Ulisse n.15

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340 ŖOh, non lavorate! Potete riposarvi.ŗ La stessa cerimonia aveva luogo ogni sera. In un mese, dei centocinquanta del gruppo in cui era il ragazzo allřinizio erano rimasti una cinquantina. Una volta venne un trasporto da un altro campo. Qualcosa non aveva funzionato nella loro camera a gas e i nuovi arrivati passarono la notte nel cortile a cielo aperto. Erano quasi scheletri: non gli importava di nulla e riuscivano a malapena a parlare. Quando venivano picchiati, al massimo sospiravano. Agli ebrei che lavoravano nel campo fu ordinato di dare loro da mangiare; ma i nuovi arrivati non riuscivano a restare seduti e camminavano lřuno sullřaltro per prendere il poco cibo che veniva dato loro. Il mattino dopo furono portati nelle camere a gas. Nel cortile in cui avevano passato la notte cřerano parecchie centinaia di morti. Agli ebrei del campo in cui erano giunti fu detto: ŖSpogliate i corpi e metteteli nei vagoni.ŗ Ma questi ebrei erano troppo deboli per trasportare i corpi sulle loro spalle e dovettero trascinarli, prenderli per i piedi e trascinarli; e i tedeschi picchiavano quelli che trascinavano per farli andare più in fretta. Un ebreo abbandonò il corpo che stava trascinando per riposarsi un attimo e lřuomo che lui pensava fosse morto si drizzò, sospirò e con voce flebile disse, ŖÈ ancora lontano?ŗ Lřebreo che lo trascinava si chinò su di lui e gentilmente gli circondò le spalle con il braccio e a quel punto sentì una frustata sulla schiena: unřSS lo stava picchiando. Lasciò andare il corpo Ŕ e continuò a trascinarlo verso i vagoni. 4 Nella stampa slovacca uscivano articoli su ciò che accadeva agli ebrei deportati dalla Polonia e dalla Slovacchia: erano al sicuro e stavano bene e cřerano foto di facce allegre e di ragazze sorridenti. Un giorno delle donne ebree in Slovacchia furono raccolte in uno scantinato e, alla fine, portate a Auschwitz con dei treni merci.

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