Players 08 (Free Edition)

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screens | cinema

L’ETERNO RITORNO DI

di Marco Passarello

P

er chi è nato dopo gli anni ‘70 è difficile rendersi conto del perché Star Wars, che oggi può apparire ingenuo, lento e tecnicamente superato, fosse rivoluzionario. Chi, come me, lo ha visto al cinema a 12 anni e ne è uscito con l’euforica certezza che fosse un film diverso da tutto quanto aveva visto prima, sa che George Lucas sovvertì il canone dei cinema fantascientifico, in cui gli effetti speciali erano concentrati in poche scene climax, e tutto il resto del film era dedicato a far crescere l’aspettativa per il momento in cui si sarebbe visto il mostro, o l’astronave. In Star Wars è abolito il contrasto tra normalità ed eccezione: gli effetti speciali sono al centro della scena, ai margini e sullo sfondo. È l’immersione totale in

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un mondo alieno, in cui il bizzarro diventa norma, tanto da assumere spesso un look “vissuto” e polveroso che è l’opposto delle astronavi scintillanti della fantascienza precedente. Fu Kubrick, nove anni prima, a usare per primo effetti speciali onnipresenti con 2001: Odissea nello Spazio. Lucas però tradusse la visione kubrickiana a misura delle masse: al posto del silenzio carico di mistero dello spazio di 2001, un calderone rumoroso in cui elementi rubati al cinema di genere di ogni epoca si appoggiano a una favola in cui il Bene sconfigge il Male. Con Star Wars gli effetti speciali cessano di essere artigianato (come le animazioni a passo uno di Ray Harryhausen) per divenire industria. La computer grafica era ancora di là da venire (le astronavi sono modellini ripresi con una cinepresa a controllo numerico), ma non


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