Diffusione informativa e comunicazione: nuovi orizzonti per le reti d'impresa

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in collaborazione con

e con il patrocinio di

ha il piacere di invitarla alla tavola rotonda:

RETI D’IMPRESA 24 Novembre 2011, ore 17.00 - 20.00 Milano, Largo Guido Donegani 2 moderatrice: Giuliana Gagliardi, giornalista e collaboratrice del Corriere della Sera

Programma -

Introduzione (Massimiliano Perletti, Rödl & Partner)

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Presentazione lavori: introduzione al tema (Maria Cristina Boeri, Innovhub)

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Reti di impresa: qualche esperienza, tante opportunità (Fabio Aromatici, Anci Servizi Srl)

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Reti di impresa ed internazionalizzazione (Roberto Briccola, Brics)

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Il contratto di rete e le sue caratteristiche (Maurizio Oropesa, Rödl & Partner)

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Fondi comunitari e fondi regionali (Pier Franco Rubatto, Rödl & Partner)

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Reti di impresa: riportare liquidità alle piccole-medie imprese (Carlo Oriani, Vicepresidente Aniu)

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Aggregazione imprenditoriale come strumento per agevolazioni di accesso al credito e per arginare la concorrenza internazionale (Annibale Osti, Ambromobiliare)

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Diffusione informativa e Comunicazione: nuovi orizzonti per le reti aziendali (Matteo Pogliani)

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Reti di impresa nell’ottica della competitività: criticità e sviluppi (Alessandra Zotti, Emmeplus Srl)

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Dibattito: intervengono Salvatore Lauro (Presidente Arcipelago Campano Reti d’Impresa), Massimo Lucidi (Giornalista economico) e Andrea Scalia (Confartigianato)

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Aperitivo La partecipazione è gratuita Inviare la propria adesione via e-mail all’indirizzo eventi@roedl.it entro il 21 Novembre 2011. I posti sono limitati e le adesioni saranno accettate in base alla priorità d’invio.

Rödl & Partner Largo Guido Donegani, 2 20121 Milano Tel.: 02-632884.1 Fax.: 02-632884.20 www.roedl.com/it


Diffusione informativa e comunicazione: nuovi orizzonti per le reti aziendali. di Pogliani Matteo

“Il sapere è, in ogni paese, la base più sicura della pubblica felicità” J. Washington

E' quanto mai indubbio come ormai il nostro vivere sia caratterizzato da forte incertezza: recessioni, sfiducia, turbolenza dei mercati, elementi che non possono che contribuire ad un aumento della complessità, in qualunque campo sociale, economia in primis. Le imprese “fluttuano” in un ambiente sempre meno saldo, quello che Enzo Rullani ha definito in una opportuna affermazione Capitalismo Globale della Conoscenza, dove risulta fondamentale saper rigenerare continuamente i propri vantaggi competitivi. Naturale conseguenza è per le imprese costruirsi attorno un sistema capace di farle convivere al meglio con questa complessità, gestendone al meglio difetti ma anche possibili occasioni. In questo contesto acquisiscono sempre maggior valore i così detti assetti “intangibles”, cioè tutti quei fattori intangibili dal punto di vista fisico che però contribuiscono massivamente alla prestazione d'impresa nella produzione di beni o servizi, fattori capaci di generare benefici, anche economici, ai diversi stakeholders. Gli intangibles assets sono infatti ormai divenuti elemento chiave per qualsiasi impresa, vero vantaggio competitivo da spendere sul mercato. Non bisogna stupirci, per questa loro capacità di sancire e migliorare le prestazioni aziendali, gli intangibles rappresentano ormai la parte più cospicua del capitale d'impresa, quantificabili da alcuni studi di settore addirittura nel 75% del valore di mercato di un'azienda. Un capitale, si evince, quantomai vitale quindi, da difendere strenuamente e se possibile da ampliare ed aggiornare. Se inizialmente gli elementi “intangibili” caratterizzavano esclusivamente ben precise tipologie d'impresa, soprattutto quelle ad alta innovazione, la sempre maggior concorrenza, legata principalmente a prezzo e produttività, ha portato tali risorse a divenire fondamentale assets in qualsiasi settore, persino in quello manifatturiero. Un cambiamento certo epocale, spiegabile come? Sono molteplici e assai complessi i processi che hanno sancito e caratterizzato tale mutamento, processi che travalicano questa sede, riassumibili semplicemente, ma non certo semplicisticamente, nella crescente importanza rivestita dalla conoscenza e della corretta gestione della stessa. La gestione della conoscenza appunto o meglio il knowledge management. Per knowledge management si intende quella disciplina manageriale che, movendo dalla certezza che sia la conoscenza la fonte più evidente di vantaggio competitivo, si occupa di individuare le metodologie ed i mezzi utili alla sua gestione, attraverso una filosofia ed un approccio nuovo, fondato su innovazione, organizzazione e soprattutto cultura. Questa definizione rappresenta certo una perfetta sintesi degli obiettivi posti in essere dal knowledge management, ma cosa significa tutto ciò strategicamente parlando? Tale affermazione si traduce concretamente in una vera e propria rivoluzione all'interno delle imprese, uno spostamento d'interesse ed attenzione dalla sola produzione ad un fattore non materiale, la conoscenza, con tutto ciò che ne consegue. E' in quest'ottica che trovano fondamento il valore delle nostre human resources ed il cosi dettò capitale intellettuale, parti integranti e preponderanti del nostro knowledge. Non è affatto casuale: collaboratori


preparati significano infatti un sempre più elevato know how, conoscenza da utilizzare e spendere nei confronti del mercato ma soprattutto dei nostri diretti competitors. Un principio di causa effetto non più trascurabile, preponderante per il futuro di qualsivoglia impresa. Ma analizzando il fenomeno delle reti d'impresa e le fondamentali risorse di networking che è in grado di mettere a disposizione la semplice ed esclusiva gestione della conoscenza appare sì grande possibilità, ma anche La vera sfida odierna non è appunto la sola gestione della conoscenza, quanto più la sua integrale condivisione. Il knowledge sharing rappresenta una nuova ed irrinunciabile frontiera per le aziende, permettendo ad esse di interagire al meglio con il mercato, massimizzando la performance ed in molti casi riuscendo ad ottimizzarne i costi. Il knowledge sharing, una frontiera appunto che trova terreno quantomai fertile nei network e conseguentemente nelle reti d'impresa. Diverse realtà si traducono infatti in maggiore varietà e molteplicità di conoscenza, fattore capace di estremizzare il valore della condivisione di know how. Nella maggioranza dei casi il knowledge sharing applicato alle reti d'impresa permette un'implementazione massiva e soprattutto pressoché gratuita, spingendosi quasi ad un “baratto” informativo ed esperienziale, utile ad entrambe le realtà per crescere e migliorarsi. Massimizzazione della performance e abbattimento dei costi, benefici già di per sé rilevanti, ancor di più in questi agitati momenti di crisi economica. Pur non venendo spesso indicato tra i principali benefit, la possibilità di condivisione rappresenta il reale elemento distintivo che giustifica e dovrebbe motivare la creazione di reti collaborative, permettendo tra l'altro: -

Il mantenimento della ridondanza conoscitiva a fronte di possibili ed eventuali perdite di Know how o dati La salvaguardia della memoria organizzativa La costituzione di knowledge repository per attività di risoluzione dei problemi inerenti ai processi di innovazione Il rinnovamento e l'implementazione delle competenze interne e del capitale intellettuale aziendale

Quest'ultimo è probabilmente il vantaggio più rilevante oggigiorno, il vantaggio che trova perfetta simbiosi in situazioni di networking, permettendo di affrontare al meglio la concorrenza dei competitors, in particola modo quelli esteri, ma soprattutto di affrontarli con un approccio nuovo e possibilmente vincente. Risulta infatti improbabile oggi come oggi pensare di poter competere con le tante nuove realtà emergenti orientandosi ancora, come succedeva decenni fa, a prezzo o produzione. È necessaria un ripensamento di strategia, puntando sempre di più sulla specializzazione del nostro capitale intellettuale, sulla maggiore qualità delle nostre conoscenze. Distinguersi, in primis sul piano delle competenze, ecco la parola d'ordine per eccellere. Proprio così, dobbiamo essere in grado di spostare la sfida degli odierni mercati su un terreno diverso, un terreno che possa mettere in difficoltà questi competitors, un terreno dove far valere i nostri intangible assets, la qualità della nostra conoscenza. Se inizialmente il fenomeno del knowledge sharing si limitava alla mera condivisione di dati (database condivisi, webforum, groupware, ecc) sempre più in questi anni, comprendendo le risorse da esso derivanti, si è assistito ad un rilevante interscambio di know how, in un rimescolamento di competenze fondamentale per la crescita della realtà imprenditoriale italiana. Una filosofia assai vicina al cause related marketing (seppur tra aziende profit):cooperare insieme per ottemperare ad un proprio fine individualistico. In conclusione pare doveroso sottolineare ancora una volta il valore dato dalla conoscenza e dagli intangible, ed in particolare quanto sia imprescindibile porre una corretta attenzione agli stessi, spendendone al meglio sul mercato i tanti vantaggi. Le reti sono la risposta perché ciò possa finalmente avvenire, perché possa scattare quel doveroso processo di culture change nel tessuto imprenditoriale italiano. Un'unica condizione: che finalmente si smetta di soffermarsi, come troppo spesso accade, agli interessi dei singoli, preferendovi quelli collettivi. Siamo e saremo sempre di più un sistema, e come tale sarà sempre più necessario pensare e ragionare. Nessuno spazio per egoismi ed invidie. É pronta l'Italia per una tale rivoluzione? Io lo spero.


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