Ulisse n.15

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19 offerte o suggerite, quando non importa, dallřesistenza, dal caso, dalla disposizione dellřora» [pp. XII-XII]. Quanto nella Nota citata è affermato da Sereni in riferimento alle singole liriche vale in generale: le modifiche nellřordinamento e nella compagine delle raccolte non hanno un movente di ordine esclusivamente o prevalentemente stilistico, ma si collocano nella cornice di quanto Isella, sulla scorta del corpus dei manoscritti, si spinge a definire «una visione fluida del mondo, che nella sua incessante deformazione (in senso etimologico) ha più lo statuto del sogno che della realtà» [p. XIII]. Non cřè dubbio che una concezione del genere abbia a che fare con il complesso dellřopera, quale si configura a Sereni (incluse le incursioni nella prosa) nel suo farsi e sedimentarsi nel tempo; opera la cui «incubazione», per sfruttare il termine del critico, trova un punto di svolta, si è detto, tra ř65 e ř66. Diamo a questo punto unřocchiata, allora, alle «deformazioni» che Sereni opera sulle raccolte che precedevano Gli strumenti umani, senza soffermarsi sui singoli episodi ma cercando di mettere a fuoco la logica che vi presiede. Per quanto concerne Frontiera, osserva Isella che il poeta punta a redistribuirne le «tessere compositive» a partire da «un evidente disegno diacronico che conferisce anche alla prima raccolta un esplicito carattere di diario (e, diario nel diario, le nove poesie legate alla topografia sentimentale di Luino stanno in una sezione a sé, di identica, parallela scansione)» [p. XI]; inoltre Sereni opera nel senso dellřarricchimento del libro dřesordio, ricorrendo al recupero di testi dispersi e creando ex novo una intera sezione (Versi a Proserpina). Analogamente, sul versante del Diario d‟Algeria si ha lřaggiunta di una intera sezione, lřultima: Il male d‟Africa; mentre in parallelo vige «il passaggio [di poesie], come tra vasi comunicanti, dallřuno allřaltro libro»: il che non si limita ai primi due libri (nei Versi a Proserpina confluivano due poesie del Diario), si noti bene, ma include il travaso di versi da Diario d‟Algeria a Gli strumenti umani (il caso esemplare è Via Scarlatti, che dal Diario passa a testo di apertura degli Strumenti). Sono fenomeni di cui anche il lettore di Sereni meno attento alle vicende editoriali ed alle ricostruzioni filologiche si è accorto, ma che lřesposizione di Isella ha il merito di collocare entro un quadro dřinsieme. A grandi linee, ne viene evidenziato un doppio movimento, che fa capo a ragioni di spazio/tempo. Da una parte, la disposizione «diacronica» situa sullřascissa temporale la sequenza diaristica; dallřaltra, la collocazione dei testi tiene presente, come criterio operativo, il riferimento topografico. Spazio e tempo come linee-guida, insomma: come si conviene a chi, sul piano dellřopera, intervenga in chiave narrativa, lavorando sulle categorie prime dellřesperienza. E visione fluida, certo; ma entro un alveo che per lřessere di amplissimo respiro non per questo è senza precisi argini e collegamenti. Così la serie di Luino precede e prepara a distanza la serie dei ritorni che formano unřarchitrave degli Strumenti; mentre Milano, lřambito metropolitano, a partire da Via Scarlatti, si definisce liminarmente come lřorizzonte elettivo dellřio, in senso esistenziale e sociale, dopo lřAfrica (e la guerra): soglia di una nuova vicenda che approderà infine alla Spiaggia, testo conclusivo della raccolta del Ř65. In entrambe le raccolte, si sarà notato, unřattenzione particolare è dedicata alle sezioni conclusive (che come tali sono appunto concepite): per lřesser collegati tra loro, mediante gli interventi Ŗpostumiŗ, i singoli libri non perdono la loro autonomia, una scansione che ne circoscriva il perimetro - tuttřaltro. Quanto allřAlgeria, il diario vero e proprio è costituito dalla seconda sezione, ed è anchřesso una suite incardinata in un ambito topografico preciso (con tanto di date e luoghi in calce ai testi: quelli della prigionia), che in effetti può leggersi come una sorta di controcanto della sezione Frontiera del libro omonimo. Ma di particolare interesse è appunto lřoperazione compiuta con lřaggiunta del Male d‟Africa in chiusa al Diario. Qui Sereni non recupera testi dispersi, ma ne aggiunge di nuovi e si muove con inedita libertà tra versi e prosa: troviamo infatti in apertura di sezione i Frammenti di una sconfitta, che alterna due composizioni poetiche a due brevi prose; quindi Il male d‟Africa, poemetto che espone in epigrafe la data del 1958; seguono gli Appunti da un sogno, il pezzo in prosa più lungo, e infine i versi di L‟otto settembre, con le date «ř43/ř63». In altra sede ho insistito sul ruolo cruciale di questa sezione nel percorso poetico di Sereni; qui mi limito a poche osservazioni, sul filo del ragionamento perseguito a partire dalle note di Isella. Prima 19


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