Mensile Valori n.81 2010

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Anno 10 numero 81. Luglio / Agosto 2010. € 4,00

valori ALEX MAJOLI / MAGNUM PHOTOS

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Fotoreportage > Medicine

Dossier > Creare malati per vendere più medicine. La strategia di Big Pharma

Pillole d’oro Finanza > Settore immobiliare a rischio bolla. Trema il mondo del credito Economia solidale > Centrali nucleari: un affare soprattutto per le banche Internazionale > Chicago Boys, il Sudamerica laboratorio della crisi odierna Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R.


| editoriale |

Spesa farmaceutica

Il circolo vizioso di Silvio Garattini

L’

L’AUTORE Silvio Garattini

È nato a Bergamo nel 1928. Dottore in Medicina, docente in Chemioterapia e Farmacologia, fondatore nel 1963 e direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”, che oggi ha quattro sedi - Milano, Bergamo, Ranica (Bergamo), S. Maria Imbaro (Chieti) con oltre 950 dipendenti. Autore di molte centinaia di lavori scientifici pubblicati in riviste nazionali ed internazionali e di numerosi volumi nel campo della farmacologia. Fondatore della European Organization for Research on Treatment of Cancer.

AGENZIA ITALIANA DEL FARMACO (AIFA) ha reso nota la spesa farmaceutica dei primi nove mesi del 2009. Questi dati, insieme a quelli già noti, indicano che in Italia il Servizio Sanitario Nazionale spende ogni giorno circa 42 milioni di euro, a cui si aggiungono i 17 spesi dai cittadini italiani di tasca propria. La spesa per il farmaco nei primi nove mesi del 2009, rispetto allo stesso periodo del 2008, è aumentata dell’1,4%. Altre fonti indicano un aumento molto significativo della spesa farmaceutica ospedaliera dove dominano i farmaci antitumorali con alti prezzi a cui non corrispondono purtroppo adeguati risultati. In complesso, la situazione italiana non è diversa da quella dei principali Paesi europei, salvo per alcuni gruppi di farmaci come ad esempio gli antibiotici e gli antidepressivi. Preoccupa molto la diversità dei consumi fra le varie regioni italiane. Se si considerano le principali regioni del Nord nel 2008, la spesa farmaceutica territoriale pro-capite è stata di 185 euro, mentre al Sud risulta essere di circa 240 euro: una differenza molto difficile da spiegare perché la spesa è già stata pesata per l’eventuale differente età degli abitanti e perché non si può ritenere che la popolazione del Sud abbia più malattie di quella del Nord. La realtà è che sono relativamente poche le prescrizioni farmaceutiche che hanno una loro razionalità e che tengono conto degli effettivi benefici rispetto ai rischi che accompagnano sempre l’impiego dei farmaci: in molti casi i farmaci vengono somministrati senza reali ragioni. Basti pensare all’impiego degli antibiotici nelle malattie da virus, all’abuso dei cosiddetti gastro-protettori, all’impiego di antidepressivi per contrastare eventi negativi della vita, all’abbondanza delle prescrizioni degli ansiolitici (126 confezioni all’anno per ogni cento abitanti) e così via. Un’altra frazione importante delle prescrizioni riguarda in generale malattie che potrebbero essere evitate attraverso “buone abitudini di vita”. Quanti sono i consumi di farmaci per i fumatori? Basti pensare ai farmaci antitumorali, ai prodotti cardiovascolari e polmonari, somministrazioni che potrebbero essere risparmiate se i 12 milioni di italiani che fumano interrompessero questa “cattiva abitudine di vita”. L’aumento di peso è un altro fattore consumistico per i farmaci. Si ricorda in questo senso l’aumento di diabete dell’adulto causato dal soprappeso con conseguente impiego di farmaci antidiabetici e cardiovascolari. Per non parlare di tutti i farmaci inutili ancora in circolazione: integratori alimentari, epatoprotettori, vasodilatatori, immunomodulatori, dimagranti, farmaci per la memoria, prodotti antivecchiaia, antiossidanti e così via. Il problema è che tutta l’informazione sui farmaci è di parte industriale, mentre è scarsissima l’informazione “indipendente”. Oltre 20 mila informatori farmaceutici stimolano le prescrizioni attraverso incontri con i medici, i mass-media vivono della pubblicità diretta od occulta pagata dall’industria farmaceutica. Una nuova tecnica per aumentare le vendite dei farmaci è quella di abbassare surrettiziamente e in modo strisciante i valori di normalità: se i livelli di colesterolo, della pressione arteriosa, della glicemia o della densità ossea diminuiscono, non ci saranno più soggetti sani e perciò le prescrizioni non potranno che aumentare. I cosiddetti opinion-leader clinici sono spesso al servizio dell’industria mentre poco si fa per diffondere spirito critico attraverso informazioni obiettive. Purtroppo non sarà facile cambiare il sistema perché più si vende e meglio è, non solo per le industrie, ma anche per le ditte pubblicitarie, i mass-media, le farmacie e, indirettamente, anche per i medici. Forse è necessaria una riflessione per fare in modo che il farmaco sia finalizzato solo alle necessità del paziente.

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ANNO 10 N.81

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valori luglio/agosto 2010 mensile

anno 10 numero 81 Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005 editore

Società Cooperativa Editoriale Etica Via Copernico, 1 - 20125 Milano promossa da Banca Etica soci

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Macao, l’interno di un’antica farmacia. La maggior parte dei farmaci della medicina tradizionale cinese sono realizzati con materie prime vegetali. Esistono circa cinquemila sostanze medicinali.

Cina, 2006

globalvision

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fotoreportage. Medicine

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consiglio di amministrazione

Paolo Bellentani, Antonio Cossu, Donato Dall’Ava, Giuseppe Di Francesco, Marco Piccolo, Fabio Silva, Sergio Slavazza direzione generale

Giancarlo Roncaglioni (roncaglioni@valori.it)

La borsa non è un

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collegio dei sindaci

Giuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzone direttore editoriale

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Andrea Di Stefano (distefano@valori.it) Elisabetta Tramonto (tramonto@valori.it)

finanzaetica

Via Copernico, 1 - 20125 Milano Paola Baiocchi, Andrea Baranes, Andrea Barolini, Francesco Carcano, Matteo Cavallito, Corrado Fontana, Emanuele Isonio, Michele Mancino, Mauro Meggiolaro, Andrea Montella, Jason Nardi

Immobiliare a rischio bolla. E le banche tremano Il futuro di Banca Etica: parola al neopresidente Bilancisti: cambiare stile di vita spinge all’impegno pubblico

28 30 32 35

taglieterrore

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Abbas, David Alan Harvey, Alex Majoli (Magnum Photos), Matteo De Mayda

economiasolidale

stampa

Le banche scommettono sul business radioattivo Economia e ambiente: nucleare sotto processo Euclides Mance, il filosofo dell’economia solidale In rete per costruire le istituzioni

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lavanderia

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internazionale America Latina, qualcuno volò sul nido del condor Guillermo Soto: ingiustizia cilena, “miscele” argentine Africa: lo sviluppo si scarica dal web La crisi colpisce i Paesi più poveri. Coopi: “Io non me ne frego”

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utopieconcrete

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altrevoci

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indiceverde

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bancor

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progetto grafico e impaginazione

Francesco Camagna, Simona Corvaia (info@mokadesign.org) fotografie

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Etica Sgr è una società di gestione del risparmio che promuove esclusivamente investimenti finanziari in titoli di imprese e di Stati selezionati in base a criteri sociali e ambientali. L’investimento responsabile non comporta rinunce in termini di rendimento. È un investimento “paziente”, non ha carattere speculativo e quindi ben si coniuga con la filosofia di guadagno nel medio-lungo termine comune a tutti gli altri fondi di investimento. Parliamo di etica, contiamo i risultati. I fondi Valori Responsabili si possono sottoscrivere presso tutte le filiali e i promotori di Banca Popolare Etica, Banca Popolare di Milano, Banca Popolare di Sondrio, Banca di Legnano, Simgest/Coop, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Casse Rurali Trentine, Banca Popolare dell’Alto Adige, Banca della Campania, Eurobanca del Trentino, Banca Popolare di Marostica, Eticredito, Cassa di Risparmio di Alessandria, Banca di Piacenza, Online Sim e presso alcune Banche di Credito Cooperativo. Per maggiori informazioni clicca su www.eticasgr.it o chiama lo 02.67071422. Etica Sgr è una società del Gruppo Banca Popolare Etica. Prima dell’adesione leggere il prospetto informativo. I prospetti informativi sono disponibili presso i collocatori e sul sito www.eticasgr.it

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MILANO FINANZA

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Diversificare e allarmare: Big Pharma cerca nuove vie per il profitto La ricerca della felicità... in pillole. Prescrizioni: +400% in nove anni Generici, tutta Europa li usa. In Italia trionfa la disinformazione L’amara favola dei nuovi antitumorali Regali, viaggi e formazione made in lobby: In Italia (e nel mondo) c’è chi dice no Paesi poveri alla mercè dei piazzisti del farmaco

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Fondi etici: l’investimento responsabile

dossier. Pillole d’oro

Il Forest Stewardship Council (Fsc) garantisce tra l’altro che legno e derivati non provengano da foreste ad alto valore di conservazione, dal taglio illegale o a raso e da aree dove sono violati i diritti civili e le tradizioni locali.

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Deficit & ripresa Anno 10 numero 81. Luglio / Agosto 2010. € 4,00

valori

Perché la crisi non è finita

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Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

di Alberto Berrini Fotoreportage > Medicine

Dossier > Creare malati per vendere più medicine. La strategia di Big Pharma

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ULTIMO LIBRO DI NOURIEL ROUBINI, uno dei pochi economisti che nel 2006 aveva denunciato che erano mature

le condizioni dell’accadere di una grave crisi finanziaria, si intitola La crisi non è finita. Innanzitutto perché il processo di deleveraging, forse, è appena iniziato. Vale a dire quel processo di riduzione “dell’investimento a debito”, che ha portato a quell’enorme bolla finanziaria che abbiamo chiamato “crisi subprime”. Inoltre il debito non ha fatto che trasferirsi dalle istituzioni finanziarie agli Stati, sotto forma di incremento di debito pubblico, che, in rapporto al Pil, è passato mediamente a livello mondiale dal 70% al 120%. In primo luogo perché gli Stati si sono fatti carico del salvataggio delle banche. In secondo luogo perché il biennio di recessione 2008-2009 ha comportato una riduzione delle entrate fiscali e della crescita, la cui grandezza rende sostenibile l’indebitamento pubblico. A questo punto gli Stati europei, finiti nell’occhio del ciclone della speculazione finanziaria, stanno perseguendo una pericolosa politica di risanamento (quelli che Krugman chiama “i falchi del disavanzo”) tagliando la spesa pubblica e/o aumentando le tasse. “Pericolosa” perché in questo modo si rischia di stroncare sul nascere quel poco di ripresa che ha caratterizzato il primo semestre 2010. L’alternativa è emettere molti titoli di Stato, un altro modo di stampare moneta, con il rischio di dar luogo a importanti fenomeni inflazionistici. Ciò ridurrebbe il valore “reale” dei debiti pubblici, ma implicherebbe anche una diminuzione del potere d’acquisto I debiti dei privati sono dei salari con evidenti gravi conseguenze sociali oltre che economiche. stati trasferiti agli Stati. È evidente allora che un riequilibrio dei conti pubblici che salvaguardi Il rischio ora è di affossare le prospettive di crescita delle economie è un sentiero assai stretto. il recupero economico Si tratta, infatti, di trovare un trade off equilibrato tra sviluppo proprio nel tentativo e risanamento. Questo può essere più facilmente perseguito prevedendo di contenere i deficit un aggiustamento valutario, ossia una controllata svalutazione dell’euro (che, non dimentichiamolo, nel 2002 era 0,82 contro dollaro), che dia fiato alle economie europee, ora invece costrette nella morsa del solo aggiustamento fiscale. L’Eurozona ha dunque di fronte a sé un sentiero difficile anche se non impossibile da percorrere, ma a una condizione: mettere sotto controllo i mercati finanziari che, come già stanno facendo, perseguendo i loro obiettivi speculativi, finiscono per porre ostacoli, se non vere e proprie trappole, sul cammino del risanamento. Dopo solo pochi mesi dal suo insediamento il Presidente Roosvelt aveva posto alla base del suo New Deal un’importante regolamentazione dei mercati finanziari. Oggi, a distanza di ormai tre anni dallo scoppio della crisi subprime (la cui data ufficiale di nascita risale al 9 agosto 2007), come dimostra in proposito l’esito assai deludente dell’ultimo G20 svoltosi in Corea del Sud, non siamo riusciti a produrre se non qualche parziale ed isolato provvedimento di riforma dell’operare dei mercati finanziari. Qual è il prezzo sociale ed economico che dovremo ancora pagare per mettere sotto controllo un sistema finanziario che rischia ogni giorno di implodere a causa delle sue stesse speculazioni, ma in grado di trascinare con sé l’intera economia mondiale?

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| fotoreportage |

> Medicine foto di Alex Majoli / Magnum Photos

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arne cruda dei bovini piemontesi, pollo Tonchese allevato liberamente sulle colline del Monferrato, robiola di Roccaverano, latte fresco appena munto, formaggi, insaccati e verdure Dop e prodotti agricoli tradizionali delle colline astigiane, pasta trafilata al bronzo, flan di cavolfiori con la bagna cauda. Non siamo al La Pergola di Roma, né al ristorante Caruso del Grand Hotel de Milan. Non c’entrano Heinz Beck né altri chef “Tre stelle” Michelin. Non serve nemmeno la prenotazione. Basta solo aver bisogno di cure mediche ed essere costretti al ricovero. Per chi è ormai assuefatto all’idea che nei nostri ospedali si mangino solo coscette di pollo insipide, patate lesse e riso scotto in brodo vegetale, potrà sembrare fantascienza. Non per i pazienti del Cardinal Massaia di Asti. Mi raccomando, non ditelo alle “povere” case farmaceutiche, ma i medici, i dietologi e i dirigenti del nosocomio hanno fatto una scelta controcorrente: piuttosto che imbottire i malati di pillole e flebo, molto meglio coccolarli con i migliori prodotti della ristorazione biologica italiana. Racconta il direttore generale dell’istituto, Luigi Robino: «Abbiamo notato che nei primi giorni di degenza, i pazienti mangiavano poco perché il cibo non era buono. Ciò peggiorava le loro condizioni fisiche in un momento già di per sé difficile e allungava i tempi di degenza. La gente stava peggio, rimaneva più tempo in ospedale e, quindi, costava di più. La cucina deve invece essere al top, avere buon gusto e ottime caratteristiche energetiche per rispondere alle esigenze cliniche». Appurato questo, il resto è una strada in discesa. Un accordo tra la Asl locale, la Coldiretti e Slow Food ha reso possibile il salto di qualità che ha fatto del Cardinal Massaia la punta di diamante della ristorazione biologica applicata ai centri di cura. Un modello, oggetto di studio da parte di altri ospedali. 1.500 pasti al giorno, tutti piatti tipici, realizzati con prodotti freschi e a chilometro zero. «Il lavoro è stato molto faticoso», prosegue Robino. «Sono stati completamente rivisti i bandi per l’acquisto dei prodotti: non ci siamo più basati sul risparmio economico, ma sulla qualità intrinseca degli alimenti». Un pensiero lungo, non il desiderio di sprecar soldi con accortezze incompatibili per le poco pingui casse della sanità pubblica. Solo ragionando, ottusamente, sul costo del singolo pasto, la spesa aumenta: un euro in più di quelli preparati con i surgelati. Ma i medici e i dirigenti sanitari sanno bene che un giorno di degenza costa all’ospedale 500 euro. «Ogni volta che riusciamo a dimettere un paziente un giorno prima, quell’euro in più lo riguadagnamo 500 volte». Agricoltura di qualità e buon senso battono i medicinali su tutta la linea. Per fortuna, almeno ad Asti, la matematica non è un’opinione. Emanuele Isonio ANNO 10 N.81

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Nel Paese del boom di spesa per farmaci, esistono esempi virtuosi di medici e strutture sanitarie che a pillole, flebo, iniezioni e lunghe degenze preferiscono carni sceltissime, verdure e latte biologici, pasta trafilata al bronzo. L’esperimento del Cardinal Massaia di Asti ha provato che mangiar bene fa stare meglio i pazienti e fa risparmiare la sanità pubblica.

L’AUTORE Alex Majoli, nato a Ravenna nel 1971, attualmente vive e lavora tra New York e Milano. A soli 15 anni inizia a lavorare per lo Studio F45 di Ravenna, a fianco di Daniele Casadio. Durante gli studi all’Accademia di Belle Arti di Ravenna, entra a far parte dell’agenzia Grazia Neri e si reca nella ex-Jugoslavia per documentare il conflitto. Nel 1994 Majoli compie

un intenso reportage sulla chiusura del manicomio dell’isola greca di Leros, un progetto che ispirerà anche la sua prima monografia: Leros. Nel 1995 soggiorna per alcuni mesi in Sudamerica, fotografando soggetti di vario genere per un progetto personale in progress: “Requiem in Samba”. Nel 1998 mette mano al progetto “Hotel Marinum”, sulla vita delle città portuali del mondo, un lavoro che andrà a confluire in un evento

Johannesburg, a far da contrasto a un mondo ricco che ormai usa i medicinali con la stessa leggerezza e noncuranza con cui si beve un succo di frutta, ci pensano i Paesi in via di sviluppo. In cui l’unico rimedio possibile, per molte decine di migliaia di persone, è far ricorso ai poteri terapeutici dei guaritori locali. E i Mondiali non hanno cambiato la situazione.

teatrale multimediale. Lo stesso anno inizia a girare una serie di cortometraggi e di documentari. Membro permanente della Magnum Photos dal 2001, Majoli ha documentato la caduta del regime talebano in Afghanistan e, due anni più tardi, l’invasione dell’Iraq. Continua a documentare i vari conflitti che scuotono il mondo per Newsweek, The New York Times Magazine, Granta e National Geographic.

Sud Africa, 2006

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Sopra, Istanbul, interno di due farmacie della città, una nella parte asiatica della città, una nel lato europeo. Nella foto grande, una farmacia di Johannesburg. Il Sudafrica è ancora oggi il Paese con il più alto numero di sieropositivi al mondo in rapporto al numero di abitanti: circa 6 milioni su una popolazione di 50 milioni di persone. Si stima che quasi il 20% dei Sudafricani sia sieropositivo. Ma, oltre un milione di persone non ha accesso alle cure antiretrovirali. Le case farmaceutiche, nonostante tutto, continuano a mantenere elevati i prezzi dei farmaci e rifiutano le pressioni delle Ong che chiedono di mettere a disposizione i brevetti dei loro farmaci, per agevolare la produzione di versioni generiche delle medicine a costi ridotti.

Turchia / Sud Africa, 2006

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Asti. Ospedale Cardinal Massaia. Nelle cucine del nosocomio, si preparano da ormai due anni prodotti solo con ingredienti freschi, a chilometri zero e biologici. Nella convinzione - suffragata dai fatti - che una migliore alimentazione riduca i tempi di guarigione e convenga anche alle casse pubbliche.

Italia, 2008

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| fotoreportage |

Sopra, dall’alto, un ambulatorio tradizionale cinese di Macao e una farmacia tradizionale di una township di Johannesburg. Nella foto grande, una farmacia nella metropolitana di Mosca. Nonostante una storia millenaria alle spalle, la medicina tradizionale cinese sta perdendo quota a vantaggio dei farmaci “occidentali”. Secondo i dati di IMS Health, entro un anno, la Cina sarà il terzo mercato per Big Pharma, subito dietro Stati Uniti e Giappone. Francia e Germania saranno scalzate. La conquista della vetta della classifica è prevista per il 2027. Nel frattempo, entro il 2013, in Cina il mercato dei farmaci crescerà di oltre 40 miliardi di dollari.

Cina / Sud Africa / Russia, 2006

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dossier

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a cura di Andrea Barolini, Emanuele Isonio, Federico Simonelli

Diversificare e allarmare: le nuove vie di Big Pharma >18 La ricerca della felicità... in pillole >20 Generici, in Italia trionfa la disinformazione >22 L’amara favola dei nuovi antitumorali >24 Regali e formazione pagata dall’industria. C’è chi dice no >25 Paesi poveri alla mercè dei piazzisti del farmaco >26

Istanbul, l’interno di una farmacia tradizionale.

Turchia, 2006

Medicinali & profitti

Per qualche pillola in piu

Le lobby sono sempre più potenti e ramificate, le agenzie pubbliche sempre meno indipendenti. La spesa farmaceutica continua a crescere, ma il consumo è spesso frutto di scelte irrazionali

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a riforma sanitaria degli Stati Uniti e la crisi economica mondiale sono questioni secondarie. Potrà sembrare strano, ma per i colossi dell’industria farma-

ceutica i problemi sono altri. In cima ai pensieri di Andrew Witty - amministratore delegato di GlaxoSmithKline - non ci sono infatti né Barack Obama, né la Grecia indebitata. A far tremare i vertici di “Big Pharma” sono le lancette degli orologi. Che avvicinano sempre più alla scadenza dei brevetti di alcuni tra i medicinali che hanno garantito gran parte dei profitti negli ultimi decenni. Fazzoletto alla mano, i giganti di tutti il mondo dovranno dire addio a numerose galline dalle uova d’oro: farmaci blockbuster, la cui produzione non sarà (in alcuni casi non è già) più esclusiva di un solo marchio. ALCUNI DEI PIÙ IMPORTANTI MEDICINALI CON IL BREVETTO IN SCADENZA NOME

CASA PRODUTTRICE

INDICAZIONI TERAPEUTICHE

Advair (o Seretide) Aprovel Aricept Avandia Clexane Cozaar Crestor Diovan Levaquin Lexapro (o Cypralex) Lipitor Plavix Seroquel Singulair Symbicort Zalatan Zometa Zyprexa

Glaxosmithkline Sanofi Aventis Pfizer Glaxosmithkline Sanofi Aventis Merck & Co. Astra Zeneca Novartis Johnson & Johnson’s Forest Laboratories Pfizer Bristol-Myers Squibb Astra Zeneca Merck & Co. Astra Zeneca Pfizer Novartis Eli Lilly & Co.

Anti asma Profil. trombosi venose profonde Cura dell’Alzheimer Anti diabete Antipertensivo Antipertensivo Anticolesterolo Antipertensivo Antibiotico Antidepressivo Anticolesterolo Anticoagulante Antipsicotico Anti asma Anti asma Glaucoma Prev. danni ossa in paz. oncologici Antischizofrenia

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SCADENZA BREVETTO

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2010 2011 2010 2012 2010 2010 2012 2012 2010 2012 2010 2011 2011 2012 2012 2011 2012 2011

Qualche esempio: a giugno sarà “liberato” l’antitrombotico Clexane, che nel solo 2008 è valso alla Sanofi-Aventis un fatturato di 45,66 milioni di euro; a ottobre sarà la volta del Nebilox, che per la GSK è equivalso a 15,37 milioni; a giugno del 2011 scadrà il brevetto del Levoxacin, prodotto anch’esso da GSK (44,06 milioni); a novembre del 2012, ancora, AstraZeneca non avrà più l’esclusiva sull’anticolesterolico Crestor e sui relativi 65,28 milioni. E così via (vedi TABELLA ), per un vero e proprio terremoto, annunciato da tempo, ma che non ha mancato di far sentire le proprie scosse. Rimedi? Dal momento che, come è noto, per Big Pharma contano esclusivamente i margini di profitto - come per tutte le altre aziende, nonostante in questo caso si tratti di farmaci, e quindi ne vada della salute dell’umanità intera - le possibili strade sono due: scoprire e lanciare sul mercato (del Nord del mondo) altri medicinali blockbuster, coprendo gli onerosi costi della ricerca. Oppure, ancora, diversificare i business, puntando soprattutto al resto del mondo. Analizzando le politiche adottate negli ultimi tempi dalle grandi compagnie, sembra chiaro che la strada maestra sia quest’ultima. E, dal momento che spesso l’ingresso delle multinazionali occidentali nel Terzo mondo ha signifi-

L’INFLUENZA “A” è uno dei più fulgidi esempi di quali conseguenze possa provocare una campagna allarmistica. Talmente fulgido da aver indotto pochi giorni fa il Consiglio d’Europa ad accusare formalmente l’Organizzazione Mondiale della Sanità e le autorità sanitarie nazionali e della Ue di aver distorto le priorità della salute pubblica, sprecando ingenti somme di denaro e creando allarmi ingiustificati fra i cittadini. Un’occhiata alla figura qui sotto fa capire quanto sia legittima tale accusa: il grafico mette in relazione i casi di influenza tra ottobre 2008 e novembre 2009. I due picchi si sono avuti nei mesi invernali (a gennaio e a novembre). E non c’è grossa differenza: 9 casi ogni 1000 abitanti a inizio 2009, 13 ogni 1000 l’inverno successivo. Il “pericolosissimo” morbo non ha quindi provocato alcuna onda anomala di malati. Gli allarmi però un risultato lo hanno senz’altro prodotto: la vendita di antivirali, che, durante il picco d’influenza 2008, segnava un valore inferiore a tre pezzi ogni 100 mila abitanti è cresciuta a partire da Aprile 2009 (quando l’Oms riceve notizia dei primi casi di influenza A in Messico e Stati Uniti), fino a toccare i 76 pezzi venduti di ottobre 2009 (+2500%). Ancor più sconcertante il dato relativo all’estate: i casi di influenza erano prossimi allo zero eppure le vendite di antivirali erano decuplicate rispetto ai mesi invernali. Potere della suggestione. Em. Is. INCIDENZA SINDROMI INFLUENZALI [CASI X 1.000 AB.]

09.11.09

26.10.09

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10 8 6

Molti importanti brevetti sono in scadenza. Le corporation si attrezzano per continuare a fare soldi: ampliano il numero di farmaci in commercio, puntano sui Paesi emergenti, montano campagne per convincerci a risolvere tutto con un po’ di pasticche

4 2 0

0

cato sfaceli (vedi gli

14 12

08.06.09

27.04.09

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INCIDENZA SINDROMI INFLUENZALI ANTIVIRALI

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ANTIVIRALI PEZZI X 100.000 AB. 19.01.09

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di Andrea Barolini

FONTE: L’USO DEI FARMACI IN ITALIA. OSSERVATORIO NAZIONALE SULL’IMPIEGO DEI MEDICINALI. RAPPORTO NAZIONALE 2009

Diversificare e allarmare Big Pharma cerca nuove vie per il profitto

INFLUENZA H1N1. SUGGESTIONE BATTE REALTÀ 25 A ZERO

spese sanitarie, sebbene in aumento negli ultimi anni, sono ancora molto inferiori a quelle delle nazioni più ricche: ad oggi, i due terzi della spesa sanitaria globale sono sostenuti da Usa ed Europa Le strade per i colossi farmaceutici occidentale (sebbene al loro interno sia presente solo il 15% della Per anni Big Pharma ha vissuto grazie al connubio di prezzi alti e vendite di massa. Ora si tenta di ridisegnare il modello. Recentemente, il popolazione mondiale). Inoltre nei mercati emergenti la spesa pubblica è inferiore al 50% (in India, addirittura, i cittadini provvedoFinancial Times ha indicato quattro possibilità al vaglio. Primo, diverno alle proprie spese sanitarie per il 75%), mentre nel Nord del sificare le tipologie di prodotti, anche grazie all’uso di scienziati e rimondo è superiore al 70%. Il che significa che sarà impossibile ipocercatori esterni. Secondo, espandersi nei mercati emergenti. Terzo, tizzare vendite massicce. Già oggi, ad esempio, i margini operativi aumentare le vendite di prodotti liberi da brevetti. Quarto, sperimendi GSK nei mercati emergenti sono del 36%, contro il 60 e 68% retare forme di flessibilità dei prezzi nei diversi Paesi. John Lechleiter, numero uno di Eli Lilly, ha sintetizzato il tutto nella formula: «Rilan- gistrati negli Usa e in Europa. Allo stesso modo, AstraZeneca ricava il 25% in meno in Paesi come l’India. ciamo l’innovazione farmaceutica». In concreto, Merck ha chiesto la Tradotto: se Big Pharma insisterà nell’espansione geografica, docollaborazione di altre compagnie e del settore accademico. GSK ha vrà accontentarsi di business limitati. Cosa escogiterà quindi per rimesso tutta la ricerca sui farmaci anti-Aids nelle mani della ViiV compensare i mancati guadagni? Difficile immaginarlo. C’è solo da Healthcare, una joint venture con Pfizer, al fine di condividere le espesperare che le conseguenze per le popolazioni non siano nefaste. Ciò rienze e, soprattutto, i costi. AstraZeneca si sta gettando nel mercato che è certo è che Big Pharma, in attesa di tracciare i contorni del prodei biomedicinali con compagnie come CAT e Med-Immune. Roche prio futuro, si difende attaccando. A farne le ha acquistato Genentech, azienda speciaGLAXO TENTA LA “RIVOLUZIONE” OPEN SOURCE spese sono i medicinali generici (vedi ARTICOLI lizzata nei prodotti biologici antitumoraa pag. 22 e 23): la Commissione europea ha li. Abbott ha preso il controllo della SolDA QUEL MOMENTO non furono più solo le grandi aziende calcolato che la strategia contro i concorrenvay, compagnia molto presente nei a delineare il futuro dei programmi per computer, ma tutti ti low cost è costata alle casse dei Paesi memmercati emergenti. E ancora Sanofi-Avengli utenti che volessero farlo potevano mettere mano al codice. Era la nascita dell’open source, e fu un successo bri dell’Ue fino a 3 miliardi di euro tra il 2000 tis ha comprato la Zentiva in Slovacchia, straordinario (in parte mutuato anche da colossi come e il 2007 in termini di mancati risparmi. E la Medley in Brasile e la Kendrick in MesApple e Microsoft). Fino ad ora, però, nessuno aveva mai pensato di applicarlo anche nell’industria farmaceutica. anche i privati cittadini sono sotto il fuoco di sico. Pfizer ha rilevato le licenze dei meL’idea arriva da GlaxoSmithKline, che - secondo quanto campagne allarmistiche su sindromi, pandedicinali prodotti da Aurobindo e Claris Liriportato nelle scorse settimane dal Wall Street Journal mie, pestilenze e nuove patologie tese a confe Sciences in India; stessa strategia per potrebbe testare un approccio simile al fine di scoprire nuovi medicinali, “rilasciando” al pubblico dei ricercatori vincerli della necessità di trasformarsi in voGSK con la Aspen in Sudafrica. di tutto il mondo 13.500 composti chimici potenzialmente raci “farmacovori”. L’isteria collettiva per la in grado di inibire il parassita che causa la malaria. Anche se l’iniziativa si rivelasse fruttuosa, non è detto recente influenza H1N1 ne è un buon esemI dubbi del Wsj che anche altre compagnie decidano di seguire questa pio: i consumi di antivirali sono aumentati Ma si tratta di una politica vincente? strada. Certamente, però, si tratterebbe di una novità del 2500% in pochi mesi (vedi BOX in questa No, secondo un’analisi del Wall Street dalle potenzialità rivoluzionarie. Journal. Nei Paesi emergenti, infatti, le pagina). Se queste sono le premesse... ARTICOLI

a pag. 26), c’è molto di cui preoccuparsi.

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| dossier | pillole d’oro |

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TOGLIETEMI TUTTO. MA NON GLI ANTIBIOTICI CONSUMO DI ANTIBIOTICI: L’ITALIA BATTE LA UE

PERCENTUALE DI CITTADINI CHE LI HANNO ASSUNTI NEL 2009

EU27

NO 60%

ITALIA

NO 43%

SÌ 57%

SÌ 40%

1. Gli antibiotici uccidono i virus? 2. Gli antibiotici sono efficaci contro influenza e raffreddore? 3. Usarli senza motivo li rende inefficaci? 4. L’assunzione di antibiotici produce spesso effetti collaterali come la diarrea? Provate a rispondere a queste quattro domande e confrontate i risultati con quelli del sondaggio di Eurobarometro. Speriamo che la vostra performance sia migliore di quella del resto degli Italiani. L’abuso di antibiotici nel nostro Paese è frutto anche di una diffusa ignoranza sul tema: due cittadini su tre pensano (sbagliando) che siano efficaci contro i virus (anziché contro i batteri). Uno su due li usa come fossero antifebbrili. Il 40%, poi, ignora i loro gli effetti collaterali e il rischio di resistenza in caso di uso inappropriato. Quel che è peggio è che i dati ci collocano sempre in fondo alla classifica europea. Visto che le casse delle Regioni sono messe a dura prova dall’uso di farmaci inutili, forse è il caso di intervenire.

Le dosi di farmaco giornaliere prescritte dai medici italiani sono passate dalle 580 del 2000 alle 924 dell’anno scorso. Qualcuno dà la colpa all’invecchiamento della popolazione. Ma tale causa può giustificare un aumento di appena l’1%.

La ricerca della felicità... in pillole Prescrizioni: +400% in nove anni

GLI ANTIBIOTICI UCCIDONO I VIRUS** VERO FALSO NON SO EU 27 53% 36% 11% ITALIA 62% 29% 9% GLI ANTIBIOTICI SONO EFFICACI CONTRO INFLUENZA E RAFFREDDORE** EU 27 47% 46% 7% ITALIA 44% 49% 7% L’USO SENZA MOTIVO LI RENDE INEFFICACI* EU 27 83% 8% 9% ITALIA 65% 19% 16% L’ASSUNZIONE DI ANTIBIOTICI PRODUCE SPESSO EFFETTI COLLATERALI COME LA DIARREA* EU 27 68% 15% 17% ITALIA 64% 20% 16% * La risposta giusta è “vero” ** La risposta giusta è “falso”

FONTE: ANTIMICROBIAL RESISTANCE – RICERCA EUROBAROMETRO N.338 (NOV-DIC. 2009) COMMISSIONATA DALLA DIREZIONE GENERALE SALUTE DELLA COMMISSIONE UE

Alla base di questa situazione un’evidente arretratezza culturale. In un’indagine di Eurobarometro, solo il 14% degli italiani ha risposto correttamente a quattro domande chiave (vedi BOX e GRAFICO ) «Troppe persone sono ancora convinte che la febbre o le infiammazioni si curino con gli antibiotici», ammette Antonio Panti, presidente dell’Ordine dei medici di Firenze. «Usiamo ancora gli antibiotici iniettabili, che nel resto d’Europa sono relegati all’uso ospedaliero». La responsabilità ovviamente è anche dei medici: visto che gli antibiotici sono acquistabili solo dietro prescrizione, non si spiegherebbe un gap così evidente rispetto ad altri Stati. «I medici hanno torto», commenta Panti. «Ma, soprattutto quelli di base subiscono pressioni intollerabili da parte di mamme in apprensione perché il figlio ha un po’ di tosse o da pazienti che considerano questi farmaci più potenti di altri. Salvo poi interrompere a metà la cura appena i sintomi spariscono. Un’abitudine che provoca un danno enorme perché rende gli antibiotici inefficaci». Per la felicità dei batteri. E degli azionisti delle case farmaceutiche. Em. Is.

FONTE: ANTIMICROBIAL RESISTANCE – RICERCA EUROBAROMETRO N.338 (NOV-DIC. 2009) COMMISSIONATA DALLA DG SALUTE DELLA COMMISSIONE UE

PROVATECI VOI A FRONTEGGIARE MIRIADI DI PAZIENTI con la gola arrossata o un po’ di raffreddore, che affollano gli studi medici chiedendo, anzi implorando un antibiotico. Gli Italiani li considerano praticamente una panacea. In Europa non li batte nessuno: l’anno scorso, su 100 persone, 57 li hanno usati. Il 50% in più della media Ue (vedi GRAFICO ), il doppio di Olanda e Germania, quasi il triplo rispetto alla Svezia (22%). Forte lo squilibrio regionale, con tutte le regioni del Centro-Sud in testa alla classifica. Un abuso preoccupante, che impone un’inutile spesa alle Regioni (gli antibiotici sono si solito rimborsati dal Ssn) e mette in pericolo la salute pubblica: «Usarli impropriamente - spiega Eugenio Paci, epidemiologo dell’Agenzia di Sanità Pubblica del Lazio - significa ridurne l’efficacia e creare nuovi microrganismi più resistenti alle cure». Non è quindi un caso che nello Stivale stia peggiorando il trend dell’antibiotico-resistenza (con punte del 40% d’inefficacia dei farmaci), in particolare per batteri come l’Escherichia coli, lo Stafilococco aureo e la Klebsiella Pneumoniae.

ANTIBIOTICI, QUESTI SCONOSCIUTI: TRA GLI ITALIANI POCHE IDEE MA BEN CONFUSE

Siamo un popolo di malati cronici o solo vittime di una strategia per vendere più medicine? I dati Osmed fotografano uno scenario allarmante. Gli esperti puntano il dito contro “l’informazione scientifica” monopolizzata dall’industria.

C’

ERA UNA VOLTA L’INVIDIATO STILE DI VITA MEDITERRANEO: cibo sa-

no, lavoro quanto basta per vivere, lunghe passeggiate, tempo libero per un buon libro o per qualche serata in compagnia. A quanto pare, roba d’altri tempi. Altro che pizza, spaghetti e buon vino. L’amore degli Itadi Emanuele Isonio liani per la bella vita sembra ormai soppiantato da una nuova passione: le pillole. Nel Belpaese si sta infatti registrando, anno dopo anno, un clamoroso boom di farmaci. Soprattutto di antidepressivi. Una “moda” che non lascia immuni nemmeno i minorenni, che, anzi, sono, insieme agli anziani, le categorie più a rischio. Una scorciatoia per la felicità? Il segno di un malessere strisciante, ma AULIN (NIMESULIDE): SPAGNA, FINLANDIA E IRLANDA LO VIETANO, L’ITALIA LO “LASCIA TRANQUILLO” COME PUÒ ESSERE CHE UN FARMACO IN SPAGNA venga ritirato dal commercio per i suoi gravi effetti collaterali e in Italia venga prescritto talmente tanto da farne il suo primo mercato mondiale? Il caso del nimesulide (principio attivo molto noto col nome di Aulin o Mesulid) è emblematico delle “stranezze” del mondo dei medicinali. Nel 2002, Spagna e Finlandia lo ritirano dal mercato per sospetta tossicità epatica. Cinque anni più tardi, l’Irlanda si accoda, dopo che sei pazienti sotto Aulin sono stati costretti al trapianto di fegato per grave insufficienza epatica. In mercati ghiotti come Giappone e Stati Uniti per il principio attivo non è stato nemmeno mai richiesta la registrazione. In Italia di tutti questi dubbi non c’è traccia. Tanto che il nostro Paese consuma il 60% della produzione mondiale di nimesulide. Perché mai l’Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco) non si è allarmata come le agenzie spagnola, irlandese e finnica? Per molto tempo ha ripetuto che, se correttamente assunto, i benefici del medicinale sono superiori ai rischi. Però, un paio d’anni fa, da un’inchiesta del pm Raffaele Guariniello, è spuntato un filmato che ritraeva il numero due dell’agenzia, Pasqualino Rossi, mentre riceveva una mazzetta da un mediatore di una casa farmaceutica per “lasciare tranquillo” l’Aulin. Da allora, nulla è cambiato. L’Aifa si è solo limitata a girare ai medici italiani una circolare dell’Emea (l’Agenzia europea del farmaco) che, a febbraio scorso, ha imposto ai medici di prescrivere nimesulide solo se gli altri antidolorifici non hanno avuto effetto, mai per febbre o influenza. E comunque per non più di 15 giorni.

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poco indagato? Oppure il risultato di una sottile opera di persuasione delle corporation farmaceutiche?

Marketing innovativo Ogni anno l’Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali (Osmed) produce un rapporto che monitora il consumo di farmaci. Dal 2000 ad oggi i dati sono sempre in decisa crescita. Il numero di dosi giornaliere di farmaci prescritte sono passate dalle 580 del 2000 alle 924 del 2009 (+60%). «Una crescita impressionante che non si può certo giustificare con l’invecchiamento della popolazione», denuncia Roberto Raschetti, direttore del reparto di Farmaco-epidemiologia dell’Istituto Superiore di Sanità. «La crescita dell’età media della popolazione – continua il professor Raschetti – può giustificare un aumento di appena l’1%. Siamo quindi di fronte a una cesura tra prescrizioni e patologie». Ancora più allarmanti sono i dati sul consumo di antidepressivi di fascia A (quella a totale carico del Servizio sanitario nazionale): le 8,2 dosi giornaliere ogni mille abitanti del 2000 sono lievitate fino alle 33,5 dell’anno scorso (+408%). In pratica, ogni giorno tre italiani su cento assumono antidepressivi. L’aspetto interessante, che forse aiuta a far luce sui motivi del boom, sta nel fatto che ad aumentare sono quasi esclusivamente le prescrizioni degli antidepressivi di nuova generazione (i cosiddetti SSRI - “inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina” ), che sono ancora coperti da brevetto e più costosi. A pensar male si fa peccato, ma le valutazioni de-

gli esperti non fanno che confermare i sospetti: «Un simile aumento si giustifica solo con l’aggressiva e innovativa campagna di marketing delle case farmaceutiche che presentano questi farmaci come un modo rapido per migliorare genericamente la qualità di vita, a prescindere dalla presenza di una malattia vera e propria». conferma Angelo Barbato, psichiatra dell’Istituto Mario Negri di Milano. «Questi nuovi farmaci hanno senza dubbio meno effetti collaterali dei vecchi antidepressivi triciclici (il cui uso è invece rimasto stabile, ndr), ma va chiarito che, nel 90% dei casi, quando si è di fronte a una depressione lieve o a semplici stati d’ansia, il loro uso è improprio e del tutto ingiustificato».

All’assalto di bambini e anziani L’aspetto più preoccupante di questa tendenza inarrestabile è che dall’abuso di farmaci non sono immuni gli adolescenti. Quella dei ragazzi tra 13 e 16 anni è anzi una delle categorie che registra l’aumento più consistente. Anche perché, al dato dei farmaci di fascia A si unisce quello sugli psicofarmaci da banco (vendibili senza ricetta), utilizzati da oltre il 10% degli under 15. «In questi casi ci sono fortissimi dubbi sull’utilità di simili prodotti. I dati, anzi, consigliano estrema prudenza». Analogo discorso per gli anziani: «Questa fascia è sicuramente a rischio depressione. Ma imbottirli di goccette e pasticche è solo un surrogato di ciò che a loro occorre», prosegue il dottor Barbato. Un modo rapido per calmarli, più facile che ascoltarne bisogni e paure.

Il nodo informazione Ma, al di là delle strategie della lobby del farmaco, la responsabilità pesa evidentemente sull’Agenzia del farmaco che non contrasta il boom delle pasticche. E sui medici: sono loro che le prescrivono e ne caldeggiano l’assunzione. «La maggior parte delle prescrizioni – rivela Barbato – arriva dai medici di base, che sono quelli meno in grado di maneggiare gli strumenti di approccio psicologico al disagio dei propri pazienti. C’è una carenza di formazione e di informazione indipendente». Sul punto, batte anche Roberto Raschetti dell’ISS: «L’informazione ai medici è fortemente in mano alle case farmaceutiche, attraverso gli “informatori”, le pubblicazioni e gli eventi con sessioni sponsorizzate dall’industria. Contrastare una macchina tanto oliata e ben finanziata è cosa complessa ma indispensabile. È di estrema urgenza riuscire a diffondere una nuova cultura dell’uso dei farmaci tra i medici e gli studenti dei corsi di medicina, in cui la farmacovigilanza è poco trattata. Purtroppo bisogna incidere su un’abitudine culturale». Che accomuna pazienti e medici: «I pazienti preferiscono la pasticca piuttosto che cambiare il proprio stile di vita. I medici si adeguano alle loro richieste e diventano semplici “prescrittori di farmaci”. Invece dovrebbero tornare a essere figure con grandi capacità empatiche. È dimostrato che già da solo, l’ambiente e la modalità con cui ci si prende cura di un assistito ha un’efficacia impressionante».

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LIBRI

Marcia Angell Farma&Co Industria farmaceutica: storie straordinarie di ordinaria corruzione Il Saggiatore, 2006

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IL MERCATO DEGLI EQUIVALENTI IN EUROPA E NORD AMERICA VALORE ECONOMICO

VOLUME

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70% 71 67

60%

62

61

59

59

58

50

23 20 16

POLONIA

34

LETTONIA

SLOVACCHIA

35

REPUBBLICA CECA

32

TURCHIA

31

ROMANIA

11

UNGHERIA

PORTOGALLO 18

FINLANDIA

AUSTRIA

SVEZIA 14

PAESI BASSI

14

17

SLOVENIA

13

DANIMARCA

BELGIO 11

16

26

28

29

REGNO UNITO

10

20

34

49

43

GERMANIA

9

SPAGNA

IRLANDA

ITALIA

GRECIA

1,1 2,1 6

10

18

23

FRANCIA

30% 20%

51

50 46

45

FONTE: IMS HEALTH MIDAS MARKET SEGMENTATION

50% 40%

I controlli e gli obblighi imposti ai produttori di generici dall’Agenzia del farmaco italiana e dalla sua omologa europea sono identici a quelli dei medicinali a brevetto scaduto. Eppure, nel 2009, solo il 5% delle ricette li prescriveva direttamente.

IL NUOVO TERRENO DI SFIDA? I BIOSIMILARI

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CONFRONTO SU VOLUMI E VALORE ECONOMICO [ DATI 2009 ]

LA LOTTA FUTURA TRA FARMACI BRAND E GENERICI si giocherà sul terreno dei medicinali cosiddetti biosimilari. Entro un paio d’anni infatti, quasi tutti i farmaci più importanti non saranno più coperti da brevetto e si apriranno le porte al generico, riducendo gli introiti dei produttori originali. Il vero business, si sposterà quindi sul fronte dei medicinali “biosimilari”: «Vent’anni fa – spiega il professor Antonio Panti, presidente dell’Ordine dei medici di Firenze – sono entrati in commercio i primi farmaci biotecnologici, basati su sostanze ottenute da cellule viventi (batteri, lieviti o cellule di mammifero). Dal 2006, i primi brevetti sono scaduti e questo ha aperto la via ai biosimilari». Diversamente dai generici, la loro efficacia rispetto agli originali non può essere verificata attraverso la bioequivalenza (vedi GLOSSARIO ). «Ogni farmaco biosimilare ha un ciclo produttivo a sé, diverso da quello degli originali. Diverso però non significa peggiore. Anzi, può essere anche migliore. L’efficacia in questo caso la si può verificare solo tramite un controllo dei risultati clinici». I controlli dell’Emea (l’agenzia europea del Farmaco) e della statunitense Food and Drug administration sono rigidi e meticolosi. La Commissione europea comunque sostiene lo sviluppo dei biosimilari, perché meno costosi e altrettanto sicuri degli originali: «I farmaci biosimilari offrono nuove opportunità, sia per la crescita della nostra industria generica, sia per il controllo della spesa sanitaria a livello nazionale», dichiarò un paio d’anni fa commissario europeo all’Industria, Günter Veheugen. Ovviamente, di tutt’altro avviso le industrie produttrici degli “originali” che hanno già avviato campagne mediatiche e convegni per screditare i loro concorrenti. «Per i biosimilari – commenta Giorgio Foresti, presidente di Assogenerici - si cerca di imporre lo stesso copione adottato con i generici, compresi gli attacchi infondati sul piano della sicurezza. I biosimilari sono sottoposti a procedure di registrazione e programmi di farmacovigilanza più stringenti di quelli in atto per gli originatori. E infatti, negli Stati Uniti, l’amministrazione Obama si è mossa per ridurre la durata del brevetto dei farmaci biologici, così da garantire, grazie ai biosimilari, a un sempre maggior numero di cittadini terapie altrimenti costose». Em. Is.

Generici,tutta Europa li usa In Italia trionfa la disinformazione

Hanno gli stessi effetti dei farmaci originali e farebbero risparmiare un miliardo all’anno. Ma ancora pochi italiani li usano. I pazienti non li conoscono, i medici non li prescrivono, sedotti dalle pressioni dei produttori dei “cugini griffati”. ANNO RISPARMIARE RISPETTO AI FARMACI “DI MARCA”, ma ancora pochi li usano. Hanno lo stesso principio attivo dei loro concorrenti più illustri (e ovviamente lo stesso effetto curativo), eppure verso di loro in Italia serpeggia tuttora una diffidenza di Emanuele Isonio inconcepibile, ma che fa la felicità (e la ricchezza) delle multinazionali del farmaco. La conseguenza è che il mercato dei medicinali bioequivalenti (o “generici”) nel nostro Paese stenta ancora a decollare: su 100 confezioni di farmaci non coperti da brevetto acquistate, solo 9 sono generici. In termini di valore economico la percentuale cala ancora: 5%. Solo la Grecia ne consuma meno: il 2% di tutti i farmaci venduti. Per il resto d’Europa (e del mondo) una simile scelta è da folli (vedi GRAFICO ): in Olan-

F

GLOSSARIO GENERICO È un farmaco realizzato con un principio attivo per il quale è scaduto il brevetto di protezione. Sono venduti direttamente con il nome del principio attivo, seguito dall’azienda che li produce. La legge italiana impone che abbiano la stessa forma farmaceutica (compresse, pomate, fiale) dei farmaci originali, la medesima composizione e identico principio attivo. Possono cambiare gli eccipienti, ma la loro efficacia (bioequivalenza) non cambia. Sono sottoposti agli stessi controlli da parte del ministero della Salute. BIOEQUIVALENZA È il concetto chiave che dimostra come un farmaco generico garantisca gli stessi effetti del corrispondente farmaco originale. Indica la capacità del farmaco di diffondersi nei tessuti umani. In pratica, un volta assunto un farmaco generico, i parametri di efficacia terapeutica - potenza d’azione, tempo di comparsa dell’effetto e la sua durata, effetti collaterali - devono essere identici al farmaco originale. C’è un margine di tolleranza di +/-10%, che è però impercettibile dal punto di vista terapeutico.

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da il peso degli equivalenti è del 59%, in Gran Bretagna al 61%, in Germania al 67%, in Polonia al 79%, in Lettonia supera l’85%. Oltreoceano, in Canada sono al 29%, negli Usa al 43%.

Un regalo da 300 milioni a Big Pharma Un danno economico ingente per le tasche dei malati e dello Stato. Trecento milioni di euro ogni anno finiscono dritti nelle tasche delle case farmaceutiche perché gli Italiani si ostinano a spendere di più per comprare i medicinali di marca, nonostante il Servizio Sanitario nazionale, da quasi dieci anni, rimborsi loro solo il prezzo del generico corrispondente. A questi si aggiungono i soldi letteralmente buttati quando scegliamo di comprare i farmaci di fascia C (non rimborsati dal SSN) originali: la Tachipirina al posto del Paracetamolo, il Voltaren anziché il Diclofenac, il Feldene anziché il Piroxicam, il Ranidil invece della Ranitidina e via dicendo. Alla base di una simile scelta, un mix di arretratezza culturale, disinformazione dei medici (spesso condita con doni, pranzi e convegni in località esotiche) e sapienti campagne di stampa pompate dalle lobby del farmaco per screditare i generici a vantaggio dei “cugini famosi”. «Gli acquirenti di farmaci in Italia sono soprattutto persone anziane – spiega Antonio Panti, presidente dell’Ordine dei medici di Firenze – che magari comprano da anni lo stesso farmaco. È difficile fargli comprendere che potrebbero spendere di meno scegliendo un medicinale identico, ma con un nome diverso (per legge i generici devono usare il nome del principio attivo che contengono, ndr)». E i medici o i farmacisti che ci stanno a fare? Qui s’innesta un altro problema: troppi dottori, in buona o cattiva fede, dubitano che i generici siano realmente identici agli originali. Non a caso, rivela Federconsumatori, solo il 5% dei pazienti ha avu-

to una ricetta che esplicitamente prescriveva farmaci bioequivalenti e solo il 3% li ha acquistati su indicazione del farmacista. Con forti differenze regionali (si va dal 9% di Trentino e Toscana al 3,8% della Calabria). «Il ruolo del medico è cruciale – denuncia Giorgio Foresti, presidente di Assogenerici – e il problema della scarsa diffusione dei generici è tutta lì. I medici continuano a prescrivere i farmaci brand (di marca) seppure più costosi. Su di loro c’è un’imponente attività di lobby dei grandi gruppi farmaceutici, tesa a screditare la qualità e l’efficacia dei medicinali generici».

La denuncia della Commissione Ue Un’indagine della Commissione europea ha rivelato l’anno scorso che, tra il 2000 e il 2007, il 23% del budget delle aziende del farmaco è stato speso per marketing (contro il 17% destinato a ricerca e sviluppo). Nella stessa indagine l’Ue ha accusato pubblicamente la lobby del farmaco di ostacolare, o quanto meno di rallentare, la diffusione di medicine generiche. Una strategia che in sette anni è costata ai 27 Stati Ue 3 miliardi di mancati risparmi. Secondo l'inchiesta, nei confronti delle aziende che producono i generici sarebbero state messe in campo azioni "perfettamente legali", ma con effetti distorsivi. Due esempi: la domanda multipla di brevetti per lo stesso medicinale (fino a 1.300 per un singolo farmaco) o l'avvio di contenziosi pretestuosi (ne sono stati contati 700 che in almeno 200 casi hanno portato ad accordi per ritardare l'ingresso dei farmaci non di marca sul mercato).

Un’indagine della Ue rivela: le ditte farmaceutiche spendono il 23% del budget in pubblicità e solo il 17% in ricerca

Il prezzo è calato ma… Dal punto di vista del prezzo, dall’avvento dei generici un calo c’è senza dubbio stato anche per i farmaci di marca. Il prezzo dell’Aulin, ad esempio, è crollato dai 13 euro di quando non aveva concorrenti ai 4,20 attuali (per il corrispondente Nimesulide se ne spendono circa 3). Ma, in realtà, è stata solo un’altra strategia commerciale messa in atto da “Big Pharma”: «Per mantenere le proprie quote di mercato – spiega l’economista Michele Uda, responsabile del Centro Studi di Assogenerici – i prezzi dei farmaci branded si sono rapidamente allineati a quelli dei generici, per impedire a questi ultimi di aumentare i propri volumi di vendite. Finché le aziende di generici non aumenteranno i volumi di vendite non potranno diminuire ulteriormente i prezzi e i pazienti italiani continueranno a pagare i farmaci mediamente molto di più del resto d’Europa». Diverse ricerche suffragano tali considerazioni: se si riuscisse a incrementare la quota in volumi dei bioequivalenti al livello della media europea, il Servizio sanitario potrebbe risparmiare oltre 900 milioni di euro rispetto al livello di spesa attuale. «Il governo e l’Aifa (l’Agenzia del farmaco, ndr) devono agire per garantire ai produttori di generici l’accesso ai volumi. Per farlo, è indispensabile diffondere tra i medici “un’abitudine prescrittiva” orientata in tal senso. Solo così si può ridurre l’incidenza del costo dei farmaci sulla spesa sociosanitaria, che oggi si attesta sul 30% del totale». Di strategie da copiare in giro per l’Europa ce ne sono: «La Gran Bretagna – rivela Foresti – prevede incentivi economici per i medici che prescrivono i generici al posto dei farmaci originali. E l’Ue ha stabilito delle soglie che impongono un numero minimo di prescrizioni di bioequivalenti sul totale delle ricette».

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L’amara favola dei nuovi antitumorali L’efficacia di molte molecole è incerta. Sicuri sono solo i costi stellari e il “rischio default” per i sistemi sanitari. A QUATTRO-CINQUE ANNI c’è un gran fermento attorno ai medicinali che hanno il delicato compito di arginare il cancro. Negli articoli di stampa sono noti come “farmaci intelligenti”, perché sarebbero capaci di aggredire forme tumorali anche molto specifiche. Gli di Emanuele Isonio addetti ai lavori li conoscono invece come farmaci monoclonali. La sostanza non cambia: a voler vedere il bicchiere mezzo pieno rappresentano la speranza attesa da tanti pazienti oncologici e dalle loro famiglie. Ma nell’attuale universo-salute, c’è sempre un lato oscuro. Perché anche questo settore delicato e drammatico è in realtà una nuova gallina dalle uova d’oro per chi quei farmaci li inventa e commercializza. Colpa di un sistema che non si vergogna di trasformare tante legittime Il Nair Charitable Hospital di Mumbai speranze in cocenti delusioni. Permettendo la vendita di è un punto nuovi medicinali senza che ne sia acclarata l’efficacia e, di riferimento per le cure cardiologiche soprattutto, il rapporto rischio/beneficio. alle fasce più povere Per spiegare la situazione, prendiamo l’esempio del della popolazione cittadina. tumore al rene. Fino a cinque anni fa, era di fatto inoIn ospedale arrivano perabile. Oggi ci sono addirittura sei nuovi farmaci in però molti pazienti dai villaggi vicini commercio che promettono di contrastarlo. Ma quanto e dalle campagne. sono realmente efficaci? Non si sa con esattezza. SopratIndia, 2006

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tutto si ignora se (e in che misura) i farmaci più recenti siano davvero migliori dei precedenti.

Ammessi con “debito informativo” «Purtroppo ci sono molti medicinali prescritti dagli oncologi, messi sul mercato senza adeguate verifiche», ammette Giovanni Apolone, ricercatore del dipartimento di Oncologia dell’istituto Mario Negri di Milano. «In pratica, per immettere sul mercato un nuovo farmaco, la ditta produttrice deve dimostrare solo che è promettente. Non serve che sia davvero verificata la sua capacità di incidere positivamente sulla qualità della vita del paziente. Il farmaco quindi entra in commercio con un “debito informativo” che il più delle volte non viene colmato nei mesi successivi». Una situazione che crea due tipi di problemi: ai pazienti e alle casse del sistema sanitario. Sul fronte dell’efficacia varie ricerche, pubblicate su importanti riviste mediche, hanno evidenziato che i nuovi antitumorali hanno un impatto positivo sul 10% dei casi (mentre gli effetti collaterali colpiscono quasi tutti le persone trattate), ma l’aumento dell’aspettativa di vita è comunque molto bre-

REGALI, VIAGGI E FORMAZIONE MADE IN LOBBY: IN ITALIA (E NEL MONDO) C’È CHI DICE NO GADGET, REGALI, PRANZI GRATIS, FESTE, VIAGGI OMAGGIO in hotel di lusso e località esotiche con la scusa di un convegno medico, interventi pubblici lautamente remunerati. Dura la vita dei medici. Nessuna ironia in questa affermazione: è davvero difficile per un medico rimanere intellettualmente indipendente, valutare correttamente l’efficacia e la reale utilità di un farmaco quando le case farmaceutiche fanno di tutto anche attraverso la loro capillare rete di responsabili vendite (ipocritamente noti come “informatori farmaceutici”) - per convincere chi dovrà prescrivere i loro medicinali. Il problema è reale e globale. E tocca da vicino la vita delle persone. Alcuni sanitari però hanno alzato la testa e rifiutato questa logica. Grandi nomi della medicina mondiale si sono esposti denunciando questo stato di cose. Come Drummond Rennie, vice direttore del Journal of the American Medical Association: «Vari scienziati sono disponibili, in nome del prestigio, a tagliare, falsificare, plagiare, ingannare, mentire, truffare e buttar via la loro reputazione, semplicemente per produrre più pubblicazioni, avanzare nella loro carriera e, ovviamente, fare soldi». O come Adriane Fugh-Berman, professore dell’università di Georgetown, che ha ipotizzato il pericolo che «si arrivi a invalidare tutta la letteratura medica, principale fonte del processo decisionale clinico», tanto è pervasivo l’influsso delle corporation nelle pubblicazioni scientifiche. Dietro di loro, in molti Paesi stanno nascendo movimenti di medici, infermieri e farmacisti che si oppongono allo strapotere delle lobby. In Italia, trecento di loro si sono riuniti nell’associazione “No Grazie Pago Io”: «I confini tra medicina e industria del farmaco stanno scomparendo e i loro ruoli tanto diversi vengono confusi. Scopo dell’industria del farmaco è vendere i propri prodotti per aumentare gli indici di Borsa delle società quotate. Scopo della medicina deve essere invece quello di proteggere la salute delle persone», spiega la pediatra modenese Luisella Grandori, coordinatrice del movimento. Memore della filosofia “agire locale, pensare globale», il gruppo ha deciso di non accettare regali di alcun genere (nemmeno le penne biro o i block notes) dalle industrie del farmaco né tantomeno finanziamenti per andare ai convegni o per produrre materiale informativo destinato ai colleghi. Ma il loro impegno non si ferma qui. Nelle ricette prescrivere sempre il farmaco generico al posto di quello di marca. E, siccome il grande potere di Big Pharma sta nel controllare l’informazione medica, i “NoGrazie” lavorano per diffondere un nuovo tipo di formazione medica “non sponsorizzata”: «Al posto di lunghi viaggi ed eventi mondani – prosegue Grandori - si possono organizzare lavori in piccoli gruppi, che analizzino i risultati di un farmaco sulla base delle migliori evidenze possibili, valutandone la ricaduta sulla salute dei pazienti e concentrandosi sui problemi incontrati nella pratica quotidiana. È un modo molto più efficace per formarsi e che permette di sganciarsi dall’influenza del mercato». I sanitari di “No Grazie Pago Io” non sono gli unici a lavorare per un nuovo tipo di rapporto tra medici e case farmaceutiche. Gruppi simili sono nati in molti altri Stati: i No Free Lunch a New York e in Gran Bretagna, i No Gracias in Spagna, i Gezonde Scepsis in Olanda, i Mezis in Germania e gli Healthy Skepticism che, nati in Australia, hanno affiliati in tutto il mondo. Em. Is. www.nograziepagoio.it www.healtyskepticism.org www.nofreelunch.org www.mezis.de

Le nuove pillole affiancano ma non sostituiscono le vecchie terapie. E la spesa vola... ve: i dati di farmacovigilanza la quantificano in poco più di due mesi. Legittimo a questo punto chiedersi se tali cure allunghino la vita o solo l’agonia di un malato oncologico. Di certo, dal punto di vista economico, l’arrivo in commercio di tanti nuovi farmaci (ogni anno sbarcano anche quattro nuove molecole) è un vero e proprio salasso. La spesa sanitaria per la cura dei tumori è sestuplicata in pochi anni e rappresenta ormai la prima voce negli Usa e, ben presto, anche nella Ue. Il motivo è molto semplice: i nuovi farmaci non sostituiscono i precedenti, ma si affiancano ad essi. «Un medico, quindi – spiega Giovanni Apolone - prima di abbandonare tutte le speranze, somministra al paziente varie linee di cura, una successiva all’altra. E il costo inevitabilmente cresce». A tal punto da rendere concreto il rischio di default per qualche sistema sanitario regionale già traballante. «Questo accade perché nell’autorizzazione di nuovi medicinali non è richiesta una valutazione della loro efficacia rispetto ad altre terapie già in commercio», spiega Apolone. «La strada per non arrivare alla bancarotta e contenere davvero le spese passa necessariamente per il delisting, ovvero l’eliminazione, delle medicine che risultano meno efficaci».

Registri dei tumori in agonia Mentre il consumo di farmaci antitumorali aumenta, c’è uno strumento prezioso per la prevenzione di base e per fotografare il “fenomeno cancro” che, invece, è in agonia: i registri tumori. Oggi, coprono ancora solo un terzo della popolazione italiana (ce ne sono 31 attivi) e la mancanza di una norma ne rende grigio il futuro. La legge sulla privacy, infatti, per consentire l’accesso ai dati sensibili dei pazienti, richiede che i registri siano giuridicamente riconosciuti. Senza una legge in tal senso, il loro lavoro diventa praticamente impossibile. «L’aspetto più paradossale della vicenda – spiega il segretario dell’Associazione Registri Tumori, Stefano Ferretti – è che i registri sono esplicitamente previsti dal Piano oncologico nazionale. E che il problema sarebbe di facile risoluzione. Basterebbe una legge che li istituisca formalmente. Durante il governo Prodi ci eravamo arrivati vicino, ma la fine anticipata della legislatura ha bloccato tutto. Ulteriori ritardi potrebbero privare il nostro Paese, in controtendenza rispetto a quanto avviene negli altri, della possibilità di conoscere la diffusione e il decorso dei tumori, di rispondere a situazioni di allarme ambientale, di monitorare le fasce di popolazione a rischio». Una situazione assurda. A chi conviene questo stato di cose?

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LATTE ARTIFICIALE: PRESSIONI (E CRIMINI) DI UN MERCATO MILIARDARIO NESTLÉ, HUMANA, DANONE: sono poche le multinazionali che si spartiscono il mercato del latte artificiale. Un giro d’affari di qualche centinaio di milioni di euro solo in Italia e di parecchi miliardi nel resto del mondo. Un’industria che negli anni ha attirato forti critiche: in Occidente, per le pressioni affinché alle neomamme vengano consigliati i sostituti del latte materno. Nei Paesi in via di sviluppo per i rischi che l’utilizzo del latte artificiale comporta a livello sanitario. «Naturalmente i sostituti hanno una loro utilità - spiega Leonardo Speri, coordinatore della task force di Unicef Italia per l’allattamento materno quando in effetti il latte della madre manca. Tuttavia molto spesso in situazioni di difficoltà, in particolar modo nell’Africa sub sahariana, vengono diluiti fortemente e mescolati con acqua contaminata, contribuendo alla mortalità infantile».

Nel Sud del mondo meno della metà dei bambini, secondo l’ultimo monitoraggio Unicef, riceve i benefici dell’allattamento al seno fino al sesto mese. Una pratica che potenzialmente potrebbe ridurre la mortalità infantile sotto i cinque anni del 19%. La commercializzazione dei sostituti è regolamentata da un codice approvato nel 1981 dall’assemblea mondiale della Salute, che però viene recepito a macchia di leopardo. «In Italia - continua Speri - effettivamente devo testimoniare io stesso che le pressioni, magari tramite donazioni di latte o regali, nei confronti di pediatri e ospedali esistono. Capita tra l’altro che il consumo di un certo latte venga indicato persino nella cartella di dimissioni dall’istituto». A livello nutrizionale, spiega il medico, «il latte materno è superiore a quello artificiale, questo è più o meno

condiviso dalla comunità scientifica. E bisogna considerare che quasi tutti gli studi sul latte in polvere sono finanziati dalle stesse case produttrici». Il forte consumo di sostituti, spiega la dottoressa Chiara Pozzi Perteghella, farmacista molto attiva sul fronte dell’allattamento materno, «almeno in Italia è il prodotto di anni e anni di promozione dell’immagine di una madre indipendente, che vive l’allattamento come un peso». E i risultati si vedono, in termini di vendite e di prezzi. «Il latte in polvere - spiega la dottoressa sul bilancio di una famiglia può pesare intorno ai 1.500 euro annui. Paradossalmente a ritornare all’allattamento naturale sono invece le classi più agiate, con un più alto livello culturale e con maggiori possibilità di reperire informazioni adeguate». F. Sim.

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Calcutta. Un paziente affetto da Aids in una corsia dell’Ospedale Centrale.

India, 2002

Leche Ligue Italia: www.lllitalia.org

Paesi poveri, alla mercè dei piazzisti del farmaco Dove lo Stato è debole le corporation non trovano ostacoli: decidono su cosa investire, quali farmaci produrre, come intralciare la concorrenza. Una politica commerciale che uccide 50 mila persone ogni anno. Nel Sud del mondo, dove spesso i sistemi sanitari nazionali sono allo sfascio o non esistono proprio, le corporation del farmaco tendono a fare il bello e il cattivo tempo. «Naturalmente il problema non sono solo le case farmaceutiche - spiega Gianfranco De Maio, responsabile medico di Medici Senza Frontiere, organizzazione molto attiva sul fronte dell’accesso ai farmaci - tuttavia notiamo che sovente a fare le politiche di salute pubblica nei Paesi in via di sviluppo non sono i governi, ma il mercato e questo purtroppo non può funzionare. Se è più che legittimo che i privati traggano profitti dalla loro attività, è altrettanto vero che non possono essere loro stessi a decidere su cosa investire e su cosa no, in situazioni di questo genere». LA ROCHE ALL’ASSALTO, L’INDIA RESISTE Un esempio è quello della malattia del sonno, una patologia che nel mondo occidentale praticamente A INIZIO MAGGIO L’UFFICIO INDIANO responsabile in materia di proprietà intellettuale ha rigettato non esiste: a esserne colpite sono principalmente le il brevetto sul farmaco valganciclovir, concesso precedentemente alla Roche. Il farmaco è usato popolazioni dell’Africa centrale. Per anni la malattia è soprattutto per trattare il cytomegalovirus in pazienti sottoposti a trapianto: un mercato fortemente redditizio che Roche cerca di difendere brevettando i suoi prodotti. L’ufficio brevetti indiano (Paese stata curata con i sali di arsenico, che avevano come che possiede una delle maggiori industrie di farmaci generici) ha stabilito che la casa stava tentando effetto collaterale una mortalità intorno al 5%. Poi si di proteggere una nuova formulazione di un farmaco che in realtà era stato inventato negli anni è scoperto che un farmaco antitumorale, l’eflornitina, Ottanta e ha sancito il diritto dei pazienti di presentare ricorso contro un brevetto anche dopo il suo deposito. Una decisione salutata con favore da molti osservatori. Oggi il valganciclovir funzionava. «Solo che a un certo punto - rivela De è estremamente caro: fino a 8.500 dollari per un ciclo di trattamento di quattro mesi nei Paesi Maio - la casa produttrice, la Sanofi, non voleva più ad alto reddito. In India il prezzo per un trattamento standard è di circa 5.900 dollari. continuare a produrne perché non lo riteneva profit-

GNI ANNO DICIOTTO MILIONI DI PERSONE muoiono per malattie che si potrebbero prevenire e curare. L’equivalente di 50 mila decessi potenzialmente evitabili ogni giorno». La stima è contenuta nell’ultima ridi Federico Simonelli cerca del gruppo Incentives For Global Health dell’Università di Yale. Un dato a dir poco allarmante, che ha portato i ricercatori a proporre la creazione di un fondo nel quale raccogliere contributi governativi per quelle società farmaceutiche che si impegnassero a rendere disponibili medicinali a prezzi accessibili nei Paesi in via di sviluppo.

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tevole, né voleva cedere il brevetto. Successivamente si scoprì che in un prodotto cosmetico usato per la depilazione, la Vaniqa, c’era una 12% di eflornitina. Sanofi in pratica aveva ceduto alla casa cosmetica la possibilità di sintetizzarla, ma solo per quel prodotto. Appena la cosa è venuta a galla, per evitare danni d’immagine, Sanofi ha dovuto siglare un accordo di produzione compassionevole con l’Organizzazione mondiale della Sanità, che ogni anno lo distribuisce». Un altro caso critico è quello dei farmaci antiretrovirali per l’HIV in formulazione pediatrica. Mentre nel mondo occidentale praticamente non si verificano più casi di bambini sieropositivi alla nascita, nel Sud del mondo, invece, di casi ce ne sono a milioni, ma non esistono le formulazioni pediatriche dei medicinali.

I brevetti, il pomo della discordia Proprio i brevetti sono uno dei cardini attorno ai quali gira il problema. Gli accordi Trips (Accordo sui diritti di proprietà intellettua-

le relativi al commercio) che regolano la materia non contengono, infatti, particolari clausole di garanzia per l’accesso ai farmaci nei Paesi in via di sviluppo. Sulla questione alcune delle battaglie condotte negli ultimi anni hanno dato ragione a chi sostiene che si dovrebbero rimuovere le barriere all’accesso ai farmaci nei Paesi in via di sviluppo (vedi BOX sul caso indiano), ma le resistenze delle case farmaceutiche restano alte e gli accordi internazionali, come ad esempio quello di libero scambio in via di definizione fra Europa e India, rischiano di dare un’ulteriore stretta. «L’implementazione degli accordi Trips ha un forte impatto sull’accesso alle medicine - spiega Margaret Ewen, condirettore di Healt Action International Europe - Una casa farmaceutica che detiene un brevetto ha infatti il diritto di impedirne la produzione ad altri. Questa mancanza di competizione può avere come effetto prezzi al dettaglio molto alti. Per promuovere l’accesso ai farmaci quello che serve sono interventi che stimolino l’utilizzo e la produzione dei generici a basso costo».

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Gli accordi Trips consentono a un’azienda titolare del brevetto di un medicinale di non produrlo se non lo ritiene vantaggioso e di impedirne la produzione ai concorrenti. A scapito dei diritti dei malati |

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Immobiliare a rischio bolla. E le banche tremano >30 Il futuro di Banca Etica, parola al neopresidente >32 Cambiare stile di vita spinge all’impegno pubblico >35

finanzaetica PIÙ ENERGIA PULITA NEI MERCATI EMERGENTI

PER I RICCHI È INIZIATA LA RIPRESA: 10 MILIONI DI PERSONE HANNO 39 MILA MILIARDI DI $

A LEGAMBIENTE IL GREEN GLOBE BANKING AWARD

LE BANCHE PIÙ SOSTENIBILI DELL’ANNO

PARADISI FISCALI: IN SVIZZERA GLI EVASORI ITALIANI RESTANO AL SICURO

CARBON MARKET DIMEZZATO DALLA CRISI

Gli investimenti in energia pulita nei principali Paesi emergenti si mantengono elevati e promettono di crescere ancora grazie alla regolamentazione promossa dai governi locali. Lo sostiene uno studio del Carbon Disclosure Project (Cdp), un’organizzazione non-profit di base a Londra, i cui risultati sono stati resi noti dal portale Socialfunds.com. L’indagine, commissionata dall’associazione Renewable Energy & Energy Efficiency Partnership (Reeep), ha messo in luce dati sorprendenti. Nel corso del 2009, la Cina ha investito nel comparto ben 35 miliardi di dollari, più di chiunque altro nel mondo. La cifra batte ampiamente il totale degli investimenti statunitensi, attestatisi a quota 18,6 miliardi. In rapporto alla differente scala delle economie, affermano gli analisti, gli investimenti cinesi equivalgono, di fatto, al triplo degli omologhi americani. Ottime notizie anche dagli altri tre casi studiati: il Brasile ha investito 7,4 miliardi, l’India 2,3. Il Sudafrica, infine, ha sborsato 125 milioni nel corso dell’anno passato. A favorire la crescita degli investimenti, evidenzia il rapporto, ci sono soprattutto gli sforzi regolamentari. In tal senso ci si attende molto dall’ultimo piano sulle rinnovabili promosso da Pechino che prevede traguardi ambiziosi da raggiungere entro il 2020.

La crisi ha invertito rotta, almeno per alcuni. In particolare per i più ricchi. Ogni anno la società di consulenza Cap Gemini realizza un’indagine, per conto di Merrill Lynch Global Wealth Management (la sezione della ex banca d’affari statunitense dedicata ai clienti danarosi), per verificare come si sta muovendo la ricchezza nel mondo. Risultato: nel 2009 gli high net worth individual (HNWI, individui con un elevato valore netto) sono saliti a dieci milioni. Con questa definizione Cap Gemini si riferisce ai soggetti con un patrimonio di almeno un milione di dollari (esclusi la proprietà destinata alla residenza primaria, i beni esigibili, i beni di consumo e i beni di consumo durevoli). Questi ricchi, messi tutti insieme, possiedono 39 mila miliardi di dollari (più di metà del Pil mondiale), una cifra che nel 2009 è cresciuta del 18,9% rispetto all’anno prima. “Sono state quasi interamente recuperate le perdite subite nel 2008”, si legge nell’indagine. «A trainare la ripresa sono stati i mercati emergenti, in particolare India e Cina, oltre al Brasile, e saranno questi stessi Paesi a guidare la crescita anche in futuro», ha dichiarato durante la conferenza stampa di presentazione dell’indagine Ettorina Schiaffonati, Vice President, Financial Services, Capgemini Italia. «Nel 2009 l’Area asiatica del Pacifico è stata l’unica regione a registrare una forte espansione dei fattori macroeconomici e finanziari che influenzano la ricchezza». Nonostante la crescita della ricchezza dei ricchi sia stata più marcata nei Paesi in via di sviluppo, la popolazione mondiale dei milionari e la ricchezza complessiva rimangono principalmente concentrate negli Stati Uniti, in Giappone e in Germania, dove nel 2009 vive complessivamente il 53,5% della popolazione mondiale di HNWI. E in Italia? Alla fine del 2009 i milionari erano 178.800, il 9,2% in più rispetto ai 163.700 del 2008 dopo il calo del 20,8% dell’anno precedente.

È andato a Legambiente il primo riconoscimento Green Global Banking Award Ad Honorem promosso nell’ambito dell’omonimo concorso giunto alla quarta edizione. Nato nel 2006, il Green Globe Banking è “un laboratorio permanente” dedicato alle attività bancarie “verdi” promosso da Globiz con il patrocinio del Ministero dell'Ambiente. Ogni anno organizza la Green Globe Conference per analizzare lo stato di questo genere di servizi bancari assegnando un riconoscimento ai migliori istituti. Il premio, spiegano gli organizzatori, “sottolinea l’attenzione che Legambiente ha riservato alle innovazioni del sistema bancario in un’ottica di sostenibilità ambientale - da ricordare l’accordo con le Banche di Credito Cooperativo attraverso Federcasse grazie alle quali le istituzioni bancarie hanno potuto ricoprire un ruolo significativo nella progettazione di un futuro diverso, in cui rispetto per l’ambiente e crescita finanziaria lavorino sinergicamente, e non in contrapposizione, al fine di migliorare la vita di tutti”. Fondata nel 1980 sulla crescente spinta dei movimenti ecologisti, Legambiente conta oltre 115.000 tra soci e sostenitori unitamente a un migliaio di gruppi locali e 30.000 classi che partecipano a programmi di educazione ambientale.

Si chiama Co-operative Financial Services, vanta ricavi per 1,6 miliardi di dollari l’anno ed è la banca “più sostenibile” del 2010. Ne sono convinti il Financial Times (Ft) e l’International Finance Corporation (Ifc), organizzatori della quinta edizione dei Sustainable Banking Awards. Il concorso, creato con l’obiettivo di “offrire un riconoscimento alle banche e alle altre istituzioni distintesi per leadership ed innovazione nell’integrare aspetti sociali, ambientali e di corporate governance nelle loro operazioni”, ha premiato anche altri soggetti candidati per differenti categorie. L’istituto brasiliano Itau Unibanco è stato premiato come Banca Sostenibile 2010 per i Mercati Emergenti mentre la Ong keniana One Acre Fund, attiva in Africa Orientale, ha ottenuto il massimo riconoscimento nella categoria “Attività finanziarie per la soddisfazione dei bisogni primari”. Tra gli altri premiati l’indiana Financial Information Network and Operations (Fino), società specializzata nella fornitura di servizi tecnologici alle istituzioni di microcredito, e lo statunitense Global Environment Fund che, con il suo miliardo di dollari di capitale gestito in attività coerenti con le sfide energetiche ed ambientale, è stato nominato Investitore Sostenibile dell’Anno.

Gli evasori italiani che hanno affidato i loro capitali alla cura degli istituti elvetici possono tirare un sospiro di sollievo. A prescindere dal “temuto” via libera del parlamento svizzero sulla legge di condivisione dei dati bancari di Ubs con gli Stati Uniti, non vi sarebbe infatti alcuna intesa analoga all’orizzonte tra l’Italia e la Confederazione. Lo ha rivelato nelle scorse settimane il quotidiano Milano Finanza citando fonti investigative anonime. Nonostante le pressioni dell’Ocse, che da oltre un anno spinge per una glasnost dei paradisi fiscali, la Svizzera non intende sottoscrivere alcun accordo internazionale per lo scambio informativo rendendo così impossibile al fisco italiano il rilevamento dei nomi degli evasori. La notizia rassicura così quegli stessi titolari dei conti che non hanno aderito allo scudo fiscale promosso da Roma lo scorso autunno. Sempre secondo il quotidiano, per altro, lo stesso accordo sottoscritto tra Berna e Washington potrebbe essere invalidato da un referendum popolare previsto per il prossimo futuro. In questo contesto di ridimensionamento degli obiettivi di trasparenza, intanto, le banche elvetiche avrebbero ripreso ad attrarre capitali stranieri specialmente dagli evasori europei intenzionati a mettere la propria liquidità al riparo dalle possibili speculazioni al ribasso sull’euro. A sostegno delle banche svizzere la riconosciuta “professionalità” gestionale nonché quell’intangibile culto della privacy che, tuttora, continua ad ostacolare qualsiasi processo di riforma. Secondo Bankitalia, a febbraio 2010 quasi 25 degli oltre 34 miliardi di euro “scudati” dagli italiani provenivano dalla Svizzera. 35 miliardi, su 50, erano stati invece regolarizzati ma contemporaneamente trattenuti nei forzieri elvetici.

Il valore del “carbon market volontario globale” si è ridotto del 47% nel corso del 2009 crollando a quota 387 milioni di dollari alla fine dell’anno. Lo segnala il portale specializzato Greenbiz.com evidenziando come il dato sottolinei il forte impatto negativo della crisi sui buoni propositi di responsabilità ambientale e sociale d’impresa. Il carbon market si basa sul sistema del “cap & trade” che prevede la fissazione di limiti alle emissioni di CO2 da parte dei produttori. I soggetti che emettono una quantità inferiore alla soglia massima trasformano questa differenza in un “credito di emissione” che può essere rivenduto a coloro che non sono in grado di rispettare il limite imposto. Questo sistema è obbligatorio per i sottoscrittori del Protocollo di Kyoto, ovvero per quasi tutte le nazioni del Pianeta con l’eccezione di Cina e India, che operano in regime di deroga, e degli Usa, che non hanno mai ratificato il documento. In questi Paesi esiste un mercato analogo ma promosso su base volontaria in assenza di obblighi di legge e il cui valore su scala mondiale è compensato per metà dagli Usa. La volatilità dei prezzi dei crediti ha generato un mercato parallelo di titoli derivati che vede nella City londinese il suo centro nevralgico.

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Il mercato immobiliare è sovra-indebitato verso le banche. Dopo una cementificazione selvaggia e un 2009 a picco gli immobili potrebbero svalutarsi e le imprese non restituire i prestiti. novemila imprese cancellate, crollo degli investimenti e delle compravendite. Il 2009 passerà alla storia come uno degli anni neri del mercato immobiliare italiano, dopo un lungo periodo di eccessi di Roberto Cuda speculativi. Ma ora il contagio sta passando alle banche, che hanno scommesso parecchi miliardi sul settore. È la cosiddetta “bolla immobiliare”, che aleggia come uno spettro sulle economie del Pianeta. Alla base c’è sempre un sistema bancario compiacente che gonfia domanda, prezzi e investimenti, fino a quando mutano le condizioni di mercato e compaiono le prime insolvenze. È a questo punto che il banco salta e il gioco si sgonfia.

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UECENTODIECIMILA POSTI DI LAVORO PERSI,

Mercato immobiliare “sofferente” Siamo lontani dalle insolvenze registrate dalle banche spagnole e I NUMERI DEL 2009 INVESTIMENTI IN COSTRUZIONI: -9,4% (-1,8% nel 2008) [ANCE] COMPRAVENDITE: -10% [ISTAT], di cui: Abitazioni: -9,6% Uso commerciale: -14,7% PREZZI: [NOMISMA] Abitazioni: -3,3% medie città, -4,1% grandi città Uffici: -3,3% medie città, -3,9% grandi città IMPRESE FALLITE: oltre 2.000 (+30% nel primo trimestre 2010) [ANCE] IMPRESE CANCELLATE: 9.000 (+7.800 nel primo trimestre 2010) SVALUTAZIONE DEGLI IMMOBILI DETENUTI DAI FONDI DI INVESTIMENTO: 3%, pari a 297 milioni di euro [SCENARI IMMOBILIARI] ANDAMENTO DEI TITOLI DELLE SOCIETÀ IMMOBILIARI QUOTATE: -66,87% nel periodo 2007-2009 [SCENARI IMMOBILIARI]

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statunitensi, ma anche nel nostro Paese la svalutazione dei crediti immobiliari potrebbe avere pesanti ricadute sul sistema creditizio (e quindi sui risparmiatori). In gioco ci sono cifre importanti: secondo Bankitalia il comparto nel 2009 ha assorbito finanziamenti bancari per 550 miliardi di euro (privati e imprese), pari a un terzo del Pil italiano, di cui 130 miliardi confluiti verso imprese edili. Queste ultime hanno goduto di volumi crescenti di credito a buon mercato: +39% dal 2005, fino alla brusca frenata degli ultimi due anni. Il 2009 ha inaugurato la crescita zero, mentre le sofferenze sono esplose a quota 7,5 miliardi (+47%). Stesso trend sui mutui a carico delle famiglie, le cui sofferenze sono passate dallo 0,8% all’1,5% del totale, ma ad accusare il colpo sono soprattutto gli immobili ad uso commerciale (vedi BOX ). Emblematico è il cambio di destinazione del discusso grattacielo curvo di Citylife, ex Fiera di Milano: non più uffici, ma residenze di lusso, le sole in grado oggi di avere un mercato. Del resto sono noti i salvataggi eccellenti degli ultimi 12 mesi, da Risanamento ad Aedes, per evitare fallimenti che avrebbero deteriorato pesantemente i crediti bancari. È il risultato di un quinquennio di cementificazioni selvagge (2002-2006) quando i finanziamenti immobiliari a famiglie e imprese crescevano a ritmi del 16% annuo, per poi crollare sotto l’1% l’anno scorso. Perfino negli ultimi 15 mesi a Milano sono stati immessi sul mercato 70 mila nuovi alloggi ogni trimestre, come riferisce la società di consulenza Jones Lang LaSalle: su 572 mila metri quadrati di nuovi uffici in costruzione o ristrutturazione, quasi il 60% è riconducibile a progetti speculativi, ossia senza un reale fabbisogno.

Senza ripresa, banche a rischio E ora? Tutti sperano nella ripresa, in primis le banche, per non accumulare nuove perdite sui crediti iscritti a bilancio. Ma la domanda langue e una vera inversione di tendenza non è all’orizzonte. C’è da chie-

ASSETS L’insieme dei prodotti finanziari detenuti in portafoglio da un investitore e gestiti attraverso scambi di mercato. Possono essere azioni, obbligazioni o prodotti complessi.

L’ESPOSIZIONE POTENZIALMENTE problematica delle banche spagnole sul settore immobiliare potrebbe ammontare a 166 miliardi di euro, mentre gli immobili già nel portafoglio dagli istituti si attesterebbe a 60 miliardi. È quanto si legge in un report diffuso dalla Banca di Spagna sulla stabilità finanziaria del Paese. Una cifra che comporta un “rischio significativo” secondo la stessa Banca centrale, ma che potrebbe lievitare nei prossimi mesi. I crediti erogati complessivamente al settore dell’edilizia e dello sviluppo immobiliare sono pari a circa 445 miliardi di euro. Consistente anche l’indebitamento delle famiglie (sia nei confronti delle banche che verso finanziarie), che ha toccato nel 2008 il 130% del reddito disponibile, quando nel 1995 arrivava appena al 50%. L’aumento più consistente è avvenuto tra il 2000 e il 2008, periodo nel quale la percentuale del debito sul reddito è più che raddoppiata, contestualmente all’impennata dei mutui immobiliari.

ESPOSIZIONE DEL SETTORE BANCARIO VERSO IMPRESE DEL SETTORE EDILE E GRANDI OPERE (MILIONI DI EURO)

Impieghi % sul totale impieghi Sofferenze % sul totale impieghi anno precedente

2005

2006

2007

2008

2009

93.665

107.669

122.026

130.216

130.706

7,6%

7,8%

7,9%

8,1%

8,1%

6.531

6.607

6.517

5.141

7.574

0,6%

0,5%

0,5%

0,3%

0,5%

dersi, insomma, quanto dei 550 miliardi contabilizzati corrisponda al suo valore effettivo, visto il deprezzamento degli immobili sottostanti (da -3% a -4% nel 2009, secondo Nomisma). Senza contare le dismissioni di patrimonio edilizio in programma nei prossimi mesi - 3 miliardi solo dalle prime cinque società, per abbattere parte dei debiti accumulati - che potrebbero innescare nuove pressioni al ribasso. «Se gli asset (immobili, ndr) posti a garanzia dei crediti fossero valutati a prezzi di mercato avremmo sofferenze ben più consistenti, mentre non farei scommesse su una ripresa del settore, almeno nel breve termine», prevede Giacomo Morri, direttore del Master in Real Estate della SDA Bocconi. «Non vedo motivi plausibili perché il mercato debba tornare a crescere, soprattutto nel comparto commerciale. L’economia ristagna e sul fronte finanziario non si registrano novità: le banche non aumentano il credito e i tassi potrebbero anche salire nei prossimi mesi, raffreddando ulteriormente la domanda». Quel che è certo è che i fondi immobiliari italiani hanno dovuto svalutare i propri asset per 297 milioni di euro (-3%), portando il bilancio 2009 in perdita per 165 milioni, da un utile di 56 milioni dell’anno prima. Giacomo Morri non esclude nuovi ribassi dei prezzi nell’anno in corso, considerati i tempi di reazione del mercato immobiliare. Il 2009, infatti, ha registrato il picco negativo delle compravendite (-10%) i cui effetti - a causa dei tempi burocratici delle transazioni immobiliari - potrebbero farsi sentire in questi mesi. La stessa Associazione dei costruttori (Ance) prevede entro dicembre una contrazione degli investimenti del 7,1%. «I prezzi sono

BOLLA Particolare condizione di mercato nella quale un eccesso di euforia conduce ad un aumento anormale della domanda con conseguente innalzamento dei prezzi. Gli operatori acquistano un prodotto finanziario, un bene o una materia prima convinti che il valore sia destinato a salire ulteriormente. La corsa al rialzo si arresta poi all’improvviso facendo crollare i prezzi ormai eccessivi e insostenibili. ESPOSIZIONE Il coinvolgimento di un investitore (individuo o società) in un particolare segmento di mercato. Tale coinvolgimento si misura attraverso il valore dei titoli posseduti e/o dei crediti vantati. Se il segmento è a rischio insolvenza [vedi] l’esposizione può diventare una misura del rischio bancarotta. INSOLVENZA L’incapacità di un soggetto di onorare i propri debiti per mancanza di liquidità. Tale condizione può riguardare singoli investitori, imprese, società finanziarie o Stati sovrani. SOFFERENZE L’insieme dei crediti vantati nei confronti di soggetti a rischio insolvenza e, in quanto tali, di riscossione difficile e incerta. Tali crediti possono essere trasformati in denaro liquido attraverso l’impiego di strumenti finanziari derivati. Questo processo si definisce “cartolarizzazione”. FONTE: ELABORAZIONI SU DATI BANCA D’ITALIA

Immobiliare a rischio bolla E le banche tremano

GLOSSARIO

SPAGNA: LA BOMBA A OROLOGERIA DEL CREDITO IMMOBILIARE

SPECULAZIONE Operazione di compravendita titoli realizzata in base a ipotesi soggettive sull’andamento di mercato. Tipico esempio l’acquisto di titoli o beni determinato dalla convinzione che l’aumento (magari immotivato) della domanda spingerà il loro valore al rialzo. SVALUTAZIONE La perdita di valore di un asset [vedi], di una moneta o di un bene materiale, determinato dai fattori base del mercato, ovvero da un calo della domanda o da una crescente disponibilità dello stesso (eccesso di offerta).

ancora troppo alti - continua Morri - e gli investitori non comprano. Certamente assisteremo a una selezione del mercato, nel quale la domanda si rivolgerà soprattutto a immobili di qualità, causando il deprezzamento degli altri. In ogni caso è difficile pensare che oggi un fondo straniero trovi appetibile il mercato italiano». Un’opinione, a quanto pare, condivisa dagli investitori, visto che dal 2007 al 2009 i titoli delle società immobiliari hanno perso il 66,86% del valore.

Dubbi sul futuro Sarebbe eccessivo prefigurare rischi sistemici, se non altro perché l’indebitamento delle famiglie italiane resta contenuto: con un debito pari al 60% del reddito disponibile, siamo lontani dal 130% dei nostri vicini spagnoli (Banca d’Italia, 2008). Anche i crediti a rischio presentano valori molto diversi: in Italia le sofferenze complessive si attestano intorno ai 12,5 miliardi di euro, mentre in Spagna l’esposizione problematica potrebbe toccare i 166 miliardi. Pur considerando ulteriori svalutazioni difficilmente arriveremmo a quella soglia. Restano tuttavia delle incognite, legate alla valutazione degli immobili sottostanti e all’andamento del mercato, e una domanda: in che modo le banche spalmeranno eventuali perdite sulla massa dei risparmiatori? Nel frattempo incombe la spada di Damocle del debito bancario, che sottoporrà a nuove pressioni i bilanci: tra il 2011 e il 2012 gli istituti dovranno rimborsare 245 miliardi di obbligazioni sottoscritte dai risparmiatori, che saliranno a 503 entro il 2014.

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| finanzaetica | nuovo Cda |

| finanzaetica | fronto con il mondo che ci circonda. Il Cda ha organizzato un percorso formativo per uniformare il più possibile le competenze e le conoscenze di tutti i membri. Due incontri si sono già svolti - uno sui mercati monetari e uno su patrimonio e vigilanza – il prossimo verterà sull’articolo 5 e sul perché nasce una banca etica. Quali priorità sono emerse nella prima riunione? Abbiamo affrontato il tema dell’equilibrio tra trasparenza e riservatezza. Perché è necessario mantenere riserbo sulle questioni più delicate discusse in Cda, come quelle relative al personale e all’organigramma. Ma è anche fondamentale essere più efficaci nella comunicazione, con i soci e con il personale. Da questa constatazione è derivata la divulgazione, il giorno dopo la riunione del Cda, di un aggiornamento a dipendenti e circoscrizioni dei soci. A parte questo aspetto, le priorità emerse sono molte, le abbiamo sintetizzate nei temi assegnati ai tre gruppi di lavoro che abbiamo costituito nel Cda: organizzazione e personale; banca etica europea e partecipazioni; capitalizzazione e alleanze. Ma la questione più importante è quasi banale: la banca deve tornare a fare utili, che significa lavorare sull’organizzazione e l’efficienza. La prima impressione emersa dalla riunione del Cda è che dovremo stare attenti ai numeri e alle questioni bancarie. L’aspetto valoriale, sempre comunque presente, verrà di conseguenza.

Il futuro di Banca Etica Parola al neopresidente Ugo Biggeri è il nuovo presidente di Banca Etica. Efficienza e innovazione sono le sue priorità, sempre con i piedi per terra. NA NUOVA PAGINA DI STORIA”, “Verso un rinnovo radicale”, “L’assemblea del cambiamento”, “Profondo rinnovamento”, “Verso la rivoluzione”. Titolavano così alcuni giornali all’indomani dell’assemblea dei soci di Banca Etica, lo scorso 22 maggio. Un’asdi Elisabetta Tramonto semblea con una partecipazione altissima (c’erano 960 soci, che, con le deleghe, rappresentavano 5.199 voti) per assistere a un momento molto importante per la banca: dopo dodici anni di piccole modifiche nella composizione del Consiglio di amministrazione, in quell’occasione sarebbe invece cambiato radicalmente. E così è stato: sui 13 seggi disponibili in Cda sono arrivati ben 10 volti nuovi, tra cui il presidente, Ugo Biggeri, 44 anni, fiorentino, finora a capo della Fondazione culturale di Banca Etica. «Cercheremo di essere ancora più efficienti e innovativi», ha dichiarato Biggeri all’assemblea. La prima riunione del Cda è stata il 7 e l’8 giugno a Bologna (la seconda il 28 giugno, ma questo numero di Valori era già andato in stampa). Ed è arrivato il primo segnale di cambiamento, sotto forma di una maggiore trasparenza. Già il giorno dopo infatti è stato inviato ai dipendenti della banca e alle circoscrizioni dei soci (la parte

“U

ricapitalizzazione è il punto “La cruciale per la banca. Senza, molte idee e progetti di finanziamento non potranno essere concretizzati ” | 32 | valori |

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attiva della base sociale, organizzata localmente, che, a sua volta, provvede a diffondere le informazioni ai soci della propria zona) un resoconto delle attività svolte e dei temi discussi durante la riunione del Cda. Quale strada prenderà quindi Banca Etica? Quale sarà la portata del cambiamento, che la sostituzione di 10 su 13 membri del Cda lascia presagire? Per trovare alcune risposte a queste domande Valori ha intervistato il neopresidente, Ugo Biggeri. Innanzitutto come vede questo nuovo Cda? Si respira una grande voglia di fare e di fare insieme. Vogliamo cogliere l’opportunità di lavorare davvero in squadra come Cda, confrontandoci liberamente sulle scelte strategiche durante le riunioni e trovando delle linee condivise. L’assemblea ha dato un segnale di forte rinnovamento, sia per i numeri dei voti espressi, sia per come si sono ripartiti e per come hanno dato luogo alla composizione del Consiglio stesso. Il merito va non solo ai candidati eletti, ma anche ai tre esclusi, che hanno messo la faccia fino in fondo e si sono messi in gioco davvero; e a tutti i candidati su cui le aree hanno svolto la selezione. È risultata una squadra ben assortita con buone professionalità. Una squadra che nasce sulla spinta al cambiamento di una banca che dopo aver raggiunto enormi risultati in 12 anni di vita, ora è diventata adulta e deve passare a un nuovo periodo storico, con sempre più con-

IL NUOVO CDA Oltre al presidente, Ugo Biggeri (a sinistra nella foto), il nuovo Cda di Banca Etica è composto da (in ordine di preferenze raccolte durante la votazione nell’assemblea del 22 maggio scorso - nelle foto, da sinistra a destra e dall’alto in basso):

.. .. .. .. .. ..

Sabina Siniscalchi Anna Fasano Sergio Morelli Roberto Museo Giulio Tagliavini Giuseppe Gallo Renzo Canal Franco Marzocchi Daniele Lorenzi Rita De Padova Roberto Ennio Oliva Luigi Barbieri

Il vicepresidente unico nominato dal Cda è Sergio Morelli. E il comitato esecutivo è composto da: Giulio Tagliavini Giuseppe Gallo Ugo Biggeri Renzo Canal

.. ..

Il segretario di presidenza è Roberto Museo. Nella foto grande, una votazione duante l’assemblea dei soci del 22 maggio scorso.

Quello del capitale sociale è un punto fondamentale... È il punto cruciale, lo diciamo tutti e da tempo, ma credo che il Cda, gli stessi soci e tutto il sistema non siano riusciti a mettere le ricapitalizzazione in cima alle priorità, perché avevamo ancora margini. Oggi non più. Dobbiamo riuscire a far crescere il patrimonio, altrimenti siamo bloccati nell’operatività. I soci ci chiedono nuovi progetti di finanziamento, forme di società nuove da finanziare. Ma senza un capitale sufficiente sono obiettivi irraggiungibili. Può migliorare la capacità finanziamento a soggetti senza garanzie? Banca Etica ha un buon 25% finanziato senza garanzie reali. Il primo obiettivo è non scendere sotto questo 25%. Dobbiamo lavorare di più sui numeri, dimostrare a Banca d’Italia che le “nostre” garanzie non reali sono efficienti come le altre. Ma la capacità di concedere prestiti e di effettuare operazioni a rischio è legata al capitale di rischio. Quindi torniamo al punto di partenza della ricapitalizzazione. Avete pensato a un conto a costo zero? Non è da escludere, ma per il momento non ci abbiamo pensato e non ce lo possiamo permettere. Però esiste già un bancomat ricaricabile a prezzo bassissimo. Può esse|

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| finanzaetica |

| bilanci di giustizia | finanzaetica |

re usato come un conto corrente, permette di caricare lo stipendio e non consente di andare in scoperto. È adatto a chi effettua poche operazioni. State pensando anche ad altri prodotti finanziari da offrire? Per esempio un private equity con taglio etico? Sarebbe interessante, come molti altri progetti che avrei in mente. Ma prima bisogna risolvere i problemi esistenti, innanzitutto il capitale sociale insufficiente. Se non lo facciamo crescere rapidamente non potremmo realizzare molti dei progetti che vorremmo. Sul fronte del personale avete in programma dei cambiamenti, delle integrazioni, un decentramento verso le filiali? Ci sono molti bisogni relativi al personale, li abbiamo ben presenti. Ma per ora dobbiamo mantenere il quadro di bilancio della banca. Dobbiamo fare numeri. E per quanto riguarda il terzo settore, avete in programma di stringere i rapporti con questo mondo? Ho già incontrato il portavoce del forum de Terzo settore. Allacciare rapporti con quello che per noi è il nostro mondo di riferimento è una priorità. Ma il Cda si è appena insediato, non possiamo avere troppi fronti aperti contemporaneamente. Abbiamo un gran numero di progetti in mente e tanta energia e volontà per attuarli, ma lo faremo nei tempi e nei modi che ci consentirà la nostra realtà, risolvendo prima i problemi aperti. Quanto bisogno c’è per la banca di diventare più efficiente? È possibile, e come, eliminare le inefficienze? È fondamentale continuare a migliorare l’efficienza. Credo che sia possibile e che ci siano ampi margini di manovra. Ma bisogna trovare i punti deboli dove intervenire. Per esempio abbattendo i tempi necessari per fornire alcuni servizi, come la concessione di un prestito o l’accensione di un conto. Resta importante il tempo dedicato alla relazione con il cliente, ma non sempre giustifica i rallentamenti. E dovremo promuovere di più il conto on line e portare a termine un numero maggiore dei molti progetti (prodotti e servizi) che mettiamo in cantiere. Banca Etica negli ultimi anni è stata molto in movimento, i nuovi consiglieri vogliono capire come portare avanti le attività in essere, migliorarle e, contemporaneamente, introdurne di nuove. Di sicuro dovremo lavorare sulla gestione interna e sulla soddisfazione del cliente, garantire la certezza nella risposta e la massima velocità. La ricerca dell’efficienza è un percorso che non riguarda solo la banca, ma anche la struttura associativa. Prendiamo, ad esempio, il microcredito, non ce ne occupiamo da soli. Serve una rete, che garantisca l’accom| 34 | valori |

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NELL’ANNO DELLA CRISI, BANCA ETICA REGGE IL COLPO NONOSTANTE I COLPI DELLA CRISI Banca Etica ha superato il 2009 a testa alta. I finanziamenti concessi hanno registrato una forte crescita: +26% dal 2008. In particolare sono volati gli interventi nel settore delle rinnovabili: 21 milioni e 320 mila euro i finanziamenti deliberati nel 2009 dalla banca per la realizzazione di impianti che utilizzano fonti energetiche rinnovabili. È stato quasi triplicato il dato del 2008. Anche la raccolta di risparmio è salita: +11%. Un vero boom delle sottoscrizioni dei fondi di Etica sgr, in aumento quasi del 50%. Il capitale sociale è cresciuto di 3,5 milioni di euro. Quasi 3.000 i nuovi soci, che si sono aggiunti ai 30 mila che la banca contava nel 2008. Permane elevata la qualità del credito. Le sofferenze nette sono ferme allo 0,3% del totale dei crediti. Il rapporto tra impieghi e raccolta raggiunge quasi il 57%. È aumentata anche la presenza operativa di Banca Etica nel territorio: nel 2009 è stata aperta la filiale di Genova che ha portato a 13 il numero complessivo di sportelli operativi su tutto il territorio nazionale. E quest’anno apriranno Ancona e Perugia. Anche il conto economico ha chiuso in utile, seppure contenuto, di 30 mila euro. Il margine di interesse rispetto al 2008 si è ridotto di 4 milioni di euro quale conseguenza dell’andamento dei tassi di mercato. «Per chi come noi vuole fare banca in modo tradizionale, raccogliendo il risparmio per finanziare progetti di economia civile e solidale, rinunciando a ogni attività speculativa, gli ultimi anni sono stati durissimi», ha dichiarato il direttore generale, Mario Crosta. «Il crollo dei tassi di interesse ci ha costretti a un faticoso contenimento dei costi per poter continuare a erogare credito alle imprese sociali e alle realtà non profit che da sempre sono il nostro bacino di utenza e che, proprio nella crisi, hanno più bisogno di accesso al credito. Eppure grazie all’impegno costante di soci e dipendenti, che credono nella mission di questa banca, i nostri clienti non hanno conosciuto il credit crunch».

BANCA ETICA E LEGACOOP È STATO SIGLATO lo scorso 7 giugno l’accordo tra Banca Etica e la Lega delle Cooperative per finanziare l’avvio e il consolidamento di imprese cooperative, di nuova costituzione e non, promosse da Legacoop. Sarà finanziato un migliaio di imprese in tutta Italia e di qualunque settore, aderenti a Legacoop. I prestiti saranno garantiti da Coperfidi (il consorzio fidi nazionale costituito dalle tre centrali cooperative Lega, Confcooperative, Agci) e da Coopfond, la società che gestisce il fondo mutualistico di Legacoop, alimentato dal 3% degli utili annuali delle cooperative associate. Quello tra Legacoop e Banca Etica è un rapporto di vecchia data (con circa 18 milioni di euro di impieghi con le cooperative della Lega), ma è la prima volta che l’intervento si allaga dalla cooperazione sociale ad altri comparti.

pagnamento della persona che chiede il prestito. È necessario coltivare alleanze con chi ha a che fare con queste persone. Essere efficienti significa anche questo, creare delle reti solide. Però dobbiamo guardare alla banca per quello che è, con la sua struttura economica piccola e il capitale sociale limitato. Sarebbe un errore caricarla di aspettative e di progettualità che non possono essere realizzate finché non ci sono i numeri adeguati. Bisogna impegnarsi su obiettivi alla nostra portata. Sognare è importante, ma la concretezza è una condizione necessaria per la realizzazione del sogno, oltre ad essere un divere verso i soci e i clienti. Che cosa vi ha spinti a firmare l’accordo con Legacoop (vedi BOX ) per finanziare le cooperative loro associate? In questa fase di crisi economica le cooperative più che mai meritano l’incoraggiamento di un accesso al credito agevolato. I finanziamenti potranno essere utilizzati per ri-capitalizzare le cooperative, per lanciare nuove iniziative, ma anche per sostenere le imprese cooperative in questa fase difficilissima per l’economia: gli enti pubblici ormai pagano i fornitori a un anno se non di più. Come banca del terzo settore e delle imprese sociali siamo disponibili a fare la nostra parte, naturalmente con i nostri criteri di valutazione sociale ed economica; vogliamo quindi sostenere le cooperative, ad esempio con anticipi fatture a condizioni vantaggiose. Speriamo che questo accordo sia l’asse portante per rafforzare la collaborazione tra finanza etica e mondo cooperativo: due settori dell’economia italiana che condividono una visione responsabile e orientata al bene comune delle attività economiche e che possono legittimamente candidarsi a essere anticorpi della crisi, in grado di sviluppare risposte positive e innovative.

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Bilancisti: cambiare stile di vita spinge all’impegno pubblico

LA STRADA ALTERNATIVA VERSO IL “BIEN VIVRE” IL LORO MOTTO È “CONSUMARE MENO, CONSUMARE MEGLIO”. Forse il ministro Brunetta li additerà come fannulloni. Il ministro Tremonti li potrebbe accusare di fare il male della Patria perché non incentivano gli acquisti e quindi la ripresa del Pil. Eppure l’esempio dei Bilancisti dimostra che la correlazione tra consumi e qualità di vita non è inoppugnabile. Le famiglie aderenti a Bilanci di Giustizia hanno deciso di orientare i propri consumi in un’ottica di maggiore sobrietà ed equità, introducendo una serie di cambiamenti nel proprio stile di vita. Piccole cose che insieme fanno grandi risultati: acqua del rubinetto invece delle minerali imbottigliate, bici anziché auto, verdure (biologiche) al posto della carne, latte e detersivi alla spina per ridurre gli imballaggi, dolci fatti in casa anziché merendine confezionate, e così via. Tante piccole scelte che hanno finito per “spostare” in senso più giusto il 30% dei loro consumi, con picchi nell’alimentare (48%) e nell’igiene (40%). A risentirne positivamente non è solo la coscienza, ma anche le casse familiari. In un anno, una famiglia bilancista arriva a risparmiare il 16% rispetto al resto dei nuclei familiari. Una scelta che però ha ben poco di pauperista: i bilancisti consumano più prodotti biologici e alimenti di qualità. E spendono più della media per cultura e libri. Il tutto, lavorando meno ore della media (tagliare i consumi inutili libera risorse per il tempo libero). Che abbiano trovato la via per il bien vivre?

Dopo aver cambiato stili di vita e di consumo, molti membri di Bilanci di Giustizia hanno iniziato a impegnarsi nel proprio territorio. Una riscoperta della politica. Attraverso cooperative, centri d’ascolto, piani regolatori virtuosi. È L’INSEGNANTE DI MESSINA che ha deciso di mettere in piedi una cooperativa di lavoro con ragazzi disabili. Un cittadino di Trento entrato a far parte del tavolo di lavoro provinciale sulla mobilità. Un assessore di Quarrata, nel di Emanuele Isonio pistoiese, che ha steso un regolamento urbanistico ispirato dall’obiettivo di eliminare il peso delle lobby dell’edilizia e di ridurre il consumo di suolo. E, ancora, il ragazzo bolognese che ha deciso di aprire un forno che utilizza la pasta madre al posto del lievito per produrre il pane in modo tradizionale. E c’è anche chi, “baciato dalla fortuna”, ha ereditato una grossa somma di denaro ma, anziché spenderla in shopping sfrenato e acquisti di lusso, ha reso possibile l’apertura di un centro di assistenza per i più bisognosi.

C’

te, ma a scelte individuali dei vari “Bilancisti”. Come se il cambio di stili di vita, fatto nel privato della propria famiglia, li abbia spinti a trasferire tali esperienze a livello collettivo. «Un passaggio dal personale al politico», lo definisce don Gianni Fazzini, coordinatore di Bilanci di Giustizia. «In questo momento di corruzione dilagante, che non lascia immune neppure la Chiesa, è un messaggio altissimo. Chi sceglie di guardare in modo nuovo i consumi e il proprio bilancio familiare tende naturalmente a trasferire tale impegno su un altro terreno. E pone in essere azioni “politiche”». Che non necessariamente si traducono in impegno all’interno dei partiti, ma che producono cambiamenti nella collettività: «È politica mettere in pratica azioni quotidiane che si basano sul rispetto dei beni comuni – osserva Fazzini - è politica preferire un’azienda che riconosce i diritti dei lavoratori; è politica rimanere in rete e cercare nel confronto e nelle relazioni delle risposte».

La nuova politica Tutte queste azioni, votate al bene collettivo, sono state messe in pratica da alcuni membri di Bilanci di Giustizia, l’associazione che da diciotto anni propone l’adozione di nuovi stili di vita. Modi nuovi di concepire i consumi, basati su principi di sostenibilità e sobrietà, per rompere il gioco della frenesia dell’acquisto e della supremazia del mercato. Azioni che non rispondono a strategie coordinaDALLA FAMIGLIA ALLA POLITICA: QUATTRO GIORNI, MILLE ESPERIENZE “PASSAGGI TRA PERSONALE E POLITICO”. Ovvero: chi fa scelte senza farsi (più) condizionare dalla pubblicità e dal mercato ha la consapevolezza della valenza politica del suo modo di vivere. Sarà il tema del convegno annuale di Bilanci di Giustizia, ospitato, quest’anno, a Marina di Massa tra il 26 e il 29 agosto. Diversamente dalle precedenti edizioni, al posto dei relatori, gli incontri saranno dedicati a scoprire i modi d’impegno pubblico messi in atto dai Bilancisti, dopo aver modificato i propri stili di vita. Il programma completo dell’incontro annuale e la lista dei laboratori sono pubblicati su www.bilancidigiustizia.it.

Una scoperta casuale L’aspetto curioso della vicenda è che questa tendenza a passare dall’impegno familiare a quello pubblico è emerso per caso tra i Bilancisti. Semplicemente parlando, l’inverno scorso, in uno degli appuntamenti organizzati per permettere lo scambio di buone pratiche. Una scoperta tanto inattesa da spingere l’associazione a inserire le esperienze più interessanti nel Rapporto 2010, che sarà presentato nell’incontro annuale di fine agosto (vedi BOX ). Compito di un docente dell’Università di Macerata, il professor Roberto Mancini (nulla a che vedere con l’omonimo allenatore del Manchester City), docente di filosofia teoretica, fare il punto e passare da tante storie individuali a un percorso comune, in grado di diffondere le buone pratiche nei piccoli borghi o nelle grandi città in cui i Bilancisti vivono.

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APPUNTAMENTI LUGLIO>OTTOBRE 30 giugno - 1 luglio PARIGI (FRANCIA) C5’s GLOBAL MICROINSURANCE SUMMIT Il settore microassicurativo e le sue enormi potenzialità al centro del convegno organizzato dalla società londinese C5. Secondo gli ultimi dati resi pubblici dagli analisti di Lloyds, le microassicurazioni nei Paesi in via di sviluppo coprono appena 135 milioni di individui pari al 5% di un mercato globale stimato in 3 miliardi di possibili clienti. www.c5-online.com

11 - 14 luglio LAS VEGAS (USA) THE 1 CREDIT UNION CONFERENCE Conferenza unificata della World Credit Union Conference e dell’America’s Credit Union Conference. L’evento è organizzato dal World Council of Credit Unions (WOCCU), organizzazione che promuove lo sviluppo sostenibile delle agenzie di credito a livello mondiale allo scopo di migliorare l’accesso ai servizi finanziari e di estenderne i benefici a quante più persone possibile. www.vegas2010.org

13 - 15 luglio LONDRA (UK) TAKAFUL SUMMIT 2010 Quarto appuntamento con il summit finanziario. L’evento riunirà ancora una volta tutti gli attori internazionali del settore specializzati nel segmento del “Takaful”, il sistema islamico di assicurazione basato sulla reciproca cooperazione e la condivisione dei profitti. www.takafulsummit.com

18 - 23 luglio FIRENZE INTERNATIONAL SUMMER SCHOOL ON SOCIAL BANKING 2010 Emblematicamente intitolato “Banking on values - what values?”, il corso, destinato agli studenti e agli operatori di banche, imprese e progetti sociali si articolerà in una serie di conferenze, dibattiti, laboratori e spazi aperti «per offrire una piattaforma che aiuti | 36 | valori |

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A CURA DI MATTEO CAVALLITO | PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVETE A REDAZIONE@VALORI.IT

a far fronte a questo ampio problema, e ispirare i nostri partecipanti a impegnarsi per un sistema bancario più attento e dedito all’uomo e alla natura». www.social-banking.org/summer-school 19 luglio - 6 agosto TORINO 16TH ANNUAL BOULDER MFT Programma estivo di corsi organizzati dal Boulder Institute of Microfinance presso il Training Center dell’International Labour Organization (Itcilo) di Torino. www.bouldermicrofinance.org 25 - 30 luglio FRANCOFORTE (GERMANIA) HOUSING FINANCE SUMMER ACADEMY 2010 Corso dedicato allo studio degli strumenti finanziari utilizzati nel settore immobiliare dei mercati emergenti. Organizza la Frankfurt School of Finance & Management. www.frankfurt-school.de

26 - 30 luglio ACCRA (GHANA) MICROFINANCE SUMMER ACADEMY WEST AFRICA Corso intensivo sulla microfinanza organizzato dalla Microfinance Association, un’organizzazione internazionale non profit con finalità formative. www.microfinanceassociation.org 31 agosto ITALIA BANDO “UNIVERSITY MEETS MICROFINANCE” Scadenza del 2°bando 2010 per sostenere le ricerche in microfinanza realizzato da Capgemini e PlaNet Finance Italia con il sostegno dell’Unione Europea. Le Borse di Studio, del valore massimo di 1.500 euro l’una, sono messe in palio nell’ambito del programma europeo 2009-2011 “University Meets Microfinance” che mira a creare maggiore cooperazione tra il mondo accademico, gli studenti e gli operatori di microfinanza in Europa. www.universitymeetsmicrofinance.eu 6 - 7 settembre LONDRA (UK) GLOBAL PARTNERSHIPS IN MICROFINANCE Conferenza sul tema della creazione di reti cooperative per lo sviluppo delle attività nel settore del microcredito. L’evento si svolgerà presso il World

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Heritage Maritime Greenwich campus della capitale inglese. microfinance.gre.ac.uk

o equivalente conseguita presso un’Università italiana o straniera considerata equipollente. sifp.it/pdf/bando.pdf

10 - 12 settembre RETHYMNO (GRECIA) BEYOND THE CRISIS FIRST INTERNATIONAL CONFERENCE IN POLITICAL ECONOMY Conferenza organizzata dalla Soas International Initiative for Promoting Political Economy (IIPPE) e dalla Greek Scientific Association for Political Economy. L’evento rappresenta il punto d’arrivo dei precedenti workshop realizzati dall’IIPPE a Creta, Napoli e Ankara. www.soas.ac.uk/iippe

7 ottobre NEW YORK CITY (USA) ICCR’s ANNUAL SPECIAL EVENT Giunge alla sua 24esima edizione l’evento annuale aperto al pubblico dell’Interfaith Centre on Corporate Responsibility (ICCR). Attivo dal 1971 nello sviluppo dei temi della responsabilità d’impresa con la sua opera di azionariato attivo, l’ICCR raccoglie centinaia di investitori istituzionali di ispirazione religiosa. www.iccr.org

14 - 15 settembre SYDNEY (AUSTRALIA) RIAA’S 7TH INTERNATIONAL RESPONSIBLE INVESTMENT CONFERENCE Convegno sugli investimenti socialmente responsabili. Organizza la Responsible Investment Association Australasia (RIAA). www.responsibleinvestment.org

8 - 9 ottobre IZMIR (TURCHIA) SOCIAL CAPITAL AND SUSTAINABLE DEVELOPMENT La quarta edizione dell’International Conference on Social Sciences, organizzata dalla Social Sciences Research Society (SoSReS), sarà dedicata al tema del ruolo delle relazioni informali nella realizzazione delle pratiche di sostenibilità e nella gestione del capitale sociale. www.icssconference.net

27 - 28 settembre VENEZIA FROM THE WEALTH OF NATIONS TO THE WEALTH OF NATURE: RETHINKING ECONOMIC GROWTH Conferenza sul tema della conservazione della biodiversità e degli strumenti economici di promozione della stessa (tassazioni, contratti etc.) organizzata dalla Fondazione Enrico Mattei in collaborazione con Conservation International (Ci) e lo United Nations Environmental Programme (Unep). www.bioecon.ucl.ac.uk 30 settembre GERA D’ADDA (BERGAMO) MICROINSURANCE: AN INNOVATIVE TOOL FOR DISASTER AND RISK MANAGEMENT - SCADENZA BANDO L’Associazione Emanuela Morelli, con il patrocinio della Società Italiana di Filosofia Politica, indice un Concorso per una Borsa di Studio da 3000 euro sul microcredito e la microfinanza. L’iniziativa è riservata a giovani studiosi e studiose in possesso almeno di una Laurea Specialistica o Magistrale

12 ottobre AMSTERDAM (OLANDA) EUROSIF ANNUAL ADVISORY COUNCIL MEETING Evento annuale organizzato da Eurosif - European Social Investment Forum, l’associazione creata nel 2001 allo scopo di riunire organizzazioni analoghe attive nei temi della finanza sostenibile e presenti nel Continente. www.eurosif.org ottobre 2010 (data da definire) ROMA CREDITO ALLE FAMIGLIE 2010 Convegno organizzato dall’Abi sui temi del credito al consumo e dei mutui. “Credito alle Famiglie - spiegano i promotori - fa il punto sullo sviluppo crescente di questo mercato e, anche attraverso il confronto fra la realtà italiana e le esperienze internazionali, traccia le linee evolutive del settore nei prossimi anni”. Tra i temi principali anche la relazione banca/clientela e la gestione dei rischi. www.abieventi.it


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La manovra

Tagli, non riforme dei servizi di Roberto Romano*

L RAPPORTO DEL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE DEL 14 MAGGIO SCORSO rileva che la crisi finanziaria ci ha reso più poveri e che i governi devono “stringere” la cinghia per compensare “le entrate perse”, anche se l’Fmi non imputa la crescita dei deficit alla dinamica degli interessi sul debito pubblico. Tuttavia, se è vero che negli altri Stati è cresciuto l’indebitamento pubblico per far fronte alla crisi, in Italia si tagliano le spese senza che vi sia nessuna iniziativa di “contenimento” del ciclo economico negativo. La manovra predisposta dal nostro governo sul biennio 2011-2012 vale quasi 25 miliardi di euro, di cui 12 per il 2011. Ma è significativamente più pesante se consideriamo il mancato rinnovo contrattuale del pubblico impiego. Stimando in 1.800 milioni l’importo medio annuo di tale rinnovo, il risultato sul biennio è pari a 26.892 miliardi, di cui 13.853 nel 2011. Un intervento profondo: tra maggiori e minori spese si incide per quasi 15 miliardi nel biennio 2011-2012, di cui quasi 8 miliardi nel 2011. Il peso principale della manovra cade sui redditi delle persone, per un valore di quasi 4 miliardi alla voce previdenza, 3.600 milioni per il blocco dei contratti pubblici (2011-2012), 750 milioni per la riduzione del costo del personale sanitario. Sostanzialmente, il governo taglia il reddito da lavoro dipendente per un importo equivalente a 8 miliardi, cioè lo 0,6% del Pil. Inoltre, gli Enti locali saranno soggetti a tagli prossimi a 14 miliardi di euro sul triennio: 8,5 miliardi per le Regioni, 1,5 per le Regioni a statuto speciale, 800 milioni per le Province e 4 miliardi per i Comuni, al netto della riduzione della spesa farmaceutica di 1,2 miliardi sul biennio. La manovra interviene anche sulla previdenza pubblica su più La ricetta del governo di un fronte. Il risparmio legato alla manovra correttiva sul triennio è di diminuire le spese: (2011-2013) è pari a 6.500 milioni, senza contare l’innalzamento dell’età ciò graverà soprattutto delle donne nel pubblico impiego a 65 anni a partire sui redditi. Invece avremmo pensionabile dal 2016. I risparmi sono inoltre punitivi più per le pensioni di vecchiaia potuto sfruttare la crisi che per quelle di anzianità. I tagli alla spesa previdenziale sono più e intervenire sulle entrate accentuati di quelli realizzati per Enti locali o ministeri e consegneranno un futuro di almeno un 35% di pensionati poveri. Molti opinion makers parleranno di un possibile aumento della pressione fiscale a livello regionale e comunale, ma la realtà è molto più dura. Neanche le più alte aliquote delle addizionali possono compensare le minori entrate degli Enti locali. L’impatto macroeconomico della manovra è difficile da quantificare, ma la crescita del Pil dell’1,5% per il 2011 è realmente poco credibile. La propensione al consumo per i redditi più bassi si ridurrà notevolmente per una frazione di 9 miliardi, senza considerare il taglio del “consumo” pubblico degli enti locali (15 miliardi). Queste contrazioni riducono in maniera secca la domanda per almeno 1 punto di Pil. Eppure sarebbe stato possibile agire dal lato delle entrate, magari utilizzando la crisi per razionalizzare il prelievo fiscale, non certo per ridurlo se vogliamo mantenere certi servizi. L’ipotesi di un’imposta reale (patrimoniale), una rimodulazione della base imponibile Ire (ex Irpef), un’imposta o tassa sulle rendite finanziarie avrebbero permesso la realizzazione di un fisco almeno prossimo a quello dei Paesi europei. Si sarebbe potuto chiedere un aggiornamento dei criteri di Maastricht, cioè un allargamento del criterio del debito, con l’inclusione nei parametri di una parte del debito privato. Inoltre, rimane aperto il problema della specializzazione produttiva italiana che impone uno 0,5% di minore crescita di Pil rispetto all’Europa, con delle forti ripercussioni * della rivista www.economiaepolitica.it sulla capacità di creare nuovo e buon lavoro, soprattutto nei settori emergenti della green economy.

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Le banche scommettono sul business radioattivo >42 Economia e ambiente: il nucleare sotto processo >44 Euclides Mance, il filosofo dell’economia solidale >47

economiasolidale NAPOLITANO PREMIA IL PROGETTO COHOUSING.IT

ULIVI SECOLARI PUGLIESI NEL NUOVO OLIO ALCENERO E SLOW FOOD PRESENTA LA GUIDA ALL’EXTRAVERGINE

SARDEGNA: LE COLONIE PENALI PASSANO AL BIO

ENTRO 40 ANNI 200 MILIONI DI PROFUGHI AMBIENTALI

NASCE “SPESA UTILE” IL SISTEMA CHE FA VINCERE PRODUTTORI, CLIENTI E AIUTA LE COOP SOCIALI

ROADSHARING: L’AUTOSTOP AI TEMPI DEL WEB 2.0

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha assegnato a Ezio Manzini, docente del Politecnico di Milano, il Premio dei Premi per l’Innovazione, per il suo progetto Cohousing.it. Come probabilmente già sapranno i lettori assidui di Valori, il cohousing è un nuovo modo di abitare, che unisce l’autonomia di una normale abitazione individuale con i vantaggi di servizi e spazi condivisi con altri condomini dello stesso insediamento: stanze per gli ospiti, nido e aree giochi per i bambini, lavanderie, laboratori per il fai da te, palestre, cucine e spazi per eventi conviviali, orti. Per realizzare un insediamento di cohousing è necessario un gruppo coeso – di solito tra 20 e 40 nuclei familiari – che deve trovare un accordo sui valori di riferimento della nuova comunità residenziale. Un processo necessariamente partecipato ma spesso non facile da realizzare: Cohousing.it nasce per dare un supporto a tutti coloro che vogliono vivere il cohousing. Una piattaforma in cui scambiare idee e informazioni e creare un gruppo: scelta delle persone, individuazione del sito, coprogettazione degli spazi e dei servizi da mettere in comune. Sono fasi essenziali per la buona riuscita dei progetti di cohousing.

Alberi con un età dai 500 ai 2000 anni, che hanno attraversato il corso della storia dalle sponde del Mare Nostrum. Sono gli ulivi monumentali di Puglia (nella foto) dai cui frutti Alce Nero estrae e propone oggi un preziosissimo olio extravergine di oliva biologico. Un olio che diventa messaggero dei valori degli olivicoltori della Comunità degli Uliveti Monumentali di Puglia, che raggruppa sei piccoli produttori impegnati in un’agricoltura che segue i ritmi e le regole della natura e che si fa custode di tradizioni e paesaggi. Un impegno che da anni ha scelto l'agricoltura biologica come metodo di coltivazione e produzione e che significa anche promozione della legalità. «È un olio che ci racconta di questa Comunità, di questi angeli custodi, dell’impegno alla conservazione di queste piante da parte dell’Istituto Agrario Pantanelli di Ostuni, dei suoi studenti ed insegnanti, così come del lavoro dei ragazzi della cooperativa di Libera Terra, che opera qui su beni confiscati alla criminalità organizzata», ha sottolineato il presidente di Alce Nero & Mielizia, Lucio Cavazzoni. Di extravergini si occupa anche la nuova guida presentata pochi giorni fa da Slow Food: nel libro (Guida agli extravergini 2010) vengono proposti 984 oli, prodotti da 706 aziende diverse. Gli oli vengono suddivisi per regione, tipo di produzione (convenzionale, biologica, integrata, biodinamica), tipo di olive usate. A ogni prodotto viene assegnato un punteggio tra una e tre olive con relativo commento. E accanto a ogni olio c’è la fascia di prezzo corrispondente (da meno di 8 euro fino a 20). Uno strumento utile per scoprire le differenze regionali tra i vari extravergini, per fare un viaggio tra le produzioni di eccellenza di cui l’Italia è ricca. E per scoprire che, non di rado, un olio di pregio non è più caro dei prodotti che troviamo tra i banchi del supermercato.

Le colonie agricole degli istituti penitenziari della Sardegna sposano il biologico. L’amministrazione penitenziaria regionale ha infatti firmato una convenzione con la sezione sarda dell’Aiab (Associazione italiana agricoltura biologica). che prevede la conversione delle produzioni agro-zootecniche delle colonie agricole sarde di Is Arenas, Isili e Mamone: un patrimonio di 6.200 ettari tra boschi, pascoli, terreni coltivabili e spiagge in territori incontaminati. Nelle colonie si pratica allevamento allo stato brado e si produce formaggio, miele, mirto, polline, conserve e piante officinali, che saranno quindi immessi nel mercato con la certificazione bio. L’iniziativa, che rientra nel progetto triennale C.o.l.o.n.i.a., ha l’obiettivo di aumentare la qualità delle produzioni agricole delle tre colonie, per valorizzarne i prodotti, il patrimonio ambientale e per aiutare i detenuti a costruirsi un futuro lavorativo. Aiab organizzerà un corso di formazione di 36 ore in ciascuna colonia penale, destinato al personale operativo e ai quadri dirigenti. I prodotti biologici delle colonie saranno poi venduti e promossi alle Biodomeniche che l’Aiab organizza durante tutto l’anno in numerose città italiane.

Nel 2050 potrebbero essere oltre 200 milioni, ma già oggi secondo le stime sono almeno 50 milioni le persone costrette all’esodo forzato a causa dei cambiamenti climatici. Sono i profughi ambientali, i nuovi migranti che lasciano le proprie terre a causa della desertificazione e della siccità, lo scioglimento dei ghiacciai e la crescita dei livelli del mare, gli eventi meteorologici estremi come alluvioni e uragani fino alle guerre per il controllo delle materie prime. I dati sono contenuti nel dossier “Profughi ambientali” presentato da Legambiente a Terrafutura 2010. Il dossier evidenzia come il riscaldamento globale abbia ormai scalzato i conflitti armati quale principale causa delle emigrazioni di massa: nel 2008 a fronte dei 4,6 i milioni di profughi in fuga da guerre e violenze, sono state 20 milioni le persone costrette a spostarsi temporaneamente o definitivamente in seguito a eventi meteorologici estremi. E il fenomeno, che già nel 1990 riguardava 25 milioni di persone, sembra destinato ancora ad aumentare. Solo tra il 2005 e il 2007 l’agenzia dell’Onu ha risposto a una media annua di 276 emergenze in 92 Paesi, oltre la metà delle quali causate da calamità, il 30% da conflitti e il 19% da emergenze sanitarie.

In gergo tecnico si parla di win-win negotiation. Tradotta, l’espressione indica tutti quegli strumenti e iniziative che producono solo vincitori. Anche un’azione semplice e apparentemente banale come fare la spesa può costruire un metodo in cui ognuno trae un vantaggio. “Spesa utile” è l’iniziativa messa in pratica dall’Isnet, un’associazione bolognese nata con l’obiettivo di sostenere la crescita e lo sviluppo delle imprese sociali. Il circolo virtuoso di Spesa utile coinvolge fornitori, cooperative sociali, centri d’aggregazione e clienti: i fornitori, rigorosamente locali, consegnano i propri prodotti (alimentari e non) alle cooperative sociali. Queste, a loro volta, gestiscono il magazzino e preparano le buste della spesa secondo le ordinazioni dei clienti. Per le loro attività utilizzano persone svantaggiate, fornendo loro un’opportunità d’inserimento lavorativo. I clienti fanno le ordinazioni e ritirano la spesa in “unità d’ordine” (scuole, centri sportivi, condomini, parrocchie o qualunque altro luogo in cui si recano spesso). I vantaggi di un simile sistema sono abbastanza palesi: viene stimolato il consumo di prodotti locali (con effetti positivi sull’economia del territorio e sull’ambiente), si favorisce l’attività delle cooperative d’inserimento lavorativo, si agevola lo sviluppo delle relazioni umane grazie ai centri di aggregazione. E infine il cliente risparmia denaro (per il “salto” di intermediari) e soprattutto tempo (perché ritira la spesa, già pronta, in un luogo a sua scelta). Il sistema è stato testato con successo dalla cooperativa CIM di Bologna, grazie anche al sostegno della Fondazione Culturale Responsabilità Etica. L’iniziativa di Bologna è replicabile in tutta Italia. L’associazione Isnet conta infatti oltre 900 cooperative sociali in tutte le regioni.

Anche le eruzioni possono dare un aiuto inatteso a chi cerca nuovi modi di viaggiare a basso costo e con bassi impatti ambientali. Quella del vulcano islandese Eyjafjallajokull di aprile è stata, ad esempio, un volano per Roadsharing.com, un sito internet in quattro lingue che rivisita il tradizionale concetto di autostop. «Grazie a quell’eruzione, siamo diventati famosi in tutto il mondo. Viaggiare in Europa era diventato impossibile per il blocco degli aeroporti. I viaggiatori si sono così organizzati con Roadsharing», racconta l’ideatore Daniele Nuzzo. Sul sito si può cercare un passaggio o offrire il proprio mezzo di trasporto. Il servizio funziona così: chi offre un passaggio si registra con i propri dati inserendo luogo di partenza e di arrivo e resta in attesa di chi cerca il passaggio verso uno dei luoghi toccati dal percorso. Chi cerca un posto in auto può invece inserire il percorso desiderato e attendere una proposta di passaggio on line. Sarà poi Roadsharing.com a stabilire il contatto fra i futuri compagni di viaggio, senza che questi spendano un euro per il servizio ottenuto. In pratica, una vera e propria borsa dell’autostop, con migliaia di proposte di viaggio già inserite. Da pochi giorni è anche disponibile una versione mobile (http://m.roadsharing.com/it) per poter accedere al servizio via smartphone, quando si è lontani da un computer.

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| economiasolidale | FINANZIAMENTI DIRETTI E INDIRETTI AL NUCLEARE DA PARTE DELLE BANCHE ISTITUTO

BNP Paribas Barclays Citigroup Société Générale Crédit Agricole Royal Bank of Scotland Deutsche Bank HSBC JPMorgan Chase Bank of China Mitsubishi UFJ Mizuho Morgan Stanley Merrill Lynch UBS ABN Amro Commerzbank Goldman Sachs Sumitomo Mitsui Natixis Credit Suisse Nordea Bank of America UniCredit/HVB Nomura Bayerische Landesbank BBVA ING Royal Bank of Canada Lehman Brothers (fallita) SEB Bank Gazprombank Intesa San Paolo China Construction Bank

Le banche scommettono sul business radioattivo Gli impianti nucleari costano moltissimo. Ma per gli istituti di credito è un affare gigantesco. Le Ong di Banktrack hanno stilato la classifica dei più grandi finanziatori globali.

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superiore ai 50 TWh per ogni decennio. Oppure una seconda ipotesi (che prevede un miglioramento dell’efficienza e che è considerata più probabile dallo studio), con un ritorno ai consumi elettrici pre-crisi (2007) nel 2020. In entrambi i casi non esiste una domanda aggiuntiva tale da giustificare nuove grandi centrali nucleari, almeno fino al 2030. Nel primo scenario, infatti, il fabbisogno di potenza elettrica al 2020 sarà di circa 76 GWh: “Tenendo conto del fatto che sono già in costruzione nuove centrali termoelettriche convenzionali per circa 5,2 GWh (che saranno terminate entro il 2011) - prosegue il rapporto - e che la potenza efficiente lorda nel 2008 era di 76 GWh, anche con qualche dismissione non ci saranno problemi di potenza disponibile al 2020”. Nel 2030, invece il fabbisogno salirebbe a circa 87,6 GWh, ma potrà essere coperto con i nuovi impianti già autorizzati o in fase di costruzione. Nella seconda ipotesi, inoltre, “fino al 2020 si continuerebbe ad avere un eccesso di potenza installata: servirebbero 70,6 GWh. Solo nel 2030 si arriverebbe a un fabbisogno di potenza elettrica installata di 77 GWh”. A. B.

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10 nomi dietro il credito al nucleare Non può stupire, dunque, che oltre la metà di tutti i finanziamenti che sostengono il comparto nucleare in Europa arrivino dagli istituti di credito. Anzi, a ben vedere a farla da padrone c’è un gruppo di soli 10 istituti finanziari. La denuncia è pubblicata su inter-

net, con dovizia di particolari, sul sito Nuclearbanks.org. Si tratta di una ricerca commissionata da Greenpeace, Campagna per la riforma della banca mondiale e da altre Ong che compongono la coalizione Banktrack, che oltre a fornire una classifica degli istituti maggiormente esposti nel settore, spiega anche come nella maggior parte dei casi i finanziamenti non giungano direttamente alle compagnie che costruiscono e gestiscono le centrali, bensì seguano percorsi indiretti. Il rapporto prende in considerazione, infatti, tutti i flussi di capitali nel periodo compreso tra il 2000 e il 2009: il possesso di azioni e obbligazioni di aziende coinvolte a vario titolo nell’indotto del nucleare, i servizi di project financing, i prestiti aziendali e altri tipi di prodotti finanziari. Complessivamente, in questo modo sono state individuate 867 transazioni, che coinvolgono 124 banche commerciali. La più attiva è la francese BNP Paribas, con oltre 13,5 miliardi di euro; seguono Barclays e Citigroup, entrambe con 11,4 miliardi. Prima delle italiane è Bnl (controllata proprio da BNP Paribas). Più indietro, con rispettivamente 2,3 e 1 miliardo, figurano Unicredit e Intesa SanPaolo che, si legge nello studio, “occupano rispettivamente la ventitreesima e la ventottesima posizione in questa classifica, anche se non sono ancora disponibili informazioni ufficiali su quali istituti finanzierebbero il ritorno del nucleare in Italia voluto dal governo Berlusconi”. «Le banche che finanziano progetti nucleari rischiano di rimetterci soldi e reputazione - spiega Andrea Lepore, responsabile della campagna nucleare di Greenpeace - Per questo chiediamo alle banche di spostare i loro investimenti da una fonte sporca e pericolosa come il nucleare verso progetti di efficienza e fonti rinnovabili».

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Il reattore in costruzione a Olkiluoto, in Finlandia. Sopra, fasi di costruzione del Sanmen Nuclear Power Plant (Cina, provincia di Zhejiang).

13.502 11.463 11.413 9.750 9.179 8.576 7.842 7.578 6.721 6.011 5.389 4.799 4.327 4.082 3.990 3.979 3.926 3.731 3.238 3.154 2.924 2.686 2.361 2.310 2.172 1.755 1.658 1.563 1.538 1.428 1.287 1.236 1.071 1.027

BNP Paribas è la più attiva, davanti a Barclays e Citigroup. Ma sono presenti anche Unicredit e Intesa San Paolo COSTI DI PRODUZIONE PER KWH PER IMPIANTI AL 2020 [ MILLESIMI DI $, 2007] FONTI

Carbone Gas Eolico Nucleare

CAPITALE

O&M*

COMB.**

TRASM.***

TOTALE

70,76 20,97 84,25 78,38

5,19 1,54 9,05 11,42

18,67 55,33 0,00 8,88

3,61 3,88 6,15 3,14

98,23 81,72 99,45 101,82

*costi di installazione e manutenzione; **combustibile; ***costi di trasmissione Il Dipartimento dell’energia Usa presenta periodicamente la valutazione dei costi attesi della produzione di elettricità da nuovi impianti. Vengono considerate in genere quattro fonti: nucleare, carbone, gas ed eolico. Le ultime stime del 2009 confermano, come in passato, che il nucleare costa più delle fonti convenzionali. In questa stima supera anche l’eolico.

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FONTE: GIUSEPPE ONUFRIO, EPR: ASPETTI ECONOMICI, DI SICUREZZA E DI GESTIONE DELLE SCORIE, GREENPEACE

miliardi di euro. Moody’s, infine, nel maggio di due anni fa, parlava di 7,5 miliardi di dollari per mille MW. Si sa, inoltre, che i costi previsti inizialmente spesso lievitano enormemente in corso d’opera: il reattore francese in costruzione a Olkiluoto (Finlandia) avrebbe dovuto entrare in funzione nel 2009 al prezzo di 3 miliardi di euro, ma i tempi di costruzione si sono allungati di almeno 3 anni e i costi sono quasi raddoppiati (2,5 miliardi di euro in più). Si tratta di dati che non possono confortare neppure i nuclearisti più convinti. A nessuno, infatti, può far piacere che le spese aumentino in modo incontrollato. O, ITALIA, FINO AL 2030 L’ENERGIA ABBONDERÀ E NON SERVIRANNO CENTRALI NUCLEARI meglio, “quasi” a nessuno. Già, perché c’è chi potrebbe valutare l’economicità degli inPOSSIAMO DIRE (FINALMENTE) ADDIO ALL’INCREMENTO DEI CONSUMI ELETTRICI? Il calo registrato in Italia vestimenti non in funzione dell’energia pronel 2009 (del 6,7%, pari a 22 Twh, con una discesa a 317,6 TWh) potrebbe non essere stato solo figlio dotta, né dell’impatto sull’ambiente. Bensì della crisi economica? La risposta è sì, secondo il rapporto della Fondazione sviluppo sostenibile “Scenari elettrici post-crisi al 2020 e 2030”. “La crisi ha promosso una riduzione non solo congiunturale dei consumi: sperare proprio che i flussi di denaro siano i alcuni cambiamenti virtuosi avvenuti sia nei processi produttivi sia nei comportamenti dei consumatori apparivano, più alti possibili. Parliamo di chi quei capiinfatti, già in embrione prima della crisi”, si legge nel rapporto. tali li garantisce sotto forma di linee di creIl futuro potrebbe, quindi, presentare due scenari: uno caratterizzato da un peggioramento dell’efficienza elettrica, in cui la crescita dei consumi sarebbe comunque inferiore a quella del decennio pre-crisi, pur essendo dito, ovviamente. Banche in testa.

HE COSTRUIRE UN REATTORE NUCLEARE EPR costi moltissimo è noto, anche se esistono valutazioni molto diverse tra loro. Si passa dai 3-3,5 miliardi di euro ipotizzati da Enel nel giugno del 2008 ai 4,5 di Andrea Barolini stimati dalla francese EDF nella primavera del 2009. Ma si arriva anche a cifre più alte: Wulf Bernotat, capo della tedesca E.On, dichiarava a maggio 2008 al Times on line che i costi possono arrivare “fino a 6 miliardi di euro”, mentre Citigroup (nel 2009) fissava un intervallo tra 5 e 6

FINANZIAMENTI IN MILIONI DI EURO

FONTE: WWW.NUCLEARBANKS.ORG

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| economiasolidale |

NUCLEARE 1% PRODOTTI PETROLIFERI 4%

NUCLEARE 1%

ALTRE FONTI 7% FONTI RINNOVABILI 13%

PRODOTTI PETROLIFERI 4%

ALTRE FONTI 6%

HYDRO DA APPORTI NATURALI 32% [41,142] FONTI RINNOVABILI 32%

2008

TOTALE 339.482

2009

GAS NATURALE 48%

CARBONE 13%

GAS NATURALE 44% CARBONE 13%

TERMOELETTRICO 71% [242.107]

EOLICO 1% [4.852] GEOTERMOELETTRICA 2% [5.198] FOTOVOLTAICO 0,1% [193] BIOMASSE, FORSU, BIOCOMBUSTIBILI 2% [5.956] IMPORT RINNOVABILE 8% [27.704] IMPORT NON RINNOVABILE 4% [12.330]

Economia e ambiente Nucleare sotto processo Un’intervista “doppia” a Marco Ricotti e Sergio Zabot, che spiegano pro e contro dell’opzione nucleare. COSTI (ALTI E IN AUMENTO IMPREVISTO) e l’inquinamento sono due dei punti principali sul tavolo di confronto tra favorevoli e contrari alla produzione di energia elettrica dal nucleare. A riguardo abbiamo chiesto i pareri di Andrea Barolini e Elisabetta Tramonto (opposti) di due esperti: Marco Ricotti, vicedirettore del dipartimento Energia Marco Ricotti, vicedirettore del dip. del Politecnico di Milano (pro-nucleare) e Sergio Zabot, Energia del Politecnico direttore del settore Energia della Provincia di Milano di Milano. Sotto, Sergio Zabot, direttore (fermo oppositore al nucleare).

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del settore Energia della Provincia di Milano.

1. Perché la bolletta elettrica è così cara in Italia? L’elettricità prodotta con il nucleare potrebbe essere più economica? RICOTTI: Abbiamo la bolletta elettrica più cara d’Europa perché utilizziamo un mix energetico che non ha simili in Europa. Usiamo gas per oltre il 60%, poi olio combustibile e finalmente idroelettrico, ma pochissimo carbone. Ricordiamo che abbiamo una potenza installata di oltre 90 GW quando utilizziamo al massimo 65 GW. Nonostante questo extra di produzione potenziale, importiamo il 15% di energia elettrica (nucleare) dalla Francia. Perché ci costa meno (e se ci fossero altri elettrodotti, ne importeremmo di più). L’Europa invece produce energia elettrica così: 40% carbone, 30% nucleare, poi gas ed infine rinnovabili. Recentemente l’Iea (International Energy Agency) ha emesso un documento di comparazione dei costi stimati di produzione di energia

corsa all’atomo è dettata “La dai guadagni marginali. Ma da un punto di vista della produzione di energia il nucleare è inutile ”

Sergio Zabot

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elettrica, per tutte le tipologie di fonti energetiche, nei vari Paesi del mondo e a costi del capitale differenti (5% e 10%). Anche con il massimo tasso di sconto, il nucleare risulta ampiamente competitivo.

ZABOT: Innanzitutto bisogna sfatare la leggenda secondo cui importiamo il 15% di energia nucleare dalla Francia perché costa meno. Nel 2008 l’Italia ha importato in tutto 40.000 GWh, pari al 12% dell’elettricità immessa in rete. Dai dati forniti dal GSE risulta che il 69,2% dell’energia elettrica importata è prodotta da fonti rinnovabili, proveniente per lo più da Austria e Svizzera. Significa che, anche ipotizzando che tutta l’energia elettrica proveniente dalla Francia sia di origine nucleare, la quantità di energia elettro-nucleare immessa nella rete italiana è meno del 4%. Ma i motivi per cui la bolletta elettrica italiana è così cara sono altri: 1. Con il sistema del prezzo marginale, che si forma nella Borsa elettrica, l’energia offerta dai produttori non viene remunerata in base al prezzo richiesto da ognuno di essi, bensì a quello più alto offerto dai produttori nel loro complesso. Il risultato è che, sebbene in Italia vi siano oltre 98.000 MW installati con punte massime di 55.000 MW di richiesta sulla rete, c’è ancora la corsa alla realizzazione di nuovi impianti, perché, anche se funzioneranno a ritmi ridottissimi, il sistema del prezzo marginale garantirà loro delle buone remunerazioni. 2. In Italia il 10% della bolletta è destinato ai cosiddetti “oneri generali di sistema”, per pagare lo smantellamento delle 4 vecchie centrali nucleari italiane (212 milioni di euro nel 2008); gli investimenti fatti prima della liberalizzazione e, soprattutto, per incentivare le fonti assimilate alle rinnovabili, ossia la

produzione di elettricità con gli scarti delle raffinerie di petrolio, con i rifiuti, con la cogenerazione a gas naturale (1.720 milioni di euro nel 2008). 3. La rete di trasmissione italiana, sia in alta che in media tensione, è inadeguata. Le perdite di trasmissione sono elevate (il 6% dell’elettricità immessa, che comunque paghiamo) e le strozzature nei collegamenti Nord-Sud provocano un aumento considerevole dei cosiddetti prezzi zonali. Nel 2008, a fronte di un prezzo unificato nazionale (pun) di 83 €/MWh, in Sicilia il prezzo zonale è stato di 120 €/MWh. 4. La tassazione dell’energia in Italia è particolarmente elevata, superiore del 30% alla media europea, del 19,3% alla Germania, del 36,2% alla Francia e addirittura del 63,9% alla Spagna. Alla seconda parte della domanda rispondo con due altre domande: 1. Perché il 9 dicembre 2008, Sergio Garriba, consulente del ministro Scajola, a seguito dell’emendamento presentato il 28 novembre dalla Lega Nord sul decreto legge Anticrisi per eliminare il meccanismo del prezzo marginale, ha affermato: “Passare in Borsa elettrica dal sistema del marginal price a quello del pay as bid non è compatibile con i nuovi investimenti nel nucleare, per i quali il Governo sta preparando la strada. Il sistema tracciato nel DL anticrisi non è vantaggioso per gli impianti nucleari”? 2. Perché nella legge 99 del 2009, “Delega al Governo in materia nucleare” si dispone che: “il gestore della rete di trasmissione nazionale assicura la precedenza all’energia elettrica prodotta da impianti che utilizzano energia nucleare prodotta sul territorio nazionale”? Se il Governo è sicuro che l’energia elettronucleare costerà di meno, perché non lascia decidere al mercato quale elettricità immettere in rete sulla base del costo più conveniente, invece che imporci di acquistarla per legge? 2. L’impianto EPR di Olkiluoto di Areva in Finlandia, ma anche l’AP-1000 di Westinghouse in Cina hanno visto lievitare tempi e costi di costruzione rispetto ai progetti iniziali. Su chi ricadranno questi costi extra? RICOTTI: Le cose non stanno propriamente così. L’impianto di Olkiluoto ha aumentato i costi a causa dell’aumento del costo delle materie prime, al tempo della corsa al rialzo del petrolio (quando costava 150 $/barile), e a causa di problemi di gestione della complessa fase di costruzione di cantiere (il primo in Europa da oltre 20 anni) che ne hanno allungato i tempi, aumentando i costi del 50-60%. In Cina invece le cose stanno andando diversamente: le schedule temporali sono rispettate e i costi non sono lontani dalle stime di previsione. Tralasciando i casi particolari finlandese e cinese (per motivi contrattuali - acquisto chiavi in mano a costo qua-

si fisso - il primo, per motivi di regole di mercato il secondo), ma ragionando in senso più ampio, facendo riferimento ad un mercato elettrico liberalizzato, i costi extra sono normalmente tenuti in considerazione come "rischio di progetto/realizzazione" da parte del committente. È ovvio che costi maggiori renderanno minore il margine di guadagno tra prezzo di vendita competitivo dell’energia e costo di produzione, per l’acquirente/possessore della centrale. In un mercato liberalizzato il prezzo lo è pure, ma l’acquirente può decidere dove e quale energia acquistare. Obama ha deciso di mettere a disposizione un fondo di garanzia per la costruzione delle nuove centrali nucleari americane, per abbattere il rischio finanziario e far sì che le banche si sentano tutelate e possano prestare i capitali alle imprese con tassi più convenienti (i finlandesi, con il loro consorzio, hanno ottenuto il 75% del capitale ad un tasso di circa il 3%). Ma se, nonostante gli intoppi in Olkiluoto, i finlandesi hanno deciso di costruire un’altra centrale nucleare, la sesta, forse un motivo di convenienza economica ci sarà.

ZABOT: La vicenda di Olkiluoto ormai la risolverà il tribunale di Stoccolma, a cui si è rivolto il consorzio finlandese TVO che ha commissionato l’impianto. È notizia di pochi giorni fa che la costruzione del primo EPR subirà un ulteriore anno di ritardo, oltre i 3 attualmente accumulati e che non sarà consegnato prima del 2013 con costi che, partiti da una base di 3 miliardi di euro, sono già raddoppiati. Probabilmente si arriverà a una transazione e pagheranno un po’ tutti a cominciare dai maggiori finanziatori, la Bayerische Landesbank, la francese Coface e la svedese Export Agency (SEK) che sono tutti enti pubblici e che ragionevolmente si rivarranno su Areva che è al 90% posseduta dallo Stato francese. Per quanto riguarda l’Italia il problema di eventuali sovra-costi è già stato risolto con il comma 4 dell’articolo 25 della legge 23 luglio 2009, n° 99 sopra citata: pagheranno i consumatori, dato che saranno costretti a consumare l’energia elettrica che sarà prodotta dalle centrali nucleari.

I COSTI DEL NUCLEARE MILIARDI DI €/1000 MW

1.000 MW DI NUCLEARE IN MILIARDI DI EURO COSTANO:

2,5-2,8 SECONDO ENEL-EDF (EPR)

FINO A OLTRE 3,5 SECONDO E.ON E CITIGROUP (EPR)

CIRCA 4 SECONDO L’OFFERTA AREVA IN EAU (4 EPR)

CIRCA 5 SECONDO L’OFFERTA AREVA IN CANADA (2 EPR)

CIRCA 5,8 SECONDO MOODY’S (AP1000)

FINO A 6,1 SECONDO FLORIDA L&P (AP1000)

I COSTI DELLE SCORIE COSTI SPECIFICI DI SMANTELLAMENTO E SISTEMAZIONE IN GERMANIA STADE 672 MW

744 €/KW NIEDERHAICHBACH 135 MW

1.274 €/KW HAMM-UENTROP 308 MW

5.519 €/KW LUBMIN 6x440 MW

3. Anche se esistono dati diversi sulle scorte di uranio, di certo è una risorsa limitata. Che cosa comporta questo da un punto di vista economico? RICOTTI: Poco, per due motivi: non si ricercano nuovi giacimenti di uranio da quasi 20 anni, per il basso costo che

1.212 €/KW RHEINSBERG 70 MW

5.000 €/KW

IMPORT-EXPORT ENERGETICO DELL’ITALIA 2008 [ GWH ] IMPORT

Francia Svizzera Austria Slovenia Grecia Totale

12.990 24.178 1.360 4.726 179 43.433

EXPORT

30% 56% 3% 11% 0,4% 100% |

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1.151 399 2 96 1.751 2.299 |

34% 12% 0,1% 3% 52% 100%

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SALDO

11.939 23.779 1.358 4.630 – 1.572 40.034 | valori | 45 |

FONTE: TEMA

FONTI 2008 COMPRENSIVE DELL’IMPORT [TRA PARENTESI I GWH]

FONTE: GIUSEPPE ONUFRIO, EPR: ASPETTI ECONOMICI, DI SICUREZZA E DI GESTIONE DELLE SCORIE, GREENPEACE

IL MIX ENERGETICO

MIX ENERGETICO NAZIONALE PER GLI ANNI 2008 -2009

FONTE: LUTZ METZ, UNIV. LIBERA BERLINO, 2010

LE FONTI RINNOVABILI IN ITALIA

FONTE: GSE

FONTE: GSE

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| l’intervista | economiasolidale |

l’uranio ha mantenuto sino a pochi anni fa (se poi salisse molto di prezzo, qualcuno potrebbe pensare di estrarlo dall’acqua di mare, dove le quantità sono ingentissime, ma i costi di estrazione sono molto elevati); l’effetto dell’aumento del costo dell’uranio incide poco sul costo dell’energia elettrica nucleare: per un aumento del 200% del costo dell’uranio, si ha un aumento del 5% del costo di produzione dell’energia. Non cito i reattori di IV generazione, che potrebbero estendere a 1500 anni le scorte di uranio, perché di questi reattori parleremo fra 30-40 anni. Quando l’uranio non sarà ancora finito.

ZABOT: Secondo i dati forniti dalla World Nuclear Association, le riserve di uranio totali, comprendendo quelle “ragionevolmente assicurate” e quelle “ipotizzate”, sono pari a 5.500.000 tonnellate. Se si considera che il fabbisogno attuale globale è di circa 72.000 tonnellate/anno per alimentare i 439 reattori civili attualmente in funzione, più i 188 reattori navali (158 sottomarini, 9 portaerei, 2 incrociatori e 5 rompighiaccio) che circolano per gli oceani, l’autonomia con gli attuali consumi è di 80 anni. Ma se si costruiranno i 34 reattori programmati e gli altri 219 proposti, le riserve scenderanno a 60 anni. Diversa la situazione se tra 30 anni potranno essere operativi i reattori di 4a generazione o addirittura i reattori al torio. Ma questa è una storia futuribile. Ma il mercato dell’uranio è simile a quelli delle commodities e attualmente è caratterizzato da un’offerta limitata a causa dei lunghi periodi di tempo necessari per l’entrata in esercizio di nuove miniere, aggravati da ritardi e aumenti dei costi dei progetti e dalla scarsità di manodopera per via delle condizioni ad altissimo rischio sanitario in cui le maestranze operano. La coltivazione delle miniere di uranio deve, inoltre, fare i conti con sempre più rigorose restrizioni ambientali e, di conseguenza, il mercato rimane limitato. Significa che le quotazioni dell’uranio non sono e non saranno esenti dalla volatilità che subiscono i prodotti petroliferi. Sperare che il prezzo dell’uranio rimanga basso in modo da consentirci di disporre di energia elettrica a costi stracciati è da ingenui o da ciarlatani. 4. Uno dei vantaggi del nucleare, secondo i suoi sostenitori, è essere carbon free (cioè a zero emissioni di anidride carbonica). Lo è davvero? RICOTTI: Lo dicono diversi studi scientifici e non è difficile comprenderne il motivo. La CO2 è prodotta in una centrale nucleare solo in fase di costruzione, poi per 60 anni non “emette” perché non “brucia”. Non emette

GLOSSARIO EPR È il reattore nucleare europeo ad acqua pressurizzata di terza generazione, a fissione, progettato e sviluppato principalmente dalla società francese Areva. Si tratta del modello in costruzione ad Olkiluoto, in Finlandia. GRID PARITY È un insieme di condizioni economiche caratterizzate dalla coincidenza del costo del kWh prodotto attraverso diverse fonti. REATTORI DI IV GENERAZIONE Sono reattori da anni allo studio ma non ancora realizzati, che promettono di diminuire la produzione di scorie nucleari, nonché i costi di costruzione e di esercizio degli impianti. GENERAZIONE DISTRIBUITA È una filosofia di distribuzione dell’energia che, a differenza della “generazione concentrata”, non si basa su poche grandi centrali ma su molte unità di piccole dimensioni, ed è alla base dello sviluppo delle fonti rinnovabili. ARRICCHIMENTO È il procedimento attraverso il quale si aumenta la concentrazione dell’isotopo 235U rispetto al meno radioattivo 238U nell’uranio, rendendolo così utile per la produzione di energia attraverso una centrale nucleare.

Italia la bolletta costa cara “In perché abbiamo un mix energetico che non ha simili in Europa. L’atomo rimane competitivo ”

Marco Ricotti

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nemmeno gli altri agenti inquinanti come NOx e SO2, frutto della combustione. Anche considerando l’intero ciclo di vita (se lo facessimo ad esempio per il fotovoltaico troveremmo cose interessanti) l’energia prodotta dalla centrale è decisamente superiore a quella impiegata e quella prodotta è certamente CO2 free, per una semplice ragione di fisica (fissione e non combustione).

Il filosofo dell’economia solidale

ZABOT: È una leggenda, alla quale sembrano credere anche alcuni ambientalisti. La produzione dell’uranio, oltre che essere una tipica attività mineraria, è una faccenda lunga e complessa. Bisogna estrarre il minerale uranifero che contiene mediamente lo 0,15% di uranio. Questo va arricchito per aumentare la parte fissile, che normalmente è dello 0,7% e che va innalzata almeno al 3,5%. Tutte queste lavorazioni comportano l’utilizzo di combustibili fossili, elettricità, enormi quantità di acqua, di acido solforico e infine di fluoro che è un gas altamente velenoso e provoca un effetto serra migliaia di volte più potente della CO2. Solo le attività nel reattore non emettono CO2. Ma poi comincia la lunga e tormentata fase del ritrattamento del combustibile esausto, che dura decine e decine di anni con costi enormi in termini di uso di combustibili fossili ed elettricità per trasportarlo da un posto all’altro: riprocessarlo, condizionarlo, confinarlo in depositi provvisori, dato che in tutto il mondo non esiste ancora un deposito definitivo. Senza contare i tempi biblici dello smantellamento dei reattori che dura almeno 50 anni con tutta l’energia che occorre e le conseguenti emissioni di CO2. Benjamin K. Sovacool, in uno studio pubblicato nel giugno del 2008 su Energy Policy, ha analizzato 103 studi sulle emissioni di CO2 degli impianti nucleari e dei 20 studi ritenuti più completi e affidabili riporta un valore medio di 66 grammi di CO2 per kWh prodotto con dei massimi che indicano 288 grammi/kWh. Storm van Leeuwen in uno studio commissionato dal Parlamento europeo, aggiornato nel febbraio del 2008 riporta i seguenti valori di emissioni di CO2: Front-end (attività di miniera e arricchimento): 16,26-28,27 g/kWh Costruzione dell’impianto: 16,8-23,2 g/kWh Operazione e Manutenzione: 24,4 g/kWh Back-end (trattamento delle scorie): 15,51-40,75 g/kWh Decommissioning dell’impianto: 39,5-49,1 g/kWh Totale: 112,47-165,72 g/kWh. Si consideri che un ciclo combinato a gas emette tra i 320 e i 360 grammi di CO2 per kWh prodotto. Da rilevare che l’Oxford Research Group sostiene che al 2050 l’elettricità nucleare genererà tanta CO2 per kWh prodotto, quanta ne producono gli impianti a ciclo combinato a gas, per il solo fatto che la concentrazione (grade) di uranio nel minerale disponibile diminuisce.

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Antropologo, pedagogista, Euclides Mance ha collaborato a politiche di sviluppo con il governo brasiliano. Sostiene l’organizzazione di reti di economia solidale per il bem viver e per un mondo nuovo. EUCLIDES MANCE nel 2001, al primo Forum sociale mondiale di Porto Alegre, in Brasile. Allora conoscevo solo il commercio equo, la finanza etica e variazioni sperimentali di cooperazione internazionale. In Italia i Gas di Jason Nardi si contavano sulle dita di una mano, si parlava di “un altro mondo possibile”, che ripartisse ribaltando il rapporto tra economia e società, rete Lilliput era agli esordi. E l’esperienza brasiliana era all'avanguardia, con il bilancio partecipativo e l’economia popolare, sostenuta da sindacati e movimenti sociali diffusi. Sono passati nove anni, durante i quali ho approfondito la conoscenza di Euclides Mance, che lo scorso maggio era a Firenze, a Terra Futura. Zoes ha promosso la presentazione del suo libro Organizzare reti solidali. Con lui hanno dialogato Alfredo Cucciniello del dipartimento Pace e stili di Vita delle Acli,

H

O INCONTRATO

Giacinto Palladino della Fiba-Cisl e Soana Tortora, della neonata Solidarius Italia, che ha curato l’edizione italiana.

Perché la società umana si organizza in reti

Antropologo, filosofo e pedagogista, Mance ha collaborato all’elaborazione di politiche pubbliche di sviluppo territoriale per il governo brasiliano e in particolare al programma “Fame zero”. Oggi lavora per la promozione e l’organizzazione di reti di economia e collaborazione solidale e per la costruzione di un’economia delle relazioni. “La costruzione di un mondo nuovo, in cui ognuno può contribuire al bem viver di tutti e di tutte per mezzo di pratiche economiche e sociali solidali, rappresenta l’affermazione della libertà umana”, si legge nel primo capitolo del libro. È dedicato alla dimensione pedagogico-educativa, secondo gli insegnamenti di Paulo Freire, il teorico dell'educazione brasiliano. GUIDA PRATICA ALL’ORGANIZZAZIONE DELLE RETI SOLIDALI Secondo Mance si tratta principalmente di una questione di identità e di libertà: L’OPERA DI EUCLIDES ANDRÈ MANCE costituisce le fondamenta teoriche del movimento per l’economia sociola libertà di ognuno è maggiore quanto più solidale in Brasile (e non solo), con una forte impronta di filosofia della liberazione e di educazione popolare. Il titolo originale di questo terzo volume italiano di Mance (dopo “La rivoluzione delle reti” - EMI, 2003 e “Fame zero. si promuove la libertà eticamente vissuta di Il contributo dell'economia solidale” - EMI, 2006) era “Como Organizar Redes Solidàrias”. L’edizione italiana è stata tutti. «Fare rete è il modo di far avanzare la aggiornata e arricchita, con un lavoro “aperto e collettivo” di confronto con i curatori italiani; ben oltre un manuale libertà di ciascuno, è l’insieme delle attività di “istruzioni per l'uso”, il volume è uno strumento di pedagogia sociale per la promozione e l’organizzazione di reti di economia e collaborazione solidale, nonché una dettagliata esposizione di possibili alternative nella costruzione realizzate per avere la possibilità di essere lidi società post-capitaliste. Diviso in tre parti, la prima affronta la dimensione pedagogico-educativa; la seconda, beri», afferma Euclides. «La società umana la dimensione economica-imprenditiva, dall'autogestione alla sostenibilità delle imprese solidali. La terza, infine, descrive le reti di collaborazione, dalla riorganizzazione delle filiere al sistema di logistica e distribuzione solidale, si organizza naturalmente in reti. La prima con un capitolo dedicato alla diagnosi di reti e di flussi di valore, grazie agli strumenti telematici è la famiglia: con i legami affettivi, educacontenuti nel portale Solidarius.net. Il testo è in “copysol”, un copyleft un po’ speciale. Per ogni libro tivi. Poi c’è la propria comunità, il quartieacquistato, un Credito Solidarius sarà accreditato a chi si registra nel SIS (Sistema di Scambio Solidale), attraverso il portale www.solidarius.net. re, la città, ecc. Non c’è qualcuno che lo Euclides Mance a cura di Soana Tortora e Valter Zanin spieghi, avviene in modo spontaneo». La Organizzare Reti Solidali - Strategie e strumenti per un altro sviluppo costruzione di una cittadinanza cosciente, Edup, 2010 che si riconosce e opera attraverso reti di |

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| economiasolidale | collaborazione solidale, è la strada per promuovere sia la libertà privata che quella pubblica.

Superare la frammentazione In Brasile oltre 22 mila imprese “autogestite” sono state censite come parte dell’economia solidale dal ministero del Lavoro e dal Forum brasiliano dell’Economia solidale, che le riunisce tutte. In Italia questa caratterizzazione non esiste, pur essendoci moltissime organizzazioni produttive sostenibili, associazioni per la difesa dei diritti, per la tutela dei consumatori. «Ma non c’è una rete che li unisca, una rete collaborativa», afferma Mance. «I Gas sono da una parte, da un’altra c’è Banca Etica, poi il commercio equo e il non profit. Sono separati tra loro». E, soprattutto, si scambiano poche informazioni economiche. Superare questa frammentazione in Italia sarà il frutto del lavoro collaborativo di tutti gli organismi e i gruppi che scelgono la stra-

| economiasolidale | da dell’economia e della collaborazione solidale. «Solidarius Italia spiega nel suo intervento Soana Tortora - cercherà, insieme con Solidrius Brasile, di contribuire a questo obiettivo comune a partire da un lavoro culturale e formativo».

Le reti di collaborazione solidale «Le reti permettono di integrare e far interagire consumatori, produttori, servizi, finanza etica», spiega Euclides. Non è un caso che i sindacati comincino a interessarsi all’economia solidale (a Terra Futura, sia Cgil sia CIisl hanno organizzato incontri con i Gas): “Quando i consumatori si servono del consumo solidale, una volta usati i prodotti di un’impresa che non sfrutta i lavoratori e protegge l’ambiente, si crea un valore aggiunto che nella logica capitalistica sarebbe profitto. Questo valore aggiunto, nella logica solidale viene invece reinvestito nella costruzione di nuove imprese (…) creando nuovi posti di lavoro, diversificando la produzione

e migliorando il tipo di consumo di tutti quelli che partecipano alla rete”, si legge nel libro di Mance (a pag 132).

La democrazia dell'economia Ma quale rapporto devono avere le reti di economia solidale con i governi? È giusto che ci sia un sostegno statale? La teoria liberale pretende che sia il mercato a regolare l’economia, ad autoregolarsi. Altri pensano che debba spettare allo Stato. «Le reti possono essere un’alternativa, per una gestione democratica dell’economia», risponde Mance. «Nell’economia solidale, organizzata in rete, non ci sono lavoratori e datori di lavoro: tutti decidono insieme. Non basta creare posti di lavoro e reddito, serve democrazia. In tutti gli ambiti, anche in economia». Ma, soprattutto, le iniziative di economia solidale «devono in ogni caso mantenere un alto livello di autonomia dalle istituzioni». I dati brasiliani ci dicono, d’altra parte che con o senza l’appoggio delle istituzioni, le iniziative di economia solidale continuano a crescere.

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Un manifesto del progetto Fame Zero (Fome Zero).

In rete per costruire le istituzioni

SOLIDARIUS.NET, IL PORTALE INTERNAZIONALE DELLE RETI DI ECONOMIA SOLIDALE NATO COME UN ESPERIMENTO per fare una “diagnosi” di rete e di filiera e un “piano di fattibilità economica” per imprese socio-solidali, Solidarius ha oggi quasi sei anni di vita ed è in continua evoluzione. Il portale permette di elaborare analisi di flussi economici in reti collaborative di economia solidale, verifica l’integrazione di imprese economiche, generando analisi e proiezioni degli scenari richiesti dalla pianificazione strategica per l’impianto, l’aggregazione e la crescita auto-sostenibile di reti di economia solidale. E misura il grado ecologico e solidale dei flussi. Uno degli strumenti informatici offerti dal portale è il sistema di scambio Solidarius, che permette di registrare e mappare tutti i flussi economici non monetari realizzati all'interno di una rete collaborativa attraverso i Crediti Solidarius. Ogni membro della rete utilizza un conto di crediti come se fosse un conto corrente bancario e tutte le transazioni realizzate sono tracciate e consultabili pubblicamente dagli altri partecipanti.

IL PROGRAMMA FAME ZERO LANCIATO NEL 2003 su iniziativa del presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, il programma Fame Zero (Fome Zero in Portoghese) rappresenta “una strategia promossa dal Governo federale per assicurare il diritto umano all’alimentazione adeguata alle persone che hanno difficoltà nell’accedere al cibo”. Attraverso un programma coordinato dal ministero dello Sviluppo sociale e della lotta alla fame, Fame Zero si propone di agire su quattro fronti: accesso alle risorse alimentari, rafforzamento dell’agricoltura familiare, generazione di reddito (attraverso programmi professionali, riorganizzazione produttiva e microcredito) e promozione di campagne ad hoc sul tema. Studi condotti dalla Banca Mondiale, che ha finanziato il progetto con oltre mezzo miliardo di dollari, hanno sottolineato il successo del programma evidenziando la riduzione del lavoro minorile e dei tassi di diseguaglianza sociale. www.fomezero.gov.br

Telecomunicazioni, energia, acqua, tutto scorre nelle reti. Per far arrivare meglio le istituzioni tra i cittadini o per sostituire lo Stato con il mercato? ARE RETE” è un’espressione che da qualche anno si è trasferita dai campi di calcio alle realtà territoriale: tutto quello che nasce dal “basso” o che si vuole auto-organizzare cerca di darsi una struttura a rete. C’è la rete dei distretti dell’economia solidale, c’è la rete dei Gas e si di Paola Baiocchi

“F

guarda con molto interesse alle reti solidaristiche che, soprattutto in Sud America, stanno dando importanti risultati per dotare le comunità locali di strumenti di gestione delle risorse o di uscita dalla povertà. È il caso del progetto brasiliano Fame Zero, un com-

binato di cinquanta azioni diverse, dalle cucine itineranti allo sviluppo dell’agricoltura familiare, che il presidente Lula da Silva ha varato nel 2003 per combattere la denutrizione, un problema endemico in Brasile che riguarda almeno il 30% dei 175 milioni di abitanti del grande Paese emergente.

Dallo sradicamento della fame ai diritti I risultati di Fame Zero, anche nei commenti internazionali, sembrano lusinghieri: i ministri che hanno coordinato il progetto hanno più volte ricordato che non si tratta di un’azione filantropica, ma di una politica che serve per costruire dei diritti. Finora inesistenti. Delle cellule staminali di istituzioni da far crescere fino a diventare adulte. «È in questo ambito che bisogna contestualizzare l’utilità delle reti», dice Roberto Romano, economista dell’ufficio studi della Cgil. «In una situazione di grande povertà, in cui la fiscalità è inesistente, le reti possono rappresentare il passaggio evolutivo di una società per arrivare a un welfare più progredito». «Mentre in realtà come quella italiana – aggiunge Sergio Ristucca, presidente del Consiglio italiano delle scienze sociali – potrebbero rappresentare una delle tante forme di sussidiarietà che sopperiscono al crescente ritrarsi dello Stato sociale». Dove lo Stato si ritira si insinua il mercato, con risultati di grande ingiustizia sociale e battaglie come quella che si sta combattendo per mantenere pubblica l’acqua. Pensare che le reti, anche di economia solidale, possano servire a costruire una società post-capitalista ma al-

l’interno del capitalismo è un’ipotesi insostenibile. «È importante, invece, che le reti non cerchino di sostituirsi allo Stato – pensa Federico Oliveri, ricercatore associato del Cisp, Centro interdisciplinare di Scienze per la pace – ma svolgano una funzione di stimolo per migliorarlo, che siano un mezzo per renderlo più articolato e rilanciarne la funzione sociale». Se è vero, come dice Manuel Castells, che la tecnologia è la rappresentazione della società, allora si può dire che è stato internet, la rete delle reti, a contribuire al successo delle attività reticolari sia per la loro diffusione che per la loro acquisizione come modello organizzativo. In politica la rete ha sostituito il termine “organizzazione” e la provenienza dal “basso” – da contrapporre inevitabilmente a qualcosa di “alto” e quindi di lontano – ha sostituito termini come “base” e “centro” che erano propri del dibattito basato sul centralismo democratico, in cui la trasmissione delle idee, e quindi delle decisioni, andava dalla base al centro e viceversa. Una forma di decisione condivisa, scomparsa nei partiti sempre più verticistici nati dopo il crollo del Muro. Nella politica italiana si comincia a parlare di rete a Trento, il 26 agosto del ’90: inizialmente è una corrente della Dc (il Movimento per la Democrazia-La Rete). Poi è chiamata semplicemente La Rete e fondata come partito il 24 gennaio ’91 da Leoluca Orlando, ex sindaco di Palermo. Un altro democristiano, Giulio Andreotti, il 24 ottobre 1990, da presidente del Consiglio, informa il Parlamento dell’esistenza di una rete molto particolare: la Gladio, organizzazione clandestina promossa dalla Nato in funzione anticomunista.

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LIBRI

Euclides A. Mance Fame Zero Emi, editrice missionaria 2006

Arjun Appadurai Sicuri da morire Meltemi, 2005 Anche organizzazioni come Al Qaeda, peraltro molto simile alla mafia sul piano organizzativo, sono reti: fatte di nodi indipendenti che si ricuciono se se ne recide uno. L’antropologo indiano Arjun Appadurai li chiama sistemi “cellulari” che si oppongono ai sistemi “vertebrati” come gli Stati in cui viviamo.

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APPUNTAMENTI LUGLIO>OTTOBRE luglio - ottobre ITALIA LA CAROVANA DELLE ALPI Campagna per la difesa e valorizzazione delle Alpi, territorio in cui si concentrano enormi risorse naturali ma anche una grande potenzialità economica e produttiva. Il primo passo per garantire il mantenimento del paesaggio e dell’identità alpina è contrastarne lo spopolamento, al pari delle azioni contro gli inquinamenti e il degrado. www.legambiente.eu

4 - 10 luglio CASCINA ARZILLA, VOLVERA (TO) OCCHI APERTI PER COSTRUIRE GIUSTIZIA Primo raduno nazionale dei Presidi e dei Giovani di Libera. Un’occasione per incontrarsi, conoscersi, formarsi e avere una marcia in più nel fare movimento. www.libera.it

4 - 10 luglio COMO, MARIANO COMENSE E GUANZATE L’OASI CHE C’È 2010 Cinque campi estivi per bambini tra i 6 e i 12 anni: un’esperienza di formazione e gioco a contatto diretto con la terra e la natura. Sono previsti laboratori didattici alternati a giochi creativi, con lo scopo di promuovere consapevolezza sensoriale della bellezza del vivere all’aria aperta e degli stili di vita sostenibili. www.lisolachece.org

16 - 18 luglio PARCO DELLE MADONIE SOLEXP ESPERIENZA SOSTENIBILE E LEGALE Agricoltura biologica, riuso e riciclo dei materiali, mobilità sostenibile, energie rinnovabili, bioedilizia sono i temi del festival internazionale della sostenibilità e della legalità, organizzato dal CoMeSS (consorzio mediterraneo per lo sviluppo sostenibile). www.solexp.it 30 luglio - 2 agosto CAMPO CALABRO (RC) CASTELLI DI PACE Festival di animazione territoriale e culturale dei Piccoli Comuni dove | 50 | valori |

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A CURA DI ANDREA BAROLINI | PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT

i castelli, da architetture di dominio, si trasformano in luoghi aperti per la promozione di una cultura della Pace e della sostenibilità animandosi di conferenze, concerti, spettacoli teatrali, animazione per bambini e molto altro ancora. www.festambientenet.it /castelli_di_pace.htm 6 - 15 agosto ENAOLI (GR) FESTAMBIENTE È uno dei maggiori appuntamenti europei dedicati all’ecologia e la solidarietà, organizzato nel cuore della Maremma toscana. Il festival promuove la qualità della vita in tutti i suoi aspetti: sana alimentazione, salvaguardia del patrimonio ambientale e culturale del Paese, innovazioni tecnologiche, promozione delle fonti rinnovabili, tutela delle tradizioni e culture locali, solidarietà, svago e divertimento in chiave ambientalista. www.festambiente.it 26 - 29 agosto MARINA DI MASSA (MS) INCONTRO ANNUALE DEI BILANCI DI GIUSTIZIA Il tema di quest’anno, per il consueto incontro annuale delle famiglie che compongono Bilanci di Giustizia è: “Passaggi tra personale e politico”. Come ogni anno sarà anche presentato il Rapporto 2010 con la descrizione dei risparmi ottenuti modificando i propri stili di vita. www.bilancidigiustizia.it

4 - 25 settembre PORTOFERRAIO (ISOLA D’ELBA) OPERAZIONE PELAGOS 2010 Anche quest’anno si parte con l’Operazione Pelagos 2010, il progetto di Greenpeace, Idea Calypso e Fondazione Exodus. Le prenotazioni sono aperte a tutti quelli che vogliono vivere il mare e contribuire a proteggerlo. Una settimana a bordo del veliero Bamboo tra delfini, snorkeling e biologia marina. www.greenpeace.it

6 - 10 settembre VALENCIA (SPAGNA) 25TH EU PVSEC Venticinquesima edizione della conferenza mondiale sull’energia solare fotovoltaica (European Photovoltaic Solar Energy Conference). I lavori

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si svolgeranno dal 6 al 10 settembre, mentre l’esibizione (5th World Conference on Photovoltaic Energy Conversion) si svolgerà, sempre nella fiera della città spagnola, dal 6 al 9. www.photovoltaic-conference.com

7 - 10 settembre ROMA ZEROEMISSION ROME 2010 L’edizione 2010 sarà caratterizzata da una rinnovata modalità di svolgimento, e comprenderà Eolica Expo Mediterranean dal 7 al 9 settembre; PV Rome Mediterranean, CSP Expo, ECO House, Geoenergy Expo, CO2 Expo e CCS Expo dall’8 al 10 settembre. www.zeroemissionrome.eu 18 - 19 settembre VILLA GUARDIA (CO) L’ISOLA CHE C’È Settima edizione della fiera comasca dell’economia solidale e del consumo consapevole. L’isola che c’è è anche un’ampia rete di economia solidale che si è formata sul territorio comasco dalla fine del 2003, coinvolgendo realtà di vari ambiti: commercio equo, finanza etica, consumo critico, cooperazione sociale, riciclo e riuso, energie rinnovabili, agricoltura biologica, artigianato, turismo responsabile, solidarietà internazionale. www.lisolachece.org

23 - 25 settembre BOLZANO KLIMAENERGY Fiera dedicata esclusivamente agli usi commerciali e pubblici delle energie rinnovabili, è visitata esclusivamente da operatori del settore e si distingue per il carattere altamente specializzato e qualificato di espositori, visitatori e del programma di contorno. www.fierabolzano.it

24 - 26 settembre ITALIA PULIAMO IL MONDO CLEAN-UP THE WORLD È l’edizione italiana di Clean Up the World, il più grande appuntamento di volontariato ambientale del mondo. Una campagna di pulizia che comunica la necessità e la voglia di riappropriarsi del proprio territorio prendendosene cura, che segna il bisogno della gente di mettersi in relazione per tutelare

gli spazi pubblici, prendendo coscienza che, oltre a ripulire, si dovrebbe imparare a non sporcare. www.puliamoilmondo.it/2010 27 - 29 settembre PECHINO (CINA) IPVSEE 2010 Seconda conferenza ed esibizione internazionale dedicata all’energia fotovoltaica. Luogo dell’evento il China World Trade Center. www.ipvsee.com

29 settembre - 1°ottobre RAVENNA RAVENNA 2010 È una manifestazione, giunta alla 3a edizione, che si svolge interamente nel centro storico pedonale di Ravenna all’interno di dodici sale attrezzate, in Piazza del Popolo e nelle principali vie del centro. Un evento “a km zero” dedicato ai temi come i rifiuti, l’acqua, l’energia, l’economia ambientale; ma anche ad elementi culturali che abbracciano il cinema, musica e arte. www.ravenna2010.it

3 ottobre ITALIA BIODOMENICA È la giornata nazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione biologica organizzata da Legambiente, l’Associazione Italiana Agricoltura Biologica e Coldiretti. Si promuove il consumo di prodotti sicuri e di qualità, legati al territorio e alle sue tradizioni. www.biodomenica.it 7 - 10 ottobre AUGUSTA (GERMANIA) RENEXPO Undicesima edizione della fiera delle energie rinnovabili e della bioedilizia. www.renexpo.de 8 - 10 ottobre BASTIA UMBRA (PG) KLIMAHOUSE UMBRIA 2010 Fiera specializzata nell’efficienza energetica e nella sostenibilità edilizia, accompagnata da un ricco congresso al quale potranno assistere fino a 400 operatori del settore. Il primo giorno della manifestazione, venerdì 8 ottobre, l’ingresso é riservato a soli operatori, mentre sabato 9 e domenica 10 ottobre è aperta al pubblico. www.fierabolzano.it /klimahouseumbria2010


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Maremma maiala

Proteggere il territorio di Paolo Fusi

I

L PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI GROSSETO, Leonardo Marras (nella foto), intervenendo a un convegno di una lobby

dell’energia rinnovabile, ha detto qualcosa che mi ha colpito: l’azienda agricola tradizionale è morta, non funziona più. Il dumping di chi compra alimentari per le grandi catene di distribuzioni, l’aumento enorme dell’inquinamento e le manipolazioni genetiche delle multinazionali alimentari, che hanno imposto in vent’anni un mutamento strutturale del cibo, l’alibi delle sovvenzioni, hanno ucciso l’economia, la società e l’ecosistema rurali. Per sopravvivere un’azienda deve trasformarsi e divenire polifunzionale: deve ancora produrre prodotti tipici e genuini per i mercati locali, ma soprattutto deve dare accoglienza ai turisti (specialmente ora che sono finiti i soldi facili per i finti agriturismi e che comincia una scrematura “darwinistica” delle strutture stesse) e divenire produttrice di energia rinnovabile. Sono d’accordo, ovviamente, ma non mi sembra tutto. Questa cosa può funzionare solo se gli Enti locali la permettono: rendendo possibile la creazione di strutture per la produzione di energia rinnovabile, razionalizzando l’urbanistica e la mobilità del territorio, promuovendo forme di pubblicizzazione, coordinando le strutture private con quelle pubbliche, salvando i gioielli che abbiamo ancora a disposizione. In Maremma esiste il Parco minerario naturale delle colline metallifere, un esempio meraviglioso di riconversione postindustriale del territorio che sta facendo scuola in tutto il mondo (tant’è che l’Unesco vuole inserirlo tra i geoparchi protetti). In Maremma esiste una florida microeconomia rurale dell’energia rinnovabile (aspramente combattuta dalla burocrazia di una Regione che ufficialmente Nel centro della Toscana si dice di sinistra) e dell’alimentare sano e a km zero. Tra le perle c’è il Teatro esistono nuove, delle Rocce di Gavorrano, che è non solo una delle cose più belle che conosca importanti opportunità Italia, ma è anche una struttura conosciuta nel mondo, tant’è che per le imprese. Ma serve in la poetessa e cantante Patti Smith viene a suonarci il 5 agosto. il sostegno degli enti Questo sogno sta per finire. Il governo Berlusconi vuole commissariare locali, che spesso latitano la Fondazione che dirige il Parco di modo da poter nominare un parente di un parlamentare della Casa delle Libertà, “trombato” non so più in quale elezione insulsa. Allo stesso tempo i sindaci della zona si dividono tra quelli apertamente contrari al Parco (fa venire troppi stranieri sulle nostre strade) e quelli che se ne fregano (al mio Comune non portano poi tanti soldi). Provincia e Regione sono epidermicamente sdegnati, ma non fanno nulla. Persino Legambiente, che in Maremma è potente come l’Opus Dei, se ne lava le mani. Nei consigli comunali si discute di prebende e case popolari da dividersi, di lavori sulle strade per cui non ci sono i soldi, della spartizione dei pochissimi appalti ancora in essere, ma soprattutto delle faide di famiglia – che vengono trasposte nei partiti, come se si trattasse di “politica”. L’assenza della politica in entrambi gli schieramenti fa sì che ciò che c’è di buono venga distrutto. E i privati aspettano che arrivi un “Salvatore dal cielo”, che, in cambio di un’onesta bustarella, metta le cose a posto. In provincia di Benevento una famiglia di malavitosi con questo sistema tiene da oltre 10 anni in scacco tutta una serie di realtà produttive del Sannio: fabbriche, aziende agricole, squadre sportive, tribunali. E ora ha iniziato ad esportare contratti di assicurazione falsi – venduti a finanziarie americane che li usano per creare utili fittizi con il life risk settlement – per rifinanziare le bustarelle che distribuisce in giro e la finta attività produttiva di una regione messa in ginocchio dall’imbecillità, ignoranze e codardia dei suoi amministratori. “Maremma maiala”, presidente Marras. Ma se lei ha capito, perché non si muove?

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America Latina. Qualcuno volò sul nido del condor >56 Guillermo Soto: Ingiustizia cilena, “miscele” argentine >58 Africa. Lo sviluppo si scarica dal web >60

internazionale KIRGHIZISTAN: SCONTRI AL CONFINE CON LA CINA

BOMBE CLUSTER AL BANDO DAL 1° AGOSTO L’ITALIA NON HA ANCORA FIRMATO LA CONVENZIONE

OLIO D’OLIVA DELLA GRECIA ACQUISTATO DALLA CINA

TESORI AFGHANI: ORO, LITIO, RAME, FERRO, COBALTO

NO AL REATO DI TORTURA NEL CODICE PENALE ITALIANO

ISLANDA: PATRIA DELLA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE

Secondo la Croce rossa internazionale in Kirghizistan è in corso “una crisi immensa”: dopo gli scontri avvenuti a giugno tra kirghizi e la minoranza uzbeka, che hanno provocato almeno 124 morti, i profughi sono circa 200 mila e manca di tutto: acqua, medicine, rifugi. Severine Chappaz della Cri - riporta l’agenzia cattolica AsiaNews - parla del dramma dei molti dispersi: «tra diverse centinaia e alcune migliaia», dei quali le stesse famiglie non hanno notizie. Intanto, Maxim Bakiyev, figlio minore del deposto presidente Kurmanbek Bakiev, è stato arrestato in Inghilterra per corruzione e sospettato di fomentare le violenze nel Paese. Chiede adesso aiuto ai russi, ma Mosca sembra voglia limitarsi alla protezione delle sue istallazioni in Kirghizistan. Il rischio della ripresa degli scontri è altissimo nella piccola ex repubblica sovietica al confine con la Cina, dove gli Stati Uniti hanno una base nei pressi della capitale Bishkek, il punto più avanzato di osservazione sulla Cina e sulla Russia che gli Usa abbiamo mai avuto in Asia. «Una base che - ha dichiarato il giornalista Giulietto Chiesa - serve a preparare il disturbo elettronico sulla Cina e i controlli su tutte le comunicazioni». Dopo gli scontri gli Stati Uniti hanno annunciato di voler iniziare la costruzione di un centro di addestramento antiterroristico nella provincia kirghisa meridionale di Bakten.

Entrerà in vigore il 1° agosto la Convenzione (che l’Italia non ha ancora ratificato al momento in cui scriviamo) che mette al bando le bombe a grappolo. Le micidiali cluster bomb, costituite da un contenitore principale con molti piccoli ordigni che, al momento dello scoppio, vengono sparpagliati tutto attorno in un raggio di diverse centinaia di metri e restano inesplose nel terreno per molti anni, sono state utilizzate in tutti i conflitti degli ultimi trent’anni. Le bombe a grappolo rappresentano una guerra a “lento rilascio” che continua a colpire i civili anche molto dopo la conclusione dei conflitti: più di un quarto delle vittime sono bambini, che restano uccisi o gravemente mutilati attraversando i campi “minati” dalle cluster o raccogliendo gli ordigni che sembrano piccoli giocattoli colorati o uova di Pasqua. Sollecitata da campagne internazionali più che ventennali, la Convenzione ha seguito il lungo iter dei trattati internazionali, arrivando nel dicembre del 2008 a Oslo all’apertura della firma. Solo nel febbraio di quest’anno 30 Paesi hanno ratificato l’accordo, permettendo che sei mesi dopo (il 1° di agosto) la Convenzione entri in vigore. Ma il percorso per eliminare le cluster sarà ancora lento e costerà ancora molte vite: i Paesi che hanno sottoscritto l’accordo hanno otto anni per eliminare l’arsenale in loro possesso. E molti grandi produttori di bombe a grappolo non hanno ancora sottoscritto l’accordo: Israele, Russia, Cina e Stati Uniti, che però hanno attivato con la presidenza Obama un primo divieto all'esportazione di bombe fabbricate negli Usa (e pianificano di bandirle entro il 2018). Spetta al Paese aderente che ha utilizzato questi ordigni bonificare la zona dove li ha lanciati mettendo in atto tutte le misure necessarie alla protezione e informazione dei civili a rischio.

Quattordici accordi economicocommerciali sono stati sottoscritti tra Grecia e Cina durante la visita ufficiale del vice-premier cinese Zhang Dejiang a giugno. Accordi tra società greche e cinesi per l’esportazione in Cina dell’olio d’oliva prodotto dal Paese mediterraneo, per la costruzione di navi da carico, ma anche investimenti cinesi direttamente sul territorio greco, come la partecipazione alla costruzione di un aeroporto nell’isola di Creta. Il gigante cinese del trasporto, Cosco Group, ha dichiarato di avere interesse a espandere le sue operazioni nel Mediterraneo acquisendo altri terminal in Grecia: ne ha già due per container nel porto greco del Pireo di Atene, grazie a un accordo del valore di mille milioni di dollari della durata di 35 anni. Il ministro dei Trasporti cinese e il collega greco per lo Sviluppo hanno firmato un accordo per il settore marittimo. La società di telecomunicazioni greca OTE ha, firmato un accordo - di cui ancora non si conoscono i particolari con la cinese Huawei Technologies. I quattordici accordi sono una boccata d’ossigeno per l’economia ellenica fortemente provata dalla crisi, ma hanno suscitato reazioni sfavorevoli da parte degli osservatori europei e statunitensi, che guardano allarmati il soft power esercitato dalla Cina per entrare in Europa sfruttando i varchi che la crisi ha aperto.

“L’Afghanistan ha riserve di minerali che ammonterebbero a mille miliardi di dollari”, la notizia è stata fatta circolare dal New York Times con tutto il risalto che meritano gli scoop. Peccato che l’unico elemento di straordinarietà sia il momento in cui è stata lanciata: alla vigilia dell’annunciata offensiva di Kandahar, che dovrebbe preludere alla “soluzione finale” del conflitto in Afghanistan. Un annuncio che negli Stati Uniti avrebbe la funzione di placebo per ben disporre l’opinione pubblica verso quello che sarà un ulteriore massacro in una terra che non conosce più la pace dal 1979. Oro, ferro, rame, cobalto, litio e niobio sarebbero stati localizzati in gran quantità con rilevamenti effettuati dal Pentagono e dal suo servizio geologico. In realtà già i sovietici erano a conoscenza della presenza dei preziosi minerali e li avevano mappati prima di lasciare l’Afghanistan nel 1989. Il Paese potrebbe diventare il più grande produttore di rame e ferro, ma anche di niobio, un metallo usato nella produzione di superconduttori. In grande quantità anche il litio, materia prima strategica, necessaria nella produzione delle batterie delle auto elettriche e dei telefonini, di cui giacimenti sono stati localizzati in grande quantità solo nei deserti della Bolivia e in Tibet. Secondo una nota del Pentagono l’Afghanistan potrebbe diventare “l’Arabia Saudita del litio”. Sarebbero presenti anche grandi depositi di oro nelle zone Pashtun del Sud dell’Afghanistan.

L’Italia ha motivato il suo no all’introduzione di una definizione esplicita di tortura nel Codice penale, suggerita dall’Onu, perché «manca un Testo unico, ma le sanzioni sono già pesantemente previste in varie norme», come ha dichiarato l’ambasciatrice Laura Mirichian. Il Consiglio dell’Onu per i diritti umani, lo scorso febbraio ha esaminato la situazione italiana formulando 92 raccomandazioni. L’Italia ne ha accettate 80 e respinte 12, tra cui anche quella di rivedere il “pacchetto sicurezza” sull’immigrazione. L’Italia si è invece detta determinata a non ratificare il protocollo facoltativo relativo alla Convenzione contro la tortura, fino a quando non si sarà dotata di un’Authority nazionale di prevenzione. La decisione rappresenta un passo indietro per il centrodestra, perché proprio il governo Berlusconi nel 2003 aveva firmato il protocollo contro la tortura. Italia e Belgio sono gli unici paesi Ue condannati per tortura negli ultimi anni (l’ultima per il nostro Paese è dell’aprile scorso). La decisione italiana è stata criticata da Amnesty International che l’ha definita «molto deludente»; ancora più duro il commento dell’opposizione: «Viene il dubbio che le cattive frequentazioni del premier Berlusconi, da Gheddafi a Putin, passando per Lukashenko, stiano facendo breccia nell’approccio italiano al tema dei diritti umani», ha detto il senatore del Pd, Roberto Della Seta. Tra le 80 raccomandazioni accettate, figurano anche quelle su una maggiore lotta alla discriminazione e al razzismo, sulla promozione dei diritti di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali e sull’indipendenza e la pluralità dei mass media. Anche se da alcune Ong, tra le quali Reporters sans frontières, non sono mancate critiche sulla legge sulle intercettazioni, attualmente in discussione.

Valori ha sempre seguito con attenzione le vicende dell’Islanda, con una simpatia da fan club calcistico. Dopo il fallimento delle banche islandesi che nel 2008 hanno risucchiato il risparmi dei correntisti britannici e olandesi, l’Inghilterra aveva invocato l’applicazione delle leggi antiterrorismo, varate nel 2001, per congelare i beni islandesi in Gran Bretagna. Le risposte sdegnate dei principali rappresentanti istituzionali, erano state supportate dal sito We Are Not Terrorist con le firme per una petizione da presentare al premier Gordon Brown, documentate da foto di rosei neonati e pensionati islandesi a mollo nelle pozze di acqua calda di origine vulcanica. Poi sono arrivati i risultati del referendum con il quale il 93,3% degli islandesi ha bocciato il rimborso con soldi pubblici del buco provocato dalle banche e il black out aereo provocato dalle ceneri del vulcano islandese che ci aveva fatto sorridere, sembrandoci una nemesi delle formiche al mondo intero. L’ultima trovata è diventare sede mondiale della libertà di informazione, approvando in sede parlamentare la proposta del sito internet di controinformazione Wikileaks di trasformare il Paese in un porto franco del giornalismo investigativo. La proposta è stata accolta quando il suo fondatore, l’australiano Julian Assange, è finito nella lista dei ricercati dal governo Usa, con l’accusa di divulgazione di materiali militari riservati.

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L’ERA DEI GOLPE

Qualcuno volò sul nido del condor

L’11 SETTEMBRE DEL 1973, l’aviazione cilena bombarda il palazzo presidenziale al culmine della presa della capitale Santiago da parte delle truppe di terra. Quell’operazione, giunta al culmine di mesi di tensione tra l’esecutivo e l’esercito, segna la fine del governo presieduto dal socialista Salvador Allende (nella foto), vincitore delle elezioni tre anni prima e morto suicida nel giorno stesso del golpe. Il colpo di Stato, caldeggiato e sostenuto dal segretario di Stato Usa Henry Kissinger, conduce al potere il generale Augusto Pinochet, già ministro della Difesa durante l’ultimo governo democratico. A due giorni di distanza il parlamento viene sciolto e i partiti che avevano appoggiato Allende vengono dichiarati illegali. Lo stadio Nazionale di Santiago diviene famoso nel mondo per la sua tragica conversione in prigione temporanea per gli oppositori politici. La repressione del dissenso porterà al sequestro, alla tortura e alla morte di migliaia di dissidenti nel corso degli anni successivi. Sconfitto nel referendum confermativo dell’ottobre 1988, Pinochet lascia definitivamente l’incarico nel marzo del 1990. Nominato senatore a vita, l’ex dittatore, che fino al ’98 conserverà il titolo di capo delle forze armate, morirà nel dicembre del 2006 senza aver mai subito alcun processo. Il privilegio dell’immunità ha caratterizzato anche i responsabili e gli esecutori della micidiale macchina repressiva messa in moto dalla junta militare argentina, salita al potere con un golpe il 24 marzo del 1976 e rimasta in carica fino al 1983, dopo la rovinosa sconfitta nella guerra contro la Gran Bretagna per il possesso delle isole Falkland. Il governo militare, guidato fino al 1980 dal generale Jorge Rafael Videla, si renderà responsabile di almeno 30 mila omicidi di oppositori. Le leggi note come “Obediencia debida” e “Punto Final”, promosse dal presidente Raúl Alfonsín, con l’obiettivo di garantire l’immunità dei militari in cambio della loro fedeltà alla democrazia, sono state M.Cav. dichiarate incostituzionali solo nel 2003.

Sopra, perquisizioni da parte dell’esercito per le strade di Santiago dopo l’11 settembre 1973. A destra, la residenza del presidente, il palazzo de La Moneda, in fiamme e, a fianco, Augusto Pinochet. Nella pagina a fianco, una manifestazione contro il regime.

LA SCUOLA DI CHICAGO NATA IN SENO ALLA CHICAGO SCHOOL OF ECONOMICS, questa corrente è passata alla storia per la sua convinta opposizione al pensiero keynesiano che ritiene l’intervento statale nell’economia come un’operazione necessaria per scongiurare disequilibri e crisi. Riunendo il pensiero degli studiosi americani idealmente capeggiati dal premio Nobel 1976 Milton Friedman (nella foto) e quello della cosiddetta Scuola Austriaca di Friedrich von Hayek, il movimento di Chicago ha storicamente sostenuto una politica di privatizzazione dei settori produttivi e di ridimensionamento del welfare state ammettendo però la necessità di una forte regolamentazione della politica monetaria da parte dello Stato. La sua influenza sulle politiche pubbliche realizzate in Cile dagli anni ’70 e, più in generale, nel continente latinoamericano negli anni ’90 si devono anche alle strette relazioni accademiche sviluppatesi nei decenni precedenti alle sperimentazione. Già a metà degli ’50 l’Universidad Católica di Santiago offriva programmi di scambio studentesco con l’ateneo dell’Illinois. Tra gli studenti formatisi in questo ambiente si segnala José Piñera, ministro economico nei primi anni della dittatura di Pinochet e fratello dell’attuale presidente cileno Sebastián.

Da Chicago a Buenos Aires passando per Santiago. Così tre decenni or sono si è aperto il primo laboratorio della crisi odierna. Dall’America Latina a Wall Sreet il passo è breve. Per evitare il crollo (forse) bastava guardare indietro. di Matteo Cavallito

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CILE, LA CAVIA DELLE PRIVATIZZAZIONI QUELLO REALIZZATO IN CILE nel decennio iniziale della dittatura è stato il primo programma di privatizzazione di massa effettuato nel Subcontinente su ispirazione delle dottrine economiche di Chicago. L’operazione viene incanalata in tutte le direzioni conducendo tanto alla privatizzazione dello Stato sociale e del sistema pensionistico, quanto alla riforma pro-impresa del mercato del lavoro e alla vendita ai privati di società e aziende attive in tutti i settori chiave dell’economia nazionale. Greg Palast ha ricordato come l’iniziativa abbia sottratto allo Stato 66 banche e 212 industrie nazionali. A colpire in modo particolare sono due provvedimenti che pesano tuttora negli equilibri produttivi e sociali del Paese: la svendita del settore minerario e la privatizzazione delle risorse idriche. La prima iniziativa ha lasciato allo Stato una quota minoritaria delle aziende coinvolte garantendo ai privati acquisizioni sottocosto e trattamenti fiscali ultraprivilegiati. Nella seconda si inserisce il clamoroso caso della cessione dei diritti sull’acqua della Patagonia all’impresa Hydro Haisen oggi controllata da Endesa, il colosso spagnolo successivamente acquisito dall’italiana Enel. www.crbm.org www.patagoniasinrepresas.cl | 56 | valori |

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N SISTEMA FINANZIARIO SREGOLATO che fiuta soldi facili, un crescente divario di reddito, un ridimensionamento dello Stato sociale. Gli elementi critici erano sotto gli occhi di tutti, peccato che nessuno ci avesse veramente pensato. Tranne lui. Raghuram Rajan l’aveva capito già nel 2005: l’insicurezza sociale, intuì, aveva alimentato un’eccessiva domanda di credito presso il settore privato. Il collasso era inevitabilmente dietro l’angolo. In quell’intuizione, è bene sottolinearlo, non c’è però solo la genesi della crisi. C’è l’intera storia del neoliberismo e la spiegazione, con essa, di come i sintomi del fallimento fossero già da tempo sotto i nostri occhi. Sarebbe bastato rivolgere lo sguardo là dove tutto aveva avuto inizio quando un dittatore cileno aveva incontrato un futuro premio Nobel statunitense. Sarebbe bastato guardare più di trent’anni fa all’America Latina per capire che lì, a migliaia di chilometri da Wall Street, si stava allestendo il primo laboratorio della crisi.

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Cile: il paziente zero Si dice che il fatidico incontro durò appena 45 minuti. Milton Friedman ascoltò un preoccupatissimo Augusto Pinochet piangere mise-

ria sulle disgrazie di quel Paese di cui si era posto alla guida grazie a un colpo di Stato (vedi BOX ). Il guru di Chicago prese nota e promise a breve la terapia più utile. Era il 1975 e il Cile si preparava a diventare il primo sperimentatore al mondo del modello neoliberale. Basta un manipolo di tecnocrati educati negli Usa (vedi BOX ) per lanciare una campagna di privatizzazioni senza precedenti. I “Chicago boys”, come vengono presto soprannominati, avviano una micidiale ritirata strategica dello Stato che non risparmia quasi nulla (vedi BOX ). Dalle banche alla grande industria passando per il sistema pensionistico e la sanità, l’intera struttura pubblica viene travolta dal vento del laissez-faire. E i risultati non si fanno attendere. Nel 1983, ha ricordato il giornalista d’inchiesta Greg Palast, il Pil cileno si è contratto del 19% rispetto all’anno precedente. Il valore reale degli stipendi è calato del 40% mentre la disoccupazione riguarda ormai quasi un lavoratore su quattro. L’esperimento insomma è già fallito, ma per un esercito di analisti poco attenti la retorica del “miracolo cileno” è ormai un irrinunciabile luogo comune. Pinochet, dal canto suo, riscopre un po’ di statalismo: vengono reintrodotti il salario minimo e la contrattazione sindacale, mentre nuo-

vi interventi pubblici garantiscono posti di lavoro, placando almeno in parte la tensione sociale. In precario equilibrio tra Stato e mercato il Cile conquista la sua salvezza. Ma i semi del disastro sono ormai destinati a germogliare al di là delle Ande.

Argentina: cronaca di un disastro A meno di tre anni di distanza i militari argentini decidono di seguire l’esempio dei colleghi cileni (vedi BOX ). Corre l’anno 1976 e il ministro delle Finanze José Martínez de Hoz è già stato nominato uomo della svolta. Recepisce le direttive del Fmi e della Banca Mondiale accumulando, come da copione, un crescente debito estero. La scelta sembra inizialmente vincente, ma quando all’inizio degli anni ‘80 i tassi d’interesse schizzano alle stelle la strategia diventa insostenibile. Di lì in poi è l’inevitabile circolo vizioso. Ci si indebita per ripagare e il deficit si allarga. Nel 1989 la deuda externa ha raggiunto i 57 miliardi di dollari, una cinquantina in più rispetto al ‘76. Il Paese, per altro, è in buona compagnia. Uno studio del Cepal ricorda come le 22 nazioni latinoamericane abbiano visto il proprio debito passare dai 253 miliardi di dollari del 1980 ai 513 del 1993. Nel ‘99 la cifra sfonderà quota 700 miliardi. |

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| internazionale | lito a 130 miliardi e Buenos Aires dichiara ufficialmente bancarotta.

Oggi come ieri? L’aver avuto una posizione marginale nella tempesta della crisi finanziaria dei giorni nostri ha rappresentato per il Subcontinente una sorta di rivincita morale. Ma le ferite inferte negli anni alle cavie del liberismo faticano a rimarginarsi. La voragine debitoria continua a condizionare l’economia argentina e tra un negoziato e l’altro il Paese si trova a fronteggiare ancora una volta un deficit crescente e una speculazione al ribasso sulla propria valuta. Il Cile, dal canto suo, ha deciso di svoltare affidandosi, dopo vent’anni di centrosinistra, a un presidente miliardario educato ad Harvard e fratello dell’ex ministro del Lavoro di Pinochet. «È tempo di asciugarsi le lacrime e iniziare a lavorare», ha dichiarato il neo capo di Stato Sebastián Piñera dopo il tragico terremoto di fine febbraio. Chissà se anche lui ha in mente di ripetere l’antico “miracolo cileno”.

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Ingiustizia cilena, “miscele” argentine L’opinione dello storico Guillermo Guajardo Soto, ricercatore dell’Universidad Nacional Autónoma de México. ILE E ARGENTINA HANNO COSTITUITO i casi più emblematici di quell’ondata neoliberista che, in America Latina, sarebbe definitivamente esplosa con l’inizio degli anni ‘90. Valori ha approfondito il tema con Guillermo Guajardo Soto, ricercatore titolare presso il Centro de Invedi Matteo Cavallito stigaciones Interdisciplinarias en Ciencias y Huma-

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nidades dell’Universidad Nacional Autónoma de México. Perché l’esperimento neo-liberista ha preso il via proprio in Cile? Con le sue riforme radicali il Cile rappresenta un caso anomalo in America Latina. Dopo il golpe del ‘73, inse-

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Schiacciato dal macigno debitorio al Paese non resta che fare cassa. Inizia qui la replica cilena in salsa rioplatense. Ferrovie, linee aeree, telecomunicazioni, industria pesante, petrolio: tutto, ma proprio tutto, viene letteralmente svenduto ai privati. Senza rendere pubblico un solo bilancio il governo di Carlos Menem cede i beni dello Stato a un quarto o un quinto del loro valore spogliando il Paese di qualsiasi risorsa. Una politica che fa tendenza visto che, nel corso del decennio successivo, il continente latinoamericano arriverà a compensare il 60% delle privatizzazioni del pianeta. Ma il bello deve ancora venire. Per frenare l’iperinflazione viene varato il piano di convertibilidad: un peso, si stabilisce per legge, equivale a un dollaro. Si può fare la spesa in moneta locale o in biglietti verdi, si possono cambiare pesos in valuta americana, ci si può sentire, insomma, più ricchi e felici. In quel tranello, benedetto dal Fondo monetario internazionale, cadono in molti, ma non le banche, che alzano i tassi a livelli vertiginosi. Poco più di un decennio più tardi il debito è sa-

rito nel contesto della guerra fredda, si ha un processo di concentrazione del potere nelle mani di Pinochet che culmina, nel ‘75, con la nascita di un ministero economico tecnocratico. È qui che inizia l’opera degli economisti di Chicago che lanciano il modello neo-liberista, attribuendo al mercato il ruolo di arbitro. Questa strategia non trova riscontri negli altri regimi militari dell’epoca - Perù e Brasile, ad esempio - che, al contrario, furono decisamente più statalisti. C’è da dire che il Cile veniva da tre anni di nazionalizzazioni sotto il governo Allende. La destra, in questo senso, temeva molto lo statalismo che identificava come una via al socialismo. Il modello mostra i suoi difetti pochi anni dopo. Da lì il cambio di rotta… Il Cile va in difficoltà con l’esplosione del debito di inizio anni ‘80. I tassi di interesse salgono e i Paesi latinoamericani vanno in forte crisi. Per i Chicago boys fu la vera prova del fuoco. Pinochet: ingaggiò nuovi tecnocrati che assunsero iniziative maggiormente stataliste per combattere la disoccupazione. Un problema che riguarda anche l’Argentina. Pochi anni prima il Paese aveva intrapreso la strada dell’indebitamento. L’Argentina, esattamente come il Brasile, ha iniziato a indebitarsi per bloccare l’inflazione e sostenere la crescita economica e, con essa, l’occupazione. È interessante notare che i militari argentini, al contrario dei colleghi cileni, sentivano la forte necessità di garantire il lavoro per ottenere pace sociale. Ricordiamo, però, che in Argenti-

Santiago. La parata dell’esercito in occasione del decimo anniversario del golpe.

na la vera svolta neoliberista si avrà solo nel 1989, in democrazia, con il governo Menem che aumentò il deficit facendosi carico dei debiti delle imprese privatizzate.

Cile, 1983

Un’esperienza scandalosa, quest’ultima. Perché si scelse di privatizzare tutto comprese le risorse strategiche? E perché si vendette a prezzi così bassi? In Argentina si è avuta una miscela di incapacità, corruzione e visione di breve periodo. È stato un periodo molto oscuro in cui corruzione a arricchimento hanno accompagnato gli amici di Menem come già, similmente, avevano fatto a suo tempo con quelli di Pinochet. La vendita a prezzi bassi di industrie e risorse nazionali serviva a dare un segnale di fiducia al mercato e ad attrarre investimenti stranieri.

LIBRI

Naomi Klein Shock economy. L’ascesa del capitalismo dei disastri Rizzoli, 2007

Come vede il ritorno di un presidente di destra in Cile? Cambia qualcosa nella gestione statale? Ci sarà continuità. Il modello di Stato che Piñera eredita è molto diverso da quello costruito dalla dittatura. I governi democratici hanno negoziato per vent’anni con i militari, si sono spostati a destra e, senza realizzare una vera riforma dello Stato, hanno reso il modello compatibile con la democrazia. Oggi il Cile deve affrontare i problemi di sempre: le difficoltà del sistema previdenziale privato in un Paese che invecchia, un sistema educativo arretrato e una gestione delle risorse naturali affidata prevalentemente ai privati. Oltre al fatto, ovviamente, che quella cilena resta una società profondamente diseguale e ingiusta.

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Africa: lo sviluppo si scarica dal web

OSPEDALE DI ANGAL (UGANDA) L’OSPEDALE ST. LUKE di Angal offre 280 posti letto (51 nel reparto maschile, 39 in quello femminile, 113 di pediatria, 56 di maternità e 21 letti per l’isolamento) ed è attrezzato con un laboratorio di analisi chimiche e microbiologiche, la radiologia e la sala operatoria. Nel 2009 vi sono stati 11.300 ricoveri di cui 8 mila in pediatria, con una mortalità infantile del 10% (prima causa di morte è la malaria); 32 mila sono state le visite ambulatoriali e 211 mila le vaccinazioni eseguite. Il tasso medio di occupazione dei letti è superiore al 100%, dato che molti pazienti giacciono a terra sulle loro stuoie; l’assistenza viene assicurata da 136 operatori, di cui solo 4 sono medici. Il raggio d’azione dell’ospedale è di circa 50 chilometri, con un bacino d’utenza di circa 120 mila persone.

Alcuni abitanti di Angal, in Uganda. Nel villaggio si trova l’ospedale di St. Luke, dove Informatici senza frontiere ha installato un programma per la gestione delle operazioni di base, un aiuto enorme all’attività ospedaliera.

MINI GLOSSARIO SOFTWARE LIBERO: programmi per il computer a disposizione degli utenti gratuitamente. OPEN SOURCE: tecnologie e programmi che consentono all’utente, non solo il loro impiego gratuito, ma anche un’autonoma rielaborazione e l’eventuale sviluppo, senza restrizioni dovute alla proprietà intellettuale. UBUNTU: sistema operativo gratuito per computer. DIGITAL DIVIDE: la mancanza di un’adeguata infrastruttura di rete digitale per lo scambio di dati.

Arriva un grande contributo allo sviluppo dall’informatica open source. A cominciare dagli ospedali in Africa. I SCRIVE OPEN HOSPITAL, si legge “sviluppo”. È un software libero per la gestione degli ospedali ma anche il nome di un progetto che sfrutta la tecnologia per migliorare la qualità dell’assistenza anche laddove le risorse di Corrado Fontana sono limitate. Perché «risulta evidente come l’introduzione di supporti e strumenti informatici possa favorire il miglioramento delle condizioni di vita di un territorio», spiega Mara Pieri, responsabile della comunicazione di Informatici senza frontiere, l’associazione che nel 2005 ha progettato il software insieme agli studenti dell’Istituto tecnico Volterra di San Donà di Piave (Ve).

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Informatici senza frontiere: «L’introduzione di supporti informatici può favorire il miglioramento delle condizioni di vita di un territorio» | 60 | valori |

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Da Angal a Matiri Angal è un villaggio dell’Uganda quasi al confine con il Congo, composto da gruppi familiari ristretti che vivono in capanne. L’ospedale rurale di riferimento, il St. Luke, fondato circa un secolo fa dai Padri Comboniani, è una struttura non governativa di piccole dimensioni (280 posti letto), ma preziosissima per la popolazione locale. Il progetto Open hospital, sviluppato in coordinamento tra Informatici senza frontiere e il dottor Mario Marsiaj, che dirige l’ospedale da 40 anni, ha dato vita a una prima versione del programma nato ad hoc per la gestione delle operazioni di base dell’ospedale: registrazione e accettazione dei pazienti in entrata e in uscita, gestione di cartelle cliniche e terapie, del laboratorio e del magazzino farmaci. I volontari di Isf sono quindi andati sul posto e hanno attrezzato una rete informatica (anche grazie ad antenne paraboliche) che viene oggi utilizzata dai medici e dal personale infermieristico, offrendo inoltre all’ospedale alcuni personal computer donati da aziende e da singoli, ricondizionati per questa necessità. Da allora Open hospital si è evoluto grazie al confronto continuo con i suoi utilizzatori (vedi l’aggiunta di funzioni per la gestione economica e per l’invio di sms ai pazienti di-

OSPEDALE DI MATIRI (KENYA) IL SANT’ORSOLA HOSPITAL di Matiri ha circa 100 posti letto e 2 sale operatorie. Nella struttura ci sono pediatria e radiologia e funzionano una sala parto, un laboratorio oculistico, una clinica dentaria, il centro per la nutrizione del bambino, un laboratorio di analisi e una clinica mobile. Ci lavorano 112 persone, tra medici e infermieri.

INFORMATICI SENZA FRONTIERE È UN’ASSOCIAZIONE nata nel 2005 a Treviso e organizzata con otto sezioni regionali in Italia. Si propone di facilitare l’accesso alle tecnologie informatiche, nella convinzione che possano migliorare la qualità della vita. Tre le tipologie di progetti che segue: lo sviluppo di software in base a richieste specifiche (vedi la realizzazione di un programma per la registrazione degli ospiti della struttura diurna d’accoglienza per senza tetto Casa dell’ospitalità di Mestre); corsi di alfabetizzazione informatica e percorsi formativi in realtà di emarginazione ed esclusione sociale (detenuti, migranti, ex tossicodipendenti); sviluppo di sistemi informativi: vedi l’installazione di un laboratorio informatico nel carcere di Santa Bona di Treviso, dove i detenuti possono riparare hardware proveniente da aziende esterne, oppure la realizzazione di una rete nel reparto di onco-ematologia pediatrica dell’ospedale di Trieste, in modo tale che i bambini lungodegenti possano mantenere per via telematica i contatti con la famiglia e gli amici all’esterno o giocare tra loro.

messi, come promemoria di terapie da seguire e medicine da prendere); i tecnici volontari di Isf – oltre a fare assistenza a distanza – si recano periodicamente ad Angal per effettuare gli aggiornamenti del software e per la manutenzione e l’allargamento del parco computer in dotazione, anche perché il St. Luke si è ingrandito nel frattempo. L’altra struttura – più grande di Angal – per la quale è stato avviato un progetto complesso è l’Ospedale Sant’Orsola di Matiri, in Kenya, completamente informatizzato grazie alla realizzazione di una rete creata sul posto. Proprio lo sviluppo di questo progetto ha consentito di far progredire ulteriormente Open hospital (in futuro fornirà anche servizi di e-learning e teleconsulto) attraverso una collaborazione tra chi lavora al programma in Italia e chi lo testa in Africa in tempo reale.

Cultura informatica Un sistema operativo free come Ubuntu, per non avere costi di acquisto dei programmi; computer portatili a batteria, per ovviare alla mancanza frequente di energia elettrica e la necessità di formazione per chi un pc non l’aveva mai avuto tra le mani prima d’ora: tutti problemi che il progetto Open hospital ha elaborato nel tempo e solu|

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| lotta alla povertà | internazionale | MATTEO DE MAYDA

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La crisi colpisce i Paesi più poveri

Taglio degli aiuti umanitari, crollo degli investimenti stranieri, calo delle esportazioni, meno rimesse: la crisi economica globale pesa sui Paesi del Sud del mondo. La Banca Mondiale prevede 26 milioni di nuovi poveri entro il 2020. zioni che ha esportato anche negli altri ospedali rurali di Zinviè (Benin), Nzala-Kimbau (Repubblica Democratica del Congo) e Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo) dove Open hospital viene utilizzato. A proposito di ostacoli, Mara Pieri ricorda però che quelli più impegnativi da superare sono di natura culturale: «Abbiamo incontrato le maggiori difficoltà nell’insegnare agli utenti quanto sia necessario rendere sistematico il lavoro di archiviazione e il continuo aggiornamento dei dati che il software deve organizzare: abbiamo dovuto seguire da vicino l’abbandono di pratiche di gestione informali, elaborate su carta, e spesso attuate in modo sporadico. Problemi generati da una diversa forma mentis, che noi già abbiamo consolidato proprio con l’utilizzazione di certi strumenti, rispetto ad un mondo che ha una diversa concezione del tempo e dello spazio. Una vera e propria differenza culturale di cui bisogna sempre tenere conto quando si opera in determinati contesti». L’ospedale di St. Luke ad Angal. Ha 280 posti letto, una sala operatoria, radiologia e un laboratorio di analisi cliniche.

MOZILLA ITALIA, COMMUNITY PER UNA RETE APERTA NEL NOSTRO PAESE il tema del software libero, dell’abbattimento del digital divide come forma di discriminazione alla crescita culturale ed economica di popoli e regioni coinvolge numerosi giovani attivisti e associazioni. Tra di esse c’è, ad esempio, la comunità di Mozilla Italia, associazione senza scopo di lucro che si dedica alla traduzione nella nostra lingua, al supporto e alla promozione dei prodotti di Mozilla Foundation, cioè di software liberi in alternativa ai soliti programmi messi in commercio ad opera dell’oligopolio di multinazionali dell’informatica (Microsoft, Apple, Hp) che attualmente gestisce il mercato. Mozilla Italia ha elaborato persino una sorta di manifesto per l’accesso libero a Internet i cui primi tre articoli sono: 1] Internet è una parte integrante della vita moderna, una componente fondamentale nell’ambito dell’istruzione, della comunicazione, della collaborazione, degli affari e dell’intrattenimento dell’intera società. 2] Internet è una risorsa pubblica globale che deve rimanere aperta e accessibile. 3] Internet dovrebbe arricchire la vita di ogni essere umano. www.mozillaitalia.it

Non solo Africa

SITI

Open hospital non ha reso la vita più facile solo nelle strutture sanitarie africane, ma sta allargando i suoi orizzonti. E così il software è arrivato fino in Afghanistan, dove è stato installato presso l’ospedale Indira Ganhdi di Kabul, finanziato dall’India, ma al funzionamento e alla protezione del quale collabora la missione italiana: «Cercando un software per la gestione dell’ospedale – ricorda ancora Mara Pieri – il personale locale si è imbattuto in Open hospital: ci è stato dunque chiesto di installarlo e di avere un supporto nelle prime fasi dell’utilizzo. Il tutto è avvenuto nel 2008 e, dalle notizie che abbiamo, il software è tuttora in uso. Poco tempo dopo abbiamo ricevuto una lettera del generale che dirige la missione a Kabul che ci ringraziava per quanto fatto».

www.informaticisenzafrontiere.org Sito ufficiale di Isf. http://sourceforge.net/projects/angal/files/ Sito web da cui scaricare Open hospital. www.amicidiangal.org e www.smomonlus.org Siti web di associazioni che partecipano alla gestione dell’ospedale di Angal. www.tharakahospital.org Sito web del progetto Un ospedale per Tharaka e dell’omonima associazione che partecipa all’informatizzazione dell’ospedale di Matiri. www.matirihospital.org Sito web dell’ospedale di Matiri. www.matteodemayda.com/#205485/ANGAL-UGANDA Sito del fotografo Matteo De Mayda, autore delle foto che ritraggono Angal.

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V di Sara Milanese

I volti della Campagna, “Io non me ne frego”, lanciata da Coopi. Il primo a sinistra è Padre Barbieri, il fondatore della Ong.

ENTISEI MILIONI DI POVERI IN PIÙ entro il 2020 per l’effetto domino della crisi economica mondiale: è l’allarme lanciato dalla Banca Mondiale nel mese di giugno, a due anni dallo scoppio della bolla finanziaria dei mutui subprime. Poveri che si concentreranno soprattutto nei Paesi in cui gran parte della popolazione vive già al di sotto della soglia di povertà: Africa sub sahariana e Paesi del Sud-Est asiatico. Un dato drammatico, ma che rispetto alle previsioni iniziali migliora: al G20 di Pittsburgh, nel settembre 2009, la stessa Banca Mondiale ipotizzava 89 milioni di poveri in più entro la fine del 2010. Le iniezioni di fondi statali statunitensi per evitare il tracollo del sistema bancario e le politiche economiche europee e dei Paesi emergenti (a partire da Pechino), hanno in parte arginato gli effetti della crisi, con conseguenze dirette anche sulle economie degli Stati più poveri. Nonostante la graduale ripresa economica a livello globale, a frenare il recupero in queste regioni ora è soprattutto la crisi del debito in Europa, principale causa del crollo degli investimenti esteri e delle esportazioni, con gravi conseguenze per il continente africano, la cui crescita dipende direttamente da questi due fattori.

In un primo momento i Paesi più poveri del globo sembravano fuori pericolo rispetto alla crisi dell'autunno 2008: la maggior parte della popolazione di queste nazioni vive di economia informale, e la debolezza delle Borse locali ha impedito alla bolla speculativa di propagarsi. Gli effetti si sono visti pochi mesi dopo, nella primavera del 2009, a partire dal drastico taglio dei governi occidentali ai fondi per la cooperazione. Il già difficile cammino dei Millennium development goals si è fatto ancora più in salita: sono troppi i ritardi per i 10 obiettivi lanciati dall’Onu nel 2000 (tra i quali istruzione elementare e sanità per tutti) per dimezzare il numero di indigenti nel mondo entro il 2015. Oggi l'urgenza è soprattutto evitare che la povertà dilaghi. In Asia le conseguenze per il calo delle esportazioni, degli aiuti e degli investimenti sono attenuate dai forti legami economici e commerciali con India e soprattutto Cina, l’unico Paese in grado di continuare ad investire anche nei Paesi africani. A questi fattori macroeconomici si somma però l’aumento della disoccupazione in Europa e Stati Uniti, che colpisce giovani e donne, ma anche molti lavoratori immigrati, andando ad incidere pesantemente sulle loro rimesse verso i Paesi di origine, un flusso di denaro che da solo supera quello degli aiuti umanitari. Nel 2009, solo in Italia, i migranti africani hanno inviato verso i loro Paesi di origine oltre 836 milioni di euro, il 10% in meno rispetto al 2008.

Coopi: io non me ne frego! «É una realtà: la povertà è in crescita, i dati sono allarmanti. Non è proprio possibile restare indifferenti». Isabella Samà, responsabile comunicazione istituzionale di Coopi spiega così la campagna “Io non me ne frego”, da poco lanciata dall’organizzazione. Ogni cinque secondi un bambino muore di fame, ogni minuto una donna muore di parto, una persona su sei non ha accesso all’acqua potabile: i validi motivi elencati da Coopi per non fregarsene sono 80. Ma aumentano: attraverso il sito www.coopi.net/iononmenefrego/ chiunque può aggiungere le proprie motivazioni. «È vero che si parla molto di povertà, ma spesso lo facciamo tra addetti ai lavori. Con questa campagna vogliamo portare sotto i riflettori le tante sfaccettature legate alla miseria e vogliamo anche far emergere una massa critica e far sentire la nostra voce. Tutti possono fare qualcosa, a partire dal sostenere questa campagna».

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Ambiente APPUNTAMENTI LUGLIO>SETTEMBRE

Quindicesimo summit dell’Unione africana (Ua), l’organizzazione sovranazionale e intergovernativa che comprende la quasi totalità delle nazioni africane. Al centro dei lavori i temi della maternità, della salute infantile e dello sviluppo in Africa. www.africa-union.org

9 luglio OLANDA ELEZIONI PARLAMENTARI 11 luglio GIAPPONE ELEZIONE DELLA CAMERA ALTA Giapponesi al voto per l’elezione dei rappresentanti della Dainiju–nikai Sangiingiin Tsu–jo–senkyo, o Camera di Consiglio, l’equivalente del Senato nel sistema parlamentare bicamerale. 11 luglio SUDAFRICA FINALE CAMPIONATO MONDIALE DI CALCIO Iniziata l’11 giugno 2010 la 19ma edizione del Campionato mondiale di calcio vedrà l’atto conclusivo svolgersi l’11 luglio al First National Bank Stadium di Johannesburg. La finale si svolgerà nell’emisfero australe 32 anni dopo l’edizione del mondiale in Argentina, nel 1978.

12 - 14 luglio AMMAN (GIORDANIA) SUSTANINABLE ARCHITECTURE AND URBAN DEVELOPMENT Seconda conferenza internazionale sull’architettura sostenibile e lo sviluppo urbano, organizzato da The Center for the Study of Architecture in the Arab Region, in collaborazione con la University of Dundee, School of Architecture (Uk) e la Jordan University. www.csaar-center.org/conference /saud2010 17 luglio PALESTINA ELEZIONI AMMINISTRATIVE Si rinnovano i consigli comunali nella West Bank. 18 - 23 luglio VIENNA (AUSTRIA) XVIII CONFERENZA INTERNAZIONALE SULL’AIDS Durante la Conferenza verrà illustrato lo stato di diffusione del virus dell’Hiv e verrà fatto il punto sull’azione combinata della prevenzione con le terapie antiretrovirali e l’accessibilità alle cure. 19 - 27 luglio KAMPALA (UGANDA) 15TH AFRICAN UNION SUMMIT | 64 | valori |

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A CURA DI PAOLA BAIOCCHI | PER SEGNALARE UN EVENTO SCRIVERE A REDAZIONE@VALORI.IT

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1° agosto ENTRATA IN VIGORE DELLA CONVENZIONE SULLE CLUSTER Erano necessarie trenta firme di trenta Paesi, per arrivare all’entrata in vigore della Convenzione di Oslo sulle munizione cluster. Sono ormai trentasei i Paesi che hanno firmato la ratifica contro le micidiali bombe a grappolo, che uccidono soprattutto bambini anche ad anni di distanza dalla fine delle guerre. Dal 1° di agosto i Paesi che lo hanno ratificato si impegnano ad adempiere alle condizioni del Trattato, che vieta la produzione, l’uso e il possesso dei micidiali ordigni. www.campagnamine.org

9 agosto RUANDA ELEZIONI PRESIDENZIALI 9 agosto - 24 settembre GINEVRA (SVIZZERA) CONFERENZA SUL DISARMO - 3A PARTE www.geneva-forum.org/Calendar/ Current.htm

12 agosto ONU INTERNATIONAL DAY OF THE WORLD’S INDIGENOUS PEOPLE Giornata internazionale dei popoli indigeni, evento annuale organizzato dal Forum permanente dell’Onu sulle questioni indigene (UN Permanent Forum on Indigenous Issues), con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione internazionale per la soluzione dei problemi delle minoranze in settori come cultura, istruzione, salute, diritti umani, ambiente, sociale e sviluppo economico. www.un.org/esa/socdev/unpfii

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12 agosto MADAGASCAR REFERENDUM COSTITUZIONALE Sono nove i membri del Comitato consultivo sulla Costituzione, incaricati di redigere una nuova Carta, successivamente alla presa di potere di Andry Rajoelina, nel marzo 2009. Il voto dovrebbe portare alla fine della transizione guidata dal presidente Rajoelina, ex sindaco di Antananarivo e principale oppositore del presidente dimissionario, ma il clima è di grande incertezza e numerosi partner esteri hanno sospeso gli aiuti allo sviluppo.

19 - 23 agosto JÖNKÖPING (SVEZIA) ERSA CONGRESSO Crescita sostenibile e sviluppo regionale nell’economia della conoscenza è il titolo della 50ma edizione del Congresso organizzato dall’Associazione internazionale di scienze regionali. Uso del suolo, rapporti città-campagna, salute, aspetti di genere dello sviluppo regionale, capitale sociale, turismo, innovazione, demografia e molto altri argomenti saranno oggetto di discussione. www.ersa.org/ersa-congress 6 - 10 settembre VALENCIA (SPAGNA) 25TH EU PVSEC Venticinquesima edizione della conferenza mondiale sull’energia solare fotovoltaica (European Photovoltaic Solar Energy Conference). I lavori si svolgeranno dal 6 al 10 settembre, mentre l’esibizione (5th World Conference on Photovoltaic Energy Conversion) si svolgerà, sempre nella fiera della città spagnola, dal 6 al 9. www.photovoltaic-conference.com 12 settembre TURCHIA REFERENDUM COSTITUZIONALE I cittadini turchi sono chiamati a ratificare le riforme costituzionali approvate dal parlamento tra la fine di maggio e l’inizio di giugno. 13 - 17 settembre MONACO DI BAVIERA (GERMANIA) IFAT 2010 Una delle principali fiere internazionali focalizzata sulle nuove tecnologie e lo sviluppo di servizi nel campo della gestione idrica, del territorio e nel riuso e riciclaggio dei rifiuti. www.ifat.de

15 - 17 settembre GINEVRA (SVIZZERA) WTO PUBLIC FORUM 2010 Si intitola “The Forces Shaping World Trade” la tre giorni di incontri pubblici realizzata dall’Organizzazione mondiale del Commercio (Wto). A confronto accademici, politici, rappresentanti istituzionali, membri dei sindacati ed esponenti della società civile. www.wto.org

18 settembre AFGHANISTAN ELEZIONI PARLAMENTARI Il martoriato Afghanistan torna al voto tra mille incertezze e molte paure. L’ultimo appuntamento elettorale (le passate presidenziali) è stato caratterizzato dalle accuse di brogli e dall’escalation della violenza dei ribelli talebani.

19 settembre SVEZIA ELEZIONI GENERALI

20 - 25 settembre VIENNA (AUSTRIA) CONFERENZA GENERALE DELLA IAEA 54ma sessione della Conferenza generale dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica (International Atomic Energy Agency - Iaea). www.iaea.org/index.html

26 settembre VENEZUELA ELEZIONI PARLAMENTARI In un clima di grave incertezza alimentata dalle crescenti difficoltà economiche, il Venezuela va al voto per il rinnovo del Parlamento. Non è esclusa un’alleanza generale tra tutte le forze di opposizione che contrastano il partito di maggioranza guidato dal presidente Hugo Chávez (nella foto). 27 settembre - 1°ottobre KYOUNGJU (COREA DEL SUD) FAO REGIONAL CONFERENCE FOR ASIA AND THE PACIFIC (APRC) www.fao.org

I business sani della biodiversità di Massimiliano Pontillo

L 20 DICEMBRE 2006 L’ASSEMBLEA GENERALE DELL’ONU ha proclamato il 2010 “Anno internazionale della biodiversità”, designando il segretariato della Convenzione sulla diversità biologica come focal point. E invitandolo, inoltre, a collaborare con le agenzie delle Nazioni unite interessate, le organizzazioni internazionali e gli altri attori che si occupano di ambiente, per sensibilizzare la più ampia opinione pubblica e stimolare i governi a un maggiore impegno a livello globale e locale, nella speranza che il tempo perduto non risulti incolmabile. La Convenzione sulla diversità biologica (Cdb), entrata in vigore il 29 dicembre 1993, si pone tre obiettivi principali: conservare la diversità biologica, utilizzarla in modo durevole e distribuire i benefici che ne derivano in modo giusto ed equilibrato. La biodiversità designa tutte le forme di vita sulla Terra; quella di cui siamo testimoni, in quest’epoca storica, è il frutto di un’evoluzione durata miliardi di anni. In questa “diversità” vengono incluse le molte varietà di piante, di animali e di microrganismi, ma anche le differenze genetiche all’interno di ogni specie. Forse non ci rendiamo conto che la frammentazione e il degrado fino alla scomparsa di foreste, di zone umide, di barriere coralline e di altri ecosistemi costituiscono la più grave minaccia che possiamo procurare al nostro Pianeta. E quindi a noi stessi. Per questi motivi nell’aprile 2002 i Paesi firmatari della Convenzione hanno deciso di avviare entro il 2010 “una riduzione significativa dell’attuale ritmo di impoverimento della biodiversità a livello mondiale, regionale e nazionale col fine di contribuire all’attenuazione della povertà e al profitto di tutte le forme Tutelare le forme di vita di vita sulla Terra”. Un patto inserito nel 2007, al Summit mondiale presenti sulla Terra Onu per lo sviluppo durevole tenutosi a Rio de Janeiro, tra le finalità non è solo una questione del millennio. di ambiente. In gioco ci sono delloUnsviluppo rapporto delle Nazioni unite dimostra che battersi per la difesa enormi risparmi economici della ricchezza delle forme di vita è anche più conveniente che battersi e opportunità industriali per la difesa del clima. In realtà, a guardar bene, è difficile distinguere tra i due obiettivi, visto che i cambiamenti climatici rappresentano la principale minaccia per la biodiversità. Si tratta, in realtà, di due visuali diverse per osservare la medesima questione. Nicholas Stern, ex chief economist della Banca mondiale, aveva calcolato con il suo celebre rapporto, recentemente aggiornato, che per ogni euro investito in misure di protezione climatica - ossia efficienza energetica, fonti rinnovabili e foreste si possono evitare tra i 5 e i 20 euro di danni. Il nuovo documento dell’Onu spiega che, investendo nella difesa della fertilità del suolo, della pulizia dell’aria e dell’acqua, nella protezione degli insetti impollinatori e nelle altre attività di sostegno della biodiversità, si ottengono benefici da 10 a 100 volte la cifra impiegata. Di qui una serie di suggerimenti: sostenere le comunità locali che sanno mantenere l’equilibrio del territorio; fissare tetti per lo sfruttamento delle risorse; chiedere alle aziende resoconti ambientali oltre che finanziari. Il tutto per un’ottima ragione economica, oltre che etica. Investendo 45 miliardi di dollari l’anno a livello globale si possono ottenere due vantaggi concreti: il primo, è che si tratta di misure reali e tangibili: alberi e pannelli fotovoltaici, non speculazione finanziaria. Il secondo è che questa operazione comporta benefici in termini di depurazione dell’aria e dell’acqua e di altri servizi ecologici che valgono tra i 4 e i 5 mila miliardi di dollari, cioè 100 volte più dell’investimento. Eppure solo due delle cento maggiori aziende nel mondo credono che la riduzione della biodiversità rappresenti una minaccia strategica per il loro business.

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altrevoci a cura di Michele Mancino

SE LA TV DECIDE PIÙ DELLA POLITICA

LE REGOLE DOPO GLI SCANDALI NON SERVONO

PER FARE PROGRESSO CI VUOLE UN SEME

L’INTIMA ANGOSCIA DEL SERIAL KILLER

UN’ESTATE PER SCOPRIRE ME STESSO E MIO PADRE

Di fronte alla crisi europea e internazionale 32 economisti hanno raccolto le loro proposte per un’economia sostenibile. Gli autori suggeriscono vie d’uscita concrete e ragionevoli: evitare di prolungare la recessione, rimettere la finanza al suo posto, costruire un’economia sostenibile, avviare politiche per uno sviluppo di qualità, tutelare il lavoro, ridurre le disuguaglianze. Il volume nasce da un progetto comune dell’Etui (Istituto sindacale europeo) e di Sbilanciamoci, la campagna sulle alternative economiche di 47 organizzazioni della società civile italiana. Gli autori del volume sono: Bruno Amable, Eileen Appelbaum, Andreas Botsch, Roberta Carlini, Antonio Cianciullo, Vincenzo Comito, Paul De Grauwe, Sebastian Dullien, Gerald Epstein, Maurizio Franzini, Jean Gadrey, Francesco Garibaldo, Claudio Gnesutta, Pierre Jonckheer, Jacques Le Cacheaux, Robert Kuttner, Angelo Marano, Giulio Marcon, Markus Meinzer, Richard Murphy, Grazia Naletto, Mario Pianta, Felice Roberto Pizzuti, Guglielmo Ragozzino, Alessandro Santoro, Helene Schuberth, Stefan Schulmeister, Daniela Schwarzer, Gianni Silvestrini, Annamaria Simonazzi, Antonio Tricarico, Andrew Watt.

La politica oggi è governata dall’economia e dal mercato sovranazionali. Il ceto politico, se da una parte perde importanza e potere decisionale, dall’altra ne esce rafforzato nelle sue individualità. La politica, in un contesto sociale frammentato, non rappresenta più i gruppi sociali organizzati, ma i singoli individui, ovvero il cittadino-monade. Gli individui, perdendo i tradizionali processi identitari nelle classi sociali, si rifugiano nell’isolamento consumistico. Ciò che si prospetta è un’Italia materialista, individualista e “machista”, dove la solidarietà viene sostituita dallo scambio. In questo sistema gioca un ruolo cruciale la televisione commerciale che ha assecondato questa propensione individualistica. Berlusconi è stato abile ad estremizzare qualcosa che c’era già. Con una comunicazione chiara, diretta e tipica di un bravo venditore di sogni, ha fatto la sua discesa in campo nella politica, lasciando all’antiberlusconismo il compito di ingigantire il personaggio.

Dopo ogni grande scandalo finanziario, la risposta dell’opinione pubblica è sempre la stessa: servono nuove regole. Ma, secondo l’autore, una maggiore regolamentazione dello Stato non serve a tutelare chi investe i propri soldi nelle società quotate. Il governo societario è l’insieme di meccanismi e istituzioni necessarie a mantenere le promesse fatte ai soci, i quali se danno fiducia a quelle promesse mettono mano al portafoglio e investono, altrimenti orienteranno diversamente i loro investimenti. Quando interviene la politica il legislatore, per assecondare i propri interessi e quelli delle lobby più organizzate, utilizza strumenti di governance poco efficaci, cioè meno capaci di proteggere l’investitore (agenzie di rating, revisione contabile, amministratori indipendenti, ecc.). Di contro, secondo l’autore, i fondi di private equity e gli hedge fund controllano in modo efficace la performance, perché mirano al profitto e, per questo, sono presi di mira dalle politiche di regolamentazione.

Partiamo dall’autore: Fabio Bertapelle è un “agronomo pentito” che ora ha deciso di fornire consulenze gratuite sulla qualità del cibo per diffondere una nuova coscienza alimentare. In “Semi di Giustizia” svela una regola del mercato agro-alimentare attuale: il grande movimento di denaro si genera in minima parte con la produzione di semi e frutti e, in larga parte, con il loro commercio e la loro trasformazione. Così i piccoli produttori restano emarginati, nel Sud del mondo ma non solo. Ecco perché il libro presenta una carrellata di semi, noti e meno noti, raccontandone le vicende che ne hanno segnato il percorso e proponendo un’azione davvero concreta e solidale: condividere i semi con gli ultimi, diventando co-produttori e trasformandoci da consumatori in agricoltori a distanza. Segnali positivi, per fortuna non mancano: le reti di coltivatori, come la Rete Sementi Rurali, i Gas, i più recenti Gat (gruppi d’acquisto territoriale) che acquistano lotti di terreno produrre il loro cibo.

È una storia che spiazza e non perché parla di un serial killer seviziatore di bambini, ma perché entra senza reticenze nella mente del carnefice e delle vittime. Non è un thriller e nemmeno un romanzo poliziesco. La dimensione psicologica e intima di chi fa il male e di chi lo subisce lasciano una traccia più profonda nel lettore. Non ci sono misteri, l’autrice svela subito tutto. Una scelta giusta per un libro che ha la pretesa, e spesso ci riesce, di generare un’attesa angosciante, anche quando fa delle scelte discutibili sul piano della trama. Come quando la madre di una delle vittime compra una casa dal killer di suo figlio. Così come quando il figlio di un’investigatrice tedesca, da sempre sulle tracce del serial killer, diventa a sua volta vittima per un caso fortuito. Coincidenza quasi impossibili, in una storia ambientata tra l’Italia e la Germania in un arco di quasi vent’anni. Ci sono insomma delle ingenuità che vengono però ampiamente ripagate da una scrittura che porta il lettore al cuore del male.

Leonardo è stato un padre affettuoso e insondabile e Lorenzo non ha mai conosciuto la sua verità o magari l’ha sempre evitata per non scoprire di essere come lui. La morte del padre mette il figlio di fronte a una scelta decisiva: continuare a seguirne le tracce o tentare finalmente un’autenticità limpida, faticosa, una coerenza negli affetti. In un’estate dei nostri anni spesa fra Roma e la Grecia, poche settimane in cui nessuno sa o vuole dirgli tutta la verità, né le donne della sua vita, Sara e Carolina, né la madre Giovanna, elusiva e ferita, né la fragile sorella Martina, né Marco, l’amico tradito e rimpianto; in un’estate feroce in cui ciascuno è solo, eppure consegnato al desiderio, alla ricerca spasmodica, al bisogno insopprimibile dell’altro, e nulla è davvero come sembra; in questa estate definitiva, Lorenzo dovrà scoprire tutto insieme: chi era davvero suo padre? È ancora possibile amarsi? Che cosa c’impedisce di essere fino in fondo chi siamo?

DIEGO GIACHETTI BERLUSCONI E BERLUSCONISMO

JONATHAN R. MACEY CORPORATE GOVERNANCE

FABIO BERTAPELLE SEMI DI GIUSTIZIA

Edizioni Arterigere, 2010

Ibl Libri, 2010

EMI, 2010

Edizioni dell’Asino, 2010

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SE AVETE LIBRI, EVENTI, PROGETTI DA SEGNALARE, SCRIVETE A MANCINO@VALORI.IT

GUIDA PRATICA PER USCIRE DALLA CRISI

A CURA DI ANDREW WATT, ANDREAS BOTSCH E ROBERTA CARLINI DOPO LA CRISI PROPOSTE PER UN’ECONOMIA SOSTENIBILE

narrativa

SABINE THIESLER LA CAREZZA DELL’UOMO NERO

B.C. Dalai editore, 2010

MATTEO NUCCI SONO COMUNI LE COSE DEGLI AMICI

Ponte alle Grazie, 2009

L’OBLIO DIETRO IL BANCONE DEL BAR PASTORE PER LAVORO FOTOGRAFO PER CASO IL NEPAL SVELATO CON I SUOI SCATTI “Faccio ancora qualche passo quando, senza alcun preavviso, davanti agli occhi si para uno spettacolo mozzafiato: inondata dalla luce radente del sole che scende a Ovest, si apre un’immensa, interminabile, splendida valle. Una valle fatta di verdissimi campi terrazzati e di villaggi con abitazioni di legno e fango. A vederla così si sarebbe detto un universo a parte, sospeso e incantato. Una sorta di Shangrilà, preziosamente incastonata tra le montagne”. In uno degli angoli più remoti e seducenti dell’Asia, vive Chaturman Rai, dell’etnia dei Kulunge. Vita dura, la sua. Pastore, soprattutto. Ma, se serve, anche carpentiere e portatore di sale. Il destino però aveva in serbo per lui una sorpresa, portata nel suo villaggio, senza telefono né elettricità, da alcuni fotografi itineranti. Una macchinetta antidiluviana gli fa scoprire una profonda passione per la fotografia. I suoi scatti sono evoluzioni della sua sensibilità, del suo modo di vedere il mondo esterno. Non lo fermano né la difficoltà a reperire rullini, né i duri lavori che deve fare per tirare avanti. Non c’è nulla di inventato in questa storia. L’autore è un giovane antropologo, alle prese con la sua prima approfondita missione sul campo, in Nepal, che segue passo passo i progressi di Chaturman nel campo della fotografia. Così, gli scatti più suggestivi accompagnano la narrazione, quasi divenendone l’ossatura.

Questa è una delle tappe della letteratura della dissoluzione, praticata a suo tempo da maestri come Bukowski. Scavare letterariamente nell’abuso delle sostanze è un esercizio che presuppone una conoscenza del fenomeno, almeno de relato, come può accadere a un giovane barman di Hollywood, affascinato dalla decadente rovina che lo circonda. Il barman osserva i clienti scivolare nel loro oblio notturno, ascolta le loro storie, il brusio delle loro esistenze, e prende appunti per un romanzo. Nella speranza di scoprire i segreti e i fantasmi delle loro vite cerca di stringere amicizia con alcuni di loro, i clienti regolari, ognuno con la sua storia, la sua unicità. Sera dopo sera, settimana dopo settimana, il lavoro lo avvolge in un soffocante universo fatto di luci basse, musica soffusa, chiacchiere e mormorii sullo sfondo. Cosí accade, sembra inevitabile, che il barman inizi a versarsi piú bicchieri di quelli che porge ai suoi clienti, per sprofondare nel loro stesso oblio. PATRICK DEWITT ABLUZIONI

Neri Pozza, 2010

MARTINO NICOLETTI CHATURMAN RAI FOTOGRAFO CONTADINO DELL’HIMALAYA

Exorma edizioni, 2010 |

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multimedia

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UNA GIRAFFA PER CONOSCERE LA MALARIA

DUE ANNI E UNA VESPA PER GIRARE IL MONDO

Una piccola giraffa che spiega le malattie ai bambini in televisione. Il cartoon “Tsehai Loves Learning” ha conquistato in Etiopia oltre cinque milioni di giovanissimi fan, di età compresa tra i 3 e i 6 anni. Sono bambini che non avrebbero altrimenti avuto facile accesso ad informazioni e cure pediatriche. La serie di clip con protagonista la giraffa Tsehai è ambientata nel salotto di casa della giovane produttrice Bruktawit Tigabu. Con una narrazione in amarico e doppiaggi in lingua tigrina e arabo sudanese, la serie ha dato un notevole contributo in particolare alla lotta alla diffusione della malaria, spiegando ai giovanissimi telespettatori come difendersi per evitare il contagio e quali procedure adottare in caso di sospetta infezione. In Rete sono disponibili i principali episodi e la storia di questo fortunato cartoon con la possibilità di effettuare donazioni per la sua prosecuzione alla casa di produzione indipendente Whiz Kids, fondata dalla giovane produttrice, che si occupa di produzioni multimediali di carattere educativo.

Come conoscere gli abitanti del mondo, o almeno una parte, viaggiando due anni con una Vespa? Il blog Vespanda.com racconta il viaggio di Ilario Navarra, ventisettenne modenese partito alla volta delle Americhe dopo due anni di lavoro in fonderia dove ha accumulato risparmi per sostenere il suo tour a bordo di una Vespa del 1970. Viaggio in aereo per lui e in nave per “la corazzata”, la sua due ruote e quindi partenza per un attraversamento del Continente americano. Unico collegamento con il mondo: la Rete. Nel blog racconti di strade secondarie, notti passate al freddo e la meraviglia di parchi naturali incontaminati. Con una caratteristica, piuttosto rara in questi decenni: niente adesivi sovrapposti sul vespone e nessun link a grandi brand: il tour è interamente autofinanziato. Così, sulla pagina del suo blog che viene aggiornato con un economico netbook quando è disponibile una rete Wifi libera, campeggia la frase simbolo del suo viaggio solitario: “libero da tutto”. Non a caso inserito sotto un ironico link alla pagina degli (assenti) sponsor.

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IN SUDAFRICA ISTRUZIONE MOBILE PER COMBATTERE IL DIGITAL DIVIDE Gli occhi puntati sul SudAfrica per i Mondiali di calcio offrono una opportunità di visibilità a storie e progetti di interazione che raramente approdano sui media italiani. M4girls è un progetto che è stato testato in due scuole sudafricane con l’obiettivo di migliorare il rendimento scolastico e sviluppare l’abilità matematica. Attraverso l’utilizzo di cellulari con un programma precaricato gli studenti hanno potuto testare l’opportunità di condurre la fase Beta del test in vista del possibile rilascio di una applicazione educativa su vasta scala. Un gioco interattivo con nozioni supplementari di matematica consente di testare i risultati raggiunti. Altra progettualità sviluppata nel continente africano è quella di Cellbook, progetto che vuole portare i libri sul cellulare e che ha beneficiato ad oggi di una vendita di oltre duecentomila copie della Sacra Bibbia in versione mobile. La piattaforma è integrata con Facebook e altri social network e sta coinvolgendo i maggiori editori internazionali, tra cui Pearson e Oxford Press.

PIAZZABIO.IT IL BIOLOGICO CRESCE IN RETE

L’ORTO SUL TERRAZZO E IL GUERRILLA GARDENING

IL CONAI PROMUOVE L’OSCAR DEI PACCHI

Mettere in Rete produttori e consumatori di biologico per far crescere il concetto di sostenibilità nelle pratiche quotidiane e nei luoghi pubblici. Con un obiettivo a medio termine: far crescere il biologico nella ristorazione collettiva come momento di crescita collettiva e di traino per il consumo privato. Piazzabio.it nasce in Umbria e si vuole estendere a tutto il centro Italia con la sua “piazza virtuale” che mette in relazione consumatori e produttori di biologico. Produttori, distributori, trasformatori e collettivi di consumatori possono utilizzare il portale per comunicare e promuovere le produzioni naturali. L’iscrizione al portale, finanziato dalla Regione Umbria, è gratuita per produttori e consumatori e il progetto si annuncia come “work in progress” sia per la diffusione sia per la possibile interazione con gli eventi sul territorio. Una sezione news, bacheca, normative, consigli degli esperti e consigli per “buone pratiche” completano il progetto.

Se avete recentemente visitato un ipermercato o un grande fiorista ve ne sarete accorti: è l’anno del verde e del giardinaggio. Chi non può beneficiare di un giardino da coltivare e guarda uno scenario di cemento e palazzi, può sfruttare gli spazi del balcone per allestire orti e giardini metropolitani. Oppure ricorrere al guerrilla gardening “adottando” una aiuola o uno spazio d’erba abbandonato nel suo quartiere e dandogli nuova vita. Purtroppo, mentre a Parigi sul tetto del Palais De Tokyo si sperimenta l’apicoltura con grande interesse, a Milano capita che intervengano i vigili a strappare semplici ma non autorizzate piantine di pomodori ma piano piano le buone pratiche si diffondono e l’attenzione cresce. Capita così che nascano piccoli fenomeni, come accade a Bas Van der Veer che ha avuto le geniale idea di lanciare “A drop of water” (una goccia d’acqua), una grondaia con un piccolo foro che distilla gocce d’acqua alle piantine. Lo facevano già gli antichi romani e i nostri progenitori in campagna ma alcune riviste di design gli hanno dedicato intere pagine.

L’ecosostenibilità dei prodotti destinati al largo consumo viene spesso promossa come veicolo di persuasione all’acquisto. In un’era in cui tutto viene facilmente definito green ed etico, tuttavia, l’analisi del consumatore deve essere molto mirata e approfondita. Infatti spesso il prodotto viene letteralmente avvolto da un confezionamento invasivo e disattento ad ogni tendenza sulla ecosostenibilità. Gli Oscar del confezionamento promossi dal Conai (Consorzio nazionale imballaggi) hanno avuto anche per il 2010 il merito di portare all’attenzione del grande pubblico tentativi coerenti di sviluppare il packaging seguendo un filone di pensiero attento all’ambiente e alla sostenibilità. Tra i premiati, speciali imballaggi per materiale elettrico che si trasformano in scatole per raccolta differenziata nei cantieri ed un tappo avvitabile di cellulosa per i bicchieri di carta delle bibite. Tra i progetti più curiosi un flacone per detergenti a ricarica idrosolubile e biodegradabile: quando viene ricaricato il flacone l’imballaggio della ricarica si scioglie automaticamente nel flacone stesso e non deve essere smaltito.

future

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REPORTER “MONDIALI” ARMATI DI CELLULARE A MILANO CON I CREATIVI DEL NON RICICLABILE MA RIUTILIZZABILE Borse di tendenza create con teloni pubblicitari in pvc e rivestite con camicie Second Hand per i ragazzi milanesi di GarbageLab. Paracadute dell’esercito Svizzero trasformati in tende per l’estate e borse per la spesa per Carola Schaffner della zurighese Frischfre. La moda dura ormai da un decennio, da quando i fratelli Freitag hanno pensato di acquistare i vecchi e spessi teli in pvc dei camion per ritagliarne borse d’arte povera, indistruttibili e idrorepellenti, pensate per studenti e ciclisti del Nord. Da allora il riciclo creativo è diventato un banco di prova per numerosi designer e i prodotti “indistruttibili” e non facilmente riciclabili si vestono di green con il riuso. Dopo aver caratterizzato gli ultimi due saloni del Mobile a Milano e aver contaminato la Settimana della Moda, i prodotti di nicchia approdano contemporaneamente nei raduni della sostenibilità e del consumo critico e nelle in boutique delle grandi città con prodotti per bambini e adulti.

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Citizen Journalism come nuova frontiera dell’informazione. Il difficile rapporto tra testate e professionisti dei media cartacei e i nuovi blogger e giornalisti d’assalto è destinato ad evolvere nel prossimo decennio e ne deriveranno prodotti nuovi, flessibili, ultra aggiornati. Da prendere, per ora, con tutte le cautele del caso e molta curiosità, con un occhio attento alla vecchia etica del giornalismo imparato in qualche redazione di provincia o nelle terre di frontiera del Sud italia e degli hinterland metropolitani. World Cup Reporters è un progetto di giornalismo civico lanciato in Sud Africa in occasione dei Mondiali di calcio e ha visto ragazzini dai 10 ai 15 anni confrontarsi, armati solo di cellulare, con la gestione di un portale di informazione. Il progetto è stato lanciato da World Film Collective, associazione che vuole insegnare ai ragazzi a gestione di nuove tecnologie finalizzate al racconto delle contradditorie realtà dei Paesi in via di Sviluppo.

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TERRA FUTURA PREMIA ENTI E ARCHITETTI SOSTENIBILI Quinta edizione del premio “Architettura e Sostenibilità” a Terra Futura 2010 destinato alla migliore tesi di laurea e di dottorato, nonché alle buone prassi delle pubbliche amministrazioni. Oltre 100 i progetti candidati provenienti da tutta Italia. Ad aggiudicarsi il premio per la miglior tesi di laurea un lavoro (“Partecipatto: un’esperienza di urbanistica partecipata a Scordia - Catania”) di alcuni studenti della facoltà di Architettura dell’università di Reggio Calabria, a sostegno dell’idea che la partecipazione sia un processo ineludibile per affrontare con responsabilità e coscienza la progettazione ecologica. A Stefano Giussani (facoltà di Architettura dell’università di Genova), il premio per la miglior tesi di dottorato per il progetto “L’impatto del turismo sulle zone costiere: uno strumento per la gestione integrata e sostenibile delle attività turistiche sul territorio”. Infine, per la categoria dedicata alle pubbliche amministrazioni ha vinto il premio Agire, agenzia per l’energia del Comune di Venezia, con “Strade in buona luce”: un intervento per modificare l’illuminazione pubblica di due strade con un sistema a basso consumo e ad alta efficienza.

A FIRENZE L’AZIENDA DEI TRASPORTI CERCA UN POSTO AL SOLE Parte da Peretola, alle porte di Firenze, quella che in molti sperano sia un rivoluzione ecologica dell’Ataf (Azienda trasporti dell’area fiorentina). Primo obiettivo è infatti rendere “a impatto zero” il deposito di Peretola investendo un milione di euro (600 mila euro dalla stessa Ataf, il resto da bandi regionali). Un progetto interessante che partirà operativamente a gennaio 2011 per concludersi ad agosto con la trasformazione dell’attuale complesso in una struttura industriale a energia solare, attraverso l’impiego di pannelli fotovoltaici. Gli impianti elettrici e termici verranno sostituiti con tecnologie a solare e solare combinato per ridurre i consumi e aumentare l’efficienza: le fonti energetiche alternative e rinnovabili garantiranno il riscaldamento di uffici e depositi, l’illuminazione e la produzione di energia elettrica per la climatizzazione. Non solo. La conversione ecologica di Peretola avverrà utilizzando materiali ecocompatibili, riutilizzabili e che non pongono problemi di smaltimento, mentre tutti gli infissi interni saranno sostituiti con infissi a taglio termico e vetri camera per evitare sprechi e dispersioni. Tutto il sistema sarà poi sottoposto a telecontrollo e i dati sui consumi verranno rilevati da speciali centraline e contabilizzati per verificare l’effettivo miglioramento delle prestazioni energetiche: gli studi preliminari dicono che si potranno risparmiare 117 TEP (tonnellate equivalenti di petrolio) e 143 tonnellate di CO2 in un anno.

www.ataf.net

www.terrafutura.it | 70 | valori |

I GERMOGLI DELLA FORESTA (ITALIANA) DI SHERWOOD

SU ERROR104 PER SCOPRIRE I VIDEOMAKER RESPONSABILI

Non siamo nel regno di re Riccardo ma a San Colombano al Lambro, in provincia di Milano: è su una collina che dal 2000 si trova la cooperativa sociale di tipo “A” Casa Famiglia Sherwood, nata per accogliere ragazzi e ragazze del percorso penale del carcere minorile Beccaria di Milano. Sono attualmente otto ragazzi e una ragazza che vivono nella casa famiglia: 5 di loro compiono un percorso di “messa alla prova” alternativo a quello penale mentre gli altri arrivano da provvedimenti amministrativi dei servizi sociali. Tutti loro seguono un progetto educativo, lavorativo e formativo di reinserimento: chi non è in obbligo scolastico, dopo aver badato agli animali da cortile, all’orto e alla casa aiuta infatti nella coltivazione e confezionamento dei prodotti della terra e ciascuno si avvale del supporto di tre educatrici professionali, una psicologa e una pedagogista. Nel 2004 da Sherwood è nata una seconda cooperativa sociale, questa di tipo “B”, cioè finalizzata all’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, chiamata I Germogli, che lavora in sinergia con la prima. Sulla collina si coltiva biologico e si producono miele e vino.

Alla fine è arrivato il giorno della premiazione per il 1° concorso per videomaker “Finanza etica, credici!”, organizzato dalla campagna Error104. E quale miglior contesto per la cerimonia – informale – se non la fiera Terra Futura 2010? Eh sì, perché i 4 video e l’animazione giunti alla fase finale avevano come tema “L’uso responsabile del denaro” e in denaro (etico) i trionfatori sono stati premiati. Mille euro al video grottesco di Giovanni Lupi “Gli uomini si giudicano dalle azioni” che si è guadagnato in solitaria il “Premio giuria popolare di Zoes” grazie ai 104 voti ricevuti dagli internauti del primo social network equosostenibile italiano. Per il “Premio commissione” da 1500 euro, invece, la giuria, composta da tecnici facenti capo ai promotori del concorso (Ucodep, Banca etica, Mediateca regionale Toscana, Fondazione sistema Toscana e Fondazione culturale responsabilità etica), ha scelto a pari merito il video di Lupi e un lavoro di videografica (“Choose right, choose ethical”) realizzato da Nicola Pratali. Non vi resta che accendere il pc e andarvi a vedere i video...

www.casasherwood.it ANNO 10 N.81

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www.error104.it www.fcre.it www.zoes.it/it/content /groupconcorsovideo/concorsovideo-finanza-etica-credici


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indiceverde

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VALORI SOLAR ENERGY INDEX NOME TITOLO

ATTIVITÀ

PAESE

Conergy Centrotherm Photovoltaics Evergreen Solar First Solar GT Solar Manz Automation Meyer Burger Phoenix Solar PV Crystalox Solar Q-Cells Renewable Energy Corporation Roth & Rau SMA Solar Technologies Solar Millennium Solaria Solarworld Solon Sunpower Suntech Power Sunways

Sistemi fotovoltaici Linee produttive per pannelli solari Celle e moduli fotovoltaici Moduli fotovoltaici (film sottile) Linee produttive per pannelli solari Linee produttive per pannelli solari Seghe speciali per lavorazione pannelli Costruzione di centrali solari Silicio policristrallino Celle fotovoltaiche Silicio, celle, moduli fotovoltaici Linee produttive per pannelli solari Inverter solari Solare termico Moduli fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Moduli e sistemi fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Celle e moduli fotovoltaici Celle e inverter solari

Germania Germania USA USA USA Germania Svizzera Germania Gran Bretagna Germania Norvegia Germania Germania Germania Spagna Germania Germania USA Cina Germania

CORSO DELL’AZIONE 23.06.2010

RENDIMENTO DAL 15.10.08 AL 23.06.2010

0,74 € 28,79 € 0,79 $ 118,57 $ 5,75 $ 46,88 € 27,30 CHF 30,79 € 56,00 £ 6,21 € 18,84 kr 21,84 € 85,81 € 20,80 € 1,80 € 10,17 € 5,04 € 12,68 $ 9,61 $ 4,61 €

-82,50% -2,51% -74,96% 6,78% 25,21% -37,77% 88,39% 0,98% -56,89% -82,79% -75,38% 13,87% 91,80% 26,91% -40,79% -48,95% -79,43% -59,40% -48,71% 64,64%

-18,57% € = euro, $ = dollari Usa, £= sterline inglesi, CHF = franchi svizzeri, NOK = corone norvegesi. Fonte dei dati: Thomson Reuters/Financial Times Nota: la rubrica “indice etico” ha natura puramente informativa e non rappresenta in alcun modo una sollecitazione all’investimento in strumenti finanziari. L’utilizzo dei dati e delle informazioni come supporto di scelte di investimento personale è a completo rischio dell’utente.

Nuove idee per non disperare a cura di Mauro Meggiolaro e Marco Bianchi, ufficio progetti di Banca Popolare Etica TITOLI DEL SOLARE CONTINUANO A DELUDERE. Da inizio gioco (novembre 2008) abbia–18,57% Valori Solar Energy Index mo perso più del 18% del capitale che abbiamo finto di investire. Fortuna che non l’abbiamo fatto davvero. Ma perdere la speranza proprio adesso sarebbe sbagliato. Bisogna trovare nuovi spunti, fiutare l’aria alla ricerca di opportunità. A questo Eurostoxx 50 +4,89% proposito ci viene in soccorso una ricerca della società Ernst & Young. Anzi, un indice, che fa la classifica dei paesi più attrattivi al mondo per gli investimenti nelle energie rinRendimento dal 15.10.08 al 23.006.2010 novabili. Ai primi posti E&Y mette gli Stati Uniti, che stanno però perdendo terreno nei conSuntech Power www.suntech-power.com fronti della Cina, al secondo posto. I cinesi Sede Wuxi, Cina investono già oggi 34,6 miliardi di dollari nelBorsa NYSE - New York l’energia pulita, molto di più di quanto TreAttività La Suntech è uno dei più grandi produttori mondiali di moduli e cellule solari. Fondata nel 2001 monti promette di recuperare con la sua manodall'ingegnere Shi Zhengrong (oggi uno dei più ricchi uomini cinesi), è quotata in borsa dal 2005, quando diventa anche il primo produttore (in termini di Megawatt) cinese. Oggi è presente in dodici vra “lacrime e sangue”. A seguire la Germania paesi in Asia, Europa e Nord America. In Italia la sede è ad Agrate Brianza (MB). (che perde una posizione), l’India, la Spagna e Rendimento dal 15.10.2008 al 23.06.2010 -48,71% l’Italia, rilanciata dai grandi parchi fotovoltaici Ricavi [Milioni di euro] Utile [Milioni di euro] Numero dipendenti 2008 di Rovigo (72 MW) e Montalto di Castro (85 12.000 2009 MW). Fuori giri Grecia, Spagna e Portogallo, che 1.923,5 1.693,3 9.070 affogano nei debiti. Per il nostro indice forse è arrivato il momento di una revisione. Largo ai 85,7 titoli azionari cinesi e indiani. La ripresa del so31,0 lare potrebbe arrivare dall’Asia.

UN’IMPRESA AL MESE

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Il liberal-progressista

La City e lo spettro di Saint Vincent dal cuore della finanza londinese Luca Martino

P

RIMA ANCORA CHE KARL MARX SI TRASFERISSE A LONDRA NEL 1849 o che, qualche anno più tardi, un fantomatico

“Jack the Ripper” decidesse di creare lo scompiglio nel vicino slum di Whitechapel, i sonni dei banchieri e degli assicuratori della City, che prosperavano grazie allo spezzatino della Compagnia delle Indie e ai preparativi per la Great Exhibition di Crystal Palace, erano disturbati da un terribile spettro. “A spectre is haunting Europe, the spectre of communism” (uno spettro sta attaccando l’Europa, lo spettro del comunismo), esordivano Marx ed Engels nel preambolo al loro Manifesto del 1848. Quasi duecento anni dopo, nel miglio quadrato che da St’ Paul si estende verso il fiume, un nuovo spettro si aggira tra i vicoli attorno a Lombard Street: lo “spettro di Saint Vincent”. Non si tratta di un’oscura profezia legata al nome del beato, che già nell’alto medioevo la leggenda vuole aver segnato il corso della storia salvando la città di Saragozza dagli attacchi dei Franchi, ma di un piano di riforma del sistema bancario che per primo è stato sponsorizzato da un ministro della neonata colazione di governo Lib-Cons, Vincent Cable, “Saint Vincent” per le migliaia di tassisti di Londra che facevano il tifo per lui. John Vincent Cable (nella foto) nasce a York durante la guerra e, prima di intraprendere la carriera politica, studia Scienze a Cambridge e si specializza in Economia in Scozia. Affascinato dalla politica, ha militato in tre partiti: i Laburisti, i Social-Democratici, cui si iscrive forse deluso per aver perso le primarie per il seggio di Hampstead contro il futuro sindaco Ken Livingstone, e da ultimo quei Liberal-Democratici che contribuisce a portare al governo per la prima volta nella loro recente storia dopo le scorse Vince Cable, liberale elezioni di maggio come alleati dei vincenti Conservatori del giovane inglese fresco di nomina Cameron. Cable, che giovane non è, ha accresciuto ultimamente il suo a ministro per lo Sviluppo consenso, essendo stato tra i primi a prevedere la crisi dei mutui e tra i pochi economico, sta dettando a proporre una radicale riforma del sistema bancario che imponesse la linea del governo. la separazione delle attività retail da quelle di trading. E inquietando i banchieri In un question time alla camera, aveva chiesto al premier Brown: «Davvero ieri avete dato a quella “piccola” banca il doppio di quanto spendiamo ogni anno per l’istruzione primaria dei nostri ragazzi?». Poi, dopo essersi platealmente rifiutato di incontrare il re d’Arabia per richiamare l’attenzione sulla situazione dei diritti umani nel suo Paese, lui, che da deputato pendolare aveva dimenticato di chiedere il rimborso spese e rifiutato l’ultimo aumento di stipendio, aveva di fatto preparato il programma economico dei Lib-Dem per le elezioni di primavera: prospettava una no tax area per i ceti medio-bassi da finanziare con l’aumento della tanto odiata (dai Conservatori) Capital Gain Tax, una politica morbida di rientro del deficit che non toccasse gli elementi fondamentali del welfare, un sostegno “keynesiano” alla ripresa economica e, ancora in dissenso con i Conservatori, un rafforzamento dei poteri di controllo della Financial Service Authority a discapito della Bank of England. Dopo le lunghe trattative post voto, il programma economico del primo governo britannico a guida conservatore dopo 13 anni di domino laburista appare sostanzialmente quello scritto per il suo partito da honest Vince, liberale progressista di lungo corso, che, non a caso, ha preteso per il suo ministero per lo sviluppo economico le deleghe sulla riforma dei mercati finanziari. Più che la Merkel o Sarkozy, che sembrano muoversi più per interessi politici che per convinzione, è proprio il liberale “Saint” Vince la principale preoccupazione dei banchieri della City, soprattutto se Obama si muoverà sulla sua stessa lunghezza d’onda. todebate@gmail.com

Ora puoi. Il vero tetto al mutuo lo mettiamo noi. mutuo variabile

“Tetto al Tasso”.

Il mutuo "Tetto al Tasso" è la nuova straordinaria opportunità di BPM per chi cerca una soluzione innovativa, senza rinunciare a protezione e sicurezza. Per l'intera durata del mutuo, infatti, il tasso non potrà andare oltre il 5%. "Tetto al Tasso" è un mutuo indicizzato, ancorato al tasso BCE* (Banca Centrale Europea), da sempre più stabile rispetto ad altri indici di mercato. Con "Tetto al Tasso" BPM ti offre da subito la convenienza di un tasso variabile e per sempre la certezza che il tasso non supererà la soglia predeterminata. Con "Tetto al Tasso" BPM è sempre più vicina nel difendere, proteggere ed aiutare chi è già nostro cliente. E chi vuole diventarlo.

Per informazioni rivolgersi a:

AGENZIE BANCA POPOLARE DI MILANO www.bpm.it

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Prendere visione delle condizioni economiche mediante i Fogli Informativi disponibili presso ogni agenzia BPM (D. Lgs. N. 385/93) o sul sito www.bpm.it. L’erogazione del finanziamento è subordinata alla normale istruttoria da parte dell’agenzia. Esempio: mutuo ipotecario importo 100.000,00 euro, durata 30 anni, rimborso in rate mensili, spese di istruttoria 400,00 euro, spese incasso rata 24,00 euro annue, importo rata: 405,60 euro. TAN pari a 2,70%, TAEG pari a 3,094% comprensivo del costo delle coperture assicurative. (*) Tasso ufficiale BCE, decorrenza 13.05.2009, pari all’1,00%. Offerta valida sino al 30.09.2010, salvo esaurimento plafond. Il presente messaggio ha finalità esclusivamente promozionali.


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