Energia, meglio nucleare o alternativa?

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Approfondimenti tematici

DOSSIER

ENERGIA Meglio nucleare o alternativa?

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Periodico italiano

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a cura di Anna Paola Tortora


DOSSIER

All’Italia manca

un piano energetico

Secondo Silvio Di Francia, coordinatore della segreteria romana del partito Democratico, il referendum del 12 giugno rappresenta l’opportunità di confrontarsi su cosa vogliamo fare del nostro futuro collettivo. Un’occasione anche per la politica italiana di discutere finalmente una questione vera. Nucleare sì o no? Secondo lei il risultato è scontato? “Siamo ancora all’inizio di una campagna in cui credo che la prima cosa da fare per tutti noi sia, come diceva Einaudi, ‘conoscere per deliberare’. Ovverro, occorre mettere i cittadini in condizione di sapere, capire e poi liberamente di scegliere. Certo c’è da sperare che questo referendum raggiunga il quorum, cosa che in Italia non succede da 18 anni. Credo che questo sia veramente un peccato per la qualità della nostra democrazia”. Ma secondo lei possono bastare questi pochi mesi di dibattito per arrivare a una riflessione fondata sulla questione nucleare? “Nel 1987, si disse che i risultati del referendum erano stati fortemente condizionati dagli avvenimenti di Chernobyl. Ma la questione reale è che all’epoca accadde che i cittadini si erano convinti che il nucleare, per come è fatta l’Italia, non era sicuro. Uno dei dubbi più consistenti, infatti, era la capacità di controllo da parte degli organismi preposti del rispetto delle regole di sicurezza. In questo il nostro Paese si è sempre dimostrato ‘debole’ e forse in molti cittadini pesa anche questa sfiducia di fondo. E questo è un tema fondamentale che ci deve far riflettere. Però io penso che i cittadini quando sono sufficientemente informati sono in grado di trovare

un loro orientamento. Magari non un orientamento tecnico ma quantomeno di massima, spiegando le argomentazioni in modo semplice. Ancora meglio sarebbe se tali spiegazioni arrivassero da autorità terze, al di fuori degli interessi in gioco”. Ma per lei la scelta antinuclearista da cosa è guidata? “Personalmente io ne faccio una questione etica. La lunghezza dei tempi di decadimento delle scorie radioattive mi fa decidere di non voler ‘pesare’ sul futuro dei nipoti dei miei nipoti. Per altri la questione può essere, invece, di carattere economico. Perché la spesa che verrà messa in campo non è giustificata dai reali risultati che potrebbero derivarne. I termini del confronto

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sono diversi. Ma io ritengo che in una democrazia matura occorra aprire il dibattito con opinioni autorevoli e terze. Se invece nulla accade e si fa assistere il pubblico a delle brutte trasmissioni, un po’ gridate, nella quale la demagogia di entrambe le parti prevale è chiaro che i cittadini poi possano anche decidere di non andare a votare”. Quindi il problema è anche nel modo di proporre le diverse posizioni: questo è giusto e l’altro è sbagliato. “In pratica sì. Occorre anche che i partiti siano in grado di recepire quello che è l’orientamento collettivo. Faccio un esempio banale, che molti non conoscono. Il primo referendum, quello sul quale si blocco il programma nucleare in Italia, in realtà non decretava la fine del nucleare, ma abrogava tre punti: il ruolo degli enti locali nella scelta del sito; un tipo di finanziamento pubblico alla ricerca nucleare; il divieto per l?Enel di partecipare alla costruzione di centrali nucleari all’estero. Però le forze politiche di fronte alla valanga dei no decisero che era il caso di sospendere qualsiasi progetto in tal senso. Naturalmente le ricerche potevano andare avanti. Molti non sanno, ad esempio, che alla casaccia c’è ancora un piccolo reattore che funziona, dove si può fare ricerca. Molti studiosi italiani per effetto di quella decisione sono molto all’avanguardia, per esempio, nella ricerca per la fusione fredda. Insomma, si tratta di decidere cosa vogliamo fare del nostro futuro collettivo”. Ma quali sono i percorsi alternativi al nucleare? “Investire sulla ricerca delle fonti alternative, anziché sulla costruzione di nuove centrali, potrebbe produrre dei vantaggi di gran lunga superiore rispetto ai vantaggi del nucleare. In Italia, ad esempio, se veramente si mettesse mano a rendere efficiente e non dispersiva la nostra rete di distribuzione, già da quello si ricaverrebbe quanto da un reattore. Si tratta quindi di discutere con intelligenza e senza demagogia di una scelta che riguarda sia noi sia quelli che verranno dopo”. Anche sulle fonti rinnovabili si intuisce che esistono una serie di lobbies che tendono a spingere in que-

sta direzione. Spesso, infatti, non si dice che sono fonti discontinue e che richiedono forti investimenti. Non è che nelle logiche di convenienza si smette di cercare una soluzione veramente praticabile? “In questo la campagna referendaria non dovrebbe cedere all’irrazionalità o alla furbizia. Io penso che se la politica no riprende anche la propria dignità di voler spiegare con intelligenza e chiarezza quali sono i problemi che tutti abbiamo davanti. Anche le fonti rinnovabili sono soggette non solo a interessi ma anche di fattori che non sono piacevoli da trattare. Pensiamo ad esempio alla camorra che ‘punta’ all’eolico in meridione. E questo spiega anche la sfiducia emotiva di molti italiani nei confronti delle scelte che mettono a rischio la nostra sicurezza. Perché se sono insufficienti i controlli e prevale un certo egoismo è chiaro che tutto ciò genera una certa fragilità culturale. Due mesi fa, davanti alla crisi del nord Africa, tutti quanti dicevano che occorreva tornare di corsa al nucleare. Poi, con quel che è capitato in Giappone, si è fatta marcia in dietro. Io ritengo, invece, che quelli che se ne occupano dovrebbero discutere seriamente del perché l?Italia non ha un piano energetico. Discutere sul piano energetico conviene a tutti”. Quindi, in definitiva, ci si potrebbe anche ritrovare tutti d’accordo sulla scelta di un mix energetico? “Mi sembra che questa volta sono molte anche le associazioni che sono intervenute sul confronto, anche a favore del nucleare. Questo fa ben sperare che prevalga un’informazione vera piuttosto che demagogica”. Insomma, euesta è una situazione su cui occorre riflettere al di là delle posizioni ideologiche e partitiche. “Sì. Probabilmente c’è finalmente la possibilità di discutere una questione vera. Personalmente ritengo che non occorra più dividersi su questioni secondarie. perché indipendentemente dalla scelta che passerà, siamo tutti vittime dell’arretratezza. Non è che l’Italia colmerà il gap tecnologico nei confronti degli altri paesi. Il punto vero è che da noi non si investe sulla ricerca, da qualsiasi parte la si voglia guardare. In questo noi abbiamo un problema che riguarda l’intero Paese e finalmente ne discutiamo pubblicamente”. F.B.

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DOSSIER Energia alternativa:

una speranza per il nostro pianeta?

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opo il disastro di Fukushima e la recente conferenza tenutasi a Cancun, nella quale i vertici mondiali si sono riuniti per discutere dei gravissimi problemi ecologici che affliggono il nostro pianeta al fine di fissare obiettivi nella speranza di ottenere miglioramenti significativi, ci ritroviamo a parlare di energie alternative. Ormai da tempo, infatti, il dibattito internazionale è spostato sull’emergenza climatica e ambientale: un’impressionante quantità di emissioni di anidride carbonica in eccesso è depositata nella nostra atmosfera e l’inquinamento dell’aria che respiriamo aumenta a dismisura. Le città più popolose e i centri industriali si presentano ormai agli occhi di osservatori esterni come cumuli di fumo nero, nocivo per la salute di ognuno di noi, oltre che per il mondo in cui viviamo: ghiacciai che si sciolgono, temperature che aumentano, innalzamento del livello del mare e conseguente allarme ecologico e ambientale. Insomma, ciò che si prospetta agli occhi di tutti è una situazione di emergenza che richiede al più presto l’attuazione di un piano risolutivo per salvare il salvabile del mondo in cui viviamo. Sono in primo piano, ormai da anni, temi come la ricerca di nuove fonti energetiche in grado di rispettare il nostro pianeta. Meglio affidarci a fonti di energia alternativa, considerate più sicure come gli impianti che

sfruttano l’energia eolica, oppure investire in un tipo di centrale nucleare che, a oggi, nonostante i progressi della ricerca scientifica, fa paura e sul quale continua a esistere molta disinformazione? Cerchiamo di fare chiarezza a riguardo presentando due dei metodi di produzione di energia alternativa attualmente al centro dei dibattiti nazionali a riguardo. Nucleare sì o nucleare no? Il discorso sul nucleare si prospetta sin da subito piuttosto complesso: accanto all’insieme di elementi a favore di un tipo di energia alternativa ricavata dalle reazioni degli atomi tra loro, esistono una serie molto lunga di ‘contro’ che gettano timori e portano inevitabilmente a riconsiderare la questione. Prima di tutto, però, c’è da affrontare un approfondimento: come si genera l’energia nucleare? Questa ha origine dalla reazione di nuclei di atomi molto pesanti che, dividendosi, sprigionano energia, oltre a materiali di scarto comunemente definiti ‘scorie’. Il processo prende il nome di fissione nucleare. Nella fattispecie, quando si parla di nucleare, la preoccupazione più frequente riguarda la sicurezza. Il punto di vista di alcuni studiosi è che oggi vivere nel territorio dove è situata una centrale nucleare sia molto più sicuro rispetto a qualche anno fa: non è d’accordo chi

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porta come esempio contro la diffusione di una cultura del nucleare in Italia il disastro di Chernobyl. I favorevoli rispondono che, nel caso in questione, la vera tragedia fu rappresentata dall’assenza di un contenitore per il reattore, elemento determinante nell’analisi di una simile catastrofe, poiché consentì la dispersione delle scorie radioattive, non quindi il loro contenimento, anche in territori molto distanti, rifiuti tossici che si sono resi responsabili nelle zone più prossime alla centrale di danni ambientali e umani molto gravi, conseguenze negative che oltretutto si dimostrano durature nel tempo. Se le scorie fossero state ‘arginate’ la situazione attuale e le conseguenze dell’epoca sarebbero state differenti? Di fatto, possiamo mettere in evidenza una questione piuttosto rilevante: la reale e completa copertura e, quindi, la messa in sicurezza dell’edificio dell’ex centrale nucleare è stata portata a termine solamente lo scorso anno. Questo dimostra che, dal 1986 a oggi, le scorie radioattive fuoriuscite dall’impianto hanno avuto ben 24 anni di tempo per fare danni. Si tratta ovviamente di punti di vista: Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo per Greenpeace Italia, tende a sottolineare come, nonostante i livelli di sicurezza siano aumentati, questi non possano essere ritenuti sufficienti per garantire l’inesistenza del pericolo. Un secondo interrogativo poi è: ma le scorie, dove vanno a finire? Queste, almeno secondo la corrente informazione, verrebbero racchiuse in contenitori deputati al loro contenimento, ovviamente ermeticamente chiusi e poste nel sottosuolo, in attesa del decadimento dei materiali radioattivi contenuti in questi ultimi. E se i contenitori perdessero? Se qualcosa andasse storto? Si ha idea del disastro ambientale a cui si potrebbe andare incontro? Queste alcune delle argomentazioni dei contrari, fermamente convinti che sottoporsi a un rischio simile non valga la pena: nell’eventualità che si verifichi un disastro, intere porzioni di territorio diventerebbero radioattive, fette enormi di territorio non potrebbero più essere coltivati, né utilizzati per il pascolo degli animali. Tanto meno sarebbe sicuro costruirci. Di contro, i favorevoli rispondono che quello dello smaltimento delle scorie rappresenterebbe un problema secondario: Umberto Minopoli, direttore delle Attività commerciali di ‘Ansaldo nucleare’, sostiene che da

otre 60 anni le scorie vengono riposte in contenitori da lui reputati sicuri, trasportate e stoccate nelle stesse centrali nucleari e poi, successivamente, trascorsi alcuni anni, portate in depositi altrettanto sicuri. E se si riuscisse a giungere a un nucleare pulito? È questa la sfida tutt’ora in atto all’Enea di Frascati, dove già da molti anni è in corso una ricerca condotta appunto dal centro per le Energie alternative dell’Ente sulla produzione di energia nucleare mediante un processo alternativo al classico: quello della fusione nucleare. Negli ultimi anni, la richiesta di energia proveniente da fonti cosiddette rinnovabili sta diventando sempre più forte: in Europa il 16,4% dell’energia elettrica è prodotta con metodi alternativi e, anche in Italia, la questione sembra aver preso piede. In questo scenario è inserito anche il lavoro portato avanti dal team di ricerca sulla fusione nucleare come metodo di produzione di energia alternativa dell’istituto di ricerca dell’Enea di Frascati: la fusione sembrerebbe poter essere in grado di produrre energia nucleare senza scorie. Questa reazione, però, avviene solo se indotta all’interno di particolari reattori tutt’ora in fase di studio. E ricreare tali condizioni rimane, oggi, un progetto in fase di sperimentazione, che se portato a termine, però, garantirebbe la produzione di un’energia nucleare ‘pulita’. Inoltre, la materia prima, rappresentata dall’idrogeno, è praticamente illimitata in natura. Il parere di Greenpeace a riguardo è negativo, in quanto la fusione è una tecnologia ancora in fase di speri-

Sondaggi Cosa pensano gli Italiani del nucleare? Secondo un sondaggio realizzato da Fullresearch, su un campione di mille persone, sette italiani su dieci sono contrari alla costruzione di centrali nucleari. Ma fra il 68,4% di contrari e il 20,3% di favorevoli, c’è un 11,3% che sembra non aver ancora preso una decisione a riguardo. Ma il vero problema dei sondaggisti, a oggi, non è come ma piuttosto in quanti voteranno e se si raggungerà il quorum. Anche se in questa occasione potrebbe essere, prima ancora della tragedia di Fukushima, il referendum sull’acqua e la campagna mediatica condotta dai promotori del sì a determinare una svolta.

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DOSSIER mentazione, che rimarrà tale ancora per molto tempo. Altro punto dolente è poi rappresentato dagli enormi costi delle centrali nucleari: quanto tempo si impiega ad ammortizzarli? Il paragone sul prezzo dell’energia ‘finita’ sembrerebbe, secondo alcuni, comunque vantaggioso per il nucleare che, in quanto ad abbattimento del prezzo, sconfigge anche un altro metodo di produzione di energia alternativa, come quello rappresentato dall’eolico; se un Kw/h con il primo costa intorno ai 3/6 centesimi, il secondo arriva a costare anche 8/11 centesimi per Kw/h. Vieppiù, i favorevoli mettono in evidenza come, se un reattore nucleare che produce energia elettrica fosse situato in Italia, la maggior parte dei capitali rimarrebbe nel nostro Paese con la funzione di alzare il valore del Pil e rendendo il nostro Paese un luogo più ricco. Di conseguenza, s’innalzerebbe anche il livello di benessere delle famiglie che lo abitano: una sorta di protezionismo blando, con lo scopo di evitare la dispersione di risorse all’estero. Costruire un impianto nucleare costa molto, è vero. Su una scala di costi, la spesa del nucleare sembra così ripartita: l’85% della spesa per la costruzione dell’impianto, il restante per la materia prima necessa-

3 Scheda grigia Nel quesito referendario ai cittadini è chiesto:

"Volete voi che sia abrogato il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, limitatamente alle seguenti parti: art. 7, comma 1, lettera d: realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare". Si risponde SÌ se si vuole impedire di progettare e realizzare in futuro nuove centrali nucleari sul territorio italiano. Si risponde NO se si vuole mantenere l’attuale legge che consente la costruzione di nuove centrali nucleari in Italia.

ria alla reazione. Ma tutto quel capitale rimarrebbe comunque nel nostro Paese, costituendo quindi un investimento: una cifra di poco inferiore (78%) viene spesa per acquistare, dall’estero, la materia prima necessaria a far funzionare una centrale termoelettrica. Questo dimostrerebbe come i capitali spesi nel secondo caso, di poco inferiori, sarebbero costi fini a loro stessi mentre quelli impiegati per la costruzione di un reattore nucleare si potrebbero considerare un investimento. Un’associazione ambientalista come Greenpeace, di contro, mette in evidenza come la realizzazione di una simile energia comporterebbe spese folli. L’eolico Le fonti rinnovabili devono essere in grado di garantire un impatto ambientale e un inquinamento molto più contenuti e trascurabili delle energie che sfruttano fonti fossili. In più, le materie prime devono essere praticamente inesauribili, con conseguente annullamento del rischio di rimanere ‘senza’ per scarsità o problematiche politiche o diplomatiche, come accadde nel caso della guerra del gas tra Russia e Ucraina, che rischiò di lasciare il nostro Paese ‘a secco’. Se l’energia nucleare sfrutta la reazione che avviene tra gli atomi per produrre energia, gli impianti eolici generano quest’ultima sfruttando la forza del vento. Per generare energia eolica, appunto, è necessario l’impianto su territorio di strutture definite aerogeneratori: ne esistono diverse tipologie, ma la più diffusa è quella rappresentato da una struttura alta circa 50 metri con 2 o 3 pale di una ventina di metri ciascuna, pronte a muoversi sotto l’azione del vento e trasformare questa in energia elettrica. La potenza elettrica giornaliera erogata da uno di questi aerogeneratori sembrerebbe capace di raggiungere i 500/600 kW (pari al fabbisogno energetico giornaliero di 500 famiglie) secondo i dati diffusi dall’Enea. Un insieme di impianti danno poi vita a quella che viene definita una ‘wind-farm’, una fattoria del vento, una vera e propria centrale che in un’area molto ampia racchiude più aerogeneratori posti a una distanza di almeno 200 metri l’uno dall’altro. Un’ipotetica wind-farm posta in un territorio dove il vento soffia a una velocità media di 25 km/h e composta da 30 impianti potrebbe essere in grado di produrre 20 milioni di kWh l’an-

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no, ovvero la quantità di energia elettrica di cui ha bisogno una popolazione di 7 mila famiglie. Esistono però associazioni e organizzazioni di cittadini contrari all’edificazione di impianti eolici, considerandoli di eccessivo impatto ambientale, deturpanti del paesaggio. Il riferimento è ad esempio a Via Dal Vento, un sito creato da cittadini più o meno impegnati nella causa ambientale che denuncia l’invadenza e l’impatto negativo che la costruzione delle windfarm porta al territorio, mettendo in evidenza come queste possano letteralmente deturpare un paesaggio. C’è chi, poi, come Carlo Ripa di Meana, denuncia una vera e propria organizzazione criminale sotto la gestione dei “mulini a vento”, definendo l’atomo migliore di questi ultimi in un articolo uscito su ‘Il Riformista’ lo scorso settembre. Ripa di Meana, inoltre, in un intervista per ‘livesiciliatv’ ha definito l’eolico un problema spinoso, reputandolo un’energia intermittente, accessoria e aleatoria, sulla quale non è possibile fare affidamento, dipendendo esclusivamente dalle condizioni atmosferiche di un determinato luogo in un preciso momento, poco adatta a un Paese poco ventoso come l’Italia. Oltre a un problema pratico, dal presidente del Cnp (Comitato nazionale del paesaggio) viene messa in evidenza la, a suo parere, deturpazione di cui gli impianti eolici sarebbero responsabili in un Paese dal patrimonio paesaggistico come quello italiano, sfregiato da questi mostri alti più di cento metri. In conclusione, Ripa di Meana ha definito l’operazione eolico un

affare in totale perdita in un Paese come il nostro, che non presenta le caratteristiche necessarie per lo sfruttamento di una simile energia alternativa. Di contro, Greenpeace e Ises Italia, nel rapporto ‘Generazione eolica e solare - elettricità rinnovabile e posti di lavoro: prospettive globali e italiane’, sostengono fortemente la soluzione eolica come energia rinnovabile contro l’inquinamento e come fonte che, in previsione, nel 2050 sarà in grado di fornire il 34% dell’energia a livello mondiale, consentendo così di risparmiare ben 110 miliardi di tonnellate di anidride carbonica a partire da subito. L’associazione ambientalista definisce ingiustificata l’opposizione che gli impianti eolici stanno trovando in Italia da parte di alcune amministrazioni locali, considerando uno ‘pseudoambientalismo’ quello di coloro che dimostrano di non rendersi conto dell’urgenza di nuove fonti di energia, che preservino l’aria che respiriamo. In evidenza anche la possibilità di un’integrazione migliore degli impianti con il paesaggio, elemento che consentirebbe di aggirare le polemiche circa la deturpazione di quest’ultimo. Un accento, infine, è stato posto sulla grande quantità di posti di lavoro che si verrebbero a creare nel nostro Paese, se l’eolico prendesse piede. Nel rapporto è sottolineato come recenti studi abbiano confermato come il vento sia una risorsa estremamente disponibile in quasi tutte le regioni del mondo, tanto che la mancanza di questo non si possa considerare in nessun modo limitante allo sviluppo dell’eolico.A.P.T.

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DOSSIER

Nel mondo ambientalista ‘classico’ non c’è discussione: il nucleare rappresenta un pericolo per la popolazione e le scorie radioattive sono di difficile smaltimento. Servono, dunque, maggiori investimenti nelle fonti alternative e più sane politiche di risparmio ed efficienza energetica

Eternamente

contrari 8 > > > > > > > > > > > > > > > > > > > > Periodico italiano

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Giuseppe Onufrio Greenpeac

“Il nucleare non conviene”

Abbiamo parlato con Giuseppe Onufrio, noto ricercatore e fisico, direttore esecutivo per Greenpeace Italia della questione nucleare. Greenpeace, uno dei più grandi movimenti ambientalisti di tutto il mondo, si dichiara infatti da sempre contrario all’energia nucleare. Dottor Onufrio, qual è la posizione di Greenpeace sul nucleare e quali sono i principali motivi che sono alla base della vostra avversione al tema? “Nessuno dei problemi che pone l’energia nucleare è stato ancora risolto, nonostante questa tecnologia da 60 anni abbia ricevuto ingentissime risorse pubbliche. Non è risolta la questione delle scorie nucleari – il principale progetto per la gestione a lungo termine, quello di Yucca Mountain negli USA, è stato chiuso dopo 15 anni e 9 miliardi di dollari spesi invano – e non esiste ancora una tecnologia intrinsecamente sicura. La gestione dell’eredità del nucleare in Inghilterra prevede un piano di spese di 90 miliardi di euro in 130 anni: lasciamo un’eredità velenosa alle prossime generazioni per usare una tecnologia basata su un minerale, l’uranio, il cui orizzonte di esaurimento è nello stesso ordine di quello del petrolio. Infine, anche raddoppiando la potenza nucleare oggi installata nel mondo, l’effetto sulla riduzione delle emissioni sarebbe marginale (circa il 5%) e richiederebbe cifre folli. Il costo del’elettricità da nucleare è il più elevato tra le fonti convenzionali e anche dell’eolico, come dimostrano le recenti stime del Dipartimento Usa dell’energia”. C’è chi sostiene che oggi vivere nei pressi d i u n a c e n t r a l e n u c l e a r e s i a m o l t o p i ù s i c ur o d i q u a l c h e a n n o f a : c o m e r i s p o n d e a q u esta affermazione? “In Germania, un ampio studio epidemiologico, approvato ufficialmente dal Governo tedesco, ha dimostrato che c’è un aumento delle leucemie infantili del 120% e dei tumori solidi nei bambini del 60% nella popolazione che vive entro i 5 km dalle 17 centrali tedesche. E in Germania non c’è

stato nessun incidente grave. Nel normale funzionamento viene rilasciata radioattività in aria e in acqua ed esistono rischi dell’esposizione a basse dosi ma prolungate: per le radiazioni non esiste una soglia al di sotto della quale il rischio è zero”. A C h e r n o b y l n o n e r a p r e s e n t e u n c o n t e n itore per il reattore che avrebbe dovuto a v e r e l a f u n z i o n e d i c o n t e n e r e l a f u o r i u s c ita delle scorie in seguito a un eventuale incidente: lei ritiene che oggi esista più sicurezza? “I livelli di sicurezza sono aumentati rispetto al passato, ma non vuol dire che il pericolo sia nullo. Il rischio è il prodotto di due quantità: la probabilità che un certo evento accada per l’entità delle possibili conseguenze. Abbiamo dimostrato, nel 2006, che l’analisi del rischio di incidente di un aereo che casca su un reattore EPR era stato sottovalutato, inserendo come limite un incendio che durasse solo 2 minuti. Un aereo di linea al decollo può avere 70 tonnellate di kerosene e anche di più, dunque un incendio di 2 minuti non è realistico. Recentemente, proprio per la mancanza di uno scenario realistico, è stato bocciato dall’autorità di sicurezza americana – la Nrc – l’analisi dei rischi per far approvare il reattore AP1000, che dovrà essere rifatto. Dopo l’11 settembre 2001, negli USA è richiesto che il guscio del reattore regga all’impatto con un aereo di linea. In ultimo, pensiamo ai recenti terremoti che hanno devastato il Giappone. Già nel 2007, l’isola nucleare di KashiwazakiKariwa, dove ci sono 7 reattori nucleari, ci aveva fatto correre gravissimi rischi: anche se non c’era stata una fuoriuscita significativa di radioattività, perché i reattori erano stati costruiti bene, 6 dei 7 reattori sono ancora fermi, poiché non si riesce a capire quali danni abbiano conseguito. Conseguenza: una mancata produzione pari a quasi il consumo della città di Tokio”. Il tema dello smaltimento delle scorie, insieme a quello di un incidente, è ciò che fa più paura quando si parla di ricorso all'energia nucleare. Presso i laboratori d e l l ’ E n e a d i F r a s c a t i , p e r ò , è i n s p e r i m e ntazione la produzione di un tipo di energia n u c l e a r e d e r i v a n t e d a u n p r o c e s s o d i f u s i on e t r a a t o m i ( i n v e c e c h e d i f i s s i o n e , c l a s s ico metodo di generazione di energia nucleare) che sarebbe in grado di dar luogo a un nucleare pulito, privo di scorie, data la particolare reazione generatrice: qual è

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DOSSIER la sua posizione in merito? “La fusione nucleare è un campo essenzialmente di ricerca da 50 anni e lo rimarrà ancora per altrettanti: in nessun modo è una tecnologia oggi disponibile”.

sia a terra che off shore - e da un uso sostenibile delle biomasse, e poi dal solare, sia fotovoltaico, sia termodinamico a concentrazione”.

Stefano Ciafani Legambiente

In tema di energie alternative, cosa pensa del sistema eolico? “Tra le fonti rinnovabili, l’eolico è quella che nel breve e medio termine può dare il maggiore contributo energetico. Per intenderci, fatto 100 l’obiettivo europeo al 2020, l’eolico da solo ne può generare la metà. Si tratta di una tecnologia che già occupa, in modo diretto e indiretto, 13 mila persone in Italia e che può arrivare a 66 mila posti, secondo le stime fatte dalla Uil e da Anev. Una quota di questi posti è distribuita nelle aree interne, dunque con benefici per aree generalmente depresse”.

“Il nucleare? Non serve neanche all’ambiente”

Anche Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente, ha espresso le proprie perplessità circa un ritorno all’energia nucleare come principale metodo di produzione e di approvvigionamento energetico del nostro Paese.

Su ‘Il Riformista’ recentemente è apparso u n a r t i c o l o d i C a r l o R i p a d i M e a n a , p r e s id e n t e d e l C n p ( C o m i t a t o n a z i o n a l e d e l p a es a g g i o ) , i n t i t o l a t o ‘ M e g l i o l ’ a t o m o d e i m u l ini a vento’: come risponde a chi, come lui e altri (associazione Via dal Vento) che, forti oppositori dell’eolico, considerano il mulino d e t u r p a n t e d e l p a e s a g g i o , o l t r e c h e i n s u f f iciente a produrre quantitativi di energia degni di nota? “Che si tratta di polemiche strumentali: tutto l’eolico che si può fare in Italia al 2020 richiederà 10 mila torri in un Paese che – a parte i 2 milioni di pali tra luce, telefono e ferrovie – ha ben altri problemi paesaggistici. E’ chiaro che un impatto c’è, ma lo si può minimizzare e, comunque, ricordiamo che una legge dell’ecologia recita: “nessun pasto è gratis”. Se vogliamo ridurre le emissioni di Co2 – cosa di cui a Ripa di Meana non interessa molto – dovremo sostituire le fonti fossili con quelle rinnovabili. Nessuna delle fonti energetiche rinnovabili – e nemmeno il nucleare – potranno, da sole, dare una risposta del peso energetico di petrolio, gas o carbone su cui oggi ci basiamo. In questo senso, persone come Ripa di Meana vivono in un pregiudizio fossile”.

Dottor Ciafani, qual è la posizione di Legambiente sul nucleare? Perché siete contrari? “L’opposizione di Legambiente al nucleare è uno dei punti fermi della nostra associazione, che è nata proprio sulla questione energetica opponendosi alle fonti fossili e al nucleare, promuovendo le fonti rinnovabili anche in tempi in cui le tecnologie ancora non erano mature come oggi. Il motivo del nostro fermo ‘no’ al ritorno all’atomo in Italia è semplice: il nucleare non ci aiuterà a ridurre in tempi brevi le ‘emissioni-serra’ come previsto dagli accordi internazionali (Kyoto e 20-20-20 europeo) e a risolvere i problemi energetici del nostro Paese, a cominciare dalla diversificazione delle fonti e dalla dipendenza dall’estero. È vero che la produzione elettrica, in Italia, è fortemente sbilanciata su una fonte, il gas, ma i 4 reattori EPR da 1600 MW previsti dall’accordo Berlusconi-Sarkozy ci permetterebbero di risparmiare solo 9 miliardi di m3 di gas all’anno, pari al 10% dei consumi attuali o alla produzione media di un rigassificatore. Quindi, non ci sarà alcuna sostanziale riduzione delle importazioni di fonti fossili dall’estero, per non parlare del fatto che, con il nucleare, dovremmo importare, oltre a gas e petrolio, anche l’uranio. Il contributo alla lotta dei cambiamenti climatici, poi, sarebbe irrisorio: con i 4 reattori si risparmierebbero solo il 3% delle emissioni totali nazionali di gas serra. Non avremo nemmeno un risparmio nella nostra bolletta energetica, che anzi risentirà degli elevati costi di costruzione, come sta avvenendo in Finlandia e in Francia, in seguito ai continui ritar-

Quale ritiene essere la migliore fonte di energia alternativa? “Il maggiore potenziale nel lungo termine sarà dell’energia solare, se consideriamo però anche gli usi termici (acqua calda) sia per le case, sia per l’industria. Per la produzione di elettricità, le nostre analisi indicano un maggiore contributo dall’eolico –

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possano dirsi migliorate? “È difficile fare un confronto tra il reattore di Cernobyl e quelli di oggi, stiamo parlando di tecnologie e situazioni troppo diverse. Se prendiamo in considerazione i reattori EPR, quelli che secondo i progetti del Governo Berlusconi dovrebbe essere costruiti in Italia, molti dubbi sono stati sollevati dalle Agenzie di sicurezza francese, britannica e finlandese circa i loro sistemi di controllo e sicurezza, che non lasciano tranquilli sulla possibilità che si verifichino incidenti con gravi conseguenze sulla popolazione. In questi reattori è inoltre previsto un contenitore di ceramica che dovrebbe raccogliere il nocciolo fuso in caso di incidente grave, ma per evitare lo sfondamento della ceramica occorre raffreddare la vasca contenente il nocciolo spruzzando acqua, ma in quantità non esagerate o si rischia di causare un’esplosione per l’eccessivo accumulo di vapore. Alcuni documenti confidenziali interni a EDF, la società francese che costruisce i reattori, hanno anche evidenziato l’inadeguatezza di alcuni materiali usati in alcuni componenti di sicurezza e nelle unità che contengono le barre di controllo. Insomma, stiamo parlando di una tecnologia comunque complessa, non priva di incertezze, o comunque di un ‘prototipo’, perché non esiste neanche un reattore di questo tipo attivo al mondo. Ricordiamo anche il fatto che i rischi per la popolazione residente nei pressi di una centrale non si limitano alla possibilità che si verifichi un incidente grave: l’ordinaria attività di una centrale rilascia piccole dosi di radioattività che contaminano il terreno, l’acqua, l’aria circostante, finendo così nella catena alimentare e determinando rischi per la salute umana. Uno studio governativo tedesco del 2008, predisposto dall’Ufficio Federale per la protezione dalle radiazioni, ha mostrato che più si vive vicini alle centrali nucleari e maggiore è il rischio di contrarre malattie gravi. In particolare, aumenta notevolmente l’insorgenza di leucemia tra i bambini”.

di del reattore di Olkiluoto e di Flamanville. Non solo: tornare al nucleare ci farà abbandonare qualsiasi investimento alternativo sullo sviluppo delle tecnologie pulite e dell’efficienza energetica, facendoci rinunciare a un sistema che può portare da subito occupazione e rilanciare la nostra competitività a livello globale (si pensi ai 350 mila occupati in questo settore in Germania). Questi argomenti sono già sufficienti a dichiararsi contrari all’energia nucleare, ma non dimentichiamo la pericolosità di questa fonte energetica e il problema ancora aperto dello smaltimento delle scorie radioattive più longeve, questione che, ancora oggi, non trova soluzione definitiva e sicura in nessun posto del mondo”. C’è chi sostiene che oggi vivere nei pressi d i u n a c e n t r a l e n u c l e a r e s i a m o l t o p i ù s i c ur o r i s p e t t o a l p a s s a t o : c o m e r i s p o n d e a q u es t a a f f e r m a z i o n e ? A C h e r n o b y l , p e r e s e mpio, non era presente un contenitore per il reattore che avrebbe dovuto contenere la fuoriuscita delle scorie in seguito a un e v e n t u a l e i n c i d e n t e . I n s o m m a , s o n o p a s s ati interi decenni: non crede che le cose, oggi, soprattutto sul fronte della sicurezza,

R i g u a r d o a l t e m a d e l l e s c orie, presso i laboratori Enea d i F r a s c a t i p a r e s i a i n s p e r imentazione la produzione di

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DOSSIER quadro di regole capace di garantire, per le diverse fonti, la più efficace integrazione ambientale e paesaggistica, risultato che si può ottenere, innanzitutto, definendo per gli impianti eolici - ma anche per quelli solari, da biomasse, idroelettrici e geotermici - le aree non idonee, nonché introducendo criteri che permettano di orientare la progettazione verso un’attenta integrazione nel paesaggio. Ma mentre si spendono fiumi di parole per descrivere il presunto deturpamento del territorio da parte dei moderni mulini a vento, generatori di energia pulita e rinnovabile, non si parla mai di quello causato dalle cave o dalle discariche, oppure delle conseguenze negative che una centrale nucleare porta al territorio in cui viene costruita. Pensiamo alle conseguenze sulle attività produttive come l’agricoltura o l’impatto sulle attività turistiche, che ne verrebbero gravemente compromesse. Tra la fasi di cantiere, di esercizio e di dismissione, una centrale nucleare ipoteca lo sviluppo del territorio per almeno un centinaio di anni, lasciandoci un’eredità pesante di scorie altamente radioattive per decine di migliaia di anni. Non è forse questo un impatto peggiore”?

un tipo di energia nucleare derivante da un processo di fusione, anziché di fissione, tra atomi, procedimento in grado di dar luogo a un nucleare pulito: lei cosa ne pensa? “Ben venga la ricerca nel campo del nucleare, anche se il percorso per arrivare alla fusione controllata è ancora lungo. Ma mentre attendiamo gli sviluppi di questa fonte, ha senso continuare a investire nella fissione, che invece è pericolosa e produce scorie altamente radioattive, per le quali ancora non si è trovata soluzione sicura e definitiva? L’alternativa al nucleare già la conosciamo, e passa l’investimento tecnologico per migliorare l’efficienza, e lo sviluppo di un mix di tutte le fonti rinnovabili, passando per il gas come fonte fossile di transizione, a maggior ragione che il prezzo del gas è molto diminuito rispetto a soli 2 anni fa”. Cosa pensa del sistema eolico? “L’eolico è sicuramente la fonte energetica alternativa più matura al momento. Secondo il rapporto Comuni Rinnovabili 2010 di Legambiente, la potenza installata è in crescita, pari a 5.128 MW, distribuiti in 297 comuni, occupa 25mila persone e fornisce elettricità a 4 milioni e 100mila famiglie. In poche parole, rappresenta un settore strategico per il futuro dell’Italia che può contribuire alla ripresa economica del nostro paese. Ma per proseguire con la crescita degli impianti di grande e piccola taglia è fondamentale ora aprire un confronto sulle regole, in modo da garantire trasparenza, legalità e integrazione dell’eolico nel paesaggio. L’eolico da solo però non può essere visto come unica alternativa al nucleare o alle fonti fossili, ma il suo sviluppo deve essere considerato insieme allo sviluppo di tutte le altre fonti rinnovabili possibili e agli investimenti per l’efficienza e il risparmio energetico”.

Qual è la fonte di energia alternativa migliore, secondo lei? “Non ce n’è una migliore delle altre. Anzi, la migliore fonte di energia alternativa è in realtà rappresentata da un mix di fonti rinnovabili che, insieme al risparmio e agli investimenti per migliorare l’efficienza energetica, possono condurci oltre la dipendenza delle fonti fossili senza dover ricorrere a fonti inquinanti e esauribili come il nucleare. Queste affermazioni non sono più solo chiacchiere da ambientalisti. E la Germania ce lo dimostra: l’Agenzia federale per l’ambiente tedesca ha dichiarato che entro il 2050 non solo saranno spente le centrali nucleari, ma anche quelle che utilizzano tutti gli altri combustibili fossili. E che tutto il fabbisogno elettrico sarà soddisfatto da un mix di rinnovabili e efficienza energetica. Il problema, tuttavia, non si esaurisce qui: efficienza e mix di rinnovabili sono la ricetta per coprire la produzione di energia elettrica in modo sostenibile. Non dimentichiamoci le altre tre ‘gambe’ del fabbisogno di energia, ovvero trasporti, industria e riscaldamenti degli edifici. In ognuno di questi settori sono necessari investimenti e innovazione tecnologica per ridurre i consumi e affrancarsi dalle fonti fossili: solo così renderemo più moderno, efficiente e sostenibile il sistema energetico nel suo complesso”. A.P.T.

Come risponde a chi si oppone all’eolico considerandolo deturpante del paesaggio, o l t r e c h e i n s u f f i c i e n t e a p r o d u r r e q u a n t i t ativi di energia degni di nota? “La risposta è scontata: meglio le rinnovabili, tutte, dell’atomo e delle fonti fossili, come il carbone e il petrolio. Se lo scontro si gioca solo sull’impatto paesaggistico dei parchi eolici, la questione è superabile. Già da gennaio di quest’anno, le Regioni sono tenute a fissare le proprie regole per integrare le fonti rinnovabili nei territori, una grande occasione per garantire trasparenza e efficacia nelle procedure di realizzazione degli impianti e di tutela del paesaggio. Le linee guida devono definire un

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Nucleare

chi è favorevole Quanto accaduto di recente in Giappone, ha riacceso la polemica sulla sicurezza delle centrali ma secondo i professionisti favorevoli al nucleare il rischio probabilistico di eventi gravi è sempre stato estremamente basso e pongono l’accento, invece, sulla necessità di ricorrere all’energia atomica per ridurre i costi in bolletta 13

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DOSSIER marzo 1975) e Three Mile Island (Pennsylvania, 28 marzo 1979), oggi riattivate nonostante i notevoli danni (solo all’interno grazie all’edificio di contenimento) e quello disastroso di Chernobyl (Ucraina, 26 aprile 1986), peraltro impossibile con qualsiasi altra tipologia di reattore, furono dovuti a manovre ‘suicide’ degli operatori di centrale, che i vecchi concetti di sicurezza non avevano previsto. Soprattutto Chernobyl ha portato a una rivoluzione nella filosofia di progettazione, con il prendere atto che una centrale nucleare potrebbe essere gestita da inetti e incompetenti, o peggio da gente, come ipotetici terroristi, intenzionati a provocare un disastro. Gli odierni concetti di sicurezza, quali quelli che caratterizzano gli impianti di terza generazione che verranno realizzati in Italia, prendono in considerazione anche queste eventualità. E mettono in atto le adeguate misure perché la fusione del nocciolo, il più grave incidente che si possa ipotizzare, non si verifichi neppure in caso di intenzionale attentato”.

Giorgio Prinzi Cirn, Comitato italiano per il rilancio del nucleare

“Contro il nucleare è stata scatenata un’isterìa di massa” Ecco infine il parere dell’ingegner Giorgio Prinzi, Segretario nazionale del Cirn, il Comitato per il rilancio dell’energia nucleare in Italia, ovviamente favorevole a un ritorno all’atomo. I n g e g n e r P r i n z i , p u ò r i a s s u m e r c i l a p o s iz i o n e C i r n s u l n u c l e a r e ? Q u a l i s o n o i p r i ncipali motivi che stanno alla base del vostro sostegno? “Il nostro acronimo significa Comitato italiano per il rilancio del nucleare. Dunque, la nostra azione è consequenziale, nel senso che stiamo facendo ogni sforzo possibile per la ripartenza in Italia dell’opzione. Cercherò di rispondere alla seconda parte della vostra domanda con un esempio in grado di rendere brutalmente l’idea della questione energetica: un uomo sotto sforzo prolungato eroga alla potenza di un decimo di cavallo (CV) pari a poco meno di 75 W (watt), la potenza richiesta per il funzionamento di una vecchia lampadina a incandescenza di taglia media. Il funzionamento di un moderno ferro da stiro (1.000 W) richiede una potenza pari a quella di una quindicina di ‘schiavetti’ virtuali equivalenti. Questa è la dimensione energetica del nostro vivere quotidiano, che solo il nucleare, una fonte d’energia estremamente condensata e dal costo unitario economico, può soddisfare”.

Che genere di contaminazione può derivare dalla presenza di una centrale nucleare in un luogo? “Se una persona passasse un anno intero appesa come un quadro all’esterno del contenimento di una centrale nucleare, riceverebbe una dose simile a quella di una seduta di due ore di fronte allo schermo di un tradizionale televisore a colori, appena un decimo di quella di una ‘istantanea’ radiografia al torace, Siccome l’intensità delle radiazioni decresce secondo il quadrato della distanza e gli effetti dipendono dalla brevità temporale della dose, l’impatto di una centrale sul territorio è, di fatto, nullo”. Dunque, lei ritiene che, oggi, un impianto nucleare sia molto più sicuro rispetto ai tempi di Chernobyl? “Oggi, il concetto di sicurezza include anche la neutralizzazione di intenzionali atti volti a provocare danni, il più grave dei quali è la fusione del nocciolo. Rispetto a prima di Chernobyl è un approccio rivoluzionario. Inoltre, l’incidente di Chernobyl richiede alcune puntualizzazioni: si trattava di un reattore finalizzato e ottimizzato alla produzione di plutonio per fare le bombe atomiche. E alle esigenze belliche erano state sacrificate le più elementari misure di sicurezza, quali appunto quella di racchiuderlo in un robusto edificio di contenimento. Per evitare che gli ordigni scoppino tra le mani di chi li confeziona il plutonio

Il problema della sicurezza è quello che mette maggior paura quando si parla di n u c l e a r e : q u a l i s o n o i r e a l i p e r i c o l i e s i s t e nti che possa verificarsi un incidente? “Non credo che per incidente si intenda lo scivolone di un tecnico sul pavimento insaponato o l’urto contro uno sportello di pensile aperto, come a volte capita a noi in cucina. Eppure, stando alle statistiche, è la casa uno dei luoghi a rischio maggiore. Penso invece che per incidente voi intendiate un grave danneggiamento del reattore, con il caso limite della fusione totale del nocciolo. Il rischio probabilistico di eventi gravi è sempre stato estremamente basso, di fatto inesistente secondo le categorie comuni. Brown’s Ferry (Alabama, 22

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transitorio d’avvio che, in quelle macchine, deve seguire rigide procedure. Altri fattori di pericolosità erano stati introdotti associando alla produzione di plutonio la produzione di energia elettrica, innalzando la temperatura di esercizio, sempre con finalità militari, a valori prossimi a quelli della reazione acqua-carbone, che produce, tra l’altro, idrogeno gas infiammabile in maniera esplosiva. In occidente, in realtà, solo negli Stati Uniti (come nel blocco contrapposto solo nell’ex Urss) queste macchine, che erano state realizzate per costruire la bomba sganciata su Nagasaki, vennero, proprio per la loro intrinseca pericolosità, smantellate nel corso degli anni ’50 del secolo scorso. L’Unione Sovietica ne carpì i segreti con lo spionaggio e le perfezionò in misura tale da porre in esse un’incauta fiducia. In realtà, il ‘mostro’ si oppose strenuamente alle temerarie azioni di chi, nell’ambito di una esercitazione militare che presupponeva il rilancio della produzione di energia elettrica azzerato (black out) a seguito di un massiccio bombardamento della Nato (non era stato ancora abbattuto il Muro di Berlino) sfruttando l’inerzia della turbina di generazione, tanto che fu necessario disinserire tutti i sistemi di sicurezza, comprese il numero minimo di barre di controllo da tenere comunque inserite, che continuavano a impedire l’operazione. Poi, all’improvviso, l’irreparabile: il surriscaldamento provocò la rottura dei tubi. E le deformazioni impedirono il reinserimento delle barre. L’acqua reagì con la grafite e formò miscele esplosive, saltò il ‘coperchio’ e la macchina per la sostituzione delle barre collassò sul reattore. La stessa grafite prese fuoco e, scoperchiato il labile tetto a capriata, trascinò in quota, per ‘effetto-camino’, un nugolo di particelle radioattive. Questo, in estrema sintesi: spero di esser stato esauriente”.

‘military grade’ (con requisiti militari) deve essere estratto da combustibile irradiato per meno di quindici giorni. Per non dover fermare di continuo l’impianto, gli scienziati russi avevano perciò parcellizzato il reattore e lo avevano dotato di una macchina in grado di sostituire le barre di combustibile a reattore acceso. L’inconveniente era stato l’elevazione dell’edificio, che risultava alto una settantina di metri: una trentina di metri il reattore, altrettanti o poco più la macchina estrattrice, più gli spazi di manovra. Realizzare il contenimento risultava molto oneroso. Pertanto, si optò per una copertura in carpenteria metallica, simile a quella dei capannoni da noi usati per il ricovero di macchine agricole. Si trattava di un impianto militare, quindi tutto e sempre – questa era la convinzione – sarebbe andato alla perfezione: figuriamoci l’incidente grave. Altro aspetto di rischio era che quella macchina usava l’acqua solo come fluido di raffreddamento, mentre rallentava (altrimenti non avviene la fissione) i neutroni (i proiettili che frantumano l’uranio fissile) con la grafite (carbone). Nei normali reattori commerciali, anche in quelli di tipo civile in esercizio nell’allora Unione Sovietica, l’acqua ha una funzione di moderatore (rallentatore) e di refrigerante. Se l’acqua tende a scaldarsi, diminuisce di densità, quindi modera un minor numero di neutroni e, di conseguenza, produce meno reazioni di fissioni, generando meno calore. Un funzionamento anomalo dovuto a un incremento delle reazioni di fissione tende a contrastarsi e annullarsi per legge fisica. Al contrario, se l’acqua è solo refrigerante scaldando e diminuendo di densità, quindi di conseguenza schermando un minor numero di neutroni, le reazioni di fissione e la conseguente produzione di calore tendono a incrementarsi con effetto a spirale. Il fenomeno è estremamente pericoloso nel

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DOSSIER Cosa ne pensa della sperimentazione in atto presso i laboratori dell’Enea di Frascati per la produzione di un tipo di energia nucleare derivante da un processo di fusione, invece che di fissione, tra atomi? Lei non crede che sarebbe in grado di dare luogo a un nucleare pulito, privo di scorie: qual è la sua posizione in merito? “Quando ero uno studente, si diceva che dopo trent’anni avremmo avuto la fusione nucleare controllata. Sarà effetto dell’inflazione, ma oggi che quei trent’anni sono trascorsi si dice che verrà realizzata tra cinquanta. Il problema, allo stato irresolubile, non è realizzare la reazione di fissione, cosa ottenuta ‘industrialmente’ in campo militare con la bomba termonucleare e sperimentalmente in campo civile, ma quella di trovare un contenitore in cui ‘confinarla’, per poterla controllare e utilizzare. Si tratta di realizzare un ‘sole in miniatura’, metterlo ‘in bottiglia’ e, con esso, produrre acqua calda (vapore surriscaldato) da far poi evolvere in turbina per l’elettrogenerazione. Il sole emette una ‘panoplia’ di radiazioni mortali: l’energia da fissione è pulita solo perché ancora non esiste. Il proble-

ma delle scorie, invece, è un ‘falso problema’. Ad avere lunghissimi tempi di dimezzamento sono solo alcuni elementi, tra cui il plutonio. Già il semplice riciclo del combustibile e l’utilizzo di questi elementi come combustile in reattori a neutroni veloci, consentirebbe di contrarre il problema, peraltro di scarso impatto rispetto alle enormi quantità di plutonio derivante dal continuo riconfezionamento delle testate nucleari, in quanto, per trasmutazione neutronica, il plutonio ‘military grade’ tende a ‘denaturarsi’, con il rischio di brillamento spontaneo. Gli enormi stoccaggi esistenti nei depositi militari consentirebbero l’alimentazione, per più secoli, di un numero in forte espansione di reattori nucleari per elettrogenerazione alimentati a plutonio o a ossidi misti uranio-plutonio. Comunque, sia pure solo in campo militare, per ora verrebbero utilizzate tecnologie in grado di trasmutare gli elementi attraverso irraggiamento, con fasci accelerati di particelle. Gli Stati Uniti non hanno più, sin dagli anni ’50 del secolo scorso, reattori convertitori tipo Chernobyl per produrre il plutonio necessario al mantenimento dei loro arsenali militari. E si ritiene che utilizzino questo tipo di

Fareambiente

all’Italia occorre il mix energetico

Nucleare? Certo, perché le rinnovabili non bastano. È il no che non ti aspetteresti (un no che per come è posta la domanda significa sì) quello di Vincenzo Pepe, presidente di Fare ambiente. Un movimento ambientalista che promuove un’ecologia meno ideologizzata e maggiormente incentrata su soluzioni reali basate anche sulla sostenibilità del rischio. “Il nostro è un movimento di rilevanza nazionale, con oltre 100mila iscritti, riconosciuto dal Ministero dell’Ambiente. Europeo, perché noi riteniamo che l’ambientalismo è un concetto che dovrebbe essere realizzato in maniera meno provinciale di quanto avviene attualmente, seguendo una logica più matura e responsabile. Fino ad oggi, in Italia, noi siamo stati abituati ad un ambientalismo un po’fondamentalista, fortemente ideologizzato, poco realista e scarsamente teso allo sviluppo sostenibile”. Tutto ciò, sotto il punto di vista della scelta nucleare cosa comporta?“Noi abbiamo fatto una scelta favorevole al nucleare, pur mettendo la sicurezza al primo posto. Riteniamo futile la discussione se l’Italia deve optare per il nucleare o meno perché alcune delle centrali svizzere o francesi sono anche nostre. Innanzitutto perché noi acquistiamo energia da queste centrali e soprattutto perché l’ambiente non ha confini amministrativi pertanto tutti i problemi che possono generare quelle centrali sono anche problemi nostri. È piuttosto demagogico sostenere di essere contrari e poi andare ad acquistare nel ‘giardino del vicino’(e stiamo parlando del 15-20% del nostro fabbisogno nazionale). Il problema è piuttosto quello della sicurezza. Tutte le attività comportano un rischio, anche lo sviluppo. La questione è piuttosto la sostenibilità di questo rischio. Quindi come movimento ambientalista ci poniamo la questione “Qual è il rischio minore per una buona qualità della vita?”. E per quanto riguarda le scorie? “Gli stoccaggi sono necessari per tutti i tipi di rifiuti. In tal senso essere contrari alla costruzione di impianti è un controsenso. Continuare a opporsi ai termovalorizzatori e non voler ragionare su quelle che oggi sono le migliori soluzioni disponibili può continuare a creare dei danni molto più consistenti quali le discariche abusive”. Il fulcro della questione, quindi, resta sempre quello della scelta responsabile?“Certo. È troppo semplicistico pensare “fermate il mondo, voglio scendere”. Lo sviluppo è un’altra cosa. In particolare per il nucleare, riteniamo che l’emotività non è una ‘buona consigliera’. Certo, il referendum offre l’occasione di un momento di confronto sui diversi pareri. E data la complessità della questione, sarebbe stato opportuno spostare la questione di un anno affinché la riflessione potesse essere compiuta. Certo quando diciamo sì al nucleare è perché auspichiamo a un mix energetico. Perché quando si parla di eolico in Italia produciamo a stento un 1% del fabbisogno nazionale e ancora meno con il fotovoltaico. Quindi non possiamo sicuramente risolvere la questione energetica esclusivamente attraverso le fonti rinnovabili”. F.B.

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ai competenti in questioni ‘estetiche’ giudicare i concetti di bello e di brutto. Comunque, a me personalmente, con un giudizio estetico da incompetente, lo ripeto, sembrano un modo estremamente costoso per deturpare il paesaggio”.

tecnologie. In campo civile, attraverso un reattore subcritico innescato da un acceleratore, i francesi hanno già chiuso il ciclo ottenendo, per le scorie, un prodotto finale che decade entro trecento anni. Un ‘progetto pilota’ giapponese, avviato a giugno dell’anno scorso, si propone di ridurre questo tempo a quarant’anni. Tuttavia, io non credo si arrivi in tempi rapidi alla diffusione commerciale di tali tecnologie, perché le cosiddette scorie contengono elementi di probabile interesse militare, di cui si intuisce l’utilizzo in ordigni che producono effetti difficili da spiegare, probabilmente ottenuti con ‘eccitazione quantistica’ di particolari elementi a seguito di una detonazione convenzionale. Non è un caso che le potenze ufficialmente nucleari in campo militare, o ritenute in grado di esserlo, quali per esempio lo stesso Giappone, facciano incetta di queste ‘scorie’, che in Paesi come l’Italia scatenano un’isteria di massa…”.

Quale ritiene essere la migliore fonte di energia alternativa? “Alternativa a cosa? Se intendete agli idrocarburi e al carbone, soprattutto con finalità di elettrogenerazione, le tecnologie nucleari, con la loro evoluzione attraverso i reattori veloci autofertilizzanti, possono garantire una sufficienza energetica di un paio di decine di migliaia di anni e, attraverso l’adozione della tecnologia del torio, un’autosufficienza che nella dimensione umana può venire definita infinita. Se, invece, vi riferite alle cosiddette fonti rinnovabili, è industrialmente ed economicamente valida l’energia idraulica, peraltro abbondantemente sfruttata nel nostro Paese. I rischi connessi? Non dimentichiamo il disastro del Vajont e i suoi quasi 2 mila morti non per crollo della diga, ma per tracimazione dell’invaso. Chernobyl non ha ‘tracimato’: il reattore è andato completamente distrutto. I morti diretti sono stati cinquanta, mentre quelli indiretti, a causa delle affezioni tumorali provocate, altri quindici. Ora che si torna a parlare di rilancio del nucleare e le strumentalizzazioni dell’incidente divengono controproducenti, l’area del disastro è stata aperta al normale turismo. Nessuna meraviglia, in quanto l’area, sino a ieri interdetta, è caratterizzata da una radiazione media di fondo di 500 millirem l’anno, contro i 700-800 millirem annuali di piazza San Pietro a Roma, da sempre meta turistica, i mille millirem anno della stazione centrale di New York, costruita con granito uranifero quando ancora non si conosceva il fenomeno della radioattività, gli oltre 4.800 millirem all’anno delle catacombe di Priscilla, dove i turisti vanno in calzoncini e ‘canotta’. Non parliamo poi del contenuto radiatico di certe acque minerali e di rinomate stazioni termali. Se a noi stessi venissero applicate le normative vigenti in campo di scorie nucleari risulteremmo avere una radioattività pari a una volta e mezza a quella che porta a classificare come rifiuti radioattivi i residui solidi di centrale. Sembra assurdo, ma un gruppo di manifestanti che protesta contro un sito nucleare scambia tra loro, a causa dell’assembramento, un flusso radiatico superiore a quello che riceverebbero nell’arco di una vita in quanto residenti nei pressi del sito”. A.P.T.

In tema di energie alternative, cosa pensa del sistema eolico? “Si tratta di una pia e fideistica illusione, che ha messo in piedi perversi meccanismi di regalìe pubbliche finanziate da noi cittadini e utenti con fatturazione in bolletta, mandando in visibilio comitati d’affari e associazioni di tipo mafioso, come alcuni casi giudiziari di attualità evidenziano. Al riguardo, abbiamo cominciato a realizzare degli artigianali audiovisivi, consultabili e scaricabili in rete utilizzando Explorer, dalla pagina web http://www.giorgioprinzi.it/nucleare/audiovisivifonti/energia.htm. I primi due formati ‘wmv’ sono accessibili anche da YouTube, digitando insieme le parole Cirn ed energia”. Lei è tra quegli oppositori dell’eolico che lo considerano deturpante del paesaggio oltre c h e i n s u f f i c i e n t e , a o g g i , a p r o d u r r e q u a ntitativi di energia degni di nota? “Diciamo che il sistema delle ‘pale’, dal punto di vista tecnico, è un’emerita ‘bufala’. Questi ‘eolomostri’, anche nei siti nazionali più ventosi vanno a regime solo per una decina di ore l’anno: una gigantesca girante di un centinaio di metri di diametro accreditata di una potenza di targa di 2 mila chilowatt per venti superiori agli 11-12 metri al secondo, con venti dell’ordine dei 3 metri al secondo con cui ‘ingrana’, che alla fine eroga appena 21 chilowatt di potenza. Il video-documento che spiega la questione è visionabile anche da YouTube. In quanto ‘tecnici’ della materia, siamo competenti a giudicare solo gli aspetti tecnici. Dunque, lasciamo

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Compact edizioni divisione di QB Quanto Basta - Via Bronzino 14 - 20132 Milano - Redazione Roma: Via Pieve di Cadore 25 - Tel.340 4784739. Dossier pubblicato dalla testata Periodico italiano magazine diretta da Vittorio Lussana. www.periodicoitalianomagazine.it


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