correlate: Feltrinelli - Una “sala macchine� potente e invisibile - The Next Building Inaugura Feltrinelli Porta Volta - il racconto del pre-opening a Milano - foto e video Focus tecnico su Fondazione Feltrinelli a Milano


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Sisma Bonus: tra poco le linee guida Stai aspettando di avere maggiori informazioni sul Sisma Bonus? Entro il 28 febbraio verranno pubblicate le linee guida per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni. Si potrà comprendere meglio chi potrà ottenere gli incentivi per interventi antisismici e come funzionerà nel dettaglio il Sisma Bonus (nella legge di stabilità 2017), quali misure adottare per ottenere detrazioni fiscali per i lavori di adeguamento e miglioramento antisismico degli edifici.

Modifiche agli articoli della legge di bilancio 2017 In seguito agli ultimi eventi sismici che hanno segnato il Centro Italia, sono state apportate modifiche significative alla legge di bilancio 2017, prorogando la detrazione fiscale per l’adozione di misure antisismiche. In sintesi, grazie al Sisma Bonus è possibile detrarre dall’Irpef una parte delle spese sostenute per le misure antisismiche ed in particolare per: •interventi di miglioramento e messa in sicurezza statica dell’edificio • redazione dei documenti per valutare la sicurezza strutturale degli immobili

Detrazioni A seconda del tipo di intervento necessario per migliorare l’edificio dal punto di vista sismico, del grado di miglioramento sismico raggiunto dall’edificio dopo i lavori, è possibile richiedere le seguenti detrazioni fiscali: • Detrazione del 50% per spese sostenute dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2021 con un limite massimo di € 96.000 per ciascuna unità immobiliare. • Detrazione del 70% per spese sostenute se l’intervento antisismico ha comportato una riduzione del rischio sismico che determini il passaggio ad una classe di rischio inferiore. • Detrazione del 80% per spese sostenute se l’intervento antisismico ha comportato una riduzione del rischio sismico che determini il passaggio a due classi di rischio inferiore.


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Chi può richiedere il Sisma Bonus Si può richiedere l’agevolazione se: • l’immobile si trova in zone sismiche 1, 2 o 3 di cui all’O.P.C.M. 3274/2003 • l’intervento è effettuato su abitazioni o attività produttive

Per saperne di più sul Sisma Bonus Tra qualche settimana l’ing. Mauro Cevoli pubblicherà un articolo di approfondimento sull’argomento.


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Inaugura Feltrinelli Porta Volta Il nostro viaggio nell'edificio che sta facendo storia Lunedì 12 dicembre la Fondazione Feltrinelli ha invitato tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione dell'opera Feltrinelli Porta Volta. Per noi di Polistudio A.E.S., coinvolti nel progetto dal 2008, è stato un vero piacere essere presenti, visitare una delle più interessanti trasformazioni urbane nella città di Milano.

Guarda il video del pre-opening Ad accoglierci c'era il dott. Dario Giambelli, CEO di Finival (Società immobiliare del Gruppo Feltrinelli), che ci ha accompagnati all'ultimo piano, nella sala Lettura adibita al ricevimento. Da qui abbiamo potuto ammirare la vista mozzafiato sulla città. Naturalmente non potevano mancare i soci dello studio di architettura Herzog & De Meuron. In particolare, abbiamo rivisto con piacere gli arch. Andreas Fries e Mateo Mori, di Herzog & De Meuron, con cui abbiamo potuto collaborare in questi anni e che ci hanno guidato all'interno del grande edificio.Un progetto curato nei minimi particolari, a partire dallo studio urbanistico fatto prima della costruzione, alla cura dei materiali, alla struttura delle facciate, realizzate con pilastri che si incrociano a 45 gradi. Proprio questa struttura ha costituito la grande sfida di questi anni di Polistudio, nella realizzazione del nostro progetto impiantistico. Sfida ampiamente superata. Infatti, gli impianti – racconta l'ing. Casalboni nell'ultima intervista pubblicata su “The Next Building” - non dovevano incidere sulla composizione degli spazi e l'unico spazio tecnico orizzontale era quello sotto al pavimento galleggiante. Ci si è dunque limitati al massimo nella posa di impianti annegati nei solai in


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cemento armato, limitandoli a punti luce e a punti di installazione dei rivelatori di fumo; tutto il resto viaggia sotto al pavimento galleggiante”. Per quanto riguarda l'utilizzo dell'energia alternativa, - continua - la geometria dell'edificio non ha permesso l'installazione di pannelli solari termici e/o fotovoltaici. Invece, la presenza della falda ricca di acqua ha da subito indirizzato la scelta per la produzione dei fluidi vettori verso pompe di calore funzionanti ad acqua di falda, sia per la climatizzazione sia per la produzione di acqua calda sanitaria. Grazie a questo, nonostante la massiccia presenza di superfici vetrate, si è raggiunta la classe energetica B e l'edificio sarà certificato LEED Silver”. Si è optato, inoltre, per punti luce concentrati sulle postazioni di lavoro e/o di utilizzo, per evitare inutili consumi di energia elettrica, ricorrendo ad apparecchi con tecnologia Led. Naturalmente, il nostro viaggio ha avuto luogo solo in una parte della grande struttura, quella di Fondazione Feltrinelli che dà verso piazza XXV Aprile. Infatti, il resto è stato affittato alla Microsoft Italia e inaugurerà non prima di febbraio. Quello che colpisce immediatamente, oltre alla linea moderna e minimal della struttura, sono i materiali: calcestruzzo bianco e liscio al tatto, vetro e legno. Tutti gli ambienti sono realizzati con un pavimento flottante rivestito da un parquet in legno che aderisce tramite dei magneti. Di rilievo, la grande ed imponente scala a forma elicoidale che unisce i vari piani della struttura. Al piano terra è situata la grande libreria e il caffè di Feltrinelli, mentre al piano superiore abbiamo visitato la sala polifunzionale, che sarà adibita a convegni, presentazioni o mostre. In particolare, nello spazio della libreria e caffetteria ci siamo occupati degli impianti di riscaldamento e di climatizzazione. Per quanto riguarda gli impianti ad aria, nel soffitto sono stati installati canali zincati a vista, canali microforati ad alta induzione. Infatti, l’unica tecnologia che si sposava con le esigenze architettoniche erano gli impianti a vista, i quali hanno la particolarità di miscelare bene l’aria immessa con l’aria ambiente, evitando flussi fastidiosi. Sono stati, inoltre, installati impianti di spegnimento antincendio del tipo sprinkler. Gli altri piani sono adibiti a uffici e servizi. La Sala Lettura situata all'ultimo piano è di grande impatto, grazie all’effetto dato dal gioco di pilastri e travi del tetto. Infine, abbiamo visitato il parcheggio nel sotterraneo, illuminato da caratteristici fori cilindrici profondi 4 metri. Insomma, un edificio che merita di essere visitato e che siamo orgogliosi di aver contribuito a realizzare. Al piano interrato si trova anche l’archivio Feltrinelli e il cuore dei nostri impianti.


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Feltrinelli - Una “sala macchine” potente e invisibile Vi proponiamo l'articolo dell'ing. Franco Casalboni di Polistudio A.E.S. pubblicato sulla rivista "The Next Building".

Il progetto architettonico, caratterizzato da ampie superfici vetrate alternate a pilastri in cemento armato, ha posto vincoli stringenti alla progettazione impiantistica. Obiettivo degli architetti Herzog & de Meuron, infatti, era preservare il rigore architettonico di questa alternanza e che il cemento dei solai rimanesse a vista: gli impianti non dovevano modificare la composizione e la lettura degli spazi. Da subito è stata esclusa la presenza di controsoffitti: l’unico spazio tecnico “orizzontale” era costituito dal volume risultante sotto al pavimento galleggiante. Con queste premesse ci si è limitati al massimo per quanto riguarda la posa di impianti annegati nei solai in cemento armato, limitandoli a punti luce e a punti di installazione dei rivelatori di fumo; tutto il resto viaggia sotto al pavimento galleggiante. Per quanto riguarda i metodi e gli strumenti, nel 2008, anno in cui è decollato l’intervento, ancora non si parlava di BIM, tuttavia, lungo il percorso del progetto costruttivo, si è fatto ricorso al Building Information Modeling, soprattutto per lo sviluppo di alcuni dettagli, sia a livello architettonico sia per l’interazione edificio-impianti.

Sfoglia la rivista - pag. 36


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La climatizzazione Per l’impianto di climatizzazione siamo ricorsi a ventilconvettori incassati a pavimento, con ingresso di aria primaria all’interno del canale di contenimento dei ventilconvettori stessi. Questi ventilconvettori sono stati progettati su misura per il progetto e testati presso la sede del costruttore in Germania, dove è stato ricostruito un moke-up in scala 1:1 della porzione di edificio con pareti inclinate.


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Dal punto di vista idronico, l’impianto è a 4 tubi, perché l’involucro esterno è tale da rendere contemporaneamente necessario caldo in alcune parti dell’edificio e freddo in altre. Questa è la tipologia prevista in tutti i piani dal 1° al 5°. In alcuni ambienti, invece, l’impianto è a tutt’aria (libreria caffetteria, archivio storico, sala polifunzionale).

L’illuminazione, sicurezza, automazione La scelta è stata avere punti luce concentrati sulle postazioni di lavoro e/o di utilizzo, per evitare inutili consumi di energia elettrica, ricorrendo ad apparecchi con tecnologia Led. È anche previsto un sistema di controllo accessi a tutti gli ambienti, in cui non è previsto l’accesso del pubblico, un sistema di sorveglianza con TVCC, un sistema di illuminazione di sicurezza e un sistema di supervisione (BMS), tramite il quale gestire, monitorare e controllare tutti gli impianti. ing. Franco Casalboni, Polistudio AES – Riccione

ENERGIA ALTERNATIVA La geometria dell’edificio - con le superfici vetrate inclinate dei piani alti a delimitare spazi abitati - ha reso non praticabile l’installazione di pannelli solari termici e/o fotovoltaici. Per contro, la presenza della falda ricca di acqua ha da subito indirizzato la scelta per la produzione dei fluidi vettori verso pompe di calore funzionanti ad acqua di falda, sia per la climatizzazione sia per la produzione di acqua calda sanitaria. Grazie a questo, nonostante la massiccia presenza di superfici vetrate, si è raggiunta la classe energetica B e l’edificio sarà certificato LEED Silver. (F.C.)

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