Sapore Veneto

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LA SCUOLA E LA FORMAZIONE PER LO SVILUPPO DELL’INTEGRAZIONE TRA SISTEMA AGRICOLO ED ENOGASTRONOMICO VALORIZZANDO LE PRODUZIONI LOCALI E PROMUOVENDO IL TERRITORIO FSE POR 200772013 OBIETTIVO COMPETITIVITA’ REGIONALE E OCCUPAZIONE ASSE III INCLUSIONE SOCIALE PROGETTO COD. 51/16/1/2030/2010


PULSGARUM è un brand En.A.I.P. Veneto per la rete dell'Alta Formazione

ENAIP Veneto è impresa sociale e opera dal 1951 nell’ambito dei “SERVIZI ALLA FORMAZIONE”: progettiamo e gestiamo piani formativi di qualificazione e riqualificazione, piani di orientamento e accompagnamento al lavoro, implementiamo innovazione e sviluppo sostenibile con e per le imprese, partecipiamo e promuoviamo progetti internazionali di formazione, ricerca e mobilità professionale e di cooperazione internazionale. Il nostro scopo è lo sviluppo di competenze professionali indirizzate al mondo del lavoro e soprattutto di un ambiente educativo che favorisca la crescita civile, sociale e professionale delle persone, anche svantaggiate, attraverso attività didattiche, ricreative e di sostegno. Siamo presenti nel settore della RISTORAZIONE fin dal 1957 con l’avvio del primo percorso di qualifica professionale nella provincia di Belluno. Grazie al grosso impulso avvenuto in particolar modo negli ultimi 10 anni, ad oggi 9 Centri Servizi Formativi su 21 erogano 30 corsi formativi triennali riconosciuti e finanziati dalla Regione Veneto e dal FSE per il rilascio del Titolo di Qualifica Professionale di Operatore, valido per il terzo livello EQF (Quadro Europeo delle Qualifiche Professionali), con il coinvolgimento di un totale di circa 700 ragazzi. Giorgio Sbrissa

Amministratore Delegato ENAIP Veneto

Gentile cliente, una ricetta è “buona” quando l’armonia dei gusti e dei colori si presenta in una combinazione bilanciata. Ciascun ingrediente deve avere il suo giusto peso senza sopraffare gli altri e deve essere inserito nel piatto al momento opportuno per non comprometterne la fragranza. Al cliente, poi, spetta il giudizio finale sul prodotto che gli verrà servito in tavola anche grazie a questo progetto che ha visto il sapiente dosaggio di molti componenti. Confrontate le foto delle ricette con quelle dei gruppi di lavoro e vedrete che non vi sono palesi differenze in termini di colori, profumi e sapori. Come un buon chef, abbiamo cercato i giusti ingredienti per formare i nostri allievi, unendo la competenza professionale degli operatori, un ambiente di lavoro vero, i prodotti e le ricette dei nostri territori e un obiettivo impegnativo. Il presente ricettario è il frutto di tale alchimia. Sperando che queste immagini possano trasmettervi gli stessi profumi che state gustando a tavola, Vi auguro Buon Appetito. Alberto Biasiotto

Direttore Agenzia Servizi Formativi Provinciale per Vicenza e Belluno


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la formazione

LA SCUOLA E LA FORMAZIONE PER LO SVILUPPO DELL’INTEGRAZIONE TRA SISTEMA AGRICOLO ED ENOGASTRONOMICO VALORIZZANDO LE PRODUZIONI LOCALI E PROMUOVENDO IL TERRITORIO


“La cucina delle dolomiti bellunesi�


“I sapori della Marca Trevigiana�


“Dai colli Berici all’altopiano di Asiago”


“La cucina veronese tra riso, grandi vini e i frutti del Benaco�


“Isola, laguna e terraferma il gusto da scoprire�


“I prodotti agroalimentari di eccellenza del Veneto: la storia, le tradizioni e i possibili sviluppi di mercato�


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La Cucina delle Dolomiti Bellunesi

I sapori della Marca Trevigiana

i piatti

LA SCUOLA E LA FORMAZIONE PER LO SVILUPPO DELL’INTEGRAZIONE TRA SISTEMA AGRICOLO ED ENOGASTRONOMICO VALORIZZANDO LE PRODUZIONI LOCALI E PROMUOVENDO IL TERRITORIO

Dai colli Berici all’Altopiano di Asiago

La Cucina Veronese tra riso, grandi vini e i frutti del Benàco

Isole Laguna e Terraferma il gusto di scoprire

Dai Colli Euganei fino a sfiorare il mare

Tra valli e cortili ascoltando il Grande Fiume


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La Cucina delle Dolomiti Bellunesi

TROTA IN “CONZA”

Ricetta a pagina 48

MINESTRONE DI FAGIOLI LAMON CON ORZO Ricetta a pagina 49

La Cucina delle Dolomiti Bellunesi


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La Cucina delle Dolomiti Bellunesi

TAGLIATELLE AL RAGU’ DI CAPRIOLO

Ricetta a pagina 49

SCHIZ CON POLENTA DI MAIS SPONCIO Ricetta a pagina 50

La Cucina delle Dolomiti Bellunesi


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La Cucina delle Dolomiti Bellunesi

PASTIN BELLUNESE COL “ZEO” Ricetta a pagina 50

CAPRIOLO AI FUNGHI Ricetta a pagina 51

La Cucina delle Dolomiti Bellunesi


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La Cucina delle Dolomiti Bellunesi

POLENTINA FELTRINA

Ricetta a pagina 51

CARFOGN DA PAVARE Ricetta a pagina 52

La Cucina delle Dolomiti Bellunesi


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I sapori della Marca Trevigiana Fiori di sopressa e CASATELLA TREVIGIANA Ricetta a pagina 54

BACCALĂ MANTECATO CON CROSTINI

Ricetta a pagina 54

I sapori della Marca Trevigiana


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I sapori della Marca Trevigiana

TORTELLI DI RADICCHIO RIPIENI DI TROTA SALMONATA

Ricetta a pagina 55

TAGLIATELLE AI DUE RADICCHI CON SALSA ALL’ACETO BALSAMICO E GRANA PADANO

Ricetta a pagina 55

I sapori della Marca Trevigiana


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I sapori della Marca Trevigiana

PETTO DI FARAONA CON TORTINO DI PATATE E RADICCHIO DI TREVISO

Ricetta a pagina 56

TRANCIO DI STORIONE DEL SILE IN CROSTA DI MANDORLE SU LETTO DI SPINACI

Ricetta a pagina 56

I sapori della Marca Trevigiana


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I sapori della Marca Trevigiana

CIARLOTA DI PANE E MELE

Ricetta a pagina 57

BUDINO DI ASIAGO Ricetta a pagina 58

Dai colli Berici all’Altopiano di Asiago


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Dai colli Berici all’Altopiano di Asiago

GNOCCHI CON LA FIORETTA BURRO E SALVIA

Ricetta a pagina 60

RISOTTO AL LATTE CON SEDANO DI RUBBIO, ACCIUGHE E TROTA DI ALTISSIMO AFFUMICATA Ricetta a pagina 61

Dai colli Berici all’Altopiano di Asiago


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Dai colli Berici all’Altopiano di Asiago

CONIGLIO DI S. BIAGIO ALL’ACETO E MIELE CON PATONA DI TONEZZA Ricetta a pagina 61

TRIPPA DI S. CATERINA Ricetta a pagina 62

Dai colli Berici all’Altopiano di Asiago


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Dai colli Berici all’Altopiano di Asiago

TORRESANI DI BREGANZE ALLO SPIEDO CON RADICCHIO DI ASIGLIANO STRASCINATO Ricetta a pagina 62

PINZA ALLA VICENTINA CON CREMA ALLA CANNELLA Ricetta a pagina 63

Dai colli Berici all’Altopiano di Asiago


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La Cucina Veronese tra riso, grandi vini e i frutti del Benàco

LUCCIO DEL LAGO DI GARDA IN SALSA Ricetta a pagina 64

RISOTTO CON IL TASTASAL

Ricetta a pagina 64

La Cucina Veronese tra riso, grandi vini e i frutti del Benàco


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La Cucina Veronese tra riso, grandi vini e i frutti del Benàco

TAGLIATELLE AL RAGU’ DI CORTILE

Ricetta a pagina 65

STRACOTTO DI MANZO ALL’AMARONE

Ricetta a pagina 65

La Cucina Veronese tra riso, grandi vini e i frutti del Benàco


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La Cucina Veronese tra riso, grandi vini e i frutti del Benàco

BOLLITO CON PEARà Ricetta a pagina 66

PASTA FROLLA DELLA LESSINIA

Ricetta a pagina 67

La Cucina Veronese tra riso, grandi vini e i frutti del Benàco


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Isole Laguna e Terraferma il gusto di scoprire

Tartara di gamberi e insalata di polipo

Ricetta a pagina 68

Astice in bellavista

Ricetta a pagina 68

Isole Laguna e Terraferma il gusto di scoprire


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Isole Laguna e Terraferma il gusto di scoprire

ROMBO AL FORNO CON PATATE Ricetta a pagina 70

FRITTELLE VENEZIANE

Ricetta a pagina 71

Isole Laguna e Terraferma il gusto di scoprire


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Isole Laguna e Terraferma il gusto di scoprire

CREMA IN ROSADA Ricetta a pagina 71

ZAETI VENEXIANI

Ricetta a pagina 72

Isole Laguna e Terraferma il gusto di scoprire


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Dai Colli Euganei fino a sfiorare il mare

CASTAGNOLE

Ricetta a pagina 78

CROSTOLI O GALANI

Ricetta a pagina 78

Dai Colli Euganei fino a sfiorare il mare


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Tra valli e cortili ascoltando il Grande Fiume

RANE IN GUAZZETTO Ricetta a pagina 80

RISOTTO CON L’ANGUILLA Ricetta a pagina 81

Tra valli e cortili ascoltando il Grande Fiume


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Tra valli e cortili ascoltando il Grande Fiume

TROTA SALMONATA FARCITA

Ricetta a pagina 82


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La Cucina delle Dolomiti Bellunesi

I sapori della Marca Trevigiana

le ricette

LA SCUOLA E LA FORMAZIONE PER LO SVILUPPO DELL’INTEGRAZIONE TRA SISTEMA AGRICOLO ED ENOGASTRONOMICO VALORIZZANDO LE PRODUZIONI LOCALI E PROMUOVENDO IL TERRITORIO

Dai colli Berici all’Altopiano di Asiago

La Cucina Veronese tra riso, grandi vini e i frutti del Benàco

Isole Laguna e Terraferma il gusto di scoprire

Dai Colli Euganei fino a sfiorare il mare

Tra valli e cortili ascoltando il Grande Fiume


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TROTA IN “CONZA”

ROTOLO DI RICOTTA E SPINACI CON FONDUTA

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

13 n 2 n 2 n 2 n 2 n 10 cl 50 cl 5 cl 3 n 25 g 1 n qb

300 g 1 n 100 g 300 g 50 g 100 g 50 g 4 n 100 g qb

trota salmonata media carote cipolle gambi di sedano spicchi d’aglio aceto di vino bianco vino bianco secco olio extravergine d’oliva rametti di prezzemolo prezzemolo tritato foglia di alloro sale, pepe in grani, farina

Preparazione Filettare le trote e friggerne i filetti leggermente infarinati in olio. Salare e pepare. A parte tagliare le verdure a striscioline e farle brasare lentamente in un fondo di olio d’oliva, aglio intero, rametti di prezzemolo ed una foglia d’alloro, bagnando frequentemente con vino bianco ed aceto. Infine aggiustare di sale e pepe, spruzzare di prezzemolo e ricoprire la trota con la salsa ancora calda. Il risultato sarà migliore se mangiata alcuni giorni dopo. Servire su piatto da portata bianco accompagnata con le verdure.

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LE RICETTE

patate uovo farina 00 ricotta grezza ricotta affumicata grattugiata spinaci in foglie Piave vecchio grattugiato foglie di salvia burro sale, noce moscata, pepe

Preparazione Per la pasta: lessare le patate con la buccia in acqua bollente salata, quindi passarle allo schiacciapatate e lasciarle raffreddare. Aggiungervi poi l’uovo, farina, sale e la noce moscata grattugiata. Impastare bene il tutto e stendere la pasta in uno spessore di circa ½ centimetro e spalmarla con un impasto fatto dall’ unione delle due ricotte e gli spinaci precedentemente sbollentati e tritati finemente. Arrotolare come uno strudel e far bollire per circa 45 minuti fasciato in un telo di stoffa, che poi verrà tolto. Preparare la besciamella leggera e sciogliervi i formaggi tagliati a cubetti. Appena sciolti togliere dal fuoco e frullare per omogeneizzare la salsa. Tenere al caldo. Preparazione burro fuso: Mettete il burro in un tegamino possibilmente con il doppio fondo e lasciatelo sciogliere a fuoco moderato. Quando è leggermente spumeggiante salate, pepate, mescolate e versatelo nella salsiera. Per accentuare il sapore di questo burro potete aggiungere un po’ di succo di limone filtrato al colino. Porre la fonduta a specchio sul piatto ed infine tagliare a fette il rotolo e servire con del formaggio Piave vecchio grattugiato e del burro fuso.

MINESTRONE DI FAGIOLI DI LAMON CON ORZO DELLE VALLI BELLUNESI Ingredienti e dosi per 4 persone 250 g 100 g 2 n 2 n 2 n 1 n 1 n 150 g 50 g 5 cl qb qb

fagioli Lamon IGP secchi zucca gialla patate carote gambi di sedano cipolla fetta grossa di pancetta affumi cata orzo delle valli bellunesi Piave Vecchio stagionato olio extravergine d’oliva cannella, chiodi di garofano, rosmarino, aglio, prezzemolo, sale e pepe

Preparazione Mettete i fagioli ad ammollare in abbondante acqua per almeno 12 ore , unirli a tutte le altre verdure e mettere su a freddo (senza il classico soffritto di cipolla). Ricoprire d’acqua e lasciare bollire per circa 2 ore. Nel frattempo aggiungervi pure la pancetta affumicata intera,i chiodi di garofano,la cannella,il sale ed il pepe. Infine passare il tutto con il passaverdure (preferibile) o con un frullatore ad immersione tenendo alcuni fagioli per guarnizione. Se il tempo lo concede,cuocere assieme alla minestra l’orzo. In caso contrario aggiungervi l’orzo precedentemente cotto. Servire in zuppiera spruzzando di Piave vecchio grattugiato e prezzemolo tritato, oppure con un po’ d’orzo e alcune crostini di pane tostato.

TAGLIATELLE AL RAGU’ DI CAPRIOLO Ingredienti e dosi per 4 persone 400 g 20 g 20 g 40 g 10 cl 15 g 20 g 12 cl 30 cl 1 n 2 n 1 n 5 n qb

spalla di capriolo carota costa di sedano cipolla olio extravergine di oliva concentrato di pomodoro funghi porcini secchi vino rosso fondo di selvaggina rametto di timo foglie di salvia spicchio d’aglio bacche di ginepro sale e pepe

Preparazione Mondate le verdure e tagliatele a dadini di mezzo cm, rosolatele in una casseruola con l’olio, aggiungete, quindi, il capriolo, tagliato a dadini di mezzo cm, lasciatelo rosolare fino a quando non è evaporata la sua acqua. Aggiungete il concentrato di pomodoro, lasciate cuocere fino a che non abbia un colore omogeneo, sfumando con il vino, a piccole dosi. Aggiungete il fondo di selvaggina e finite la cottura a fiamma dolce per un’ora. Poco prima della fine della cottura, aggiungete tutte le spezie e i funghi, precedentemente ammollati in acqua tiepida, insaporite di sale e pepe e completare la cottura. A parte lessate le tagliatelle al dente. Scolate le tagliatelle e trasferitele nella padella insieme al ragù, quindi saltate il tutto e servite in tavola caldissimo

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LE RICETTE

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SCHIZ CON POLENTA DI MAIS SPONCIO

PASTIN BELLUNESE COL “ZEO”

CAPRIOLO AI FUNGHI

POLENTINA FELTRINA

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4/6 persone

Ingredienti e dosi per 6/8 persone

700 g 70 g 25 cl qb

500 10 250 80 50

1000 50 20 50 1 2 5 20 20 20

formaggio Schiz burro di panna fresca sale, pepe bianco

Preparazione Tagliate lo schiz a fette dello spesore di circa 1 cm, salarle e peparle. Fate rosolare leggermente il burro in un’ampia padella, adagiarvi le fettine di schiz e farle rosolare bene da ambo i lati a fuoco vivace, aggiungere la panna fresca e completare la cottura per altri 5 minuti. Tradizionalmente servito con polenta gialla. Per antica tradizione la montagna veneta è generosa di formaggi. Fra i più conosciuti c’è lo “schiz”, prodotto in tutta la provincia di Belluno. Ha come base il latte scremato, anche se è possibile ottenerlo da latte intero o misto. Si prende dunque il latte crudo, meglio se freschissimo, e lo si porta alla temperatura di 35-36 gradi. Si aggiunge il caglio che può essere sia in polvere (tradizione agordina) che liquido (soprattutto nelle malghe) e si ha il coagulo dopo 20-40 minuti. Questa tradizione ha trovato in tempi recenti un forte sostegno dal turismo, diffuso in tutta l’area bellunese, proprio perché un formaggio di queste caratteristiche lo si trova in Veneto nel Bellunese e sull’Altopiano di Asiago dove viene chiamato Tosella.

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LE RICETTE

g cl g cl g qb

pastin tradizionale bellunese aceto balsamico farina di mais sponcio acqua burro sale

Preparazione Tagliare il pastin con un coltello a fette di 2 cm di spessore. Soffriggerlo da entrambe le parti in poco burro. Spruzzarlo di aceto balsamico e una volta evaporato aggiungere ancora del burro. Porre il pastin sopra una polenta tenerissima accompagnata da una cucchiaiata del suo fondo di cottura. Per la polenta mettere a bollire l’acqua in una pentola con un po’ di sale; quando comincerà a bollire, fate cadere la farina a pioggia poco alla volta mescolando velocemente con una frusta, una volta raggiunta la densità desiderata continuare con un mestolo di legno. E’ indispensabile continuare a mescolare ininterrottamente la polenta per tutta la cottura, che deve durare non meno di 40 minuti. Il pastin è un miscuglio di carni macinate di manzo, maiale, con l’aggiunta di spezie chiodi di garofano, aglio, sale, pepe e vino . L’aspetto è quello della pasta del salame e viene consegnato così, agglomerato, per lasciare al cliente buongustaio la libertà di dare la forma e lo spessore preferito all’impasto, giusto pochi minuti prima di cuocerlo.

g g cl g n n n cl cl cl qb

coscia di capriolo lardo latte porcini secchi cipolla spicchio d’aglio chiodi di garofano vino rosso secco aceto di vino rosso olio extravergine d’oliva sale, pepe, salvia, maggiorana, prezzemolo

Preparazione Far rinvenire i funghi secchi in acqua tiepida. Tagliate a pezzi il cosciotto, steccatelo con il lardo, salatelo e pepatelo. Mettetelo a marinare assieme alla cipolla affettata, lo spicchio d’aglio schiacciato, i chiodi di garofano, qualche cucchiaio di olio, l’aceto, il vino rosso secco, la salvia, la maggiorana, il prezzemolo e le bacche di ginepro. Lasciatelo nel liquido di marinatura coperto con della pellicola trasparente aderente per 24 ore, rigirandolo un paio di volte. Trascorso questo tempo, scolatelo dalla marinata, asciugatelo, tagliatelo a pezzi non troppo grandi e fatelo rosolare in un tegame con dell’olio e il pezzetto di lardo. Quando la carne sarà ben rosolata, salatela, pepatela e bagnatela con il liquido della marinatura opportunamente filtrato. Lasciate cuocere a fuoco dolce per mezz’ora circa e a tegame coperto. Aggiungetevi quindi i funghi ben strizzati dall’acqua, il latte e mescolate bene. Proseguite la cottura per un altro paio d’ore, sempre a fuoco dolce e rigirando la carne di tanto in tanto. Servire il capriolo in un piatto da portata, accompagnando con della morbida polenta o patate.

200 200 5 70 170 20 2 150

g g n g g g g g

burro zucchero a velo uova farina 0 farina di mais Sponcio nocciole tritate lievito in polvere marmellata di prugne

Preparazione Montare il burro con lo zucchero a velo e unirvi un uovo alla volta. Incorporatevi infine le due farine assieme alle nocciole tritate ed al lievito. Versare l’impasto in uno precedentemente imburrato ed infarinato e ponetelo a cuocere in forno a 180 gradi per circa 40 minuti. Togliere dallo stampo, lasciar raffreddare a farcire la polentina con la marmellata di prugne e cospargere con lo zucchero a velo sopra. Servire la torta in un piatto da portata bianco quadrato e cospargere la torta con lo zucchero a velo. La torta fa parte del ricettario storico della pasticceria Garbujo di Feltre e viene confezionata con le materie prime coltivate allora. Come il mais “Sponcio” una vecchia varietà di mais ad impollinazione libera, coltivato nella provincia di Belluno fin dall’ottocento.

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LE RICETTE

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CARFOGN DA PAVARE Ingredienti e dosi per 4 persone per la pasta 300 g farina 0 60 g di burro fuso 70 g zucchero semolato 1 n uovo intero 1 n tuorlo 1 n busta di vanillina 2 cl grappa bianca qb vino bianco qb latte 1 n scorza di limone grattuggiato per il ripieno 200 g cioccolato fondente tritato finemente 200 g semi di papavero macinati 100 g miele delle dolomiti DOP 2 cl grappa bianca 150 cl olio di semi di girasole qb zucchero a velo

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Preparazione Il carfogn è un dolce tipico della valle del Biois nella provincia di Belluno. È fatto con ripieno di marmellata di frutta o miele e di un impasto a base di papavero. Il dolcetto prende il nome dall’omonima frazione di Carfon del comune di Canale d’Agordo. Miscelare tutti gli ingredienti per la pasta assieme, incorporando i liquidi per ultimi, in modo da controllare la consistenza della pasta stessa. Lavorare per qualche minuto e mettere l’impasto a riposare avvolto nella pellicola per circa mezz’ora. Preparare la farcia mescolando tutti gli ingredienti amalgamandoli con cura. Stendere la pasta in una sfoglia sottile e dimensionarla come per la preparazione dei ravioli , farcire con un cucchiaino di farcia, ripiegando poi la sfoglia su se stessa e ritagliare con la rotella dentata. Friggere i carfogn in abbondante olio di semi bollente e scolarli. Servire i carfogn tiepidi su un piatto da portata ovale cospargendoli di zucchero a velo.

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LE RICETTE

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Fiori di sopressa e CASATELLA TREVIGIANA

BACCALà MANTECATO CON CROSTINI

TORTELLI DI RADICCHIO RIPIENI DI TROTA SALMONATA

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

400 g 500 cl 250 cl 4 n 4 n 8 n qb qb

500 g 500 g 400 g 250 ml 4 n 1 n 1 n qb

200 200 200 100 10 10

g g g g cl g

sopressa trevigiana casatella trevigiana cavolo cappuccio ribes rosso panna fresca erba cipollina

Preparazione Affettare la soppressa non troppo sottile, mescolare il formaggio con la panna e l’erba cipollina amalgamandolo bene e depositarne un cucchiaio al centro delle fette di soppressa. Tagliare sottilmente il cavolo, condirlo a piacere e disporlo al centro del piatto, con le mani formare un fiore con la soppressa ripiena di stracchino e adagiarlo sopra il cavolo. Completare il piatto con un cucchiaio di ribes fatti macerare in precedenza con un cucchiaino di zucchero, dell’acqua minerale e un cucchiaino di aceto balsamico.

I sapori della Marca Trevigiana

LE RICETTE

baccalà (stoccafisso) già ammollato latte olio di semi spicchi d’aglio cucchiai olio extra vergine d’oliva fette pancarrè farina 00 sale e pepe

Preparazione Pulire e diliscare il baccalà, togliere la pelle, infarinarlo e metterlo in una pentola con acqua metà del latte e 2 spicchi d’aglio sbucciati, metterlo al fuoco e appena prende il bollore cuocere per 10 minuti scolarlo e metterlo nel cutter. In un tegame scaldare l’olio di oliva con il rimanete aglio in camicia che verrà tolto, e versato nella preparazione. Facendo girare il cutter a bassa velocità aggiungere l’olio di semi a filo aumentando la velocità fino a completo assorbimento aggiungere il latte caldo per togliere la parte lucida. Servire con crostini di pane tostato oppure con polenta abbrustolita

radicchio di Treviso trota salmonata farina 00 panna da cucina uova cucchiaio di ricotta tuorlo d’uovo aglio, olio, sale, pepe, prezzemolo

Preparazione Preparare la pasta all’uovo, miscelare gli ingredienti con il radicchio, precedentemente pulito, lavato e tritato e far riposare l’impasto avvolto nella pellicola. Preparare la trota, togliere la pelle e tagliarla a cubetti, rosolarli in olio e aglio tritato. Frullare unendo il pane, la ricotta, il tuorlo, il prezzemolo tritato, sale tenendo da parte alcuni cubetti di trota per la decorazione. Stendere la pasta in una sfoglia sottile con la macchina e sulla striscia formare tanti mucchietti di ripieno tagliandoli in una forma a piacere con un coppapasta. In una padella per saltare fare la base con la panna, i cubetti di trota ed il prezzemolo. Cuocere i tortelli in acqua salata e condire con la salsa. Impiattare e decorare con i cubetti di trota conservati in precedenza.

TAGLIATELLE AI DUE RADICCHI CON SALSA ALL’ACETO BALSAMICO E GRANA PADANO Ingredienti e dosi per 4 persone 250 g 10 g 25 g 15 g 100 g 100 g 5 g 30 g qb 50 g

pasta fresca cipolle pancetta olio oliva radicchio rosso di Treviso I.G.P. radicchio variegato di Castelfranco I.G.P. aceto balsamico Grana Padano in scaglie sale e pepe burro

Preparazione Mettere a bollire 2 litri d’acqua salata, lavare i due radicchi e asciugarli, tagliarli a jullienne non tanto grossa. Tritare la cipolla e farla appassire con olio, aggiungere la pancetta tritata e saltare mettere il radicchio e sfumare con aceto balsamico, lasciare evaporare, salare e pepare. Stendere la pasta e formare le tagliatelle tuffarle nell’acqua bollente cuocere per 2 minuti scolarle al dente e spadellarle con il radicchio, mantecare con il burro e servire cospargendo con scaglie di Grana Padano.

I sapori della Marca Trevigiana

LE RICETTE

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PETTO DI FARAONA CON TORTINO DI PATATE E RADICCHIO DI TREVISO

TRANCIO DI STORIONE DEL SILE IN CROSTA DI MANDORLE SU LETTO DI SPINACI

CIARLOTA DI PANE E MELE

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 6/8 persone

480 g 100 g 150 g 300 g 50 g 50 g qb

800 g 500 g 80 g 100 g 50 g 50 g 1 n qb

800 g 200 g 150 g 250 cl 10 n qb

petto faraona pancetta radicchio rosso di Treviso patate cipolla olio d’oliva pepe

Preparazione Cuocere le patate in acqua , quando sono cotte pelarle e schiacciarle grossolanamente con la forchetta Tritare la cipolla e farla rosolare, lavare il radicchio (tenere da parte alcune foglie che serviranno per rivestire la formina) e tagliatelo a jullienne grossa, aggiungerlo alla cipolla rosolata e stufarlo; mescolarlo quindi le patate, salare e pepare. Rivestire le formine con le foglie tenute da parte , sbollentate in acqua e poi raffreddate in ghiaccio, riempire le formine e metterle in forno per 10 minuti a 170° C. Salare e pepare petti di faraona lardellarli con la pancetta e passarli in padella a rosolare. Metterli in forno per 10 minuti a 170° C. Montare il piatto formare i tortini di patate e radicchio e scaloppare i petti di faraona nappare con il suo fondo e d’olio oliva.

I sapori della Marca Trevigiana

LE RICETTE

storione spinaci burro mandorle a lamelle Parmigiano Reggiano pane grattuggiato arancia sale, pepe

Preparazione Pulire e sfilettare lo storione e tagliarlo a tranci. Fare un miscuglio di buccia d’arancia, parmigiano e pane grattuggiato. Versarlo sui tranci di storione, aggiungere le lamelle di mandorle, alcuni fiocchetti di burro e mettere i tranci in forno a 180°C fino a doratura. Preparare gli spinaci, passarli al burro, aggiungere parmigiano, metterli in uno stampino in alluminio monodose, passarli in forno per 5 minuti e comporre il piatto con fantasia.

pane casereccio zucchero burro latte mele tipo Renette o Imperatore sale

Preparazione Pulire e sbucciare le mele, tagliarle a pezzi e cuocerle in un tegame con lo zucchero e 50 g di burro. Tagliare a fette sottili il pane, far sciogliere il restante burro. Foderare uno stampo a semisfera con il pane lasciandone alcune fette per la copertura. Con un pennello bagnare il pane con il latte e con il burro, riempire lo stampo con la purea di mele e coprire con il restante pane, pennellare con il latte e il burro. Infornare a 190° C per 45 minuti. Togliere dal forno e lasciarlo intiepidire prima di sformarlo.

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I sapori della Marca Trevigiana

LE RICETTE


BUDINO DI ASIAGO

CREMOSO ALL’ASIAGO

PASTA FROLLA DI ASIAGO STRAVECCHIO

SFOGLIA DI MAIS CROCCANTE

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

10 10 125 4 2

cl cl g n g

latte panna fresca Asiago fresco fogli di gelatina di pesce sale

Preparazione Mettere a sciogliere l’Asiago tagliato a dadini a bagnomaria con il latte, la panna e il sale, facendo attenzione a non superare mai la temperatura dei 60° C altrimenti straccia. Passarlo al mini pimer e inserire la gelatina precedentemente fatta ammollare in acqua fredda. Passare con un colino fine e mettere il composto in stampini di silicone per formarlo quindi abbattere di temperatura fino a farlo staccare dai bordi e conservarlo in frigorifero fino al momento del servizio ben coperto.

35 150 250 50 50 100 3

cl g g g g g n

latte burro Asiago dolce panna fecola tuorlo d’uovo fogli di colla di pesce

Preparazione Mettere a bollire il latte e la panna. A parte sciogliere il burro in una casseruola quindi aggiungervi la fecola, fare cucinare un paio di minuti senza far colorare il composto e poi aggiungerlo al latte e alla panna, mescolando energicamente sino ad ottenere un composto spesso. Lasciar bollire un minuto e togliere dal fuoco. A questo punto aggiungere i tuorli d’uovo a filo sempre mescolando, l’Asiago tagliato a pezzetti e la colla di pesce precedentemente ammollata. Continuare a mescolare fino ad ottenere una consistenza vellutata e priva di grumi. Stendere il composto così ottenuto in una teglia e coprirlo con pellicola facendo attenzione a metterla ben a contatto e poi raffreddare.

250 150 100 30 20 4

g g g g g g

farina debole burro asiago stravecchio grattugiato uovo tuorlo d’uovo sale

Preparazione Stendere la farina a fontana su un piano da lavoro, mescolarla al burro con la punta delle dita quindi unire lo stravecchio, il sale e infine le uova. Formare una pasta, coprirla con la pellicola e farla riposare in frigorifero per 1 ora. Tolta dal frigorifero stenderla con un mattarello allo spessore di 5 mm, bucherellarla con i rebbi di una forchetta e copparla al diametro desiderato. Mettere i dischetti in un placca da forno precedentemente coperta con carta e cuocere a convenzione a 180° C per 10 minuti. Estrarre i dischi e lasciarli raffreddare.

100 100 100 100

g g g g

farina di mais marano burro asiago stravecchio albume

Preparazione Ammorbidire il burro fino a renderlo pomatoso, aggiungere l’Asiago stravecchio grattugiato fine amalgamandolo per bene, quindi aggiungere, alternandoli, la farina di mais e l’albume sino ad ottenere un composto omogeneo e privo di grumi. Stendere uno strato sottile del composto su un foglio di silpat o carta da forno conferendogli una forma rettangolare. Infornare nel forno a microonde a massima potenza per circa 30/40 secondi, quindi con una rotella tagliapasta formare dei quadri regolari con un lato di circa 4 cm. Infornare i quadrati ottenuti ad una temperatura di circa 140° per circa 20 minuti fino ad asciugare per bene il prodotto rendendolo croccante.

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SPUMOTTO DI ASIAGO

GNOCCHI CON LA FIORETTA BURRO E SALVIA

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 8 persone

800 g 360 g 160 g 12 n 200 g 100 g qb

100 20 50 50 3

g cl g g n

Asiago dolce latte burro farina uova intere

Preparazione Tagliare l’Asiago a cubetti, mettere a scaldare il latte in un pentolino con un presa di sale e a parte fare un roux bianco con la farina e il burro. Versare il latte sul roux e portare a cottura. Quando l’impasto avrà raggiunto la temperatura di 80° C versare l’asiago e farlo sciogliere completamente; lasciar raffreddare. Quando il composto si sarà raffreddato unire i tuorli d’uovo e successivamente gli albumi delicatamente montati a neve ferma. Mettere il composto in stampi di silicone leggermente imburrati e cuocere in forno a vapore a 70° C per 20 minuti poi a 90° C per 10 minuti. Lasciare raffreddare finchè si staccheranno dai bordi, mettere gli sformatini in una placca imburrata, spolverarli con stravecchio e riscaldarli per 10 minuti in forno a convenzione a 180 °C prima di servirli.

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Fioretta (ricotta molto umida) farina 00 pancetta affumicata foglie salvia burro Grana Padano sale

Preparazione Impastare la fioretta con la farina e lasciare riposare in frigorifero per mezzora. Nel frattempo tagliare la pancetta a tocchetti e farla rosolare in una padella antiaderente senza l’aggiunta di grassi fino a renderla croccante e metterla da parte. Formare gli gnocchi con la punta di due cucchiai e cuocerli in acqua salata. Nel frattempo insaporire il burro con la salvia e quando sarà pronto padellare gli gnocchi con il burro, il grana e prima di servirli cospargerli con la pancetta e la salvia tagliata a striscioline sottili (julienne).

RISOTTO AL LATTE CON SEDANO DI RUBBIO, ACCIUGHE E TROTA DI ALTISSIMO AFFUMICATA

CONIGLIO DI S. BIAGIO ALL’ACETO E MIELE CON PATONA DI TONEZZA

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 6 persone

320 g riso di grumolo delle abbadesse 40 cl latte ½ n sedano di rubbio 20 g acciughe 1 n trote di altissimo ½ n cipolla 60 g burro 80 g grana padano grattugiato trucioli di faggio o quercia qb olio extravergine di oliva di pove 10 cl bicchiere vino bianco secco

1 250 30 20 10 60 1000 100 100 50

Preparazione Tritare la cipolla e farla appassire con un filo di olio in una casseruola. Centrifugare il sedano e frullare le acciughe con l’acqua di sedano ottenuta e incorporarla gradualmente, quindi mettere il composto in stampini di silicone da 4 cm di diametro e abbatterli. Sfilettare le trote, metterle in una graticola del forno ventilato e nel frattempo mettere i trucioli sul fuoco all’interno di una casseruola. Quando inizieranno a fumare inseriamo la casseruola nel forno con le trote e le lasciamo affumicare fino a quando tutto il fumo all’interno della camera non si sia smorzato. Quindi cuocere i filetti di trota in forno per qualche minuto e tenerli al caldo. Mettere a scaldare il latte con altrettanta acqua. Mettere il riso in una casseruola con un filo d’olio e fare tostare, quando si sentirà un rumore di sassi sfumare con il vino bianco e lasciar evaporare completamente. A questo punto iniziamo la cottura bagnando con il latte e acqua, a metà cottura del riso aggiustiamo di sale e inseriamo la cipolla poca per volta. Una volta cotto il riso lo togliamo dal fuoco e mettiamo il burro e il parmigiano per mantecare. Serviamo in piatti da portata stendendolo e aggiungendo al centro del risotto la pastiglia di sedano e acciuga e attorno la trota spezzettata. Saliamo e finiamo con un filo d’olio extravergine.

Preparazione Disossare il coniglio cercando di non rovinarne le carni. Macinare l’aglio con il lardo e il rosmarino e ricavarne una pasta con la quale andremo a farcire l’interno del coniglio arrotolandolo poi su se stesso. In un foglio di carta forno andremo a stendere delle fettine sottili di lardo e vi poseremo sopra il coniglio arrotolato chiudendolo all’interno della carta quindi legandolo. Cucinarlo a 180°C a 42°C al cuore. Tenere al caldo fino al momento del taglio e del servizio. Per la salsa inserire gli ingredienti in un pentolino (vino bianco, aceto di vino bianco, miele) e far ridurre a consistenza desiderata. Per la patona: sbucciare le patate e tagliarle a pezzettini. Farle cuocere in acqua salata fino a renderle molto morbide. Fare insaporire lo scalogno tritato con il burro sciolto assieme al rosmarino e passare poi tutto al colino. Confezionare un roux con la farina e il burro aromatizzato, quindi unirvi le patate schiacciate e far cuocere per 15 minuti. Se necessario unire dell’acqua di cottura delle patate, il risultato dovrà assomigliare a una polenta morbida. Versare la patona sui piatti e porvi sopra qualche fetta di coniglio irrorando il tutto con il suo sugo.

n g g cl cl g g g g g qb

coniglio intero lardo stagionato rosmarino vino bianco secco aceto di vino bianco miele patate farina burro scalogno sale

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TRIPPA DI S. CATERINA Ingredienti e dosi per 4 persone 1000 g 25 cl 100 g 50 g 50 g 50 g 50 cl 50 g 2 foglie

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trippa vino bianco secco salsa di pomodoro carote cipolla sedano di Rubbio olio di Extra vergine di oliva Veneto del Grappa Asiago d’allevo stagionato alloro sale, pepe, brodo di carne

Preparazione Tritare il sedano, le carote e cipolla, far rosolare in una casseruola con l’olio e aggiungere la trippa, bagnare con vino bianco e far evaporare. Aggiungere il pomodoro e le foglie di alloro. Salare, pepare e aggiungere del brodo di carne. Far cuocere per circa due ore o fino a che la trippa non risulti tenera, servire cospargendo con l’Asiago d’allevo stagionato; accompagnare con crostoni di pane dorati, patate bollite o polenta.

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TORRESANI DI BREGANZE ALLO SPIEDO CON RADICCHIO DI ASIGLIANO STRASCINATO

PINZA ALLA VICENTINA CON CREMA ALLA CANNELLA Ingredienti e dosi per 8 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone 4 n piccioni torresani 4 n rametti di timo 3 n spicchi d’aglio ½ cucchiaio senape di dijon 10 cl olio extravergine di oliva di pove trucioli di quercia per il fondo 3,5 l acqua fredda 2 n carcasse dei torresani 400 g ghiaccio a cubetti 200 g cipolla bianca a pezzi 300 g vino rosso corposo 100 g porto rosso 130 g marsala secco 150 g carote a pezzi 100 g sedano verde a pezzi 10 g concentrato di pomodoro 1 g pepe nero 3 n spicchi d’aglio 2 n pomodori ramati 1 n foglia di alloro per la salsa 2 n radicchio di asigliano lessato e tagliato a julienne 80 g lardo fresco frullato 20 g cipolla bianca tritata ½ n aglio a spicchi 10 cl porto rosso 7 cl vino passito 5 cl marsala superiore

50 cl latte 125 g semolino 100 g zucchero 4 n uova 4 n mele 125 g fichi secchi 40 g uvetta 1 n arance ½ bustina lievito per dolci ½ bicchiere grappa 50 g farina di mais 5 g sale per la crema 125 g latte 125 g panna 50 g zucchero 3 n tuorlo d’uovo 2 g cannella in polvere

reparazione P Eviscerare i piccioni torresani (piccioni da nido, 30 giorni massimo), separare le cosce e i petti dalle carcasse, affumicarli, quindi salare e pepare, insaporire con aglio e timo e cuocere solo le cosce in olio extravergine di oliva senza superare gli 80° C per almeno 2 ore. Nel frattempo spalmare i petti di senape e scottarli in padella antiaderente con poco olio; finire la cottura in forno a 120° C con il 20% di umidità per 14 minuti. Rosolare le carcasse di piccione in una teglia con l’olio, le verdure, il pepe e l’aglio. Scolare dal grasso e tostare in forno a 170° C per 10 minuti; trasferire in una casseruola calda, unire il concentrato di pomodoro, rosolare bene e sfumare con i vini, sobollire dolcemente per 10 minuti, togliere dal fuoco e riposare per 3 ore. Coprire con l’acqua e il ghiaccio e riportare a cottura lentamente per 3 ore, avendo cura di schiumare periodicamente la superficie. Passarlo al colino, sgrassarlo e ridurlo a 400 gr. In una casseruola rosolare il lardo, la cipolla e l’aglio con un filo d’olio; aggiungere il radicchio preparato. Aggiustare di sapore e tenere in caldo fino al servizio. Ridurre i vini al fuoco a 30 gr di peso. Disporre un cucchiaio di radiccio sul piatto, adagiarvi sopra una coscia, disporre un petto e un’ala, glassare con il fondo la carne e completare decorando con la riduzione di vino.

Preparazione Mettere in una casseruola il latte e lo zucchero, quando avrà raggiunto il bollore spegnere il fuoco e con una frusta inserire il semolino tutto insieme, cuocerlo per qualche minuto e metterlo a raffreddare. Nel frattempo sbucciare le mele e tagliarle a fettine sottili. Tagliare anche i fichi a cubetti e mettere l’uvetta a bagno con la grappa. Riprendere il semolino e inserire le uova una per volta, quindi mettere le mele, i fichi, l’uvetta, la buccia grattugiata dell’arancia e un pizzico di sale, e infine la mezza busta di lievito. Mettere l’impasto in una tortiera imburrata e infarinata con la farina di mais. Infornare a 150° C per 30 minuti circa. Sfornare e lasciare raffreddare. In una casseruola mettere a scaldare in latte con la cannella e a parte montare a bagnomaria le uova con lo zucchero. Quando le uova saranno spumose versare il latte e portare a cottura facendo attenzione a non superare la temperatura di 85° C. Mettere a raffreddare la crema in acqua e ghiaccio.

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LUCCIO DEL LAGO DI GARDA IN SALSA

RISOTTO CON IL TASTASAL

TAGLIATELLE AL RAGU’ DI CORTILE

STRACOTTO DI MANZO ALL’AMARONE

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

320 g 350 g 1 l 100 g 1 n 1 n 80 g qb

per la pasta 80 g farina fioretto di mais 120 g farina di grano tenero 2 n uova medie qb sale per il ragù 1 n cosciotto di pollo 1 n cosciotto di faraona 1 n coscia di coniglio 1 n scalogno medio 1 n cipolla piccola ½ n costa di sedano 1 n carota 10 cl vino bianco secco 20 cl olio extravergine di oliva 1 n spicchio d’aglio qb sale qb alloro, salvia, rosmarino

800 g 4 n 2 n 2 n 1 l 500 g

Preparazione Iniziate spolpando il pollo, la faraona e il coniglio, tagliando poi la carne con il coltello a pezzi medio piccoli. tagliate a dadini piccoli cipolla, scalogno, sedano e carota. Mettete il trito ad ammorbidirsi con poco olio a fuoco dolcissimo per 3-5 minuti. Aggiungete quindi la carne e l’aglio e fate dorate leggermente mescolando. Aggiungete la salvia tritata, il rosmarino a ciuffi e l’alloro. Dopo qualche minuto bagnate con il vino e fate andare dolcemente fino a quando sarà completamente assorbito. Preparare quindi le lasagne con il classico sistema della fontana con le farine setacciate e mescolate in cui versare l’uovo, il sale. Impastate per 10-15 minuti fino ad ottenere un impasto liscio ed elastico. Avvolgete nella pellicola e lasciate riposare per 20-30 minuti. Tirare la sfoglia sottile, arrotolarla e tagliarla per ottenere le tagliatelle, da cuocere in abbondante acqua bollente salata, modulando la cottura sullo spessore della pasta. Condire con il ragù, aggiungendo a piacere del formaggio stagionato grattugiato.

Preparazione Mondare la verdura e tagliarla a pezzetti. Mettere in una casseruola il muscolo con le verdure, il rosmarino, l’alloro, la cannella, il pepe, il ginepro e il lardo, e ricoprire il tutto con l’amarone. Lasciar riposare per 24 - 36 ore in un locale fresco. Dopo di che mettere la casseruola sul fuoco a fiamma lenta per circa 3 ore. A cottura della carne ultimata, estrarla dalla casseruola e metterla da parte. Passare al setaccio le verdure per ottenere un sugo denso. Tagliare la carne a fette e metterla in un piatto da portata, ricoprirla con il sugo e accompagnare il tutto con polenta Maranello; guarnire con un rametto di rosmarino e prezzemolo.

1 150 80 1 20 10 10

n g g n cl cl g

luccio di medie dimensioni pulito agole salate capperi sotto sale limone non trattato vino bianco di Custoza olio extravergine di oliva del Garda cannella

Preparazione Spellate la cipolla, lavatela, asciugatela e tagliatela a metà. Lavate il limone accuratamente e tagliatelo a spicchi. Portate a ebollizione abbondante acqua bollente salata. Aggiungete la cipolla e il limone e fate riprendere l’ebollizione. Versate il vino e immergete il luccio. Cuocete per circa 35 minuti. Nel frattempo, sciacquate i capperi e metteteli a bagno in acqua fredda per circa 10 minuti. Sgocciolateli, sciacquate di nuovo (per dissalarli) e strizzateli delicatamente. Preparare la salsa, amalgamando bene le agole salate cotte in poco olio extravergine di oliva, i capperi, il succo di limone ed il restante olio. Spolverare di cannella il pesce cospargendolo con la salsa. Lasciar riposare due ore e servire con polentina abbrustolita.

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riso Vialone nano tastasal brodo vegetale burro spicchio d’aglio cipolla Grana Padano noce moscata, sale e pepe

Preparazione Il tastasal è un impasto di carne di maiale macinata, salata, e insaporita con sale e pepe nero grosso frantumato; si tratta dello stesso impasto usato per fare il salame. Le massaie della Bassa Veronese (Isola della Scala, Trevenzuolo, Vigasio) usano preparare il risotto col tastasal per assaggiare la pasta dei salumi prima di insaccarli. Da questa verifica deriva il nome del condimento: tastare la salatura (della carne di suino), da cui tastasal. Per la preparazione si procede in questa maniera: versate il riso nel brodo bollente e mescolate lentamente, reintegrando se necessario il brodo. Frattanto, in un tegamino preparate il ragù, rosolando il tastasal nel burro insieme con la cipolla tagliata a strisce sottili e con uno spicchio di aglio. A tre quarti cottura unite il tastasal al riso, amalgamandolo bene; infine, spolverate con parmigiano grattugiato e, a piacere, con un pizzico di noce moscata. Una variante di questa ricetta consiste nell’aggiungere il ragù e il formaggio in due successive riprese: una prima metà a tre quarti della cottura, e la seconda al momento di servire.

muscolo / coscia di bovino scalogni carote coste di sedano aromi (1 mazzo di erbette, 2 foglie di alloro, 1 rametto di rosmarino, 1 stecca di cannella, pepe nero in grani, bacche di ginepro) lardo stagionato vino Amarone farina da polenta Maranello Fine

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BOLLITO CON PEARà

Nadalin

PASTA FROLLA DELLA LESSINIA

Ingredienti e dosi per 8/10 persone

Ingredienti e dosi per 6 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

1000 1 500 500 500 500 100 100

g n g g g g g g

muscolo di manzo gallina ruspante testina di vitello cotechino lingua di vitello salmistrata cipolle carote sedano

Preparazione Fate bollire la gallina e il manzo (preferibilmente la coscia) assieme alla carota, alla cipolla e al sedano fino a perfetta cottura delle carni. A parte preparate il cotechino, la testina di vitello e la lingua: separatamente verranno fatti bollire in acqua, facendo attenzione di mantenere intatto il budello del cotechino (si può avvolgere con della garza e legare alle due estremità con lo spago) e ricordandosi che l’acqua in cui fate bollire la lingua deve essere cambiata almeno una volta durante la cottura.

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Ingredienti e dosi per la salsa pearà 50 g burro 150 g pane grattuggiato 60 g midollo di bue 1 l brodo di carne 15 g pepe nero macinato fresco qb sale

500 100 150 3 60 1 70 1 5

g g g n g n g n g

farina 00 burro zucchero uova lievito di birra succo di ½ limone mandorle tritate busta di vanillina sale

Preparazione Preparazione: impastate le uova con la farina, il burro, lo zucchero, il succo di mezzo limone e un po’ d’acqua completando il tutto con una presa di sale, il lievito e una fiala di vaniglia. Lasciare lievitare il tutto per almeno tre ore in ambiente tiepido e coperto con un panno. Disponete l’impasto nello stampo. Mettete sopra mandorle e zucchero. Infornate a temperatura non elevata per un’ora scarsa, cospargendo con zucchero vanigliato.

400 200 150 50 6 1 1 1 5

g g g g n n n n g

farina zucchero burro strutto tuorli d’uovo bustina di lievito per dolci limone non trattato bustina di vanillina sale

Preparazione Lavorare zucchero, burro e strutto, unirvi la vanillina e la scorza grattugiata del limone, aggiungere mescolando velocemente, i tuorli e il sale, unire versando a pioggia, farina e lievito. Lavorare energicamente fino ad ottenere un composto sodo ed omogeneo modellare l’impasto dandogli una forma circolare con diametro di 20-25 cm e spessore di 5-6 mm. Cospargere la superficie con dello zucchero semolato. Cuocere in forno a 180°C per circa 20 minuti, far raffreddare e servire accompagnata da un recioto di soave o da una grappa bianca.

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Preparazione Sciogliete in un coccio di terracotta il burro e il midollo di bue; aggiungete il pane grattugiato e rimestare con un mestolo in legno in modo che il pane assorba tutto il condimento. Continuando a mescolare aggiungete il brodo bollente e lasciate cuocere per un paio d’ore a fuoco lento. A fine cottura aggiustate di sale e aggiungete una spolverata di pepe nero (appena macinato). La salsa pearà deve risultare cremosa, quindi regolatevi aggiungendo, a seconda del caso, un po’ di brodo o di pane grattugiato. Un’altra salsa diffusa nel veronese, ottima per accompagnare le carni bollite, è il cren. Si ricava dal rafano, una pianta erbacea perenne, le cui radici vengono grattugiate e condite con aceto e sale. Usatelo con cautela, perché è un condimento davvero molto piccante.

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Tartara di gamberi e insalata di polipo

Astice in bellavista

RISOTTO AGLI SCAMPI

SEPPIE IN NERO

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

250 g code di gambero o mazzancolle 400 g polipo 2 n gambi di sedano 1 n cipolla 1 n carota 2 n foglie di alloro 2 n limoni 1 n mela 3 n spicchi di aglio 10 cl olio extravergine di oliva qb sale, pepe, prezzemolo

1000 8 30 1 2 100 100 1

280 g 16 n 900 g 1 l 80 g 30 cl 20 cl qb

1000 60 1 20 20 20 20 10

Preparazione Lavate il polpo e privatelo del becco, dell’occhio e dell’intestino. Mettete a bollire dell’acqua salata con il sedano, la cipolla e l’alloro. Appena bolle versateci il polpo e fatelo cucinare per 30 minuti. Dopo la cottura adagiatelo su un tagliere tritandolo a pezzetti di media grandezza. Pulite i gamberi e tritateli grossolanamente Nel frattempo preparate il condimento con olio, succo di limone, sale, pepe, aglio e prezzemolo tritati. Condite separatamente e lasciate riposare in frigo per un paio d’ore. Disponete con uno stampino a piacere il polipo e sovrapponete con uno stampino più piccolo i gamberi completate con un trito di carote o peperoni.

Preparazione In una grande casseruola fate imbiondire, con il burro, la carota e le cipolle affettate; versatevi il vino e l’acqua, il prezzemolo, alloro e timo, sale e pepe. Fate prendere il bollore, poi immergetevi l’astice (cercando di non rompere le antenne) possibilmente viva, fatela cuocere per 20-25 minuti e lasciatela raffreddare nel brodo di cottura. Togliete l’astice dall’acqua, appoggiatela con il dorso su un telo e con le forbici tagliatela longitudinalmente dalla coda alla testa. Estraetene delicatamente la polpa tenendola intera, poi tagliatela a fette regolari. Disponete il guscio dell’astice su un piatto da portata guarnito con lattuga, la testa alzata con una coppetta anch’essa ricoperta di lattuga e copritene il dorso con le fette di polpa leggermente sovrapposte; decoratele con maionese.

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g n g n n cl cl n qb

astice fondo di carciofo burro carota cipolla vino bianco secco acqua mazzetto di prezzemolo alloro,timo,pepe in grani

riso Carnaroli di Eraclea scampetti vongole veraci brodo vegetale scalogno Prosecco di Valdobbiadene brut olio extravergine Veneto del Grappa aglio e prezzemolo

Preparazione Pulire gli scampi tagliandoli nel carapace sotto fino alla testa togliendo solamente il sacchettino che vi si trova e il sbudellino che corre lungo il corpo. Lasciamo interi due scampi a testa e con gli altri togliamo la testa e la schiacciamo ( non buttiamola ma mettiamola nel brodo di pesce). Recuperiamo l’umore che ne esce in una cocotte e sbucciamo la coda, conservando anche quella nella cocotte. Prepariamo in una padella olio evo, aglio e stufiamo prima le code con il succo degli scampi e poi aggiungiamo gli scampi interi, li sfumiamo con del prosecco e li aggiustiamo di sale e pepe e li stufiamo pochissimi minuti e li teniamo da parte. Laviamo e battiamo le vongole veraci in modo che non abbiamo più sabbia all’interno. Prepariamo in una padella olio evo, aglio, prezzemolo tritato un poco di prosecco e un goccio di limone, appena il sughetto comincia a bollire buttiamo le vongole pulite, aggiustiamo con pochissimo sale e pepe e copriamo con un coperchio. In pochissimi minuti si apriranno liberando il loro ottimo umore. Tolgo dal fuoco e tolgo la metà dei frutti dalla conchiglia e li metto a parte, conservando al caldo il resto con il sugo. Mondare e tritare finemente lo scalogno e l’aglio (secondo il gusto personale e degli ospiti) metterlo a stufare con un po’d’olio extra vergine d’oliva, una volta diventato lucido e trasparente buttare il riso e mescolare, aspettare fino a quando il riso soffrigge a questo punto bagnare con il prosecco e farlo evaporare. Continuare a bagnare il riso con il brodetto di pesce. A metà cottura aggiungiamo gli scampi sgusciati ed il loro sugo e le vongole sgusciate con il loro sugo, tenendo a parte gli scampi interi e le vongole nella conchiglia. Una volta ultimata la cottura del riso procedete alla mantecatura e unite una buona spolverata di prezzemolo tritato.

g g n cl cl cl cl g qb

seppie fresche cipolla spicchio d’aglio vino bianco secco salsa di pomodoro brodo vegetale olio extravergine d’oliva Veneto del Grappa prezzemolo tritato sale

Preparazione Pulire accuratamente le seppie eliminando interiora e pelle, ma tenendo il sacchetto del nero da parte, lavarle accuratamente sotto acqua corrente e tagliarle infine a listarelle. In un tegame far rosolare la cipolla tritata con l’aglio, poi unire le listarelle di seppie col prezzemolo e una volta che appariranno dorate insaporirle con il vino bianco facendolo poi sfumare. Proseguendo la cottura aggiungete i sacchetti del nero, schiacciandoli se occorresse e proseguire la cottura per altri 30 minuti unendo la salsa di pomodoro e bagnando con altro brodo se il composto si asciugasse troppo. A fine cottura regolare di sale e servire a tavola ben caldo accompagnando le seppie con polenta bianca.

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Moeche fritte

ROMBO AL FORNO CON PATATE

FRITTELLE VENEZIANE

CREMA IN ROSADA

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 8/10 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

600 g 3 n 150 g 100 cl qb

1500 1000 1 20 1

granchi molli vivi uova farina per friggere olio per friggere sale

Preparazione Lavare i granchi in acqua salata, scolarli e, ancora vivi, sistemarli in una scodella con le uova sbattute (durante questo tempo le moeche mangeranno tutto l’uovo sbattuto fino a soffocarsi). Passarli nella farina comprimendo leggermente per farla aderire, in seguito vanno fritti in abbondante olio di semi e servite calde e croccanti.

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LE RICETTE

g g n cl n g qb

rombo patate spicchio d’aglio olio extravergine d’oliva Veneto del Grappa spicchio d’aglio prezzemolo sale, pepe

350 50 40 70 20 100

g g g g g cl

farina di frumento 00 zucchero pinoli uva sultanina lievito di birra olio di arachide

Preparazione Spellate l’aglio e tritatelo finemente; lavate un ciuffetto di prezzemolo e tritatelo finemente; metteteli a macerare in una salsiera con 3 cucchiai d’olio. Pelate le patate e tagliatele a fettine (rondelle) molto fini, quindi disponetele in una Teglia e condite con olio, sale e pepe secondo i vostri gusti mescolando accuratamente. Sciacquate il rombo, salatelo, pepatelo e ungetelo con un po’ d’olio, quindi mettetelo sulle patate con la parte scura della pelle (quella più dura) verso l’alto. Mettete la teglia in un forno preriscaldato a 180° e lasciate cuocere il rombo e le patate per circa 20 minuti. Quando le patate inizieranno a colorirsi anche il rombo sarà cotto. Togliete la teglia dal forno e, aiutandovi con un cucchiaio, pulite il rombo eliminando la pelle e le spine.

Preparazione Mettiamo in una ciotola la farina, il lievito di birra (diluito in precedenza con un terzo di bicchiere di acqua tiepida) e lo zucchero. Versiamo acqua in abbondanza sul composto finché diventa gommoso. Aggiungiamo un pizzico di sale, l’uvetta (che avremo fatto intenerire in precedenza in un bicchiere di acqua tiepida) e i pinoli. Mescoliamo il tutto per almeno 20 minuti finché tutti gli ingredienti si saranno ben amalgamati. Copriamo il composto con un tovagliolo e lo lasciamo riposare per qualche ora durante le quali lieviterà. Quando il composto avrà raddoppiato il suo volume lo dovremo mescolare ancora, e se non sarà sufficientemente gommoso aggiungiamo dell’acqua. A questo punto sagomiamo a mano il composto, formando le nostre frittelle e le mettiamo in olio bollente. Quando le frittelle sono dorate al punto giusto scolarle.

PRESENTAZIONE DEL PIATTO Preparate i piatti individuali e servite il rombo con le patate subito accompagnandolo con la salsa a base di olio, aglio e prezzemolo.

PRESENTAZIONE DEL PIATTO Disporre le frittelle su un piatto da portata con alla base della carta da cucina per assorbirne l’olio in eccesso. Spolverare con zucchero a velo e servire tiepide o fredde.

240 250 100 20 4

g g cl g n

zucchero tuorlo d’uovo latte UHT miele stecca di vaniglia

Preparazione Sbattere i tuorli con lo zucchero in una bastardella, ultimata questa operazione aggiungere la vaniglia e il latte intiepidito precedentemente, una volta finito l’ amalgama cuocere a vapore a 92° C per circa 20 minuti. Mettere il composto in bicchieri e decorare con una stecca di vaniglia. All’origine questa preparazione non era nient’altro che una crema densa che veniva soffritta in padella, i suoi ingredienti erano zucchero, uova, farina. Con il passare del tempo e con l’evoluzione della cucina, oltre a tre semplici ingredienti se ne sono aggiunti altri come la vaniglia, latte, e tolta la farina. Oltre al cambio degli ingredienti anche il modo di cuocerla è cambiato, difatti ora viene cotta a vapore.

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Isole Laguna e Terraferma il gusto di scoprire

LE RICETTE


ZAETI VENEXIANI Ingredienti e dosi per 4 persone

250 250 150 200 3 100 1

g g g g n g cl

farina di frumento 00 farina di mais zucchero burro uova uva sultanina marsala secco

Preparazione Sbattere le uova con lo zucchero in una bastardella. Mescolare le due farine, la scorza di limone, il sale, la vanillina. Incorporare il burro e fare un briciolame, aggiungere poi le uova con l’uvetta e il marsala, se necessario aggiungere qualche cucchiaio di latte. Far riposare in frigo almeno due ore. Poi stendere la sfoglia, tagliare a rombi. Cuocere in forno pre-riscaldato a 180° C per 12-15 minuti. Devono dorare, spolverare poi per bene con zucchero a velo. Disporre i biscottini in un vassoio bianco, in ceramica. Riporli uno vicino all’altro e poi cospargerli di zucchero a velo.

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LE RICETTE


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INSALATA DI GALLINA

RISOTTO RICCO DI PADOVA

RISOTTO DI RANE AI TRE BRODI

BIGOLI AL RAGÙ D’ANATRA

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

200 g 120 g 200 g 60 g 5 cl 5 cl 30 g 70 g 80 g qb

100 g 300 g 30 g 80 g 300 g 200 g 100 g 6 cl 300 g 300 g 15 cl qb qb qb

per la pasta 500 g farina 00 4 n uova intere 50 g burro per il ragù 300 g petto d’anatra 100 g cipolla 50 g sedano 100 g carote 20 g rosmarino 20 g salvia 20 g aglio 20 cl olio extra vergine di oliva 200 g pomodori ramati 150 cl brodo di carne 15 cl vino rosso secco

petti di gallina rucola insalatina novella pinoli succo di limone olio extra vergine di Oliva costa di sedano cipolla carote sale

Preparazione Preparare una brunoise con sedano carote e cipolla. Pulire e preparare i petti di gallina. Mettere sottovuoto il petto con le verdure e cuocere e cuocere a vapore a 85 gradi per 2 ore. Preparare una vinaigrette con succo di limone, olio d’oliva, sale e pepe. Condire l’insalata con la vinaigrette, unire i pinoli e disporne un ciuffo sul piatto. Adagiare il petto di pollo tiepido opportunamente scaloppato sopra una parte di insalata e bagnare anche quest’ultimo con un po’ d’olio extra vergine di oliva. Servire l’insalata accompagnata da alcune foglie di lattuga su un piatto bianco rotondo.

Dai Colli Euganei fino a sfiorare il mare

LE RICETTE

30 250 120 120 30 100 80 80 80 50 50 50 15

g g g g g g g g g g g g cl

piselli riso vialone nano burro Grana Padano funghi fegatini di pollo polpa di vitello polpa di pollo salsiccia cipolla carote sedano vino

Preparazione Iniziare a tritare la cipolla la carota e il sedano. Tagliare nella a piccoli pezzi le carni per il risotto. Prendere una pentola da risotto grande e bassa, metterla nel fuoco a medio calore e aggiungere l’olio per rosolare le verdure. Introdurre nella pentola le verdure e le carni, far soffriggere per 5 minuti. Aggiungere il riso alzare la fiamma e intanto girate il risotto per non farlo attaccare nella pentola. Fare questo lavoro per 5 minuti, fino a tostatura avvenuta poi aggiungere poca acqua precedentemente scaldata mescolare periodicamente e aggiungere poca acqua per far cuocere il riso. A metà cottura aggiungere i funghi precedente medio cotti, salare il riso e a fine cottura mantecarlo con burro e parmigiano. Disporre il riso nel piatto nella forma dovuta e accompagnarlo con le carni. Versare una porzione di risotto sul piatto, decorare con una vela di grana e alcuni bocconcini di carne di vitello pollo e fegatini. Il piatto è l’espressione più genuina di questa provincia, del sapere veneto, dove vicino alle università prosperavano famose trattorie che invitavano alunni e professori a rifarsi delle ore di fatica, gustando un risotto dal punto di vista nutrizionale completo.

rane fresche riso vialone nano burro Grana Padano cipolla carote sedano olio di oliva carcasse di carne di manzo carcasse di pesce (scorfani e saraghi) vino bianco secco sale pepe prezzemolo

Preparazione Preparare un brodo di carne, uno di verdure e uno di pesce. Pulire le rane e scottarle in acqua bollente staccare la carne dalle ossa e pestarle. Rosolare la cipolla con aglio e metà prezzemolo, aggiungere la carne delle rane e cuocere per circa 2 minuti. Dividere in tre il riso e tostare in tre tegami diversi con relativa cipolla e olio, aggiungere la carne delle rane in parti uguali in tre tegamini. Sfiammare con vino bianco e spartire il risotto in ogni tegame con il rispettivo brodo. Quando è pronto mantecare il riso tranne il risotto col brodo di pesce in cui non si aggiunge il grana padano. Servire a piacere tenendo separati i tre risotti. Le Rane, antica tradizione si alcune zone del Padovano, in particolare di Grossa di Gazza Padovano e di Cittadella dove a giugno vengono effettuate delle sagre con tipicità e piatti a base di questo piccolo anfibio.

Preparazione Unire tutti gli ingredienti per la pasta in una planetaria e impastare fino a ottenere un impasto omogeneo, lasciarlo riposare almeno mezzora in frigorifero. Tagliare le verdure e il petto di anatra a concassè. Soffriggere le verdure con poco olio, un mazzetto di erbe aromatiche e uno spicchio d ‘aglio. Infarinare leggermente la carne e saltarla in padella con poco olio. Riunire tutto nella pentola del soffritto, sfumare con il vino rosso, aggiungere il brodo, chiudere con coperchio e lasciare sobbollire a circa 2 ore. A meta cottura aggiungere una dadolata di pomodori senza semi precedentemente spellati. Tirare la pasta dei bigoli e tagliarla con il bigolaro. Cuocere la pasta, scolarla e saltarla in padella con il ragù e poca acqua di cottura per mantecarla. I bigoli con l’anitra erano inizialmente tipici della cittadina di Thiene, ma sono stati con il tempo apprezzati in tutta la provincia di Vicenza e di Padova. Un detto dice: “Arna lesa e bigoło tondo, a ła sera contenta el mondo”.

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POLENTA FASOÀ

CAPPONE IN CANEVERA

ARROSTO DI FARAONA CON OLIVE NERE

TORTA PAZIENTINA

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 8/10 persone

200 g 350 g 50 g qb

2000 70 70 70 3 2

400 g 50 g 50 g 90 g 70 g 20 n 1 n 10 cl qb qb

per il pan di Spagna 4 n uova intere 190 g zucchero 200 g farina 30 g mandorle raffinate per la pasta bresciana 50 g burro 50 g farina 50 g mandorle raffinate 50 g zucchero per la crema zabaione 45 cl marsala 100 g zucchero 8 n tuorli d’uovo 90 g zucchero 80 g amido

fagioli di Lamon farina bianca di granoturco strutto sale, pepe

g g g g n n

cappone costa di sedano cipolla carote spicchi d’aglio foglie di alloro

per la salsa verde 60 g acciughe 60 g cetriolo sotto aceto 60 g prezzemolo 60 g capperi 20 cl olio extra vergine di oliva qb pepe qb sale

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Preparazione Mettere in ammollo i fagioli per almeno dodici ore; farli bollire in una pentola con acqua per circa quaranta minuti, scolarli e passarne metà con il passaverdure. In un paiolo capiente portare l’acqua a ebollizione, aggiungere i fagioli interi e quelli ridotti in purea, versare la farina di granoturco come per una normale polenta, aggiungere abbondante sale, pepe, lo strutto o l’olio e portare a termine la cottura. A cottura ultimata versare il composto su un tagliere e lasciare raffreddare. Rassodata, tagliata a fette e arrostita sulla brace è il contorno ideale per le braciole di maiale alla griglia. La polenta fasoà utilizza due alimenti centrali nella cucina veneta: la polenta e i fagioli, ed è considerata la pietanza adatta alle festività e alle ricorrenze religiose: a Padova è “cibo di devozione” per i defunti.

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LE RICETTE

Preparazione Tagliare tutte le verdure a pezzi condirle con olio e sale ed introdurle nella pancia del cappone con alloro e aglio, quindi legare per trattenerle all’interno, lasciando uno spazioper infilzare con la canna di bambù il cappone. Inserire il cappone all’interno del sacchetto per sottovuoto (in sostituzione della vescica di maiale) e legare molto forte l’estremità del sacchetto. Immergete il tutto in una pentola con abbondante acqua o anche brodo lasciando fuoriuscire dal liquido la canna di bambù e cuoccere per 3 ore a fuoco lento. Nel frattempo preparare la salsa Verde; prendiamo tutti i nostri ingredienti, li tritiamo al frullatore ad immersione ed emulsioniamo in tutto con l’olio. Trascorse le 3 ore controlliamo il cappone e se pronto di cottura lo togliamo dal sacchetto sottovuoto avendo cura di recuperare il sugo depositato sul fondo. Tagliamolo alternando coscia, petto e polpa, aggiungendo alcuni pezzi di verdura del ripieno. Servire caldo con il suo sugo e la salsa verde a parte

cosce di faraona disossate olive nere costa di sedano cipolla carote pan grattato tuorlo d’uovo vino bianco pepe sale

Preparazione Salare e pepare le cosce di faraona. Preparare un patè con le olive nere, il pan grattato e il tuorlo per legare bene il tutto. Arrotolare le cosce col ripieno precedentemente descritto e legare con uno spago. Mettere i rotoli in una placca con un fondo di olio, carote, sedano e cipolle tagliate a cubetti. Cucinare con sonda al cuore 82° C (cottura proteine tuorlo) per circa 15 minuti, a metà cottura sfumare col vino bianco. Servire la coscia di faraona tagliata a quarti, su un piatto da portata, contornata con le olive nere.

Preparazione PAN DI SPAGNA: Montare le uova con lo zucchero, incorporare a mano la farina, alla quale sono state precedentemente aggiunte le mandorle raffinate. Versare il composto in stampi rotondi imburrati per ¾ della loro capienza. Infornare a 180° per 18 minuti circa. Far raffreddare. PASTA BRESCIANA: Versare tutti gli ingredienti insieme e lavorare fino ad ottenere una pasta omogenea. Stendere il composto e con un matterello ridurlo ad uno spessore di mm 8, da cui successivamente ricavarne dei cerchi dello stesso diametro del pan di spagna. Infornare a 180° per 15 minuti circa. Far raffreddare. CREMA ZABAIONE: Mettere a bollire il marsala con lo zucchero. A parte sbattere i tuorli con lo zucchero. Aggiungere poi l’amido e un cucchiaio di marsala freddo per amalgamare il tutto. Frustando energicamente, versare il composto nel marsala in ebollizione finché non si addensa; una volta ripreso il bollore continuare a mescolare e cuocere per 6 minuti circa. Togliere dalla pentola e far raffreddare. MONTAGGIO: Disporre su di un piano un disco di pasta bresciana, precedentemente spalmato sulla superficie superiore con un velo di cioccolato fuso fondente onde evitare di inumidire la pasta stessa con la crema. Stendere uno strato di crema zabaione e coprire con un disco di pan di spagna, quest’ultimo va imbevuto con una bagna al rhum. Stendere un altro strato di crema zabaione e coprire con un ultimo disco di pasta bresciana anch’essa spalmata di cioccolato fondente, questa volta sulla superficie inferiore. Coprire tutto il dolce con un sottile strato di mousse al cioccolato fondente a cui far aderire scaglie di cioccolato anch’esso fondente. Infine spolverizzare con cacao amaro.

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CASTAGNOLE

CROSTOLI O GALANI

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

400 g 3 n 150 g 10 cl 8 cl 15 g 1 n 1 n qb qb

farina uova zucchero latte olio extra vergine di oliva bicarbonato o baking powder bacca vaniglia limone grattuggiato sale zucchero a velo

Preparazione Una volta setacciata la farina con il bicarbonato ed estratti i semi dalla bacca di vaniglia, mettere tutti gli ingredienti in planetaria. Quando l’impasto risulterà liscio ed omogeneo, estrarlo dalla planetaria e cominciare a formare delle palline ed infilzarle con uno stuzzicadenti come una specie di spiedino. Mettere le castagnole a friggere in olio di semi bollente finché non risulteranno belle dorate. Una volta pronte asciugarle e disporle su un piatto nero con una salsa di ribes e una spolverata di zucchero a velo.

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LE RICETTE

500 4 200 100 2 100 2

g n g g cl cl g

farina di frumento 00 uova zucchero zucchero a velo grappa olio di semi di girasole sale

Preparazione Versate la farina sulla spianatoia, fate un buco nel mezzo e versatevi le uova, la grappa, lo zucchero, la buccia di limone grattata, un pizzico di sale. Amalgamate sino a ottenere un composto omogeneo. Formate con la pasta una palla, avvolgetela con la pellicola alimentare e lasciatela riposare per circa 1 ora. Trascorso questo tempo, aggiungere li burro ammorbidito tagliato a cubetti impastare per 5 minuti, con l’aiuto di un matterello o dell’apposita macchinetta, stendete una sfoglia sottile e ritagliatela con la rotella in rettangoli irregolari. Versate l’olio in una padella dai bordi alti, fatelo riscaldare; quando è caldo circa 180 gradi tuffatevi i crostoli e fateli friggere fino a che risulteranno dorati e avranno formato in superficie alcune bollicine (tipiche dei crostoli). Prelevate i crostoli con una schiumarola, sgocciolateli, sistemateli su un foglio di carta assorbente per far loro perdere il grasso in eccesso . Servire i crostoli in un piatto o in un contenitore rettangolare spolverando i crostoli con abbondantemente zucchero a velo e serviteli caldi o freddi. La tradizione di questo dolce si è ben affermata nelle pasticcerie di Padova e in generale di tutto il Veneto, che nel periodo di Carnevale producono questo dolce come tradizione ormai assodata.

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RANE IN GUAZZETTO

ALICI MARINATE CON PEPERONI ARROSTITI E AGLIO BIANCO POLESANO DOP IN AGRODOLCE

RISOTTO CON L’ANGUILLA

TONNARELLI AL NERO DI SEPPIA CON CARBONARA DI MARE

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

400 g 200 g 50 g 50 g 50 g 10 g 10 cl qb

500 g 12 cl 19 cl 400 g 160 g 10 g 50 cl 200 g 50 cl qb

400 g 350 g 10 g 2 n 50 g 5 cl qb

200 g vongola 200 cl cozza 200 g seppia 200 g code di gambero 5 cl olio extra vergine di oliva 250 g ricotta di vacca 4 n uovo di gallina intero 50 g grana padano per la pasta 250 g farina di frumento tipo 00 250 g semola 15 cl aceto bianco qb sale, pepe, nero di seppia

rane passata di pomodoro sedano carota cipolla prezzemolo tritato olio extravergine di oliva sale

Preparazione In una padella larga e bassa far rosolare il trito di verdure in tre cucchiai di olio extra vergine di oliva. Sciacquare e infarinare le rane, farle rosolare nella padella con il trito. Aggiungere poi la passata di pomodoro, regolare di sale, coprire e lasciare cuocere a fuoco dolce per circa 10 minuti. A cottura ultimata aggiungere una manciata di prezzemolo tritato e servire accompagnando con pane casereccio.

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LE RICETTE

alice fresca succo di limoni olio di oliva extra vergine peperoni rossi e gialli peperoni verdi aglio vino bianco secco zucchero aceto paglierino sale pepe acqua

Preparazione Eviscerare la alici, e con una forbice tagliare la testa e la coda; tagliarle a metà ricavandone due filetti e lavarli bene con acqua ghiaccio e il succo di limone, quindi asciugarli. Stendere i filetti di alici in una teglia, condirli con sale pepe l’olio il succo di limone e la buccia grattugiata. Lasciare marinare almeno per un’ora. Togliere la pelle ai peperoni, infornandoli a 200°c per circa 20 minuti, oppure friggendoli in abbondante olio di semi a 180°c, oppure arrostirli direttamente sulla fiamma bruciando tutta la pelle e raffreddare subito in acqua e ghiaccio. Togliere la pelle asciugarli e tagliare dei filetti larghi 0,5 centimetri e della stessa lunghezza delle alici. Mettere in una casseruola tutti gli ingredienti tranne l’aglio, e far sobbollire per 7-8 minuti. Pelare l’aglio e privarlo del germoglio quindi metterlo nella casseruola e farlo bollire per circa 10 minuti. Toglierlo, farlo raffreddare e quindi metterlo in un contenitore e coprirlo con l’olio extra vergine di oliva. Sciogliere il sale e pepe nel succo di limone e aggiungere l’olio a filo emulsionando bene. Adagiare nel piatto le alici con i filetti di peperone alternati secondo i colori; condire con l’olio e limone e accompagnare con 3 pezzi di aglio agrodolce. Impiattare su un piatto rettangolare.

anguilla di fiume riso igp polesine aglio bianco limoni medi pecorino romano olio di oliva extra vergine prezzemolo, alloro, sale, pepe

Preparazione Lavare l’anguilla eliminare le il rivestimento mucoso aiutandosi con della farina di mais; sventrare, eviscerare e tagliare in pezzi. Cuocere l’anguilla in umido con delle spezie come alloro, prezzemolo, rosmarino, pepe e sale. Fare soffriggere l’aglio polesano DOP tritato in una padella abbastanza grande con l’olio extra vergine d’oliva, l’alloro fresco, il succo di un limone, un po’ di acqua, sale e pepe. Aggiungere il riso del Delta del Po IGP al soffritto, tostare e sfumare con del vino bianco secco. Cuocere, mescolare e aggiungere brodo di pesce di tanto in tanto finché non risulterà al dente e all’onda, verso fine cottura aggiungere l’anguilla. Mettere, per rendere più cremoso e saporito il riso, un pizzico di pecorino romano grattugiato, il prezzemolo fresco tritato. Dopo una ventina di minuti il vostro risotto sarà pronto per poter essere servito. Accompagnare con una spolverata di prezzemolo fresco tritato finemente servito in un piatto elegante da portata.

Preparazione Pulire e far schiudere le conchiglie quindi recuperare i frutti, recuperare l’ acqua e tenerla a parte. Pulire le seppie, recuperare i sacchetti del nero; tagliare a piccoli pezzi metterli in un sacchetto da cottura con aromi e olio d’ oliva e passare in forno a vapore a 70° per circa un’ ora. Pulire le code di gamberi tagliarle a tocchetti quindi saltarle in padella con olio, aglio e prezzemolo; unire tutti i frutti di mare e equilibrare i sapori. Preparare la pareille con le uova, la ricotta e il grana. Per la pasta: Disporre le farine a fontana aggiungere le uova, l’ aceto e il contenuto dei sacchetti delle seppie, impastare ottenendo un impasto sodo ma elastico. Lasciare riposare un’ora quindi stendere la pasta dello spessore di 3 mm ottenendo così i tonnarelli. Cuocerli in acqua salata e farli saltare in padella con i frutti di mare. A fuoco spento aggiungere la pareille, mantecare e servire. Disporre al centro del piatto e dare una forma a “collinetta” spargere delle scorzette di pomodoro essiccate al forno e cospargere di prezzemolo finemente tritato.

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LE RICETTE

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TROTA SALMONATA FARCITA

ANATRA CON FICHI

TRITTICO DI SARDE

ESSE ADRIESE

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

Ingredienti e dosi per 4 persone

1000 80 100 1 60 100 2 4 10 10 2 10

1500 g 250 g 200 g 125 g 150 35 2 cl 5 cl qb

arde in saor S 600 g sarde 600 g cipolle 100 g pinoli 100 g uvetta 150 g farina di frumento tipo 00 10 cl aceto bianco qb sale pepe Sardine ai pomodorini e cipolla 600 g sarde 550 g cipolla 500 g pomodorini 15 cl olio extra vergine oliva qb sale pepe Sardine alla griglia 600 g sarde 30 qb olio extra vergine oliva qb sale

350 g 50 g 110 g 70 g 2 n 15 g 1 n 10 cl qb

Preparazione Pulire le sarde, svuotarle, eliminare la testa e le squamare . Lavare ed asciugare per bene. Sardine in saòr: Pulire le cipolle, affettare e cuocere a fuoco basso con un po’ di olio. Quando saranno un po’ colorate, versare l’aceto, salare e cuocere fino a che l’aceto sarà tutto assorbito. Spegnere e mettere da parte. Infarinare le sarde e friggerle poco alla volta in abbondante olio ben caldo. Scolare, salare e porre le sarde a perdere l’eccesso di unto su carta da cucina. Intanto, mettere in ammollo l’uvetta in un po’ di acqua calda. Disporre uno strato di sarde in una terrina, o in un recipiente a chiusura ermetica, spargervi sopra un po’ di cipolle, di uvetta e di pinoli. Continuare così fino ad esaurire gli ingredienti. L’ultimo strato deve essere di cipolle, e piuttosto abbondante. Fare riposare per almeno 24 ore in un luogo fresco. Sardine ai pomodorini e cipolla: Preriscaldare il forno a 220°, sdraiare le sardine su una teglia, cospargerle con sale marino, pepe nero e olio su entrambi i lati, aggiungere la cipolla. Lasciare nel forno fino a quando diventano croccanti, poi estrarre la teglia e spostare con cura le sardine su un vassoio. Accompagnare le sardine con pomodorini. Aggiungere l’olio e sale e rimettere il piatto in forno per dieci minuti. Estrarre il vassoio e servire. Ottimo se accompagnate da del pane ben tostato. Sardine alla griglia: Dopo aver curato il pesce, sistemare il pesce sulla griglia e farlo cuocere da entrambi i lati, pennellando di tanto in tanto le sarde con dell’olio eva, quindi servire caldo condito con qualche goccia di limone e, a piacere, un filo d’olio crudo. Servire il trittico: Su un unico piatto da portata, possibilmente di forma rettangolare, servendolo accompagnato da una fettina di polenta e del pane tostato.

Preparazione Versare la farina sulla spianatoia, unire lo zucchero semolato, la scorza grattugiata del limone ed il lievito. Mescolare bene e formare una fontana al centro; rompervi nel mezzo due uova intere e un tuorlo, unire il burro a pezzetti e il sale. Impastare energicamente aggiungendo poco latte e lasciare riposare alcuni minuti. Dare all’impasto la forma di una grossa “s” ed appoggiarla su una placca rivestita con carta da forno. Pennellare la superficie del dolce con l’uovo rimasto sbattuto leggermente e cospargerla con lo zucchero di granella. Cuocere in forno a 170° per circa 50 minuti. È possibile arricchire l’impasto di questo dolce con uvetta o gocce di cioccolato. Per la preparazione, si può utilizzare farina di farro, burro e latte vegetale, privando la ricetta del lattosio e del grano per chi avesse problemi di allergia o intolleranze alimentari. Servire la Esse tagliata a fette su un tagliere di legno.

g g g n g g n n cl cl n g qb

trota salmonata prosciutto crudo pane grattugiato cipolla piccola pinoli sgusciati burro spicchi d’aglio foglie di salvia vino bianco secco olio extravergine di oliva limoni non trattati prezzemolo tritato timo, sale, pepe

Preparazione Lavate le trote e tamponatele con carta assorbente da cucina. Sbucciate l’aglio e la cipolla e tritateli insieme con il prosciutto, quindi rosolate il tutto in una padella nel burro spumeggiante, insieme con i pinoli e il pangrattato, per circa 2 minuti. Salate, pepate, aggiungete le foglie di salvia e quelle del rametto di timo tritate, il prezzemolo e infine la buccia grattugiata di un limone. Farcite le trote con il composto preparato e disponetele in una pirofila unta di olio, adagiandole su un letto di fette di limone; salate, pepate, condite con olio e bagnate con il vino. Passate i pesci in forno a 200 °C per circa 20 minuti, irrorandoli di tanto in tanto con il loro fondo di cottura. Sfornate e servite immediatamente.

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LE RICETTE

anatra domestica fichi secchi carote cipolle arance aglio olio d’oliva extra vergine vino bianco secco sale pepe timo maggiorana alloro

Preparazione Pulire e ritagliare l’anatra, prepararla per la cottura. Preparate il brodo: pelare e tritare la cipolla e le carote, sbucciare e pestate uno spicchio di aglio. Mettere il tutto in una pentola con i ritagli dell’anatra, la maggiorana, il timo, il sale e i grani di pepe. Aggiungere 50 cl di acqua, portate a ebollizione poi, lasciate sobbollire per quarantacinque minuti, schiumando regolarmente la superficie del liquido: deve ridursi di metà volume. Passarlo poi attraverso un setaccio. Portare il forno a 170 gradi e soffregate l’interno dell’anatra con sale e pepe. Pelare e pestare l’aglio rimanente. Sbucciate l’arancia e dividetela a spicchi. Mettere l’aglio, gli spicchi di arancia e le foglie di alloro all’interno dell’anatra e chiuderla. Punzecchiare tutta la superficie con un ago e successivamente scaldare l’olio in un recipiente da forno rosolandovi l’anatra da tutte le parti. Versare il brodo d’anatra e il vino bianco in un tegame. Portare ad ebollizione e versare subito sull’anatra aggiungendo il timo. Coprire il recipiente, infornare e lasciare cuocere da un’ora e trenta minuti a due ore: l’anatra è cotta quando, infilando un ago nella coscia, fuoriesce un sugo trasparente. A cottura ultimata, sgocciolare l’anatra, togliere i fili e tenere in caldo su un piatto di portata eliminando il timo. Asciugare i fichi e senza lavarli, tagliarli in quattro parti. Sgrassare al massimo il sugo di cottura dell’anatra e aggiungere i fichi. Portare il tutto ad ebollizione. Non appena i fichi sono caldi, versarli sull’anatra e servire.

farina di frumento farina di mais zucchero burro uovo di gallina intero lievito di birra limone latte di vacca pastorizzato intero sale

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LE RICETTE

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saporeVeneto

i prodotti

LA SCUOLA E LA FORMAZIONE PER LO SVILUPPO DELL’INTEGRAZIONE TRA SISTEMA AGRICOLO ED ENOGASTRONOMICO VALORIZZANDO LE PRODUZIONI LOCALI E PROMUOVENDO IL TERRITORIO

I prodotti agroalimentari di eccellenza del Veneto, la storia, le tradizioni e i possibili sviluppi di mercato


LA METODOLOGIA DIDATTICA ATTIVATA

MODALITÀ DIDATTICA

L’Istituto di Istruzione Superiore “Antonio Della Lucia” di Feltre, nato nel 1972, ha sempre avuto come scopo quello di sopperire alle esigenze formative del settore primario sentite nel territorio, distinguendosi per il carattere forestale dell’insegnamento. Il suo obiettivo è quello di far conoscere agli allievi, mediante osservazione diretta, analisi e studio, il territorio montano e le risorse del settore primario, in modo che i tecnici formati siano in grado di utilizzare le risorse in modo più razionale ed economicamente redditizio, nel rispetto dell’ambiente. Nel tempo, tali esigenze si sono in parte modificate, andando a toccare non solo gli aspetti ambientali oltre che quelli meramente produttivo, ma cercando di trovare un legame anche con chi utilizza i prodotti che l’attività primaria offre sul mercato. E questo convinti che la conoscenza dell’utilizzatore finale, poteva aiutare a migliorare il prodotto già nella sua fase di realizzazione, in campo, come in serra, come in allevamento. Il corso che è stato realizzato in coordinamento con l’Enaip, rappresenta un esempio chiaro di quale legame possa esistere fra chi produce e chi utilizza a fini alimentari i prodotti.

In sede di progettazione, ogni pacchetto formativo viene costruito al fine di raggiungere tre grandi tipologie di obiettivi di apprendimento: • Conoscitivi; • Operativi; • Comportamentali. Una volta, però, raggiunti, questi vanno a costituire un unicum che chiamiamo “Competenza”. Il modo migliore, sul piano della didattica, per arrivare alle competenze è costruire una insegnamento efficace, che parta dal “mettere il ragazzo in situazione”, ovvero nel farlo calare all’interno di una esperienza concreta o in una simulazione di questa. Solo così potremmo avere “la mobilitazione di tutte le energie ed interessi” che l’allievo serba in sé. Per questo motivo, il monte ore di lezione è stato concepito in modo tale da: • tenere sempre desta l’attenzione dell’allievo; • coinvolgere attivamente l’allievo nella costruzione della lezione; • lasciare dei momenti di elaborazione personale; • far seguire o far precedere alla esposizione teorica, esercitazioni applicative; • toccare con mano la realtà agroalimentare “entrando nel territorio” con visite guidate; • costruire “un prodotto finale”. La competenza base cui tendeva il corso può essere così riassunta: “valutare l’importanza dei prodotti agroalimentari nell’economia locale”. Di fondamentale importanza, non poteva mancare il contatto diretto, l’immersione nelle esperienze e un rapporto con imprenditori e operatori del settore. A livello d’aula, la lezione, ovvero la trasmissione diretta degli argomenti da parte dell’insegnante dalla cattedra senza alcuna intervento degli allievi, hanno occupato soltanto il 25%, lasciando il resto alle visite guidate, alle attività di laboratorio informatico, sia individuali sia di gruppo.

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Il RUOLO DEL DOCENTE/TUTOR

Il ruolo del docente/ tutor è stato quello da un lato di indicare il percorso teorico e pratico, dall’altro di affiancare costantemente gli allievi, anche stimolando continuamente il processo di feed-back.

Il PRODOTTO FINALE

A conclusione del percorso formativo, gli allievi, assieme ai loro docenti, presentano questo documento dove illustrano, con l’ausilio di schede, i prodotti agroalimentari veneti più significativi.

GLI STRUMENTI: Il LABORATORIO DI INFORMATICA

Parte essenziale, come su ribadito, della didattica formativa è stato l’utilizzo del laboratorio di informatica. L’uso del PC ha permesso agli allievi di sistematizzare meglio e successivamente archiviare tutte le osservazioni raccolte durante le visite guidate. La navigazione in internet ha dato la possibilità di approfondire gli argomenti trattati e di operare una sorta di ricerca ragionata e mirata sui prodotti agroalimentari della regione veneta. La struttura corsale adottata è stata quella di tipo “modulare”.

LE VISITE GUIDATE

Le visite di studio a vari siti di produzione del territorio veneto, hanno occupato buona parte del corso. Di seguito viene riportato l’elenco delle visite eseguite: 1 Campo produzione Mais Sponcio: Azienda Agraria Istituto Agrario I.I.S. “A. Della Lucia” di Feltre (Belluno); 2 Campo produzione Fagiolo di Lamon della Vallata Bellunese IGP: Az. Agr. Mario Perenzin, Cesiomaggiore (Belluno); 3 Molino macinatura farina per polenta di Mais Sponcio e Mais Biancoperla: Molino Moretto Villabruna di Feltre (Belluno); 4 Magazzino stoccaggio, lavorazione e confezionamento Mais Sponcio, Fagiolo Gialèt e Fagiolo di Lamon IGP: Cooperativa Agricola La Fiorita, Cesiomaggiore (Belluno); 5 Pastificio produttore di Bigoi e paste: Pastificio Jolly Sgambaro, Castello di Godego (Treviso) 6 Distilleria produttrice Grappa Veneta: Grappa Poli, Schiavon (Vicenza); 7 Caseificio produttore Formaggio Asiago: Fattoria San Michele, Bassano del Grappa (Vicenza); 8 Evento di formazione gastronomica “Sapori 2011”: Azienda VALSANA srl, Castello di San Salvatore, Susegana (Treviso). Come rilevabile l’ultima uscita in elenco ha riguardato la partecipazione ad un evento relativo al settore di studio, per ampliare il più possibile i rapporti con operatori del territorio veneto. Si può parlare di utilizzazione di un metodo integrato di tipo induttivo/ deduttivo, a seconda delle necessità e possibilità didattiche. Importante, alla fine di ogni visita guidata, è stato il lavoro di resoconto/restituzione individuale, con il quale ciascun partecipante ha rielaborato personalmente quanto visto, vissuto e studiato durante il corso. Questa metodologia ha sostituito le classiche verifiche relative ai risultati di apprendimento, abituando gli allievi ha costruire autonomamente il proprio bagaglio conoscitivo e di competenze. Infine, questa pubblicazione è anche frutto del lavoro di questi allievi.

SCHEDA SINTESI DEGLI STRUMENTI UTILIZZATI:

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I PRODOTTI

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• Strumenti tradizionali: Lavagne, Cartelloni, Testi, Dispense • Strumenti audiovisivi: Proiettori, Diatape, Videotape • Strumenti informatici: Personal computer, CD ROM • Sistemi interattivi

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I PRODOTTI


I PRODOTTI AGROALIMENTARI TIPICI E TRADIZIONALI In un contesto evolutivo rivolto allo sviluppo sostenibile, l’agricoltura non detiene più solo il ruolo di produzione di derrate alimentari, ma assume ruoli e compiti che toccano aspetti relativi alla protezione dell’ambiente, alla tutela del paesaggio, alla salubrità degli alimenti, alla conservazione della cultura e alla valorizzazione del complesso settore del turismo eno-gastronomico. In Italia e nel mondo, il patrimonio agroalimentare Veneto è senza dubbio tra i più celebrati e variegati, presentando caratteristiche organolettiche e metodologie di produzione del tutto originali e particolari. Moltissimi dei prodotti tipici e di qualità Italiani e Veneti stanno però scomparendo, perché poco conosciuti, poco tutelati e perché le procedure artigianali, per esigenze economiche e di mercato, vengono sostituite spesso da altre di tipo industriale che, pur garantendo un incremento notevole delle quantità di prodotti, ne possono pregiudicare la qualità. È necessario quindi saper conoscere e riconoscere i prodotti agroalimentari genuini, tradizionali e tipici per poterne salvaguardare e valorizzare la produzione artigianale oggi a rischio di estinzione e di erosione genetica e culturale. Nel contesto del presente lavoro, forniamo un approfondimento sulle questioni inerenti la classificazione del grande patrimonio agroalimentare Veneto, facendo chiarezza su alcuni termini e denominazioni in uso nel settore enogastronomico, come ad esempio “tipico” e “tradizionale”, molto utilizzati e popolari ma spesso sono usati impropriamente in alternativa tra loro e come sinonimi.

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I PRODOTTI TIPICI

Termine che indica l’insieme di caratteristiche uniche di immagine, tradizione, tecnologia, cultura, che sono proprie di uno specifico territorio e che sono alla base le tecniche di realizzazione di prodotti agricoli e gastronomici. Il prodotto tipico non necessariamente fa riferimento ad tradizione pluridecennale, ma se invece risponde a questo requisito storico dovrebbe assumere il nome di “tipico e tradizionale”. E’ una definizione generalmente utilizzata per indicare specialità agroalimentari con una forte caratterizzazione geografica, quali soprattutto i prodotti ai quali l’Unione Europea ha riconosciuto i marchi DOP,IGP, STG, I vini DOC, DOCG, IGT e i P.A.T. (prodotti tradizionali agro alimentari). Nell’ambito dei prodotti tipici possiamo distinguere i prodotti cosiddetti regolamentati da quelli non regolamentati. Per i prodotti regolamentati, quali le DOP, IGP, STG, DOC e DOCG la Commissione europea riconosce ufficialmente l’origine o la specificità del prodotto, mettendo a disposizione un logo o una dicitura comunitaria per la tutela di produttori e consumatori; nel secondo caso, invece, non è previsto alcun riconoscimento giuridico. Per i prodotto cosiddetti “non regolamentati” vi sono i P.A.T. prodotti agroalimentari tradizionali, previsti dal Decreto legislativo n. 173 del 1998.

DOP - Denominazione di Origine Protetta

La Denominazione di Origine Protetta designa un prodotto agricolo o alimentare, le cui qualità o le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente all’ambiente geografico comprensivo dei fattori naturali e umani e la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvengano nell’area geografica delimitata. La DOP, in sostanza, si applica a produzioni il cui intero ciclo produttivo, dalla produzione della materia prima all’ottenimento del prodotto finito, viene svolto all’interno di un’area geografica ben delimitata e quindi, date le condizioni produttive attuali, non riproducibile al di fuori di quest’area. Alcune indicazioni geografiche sono state assimilate alle denominazioni di origine quando le materie prime utilizzate nella loro produzione provengono da un’area geografica più ampia o diversa dall’area dove avviene la trasformazione, ma a condizione che esistano condizioni particolari per la produzione delle materie prime (ad esempio il prosciutto di Parma).

IGP - Indicazione Geografica Protetta

La Denominazione di Origine Protetta designa un prodotto agricolo o alimentare, le cui qualità o le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente all’ambiente geografico comprensivo dei fattori naturali e umani e la cui produzione, trasformazione ed elaborazione avvengano nell’area geografica delimitata. La DOP, in sostanza, si applica a produzioni il cui intero ciclo produttivo, dalla produzione della materia prima all’ottenimento del prodotto finito, viene svolto all’interno di un’area geografica ben delimitata e quindi, date le condizioni produttive attuali, non riproducibile al di fuori di quest’area. Alcune indicazioni geografiche sono state assimilate alle denominazioni di origine quando le materie prime utilizzate nella loro produzione provengono da un’area geografica più ampia o diversa dall’area dove avviene la trasformazione, ma a condizione che esistano condizioni particolari per la produzione delle materie prime (ad esempio il prosciutto di Parma).

Attestazione di Specificità STG o AS

L’attestazione di specificità è una protezione attribuita a quei prodotti agricoli o alimentari che devono essere prodotti utilizzando materie prime tradizionali oppure avere una composizione tradizionale o aver subito un metodo di produzione e/o di trasformazione del tipo tradizionale. Per questi prodotti è stata definita una sigla distintiva: “Specialità Tradizionale Garantita”. In altre parole si consente ad un prodotto, con caratteristiche qualitative specifiche, di godere di una differenziazione rispetto ai prodotti della stessa categoria, mediante il riconoscimento di una attestazione di specificità. La specificità di un prodotto viene strettamente legata alla tradizione con riferimento o alle materie prime, o ai processi di produzione e trasformazione, o alla composizione. A differenza delle denominazioni di origine, il riconoscimento di una attestazione di specificità non comporta il vincolo ad un’area geografica delimitata, ma soltanto l’applicazione di un disciplinare di produzione il cui rispetto deve essere garantito da opportuni organismi di controllo. Attualmente, l’unico prodotto Italiano che ha ottenuto il riconoscimento di Specialità Tradizionale Garantita è la “Mozzarella”.

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I PRODOTTI

Prodotti D.O.P. (n° 17 prodotti) e I.G.P. (n° 18 prodotti) prodotti nel territorio Veneto distinti per tipologia di prodotto: Formaggi

1. Asiago (formaggio DOP) 2. Casatella Trevigiana (formaggio DOP) 3. Grana Padano (formaggio DOP) 4. Montasio (formaggio DOP) 5. Monte Veronese (formaggio DOP) 6. Piave (formaggio DOP) 7. Provolone Valpadana (formaggio DOP) 8. Taleggio (formaggio DOP)

Vegetali

1. Aglio Bianco Polesano (ortofrutta DOP) 2. Asparago di Badoere (ortofrutta IGP) 3. Asparago Bianco di Bassano del Grappa (ortofrutta DOP) 4. Asparago Bianco di Cimadolmo (ortofrutta IGP) 5. Ciliegia di Marostica (ortofrutta IGP) 6. Fagiolo di Lamon della Vallata del Bellunese (ortofrutta IGP) 7. Insalata di Lusia (ortofrutta IGP) 8. Marrone di Combai (0rtofrutta IGP) 9. Marroni del Monfenera (ortofrutta IGP) 10. Marrone di San Zeno (ortofrutta DOP) 11. Pesca di Verona (ortofrutta IGP) 12. Radicchio di Chioggia (ortofrutta IGP) 13. Radicchio Rosso di Treviso (ortofrutta IGP) 14. Radicchio di Verona (ortofrutta IGP) 15. Radicchio Variegato di Castelfranco (ortofrutta IGP)

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Olio

1. Garda (olio d’oliva DOP) 2. Veneto, Valpolicella, Euganei e Berici, del Grappa (olio d’oliva DOP)

Carni trasformate

1. Cotechino di Modena (salume IGP) 2. Mortadella di Bologna (salume IGP) 3. Prosciutto Veneto Berico-Euganeo (salume DOP) 4. Salame Cremona (salume IGP) 5. Salamini Italiani alla cacciatora (salume DOP) 6. Sopressa Vicentina (salume DOP) 7. Zampone di Modena (salume IGP) Altri prodotti di origine animale 1. Riso del Delta del Po (cereali IGP) 2. Riso Nano Vialone Veronese (cereali IGP) 3. Miele delle Dolomiti Bellunesi (ortofrutta DOP)

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I PRODOTTI


D.O.C. Denominazione di Origine Controllata

Per denominazione di origine controllata si intende il nome geografico di una zona viticola particolarmente vocata che viene utilizzato per designare un prodotto che presenta caratteristiche qualitative particolari connesse all’ambiente naturale ed ai fattori umani del luogo di poduzione. I vini a D.O.C. devono rispondere ai requisiti ed alle condizioni stabilite nel relativo disciplinare di produzione (resa di uva per ettaro, pratiche colturali nei vigneti, pratiche enologiche, gradazione alcoolica minima, caratteristiche riguardanti il colore, la limpidezza, l’odore e il sapore).

VINI D.O.C. DEL VENETO

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1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27

Arcole Bagnoli di Sopra o Bagnoli Bardolino Bianco di Custoza o Custoza Breganze Colli Berici Colli Euganei Corti Benedettine del Padovano Gambellara Garda Lessini Durello o Durello Lessini Lison-Pramaggiore Lugana Merlara Montello – Colli Asolani Monti Lessini Piave Prosecco Riviera del Brenta San Martino della Battaglia Soave Valdadige Valdadige Terradeiforti o Terradeiforti Valdadige Valpolicella Valpolicella Ripasso Venezia Vicenza

Elenco aggiornato al 28/11/2011 da Regione Veneto Unità di Progetto Tutela Produzioni Agroalimentari

D.O.C.G. - Denominazione di Origine Controllata e Garantita

La denominazione di origine controllata e garantita indica che un vino Doc è particolarmente pregiato. Nei vini a D.O.C.G., ai normali controlli qualitativi necessari per il riconoscimento della D.O.C., si aggiunge una verifica ulteriore finalizzata a certificarne il pregio. La bottiglia deve portare obbligatoriamente uno speciale sigillo a chiusura.

VINI D.O.C.G. DEL VENETO 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14

Amarone della Valpolicella Bagnoli Friularo o Friularo di Bagnoli Bardolino Superiore Colli Asolani Prosecco o Asolo Prosecco Colli di Conegliano Colli Euganei Fior d’Arancio o Fior d’Arancio Colli Euganei Conegliano Valdobbiadene Prosecco o Conegliano - Prosecco o Valdobbiadene - Prosecco Lison Montello rosso o Montello Piave Malanotte o Malanotte del Piave Recioto della Valpolicella Recioto di Gambellara Recioto di Soave Soave superiore

Elenco aggiornato al 28/11/2011 da Regione Veneto Unità di Progetto Tutela Produzioni Agroalimentari

I.G.T. - Indicazione Geografica Tipica

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Per Indicazione Geografica Tipica dei vini si intende il nome geografico di una zona utilizzato per designare il prodotto che ne deriva. La menzione geografica che definisce la I.G.T. viene utilizzata per contraddistinguere i vini aventi caratteristiche organolettiche particolari derivanti dalle zone di produzione. La zona di produzione del vino a I.G.T. deve comprendere un ampio territorio viticolo che presenti uniformità ambientale e conferisca caratteristiche omogenee al vino stesso.

VINI I.G.T. DEL VENETO 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Alto Livenza Colli Trevigiani Conselvano Delle Venezie Marca Trevigiana Vallagarina Veneto Veneto Orientale Verona o Provincia di Verona o Veronese Vigneti delle Dolomiti

Elenco aggiornato al 28/11/2011 da Regione Veneto Unità di Progetto Tutela Produzioni Agroalimentari

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I PRODOTTI

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I PRODOTTI


I PRODOTTI TRADIZIONALI Con il termine di prodotti agroalimentari tradizionali si intendono quei prodotti agroalimentari le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultino consolidate nel tempo, omogenee per tutto il territorio interessato, secondo regole tradizionali, per un periodo non inferiore a 25 anni. Si tratta in genere di produzioni ottenute con processi di trasformazione e produzione consolidati nel tempo, che si caratterizzano come arte del particolare, assumendo non di rado valenze di assoluta eccellenza. Il fattore “Tradizionalità” conferisce ai prodotti diversi caratteri di storicità, familiarità, riscoperta e eccellenza dal punto di vista organolettico.

I P.A.T. della Regione Veneto

La Regione Veneto ha individuato 368 prodotti tradizionali, rappresentativi di tutte le provincie del Veneto e appartenenti alle principali tipologie di prodotto. L’elenco aggiornato dei prodotti tradizionali del Veneto è incluso nella Undicesima revisione dell’Elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali, approvato con Decreto ministeriale del 17 giugno 2011. Ogni anno infatti con Decreto ministeriale si procede all’aggiornamento e revisione dell’Elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali, inserendo eventuali nuovi prodotti ritenuti tradizionali.

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I prodotti tradizionali del Veneto sono suddivisi per tipologia di prodotto: 1 Bevande 2 Carni e frattaglie 3 Formaggi 4 Prodotti vegetali 5 Prodotti da forno 6 Prodotti di origine animale 7 Pesci e molluschi 8 Grassi

Di seguito l’elenco aggiornato al 2011 dei P.A.T. del Veneto, distinti per tipologia:

Carni (e frattaglie) fresche e loro preparazione 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13

anatra di corte padovana anatra germana veneta anatra mignon bogoni di badia calavena bondiola al sugo di este bondiola col lengual del padovano bondiola di castelgomberto bondola della val leogra bresaola di cavallo cacciatore d’asino cacciatore di cavallo carne de fea (pecora) afumegada carne di musso

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I PRODOTTI

14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63

ciccioli della val leogra coeghin nostrano padovano coessin (cotechino) co la lengua del basso vicentino coessin (cotechino) del basso vicentino coessin (cotechino) della val leogra coessin (cotechino) in onto del basso vicentino coessin co lo sgrugno coniglio veneto coppa di testa di este cornioi di crespadoro coscia affumicata di cavallo cotechino di puledro cotechino di trecenta falso parsuto faraona camosciata faraona di corte padovana figalet galletto nano di corte padovana - pepoa gallina collo nudo di corte padovana gallina dorata di lonigo gallina ermellinata di rovigo gallina padovana gallina polverara gallina robusta lionata gallina robusta maculata lardo del basso vicentino lardo in salamoia lardo steccato con le erbe lengual lingua salmistrata luganega da riso luganega nostrana padovana luganega trevigiana luganeghe de tripan luganeghe della val leogra morette o barbusti della val leogra mortandele muset trevigiano nervetti di bovino oca del mondragone oca di corte padovana oca in onto padovana oco in onto dei berici osocol di treviso pancetta col tocco (filetto) del basso vicentino panzéta co l’ossocolo del basso vicentino parsuto de oca parsuto di montagnana Pastin pecora alpagota

64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78

Pendole pollo combattente di corte padovana pollo rustichello della pedemontana porchetta trevigiana prosciutto crudo dolce di este prosciutto della val liona dolce e affumicato salado co l’ajo del basso vicentino salado della pedemontana trevigiana salado fresco del basso vicentino salado fresco trevigiano salame bellunese salame da taglio di trecento salame di asino salame di cavallo salame di verona

Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati 1 aglio del medio adige 2 asparago bianco del sile 3 asparago bianco di bilione 4 asparago di arcole 5 asparago di giare 6 asparago di mambrotta 7 asparago di Padova 8 asparago di palazzotto 9 asparago di rivoli 10 asparago verde amaro montine 11 barbabietola rossa di chioggia 12 bietola di bassano 13 bisi de lumignan 14 biso di peseggia 15 broccolo di bassano 16 broccolo fiolaro di creazzo 17 carciofo violetto di s. Erasmo 18 carota di chioggia 19 castagne del baldo 20 castagne e marroni dei colli Euganei 21 cavolo dell’adige 22 cicoria catalogna gigante di chioggia 23 ciliegia dei colli asolani 24 ciliegia delle colline veronesi 25 ciliegie dei colli Euganei 26 ciliegie durone di cazzano 27 cipolla bianca di chioggia 28 cipolla rosa di bassano 29 composte delle valli dell’agno e del chiampo 30 craut - verde agre 31 crauti delle bregonze 32 Cren 33 culàti di valdagno

34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83

durona del chiampo fagiolino meraviglia di venezia fagiolo bonèl di fonzaso fagiolo borlotto nano di levada fagiolo di posina “scalda” fagiolo giàlet, giàlin, fasol biso, solferino fagiolo gnoco borlotto (fasolo gnoco) lingua di fuoco farina di mais biancoperla farina di mais marano farina per polenta di mais “sponcio”, rostrato, pignol, pignol fiorentin fasol del lago, mama alta, bonel fasola posenata fave bellunesi fragola delle dolomiti bellunesi (della montagna bellunese) fragola di verona funghi coltivati del montello funghi di costozza germoglio di radicchio bianco nostrano di bassano giuggiola dei colli euganei giuggiolo del cavallino kiwi di treviso kiwi di verona kodinze kodinzon mame d’alpago (mame, bonei) mamma bianca di bassano marinelle sotto spirito marrone di san mauro marrone feltrino, morone feltrino marroni di valrovina mela del medio adige mela di monfumo mela di verona melone del delta polesano melone montagnanese melone precoce veronese mostarda vicentina nettarina di verona noce dei grandi fiumi noce di feltre orzo agordino patata americana di anguillara e stroppare patata americana di zero branco patata cornetta patata del montello patata del quartier del piave patata di cesiomaggiore patata di chioggia patata di montagnana patata di posina

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I PRODOTTI


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84 patata dorata dei terreni rossi del guà 85 patate di rotzo 86 peperone di zero branco 87 pera del medio adige 88 pere del veneziano 89 pere del veronese 90 pesca bianca di Venezia 91 pesca di povegliano 92 pisello di borso del grappa 93 pòm prussian (mela prussiana) 94 pomodoro del cavallino 95 radicchio bianco fior di maserà 96 radicchio bianco o variegato di lusia 97 radicchio variegato bianco di bassano 98 radicio verdòn da cortèl, cicoria a grumolo, cycorion intybus 99 riso di grumolo delle abradesse 100 scarola o insalata d’inverno di bassano 101 sedano di rubbio 102 sedano verde di chioggia 103 sedano-rapa di ronco all’adige 104 susina gialla di lio piccolo 105 tartufo della montagna veronese 106 tartufo nero dei berici 107 verza moretta o cavolo verza nera 108 zucca marina di chioggia 109 zucca santa bellunese (zucca santa) Bevande analcoliche, distillati e liquori 1 acqua di melissa 2 amaro al radicchio rosso di treviso 3 grappa veneta 4 liquore all’uovo 5 liquore barancino 6 liquore del cansiglio 7 liquore fragolino 8 Maraschino 9 Prugna 10 sangue morlacco Grassi (burro, margarina, oli) 1 burro a latte crudo di malga Formaggi 1 caciotta misto pecora 2 fior delle dolomiti, tipo italico, formaggio molle da tavola, 3 formaggio acidino - fior di capra con o senza erbette 4 formaggio agordino di malga 5 formaggio bastardo del grappa 6 formaggio busche 7 formaggio caciotta di asiago

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I PRODOTTI

8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32

formaggio casato del garda formaggio casel bellunese formaggio cesio formaggio comelico formaggio contrin formaggio dolomiti formaggio fodom formaggio imbriago formaggio latteria di sappada formaggio malga bellunese formaggio malga dell’altopiano dei sette comuni formaggio misto pecora fresco dei berici formaggio moesin di fregona formaggio montemagro formaggio morlacco formaggio nevegal formaggio nostrano veronese formaggio pecorino dei berici formaggio pecorino fresco di malga formaggio renàz formaggio schiz formaggio Tosella formaggio zigher formaggio zumelle formai nustran

Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria 1 amarettoni 2 banana comune 3 bibanesi 4 bigoi 5 biscotti baicoli 6 biscotti bussolai 7 biscotti pazientini 8 bossolà di chioggia 9 capezzoli di venere 10 carfogn 11 casunziei 12 ciopa vicentina 13 colomba pasquale di verona 14 cornetti 15 dolce bissioleta 16 dolce del santo - santantonio 17 dolce nadalin 18 dolce polentina 19 esse adriese 20 fave alla veneziana 21 forti bassanesi 22 frittelle con l’erba amara

23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 70 71 72

frittelle di verona frittelle veneziane fugassa padovana fugassa veneta galani e crostoli gargati gelato artigianale del cadore gnocco di smalzao gnocco di verona il riccio lasagne da fornel mandorlato di cologna veneta mandorlato veneziano, torrone veneziano, mandoeato Mantovana merletti santantonio Montasi pagnotta del doge pan biscotto veneto pan co a suca pan co l’ua pan de le feste pan del santo (dolce) pandoli di schio pandoro di verona pane di mais pasta frolla della lessinia pastina de bortolin Pevarin ravioli con radicchio rosso di verona rofioi di sanguinetto rufiolo di costeggiala Sagagiardi san martino savoiardi di verona Schizzetto sfogliatine di villafranca Smegiassa subioti all’ortica tajadele al tardivo torrone di s. martino di lupari torta ciosota torta figassa torta fregolotta torta nicolotta torta ortigara torta pazientina torta pinza-putana torta sgriesolona - rosegota torta zonclada tortellini di valeggio sul mincio

73 treccia d’oro di tiene 74 zaleto di giuggiole 75 Zaletti Preparazioni di pesci, molluschi e crostacei e tecniche particolari di allevamento degli stessi 1 anguilla del delta del po 2 anguilla del livenza 3 anguilla marinata del delta del po 4 anguilla o bisatto delle valli da pesca venete 5 branzino o spigola delle valli da pesca venete 6 cefali delle valli da pesca venete 7 cefalo del polesine 8 cozza di scardovari 9 gambero di fiume della venezia orientale 10 latterini marinati del delta del po 11 moeche e masanete 12 moscardino di caorle 13 pesce azzurro del delta del po 14 sardine e alici marinate del delta del po 15 schilla della laguana di venezia 16 trota fario valli vicentine 17 trota iridea del sile 18 trota iridea della valle del chiampo 19 vongola verace del polesine

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Prodotti di origine animale (miele, prodotti lattiero caseari di vario tipo escluso il burro) 1 caciocapra 2 formaggio al latte crudo di posina 3 formaggio straccon 4 miele dei colli euganei 5 miele del delta del po 6 miele del grappa 7 miele del montello 8 miele della collina e pianura veronese 9 miele della montagna veronese 10 miele di barena 11 mieli dell’altopiano di asiago 12 ricotta affumicata 13 ricotta affumicata della val leogra 14 ricotta da sacchetto della val leogra 15 ricotta fioretta delle vallate vicentine 16 ricotta pecorina dei berici 17 ricotta pecorina stufata dei berici 18 ricotta schotte Esistono nel territorio tanti altri prodotti e specialità, anche derivanti dalla raccolta spontanea, meritevoli di riconoscimento tra i P.A.T. ai quali dovranno essere dedicate opportune risorse.

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I PRODOTTI


I PRODOTTI A MARCHIO QUALITA’ VENETO “QUALITà” VERIFICATA La Regione Veneto attraverso la Legge regionale 31 maggio 2001, n. 12 “Tutela e valorizzazione dei prodotti agricoli e agroalimentari di qualità”, ha previsto un ulteriore marchio collettivo sui prodotti agricoli e agroalimentari denominato “Qualità Verificata” (QV), che garantiscono sotto il profilo qualitativo, un sistema di qualità riconosciuto dalle istituzioni pubbliche e una maggiore tutela dei consumatori. Il marchio collettivo QV VENETO individua un sistema di qualità riconosciuto dalle istituzioni pubbliche avente i seguenti requisiti: • i prodotti hanno una qualità superiore rispetto alle norme commerciali correnti; • il metodo di ottenimento dei prodotti è descritto in un disciplinare di produzione vincolante, il cui rispetto è verificato da un organismo di controllo indipendente; • i disciplinari prevedono l’applicazione dei principi della produzione integrata, per la salvaguardia dell’ambiente, della biodiversità e per la salute dei consumatori; • il sistema è aperto a tutti i produttori; • il sistema assicura la tracciabilità completa dei prodotti. Il sistema di qualità QV VENETO oltre ad essere conforme alle norme comunitarie in materia di sviluppo rurale, è coordinato con il Sistema di qualità nazionale di produzione integrata

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I PRODOTTI

I PRODOTTI A MARCHIO DE.C.O.

La Denominazione Comunale è un recente strumento di marketing territoriale utilizzato dalla Amministrazioni Comunali per valorizzare alcune proprie produzioni meritevoli e rappresentative del territorio. La DE.CO., è il marchio Comunale, che certifica la provenienza di un determinato prodotto (del comparto enogastronomico o artigianale) da un determinato territorio. Denominazione Comunale (De.Co.) è la nuova frontiera sulla quale possono operare i sindaci per salvaguardare l’identità di un territorio legato ad una produzione specifica. La Denominazione Comunale è oggi adottata da oltre 400 comuni italiani per tutelare e valorizzare in primis la produzione tipica del mondo agricolo, ma anche i piatti della tradizione e alcuni prodotti artigianali di eccellenza. La De.Co. quindi, pur non essendo un marchio, rappresenta un riconoscimento concesso dall’Amministrazione Comunale a qualche cosa che è strettamente collegata al territorio e alla sua collettività, senza sovrapposizione alcuna con le denominazioni d’origine. La De.Co. viene attribuita dal comune con apposita deliberazione consigliare ed è indubbiamente legata alla produzione tradizionale del territorio. Esistono vari Comuni nel territorio veneto che hanno adottato questo strumento di valorizzazione: tra questi il Comune di Cesiomaggiore (BL) per il prodotto “Patata di Cesiomaggiore De.C.O.” il Comune di Vodo di Cadore (BL) per il “Cavolo cappuccio di Vinigo”, il Comune di Recoaro Terme (VI) con acqua e gnocchi con la fioretta, cui sono seguiti via via altri 11 tra questi i Comuni di Altissimo, Longare e Montecchio Maggiore

I PRODOTTI A MARCHIO SLOW FOOD

La Rete dei Presìdi Slow Food - identificata da un logo grafico e dall’indicazione sui prodotti della dicitura “Presidio Slow Food” è il punto di arrivo di un progetto avviato nel 1998 con l’obiettivo di tutelare e salvaguardare i prodotti tradizionali a rischio di estinzione realizzati con tecniche antiche, spesso in aree marginali del nostro Paese. Il progetto Presidi Slow Food si impone azioni di valorizzazione, quali riunire i vari produttori, definire specifici disciplinari, informare il pubblico consumatore utilizzando diversi canali di comunicazione e realizzando iniziative ad hoc. Il “presidio” è una sorta di certificazione di qualità, anche se non ufficiale, ma fondamentale per il consumatore che intende acquistare prodotti tipici. Il prodotto che viene presidiato riassume in sé due caratteristiche principali: è di elevata qualità e la sua produzione è a rischio di scomparsa. In Italia sono attivi 195 presidi attivi e nella Regione Veneto sono 13.

PRODOTTO PRESIDIO SLOW FOOD

ZONA DI PRODUZIONE

AGNELLO D’ALPAGO

COMUNI DELL’ALPAGO PROVINCIA DI BELLUNO

ANTICO ORZO DELLE DOLOMITI BELLUNESI VALLI BELLUNESI PROVINCIA DI BELLUNO ASIAGO STRAVECCHIO

ALTOPIANO DEI SETTE COMUNI PROVINCIA DI VICENZA

CARCIOFO VIOLETTO DI SANT’ERASMO

COMUNE DI VENEZIA – ISOLE PROVINCIA DI VENEZIA

FAGIOLO GIALET DELLA VAL BELLUNA

VAL BELLUNA PROVINCIA DI BELLUNO

GALLINA PADOVANA

PROVINCIA DI PADOVA

MAIS BIANCOPERLA

PROVINCE DI PADOVA, TREVISO, ROVIGO E VENEZIA

MOLECHE

LAGUNA A NORD DI VENEZIA PROVINCIA DI VENEZIA

MONTE VERONESE DI MALGA

MONTI LESSINI E MONTE BALDO PROVINCIA DI VERONA

MORLACCO DEL GRAPPA DI MALGA

MASSICCIO DEL MONTE GRAPPA PROVINCE DI BELLUNO, TREVISO E VICENZA

OCA IN ONTO

PROVINCE DI PADOVA, TREVISO E VICENZA

PERO MISSO DELLA LESSINIA

COMUNI DELLE LESSINIA PROVINCIA DI VERONA

RISO DI GRUMULO DELLE ABBADESSE

COMUNE DI GRUMULO DELLE ABBADESSE PROVINCIA DI VICENZA

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I PRODOTTI


I METODI DI PRODUZIONE IN AGRICOLTURA Tutti i prodotti sopra indicati, regolamentati o non regolamentati, a prescindere dal marchio o denominazione ottenuti, possono derivare da sistemi di agricoltura o allevamenti definiti “convenzionali”, “integrate”, “biologiche” o “biodinamiche”. L’agricoltura convenzionale è la classica agricoltura moderna, votata a massimizzare le produzioni facendo largo uso di energia, mezzi tecnici moderni di sintesi chimica, successioni monoculturali e sementi ibride.

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L’agricoltura integrata Si pone fra l’agricoltura biologica e quella convenzionale, combinando mezzi tecnici e tecniche agronomiche naturali con principi attivi di sintesi chimica che vengono utilizzati moderatamente, solo in caso di effettivo bisogno, in seguito a monitoraggi dei fattori climatici e dei parassiti, rispettando soglie di intervento per diminuire l’apporto di tali sostanze chimiche. I prodotti, quindi, sono ottenuti con tecniche che hanno lo scopo di ridurre al minimo l’uso di prodotti chimici di sintesi pur puntando alla massimizzazione dei profitti. La certificazione dell’agricoltura integrata permette sia di incentivare l’adozione di tecniche oggettivamente più rispettose dell’ambiente sia di presentare il prodotto al consumatore debitamente identificato, controllato e differenziato. Per non far insorgere nessun dubbio al consumatore sulla naturalezza del prodotto e in definitiva per differenziarlo dal prodotto convenzionale si deve seguire uno schema di produzione “disciplinare di produzione accreditato” e sottostare ai controlli dell’organismi di certificazione. L’agricoltura biologica Il termine “agricoltura biologica” o “agricoltura organica”, come si dice nei Paesi anglosassoni, indica un metodo di coltivazione e di allevamento che ammette solo l’impiego di sostanze naturali, escludendo l’utilizzo di sostanze di sintesi chimica (concimi, diserbanti, insetticidi). Agricoltura biologica significa sviluppare un sistema di produzione che eviti lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, in particolare del suolo, dell’acqua e dell’aria, utilizzando invece tali risorse all’interno di un modello di sviluppo che possa durare nel tempo. Per salvaguardare la fertilità naturale di un terreno ben tenuto, gli agricoltori biologici utilizzano materiale organico e, ricorrendo ad appropriate tecniche agricole, non lo sfruttano in modo intensivo. Per quanto riguarda i sistemi di allevamento, si pone la massima attenzione al benessere degli animali, che si nutrono di erba e foraggio biologico e non assumono antibiotici, ormoni o altre sostanze che stimolino artificialmente la crescita e la produzione di latte. Inoltre, nelle aziende agricole devono esserci ampi spazi perché gli animali possano muoversi e pascolare liberamente. La realizzazione di sistemi agricoli biologici necessita di molta ricerca e di una costante sperimentazione che consenta di utilizzare al meglio i meccanismi e le forze che la natura stessa mette a disposizione.

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I PRODOTTI

L’agricoltura biodinamica Applicata in tutto il mondo dal 1924 da aziende di ogni estensione e tipologia, essa parte dal fondamento che l’azienda agricola è un vero e proprio organismo vivente a ciclo chiuso, inserito nel più grande organismo vivente cosmico, alle cui influenze soggiace. L’agricoltore biodinamico conosce tali influenze e conseguentemente adotta un metodo pratico che le favorisce, col risultato di avere terreni fertili e vitali e prodotti salubri. È un apporto di conoscenze che si offre a integrazione della cultura agronomica ufficiale, determinandone il rinnovamento in uno spirito più etico ed estetico e che favorisce una nuova professionalità dell’agricoltore, cosciente e corresponsabile. Dona un nuovo impulso cosmico plasmatore per cui la pianta, da manifestazione di sole forze naturali,sempre più diventa espressione di intervento professionale umano.

LA SCELTA DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI DEL VENETO, OGGETTO DI APPROFONDIMENTO La scelta dei prodotti agroalimentari del Veneto oggetto di approfondimento è stata eseguita cercando di rappresentare: • tutte le categorie di prodotto esistenti (tabella n. 1); • tutte le stagioni produttive (tabella n. 2); • tutti i territori provinciali del Veneto (tabella n. 3); • le principali certificazioni e classificazioni agroalimentari esistenti (tabella n° 4). La scelta ha cercato di soddisfare altresì esigenze legate alla: • concreto legame con il territorio e la comprovata radice tradizionale; • diffusione e conoscenza; • stagionalità dei prodotti; • facilità di reperimento; • capacità di fruizione in ambito gastronomico.

PRODOTTI AGROALIMENTARI DEL VENETO OGGETTO DI APPROFONDIMENTO Amaro del Cansiglio

liquore

p.A.T.

Belluno - Treviso

nessuno

Bigoi

pasta fresca

p.A.T.

Veneto

nessuno

Carne di pecora di Lamon

carne

p.A.T.

Belluno

nessuno

Fagiolo di Lamon e ortofrutticoli i.G.P. Belluno della Vallata Bellunese

Consorzio per la tutela del fagiolo di Lamon e della Vallata Bellunese IGP Lamon (BL) - www.fagiolodilamon.it

Formaggio Asiago formaggi

d.O.P. Vicenza - Padova - Treviso Consorzio per la tutela del formaggio Asiago Vicenza - www.asiagocheese.it Presidi Slow Food Associazione Slow Food - www.slowfoodveneto.it/presidi.html

Grappa Veneta

bevande

p.A.T.

Treviso - Verona - Vicenza

nessuno

Mais Marano

vegetali trasformati

p.A.T.

Vicenza

Consorzio tutela mais marano - Schio (VI) - www.maismarano.it

Mais Sponcio

vegetali trasformati

p.A.T.

Belluno

Consorzio tutela mais sponcio - Cesiomaggiore (BL) - www.cooperativalafiorita.it

Marrone Feltrino

vegetali allo stato naturale

p.A.T.

Belluno

Consorzio tutela morone e castagno feltrino - Feltre (BL)

Miele delle Dolomiti

miele

d.O.P.

Belluno

Apidolomiti servizi - Limana (BL) - www.apidolomiti.com

Noce Feltrino

vegetali allo stato naturale

p.A.T.

Belluno

Consorzio tutela noce Feltrino - Feltre (BL)

Agnello d’Alpago carne p.A.T. Belluno

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Associazione Fardjma - Puos d’Alpago (BL) www.slowfoodveneto.it/presidi.html

Radicchio di Castelfranco vegetali allo stato naturale i.G.P. Treviso - Padova - Venezia Consorzio di tutela radicchio di Treviso e variegato di Castelfranco Zero Branco (TV) - www.radicchioditreviso.it Radicchio rosso di Chioggia vegetali allo stato naturale i.G.P. Venezia - Padova - Rovigo Consorzio di tutela radicchio Chioggia Chioggia (VE) - www.qualigeo.eu/radicchiodichioggiaigp Radicchio di Verona vegetali allo stato naturale i.G.P. Padova - Verona - Vicenza Consorzio di tutela radicchio di Verona Colonia Veneta (VR) - www.qualigeo.eu/radicchiodiveronaigp Radicchio di Treviso vegetali allo stato naturale i.G.P. Treviso - Padova - Venezia Consorzio di tutela radicchio di Treviso e variegato di Castelfranco Zero Branco (TV) - www.radicchioditreviso.it Riso Vialone nano Veronese vegetali allo stato naturale i.G.P. Verona

Consorzio di tutela riso Vialone nano Veronese igp Isola della scala (VR) - www.risovialonenanoveronese.it

Soprèssa Vicentina carne D.O.P. Vicenza

Consorzio tutela della Soprèssa Vicentina DOP - Thiene (VI) www.sopressavicentina.it

Zaleti

panetterie

nessuno

Moeche

pesci e crostacei p.A.T. Venezia - Padova - Treviso Cooperativa San Marco - Burano (VE) Presidio Slow food www.slowfoodveneto.it/presidi.html

p.A.T.

Padova

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I PRODOTTI


Tabella n. 1: Distinzione dei prodotti agroalimentari selezionati in base alla categoria

Bevande

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Carni

Formaggi

Vegetali allo stato naturale o trasformati

Tabella n. 2: Distinzione dei prodotti agroalimentari in base alla loro disponibilità e capacità di reperimento nel mercato veneto.

Panetterie e paste fresche

Pesci e crostacei

Gennaio Febbraio

Altri prodotti

Amaro del Cansiglio

Amaro del Cansiglio

Bigoi

Bigoi

Carne di pecora di Lamon

Carne di pecora di Lamon

Fagiolo di Lamon della vallata bellunese

Fagiolo di Lamon della vallata bellunese

Formaggio Asiago

Formaggio Asiago

Grappa veneta

Grappa veneta

Mais Marano

Mais Marano

Mais sponcio

Mais sponcio

Marrone Feltrino

Marrone Feltrino

Miele delle Dolomiti

Miele delle Dolomiti

Noce Feltrino

Noce Feltrino

Agnello d’Alpago;

Agnello d’Alpago;

Radicchio di Castelfranco

Radicchio di Castelfranco

Radicchio rosso di Chioggia

Radicchio rosso di Chioggia

Radicchio di Verona

Radicchio di Verona

Radicchio di Treviso

Radicchio di Treviso

Riso Nano Violone Veronese

Riso Nano Violone Veronese

Sopressa di Verona – Trevigiana – Vicenza

Soprèssa Vicentina

Zaleti

Zaleti

Moeche

Moeche

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I PRODOTTI

Marzo

Aprile

Maggio

Giugno

Luglio

Agosto

Settembre

Ottobre

Novembre

Dicembre

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I PRODOTTI


Tabella n. 3: Distinzione dei prodotti agroalimentari in base alla loro provincia di produzione.

Belluno

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Padova

Rovigo

Treviso

Tabella n. 4: Distinzione dei prodotti agroalimentari in base alla loro certificazione e classificazione.

Venezia

Verona

Vicenza

DOP

Amaro del Cansiglio

Amaro del Cansiglio

Bigoi

Bigoi

Carne di pecora di Lamon

Carne di pecora di Lamon

Fagiolo di Lamon della vallata bellunese

Fagiolo di Lamon della vallata bellunese

Formaggio Asiago

Formaggio Asiago

Grappa veneta

Grappa veneta

Mais Marano

Mais Marano

Mais sponcio

Mais sponcio

Marrone Feltrino

Marrone Feltrino

Miele delle Dolomiti

Miele delle Dolomiti

Noce Feltrino

Noce Feltrino

Agnello d’Alpago;

Agnello d’Alpago;

Radicchio di Castelfranco

Radicchio di Castelfranco

Radicchio rosso di Chioggia

Radicchio rosso di Chioggia

Radicchio di Verona

Radicchio di Verona

Radicchio di Treviso

Radicchio di Treviso

Riso Nano Violone Veronese

Riso Nano Violone Veronese

Sopressa di Verona – Trevigiana – Vicenza

Sopressa di Verona – Trevigiana – Vicenza

Zaleti

Zaleti

Moeche

Moeche

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I PRODOTTI

IGP

PAT

PRESIDIO SLOW FOOD

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I PRODOTTI


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il territorio

LA SCUOLA E LA FORMAZIONE PER LO SVILUPPO DELL’INTEGRAZIONE TRA SISTEMA AGRICOLO ED ENOGASTRONOMICO VALORIZZANDO LE PRODUZIONI LOCALI E PROMUOVENDO IL TERRITORIO

La valorizzazione dell’azienda agricola in ambito enogastronomico


SCHEDE TECNICHE DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI DI ECCELLENZA DEL VENETO SELEZIONATI PER L’APPROFONDIMENTO

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I PRODOTTI

Nome del prodotto amaro del cansiglio Categoria liquore Certificazione / denominazione p.a.t. Provincia di produzione Belluno - Treviso Organismi di riferimento riconosciuti nessuno

Nome del prodotto Categoria Certificazione / denominazione Provincia di produzione Organismi di riferimento riconosciuti

• Territorio interessato alla produzione: Province di Belluno e Treviso • Descrizione sintetica del prodotto: è un prodotto fatto utilizzando esclusivamente aromi naturali e senza l’aggiunta di coloranti artificiali. Viene prodotto alla gradazione di 25% di alcool. Ha un colore bruno ed è caratterizzato da un aroma molto fragrante e marcato. • Metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura: l’amaro si ottiene dall’infusione idroalcolica di 18 erbe e svariate bacche provenienti dalla foresta del Cansiglio in acqua e alcool per 3-4 settimane, poi viene miscelato ancora con acqua alcool e zucchero e tenuto in appositi contenitori per circa 2 mesi prima dell’imbottigliamento. • Materiali ed attrezzature specifiche utilizzati per la preparazione e il condizionamento del prodotTO: vengono usati dei piccoli alambicchi di rame per la distillazione, bacche e erbe del Consiglio, acqua alcool e zucchero.

• Territorio interessato alla produzione: Regione veneto in particolare zona di Treviso, Padova e Vicenza. I bigoi si trovano in commercio presso la maggior parte dei negozi alimentari e si trovano spesso nei menù di ristoranti e agriturismi. • Descrizione sintetica del prodotto: I bigoi sono spaghetti di grosse dimensioni (diametro di 2mm) lunghi 20-25cm, di colore giallognolo. • Metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura: Per avere il prodotto finito si parte dalla separazione della parte esterna del grano da quella interna (resa del 70%), dopo di che viene pulito e inumidito fino a portare l’umidità al 16% successivamente viene macinato sempre a macchina e passato nella semolatrice per dividere la parte fine che viene aspirata, la parte grossolana legnosa che viene fatta cadere e la semola che resta a metà viene utilizzata per produrre la pasta. Si prepara quindi l’impasto ottenuto amalgamando farina, burro, latte ed uova lavorando per circa 20 minuti gli ingredienti, che viene immesso poi in un apposito torchietto di bronzo chiamato “bigolaro” e pigiato: da questa operazione si ricavano questi spaghetti ruvidi e grossolani. Il prodotto viene quindi messo a riposare ed asciugare su appositi teli infarinati per circa 24 ore. La trafilatrice è fatta di bronzo per aumentare la qualità. Successivamente si passa a un’essiccazione lenta a 70° per 8-10 ore. La pasta così ottenuta viene confezionata sempre a macchina e posizionata in scatoloni posti poi nei bancali e pronti per la vendita. • Materiali ed attrezzature specifiche utilizzati per la preparazione e il condizionamento del prodotto: Mulino, setacciatrice, macchina per pulizia, selezionatrice, semolatrice, trafilatrice, essiccatrice, macchina per confezionare, robot per mettere nei bancali le scatole già sigillate. • Usi: I bigoi vanno consumati, dopo una breve cottura in acqua. Il condimento tradizionale dei bigoi è quello a base di frattaglie di anatra cotte con burro, olio, sale e un’aggiunta del brodo di anatra nel quale viene fatta bollire la pasta. Sono molto famosi anche i bigoi “in salsa”, conditi con un sugo a base di cipolle soffritte, olio e acciughe.

BIGOI

paste fresche p.a.t. tutte le province del Veneto nessuno

Nome del prodotto Categoria Certificazione / denominazione Provincia di produzione Organismi di riferimento riconosciuti

CARNE DI PECORA DI LAMON

carne p.a.t. Belluno nessuno

• Territorio interessato alla produzione: provincia di Belluno ed in particolare l’area del feltrino occidentale. • Storia: Emilio Pastore nel libro “Le razze Ovine autocnote del Veneto”, scrive: “Nel bellunese la pastorizia, in particolare quella transumante, ha origini remote, ma è solo nel feltrino e più precisamente nella conca lamonese-sovramontina, che ha avuto il suo massimo sviluppo e ha trovato la possibilità di mantenersi fino ai nostri giorni. [...] In provincia di Belluno, Lamon si pone di diritto tra i paesi che guardano al settore ovino per la sua storia e la sua tradizione di pastori. Nonostante oggi la pastorizia abbia assunto un ruolo marginale, è stata ugualmente tramandata la preparazione di un prodotto tipico dei pastori lamonesi, la “carn’ de féa ‘nfurmigàa” (carne di pecora affumicata), che “l’era al magnar de i pastor che i n dea a pascolar”. Grazie al patrimonio culturale tramandato dai pastori ai loro figli, a loro volta pastori, si è mantenuta la conoscenza del metodo tradizionale di preparazione di questa specialità gastronomica, e ancora oggi nel territorio lamonese ne è diffuso il consumo. • Descrizione del prodotto: trattasi di carne di pecora (del peso morto di 2835 kg), in particolare di agnello, agnellone o di castrato della razza autoctona locale Lamon o di agnelloni derivati da incroci tra la pecora autoctona e arieti di razza Bergamasca o Biellese. Il prodotto finito si presenta esternamente di consistenza compatta, di colore bruno scuro, con un profumo intenso di ginepro. Il colore al taglio è rosaceo. Il gusto è caratteristico, di sapore deciso e salato. • Processo di produzione: la carcassa dell’animale viene frollata per 10 - 15 giorni in cella frigo a temperatura +1°C, e successivamente macellata secondo le modalità del “taglio bovino”, dividendo la carcassa in due mezzene in senso verticale. La carne viene messa quindi in vasche di vetro a macerare con la concia, preparata con sale e pepe in proporzione rispettivamente di 70 e 30%. I pezzi vengono disposti a strati, cosparsi con la concia e lasciati a macerare per almeno 48 ore, durante le quali viene effettuato un riposizionamento dei pezzi di carne che vengono girati. La carne conciata viene successivamente collocata su griglie e posta nel locale di affumicatura dove vengono esposte ad un fumo freddo generato da segatura di legni duri e bianchi, come il faggio e il carpino, a cui vengono frapposte fronde di ginepro. Il processo di affumicatura dura dalle 4 alle 5 ore, durante le quali la carne viene girata più volte fino ad ottenere un’affumicatura completa. Al termine dell’operazione la carne è lasciata riposare sulle griglie sino a completa asciugatura e poi tolta e preparata per la vendita. E’ commercializzata tal quale, a pezzi di varie misure e nelle varie parti della carcassa. • Reperibilità: la carne de “fea” è reperibile nei ristoranti o presso i commercianti alimentari della zona. • Usi: la carne è utilizzata in vari modi: può essere cotta alla griglia, (bagnandola con vino bianco, stando attenti a non cuocerla troppo, ma semplicemente portandola in temperatura senza seccarla), può venire messa nella minestra d’orzo o essere tagliata sottile come il carpaccio, e bagnata con succo di limone (in questo caso è usato preferibilmente il taglio della coscia).

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I PRODOTTI

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Nome del prodotto

Categoria Certificazione / denominazione Provincia di produzione Organismi di riferimento riconosciuti

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FAGIOLO DI LAMON E DELLA VALLATA BELLUNESE;

ortofrutticoli I.G.P. Belluno Consorzio per la tutela del fagiolo di Lamon e della Vallata Bellunese IGP Lamon (BL) - www.fagiolodilamon.it

• Territorio interessato alla produzione: Comunità montane Feltrina, Bellunese e Val Belluna, in 21 comuni della provincia di Belluno. • Storia: Il fagiolo ha fatto la sua comparsa nella zona di Lamon e Sovramonte intorno al 1530, dopo essere stato introdotto in Europa dai territori andini dell’America del Sud. Documenti storici del XVII secolo rilevano l’importanza di questa coltivazione per la popolazione locale e forniscono anche le prime indicazioni sui metodi di coltivazione. Sono inoltre ampiamente documentati, nei secoli successivi, i notevoli scambi commerciali che la produzione di fagiolo alimentava verso zone limitrofe, ma anche verso stati europei, date le notevoli caratteristiche qualitative del prodotto. In tali manoscritti si cominciavano ad individuare diverse tipologie in relazione al colore, alla forma e all’epoca di maturazione. Nel corso degli anni si è affinata la tecnica colturale ed è proseguita la selezione massale arrivando ad un prodotto con pregevoli caratteristiche qualitative. Da dieci anni è attivo un Consorzio di Tutela, è stato definito un disciplinare di produzione, un regolamento di uso del marchio e, nel 1996, il fagiolo di Lamon ha ottenuto il riconoscimento IGP dalla CEE che conferma la vocazionalità della zona e la tipicità del prodotto. • Descrizione sintetica del prodotto: Esistono quattro tiplogie di Fagiolo di Lamon: Spagnolet, Spagnol, Calonega e Canalino: Lo Spagnolet ha forma rotondeggiante e a botte, con striature rosso brillanti su fondo crema. Il peso è di 0,8 grammi per seme, la buccia è particolarmente tenera e sottile. Lo Spagnol ha forma ovoidale sub-ellittica, con striature rosso vinose. Il peso di un seme è di circa 0,9 – 1 grammi. La buccia è abbastanza fine. Il Calonega ha forma schiacciata a rene, con striature rosso vivo su fondo crema. Il Peso di un seme è di 1 grammo. La buccia è abbastanza fine. Il Canalino ha forma ovoidale, con striature rosso cupo (nero) su fondo bianco opaco 1,1. Il peso di un seme è di 1,2 grammi. La buccia è abbastanza consistente. Caratteristiche organolettiche Acqua 10,52% - Sostanze Azotate 24,52% - Sostanze Grasse 1,32% Idrati di Carbonio 58,20% - Cellulosa 3,15% - Ceneri 3,00% Le caratteristiche di cui sopra riguardano il Fagiolo Lamon “Spagnolit”, ma sono ritenute valide anche per gli altri tipi, dall’esame dei dati suesposti si rileva l’elevato tenore di sostanze proteiche (in particolare di Faseoline) ed il bassissimo tenore di cellulosa, tali caratteristiche sono da ritenere peculiari del Fagiolo Lamon della Vallata Bellunese. Infatti, in questa zona esiste una escursione termica abbastanza elevata tra il giorno e la notte; inoltre questa zona è interessata da un continuo ricambio d’aria che evita, quindi, la possibilità di formazione di nebbia e la presenza, perciò, di elevati tassi di umidità. Anche a questi due motivi si devono ricondurre le caratteristiche organolettiche peculiari riscontrate nel Fagiolo coltivato a Lamon. •

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I PRODOTTI

• Metodiche di raccolta, lavorazione e conservazione: La raccolta viene effettuata a mano perché molto spesso la maturazione è scalare. Inizia indicativamente, per la granella fresca, una ventina di giorni dopo l’impollinazione e si può protrarre per circa un mese. Per quanto riguarda la granella secca si può iniziare quando almeno i 3/4 dei baccelli sono ormai diventati secchi e di colore chiaro. La produzione ad ettaro si quantifica, per impianti specializzati, intorno alle 4 ton per granella secca; 10 ton per fagiolo fresco (in baccello ed in irriguo); 7 ton per fagiolo fresco (in baccello e senza irrigazione). Per la conservazione, al fine di evitare l’infestazione di Tonchio (Acanthoscelides Obtectus) si deve attuare a scelta uno dei seguenti accorgimenti: conservare il prodotto ad una temperatura compresa tra 0 e 15 °C; conservare il prodotto sotto zero tenendo presente che se il prodotto è secco si conserva pienamente la capacità germinativa, se invece è fresco questa viene persa; conservare il prodotto sotto vuoto, avendo l’accortezza di conservarlo dopo l’apertura a una temperata tra 0 e 15 °C. • Reperibilità e aspetti commerciali: Esiste un “Consorzio di Tutela Fagiolo di Lamon della Vallata Bellunese” che si occupa della tutela del prodotto garantendo produttori e consumatori da eventuali frodi e contraffazioni. I produttori seguono un disciplinare dettato dal consorzio sia per la produzione che per la commercializzazione. La vendita avviene innanzitutto in filiera corta e dunque presso le singole aziende associate. E’ stato fissato un prezzo di riferimento per la vendita che va da un minimo di Euro/kg 12.00. Per le vendite all’ingrosso ad operatori professionali il prezzo di riferimento è pari ad Euro/kg 11,00 esclusa iva 4%. I fagioli possono essere commercializzati freschi o secchi. Per i fagioli freschi sono consentite confezioni in cassetta da 5 kg - 10 kg. Per quanto riguarda i fagioli secchi sono consentite confezioni da 1 kg - 55 kg. È vietata la vendita di prodotto sfuso. Sulle confezioni, deve essere posto il marchio ed il timbro del Consorzio e indicati anno di produzione e data di confezionamento; data di scadenza; luogo di provenienza (Fagiolo di Lamon della Vallata Bellunese); quantità; ecotipo (“Spagnol”, “Spagnolit”, “Calonega” e “Canalino”); marchi di denominazione di origine; norme del produttore; eventuale dichiarazione di prodotto biologico. • Certificazioni e marchi: Dal 1996 è riconosciuto come prodotto I.G.P. E’ inserito tra i prodotti di “Carta Qualità del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi”, è inserito tra i sapori della “Strada dei Formaggi e Sapori delle Dolomiti Bellunesi”. • Usi: Per secoli alimento delle classi povere alternativo alla carne, e con una presunta “povertà” anche organolettica, oggi i fagioli sono stati riscoperti come ingrediente di piatti importanti e componenti di una dieta equilibrata. Non sono molte, né tantomeno elaborate, le ricette che hanno per protagonista il fagiolo di Lamon e neppure conoscono stagioni. Basta semplicemente bollirli, condirli in insalata con le cipolle affettate sottili, accompagnarli con un uovo sodo o una fetta di salame per trasformarli in un pasto completo. Va d’accordo con tutto: con le verdure, la carne, le minestre, le paste, i pesci. Uno dei principali inconvenienti presentati dai fagioli è solo il lungo tempo di cottura richiesto che si può abbreviare ammollando in acqua il prodotto, oppure aggiungendo all’acqua di cottura del bicarbonato o altri sali alcalini, oppure ancora aggiungendo il sale solo alla fine della cottura. Tra i piatti più gustosi si ricorda la “pasta e fasoi”, poi il cotechino con i fagioli, la zuppa d’orzo e fagioli, e i “fasoi in tocio”. Il fagiolo tipo “Spagnol”, per la sua aromaticità è adatto per la preparazione di insalate. Il tipo “Spagnolet”, ha la buccia molto tenera ed è indicato per la preparazione di antipasti e contorni; il “Calonega”, il cui gusto ricorda molto quello della castagna, è ideale per la preparazione di minestre; il “Canalino”, a causa della buccia piuttosto spessa ma dal profumo e gusto aromatici, si usa per la preparazione della passata di fagioli.

FORMAGGIO ASIAGO

Nome del prodotto Categoria Certificazione / denominazione Provincia di produzione

formaggio D.O.P. - Presidio SLOW FOOD Vicenza - Padova - Treviso

Organismi di riferimento riconosciuti

Consorzio per la tutela del formaggio Asiago Vicenza - www.asiagocheese.it Associazione Slow Food www.slowfoodveneto.it/presidi.html

• Territorio interessato alla produzione: province di Vicenza, Trento ed in una parte delle province di Padova e Treviso. La produzione di Asiago è tipica dell’omonimo altipiano, in cui avviene in numerosi caseifici e, nella sola estate (per il tempo di vegetazione delle erbe spontanee), nelle caratteristiche malghe. • Descrizione sintetica del prodotto: è un formaggio a pasta semi-cotta, prodotto con latte di vacca che, in base al sapore, al periodo di stagionatura e al tipo di lavorazione, può assumere la tipologia di Asiago pressato (fresco) e Asiago d’allevo (stagionato). L’Asiago fresco, dal sapore dolce e delicato, è ottenuto con latte intero mentre l’Asiago stagionato, dal gusto più deciso e variamente saporito a seconda dell’invecchiamento (dai 3 ai 12 mesi), si ottiene con latte scremato. • Metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura: Per la produzione di formaggio “Asiago” d’allevo può essere utilizzato latte derivante da due mungiture parzialmente scremate per affioramento, o derivante da due mungiture di cui una parzialmente scremata per affioramento, o da una sola mungitura pure parzialmente scremata per affioramento. Può essere utilizzato latte crudo o termizzato a 57/68°C. Il latte posto in lavorazione per la produzione di “Asiago” pressato deve essere latte intero e la miscela in caldaia deve essere costituita da latte, fermenti lattici o lattoinnesto, caglio bovino ed eventualmente modeste quantità di cloruro di sodio. Nella trasformazione del latte in “Asiago” pressato sono rispettati i seguenti parametri tecnologici: temperatura di coagulazione 35/40°C; taglio della cagliata a 15/25 minuti dall’addizione del caglio fino alla dimensione di noce/nocciola; temperatura di semicottura: 44°C; pressatura per massimo 12 ore. Nella trasformazione del latte in “Asiago” d’allevo sono rispettati i seguenti parametri tecnologici: temperatura di coagulazione: 33/37°C; taglio della cagliata a 15/30 minuti dall’addizione del caglio fino alla dimensione di nocciola o inferiore; temperatura di semicottura: 47°C. Prima della salatura le forme vengono conservate per un periodo minimo di 48 ore in locali a 10/15°C con umidità relativa del 80-85%. La salatura, qualora non sia già stata ultimata in pasta, viene completata a secco o in salamoia a 20° Be.La stagionatura minima dell’ “Asiago” pressato è di giorni 20 dalla data di produzione. La stagionatura minima dell’ “Asiago” d’allevo è di giorni 60 dall’ultimo giorno del mese di produzione. La stagionatura minima dell’Asiago che si fregia della menzione “prodotto della montagna” è di giorni 90 dall’ultimo giorno del mese di produzione per l’Asiago d’allevo e di 30 giorni dalla produzione per l’Asiago pressato. La stagionatura deve avvenire all’interno della zona di produzione stessa in magazzini aventi temperature comprese fra i 10/15° C con umidità relativa compresa fra 80-85%. Per i primi 15 giorni dopo la salatura l’ “Asiago” d’allevo può essere conservato in magazzino con temperature comprese fra 5/8° C. Il formaggio Asiago, che utilizza la menzione “prodotto della montagna”, deve essere stagionato in aziende ubicate in territorio montano in locali che possono avere condizioni di temperatura e umidità determinate dalle condizioni ambientali naturali.

L’Asiago Fresco si conserva per un periodo limitato, in casa non più di 8-10 giorni a temperatura di 8/9°. Si consiglia quindi di consumarlo velocemente, anche utilizzandolo nelle preparazioni culinarie (toast, soufflé, pizza, ecc.). L’Asiago Stagionato, se è Stravecchio, si conserva con buoni risultati avvolto in una tela anche a temperature più elevate, per un mese e più, purché in ambiente adatto. • Reperibilità e aspetti commerciali: collegandosi al sito internet www.asiagocheese.it è possibile conoscere tutti i produttori e stagionatori e confezionatori di formaggio Asiago aderenti all’omonimo Consorzio di tutela • Certificazioni e marchi: Il Consorzio di tutela nasce nel 1979 per garantire che solo il formaggio che rispetta il disciplinare di produzione sia venduto come Asiago DOP e per promuovere il marchio, rafforzando così la continuità nel tempo, sia di quello Fresco sia di quello Stagionato. I contrassegni e i marchi sono il simbolo di questi controlli e la garanzia che il prodotto è DOP: i contrassegni sono: denominazione “ASIAGO” sullo scalzo, il logo del formaggio, il numero di matricola che identifica il caseificio produttore, il bollo di caseina che permette di risalire alla data di produzione, ai dati della lavorazione, all’identificazione dei produttori di latte, la lettera alfabetica che indica il mese di produzione, la sigla del caseificio. Le forme di Asiago che si fregiano della menzione aggiuntiva “Prodotto della Montagna” hanno tale specifica denominazione sullo scalzo. Al termine del periodo di stagionatura le forme sono ulteriormente identificate con la marchiatura a fuoco “Prodotto della Montagna” ed il logo della denominazione.

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GRAPPA VENETA

bevande P.A.T. Treviso - Verona - Vicenza nessuno

• Territorio interessato alla produzione: la fascia collinare delle province di Verona, Vicenza, Treviso. Il Veneto produce quasi il 40% della grappa nazionale e detiene, per quanto riguarda il prodotto esportato, una quota del 60%. Dieci aziende venete detengono da sole il monopolio dell’esportazione complessiva di cui a livello mondiale Italia e Austria sono gli incomparabili leader. • La storia: si dice che la distillazione delle vinacce sia incominciata nel Veneto tra il 1200 e il 1300, quando Venezia era un importante mercato di acquavite di vino e di vinaccia che esportava in Germania e Oriente, come rimedio contro la peste e la gotta. Già all’inizio del 1400 l’opera “De arte confetionis acquae vitae”, del medico padovano Michele Savonarola, era considerata un importante punto di riferimento per i distillatori che volevano perfezionare la loro tecnica. L’uso della grappa era essenzialmente terapeutico, per casi di soffocamento ed intossicazione, per sfregamenti contro il congelamento o come aiuto per un’azione più efficace di altri medicamenti da ingerire. Proprio perché doveva servire esclusivamente a scopi terapeutici, la produzione della grappa era riservata ai farmacisti e ai medici: per questo, nel 1601, sempre a Venezia, nacque la “Congrega dell’Università degli Acquavitai”. Nel 1876, a Conegliano, nasce la “Regia Scuola di Viticoltura ed Enologia” dove lavorò il ricercatore enologico Emilio Comboni, che tanto contribuì al miglioramento qualitativo di questo distillato (l’alambicco a fuoco diretto che lui perfezionò e divulgò è diventato il simbolo della grappa veneta). Nel secondo dopoguerra il prodotto fece un balzo sostanziale e di immagine che gli consentì di emanciparsi definitivamente da un retaggio di “rusticità”, per puntare verso il perfezionamento qualitativo all’insegna della leggerezza. • Descrizione del prodotto: Il termine “grappa” viene comunemente usato per l’acquavite ottenuta attraverso la distillazione delle vinacce, ricca di profumi e di sapori. I vitigni da cui più comunemente derivano le vinacce da sottoporre a distillazione, sono i Pinot, lo Chardonnay, il Prosecco, il Verduzzo, il Tocai, il Merlot, il Cabernet, il Raboso, il Friulano, il Moscato, il Cruvajo, il Tocai rosso, il Vespaiolo, il Saouvignon e il Riesling. • Processo di produzione: l’apparecchio tuttora utilizzato per produrre la grappa “artigianale” è un alambicco (o “lambicco”), ovvero una caldaia in cui si pongono le vinacce da distillare: il vapore che se ne sprigiona viene raccolto e portato allo stato liquido in una tubatura dove si condensa. Questo procedimento, apparentemente semplice, richiede molta attenzione perché non si brucino le vinacce. Attualmente la grappa è stata rinnovata nel suo gusto attraverso tecnologie che consentono alle vinacce una fermentazione “controllata”, così come avviene per l’uva. Con questi procedimenti è nata una nuova generazione di grappe leggere e fruttate, in grado di soddisfare i gusti più moderni che cercano naturalità e finezza. Nella commercializzazione della grappa è prevista per legge una gradazione minima di 37,5% in volume (per le grappe a indicazione geografica è prevista una gradazione minima non inferiore a 40% in volume).

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I PRODOTTI

• Reperibilità: Il numero delle distillerie operanti nella regione è notevole. Per molte di queste si tratta di grossi impianti industriali che operano con apparecchi continui in grado di dare un prodotto particolarmente armonico e qualitativamente costante. Non mancano comunque anche i piccoli distillatori artigianali (una quindicina) che utilizzano il vecchio sistema a caldaiette a vapore, nato, a quanto sembra, proprio da queste parti. La grappa prodotta - localmente chiamata graspa - è in gran parte del tipo giovane: color acqua e con aromi ricollegabili ai vitigni che forniscono la materia prima per la distillazione (le vinacce). • Usi: La grappa è un ottimo distillato per terminare un pasto, va servita né troppo calda né troppo fredda. Perché vi sia una graduale percezione della note fragranti e fruttate prima dell’identificazione di quelle di maggior peso, l’esatta temperatura di servizio dovrebbe essere per una grappa bianca di 8-10 °C, di 15 °C per quelle di medio invecchiamento e di 18 °C per le grappe che hanno lungamente riposato in tini di legno. La grappa viene anche utilizzata per le preparazioni di pasticceria, per conservare frutta sotto spirito o abbinata con erbe, bacche e radici che ci permettono di creare le Grappe aromatiche. Il Ginepro, tipico arbusto delle Alpi; il Mirtillo, deliziosa bacca del sottobosco; la Ruta, erba dal sapore antico; la Liquirizia, dolce radice; la Rosa canina, selvatico arbusto, il Cumino, aromatico seme; la Genziana, radice dalle mille virtù, e poi le Nocciole, il Melograno, il Mugo.

Nome del prodotto Categoria Certificazione / denominazione Provincia di produzione Organismi di riferimento riconosciuti

MAIS MARANO

prodotti vegetali trasformati P.A.T. Vicenza Consorzio Tutela Mais Marano Schio (Vicenza) - www.maismarano.it

• Territorio interessato alla produzione: Il mais Marano viene prodotto a: Marano Vicentino, Schio, San Vito di Leguzzano, Malo, Isola Vicentina, Torrebelvicino, Valli del Pasubio, Santorso, Piovene Rocchette, Monte di Malo, Zanè, Tiene, Zugliano, Sarcedo, Breganze, Mason Vicentino, Molvena, Pianezze, Isola Vicentina e tutti i comuni ricadenti nella Val Leogra e nella fascia pedemontana della Provincia di Vicenza. • La storia: è una cultivar selezionata in seguito ad incroci tra varietà locali verso la fine dell’ottocento dal cav. Antonio Fioretti, un agricoltore di Marano Vicentino. Per i tempi era un ottimo prodotto e la coltivazione si diffuse grandemente nel Veneto e nel Friuli. Esiste il consorzio di tutela del mais Marano con sede a Schio (VI) con lo scopo di promuovere la particolare farina che si ottiene dalla macinazione della granella di mais Marano. Diceva il primo presidente del consorzio Cortiana Giandomenico: “il mais è uno delle innumerevoli prodotti tipici del territorio italiano e come componenti del consorzio abbiamo piena coscienza dell’importanza di tutelare questa varietà, sia per la qualità organolettica e gustativa della farina prodotta sia per la nostra ferma convinzione che la biodiversità sia un valore di fondamentale importanza. Tutto ciò può fornire sbocchi interessanti per l’agricoltura locale.” • Descrizione del prodotto: è un mais precoce con un ciclo vegetativo di 105 giorni. La pianta ha una altezza relativamente bassa, sui 2 metri, con generalmente due spighe lunghe fino a 20 cm. La granella è giallo-dorata/arancione uniforme di aspetto vitreo-lucido molto piccola, disposta in file a leggera spirale sul tutolo bianco. La coltivazione, attualmente, si adatta bene agli ambienti marginali collinari e di fondovalle, ed è particolarmente apprezzata per il metodo biologico, trattandosi di pianta rustica e dalle parsimoniose esigenze. La resa è sui 40-50 quintali/ettaro di granella secca. E’ un prodotto ancora molto apprezzato, in particolare nella fascia pedemontana vicentina (Marano Vicentino), dove la farina viene utilizzata per la preparazione dell’ottima polenta. La granella è particolarmente sostanziosa e per questo motivo viene anche utilizzata, a livello familiare, per il nutrimento del pollame in quanto conferisce qualità al tuorlo d’uovo e alle carni. • Processo di produzione: La granella destinata alla produzione della “Farina di Mais Marano” deriva esclusivamente da coltivazioni realizzate nella Val Leogra e nella fascia pedemontana della Provincia di Vicenza. La lavorazione della farina deve essere effettuata nel comune di Marano Vicentino, e nella fascia pedemontana dei Comuni dell’Alto Vicentino. La “Farina di Mais Marano” è prodotta esclusivamente con la lavorazione della granella di mais della varietà “Marano Vicentino”, effettuata nelle strutture riconosciute dall’Organismo di Gestione. Il pregio maggiore di tale cultivar è quello di produrre, come tutti i mais vitrei, una farina ricca di glutine, la migliore che si abbia per fare la polenta. Il mais “Marano”, nel corso della sua storia, si è affermato come il più apprezzato fra tutti i mais vitrei. La polenta ottenuta con questa varietà di mais ha un colore più carico e una maggiore elasticità, la farina che se ne ottiene è particolarmente pregiata ricercata. • Usi: la farina di mais Marano viene utilizzata per preparare la polenta ed altri piatti della tradizione gastronomica vicentina, fra cui: polenta e baccalà, polenta onta e osèi, polenta brustolà col formàjo, polenta e lugànega, polenta infasolà, la mosa, polenta e oco, polenta e spezzatino, polenta e polàstro in tècia, la pinza, gli zalèti, le frìtole.

Nome del prodotto Categoria Certificazione / denominazione Provincia di produzione Organismi di riferimento riconosciuti

MAIS SPONCIO

prodotti vegetali trasformati P.A.T. Belluno Consorzio Tutela Mais Sponcio Cesiomaggiore (Belluno) www.cooperativalafiorita.it

• Territorio interessato alla produzione: L’area classica di produzione e coltivazione è la Val Belluna, ma in maniera più tipica e tradizionale la conca feltrina e soprattutto i Comuni di Cesiomaggiore, Feltre, Fonzaso, Seren del Grappa, Pedavena, Arsiè, San Gregorio nelle Alpi. • Descrizione sintetica del prodotto: della cariosside che presenta una “punta” tecnicamente definibile come “rostro”, rivolto verso l’apice della spiga. Le spighe sono cilindriche con ranghi disposti regolarmente e colore bianco del tutolo, cariossidi a forma di rostro, di colore aranciato vivo, una consistenza marcatamente vitrea. permette di ottenere una farina per polenta dalle elevate caratteristiche qualitative. La farina evidenzia un colore giallo-arancio intenso, che permane anche trasformata in polenta, e da cui emanano intensi profumi caratteristici. • Metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura: Prima di essere lavorato in farina il mais è essiccato con esposizione al sole in idonei graticci, solai e poggioli in legno. Le cariossidi sono macinate secondo la locale tradizione, per l’ottenimento di una farina per polenta dalla grana media (ne troppo fine ne troppo grossolana). La tradizionale farina con mais Sponcio, ottenuta dai piccoli molini tradizionali è di due tipi: - Farina tipo integrale o semi-integrale, con lavorazione a palmenti a pietra. La farina ottenuta presenta la quasi totalità delle parti della cariosside. Essa appare puntinata di porzioni scure, ricca in oli e grassi vegetali e da origine ad una polenta definita in termini positivi come “grassa” e altamente nutritiva. - Farina a molitura con “cilindri” in cui sono estratti parte del germe e pericarpo. La farina, porta con sé tutta la colorazione e pigmenti delle cariossidi, apparendo di un colore aranciato intenso molto appariscente. • Reperibilità e aspetti commerciali: Esiste un “Consorzio di Tutela Mais Sponcio” che si occupa della tutela del prodotto garantendo produttori e consumatori da eventuali frodi e contraffazioni. Il Consorzio ha affidato l’intera fase di trasformazione, confezionamento e commercializzazione ad una Cooperativa di Agricoltori. Nel caso specifico la Cooperativa Agricola La Fiorita di Cesiomaggiore segue un disciplinare dettato dal consorzio stesso. La vendita avviene innanzitutto in filiera corta e dunque presso uno spaccio della Cooperativa, ma il prodotto è reperibile anche presso negozi e supermercati dell’area bellunese. Il prezzo di vendita è fissato sempre dal Consorzio ed è per le vendite all’ingrosso ad operatori professionali pari ad Euro/kg 1,92, mentre al dettaglio è pari ad Euro/kg 2,50. • Certificazioni e marchi: E’ riconosciuto come P.A.T., è inserito tra i prodotti di “Carta Qualità del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi”, è inserito tra i sapori della “Strada dei Formaggi e Sapori delle Dolomiti Bellunesi”. • Usi ed aspetti culinari: La polenta che si ottiene, cucinata seconda la locale tradizione su paiolo in rame e su fuoco lento a legna, deve essere riversata su un “taier” di legno e come conferito anche dal mais Sponcio, deve mantenere la forma del paiolo. Accompagna con successo un gran numero di piatti in particolare formaggio, funghi e affettati.

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MARRONE FELTRINO

prodotti vegetali allo stato naturale P.A.T. Belluno Consorzio Tutela Morone e Castagno Feltrino - Feltre (Belluno)

• Territorio interessato alla produzione: Feltre, Pedavena, Cesio, Sospirolo, S. Gregorio Delle Alpi, Seren Del Grappa, Fonzaso, Vas, Alano, Quero. • La storia: il territorio Feltrino, che comprende la parte occidentale della valle del Piave, presenta pendii non eccessivamente elevati, e costituisce una zona di raccordo tra l’area dolomitica e quella prealpina. In quest’area la castanicoltura è presente sin dai tempi degli insediamenti romani e le castagne sono state per secoli tra gli alimenti di base della dieta degli abitanti della zona e ancora oggi sono apprezzate e coltivate. Nel 1996 si è costituito il Consorzio Tutela Morone e Castagno del Feltrino, con lo scopo di: tutelare il “Morone”, difendendo il castagno diffuso in quest’area; migliorare le condizioni agronomico-colturali del patrimonio castanicolo esistente; diffondere nuovi impianti e recuperare i castagneti attraverso il risanamento e la conservazione delle piante adulte; aumentare la valorizzazione turistica e ambientale delle aree castanili; assicurare l’aggiornamento professionale dei produttori e soprattutto la certificazione dei marroni a livello locale, nazionale ed europeo. • Descrizione del prodotto: il “morone” Feltrino presenta requisiti propri che lo distinguono dalla altre varietà, in particolare ha una forma ovoidale, apice con pelosità vellutata, torcia evidente e a volte inginocchiata, una faccia laterale generalmente piatta, l’altra convessa, cicatrice ilare rettangolare ben delineata. La buccia superficiale, chiamata pericarpo, è abbastanza sottile, di colore marrone con evidenti striature in senso meridiano di colore più scuro, mentre il frutto è ricoperto da una pellicina di colore nocciola chiaro che si stacca facilmente in fase di spellatura. La polpa è di colore bianco latte e la pasta è compatta e rinomata per la particolare dolcezza. • Processo di produzione: il castagno è una pianta spontanea e le operazioni compiute dai castanicoltori sono limitate alla raccolta e alla sistemazione del prodotto. Tuttavia queste mansioni hanno bisogno di tecniche ben precise, che concorrono ad assicurare una produzione di qualità molto elevata. La raccolta viene effettuata a mano, a causa delle difficoltà legate alla tipologia del terreno; successivamente i frutti vengono calibrati al fine di ottenere un prodotto con pezzature omogenee. Si procede poi all’operazione più importante per la conservazione dei frutti: la novena. Il prodotto viene immerso in contenitori atossici riempiti di acqua potabile. Il processo fermentativo produce acido lattico e abbassa l’acidità dei frutti. La curatura è eseguita simultaneamente alla fase di “novena”: vengono manualmente eliminati i frutti che affiorano in superficie (bacati o difettosi). L’ultima fase è quella dell’asciugatura, necessaria dopo la “novena” per evitare ammuffimenti: i frutti vengono sottoposti a ventilazione forzata a temperatura ambiente, per essere poi stesi su superfici asciutte a formare uno strato di circa 20 cm che viene rigirato 2 volte al giorno mediamente per 5 giorni. Il prodotto è quindi pronto per essere insacchettato e immesso in commercio. • Reperibilità: il prodotto è reperibile nella zona di produzione ma anche presso rivenditori ortofrutticoli al dettaglio del bellunese, del trevigiano e del vicentino.

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• Usi: il marrone feltrino viene utilizzato cotto come caldarrosta, al forno o nella preparazione della classica minestra di marroni. Il prodotto è rinomato per la sua dolcezza e compattezza che resiste molto bene alla cottura, mantenendone intatte le meravigliose qualità e lo straordinario sapore. Il marrone (e la castagna) era insieme all’uva un dono d’amore per la donna; Carlo Magno, addirittura le amava cotte nel vino. Durante il Medioevo il consumo aumentò a causa delle carestie, ma solo nel Quattrocento fu annoverato tra le consuetudini alimentari specialmente sotto forma di farina.

Nome del prodotto Categoria Certificazione / denominazione Provincia di produzione Organismi di riferimento riconosciuti

MIELE DELLE DOLOMITI

miele D.O.P. Belluno Apidolomiti Servizi Limana (Belluno) - www.apidolomiti.com

• Territorio interessato alla produzione: interessa l’intero territorio della provincia di Belluno, tutto situato in zona svantaggiata di montagna i cui confini amministrativi sono limitati da catene montuose che separano detta provincia a nord dall’Austria, ad est dalla Regione Friuli Venezia Giulia e ad ovest dalla Regione Trentino Alto Adige. • Descrizione sintetica del prodotto: viene prodotto a partire dal nettare dei fiori del territorio montano bellunese, dall’ecotipo locale di “Apis mellifera” che deriva da incroci naturali tra diverse razze apistiche, prevalentemente tra quella Ligustica e Carnica; essa si è particolarmente adattata nel corso del tempo alle caratteristiche dell’ambiente montano alpino bellunese e permette di ottenere buone rese di miele. I mieli uniflorali rispecchiano le specie del territorio considerate fra la migliori dal punto di vista apistico pollinico e nettarifero, come l’acacia-robinia, il rododendro, il tarassaco, il tiglio, il castagno, la maggior parte delle quali sono presenti solo nei territori montani, anche in alta quota, e per questo rendono pregiato il Miele delle Dolomiti bellunesi. La tipologia Millefiori viene prodotta con una grande varietà di specie alpine, scelte dalle api fra le oltre 2.200 che caratterizzano la montagna bellunese. Oltre al “pregio floreale”, la qualità del Miele delle Dolomiti bellunesi ha altri aspetti fondamentali, come la purezza, la salubrità e l’elevata conservabilità, testimoniate anche dal basso valore di HMF (Idrossimetilfurfurale, generato dall’ossidazione dello zucchero, che nel miele non deve superare il valore di 40 ppm) che dipendono specialmente dalle caratteristiche ambientali della zona geografica e dal “savoir faire” dei produttori. • Metodiche, materiali ed attrezzature di lavorazione e conservazione: Raccolta: all’inizio delle fioriture nel territorio si provvede alla posa dei melari. La raccolta del prodotto deve avvenire a completata opercolatura del miele depositato nei favi da melario, in funzione del giusto grado d’umidità del prodotto. Al momento del prelevamento dei melari le api possono venire allontanate con metodi che non devono alterare la qualità del prodotto, quali l’api-scampo o il soffiatore, evitando tassativamente l’impiego di affumicatori o sostanze repellenti che potrebbero trasferire al miele odori e sapori estranei. La raccolta del miele avviene sempre per fasi successive, in concomitanza delle diverse fioriture, al fine di ottenere un prodotto monofloreale differenziato. Eventuali trattamenti sanitari, da eseguire alle api solo ed esclusivamente al termine di ogni fioritura e dopo il prelievo di tutti i melari, devono rispettare, in modo rigoroso, il Piano Regionale di profilassi che, annualmente, viene predisposto dal Centro Regionale di Apicoltura del Veneto, e devono essere praticati con totale rispetto delle modalità e dei tempi programmati, con principi attivi naturali che garantiscano l’assenza di residui nel prodotto. Lavorazione: tutto il “Miele delle Dolomiti Bellunesi” DOP, deve essere lavorato e preparato per la vendita in appositi laboratori di smielatura, autorizzati e controllati dal Servizio Veterinario competente per territorio. Dopo la raccolta dei melari entro un massimo di cinque giorni, si deve procedere all’estrazione del prodotto dai favi di melario, operazione da eseguire tassativamente ed esclusivamente con la centrifugazione.

Non sono consentiti altri metodi d’estrazione. Il miele così ottenuto viene collocato in appositi recipienti inox, detti maturatori, previa una filtrazione che consenta il passaggio di tutti i granuli di polline presenti nel prodotto per poterne verificare l’origine botanica. La permanenza del miele nei maturatori deve prolungarsi per almeno 1015 giorni, allo scopo di favorire e completare l’affioramento di schiuma o eventuali piccoli residui di cera, che saranno totalmente asportati prima del confezionamento. Dopo l’estrazione e la purificazione, sono consentite esclusivamente le operazioni tecnologiche che non alterino le caratteristiche tipiche del prodotto, quali la cristallizzazione guidata e il riscaldamento per la fluidificazione del prodotto che, rigorosamente, non deve mai superare i 40°C. Tutto il ciclo di lavorazione del prodotto deve avvenire in ambienti asciutti, mettendo in atto ogni precauzione di ordine igienico-sanitario, necessaria per evitare qualsiasi contaminazione con sostanze estranee, sporcizia, insetti o altri animali. Conservazione: la conservazione deve garantire il mantenimento delle caratteristiche del prodotto; in particolare i vasetti confezionati e pronti per la vendita vanno tenuti in ambiente asciutto, privo di odori estranei, in ambiente fresco e al riparo della luce. Il “Miele delle Dolomiti Bellunesi” DOP che utilizza anche la menzione “prodotto della montagna” deve essere prodotto in arnie stanziali o nomadi, in territorio montano bellunese, al di sopra dei 600 metri per tutto il periodo di produzione e deve essere lavorato e preparato per la vendita in appositi locali ubicati al di sopra dei 600 metri di altitudine. Nella produzione di miele biologico vengono utilizzate tecniche che consistono prevalentemente nella ricerca di aree incontaminate, e nel continuo perfezionamento delle tecniche di allevamento delle api, di smielatura e d’invasettamento. E’ escluso l’uso di antibiotici, sostanze chimiche di sintesi e zucchero.Il miele biologico non deve subire alcun trattamento che ne possa alterare le caratteristiche naturali. • Usi: Appena estratto dall’alveare il miele si presenta come un liquido ambrato, denso, trasparente, dolce e profumato. Quanto alla sua composizione, è molto ricca. Al punto che, sebbene molte restino ancora sconosciute, vi sono già state identificate oltre 180 sostanze: oltre all’acqua e agli abbondanti zuccheri contiene vari sali minerali, sostanze azotate, acidi organici, vitamine, sostanze che agiscono come catalizzatori ormonali, pigmenti vegetali, enzimi e sostanze volatili (che concorrono a determinare l’aroma). Le sue proprietà energetiche (100 grammi forniscono circa 370 calorie) sono legate alla presenza di zuccheri prontamente assimilabili, che rendono il miele adatto ad esempio nelle fatiche prolungate e nelle attività sportive. Presso i popoli antichi, il miele di bosco veniva consumato per sopperire ai dolori alle vie respiratorie, bronchiti e mal di gola. Inoltre è utile ad aiutare la crescita dei bambini. Viene usato anche come calmante, la sera prima di coricarsi.

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I PRODOTTI

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Nome del prodotto Categoria Certificazione / denominazione Provincia di produzione Organismi di riferimento riconosciuti

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NOCE FELTRINO

prodotti vegetali allo stato naturale P.A.T. Belluno Consorzio Tutela Noce Feltrino Feltre (Belluno)

• Territorio interessato alla produzione: Comuni di Feltre, Cesiomaggiore; Sovramonte, Pedavena, S. Giustina, Seren del Grappa, Lamon, Trichiana, Lentiai, Mel, Belluno, Sedico, Sospirolo, S. Gregorio, Lentiai. • Descrizione sintetica del prodotto: Questa varietà di noce presenta forma sub-ellittica (ovoidale), con base arrotondata ed apice appuntito, con margine delle suture quasi nullo. Il peso medio varia dai 6 ai 10 grammi; il guscio è chiaro, di spessore più sottile (1-2 mm) rispetto alle medie riscontrabili per altre varietà. La “noce del feltrino” ha la caratteristica della “premicità” ovvero che si può schiacciare con le sole dita, è poco rugosa, più liscia di altre varietà e presenta una resa allo sgusciato del 56% (su ogni 10 g. circa 5,6 sono commestibili) con un gheriglio che si stacca facilmente dal guscio. Il noce è una pianta lenta nello sviluppo, longevo, vive fino a 100 anni e può raggiungere i 30 metri di altezza. La pianta si adatta bene ai terreni di collina tipici del castagno, da 600 a 800 metri di altitudine, per questo ha trovato nel territorio feltrino luoghi adatti al suo sviluppo. La coltura di quest’albero non richiede particolari interventi dell’uomo, essendo sufficienti solo potature semplici per l’eliminazione di rami secchi o malandati. • Metodiche di raccolta, lavorazione e conservazione: La raccolta si effettua mediante bacchiatura e raccattatura manuali. I frutti raccolti sono privati del mallo che li riveste, selezionati, lavati e asciugati e infine conservati in ambienti asciutti e ventilati prima di essere commercializzati. • Usi: La noce è un frutto molto energetico, contenente una buona quantità di lipidi e di proteine. È molto utilizzata sia come frutta secca, che nella preparazione di sughi, secondi piatti e soprattutto in pasticceria.

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Nome del prodotto Categoria Certificazione / denominazione Provincia di produzione Organismi di riferimento riconosciuti

AGNELLO D’ALPAGO

carne P.A.T. - Presidio Slow Food Belluno Associazione Fardjma Puos d’Alpago(Belluno) www.slowfoodveneto.it/presidi.html

• Territorio interessato alla produzione: comunità Montana dell’ Alpago nei comuni di Chies d’Alpago, Farra d’Alpago, Pieve d’Alpago, Puos d’Alpago, Tambre (provincia di Belluno). • Descrizione sintetica del prodotto: l’agnello dell’Alpago appartiene alla razza pecora Alpagota, razza ovina autoctona di taglia medio-piccola, dalla curiosa maculatura scura sulla testa e sulla parte inferiore degli arti, dal mantello folto, fine e ondulato che la ricopre totalmente, dal ginocchio e dal garretto fino alla regione frontale. Senza corna, con orecchie corte e profilo leggermente montonino, è una razza rustica, adatta all’ambiente alpino, ma altrettanto idonea all’allevamento in stalla. Come la maggior parte delle razze autoctone, si è drasticamente ridotta nel secolo scorso: oggi sono presenti in zona circa 2000 capi, una leggera ripresa rispetto ai primi anni Novanta, quando la Comunità Europea la inserì tra le specie locali minacciate di estinzione. Considerata ovino a triplice attitudine, cioè valida sia per la carne sia per la produzione di latte e di lana, oggi l’Alpagota è allevata quasi esclusivamente per l’ottima carne: saporita, tenera e compatta allo stesso tempo, può reggere il confronto con i più celebri pre-salé d’oltralpe. Gli agnelli migliori sono quelli macellati a 55, 65 giorni dalla nascita e con un peso da vivi di 18, 25 chilogrammi. L’agnello d’Alpago ha una carne tenerissima, che si sfalda in bocca, un giusto equilibrio di grasso-magro, sensazioni che non sanno mai di selvatico, al limite di erbe aromatiche. La carne di agnello può essere reperita durante l’anno a seconda dei cicli riproduttivi della razza e in particolare, tra dicembre e aprile. • Metodiche di produzione: Un disciplinare, sottoscritto dagli allevatori dell’Alpago riuniti nell’associazione Fardjma, Presidio Slow Food, si propone di tracciare alcune linee guida fondamentali per allevare l’agnello in modo da ottenere carni di alta qualità. Come sempre, l’alimentazione naturale è indispensabile per ottenere carni eccellenti: allevamento allo stato brado, con alimentazione a base di foraggio di prato, oppure semibrado con l’integrazione di fieno prodotto in loco e sfarinati di cereali. L’uso dell’ ovile è permesso solo a condizione di garantire il benessere degli animali e un accrescimento sano ed equilibrato. Il Presidio ha registrato un marchio proprio, “Agnello d’Alpago”, e garantisce la completa tracciabilità del prodotto: l’etichetta apposta sulle carni riporta il marchio, il nome e l’indirizzo dell’allevatore e i codici del macello e dell’allevamento. Recentemente la Comunità Montana dell’Alpago ha avviato anche una produzione di filati di ottima qualità per la produzione di capi di abbigliamento e di oggetti in feltro (cappelli, pantofole, borse). • Usi: è perfetto anche in abbinamento ai piatti poveri della tradizione locale come la patora, zuppa di mais e legumi, oppure la bagozia, una sorta di polenta fatta con patate, mais, legumi e anche salame e pancetta.

Nome del prodotto

Categoria Certificazione / denominazione Provincia di produzione Organismi di riferimento riconosciuti

RADICCHIO VARIEGATO DI CASTELFRANCO (rosa di Calstelfranco)

prodotti vegetali allo stato naturale I.G.P. Treviso - Padova - Venezia Consorzio di tutela Radicchio di Treviso e variegato di Castelfranco Zero Branco (Treviso) www.radicchioditreviso.it

• Usi: è un prodotto di qualità con caratteristiche organolettiche d’eccezione adatto sia al consumo fresco sia per la preparazione delle innumerevoli ricette a base di radicchio di Castelfranco. Ha molte caratteristiche benefiche. E’ depurativo ed è consigliato in caso di stitichezza e cattiva digestione; è ottimo anche in caso di diabete, obesità ed insonnia. E’ particolarmente indicato a chi ha problemi di pelle, di artrite e di reumatismi. Può essere conservato in frigo anche per una settimana nello scomparto della verdura, chiuso in un sacchetto di plastica o avvolto in un telo da cucina.

• Territorio interessato alla produzione: La zona di produzione del radicchio Variegato di Castelfranco comprende, nelle province di Treviso, Padova e Venezia. • Descrizione sintetica del prodotto: Il radicchio Variegato di Castelfranco è un tipo di radicchio rosso caratterizzato da foglie dette screziate a causa della loro particolarità che le fa apparire simili, per forma, alle rose, con foglie di color panna spruzzate e punteggiate di rosso. Ha un cespo di diametro minimo di 15 cm; partendo dalla base del cespo si ha un giro di foglie piatte, un secondo giro di foglie più sollevate un terzo giro ancora più inclinato e così via fino ad arrivare al cuore. Lunghezza massima del fittone è di 4 cm. I Cespi hanno un peso minimo di 100 g e diametro di 15 cm. Il sapore delle foglie è dal dolce al gradevole amarognolo molto delicato. • Metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura: Una produzione di qualità e di elevato valore organolettico è garantita dall’utilizzo rigoroso di tecniche tradizionali quali l’avvicendamento colturale solo dopo 24 mesi con il divieto di rotazione con altre composite, la restrizione delle concimazioni entro i limiti stabiliti ed un investimento massimo di 5/7 piante per mq. Per la produzione del «Radicchio Variegato di Castelfranco» I.G.P. sono da considerarsi idonei i terreni freschi, profondi, ben drenati, e non eccessivamente ricchi di elementi nutritivi, in specie azoto, ed a reazione non alcalina. In particolar modo sono indicate le zone di coltivazione con terreni argillosi - sabbiosi di antica alluvione in stato di decalcificazione e con una situazione climatica caratterizzata da estati sufficientemente piovose e con temperature massime contenute, autunni asciutti, inverni che volgono precocemente al freddo e con temperature minime fino a meno 10 gradi °C. • Materiali ed attrezzature specifiche utilizzati per la preparazione e il condizionamento del prodotto: La produzione del Radicchio Variegato di Castelfranco inizia,indifferentemente, con la semina o il trapianto. Le operazioni di semina, in pieno campo, devono essere effettuate dal 1° giugno al 15 agosto. In caso di trapianto, questo dovrà essere effettuato dal 15 giugno al 31 agosto. Le operazioni di raccolta del Radicchio Variegato di Castelfranco si effettuano a partire dal 1° ottobre. Le operazioni di coltivazione, imbianchimento, forzatura e l’acquisizione delle caratteristiche previste per l’immissione al consumo dei radicchi destinati alla utilizzazione della I.G.P. «Castelfranco», compreso il confezionamento, devono essere effettuate esclusivamente nel territorio amministrativo dei comuni indicati all’art. 3. I radicchi commercializzati prima dell’acquisizione delle caratteristiche previste nel successivo art. 6 fuori dalla zona di produzione perdono in via definitiva il diritto di fregiarsi della I.G.P. e di qualsiasi riferimento geografico.

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I PRODOTTI


Nome del prodotto Categoria Certificazione / denominazione Provincia di produzione Organismi di riferimento riconosciuti

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RADICCHIO ROSSO DI CHIOGGIA

prodotti vegetali allo stato naturale I.G.P. Venezia - Padova - Rovigo Consorzio di Tutela Radicchio Chioggia Chioggia (Venezia) www.qualigeo.eu/radicchiodichioggiaigp

• Territorio interessato alla produzione: Chioggia, Cona, Campagna Lupia, Campolongo Maggiore e Cavarzere in provincia di Venezia; Codevigo, Piove di Sacco, Correzzola, Brugine, Bovolenta, Pontelongo e Arzergrande in provincia di Padova; Rosolina, Ariano Polesine, Taglio di Po, Porto Viro,Loreo, Porto Tolle e Adria in provincia di Rovigo. • Descrizione sintetica del prodotto: É caratterizzato da forma rotondeggiante e molto compatta, leggermente schiacciato all’apice, foglie di color rosso vivo. Ha sapore fresco dolce o leggermente amarognolo ed è di consistenza croccante. Le varietà giovani si distinguono per le foglie di color più verdognolo o leggermente screziato. L’aspetto del cespo si presenta di pezzatura medio-grande che varia da 200 a 450 g, ben chiuso, corredato da una modesta porzione di radice. Esistono due categorie merceologiche: Categoria “Extra” e Categoria “I”. Inoltre c’è la categoria “Radicchio Rosso di Chioggia Precoce” che ha caratteristiche leggermente differenti dalle altre per le pezzatura inferiore, da 180 a 400g, e per il sapore più amaro. • Metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura: Il Radicchio rosso di Chioggia viene coltivato nella zona geografica compresa fra Chioggia e Rosolina e nell’area dell’immediato entroterra. Le operazioni di semina devono esser effettuate fra il primo marzo ed il 10 agosto, con semina diretta o trapianto in pieno campo. La raccolta dei grumoli inizia il primo giugno e si conclude il 31 marzo. Le operazioni di trapianto per la tipologia precoce devono esser effettuate fra il 1 gennaio ed il 30 marzo. La raccolta dei grumoli in questo caso inizia il primo di aprile e termina il 31 maggio. L’intervento di raccolta si pratica recidendo la radice, almeno 2-3 cm sotto l’inserzione delle foglie basali del grumolo (in pratica 2-3 cm sotto la superficie del terreno), quando le foglie centrali hanno assunto una colorazione rossa e hanno formato un grumolo molto compatto. • Usi: Il Rosso di Chioggia si consuma soprattutto crudo, da solo o in insalate miste, ma può anche venire cotto alla griglia o, dato il suo sapore gradevolmente amarognolo, si presta per la preparazione di vari piatti o in abbinamento con altri alimenti. • Reperibilità: Il radicchio rosso di Chioggia è facilmente reperibile presso tutti i mercati del Veneto centro orientale durante i mesi di produzione.

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I PRODOTTI

Nome del prodotto Categoria Certificazione / denominazione Provincia di produzione Organismi di riferimento riconosciuti

RADICCHIO ROSSO DI VERONA

prodotti vegetali allo stato naturale I.G.P. Verona - Vicenza - Padova Consorzio di Tutela Radicchio di Verona Colonia Veneta (Verona) www.qualigeo.eu/radicchiodiveronaigp

• Territorio interessato alla produzione: La zona di produzione del “Radicchio di Verona Veneto” comprende il territorio dei comuni di: Trevenzuolo, Salizzole, Nogara, Concamarise, Sanguinetto, Cerea, Casaleone, Legnago, Minerbe, Roveredo di Guà, Cologna Veneta, Veronella, Arcole, Zimella, Isola della Scala, Bovolone, Bevilacqua, S. Pietro di Morubio, Roverchiara, Gazzo Veronese, Sorgà, Erbè, Oppeano, Isola Rizza, Albaredo d’Adige, Pressana, Villa Bartolomea, Castagnaro, Terrazzo, Boschi S. Anna, Angiari, Bonavigo. • Descrizione sintetica del prodotto: deriva dal rosso di Treviso dal quale differisce perché più corto. Ha foglie rotondeggianti che in autunno si schiudono a formare un grumolo pieno e compatto. La nervatura principale è bianca e molto sviluppata; il lembo fogliare è rosso e privo di frastagliature ai margini. Il sapore è gradevole amarognolo e croccante nella consistenza. • Metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura: Per le varietà precoci la raccolta si effettua nei mesi di ottobre e novembre. Dopo la raccolta e toelettatura del cespo, che consiste nell’eliminazione delle foglie esterne e nel recidere e raschiare la radice a 3-5 cm, il prodotto viene immesso sul mercato o destinato alla frigo-conservazione per un periodo abbastanza breve. Le varietà tardive vengono raccolte da dicembre a febbraio, in funzione dell’andamento meteorologico. Dopo la raccolta e prima della commercializzazione, il radicchio tardivo viene sottoposto alla forzatura in campo per completare la maturazione. Le piante vengono ammassate nei cumuli con le radici ricoperte per una quindicina di giorni con un telo di plastica opaco. In questo modo si ottengono foglie prive di colorazione verde, di colore rosso brillante con nervature bianche, croccanti e di sapore leggermente amarognolo.

Nome del prodotto Categoria Certificazione / denominazione Provincia di produzione Organismi di riferimento riconosciuti

RADICCHIO ROSSO DI TREVISO

prodotti vegetali allo stato naturale I.G.P. Treviso - Padova - Venezia Consorzio di tutela Radicchio di Treviso e variegato di Castelfranco Zero Branco (Treviso) www.radicchioditreviso.it

• Territorio interessato alla produzione: la zona di produzione del radicchio Rosso Precoce di Treviso comprende, nelle province di Treviso, Padova e Venezia i territori dei comuni elencati: Provincia di Treviso: Breda di Piave, Carbonera, Casale sul Sile, Casier, Castelfranco Veneto, Castello di Godego, Istrana, Loria, Maserada, Mogliano Veneto, Monastier, Morgano, Paese, Ponzano V., Preganziol, Quinto di Treviso, Resana, Riese Pio X°, Roncade, San Biagio di Callalta, Silea, Spresiano, Tevignano, Treviso, Vedelago, Villorba, Zenson di Piave, Zero Branco.; Provincia di Padova: Borgoricco, Camposampiero, Loreggia, Massanzago, Piombino Dese, Trebaseleghe; Provincia di Venezia: Martellago, Mirano, Noale, Salzano, Santa Maria di Sala, Scorzè, Spinea. • Legame storico-geografico: Il Radicchio Rosso di Treviso IGP è un prodotto unico, espressione della tipica cultura rurale del Trevigiano, ricco di vitamine e con proprietà diuretiche. Le prime notizie del radicchio si hanno nella seconda metà dell’800, ma la sua consacrazione si ebbe per opera dell’agronomo Giuseppe Benzi, il quale diede vita alla 1° mostra del radicchio il 20 dicembre 1900, nella centrale Loggia di piazza dei Signori a Treviso. • Descrizione del prodotto: Questo famoso ortaggio è prodotto nelle tipologie precoce e tardivo. Il radicchio Rosso Precoce di Treviso ha foglie caratterizzate da una nervatura principale molto accentuata di colore bianco che si dirama in molte piccole penninervie nel rosso intenso del lembo fogliare notevolmente sviluppato. Il cespo è voluminoso, allungato e ben chiuso con modesta porzione di radice. Ha un peso minimo di 150g e lunghezza del cespo 18-25 cm. Il sapore delle foglie è leggermente amarognolo e di consistenza mediamente croccante. Il radicchio Rosso Tardivo di Treviso si presenta con germogli regolari, uniformi e dotati di buona compattezza. Le foglie sono serrate, tendenti alla chiusura nella parte apicale. Il cespo è corredato di radice proporzionata ad esso, ma non superiore a 6 cm. Dal colore rosso vinoso per il lembo fogliare e con costola dorsale bianca ha un peso minimo di 100g ed un diametro minimo al colletto di 3cm: lunghezza (senza fittone) 15-25 cm. Il sapore della costola dorsale è amarognolo e croccante nella consistenza. • Tecnica di produzione: la produzione del Radicchio Rosso di Treviso, precoce e tardivo, inizia, indifferentemente, con la semina o il trapianto. Le operazioni di semina, in pieno campo, devono essere effettuate entro il periodo compreso tra il 1° giugno e il 31 luglio di ciascun anno. In caso di trapianto, questo dovrà essere effettuato entro il 31 agosto di ciascun anno. • Le operazioni di raccolta per il Radicchio Rosso di Treviso tardivo si effettuano a partire dal 1° novembre e comunque dopo che la coltura abbia subito almeno due brinate, per favorire la colorazione rossa della pianta.

• Le operazioni di raccolta per il Radicchio Rosso di Treviso precoce si effettuano a partire dal 1° settembre. Le operazioni di coltivazione, imbianchimento, forzatura e l’acquisizione delle caratteristiche previste per l’immissione al consumo dei radicchi destinati alla utilizzazione della I.G.P. «Radicchio Rosso di Treviso», compreso il confezionamento, devono essere effettuate esclusivamente nel territorio amministrativo dei comuni sopra indicati. I radicchi commercializzati prima dell’acquisizione delle caratteristiche previste fuori dalla zona di produzione perdono il diritto di fregiarsi della I.G.P. e di qualsiasi riferimento geografico. Il processo di imbianchimento, forzatura e preparazione dei cespi al confezionamento avviene attraverso fasi successive di lavorazione per ognuno dei due tipi di radicchio. • Radicchio Rosso di Treviso tardivo. Il tradizionale processo di lavorazione post-raccolta del prodotto si articola nelle fasi di seguito descritte. • Fase di preforzatura. Per questa prima fase le piante raccolte con parte dell’apparato radicale, vengono pulite dalle foglie più esterne e dalla terra eventualmente rimasta aderente alla radice. Quindi i cespi vengono raccolti in mazzi oppure collocati in gabbie retinate o traforate. In entrambi i casi il colletto delle singole piante deve risultare alla medesima altezza. I mazzi o le gabbie riempite dei cespi, allineati sul terreno, sono protetti con tunnel in modo da impedire maggiori bagnature degli stessi in caso di precipitazioni atmosferiche o di scioglimento di brinate notturne. I tunnel devono garantire la massima ventilazione dei cespi. Questa ultima fase potrà essere svolta anche ponendo detti mazzi o gabbie in locali condizionati. • Fase di forzatura - imbianchimento: La forzatura - imbianchimento è l’operazione fondamentale e insostituibile che consente di esaltare i pregi organolettici, merceologici ed estetici del Radicchio Rosso di Treviso tardivo. Si realizza ponendo i cespi in condizioni di formare nuove foglie che, in assenza di luce, sono prive o quasi di pigmenti clorofilliani, mettono in evidenza la colorazione rosso intensa della lamina fogliare, perdono la consistenza fibrosa, assumono croccantezza ed un sapore gradevolmente amarognolo. La forzatura del Radicchio Rosso di Treviso tardivo avviene mediante utilizzazione di acqua di falda, che nella zona risulta particolarmente idonea all’imbianchimento di queste produzioni. I cespi vengono collocati verticalmente in ampie vasche protette ed immersi fino in prossimità del colletto per il tempo necessario al raggiungimento del giusto grado di maturazione. • Fase di toilettatura: Seguono le operazioni di toilettatura con le quali si liberano i cespi dai legacci o dalle gabbie, si asportono le foglie deteriorate o prive dei requisiti minimi fino ad ottenere un germoglio con le sue caratteristiche previste, si taglia e si scorteccia il fittone in misura proporzionale alle dimensioni del cespo. L’operazione di toilettatura deve essere eseguita immediatamente prima dell’immissione nella filiera distributiva del prodotto. Terminata la toilettatura il radicchio si colloca in capaci recipienti con acqua corrente per essere lavato e confezionato. • Radicchio Rosso di Treviso precoce. • Fase di legatura: In questa fase i cespi, in pieno campo, vengono legati al fine di inibire il normale processo di fotosintesi, per il tempo necessario al raggiungimento del giusto grado di maturazione Fase di toilettatura: Nella prima fase, successiva alla raccolta, i cespi liberati dalla legatura vengono mondati dalle foglie esterne non rispondenti ai requisiti minimi e quindi si effettua la toilettatura del colletto e del fittone. Di seguito il radicchio si colloca in capaci recipienti colmi di acqua corrente per essere lavato. Si eliminano le eventuali foglie prive dei requisiti di qualità e si avvia al confezionamento. • Usi: si presta ad innumerevoli ricette dagli antipasti ai dessert. Molti ristoranti Veneti propongono piatti al radicchio di Treviso principalmente in stagione (inverno).

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I PRODOTTI

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RISO NANO VIALONE VERONESE

prodotti vegetali allo stato naturale I.G.P. Verona Consorzio di tutela Riso Vialone Nano Veronese IGP - Isola della Scala (Verona) www.risovialonenanoveronese.it

• Territorio interessato alla produzione: Veneto provincia di Verona. Comuni di: Bovolone, Buttapietra, Casaleone, Cerea, Concamarise, Erbè, Gazzo Veronese, Isola della Scala, Isola Rizza, Mozzecane, Nogara, Nogarole Rocca, Oppeano, Palù, Povegliano Veronese, Ronco All’Adige, Roverchiara, Salizzole, Sanguinetto, San Pietro di Morubio, Sorgà, Trevenzuolo, Vigasio, Zevio. • Descrizione del prodotto: L’Indicazione Geografica Protetta “Riso Nano Vialone Veronese” si riferisce soltanto a riso ottenuto da semi rigorosamente selezionati della specie japonica della varietà Vialone Nano. Sulla purezza della varietà, sui metodi di coltivazione, di lavorazione e di presentazione al consumo di questo riso vigila il Consorzio per la Tutela del Riso Vialone Nano Veronese, che raggruppa aziende impegnate nel rispetto di un disciplinare di produzione approvato e registrato dalla Comunità Europea. A primavera i risicoltori preparano i terreni che dovranno accogliere i semi del Riso Vialone Nano. Il letto di semina dovrà essere assolutamente piano. Così l’acqua, fonte di vita per la risaia, potrà inondare i campi in maniera uniforme. Solchi regolari vengono effettuati per accogliere l’acqua di risorgiva e i semi germineranno in immersione, protetti dai rigori notturni della primavera. Dopo qualche giorno, l’acqua sarà sottratta alla risaia: la giovane pianta di riso potrà così ancorarsi alla terra. Da questo momento inondazioni e asciutte, sapientemente regolate dal risicoltore, accompagneranno gli stadi vegetativi della coltura rispondendo alle sue esigenze in base alle condizioni metereologiche. Le asciutte serviranno anche a distruggere alghe e insetti dannosi. A estate inoltrata, la pianta del Riso Nano Vialone Veronese ha raggiunto la massima altezza e i culmi emettono le infiorescenze che preludono alla fecondazione. D’ora in poi inizia la fase di maturazione. Già alla fine di agosto le spighe appaiono turgide e dorate. In condizioni climatiche favorevoli esse raggiungono una maturazione perfetta alla fine di settembre. La scelta del giusto momento della raccolta è importante in regime di produzione I.G.P..Una trebbiatura anticipata o ritardata provocherebbe la presenza di granelli imperfetti, troppo verdi nel primo caso, rotti nel secondo. Il disciplinare di produzione del Riso Nano Vialone Veronese I.G.P. prevede una tolleranza minima di imperfezioni, solo il 3% del prodotto totale al consumo: ogni granello deve essere perfetto, sano e maturo. All’inizio dell’autunno le mietitrebbiatrici entrano nella risaia e con grande rapidità tagliano gli steli, raccolgono le pannocchie e le sgranano. Il riso grezzo, il risone, dopo un’accurata essiccazione, viene trasferito nei magazzini delle aziende per la lavorazione.I processi di lavorazione del Riso Nano Vialone Veronese I.G.P. sono effettuati con apparecchiature dalla tecnologia molto avanzata, ma continuano ad essere nella sostanza molto semplici. Il riso arriva ai consumatori senza aver subito alcun trattamento chimico e nessuna manipolazione. Il risone (riso grezzo), prima di essere immagazzinato nelle aziende per la lavorazione, viene asciugato in impianti ad aria calda. Il Riso Nano Vialone Veronese I.G.P., per poter essere confezionato, dovrà risultare infatti al di sotto del limite del 14% di umidità.

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I PRODOTTI

Un’altra caratteristica che assicura all’acquirente un prodotto di qualità, gustoso e non facilmente deteriorabile. I granelli, dapprima liberati dagli strati esterni, subiscono la sbiancatura, risultato di un semplice processo meccanico di sfregamento. Vengono quindi sottoposti a una selezione con griglie a lettori ottici capaci di riconoscere, separandoli, impurità e chicchi difettosi. A questo punto il candido Riso Nano Vialone Veronese I.G.P. è pronto per essere impacchettato e proposto ai consumatori. La sigla I.G.P., che deve risultare ben chiara sulla confezione, è un’inequivocabile garanzia per l’acquirente che il riso contenuto nel pacchetto è tutto Riso Nano Vialone Veronese, cioè un prodotto puro e genuino. Qualsiasi aggettivazione aggiuntiva è superflua. Le confezioni di questo riso sono numerate secondo le indicazioni fornite dal Consorzio per la Tutela del Riso Vialone Nano Veronese. Il Riso Nano Violone Veronese IGP presenta chicchi con dente pronunciato, testa, sezione tondeggiante, grossezza media e all’immissione in commercio, di colore bianco, privi di strisce con una “perla” centrale e estesa. • Usi: Il riso Vialone Nano Veronese igp si distingue per una grande versatilità di utilizzo in cucina. Mantenendo una consistenza ottimale sia in cotture mantecate, sia pilaff che bollite ci permette di utilizzarlo a 360°. Il Vialone Nano Veronese è utilizzato generalmente nella cottura mantecata del risotto all’italiana poiché l’abbondante perdita di amido in cottura permette una facile manteca tura finale.

Nome del prodotto Categoria Certificazione / denominazione Provincia di produzione Organismi di riferimento riconosciuti

Soprèssa Vicentina

carne I.G.P. Vicenza - Treviso - Padova - Venezia Consorzio di tutela della DOP Sopressa Vicentina - Thiene (Vicenza) www.sopressavicentina.it

• Territorio interessato alla produzione: Provincia di Verona, Provincia di Treviso, Provincia di Vicenza; Comuni del basso Vicentino. • Descrizione sintetica del prodotto: La sopressa è un grosso salume con dimensioni variabili dovute alla variabilità delle budella del bovino in cui vengono insaccate. La forma è arcuata, il diametro và da 10 a 20 cm, il peso oscilla da 1,5 a 7 Kg. L’insaccato di puro suino è prodotto con carni scelte, macinate o sminuzzate, magre e grasse con 28-35% di massa grassa che poi vengono salate, pepate e insaccate. Alcune lavorazioni artigianali e familiari aggiungono all’impasto del vino Prosecco (1litro per quintale di carne), per ottenere una pasta più saporita oppure del vino rosso tipo Cabernet. La stagionatura fa assumere esternamente alla sopressa il colore prima biancastro e poi grigio-marrone scuro della muffa di cui si ricopre. Al taglio, la carne appare di colore rosso tendente al rosaceo, con la caratteristica irregolare marezzatura bianca dovuta alla componente di grasso che avvolge la parte proteica. La sopressa è un insaccato di carne di maiale, impastato utilizzando le parti qualitativamente migliori delle carni del suino. Nelle varianti col capocollo, con la braciola o con il filetto vengono inserite le carni assieme all’impasto, longitudinalmente all’interno del budello (di cavallo o di bovino). L’insaccato assume una forma cilindrica, di diametro di 15-20 cm e lunghezza variabile dai 30 ai 40 cm a seconda del budello utilizzato, mentre il peso può raggiungere i 5 kg. È di colorazione rosso opaco su cui spiccano macchie bianche dovute alla presenza del grasso, e al taglio sono ben visibili i filoni inseriti. • Metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura: Le carni fresche di suino, pancetta e polpa si macinano a temperatura ambiente. La carne magra, in una percentuale intorno al 70%, viene macinata a grana media (6-8 mm) con il grasso della pancetta e condita a secco utilizzando sale marino, pepe nero, aglio naturale o disidratato. Dopo aver impastato la miscela si procede all’insaccamento per il quale s’utilizza budello naturale, quindi si lega il salame con spago e successivamente lo si fora con un arnese chiamato “sponciarol” per far uscire l’aria ed i liquidi dal budello. A questo punto la soppressa passa in stagionatura, fase estremamente delicata del processo di produzione, in un ambiente con temperatura compresa tra i 16 ed i 20°C, con umidità relativa del 70-90%. Durante la stagionatura è necessaria una ventilazione dei locali. La stagionatura può durare da cinque mesi a quasi due anni. La conservazione artigianale viene fatta in cantine fresche, possibilmente sterrate. L’azione delle basse temperature favorisce la maturazione degli insaccati poiché il grasso trova le condizioni adatte per rapprendersi.

Le soprèsse sono i primi insaccati ad essere lavorati con le carni del maiale ucciso. La parte pregiata di carne (polpa senza terminazioni nervose) destinata alle soprèsse viene macinata in un tritacarne, a volte con l’aggiunta di lardo. Quindi vengono cosparsi gli ingredienti per la concia: sale grosso tritato, pepe, cannella e chiodi di garofano. L’aglio, utilizzato talvolta anche per le soprèsse, non è indicato per la variante con le carni a filetto, principalmente perché il suo sapore forte rischia di alterare il gusto del prodotto finito. Amalgamata, la pasta da soprèssa viene inserita nella mànega. Se si inserisce il capocollo o la braciola, per insaporire ulteriormente queste carni, vengono praticate incisioni per l’inserimento di pezzi di cannella, pepe e chiodi di garofano; se invece si inserisce il filetto, che solitamente viene tagliato in 2 o 4 parti per ottenere più prodotti, non sono necessarie incisioni perché la carne è morbida e consente un ottimo assorbimento delle spezie. Nei primi 10/15 giorni l’insaccato viene appeso in un ambiente secco affinché asciughi. Successivamente viene portato in locali di stagionatura freschi, umidi e protetti dalla luce. La soprèssa impiega molto tempo per maturare perché deve compiere due fermentazioni: la prima, quella stessa dei salami, avviene dopo circa 40 giorni, la seconda dopo almeno 4 mesi (e fino a 7/8, se la carne è grassa). Queste sopresse saranno pronte per i mesi di maggio/giugno ed ottimali nei mesi di luglio. • Reperibilità: La sopressa di Verona e quella trevisana sono reperibili durante tutto l’anno presso i mercati al dettaglio, gli agriturismi e i ristoranti della zona di produzione. Le sopresse col capocollo, con la braciola o con il filetto sono prodotti di nicchia, confezionati in quantità molto ridotte e quindi di reperibilità scarsa. Tuttavia si può trovare presso alcuni ristoranti e agriturismi del basso vicentino e delle limitrofe aree del padovano e del veronese, oltre che direttamente presso i produttori. • Usi: La soppressa è un ottimo insaccato da consumare crudo, tagliato a fette o cotto alla griglia. Vengono tagliate in fette abbastanza consistenti e possono essere consumate cotte, in tegame con un po’ d’olio per aver di che far pòcio con la polenta, crude accompagnate con il pan biscotto e un contorno di sottaceti, oppure con le tipiche tèghe de pearòn, peperoni lunghi messi in compòsta (sott’aceto).

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I PRODOTTI

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Nome del prodotto Categoria Certificazione / denominazione Provincia di produzione Organismi di riferimento riconosciuti

ZALETI (zaeto, zaletto di giuggiole) panetterie P.A.T. Padova nessuno

• Territorio interessato alla produzione: Padova, Treviso e Venezia. Nella provincia di Belluno vengono prodotti utilizzando il Mais Sponcio. • Descrizione sintetica del prodotto: a seconda delle usanze vengono prodotti con forme diverse. A forma di lasagna a punta di 3-4 cm, di bastoncini lunghi 10 cm e larghi 3 cm. Una volta cotti sono spolverati con zucchero a velo. • Metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura: una volta impastati tutti gli ingredienti, viene data la forma ai biscotti che sono poi infornati per 20 minuti e temperatura moderata. • Ingredienti: farina gialla da polenta, farina 00, zucchero, uova, uva passa, burro pinoli, sale, limone, lievito, giuggiole e infine zucchero a velo. • Usi: Tra i dolci più tipici della tradizione veneta, questi biscotti sono ottimi da dessert e posseggono un aroma intenso e raffinato. Accompagnamenti: abbinare con un vino frizzante profumato come il Prosecco della Valdobbiadene, con il rosolio, il vin santo o comunque del vino passito più o meno liquoroso ma anche con Vini dolci, con il limoncello o con caffè, con rum. Sono ottimi anche con il te.

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I PRODOTTI

Nome del prodotto

Categoria Certificazione / denominazione Provincia di produzione Organismi di riferimento riconosciuti

MOECHE Carcinus Mediterraneus (Carcinus Aestuarii)

pesci e crostacei P.A.T. - Presidio Slow Food Venezia - Padova - Treviso Cooperativa San Marco - Burano (Venezia) www.slowfoodveneto.it/presidi.html

• Territorio interessato alla produzione: La produzione è localizzata prevalentemente nella laguna di Venezia, concentrandosi nelle zone di Burano, Giudecca e Chioggia. • Descrizione sintetica del prodotto: Come tutti i Crostacei il granchio prima di diventare adulto e assumere le sue dimensioni definitive è soggetto ad una serie di “mute”. Ciclicamente abbandona la vecchia corazza (esoscheletro) per dotarsene di una nuova e più voluminosa capace di contenere le parti molli accresciutesi. La vita del granchio è quindi caratterizzata da uno stadio protetto da “guscio” (“granso duro”) e da uno stadio (che si protrae ciclicamente solo per poche ore) in cui le parti molli del granchio sono sprovviste di protezione (“moleca”). Dalla biologia dell’animale derivano due prodotti edibili: le “mazanete” (femmine provviste di guscio) e le “moleche” (maschi e femmine privi di guscio). Le “mazanete” vengono consumate alla fine dell’estate con le ovaie, che costituiscono la parte più apprezzata del crostaceo, mature e gonfie (“coral”). • Metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura: Nella fase della lavorazione si manifesta la componente tradizionale della coltura. L’attività è fortemente stagionale, concentrandosi in due periodi all’anno per le “moleche” (primavera e autunno), e nel solo periodo fine estivo per le “mazanete”. In primavera le “moleche” vengono prodotte in acque a fondali bassi (“barene”), mentre d’inverno in laguna aperta per sfruttare l’ azione termica dell’acqua. La temperatura infatti influenza la velocità del ciclo biologico del granchio. Dopo essere stati pescati i granchi subiscono una cernita accurata che solo poche persone, generalmente i più anziani del gruppo, sanno effettuare con risultati economicamente soddisfacenti. Il punto critico dell’attività infatti consiste nel separare i granchi nelle diverse tipologie (granchi “matti” da quelli “boni”, e tra questi identificare gli “spiantani” che a giorni si trasformeranno in “moleche”). Questa abilità viene appresa dopo decenni di esperienza in buona parte mediante osservazione diretta del “molecante” più esperto. La cernita rappresenta il punto critico del processo produttivo e l’abilità nell’eseguirla è la caratteristica più spiccata della specifica tradizione. La conservazione e la stagionatura non hanno luogo trattandosi di un prodotto commercializzato e consumato vivo e vitale. I granchi vengono pescati con delle reti particolari (“trezze”) terminanti con trappole cilindriche (“nasse”) collocate nei fondali bassi della laguna. Successivamente i granchi vengono riversati in sacchi di juta così da mantenerli umidi durante il trasporto agli impianti di lavorazione. In questi luoghi si effettua la delicata operazione della cernita. I sacchi vengono svuotati su dei tavoli particolari (“gorne”) da cui vengono selezionate le diverse tipologie di granchio in funzione dello stadio biologico. Si individuano così i granchi “spiantani” (che a giorni diventeranno moleche) e quelli “boni” ( che a giorni diventeranno “spiantani”). Entrambi, ma separatamente,vengono allevati in particolari casse di legno fessurate denominate “vieri”, appese a dei pergolati di pali infissi sul fondo della laguna (“vivai”).

I “vieri” degli “spiantani” devono essere giornalmente aperti (anche più volte al giorno) per individuare l’esatto momento di prelievo delle “moleche”. Infatti ritardando anche solo di poche ore, si troverebbe il granchio già in fase di indurimento con deprezzamento del prodotto. Trattandosi di un prodotto fresco avviato direttamente al consumo in specifiche cassette, non sono previsti particolari locali di conservazione e stagionatura. • Usi: Le moeche devono essere comprate assolutamente vive anche se la cosa può fare un po’ impressione. Si portano a casa e si lavano sotto l’acqua corrente sempre vive, si infarinano e poi si tuffano nell’olio bollente. Vanno cotte per circa 3 minuti. La morte per fortuna è istantanea. Altre preparazioni le possiamo gustare nelle zone di produzione. Mentre le moeche vengono molto apprezzate fritte, le mazenete sono preparate lesse o condite con aglio, olio e prezzemolo.

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IL MERCATO DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI DI ECCELLENZA DEL VENETO IL QUADRO MACROECONOMICO ATTUALE Come è ormai risaputo, in Italia il Prodotto Interno Lordo (PIL) cresce in modo alquanto modesto: circa 0,8% e le stime sono al ribasso. Anche i consumi globali, intesi come consumi alimentari, beni domestici, beni durevoli, servizi, crescono debolmente: circa 0,5%, mentre la inflazione si inasprisce, crescendo oltre il 3% e la disoccupazione rimane intorno a 8%, ma con tendenza all’aumento, più che al ribasso. Rivolgendo la nostra attenzione alla globalità dei consumi, la crescita notevole di beni specialmente quelli legati alle nuove tecnologie (cellulari, PC, ecc.) ha contratto il consumo di altri beni, specialmente l’abbigliamento, scarpe, ecc. Su piano dei canali di distribuzione, in Italia assistiamo ad una forte diminuzione dei negozi tradizionali, “le famose drogherie” e ad un incremento di quelli a libero servizio come i supermercati. La Grande distribuzione organizzata (GDO), caratterizzata dalla possibilità di acquistare direttamente il prodotto senza intermediari, rappresentano il 30% del totale dei punti vendita, ma distribuendo ben l’80% di tutto il prodotto venduto. E’ quindi la distribuzione di tipo moderno che si impone sulle vendite, registrando un trend positivo negli ultimi anni ed offrendo, nel contempo, un contenimento dei prezzi di vendita, merito, anche, di un forte intervento sulla leva promozionale. Di fronte alla crisi dei consumi, che a partire dal 2009 sta ancora interessando la nostra economia, la GDO è riuscita a praticare prezzi inferiori addirittura a quelli degli anni precedenti.

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Quale potrà essere la risposta dei prodotti agroalimentari tradizionali in un quadro siffatto? I PRODOTTI AGROALIMENTARI DI ECCELLENZA DEL VENETO La Regione Veneto, lo possiamo controllare sul sito della Regione stessa, vini a parte, presenta i seguenti dati (riferimento anno 2011): - 30 prodotti marchio DOP ed IGP, tra cui 8 tipologie di Formaggi, 10 di Ortaggi, 5 di Frutta, 2 di Olio, 2 di Carni trasformate, 2 di Riso ed una di Miele; - ben 368 prodotti tradizionali, rappresentativi di tutte le Provincie del Veneto e appartenenti alle principali tipologie di prodotto (bevande analcoliche, distillati e liquori - carni e frattaglie - grassi - formaggi - prodotti vegetali - prodotti da forno – pesci e molluschi - prodotti di origine animale). Con tali numeri, il Veneto si attesta ai primi posti per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari, sottolineando inoltre che la Regione è stata tra le prime, nel 2001, ad adottare sistemi di qualità alimentare istituiti a livello nazionale. Si tratta del sistema “Qualità Verificata” della legge regionale 31 maggio 2001, n. 21, che rappresenta un ulteriore strumento di qualificazione e valorizzazione delle produzioni agroalimentari del territorio.

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PRODUZIONE TIPICA , TERRITORIO E DIFFERENZIAZIONE DEL PRODOTTO Un ricco paniere di prodotti agroalimentari di eccellenza non valorizza solo il prodotto in sé, ma anche il territorio e la comunità che vi risiede. “Infatti, il rapporto fra produzione tipica e territorio dà luogo ad un sistema di interazioni e di relazioni orizzontali e verticali (di filiera) complesse e articolate che investono sia aspetti socio-economici che istituzionali. Dal momento che ciò che qualifica i prodotti agroalimentari tipici è il legame tra prodotto e territorio di origine nelle sue diverse componenti, le caratteristiche sulle quali far leva per una differenziazione del prodotto, sia di carattere psicologico che sostanziale, sono molteplici, anche se tutte riconducibili alle specificità del territorio di cui il prodotto porta il nome e si realizza. In questa prospettiva, si va dai fattori più strettamente ambientali e fisici (caratteristiche climatiche, podologiche, ecc.) che conferiscono attraverso la materia prima agricola qualità chimico-fisica e organolettica al prodotto finale, alle tecniche di produzione derivanti dalle tradizioni e dal patrimonio tecnologico e istituzionale accumulato negli anni, sino alla qualità immateriale connessa con l’immagine e le componenti storiche, culturali e paesaggistiche del territorio stesso. Questi fattori contribuiscono alla differenziazione del prodotto e a conferire allo stesso caratteristiche distintive, come risultato dell’interazione di tre componenti proprie del territorio che entrano in gioco nella realizzazione del prodotto tipico: l’ambiente fisico e il paesaggio; le risorse umane e la tecnologia; la cultura e le istituzioni (Berni, Begalli, 1998)”.

COME SI FA AD AUMENTARE LA COMPETITIVITÀ DEI PRODOTTI ALIMENTARI TRADIZIONALI, A SVILUPPARE E INNOVARE I PROCESSI DI TRASFORMAZIONE SENZA DISATTENDERE LE ASPETTATIVE DEI CONSUMATORI CHE RICHIEDONO CIBI SANI, SICURI E CON UN ALTO LIVELLO NUTRIZIONALE? Una delle principali sfide nella produzione industriale degli alimenti tradizionali è il miglioramento dei livelli di competitività attraverso l’identificazione di innovazioni, che soddisfino i requisiti di sicurezza previsti dai regolamenti dell’Unione Europea, incontrando al tempo stesso la domanda e le specifiche aspettative del consumatore. Si tratta di un compito particolarmente arduo per le Piccole e Media Imprese che costituiscono la maggioranza delle imprese europee di prodotti alimentari. Tuttavia, le imprese di prodotti alimentari tradizionali possono avere le potenzialità per sviluppare ed innovare i processi di trasformazione, migliorando, nel contempo, le caratteristiche sensoriali e nutrizionali dei prodotti e garantendo sempre un elevato livello di sicurezza alimentare. Studi recenti hanno indicato nel settore una grande potenzialità di sviluppo e innovazione sia dei processi di trasformazione, che delle caratteristiche dei prodotti riconosciute come plus valore dai consumatori. Grande attenzione va poi posta nel sostenere la distribuzione dei prodotti tradizionali, che dovranno avvalersi di tutte le tipologie dei canali distributivi, dai sistemi delle GDO alla vendita diretta sul luogo di produzione.

IL MARKETING COLLETTIVO I trends dei mercati globali e la concentrazione nella trasformazione e vendita dei prodotti alimentari pongono le aree rurali e gli imprenditori agricoli, in particolare nelle regioni con condizioni più svantaggiate, sotto una forte pressione economica. Allo stesso tempo, gli agricoltori devono confrontarsi con importanti cambiamenti nella politica Comunitaria verso misure di sviluppo rurale più ampie che offrono nuove opportunità, ma richiedono un ripensamento attivo delle strategie future. In generale, le possibilità per i singoli imprenditori agricoli di confrontarsi con successo con i partner della catena di vendita e di rispondere adeguatamente ai cambiamenti nelle politiche, sono limitate. Le iniziative di marketing collettivo degli agricoltori sono potenzialmente in grado di rafforzare la posizione degli agricoltori, di aumentare i redditi agricoli e l’occupazione, e di sviluppare collettivamente possibili strategie future. LA FILIERA CORTA E KM 0 Una delle soluzioni che oggi si manifestano come le più vantaggiose per la valorizzazione delle produzioni agroalimentari tipiche è quella della cosiddetta “Filiera corta”. In Italia tale cultura, chiamata anche del “chilometro zero”, è arrivata in tempi recenti e proprio la Regione Veneto, la prima in Italia, si è dotata di una legge: L.R. 25 luglio 2008, n. 7 BUR n. 62/2008, volta a riconoscere le attività di distribuzione e ristorazione che, in percentuali comprese fra il 30 e il 50%, si approvvigionano di prodotti di origine veneta.La legge regionale n. 7 del 25 luglio 2008 è stata modificata dalla Legge n. 3 del 22 gennaio 2010 “Norme per orientare e sostenere il consumo dei prodotti agricoli di origine regionali”. La sempre maggiore richiesta di alimenti di provenienza locale ha avuto poi un ‘effetto volano’ sulla proliferazione dei cosiddetti “farmer markets”, ovvero i “mercati contadini” nei quali agricoltori ed allevatori, evitando le maglie della grande distribuzione, offrono i loro prodotti direttamente al consumatore. Da sottolineare infine è la recentissima approvazione del Ddl ‘Norme per la valorizzazione dei prodotti agricoli provenienti da filiera corta e di qualità’, approvato dal Consiglio dei Ministri il 1° marzo 2010. Il provvedimento è uno strumento legislativo di primaria importanza perché, per la prima volta, definisce i mercati agricoli di vendita diretta, promuovendo la domanda e l’offerta dei prodotti agricoli a chilometro zero e fornendo un inquadramento del settore dal punto di vista legislativo. Accanto ai mercati contadini, sono in crescente aumento anche i laboratori o piccole imprese artigiane di trasformazione dei prodotti agricoli tradizionali. Un esempio. Il Prodotto tradizionale denominato “zaeti o zaleti”, un semplice biscotto veneto, nella sola provincia di Treviso, attraverso una semplice ricerca in internet, viene prodotto da 9 tra panifici e laboratori di pasticceria.

Ma quante altre aziende, senza visibilità sui social network, realizzano e vendono questo semplice prodotto? Quante altre aziende potrebbero sorgere ed offrire il proprio prodotto sul mercato? LA TRASFERIBILITA’ DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI E IL CANALE DELLA RISTORAZIONE Parallelamente ai Farmer markets, anche il mondo della ristorazione ha accolto e sfruttato le opportunità offerte dai mercati del territorio. Sono infatti in costante aumento i cosiddetti “ristoranti a chilometro zero”, nei quali vengono serviti piatti cucinati secondo la tradizione, i cui ingredienti sono rigorosamente di provenienza locale. La ristorazione è, però un settore articolato che comprende differenti tipologie di attività: ristoranti, bar, pizzerie, gastronomie, hotel, mense e altre ancora. Tutte queste hanno bisogno di una grande quantità di prodotti alimentari da impiegare con cadenza giornaliera e diventa fondamentale una consegna del prodotto con regolarità. Nasce, quindi, un problema, tipicamente economico, che riguarda la domanda e l’offerta dei prodotti agroalimentari tradizionali: è in grado il mondo agricolo di soddisfare in termini almeno quantitativi le esigenze alimentari dei consumatori, sia a casa, sia al ristorante? E’ in grado il mondo agricolo di soddisfare i requisiti di qualità organolettica richiesti dalla catena ristorativa per la trasformazione e la preparazione dei piatti tipici? “Il comparto agricolo regionale produce frutta, latte, formaggi, carne, uova, vino e zucchero con livelli di alta qualità e in quantità superiori al fabbisogno dei 4 milioni e 650 mila veneti. Ciò nonostante il Veneto è la seconda regione in Italia per importazione di prodotti agricoli dall’estero spacciati per territoriali e destinati alle mense di 40 ospedali, 269 centri servizio per anziani, 359 scuole elementari e medie e 20 università.L’impegno di centomila imprese che gestiscono più di un milione e duecentomila ettari pari a 2/3 della superficie totale corrisponde ad una produzione lorda vendibile pari a circa 5 miliardi di euro” (fonte Coldiretti). Da questi dati emerge la improcrastinabile necessità di stimolare il mondo delle imprese agricole a migliorare sempre più le produzioni nei riguardi dei seguenti parametri: • quantitativo, ma in relazione alla regolarità delle consegne; • organolettico, ma in funzione delle richieste della ristorazione; • sanitario, in funzione di un sempre più ridotto utilizzo di prodotti chimici di sintesi. Oltre le imprese agricole, però, anche la ristorazione dovrà migliorarsi. Se, da un calcolo economico i prodotti per ristorazione incidono solamente per un 25% medio sul totale delle spese annue di un’attività, allora sarà possibile incrementare questa somma e puntare su alimenti di qualità. Lavorando in questo modo l’investimento avrà sicuramente un ritorno più elevato perché i clienti usufruiranno di un bene migliore. La resa di un prodotto, lo scarto, la stagionalità, la standardizzazione dei piatti e delle ricette, l’analisi della quantità venduta sono solo alcune delle variabili indispensabili da analizzare per chi gestisce un ristorante, un bar, un hotel e qualsiasi altra attività nella ristorazione. Pianificare e studiare in dettaglio ognuno di questi segmenti permette di avere risparmi economici notevoli.

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APPENDICE TECNICA E GLOSSARIO AGROPIRATERIA: riguarda il fenomeno di imitazione di un prodotto tipico che cresce nel mondo man mano che questo si diffonde sui mercati internazionali. E’ una concorrenza sleale esercitata dai prodotti omonimi ai DOP e IGP UE provenienti da paesi terzi o con nomi assonanti. CERTIFICAZIONI DI PROCESSO E DI PRODOTTO: Si possono distinguere diverse tipologie di certificazione che possono essere adottate dalle aziende produttrici per garantire la qualità dei propri prodotti. In base all’oggetto si differenziano in certificazioni di “processo” e certificazioni di “prodotto”. La “Certificazione di Processo” già molto diffusi in Europa un po’ in tutti i settori industriali, gli standard di certificazione di processo certificano il processo produttivo in corrispondenza dei vari stadi della filiera. Tra i più importanti: GMP (Good Manifacturing Practices); PROGETTO EUREP (Euro Retailer Produce Working Group); GAP (Good Agricultural Practices); HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Point); ISO (International Standard Organization (ISO) ISO 9000; EMAS (Eco-Management and Audit Scheme); EFSIS (European Food Safety Inspection Service); QUALITA’ VERIFICATA REGIONE VENETO; AGROQUALITÀ REGIONE TOSCANA; La “Certificazione di Prodotto” prevede sistemi di certificazione della qualità dei prodotti immessi in commercio. Tra questi si hanno MARCHI COLLETTIVI, MARCHI DI QUALITA SUPERIORE, MARCHI DI ORIGINE, DENOMINAZIONI COMUNITARIE, MARCHI BIOLOGICI, MARCHI DI IMPRESA.

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DISCIPINARE DI PRODUZIONE: consiste nella descrizione completa delle pratiche adottate per l’ottenimento di un determinato prodotto, agroalimentare e non. Il discilianare riporta nei vari casi nome e denominazioni, descrizione del prodotto e delle materie prime, zona geografica di origine e prove dell’origine storica legata ad il territorio, procedure di produzione, riferimenti alle strutture che controllano l’aderenza del prodotto al disciplinare. Per i prodotti DOP, IGP, DOC, DOCG, STG questo rappresenta il cardine su cui si fonda la certificazione della qualità ed è esaminato dall’ente ministeriale (MIPAF), che verifica la sua rispondenza ai canoni previsti da detti marchi di qualità. ETICHETTATURA: insieme delle indicazioni, menzioni, marchi di fabbrica e di qualità, date e tipo di lavorazioni che figurano sull’imballaggio dei prodotti. FILIERA: si intende l’intero percorso in tutte le fasi di produzione, con i relativi mezzi e materie prime impiegate, che porta all’ottenimento di un dato prodotto, alimentare e non. HACCP: (Hazard Analysis and Critical Control Point): è uno strumento di tracciabilità che identifica i rischi di origine biologica, chimica o fisica che possono presentarsi lungo il percorso produttivo di un alimento. E’ usato dalle aziende come controllo interno alla filiera produttiva, permettendo di documentarne le tappe di lavorazione e di limitando i rischi sanitari. ISTITUTO DI CERTIFICAZIONE: ente che si occupa di garantire per la qualità di un determinato prodotto. Per i prodotti a denominazione DOP, IGP, DOC, DOCG, STG, verifica la rispondenza delle procedure produttive dell’azienda ai canoni stabiliti nei regolamenti comunitari, al fine di rilasciare i marchi stessi. saporeVeneto

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MARCHI BIOLOGICI: ne esistono vari tipi, che certificano il rispetto di norme a tutela dell’ambiente e della qualità dei prodotti. Tra questi si hanno marchi pubblici e privati. Di questo argomento si tratterà nel capitolo successivo MARCHI COLLETTIVI: contraddistinguono i prodotti o i servizi dei membri di un’associazione, un’ente o un consorzio che possiede il marchio, allo scopo di garantirne l’origine, la natura e la qualità dei prodotti. Chi deposita il marchio (in Italia all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi) deve stilare un disciplinare tecnico o manuale di qualità e deve controllare direttamente (o attraverso un’apposita Commissione di garanzia) il rispetto del regolamento da parte degli imprenditori che usano il marchio, applica le sanzioni previste in caso di violazioni. MARCHI DI IMPRESA: contraddistinguono i prodotti o i servizi che un’impresa produce o mette in commercio. Non differenziano il prodotto per origine né qualità ma solo per appartenenza a uno specifico produttore. Viene registrato dall’impresa con l’obiettivo di riservare a se stessa il diritto all’utilizzo del logo che la rappresenti. MARCHI DI ORIGINE: garantiscono la qualità di determinati prodotti alimentari che sono oggetto della normativa europea in merito. O.G.M.: Organismo geneticamente modificato (OGM) è un essere vivente che possiede un patrimonio genetico che si discosta da quello usuale per la sua specie, risultato dell’applicazione di tecniche d’ingegneria genetica, che hanno permesso l’aggiunta, l’eliminazione o l’inattivazione di geni, nell’organismo in questione o nei suoi progenitori. La nozione di OGM viene intimamente legata al tema della sicurezza alimentare e della rintracciabilità di filiera. OGM FREE: si intende con questo termine un alimento prodotto con metodi di agricoltura convenzionale o biologica o un territorio esente da coltivazioni di organismi geneticamente.

In una filiera di un salume possiamo infatti trovare l’allevatore, il salumiere, lo stagionatore, il confezionatore, il distributore, tutti operatori che concorrono alla formazione, distribuzione e commercializzazione di un prodotto. E’ dunque necessario comprendere l’importanza della rintracciabilità, in modo particolare quando la sicurezza di un alimento è in pericolo, permettendone il ritiro nel caso fosse incriminato e fornendo quante più informazioni precise ai funzionari responsabili dei controlli o ai consumatori stessi, evitando così disagi maggiori. Molte aziende hanno inizialmente scelto di sviluppare e far certificare da un ente di certificazione esterno un sistema volontario di rintracciabilità di filiera, facendo riferimento inizialmente ad una norma nazionale volontaria, la UNI 10939, che oggi è diventata internazionale con la norma UNI EN ISO 22005. Dal 1° gennaio 2005 la rintracciabilità è diventata obbligatoria secondo un regolamento europeo (Reg. 178/02) per tutti i prodotti alimentari o che contribuiscano alla formazione dell’alimento. A fianco delle norme europee esiste anche un sistema di rintracciabilità italiano che può adottato dalle aziende in maniera volontaria perché prevede aspetti aggiuntivi rispetto a quelli previsti per legge, costituito dalle norme dell’UNI (Ente Nazionale Italiano di Certificazione) la cui certificazione può essere indicata sulle etichette.

Bibliografia consultata:

SALUBRITA’: definisce l’idoneità al consumo umano per un determinato prodotto alimentare. E’ garantita da un lato dal rispetto di regole igienico-sanitarie che preservino da contaminazioni chimiche e microbiologiche, dall’altro dalla composizione dell’alimento in sostanze nutritive.

Sono state inoltre reperite fonti attraverso i seguenti siti web: • www.regione.veneto.it/Economia/Agricoltura+e+Foreste/Agroalimentare/ • www.qualigeo.eu; • www.qualivita.it; • www.politiche.agricole.gov.it; • www.fagiolodilamon.it; • www.slowfoodveneto.it/presidi.html; • www.slowfoodveneto.it/presidi.html; • www.apidolomiti.com; • www.radicchioditreviso.it;

SICUREZZA ALIMENTARE: il significato è associato sia stato sanitario del prodotto, sia ad una serie di parametri che garantiscono al consumatore l’utilizzo di alimenti controllati e a rischio limitato di contaminazioni, sia disponibilità del cibo ed all’accessibilità all’utilizzo di questo. Per garantirla, un paese deve essere capace di produrre o importare il cibo necessario ed essere in grado di conservarlo, distribuirlo e assicurarne una distribuzione equa.

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AA.VV. Atlante dei Prodotti Tradizionali Agroalimentari del Veneto - Regione Veneto - Veneto Agricoltura - Padova; M. Rosati - Atlante Qualivita. I Prodotti agroalimentari italiani DOP IGP STG- 2010; AA.VV. I Presidi Slow Food d’Italia 2012 - Slow Food; AA.VV. GRUPPO LAVORO I.I.S. AGRARIO FELTRE, Azioni di salvaguardia di specie animali e vegetali del Veneto a rischio di erosione genetica: Il Mais Sponcio, B.I.A.D.F. Mis. 214 h PSR Veneto, 2010; AA.VV. GRUPPO LAVORO I.I.S. AGRARIO FELTRE, Uno sguardo alle tradizioni rurali del feltrino e Val Belluna - Feltre 2008; AA.VV. GRUPPO LAVORO I.I.S. AGRARIO FELTRE, Valorizzazione di speciliatà locali dell’agricoltura minore – Comunità Montana Val Belluna - Feltre 2001; AA.VV. Prodotti ortofrutticoli ed ittici del Veneto – Regione Veneto, 1991.

PRODOTTI LOCALI E TERRITORIALI: Per prodotti locali e territoriali si intende una categoria di prodotti agroalimentari effettivamente coltivati e allevati nel territorio considerato e che si caratterizzano spesso per l’esiguità della produzione, spesso per la mancanza di rigidi disciplinari o protocolli di produzione e per l’estrema variabilità delle tecniche di produzione. RINTRACCIABILITA’ E TRACCIABILITA’ DI FILIERA: è la capacità di ricostruire la storia di un alimento “dal campo alla tavola”, grazie a documentazioni sulle trasformazioni subite nella filiera produttiva, in modo da aumentare le garanzie per i consumatori sugli ingredienti presenti e sulla sicurezza del prodotto. Nei contesti del tema “sicurezza alimentare” e valorizzazione delle produzione agroalimentari si parla spesso di “rintracciabilità” e “tracciabilità”. Si tratta di due termini, spesso erroneamente utilizzati come sinonimi, che hanno significati diversi e che in realtà indicano due processi inversi. La “rintracciabilità” è il processo che permette di ricostruire a ritroso la storia del prodotto “dalla tavola al campo” , attraverso un sistema che utilizza le informazioni tracciate. La “tracciabilità” è il processo che permette di identificare il prodotto “dal campo alla tavola” , registrando le informazioni principali lungo tutti i passaggi. Ciò che arriva sulla nostra tavola è spesso il frutto del lavoro di molte aziende, ognuna delle quali segue solo una specifica fase della lavorazione del prodotto.

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LA SCUOLA E LA FORMAZIONE PER LO SVILUPPO DELL’INTEGRAZIONE TRA SISTEMA AGRICOLO ED ENOGASTRONOMICO VALORIZZANDO LE PRODUZIONI LOCALI E PROMUOVENDO IL TERRITORIO

Progetto realizzato da ENAIP VENETO Titolo progetto: LA SCUOLA E LA FORMAZIONE PER LO SVILUPPO DELL’INTEGRAZIONE TRA SISTEMA AGRICOLO ED ENOGASTRONOMICO VALORIZZANDO LE PRODUZIONI LOCALI E PROMUOVENDO IL TERRITORIO Tipologia progetto: A: Percorsi didattici di studio, ricerca e sviluppo Aree tematiche: 16: Agricoltura e sviluppo rurale; 18: Enogastronomia, alimentazione e ristorazione; 19: Turismo e ospitalità alberghiera Realizzato nel 2011 presso i centri Enaip Veneto di: Feltre - via Borgo Ruga, 40 Calalzo di Cadore - via S.Giovanni, 64 Bassano del Grappa - via C.Colombo, 94 Vicenza - via Napoli, 11 In collaborazione con: Istituto Professionale per l’Agricoltura e l’Ambiente “A. Della Lucia” Vellai di Feltre (BL) Istituto Professionale Statale Industria e Artigianato “C. Lobbia” Asiago (VI) Partner aziendali: Hotel Ferrovia - via Stazione, 4 - Calalzo di Cadore (BL) Hotel Ristorante La Casona - via Segusini - Feltre (BL) Ristorante “Groto de Corgnan” - via Corgnano, 41 - Sant’Ambrogio Valpolicella (VR) Ristorante “il Tinello” - via Torre,1- Solagna (VI)

Il progetto ha coinvolto studenti della formazione professionale e di due istituti professionali partner del progetto. In particolare hanno partecipato agli interventi: - giovani soggetti al diritto-dovere all’istruzione-formazione iscritti all’intervento di terzo anno della formazione iniziale ovvero che abbiano ottenuto il riconoscimento di crediti formativi adeguati ad accedere all’intervento di terzo anno; - giovani iscritti al secondo biennio o al quinto anno degli Istituti professionali. L’intervento ha avuto come obiettivo quello di approfondire e perfezionare le conoscenze dei partecipanti relativamente alla cucina tipica della Regione del Veneto, in un percorso che partendo dagli aspetti storico culturali legati ai prodotti e alle ricette e si è concluso con la preparazione in laboratorio delle pietanze, analizzando le caratteristiche organolettiche del prodotto finito. L’attività si è concretizzata con la redazione di schede dettagliate delle ricette realizzate, fotografie digitali ad alta risoluzione dei piatti guarniti ed informazioni sull’origine e l’evoluzione delle ricette in oggetto. I piatti contenuti nella pubblicazione, rappresentano naturalmente una piccola parte della innumerevole offerta gastronomica della Regione del Veneto, che con i suoi Prodotti Agroalimentari Tradizionali si propone come una delle realtà più variegate e qualitativamente di eccellenza del panorama enogastronomico nazionale ed internazionale


le scuole

LA SCUOLA E LA FORMAZIONE PER LO SVILUPPO DELL’INTEGRAZIONE TRA SISTEMA AGRICOLO ED ENOGASTRONOMICO VALORIZZANDO LE PRODUZIONI LOCALI E PROMUOVENDO IL TERRITORIO

Istituto Professionale STATALE Industria e Artigianato - “C. Lobbia” Asiago (VI)

I stituto Professionale per l’agricoltura e l’ambiente “A. Della Lucia” Vellai di Feltre (BL)

Via Cinque, 2 36012 Asiago (VI) Tel. 0424 462663

Via Vellai, 41 32032 Feltre BL Tel. 0439 840202 www.agrariofeltre.it


allievi & chef

LA SCUOLA E LA FORMAZIONE PER LO SVILUPPO DELL’INTEGRAZIONE TRA SISTEMA AGRICOLO ED ENOGASTRONOMICO VALORIZZANDO LE PRODUZIONI LOCALI E PROMUOVENDO IL TERRITORIO

Unità Operativa Enaip Veneto di Vicenza

Unità Operativa Enaip Veneto di FELTRE

Intervento numero 1

Intervento numero 3

“La cucina delle dolomiti bellunesi”

“Dai colli Berici all’altopiano di Asiago”

Allievi del terzo anno del corso: 51/16/1/888/2011-3 “Operatore della ristorazione: indirizzo professionale cuoco” • Barcelo Loryna Lavandia • Er Raouak Karima • Giammona Giulia • Landolfi Mario • Lushaku Marigona • Montesardo Giuseppe • Rossi Massimo • Thatholoo Parminderjit Rai

Allievi del terzo anno del corso: 51/16/1/888/2011 “Operatore della ristorazione” • Baita Giacomo • Colle Fabio • Djaferi Sead • Guadagno Pasquale • Hajoubi Mariem • Hu Xiaoyun • Manduca Sebastiano • Moretta Nicole • Permunian Davide • Sarcinella Vincenzo • Zununi Mervan

Docenti formatori: • Chef Cavalet Mauro • Chef Pasquali Giampiero • Prof. Cadorin Giovanni • Prof.ssa Sella Anna

Docenti formatori: • Chef Ziliotto Christian • Chef Pasquali Giampiero • Prof.ssa Croda Giulia • Prof. Iuliano Salvatore

Unità Operativa Enaip Veneto di Calalzo di Cadore

Unità Operativa Enaip Veneto di Feltre

Intervento numero 2

Intervento numero 4

“I sapori della Marca Trevigiana”

“La cucina veronese tra riso, grandi vini e i frutti del Benaco”

Allievi del terzo anno del corso: 51/3/1/888/2011 “Operatore della ristorazione” • Allegri Bellinato Jonathan • Andreetta Giulia • De Zolt Lisabetta Maikol • Falcone Maria • Flores Ordones Leyland Rossana • Flores Ordones Leyland Alberto • Florian Marco • Olivo Emanuele • Pontil Scala Verena • Zandonella Sarinuto Alessia

Allievi del terzo anno del corso: 51/16/1/888/2011 “Operatore della ristorazione” • Capraro Giada • De Biasi Alessandro • Erjali Zouhir • Huang Xiaobin • Idrizi Doan • Kajbe Deniza • Lally Sumandeep • Maschio Nickolas • Morao Michele • Shkoza Ergys

Docenti formatori: • Chef Pomarè Alfia • Chef Peverelli Luigi • Chef Pillon Mirca • Prof.ssa Croda Giulia

Docenti formatori: • Chef Soave Giorgio • Chef Tison Alessandro • Chef Gandini Fortunato • Prof.ssa Croda Giulia • Prof. Sanson Stefano


Unità Operativa Enaip Veneto di Vicenza

Unità Operativa Enaip Veneto di Bassano del Grappa

Unità Operativa Enaip Veneto di Feltre

Intervento numero 5

Intervento numero 7

Intervento numero 9

“Isola, laguna e terraferma il gusto da scoprire”

“Tra valli e cortili ascoltando il grande fiume”

“La valorizzazione dell’azienda agricola in ambito enogastronomico”

Allievi del terzo anno del corso: 51/16/1/888/2011-2 “Operatore della ristorazione: indirizzo professionale cuoco” • Fornino Vincenza • Giaretta Sebastiano • Kaumanns Kevin • Mantello Elisa • Misurelli Erica • Munaron Laura • Ounida Hamza • Pizzolotto Elena

Allievi del terzo anno del corso: 51/1/1/805/2010-3 “Operatore della ristorazione: indirizzo professionale cuoco” • Galletta Mattia • Gazzola Alessandro • Lovisetto Denis • Moussalli Oussama • Polpetta Leonardo • Sebben Teo • Zambon Alberto

Allievi del terzo anno del corso: 51/16/1/888/2011 “Operatore della ristorazione” • Colle Fabio • Hu Xiaoyun • Lally Sumandeep • Manduca Sebastiano • Moretta Nicole

Docenti formatori: • Chef Girotto Raffaele • Chef Rigon Cosetta • Prof. Cadorin Giovanni • Prof.ssa Sella Anna

Istituto d’Istruzione Superiore di Asiago Intervento numero 6

“Dai colli euganei fino a sfiorare il mare” Allievi del 5° anno Istituto Istruzione Superiore Statale “Lobbia” Indirizzo “Servizi per l’enogastronomia” • Bonato Stefano • Bragato Nylo • Broccardo Tiziano • Di Marco Manuel • Magnabosco Ilaria • Ronzani Giovanni • Cappellari Simone Docenti formatori: • Prof.ssa Sella Anna • Meneghini Mariano • Crivellaro Claudio • Candeo Enrico • Bondi Filippo • Prof. Farronato Mattia

Docenti formatori: • Chef Maculan Guerrino • Chef De Antoni Antonio • Prof.ssa Sella Anna • Prof. Farronato Mattia

Istituto Agrario I.I.S. “Antonio Della Lucia” Vellai di Feltre Intervento numero 8

“I prodotti agroalimentari di eccellenza del Veneto: la storia, le tradizioni e i possibili sviluppi di mercato” Allievi del quarto anno del corso “Agrotecnico” • Balestro Cristian • Bavaresco Francesco • Dazzi Lucia • Feltrin Laura • Mores Giulia • Pancotto Gabriele • Schievenin Eloisa • Tecchio Marco • Vanin Roberta Docenti formatori: • Prof.ssa Dalla Cort Gloria • De Bin Flavio • Sanson Stefano

Docenti formatori: • Prof. Iuliano Salvatore • Prof. Pesce Adriano


i partner

LA SCUOLA E LA FORMAZIONE PER LO SVILUPPO DELL’INTEGRAZIONE TRA SISTEMA AGRICOLO ED ENOGASTRONOMICO VALORIZZANDO LE PRODUZIONI LOCALI E PROMUOVENDO IL TERRITORIO

HOTEL FERROVIA

Hosteristorante Cuori

L’Hotel Ferrovia si trova a Calalzo di Cadore, nel cuore delle Dolomiti, nelle vicinanze di Auronzo e Misurina e a 30 km da Cortina. Ottimamente posizionato, grazie alla vicinanza agli impianti di risalita di Auronzo e San Vito di Cadore, al lago del Centro Cadore ed alle sorgenti d’acqua ferruginosa, offre svariate opportunità sia d’estate che d’inverno. L’Hotel Ferrovia è citato nelle migliori guide turistiche italiane e dal 1998 riceve il PREMIO QUALITA’ dalla Regione Veneto.

Nato a fine 2006 Hosteristorante Cuori situato a pochi passi dal centro di Marostica nella strada che porta a Bassano del Grappa. Tradizione e innovazione si fondono sapientemente in una proposta che sa coniugare la grande cucina classica Veneta con i profumi ed i sapori provenienti da ogni angolo del mondo. Due sale accuratamente arredate tra rustico e moderno, cucina a vista, un rilassante giardino estern unite a luci e colori rendono l’insieme elegante ma non troppo formale.

Via Stazione, 4 32042 Calalzo di Cadore (BL) Tel. 0435 500705 info@hotelferrovia.it www.hotelferrovia.it

Via Montello, 3 36063 Marostica (VI) Tel. 0424 471214 info@ristorantecuori.it www.ristorantecuori.it


Ristorante “Groto de Corgnan”

Ristorante Tipico e Country Hotel

TRATTORIA L’oasi

HOTEL-ristorante LA CASONA

La grande avventura è iniziata il 16 Gennaio 1980 quando Assunta e Giorgio Soave inaugurano il ristorante. Il Groto de Corgnan”. Il “Groto”, vecchia casa di campagna, è situato in uno dei più antichi borghi di Sant’ Ambrogio, “Corgnan” appunto, situato nel cuore della Valpolicella Giorgio continua ad andare in montagna e alla ricerca dei prodotti migliori che l’amata Valpolicella offre ed oggi lo fa con l’ aiuto di Martina, in sala.

Il Tinello, un ristorante (ora anche albergo) aperto nel 1983 in un’antica filanda e cresciuto via via di importanza, grazie alla creatività gastronomica di Anna e Guerrino Maculan. Trascorrere qualche ora in questo angolo di paradiso, a contatto con la natura, tra il mormorio del fiume ed il canto degli uccelli, è quanto mai piacevole. Si aggiunga, a tutto questo, l’alta qualità dei piatti che la cucina propone.

La trattoria l’Oasi, di Cavalet Giorgio e Mauro, è un locale tradizionale che vi propone una cucina casalinga con ricette tipiche, che danno risalto ai prodotti delle stagioni. Formaggi salumi, lumache, rane. I prodotti del luogo sono le materie prime delle nostre ricette, proponiamo gustosi e freschissimi antipasti, primi piatti tradizionali, per i secondi piatti la nostra esperienza ci permette di spaziare dalla carne al pesce, ma le nostre specialità rimangono rane e lumache.

Era il giugno del 2000, quando Alfonso Villani, affabile ristoratore napoletano, volle dare a Feltre un salto di qualità ristrutturando un’ antica casa colonica in ciò che poi divenne il ristorante LA CASONA, sita a pochi passi dell’ospedale, in zona residenziale vicina al centro; dispone di varie sale climatizzate adatte per colazioni di lavoro, coffee break, cene aziendali, serate speciali, ricevimenti, cerimonie nuziali, banchetti e feste di ballo in un ambiente elegante ed ospitale. Un posto dove esperienza e passione per i prodotti più genuini del territorio, si fondono in una cucina orientata alla ricerca, ma anche al recupero di vecchie ricette… Nel 2004 la struttura acquisì un ulteriore valore con la costruzione nei pressi del ristorante di un moderno hotel a tre stelle dotato di tutti i confort.

Via Corgnano, 41 37010 Sant’ambrogio Valpolicella (VR) Tel. 045 7731372 groto@valpolicella.it www.grotodecorgnan.it

Via Torre,1 36020 Solagna (VI) Tel. 0424 80467 info@iltinello.org www.iltinello.org

Via Triches, 25 32020 Limana (BL) Tel. 0437 967298 trattoria.oasi@libero.it www.trattorialoasi.com

Ristorante La Casona Via Segusini 17/a - Loc. Boscariz 32032 Feltre - Belluno Tel. 0439 302730 info@lacasona.it www.lacasona.it


INDICE

I PIATTI

LA SCELTA DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI DEL VENETO, OGGETTO DI APPROFONDIMENTO

BELLUNO

La Cucina delle Dolomiti Bellunesi

pag

10-17

TREVISO

I sapori della Marca Trevigiana

pag

18-24

VICENZA

Dai colli Berici all’Altopiano di Asiago

pag

25-31

VERONA

La Cucina Veronese tra riso, grandi vini e i frutti del Benàco

pag

32-37

VENEZIA

Isole Laguna e Terraferma il gusto di scoprire

pag

38-42

PADOVA

Dai Colli Euganei fino a sfiorare il mare

pag

44-45

ROVIGO

Tra valli e cortili ascoltando il Grande Fiume

pag

46-48

LE RICETTE BELLUNO

La Cucina delle Dolomiti Bellunesi

pag

52-46

TREVISO

I sapori della Marca Trevigiana

pag

58-61

VICENZA

Dai colli Berici all’Altopiano di Asiago

pag

62-67

VERONA

La Cucina Veronese tra riso, grandi vini e i frutti del Benàco

pag

68-71

VENEZIA

Isole Laguna e Terraferma il gusto di scoprire

pag

72-76

PADOVA

Dai Colli Euganei fino a sfiorare il mare

pag

78-82

ROVIGO

Tra valli e cortili ascoltando il Grande Fiume

pag

84-87

LA METODOLOGIA DIDATTICA ATTIVATA

pag

90-91

I PRODOTTI AGROALIMENTARI TIPICI E TRADIZIONALI

pag

92-101

I METODI DI PRODUZIONE IN AGRICOLTURA

pag

102

pag 102-107

SCHEDE TECNICHE DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI DI ECCELLENZA DEL VENETO SELEZIONATI PER L’APPROFONDIMENTO

Amaro del Cansiglio

pag

110

Bigoi

pag

111

Carne di pecora di Lamon

pag

111

Fagiolo di Lamon della vallata bellunese

pag

112

Formaggio Asiago

pag

113

Grappa veneta

pag

114

Mais Marano

pag

115

Mais sponcio

pag

115

Marrone Feltrino

pag

116

Miele delle Dolomiti

pag

117

Noce Feltrino

pag

118

Agnello d’Alpago

pag

118

Radicchio variegato di Castelfranco

pag

119

Radicchio rosso di Chioggia

pag

120

Radicchio di Verona

pag

120

Radicchio rosso di Treviso

pag

121

Riso Nano Violone Veronese

pag

122

Sopressa di Verona - Trevigiana - Vicenza

pag

123

Zaleti

pag

124

Moeche

pag

124

IL MERCATO DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI DI ECCELLENZA DEL VENETO

pag

126

APPENDICE TECNICA E GLOSSARIO

pag

128

Progetto realizzato da ENAIP VENETO

pag

131

LE SCUOLE

pag

133

ALLIEVI & CHEF

pag 135-137

PARTNER

pag 139-141


Coordinamento editoriale: Giampietro Frescura Progetto grafico: Lineart Foto: Studio 33 Stampa: xxxxxxxxxxxxx



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