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200 mi sembrava di averla già vissuta, e malattia, con tutto questo, capisci che tu devi andartene, adesso, sono più vecchia di te, quarantaquattro come secoli, tu fresco di trenta, e puoi ancora trovare qualcuno, quei figli e la famiglia che oggi no ma domani vorrai, e io se fossi soltanto meno debole, mi sarei come sai tirata un colpo alla testa da tempo già in Kossovo forse, o poco dopo, se soltanto fossi stata capace di farlo, vai via, per favore vai via…Ombre che in controluce appaiono a Sesto e poi scompaiono appaiate nella bruma del giorno che comincia, come in una fiumana dolorosa, ombre remote e prossime, transito d‘esistenze quasi solo intuite e fraterne, distanti (e l‘altra, prima, salita a Monza, imbacuccata, che spiegava a una voce lontana sì, vado a trovare lo stronzo, benché malata, come senti, ma questa me la paga, proprio oggi, e intanto sto malissimo, febbre senz‘altro, e brividi, ma certo, la puttana è su a sciare, beata lei. Io qui da sola). Pianissimo entra in porto trenitalia, e tutti vanno rapidi verso quello che li attende, rassegnati o frementi, nel ronzio che sale dai cunicoli, e folate di vento freddo spazzano via Gioia. Milano chiama, la stazione è un‘onda bruna, una promessa che inghiotte, un destino, una gola.


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