Periodico italiano magazine n. 62 - 2021

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salute

Da febbraio 2020, la continuità terapeutica di importanti malattie croniche è

Ora la sanità si occupi

di ‘tutte’ le malattie

Mentre i numeri della pandemia sembrano scendere, è importante considerare le conseguenze dell’emergenza coronavirus sulle altre patologie: prendendo come esempio la situazione nella capitale è possibile avere una prospettiva nazionale su questo fenomeno, ancora poco attenzionato

L

a pandemia da Covid 19 ha messo in luce tutte le carenze, sia oggettive che strutturali, relative alla sanità italiana. Negli anni in cui abbiamo goduto della possibilità di curarci in maniera gratuita, di avere accesso ai reparti, di poter effettuare interventi chirurgici, insomma di avere cure garantite, seppur con liste di attesa chilometriche, non abbiamo pensato davvero a cosa sarebbe potuto succedere se tutto questo, un giorno, fosse venuto a mancare. La realtà è che, per troppo tempo, non si sono fatti investimenti nella ricerca e nel potenziamento delle strutture, assistendo invece al triste spettacolo di una sanità afflitta da commissariamenti e deficit abnormi, che hanno provocato la chiusura di ospedali e centri di cura, come il San Giacomo di Roma, chiuso nel 2008 sotto la giunta regionale presieduta da Piero Marrazzo, ma già presente nella ‘cartolarizzazione’ voluta da Francesco Storace. Per non parlare delle facoltà di Medicina, con ingresso a numero chiuso, nei cui vivai si sono poi andati a cercare in fretta e furia

i medici da inserire nei reparti Covid, perché i camici bianchi non bastavano ad arginare gli attacchi del coronavirus. Se fino al 2019 le liste di attesa per gli esami e le visite specialistiche erano bibliche, col Covid si è assistito al blocco quasi totale di alcuni servizi, soprattutto quelli ambulatoriali. La situazione di Roma può essere di esempio per comprendere quello che è successo in tutta Italia. Il 14 maggio scorso si sono tenuti un presidio e una conferenza stampa presso la Regione Lazio, organizzati dalla ‘Rete laziale Sanità pubblica e Beni comuni’, per chiedere la riapertura dei ‘punti-salute’ chiusi nella regione. Queste strutture dismesse sono state ‘attenzionate’ da comitati di cittadini che non si spiegano come mai la Regione non le voglia riutilizzare, bensì svenderle come patrimonio pubblico. Per fare un esempio, il Comitato per il Forlanini, chiuso definitivamente dal 30 giugno 2015, ha fatto ricorso contro la delibera Zingaretti n. 766/2017, che rendeva l’ospedale bene alienabile, valutandolo. 81 milioni di euro, quando il suo reale

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