Mensile Valori n.54 2007

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Anno 7 numero 54. Novembre 2007. € 3,50

valori Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

CHRISTOPHER ANDERSON / MAGNUM PHOTOS

Inserto speciale > Microcredito

Fotoreportage > New Orleans Dossier > La crisi subprime sbatte il mostro finanziario in prima pagina

Mattoni di carta Internazionale > Le multinazionali del cacao finanziano la guerra Finanza > Sul mercato dell’energia incombe il rischio derivati Stati Uniti > Green Festival: il risveglio dell’america verde Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P.


| editoriale |

Il Minsky

moment di Riccardo Bellofiore

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L’AUTORE Riccardo Bellofiore

fa parte del Dipartimento di Scienze Economiche “Hyman P. Minsky” e insegna alla Facoltà di Economia dell’Università di Bergamo. È inoltre Research Associate dell’History and Methodology Group della Faculty of Economics and Econometrics all’Università di Amsterdam.

A CRISI FINANZIARIA DI QUESTA ESTATE È GIUNTA COME UNA SORPRESA PER I PIÙ. In realtà, covava da tempo, e le sue

ragioni tutto sono meno che misteriose. La sequenza degli avvenimenti è stata classica. Lo sgonfiamento della bolla immobiliare ha generato, prima, la crisi del mercato dei subprime, con annessi e connessi, fallimento di hedge fund, blocco di leveraged buy out, crisi di banche di investimento. Poi, i segni di illiquidità e di stretta creditizia hanno fatto temere l’esplodere dell’insolvenza. Il castello delle relazioni di debito-credito è andato in fibrillazione, il bisogno dell’intervento delle banche centrali quali prestatori di ultima istanza è divenuto parossistico e la spinta ad una riduzione dei tassi di interesse irresistibile. Aiuta a capire qualcosa di quel che è successo un economista eterodosso statunitense scomparso nel 1996, Hyman P. Minsky. Si è infatti, scritto nei blog finanziari e poi negli editoriali, dell’approssimarsi di un Minsky moment, seguito magari da un Minsky meltdown. Per Minsky, il capitalismo tende a far degenerare la stabilità in instabilità. Quando la prosperità va avanti da un po’, le posizioni degli operatori da “coperte” (con entrate di cassa nette attese che eccedono le uscite di cassa contrattuali sul debito) si fanno più coraggiose, e divengono “speculative”. Al rischio “economico” si affianca così il rischio “finanziario”, che può concretizzarsi nell’aumento dei tassi di interesse o nella riduzione dei prezzi delle attività. Quando il boom degenera in bolla e l’euforia diviene irrazionale, si intrattengono posizioni “ultraspeculative”: ci si indebita nella speranza di guadagni “eccezionali” (aumento del corso delle azioni, rivalutazioni degli immobili, etc.) che soli possono giustificare l’investimento. Quando la crisi scoppia, l’alternativa è secca: o deflazione da debiti, come nella Grande Crisi del 1929, o intervento politico della Banca centrale, che inietta liquidità a basso costo, più intervento di spesa in disavanzo che sostiene i profitti, e il ciclo riparte. La sequenza è chiara: lo sviluppo capitalistico si nutre del debito, il debito privato è più instabile di quello pubblico, il liberismo è una politica stupida. Ma forse anche: la via d’uscita non sta più in una mera riproposizione del vecchio keynesismo, ma in una diversa qualità della spesa e del debito pubblico. Dalla svolta “neoliberista” del 1979-82 crisi finanziarie o crisi valutarie alla Minsky si sono susseguite una dopo l’altra. Le ultime però, dal 1999, hanno caratteri originali. La bolla delle dot.com, come quella immobiliare e poi dei subprime, sono state legate soprattutto all’indebitamento delle famiglie. Il risparmiatore, per il tramite degli intermediari e dei fondi, viene cullato nella sua fase “maniacale”, il consumatore si indebita sempre di più, e ciò in un contesto in cui il lavoratore è sempre più “spaventato” dalla pressione della ristrutturazione e della globalizzazione. L’esplosione della crisi fa emergere la fase “depressiva” del risparmiatore, il timore del crollo del consumo per la necessità di rientrare dal debito, si traduce in ulteriore pressione nei processi capitalistici di lavoro. Si diffonde la paura che la recessione possibile, forse persino probabile negli Usa inneschi un atterraggio brusco per tutti. Più che di Minsky moment si dovrebbe parlare, come ha intuito John Authers del Financial Times molti mesi fa, di un Wyle E. Coyote moment. Perché i “mercati”, ma in verità il capitalismo tutto di oggi, è un po’ come “Genius” Coyote che insegue Beep Beep, sino a oltrepassare il precipizio: e continuare a correre, come se niente fosse, a dispetto della forza di gravità. Sino a che non guarda sotto, il baratro, verso cui a questo punto precipita. È probabile che, almeno per ora, i mercati abbiano ragione nel ritenere che Bernanke garantisca loro l’elastico sicuro perché il loro bungee jumping sia uno sport sin troppo sicuro. Ma non si può mai dire. Intanto, certo, gli strappi li pagano altri.

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anno 7 numero 54 Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005 editore

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Una bandiera sventola sulla recinzione di una casa dove campeggia il cartello “stop ai bulldozzer”.

New Orleans, 2006

bandabassotti fotoreportage. New Orleans dossier. Subprime: miraggio casa

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Cosa si inasconde dietro alla bomba subprime Un copione già scritto da tempo: intervista a John Taylor Epidemia del credit crunch: cure lunghe, esiti incerti Ricominciare a parlare della csasa senza l’emergenza

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lavanderia

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Andrea Di Stefano (distefano@valori.it)

finanzaetica

redazione (redazione@valori.it)

I prezzi dell’energia a rischio derivati Banca Etica: dibattito riccco sul futuro. Interviene Leonardo Becchetti L’impresa sociale cerca la via della sostenibilità: parla Gian Paolo Barbetta

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Ugo Biggeri, Stefano Biondi, Pino Di Francesco Fabio Silva (presidente@valori.it), Sergio Slavazza direzione generale

Giancarlo Roncaglioni (roncaglioni@valori.it) collegio dei sindaci

Giuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzone direttore editoriale

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Via Copernico, 1 - 20125 Milano Cristina Artoni, Paola Baiocchi, Ilaria Bartolozzi, Francesco Carcano, Paola Fiorio, Michele Mancino, Sarah Pozzoli, Francesca Paola Rampinelli, Elisabetta Tramonto progetto grafico e impaginazione

Francesco Camagna (francesco@camagna.it) Simona Corvaia (simona.corvaia@fastwebnet.it) Vincenzo Progida (impaginazione) Adriana Collura (infografica Numeri di Valori) fotografie

Christopher Anderson, Stuart Franklin, Jean Gaumy, Steve McCurry, Eligio Paoni, Chris Steele-Perkins (Contrasto/Magnum Photos) stampa

Publistampa Arti grafiche Via Dolomiti 12, Pergine Valsugana (Trento) abbonamenti, sviluppo e comunicazione

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bruttiecattivi economiasolidale

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Green Festival: il risveglio dell’America verde Ridurre i consumi dei ricchi Ripensare tutto per progettare un futuro sostenbile: intervista a Johansson Tonno rosso: la moda che fa impazzire il mondo

macroscopio internazionale

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Vendesi Birmania a fette. Chi prima arriva... Costa d’Avorio. Armi di cioccolata nell’ex colonia francese Geopolitica. Omicidi eccellenti teleguidati dai Blocchi

utopieconcrete gens altrevoci globalvision numeridivalori paniere padridell’economia

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LETTERE E CONTRIBUTI RELAZIONI ISTITUZIONALI E AMMINISTRAZIONE

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| bandabassotti |

Manager

Pagati a peso d’oro, pagano poco il fisco di Andrea Di Stefano

EGLI ULTIMI SEI ANNI, cioè da quando è stato introdotto l’euro, le 40 maggiori società quotate in Borsa hanno pagato ai top manager compensi superiori al milione l’anno per un totale di 2.400 milioni di euro. Pari a oltre 4.600 miliardi di vecchie lire. Una cifra che è andata a un migliaio di top manager che guadagnano in un solo anno più di quanto un impiegato medio (26.384 di reddito) porta a casa in 37 anni di lavoro. La denuncia non è di Rifondazione Comunista, ma del Giornale della famiglia Berlusconi che ha effettuato il conteggio tenendo conto solo dei dati di bilancio delle società quotate in Piazza Affari. Il calcolo riguarda amministratori e direttori, e comprende stipendi, premi (bonus), eventuali liquidazioni e le famigerate stock option, cioè quei diritti a sottoscrivere azioni della società a prezzi prefissati. Le stock option entrano a far parte del compenso quando viene esercitato il diritto di acquisto (a prezzi di favore). Poi le azioni vengono cedute ai prezzi di mercato (molto più alti) e si genera una lauta plusvalenza. «Ma il milione di euro annuo del signor Bonaventura del Ventunesimo secolo non è che la base dei superstipendi – scrive il quotidiano della famiglia Berlusconi – da lì si può salire a livelli impensabili, fino ai 45 milioni portati a casa da Carlo Buora (foto), al vertice dei gruppi Pirelli e Telecom nel periodo 2001-2006, pari a 7,5 milioni di euro di stipendio annuo». Il Giornale ha parametrato i compensi Incredibilmente “il Giornale” all’andamento dei titoli delle stesse società della famiglia Berlusconi denuncia: e il risultato peggiore, almeno sino al mese 41 manager hanno incassato di ottobre, è proprio quello di Buora: la Pirelli 2,4 miliardi di euro tra stipendi, ha bruciato in sei anni 3 miliardi di valore, premi, eventuali liquidazioni anche se recupererà probabilmente parte e stock options di questo valore attraverso il dividendo straordinario di cui parla connesso alla chiusura dell’operazione Telecom-Telefonica. Difficilmente, invece, la Telecom riuscirà a recuperare gli oltre 14 miliardi bruciati durante gli ultimi sei anni. Buora rappresenta, forse, un caso limite, ma fino a un certo punto: sono una ventina i dirigenti di banche e imprese quotate che hanno accumulato oltre 20 milioni di euro in sei anni, a cui se ne aggiungono altri 21 che hanno superato quota 10. Insomma, 41 uomini che hanno avuto entrate superiori ai 20 miliardi di lire l’anno: «per un impiegato gli anni necessari per un tale reddito salgono a 380. Ma non sono pochi neanche i 99 anni necessari a un dirigente o i 211 del funzionario-quadro. Non parliamo dei 461 anni dell’operaio medio», sottolinea sempre il quotidiano della famiglia Berlusconi. Che evita di evidenziare, però, che a differenza dei suoi dipendenti, i top manager possono usufruire anche di un trattamento di particolare favore dal punto di vista fiscale. Pur con i correttivi previsti dall’ultima finanziaria (obbligo di conservazione delle azioni per almeno tre anni, mantenimento di una parte dei titoli in quota capitale ecc.) il prelievo rimane fissato al 12,5% contro una media del 27% prelevato alla fonte sui redditi di lavoro dipendente. Una disuguaglianza che ha portato nei mesi scorsi Nicholas Ferguson, il guru del private equity britannico, ad ammettere candidamente di pagare meno tasse della sua domestica.

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> New Orleans foto di Christopher Anderson / Magnum Photos

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ate largo al divertimento. Il motto non scritto di New Orleans, la città dimenticata dalle preoccupazioni, fu spazzato via dall’uragano Katrina, insieme alle case, ai locali, ai bar e alle persone. Nell’agosto di due anni fa, raffiche di vento che viaggiavano alla velocità di 230 chilometri orari e l’acqua che continuava a salire, non lasciarono scampo nemmeno al jazz, lasciandosi alle spalle un alito di morte e distruzione. Furono cancellati in un batter d’occhio oltre due secoli di storia e i mille volti di una città figliastra dell’Europa. Le immagini del SuperDome lo stadio di football dei New Orleans Saints, simbolo dell’impreparazione del governo americano e al tempo stesso “Arca di Noè”, ultimo rifugio sicuro per 30 mila persone, rimbalzarono sugli schermi televisivi di tutto il mondo. All’ingresso dell’impianto c’era la Guardia nazionale che perquisiva le persone alla ricerca di armi da fuoco, coltelli e droghe, perché durante le catastrofi naturali gli sciacalli non mancano mai. Anche gli esperti non mancano mai. In quei giorni, Katrina fu declassato da forza 5, la massima della scala, a forza 4. Come se bastasse a salvare una città circondata da acqua per il 70 per cento e con un sistema di argini, la cui costruzione era iniziata nel 1724 e ancora da completare perché troppo vulnerabile. Più volte nell’ultimo secolo s’era sfiorata la tragedia, ma passato il pericolo si erano dimenticati di metterci mano. L’uragano mise in ginocchio 4 stati americani: Louisiana, Mississipi, Florida e Alabama. Lasciò dietro di sè danni per 30 miliardi di dollari, quasi due milioni di persone sfollate, oltre 1.200 morti, di cui 972 solo nella Louisiana, lo Stato più colpito. Gli Usa eil Governo Bush mostrarono il loro lato più fragile e questa volta non avevano nemmeno un nemico con cui prendersela. Unici imputati: il tempo e quella furia cieca che portava il nome di una donna gentile e che, visto dal satellite, sembrava una gigantesca e innocua ammonite. A un anno dal più sconvolgente disastro naturale della storia Usa, meno di 200 mila abitanti tornarono a New Orleans, dove interi quartieri erano ancora cumuli di macerie. Solo metà delle scuole e un terzo degli ospedali furono riaperti, mentre il 60% delle abitazioni restavano prive di elettricità. A pagare furono soprattutto i poveri e i neri, un tempo i due terzi della popolazione che occupavano quartieri, come il Ninth Ward, i più danneggiati dall’inondazione. L’America, dal Vietnam in poi, ha imparato a fare la propria catarsi collettiva grazie al cinema. Poco tempo dopo il passaggio dell’uragano Katrina, il cineasta Jonathan Demme si è recato di persona a New Orleans per documentare le condizioni di vita e le abitudini della popolazione che abitava le case prefabbricate del Lower 9th Ward, il quartiere più povero. Un’altra scomoda verità. ANNO 7 N.54

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Due anni fa l’uragano Katrina metteva in ginocchio quattro stati americani. La ricostruzione di New Orleans, la città più colpita, ha dimeticato i quartieri più poveri. E intanto la società fa i conti con il bisogno di catarsi collettiva e si affida al cinema che dal Vietnam in poi non ha lasciato tregua ai potenti della Casa Bianca.

L’AUTORE Christopher Anderson Nato in Canada nel 1970, Christopher Anderson ha trascorso gran parte dei suoi primi anni in Texas, dove suo padre era un predicatore, prima di trasferirsi a New York City e quindi a Parigi. La sua avventura nel mondo della fotografia è iniziata nel laboratorio fotografico del Dallas Morning News. Qui Anderson ha imparato a sviluppare la pellicola e stampare le immagini.

Nel 1993, il giovane fotografo è stato assunto da un piccolo giornale del Colorado. Mai a suo agio con l’idea di lavorare come dipendente, ha lasciato il giornale nel 1995 per cominciare a fare i primi servizi come free-lance. Nel 1996 ottiene un contratto con il US News e World Report, dove ha iniziato a documentare le questioni sociali, quali gli effetti della crisi economica della Russia, la situazione dei rifugiati afgani in Pakistan e, più di recente,

Clarence Green è ritornato nella sua casa nella Nona Circoscrizione. Sostiene di essere stato uno degli ultimi a lasciare e tra i primi a ritornare a casa.

l’elezione di Evo Morales in Bolivia. Nel 1999 ha fatto un reportage sugli immigrati haitiani che cercano di navigare e trovare rifugio sulle coste degli Stati Uniti. Grazie al suo lavoro con il bianco e nero, Anderson, è stato premiato con la Robert Capa Gold Medal. Nello stesso anno, ha fotografato la pietra Lancio di Gaza, e fu nominato dalla Kodak “giovane Fotografo dell’anno”. Nel 2003 ha pubblicato la sua prima monografia, Saggi, pubblicata da deMo.

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Nella foto grande, una casa sventrata nel quartiere dei poveri. Sopra, dall’alto al basso, Hubert Whittle, il sacrestano della chiesa, ora vuota, nel santuario della Nuova Chiesa Bethel Missionaria Battista: durante la tempesta ha aiutato diversi parrocchiani rimasti sul balcone a pregare e cantare durante l’uragano; Ochame Riley e suo figlio Armando Davis in un rifugio per gli scampati dalle inondazioni; Donald Williams nel cortile di un’elementare di New Orleans: l’uomo, che ha perso tutto nell'alluvione, ha ricevuto la possibilità di rimanere nella Nuova Missionaria Bethel Baptist Church, dove aiuta facendo le pulizie della chiesa.

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Nella foto grande, scene dello Next Stop bar al 9 ward: martedì grasso durante il fine settimana, il bar diventa uno dei centri di attività per gli sfollati che sono rientrati per il fine settimana per sentirsi ancora parte di una comunità. Sopra, dall’alto al basso, un “indiano” capo sfilata attraverso la Nona e Settima circoscrizione durante il martedì grasso. Si tratta di una antica tradizione e così molte persone sono rientrate in questi quartieri colpiti dall’uragano, dopo essere stati “in esilio” in luoghi come il Texas, per mantenere la tradizione viva; spettatori ad una parata Martedì grasso.

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Nella foto grande, volontari per il terreno comune, una organizzazione di base, che fornisce assistenza ai residenti della Nona circoscrizione colpiti dal disastro. Sopra, dall’alto al basso, disastro fuori il centro di soccorso Fema; Roulotte presso il centro di soccorso; bagni pubblici e provvisori al centro.

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dossier

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a cura di Paola Baiocchi, Mauro Meggiolaro e Elisabetta Tramonto

Cosa si nasconde dietro la bomba subprime >18 Un copione scritto da molto tempo >20 Epidemia del credit crunch: terapie lunghe, esiti incerti >22 Il ciclo del capitalismo stritola le famiglie >24 Parliamo di casa, senza emergenza >26

La Nona circoscrizione ha cambiato volto con l’avvio delle demolizioni.

New Orleans, 2006

Subprime

Miraggio casa incubo permanente Le politiche abitative sono state cancellate, le abitazioni un affare finanziario i poveri possono indebitarsi, i finanzieri arricchirsi piazzando il rischio ovunque

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di Mauro Meggiolaro

anico sulle strade di Londra. Decine di persone si accalcano davanti alle filiali della Northern Rock. «Sono pronto a stare in coda fino a stasera. Ritirerò tutti i soldi, sempre che me lo permettano», dice Tony Looch, un pensionato. Ha in deposito 130 mila sterline e non ne vuole sapere di lasciarle in banca. Sembra una scena da Grande Depressione uscita da un film degli anni trenta. Ma è solo un grigio venerdì pomeriggio di settembre, a Londra. Lo spettacolo si ripete il sabato mattina, con gente in fila dalle sei. Ottava banca inglese, quinta per volume di mutui, la Northern ha appena comunicato un crollo degli utili molto superiore alle attese, che farà perdere al titolo il 32% in borsa. La colpa, ancora una volta, è dei famigerati subprime (vedi GLOSSARIO ), i mutui ad alto rischio che, negli Stati Uniti, vengono concessi a chi vuole comprarsi

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Mercati sregolati, innovazioni finanziarie, autorità monetarie compiacenti. L’attuale crisi dei mutui non sarebbe stata possibile senza un cocktail esplosivo di conflitti di interesse e ansie speculative | 18 | valori |

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una casa, anche se non ha tutte le carte in regola per ripagare le rate. Due settimane dopo alza la bandiera bianca anche l’UBS, la più grande banca europea: 3,4 miliardi di dollari di rettifiche di valore. Molte riguardano un fondo speculativo e “titoli legati ai mutui americani subprime”. Non se la passa bene nemmeno Citigroup, prima banca USA, che agli inizi di ottobre annuncia un crollo dei ricavi del 60% nel terzo trimestre. Nel corso dell’estate erano caduti nella trappola dei mutui spazzatura i fondi di Bear Stearns, Goldman Sachs e BNP Paribas e altre vittime più o meno illustri, come la banca tedesca IKB, di cui nessuno aveva mai sentito parlare.

C’è una casa in California Intanto, da qualche parte in California, nel Kentucky, in Alabama, le famiglie Montes, Jefferson, Garcia sono seppellite dai debiti e rischiano di perdere la loro casa. Sembra impossibile, ma la crisi dei mercati a cui stiamo assistendo parte proprio da loro, dai loro sogni, coccolati dalle banche e da finanziarie senza scrupoli. Il meccanismo è semplice: i signori Montes chiedono un prestito per comprarsi un appartemento anche se il costo del finanziamento è molto al di fuori dalla loro portata. La banca lo concede lo stesso.

GLOSSARIO LE PAROLE CHIAVE DEI SUBPRIME CARTOLARIZZAZIONE (DEI MUTUI) Cessione di mutui di una banca attraverso l’emissione ed il collocamento di titoli obbligazionari ad essi collegati. I mutui vengono ceduti dalle banche a società-veicolo (SIV o SPV) abilitate ad emettere i titoli obbligazionari in cui sono incorporati i crediti ceduti. Le società-veicolo versano al cedente (banca) il corrispettivo economico ottenuto attraverso l’emissione ed il collocamento dei titoli obbligazionari presso il pubblico degli investitori. COMMERCIAL PAPER Obbligazione emessa da un’impresa o da una banca per finanziare i bisogni di finanziamento di breve termine. Negli Stati Uniti i commercial papers hanno tipicamente una scadenza da 2 a 270 giorni. In genere sono emessi da società con un buon livello di affidabilità e hanno di conseguenza un rischio relativamente basso.

La Chiesa Battista nella Nona circoscrizione.

KEYNESIANO Che si ispira all’economista inglese John Maynard Keynes. Nato nel 1883, Keynes viene ricordato soprattutto per aver sostenuto la necessità dell’intervento pubblico nell’economia con misure sia fiscali che monetarie qualora una insufficiente domanda aggregata non riesca a garantire la piena occupazione. Le sue idee sono state sviluppate e formalizzate nel dopoguerra dagli economisti keynesiani.

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Nei primi due anni, si legge sul contratto, la rata del mutuo viene tenuta bassa, il terzo anno sale alle stelle, “ma non vi preoccupate”, assicura il promotore di fiducia, “dopo due anni il valore della casa sarà aumentato e i tassi saranno più bassi, potrete rinegoziare il mutuo senza problemi continuando a pagare la stessa rata”. Poi però succede che la bolla immobiliare disgraziatamente si sgonfia, gli immobili perdono di valore e, manco a farlo apposta, la Fed (Banca Centrale americana) continua ad alzare i tassi. I Montes lottano con una rata sempre più alta e alla fine sono costretti a svendere la casa e a tornare in affitto. Chiuso il discorso? No. In realtà i guai cominciano proprio adesso.

OBBLIGAZIONI STRUTTURATE Le obbligazioni strutturate sono obbligazioni in cui il rimborso del capitale o l’ammontare della cedola dipendono dall’andamento di uno o più strumenti finanziari o indici sottostanti (es: indice di borsa Mib, inflazione italiana, basket di 10 azioni, mutui subprime). POLITICA FISCALE Con politica fiscale si designa la manovra del bilancio dello Stato e di altri enti pubblici con finalità di variazione del reddito e dell’occupazione nel breve periodo. POLITICA MONETARIA Le scelte dell’autorità monetaria (di solito la Banca Centrale) riguardo all’offerta di moneta. Una riduzione dell’offerta di moneta (politica monetaria restrittiva) comporta un aumento dei tassi e una diminuzione dei prezzi. Un aumento dell’offerta di moneta (politica monetaria espansiva), genera una diminuzione dei tassi e può portare all’aumento dell’inflazione. RINEGOZIAZIONE (DEI MUTUI) Procedura mediante la quale si estingue un mutuo stipulato a condizioni non più convenienti e si dà via alla contestuale accensione di un nuovo mutuo a condizioni di mercato più favorevoli. STAGFLAZIONE Per stagflazione si intende la situazione nella quale sono contemporaneamente presenti - su un determinato mercato - sia un aumento generale dei prezzi (inflazione) che una mancanza di crescita dell’economia in termini reali (stagnazione economica). L’esempio più noto di stagflazione risale ai primi anni settanta, quando la riduzione coordinata dell’offerta di petrolio da parte dei Paesi OPEC fece raddoppiare il prezzo mondiale del greggio. SUBPRIME I subprime sono quei prestiti che vengono concessi ad un soggetto che non può accedere ai tassi di interesse di mercato, in quanto ha avuto problemi pregressi nella sua storia di creditore. I prestiti subprime sono rischiosi sia per i creditori che per i debitori, vista la pericolosa combinazione di alti tassi di interesse, cattiva storia creditizia e situazioni finanziarie poco chiare, associate a coloro che hanno accesso a questo tipo di credito. La tipologia subprime comprende un’ampia varietà di strumenti di credito, quali i mutui subprime, i prestiti d’auto subprime e le carte di credito subprime.

La fabbrica degli insaccati

FONTI: WIKIPEDIA.ORG, INVESTORWORDS.COM, N. GREGORY MANKIW, MACROECONOMIA, ZANICHELLI

Cosa si nasconde dietro alla bomba dei subprime

MASSIMO SIRAGUSA / CONTRASTO

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Sì, perché quando la banca concede il mutuo ai Montes, pensa bene di cederlo a una società-veicolo (SIV o SPV), specializzata nella produzione di insaccati finanziari. Cosa fa una SIV? Prende il credito e lo impacchetta, assieme ad altri prestiti, in un titolo obbligazionario (per esempio un CDO: collateral debt obligation), il cui rendimento dipende dalla capacità o meno dei vari Montes, Jefferson, Garcia di pagare le rate. Una volta impacchettato, l’insaccato di mutui puo’ girare in tutti i mercati. A prima vista sembra molto gustoso, ma l’interno è marcio. Eppure non sono pochi quelli che lo comprano: banche come la Northern Rock o l’IKB, fondi speculativi come gli hedge di Bear Stearns o BNP Paribas. In cambio del rischio elevato che si assumono ottengono un rendimento superiore alla media. L’insaccato è così buono che molti addirittura si indebitano per comprarne quantità sempre maggiori. Per indebitarsi emettono a loro volta obbligazioni (commercial paper, vedi GLOSSARIO ), che vengono comprate da altri investitori. Finché sale il valore degli immobili, i tassi scendono e le famiglie sono puntuali nei pagamenti, tutto funziona a meraviglia. Ma basta che la Banca Centrale alzi i tassi perché si crei una reazione a catena: i Montes e i Jefferson non riescono a pagare, gli insaccati in cui sono impacchettati i loro mutui subprime si mostrano in tutto il loro marciume e nessuno vuole più prestare i soldi

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Le lezioni della crisi

FONTE: FIRST AMERICAN LOANPERFORMANCE; CENSUS BUREAU

Cosa succederà nei prossimi mesi? Nessuno lo sa con certezza e nessuno, purtroppo, possiede una mappa degli insaccati: potrebbero spuntare fuori ovunque e in qualsiasi momento, destabilizzando i mercati e intaccando l’economia reale (consumi, PIL, occupazione).

Intanto la triste storiella dei subprime ci insegna almeno tre lezioni che abbiamo cercato di sviluppare in questo dossier: a] con le innovazioni finanziarie e la libera circolazione dei capitali i mercati sono sempre più interconnessi. Nuovi strumenti speculativi moltiplicano il rischio e amplificano le fasi di boom e di crisi consolidando il primato della finanza sull’economia reale; b] le banche private cavalcano il boom speculando sui titoli ad alto rischio e rendimento, ma poi vengono soccorse dalle Ban-

MUTUI SUBPRIME = MUTUI NON PAGATI Uno studio pubblicato quest’anno dal Wall Street Journal mostra come negli Usa le zone dove sono più diffusi i mutui subprime coincidono con quelle dove c’è una percentuale più alta di insolvenze

che Centrali con iniezioni di liquidità quando le cose vanno male: la teoria economica liberista, che sogna un’economia libera dall’intervento pubblico, viene ancora una volta smentita dalla pratica; c] i subprime rappresentano un tentativo – fallito – di delegare al mercato la risposta al bisogno di case da parte della popolazione più povera. E se si desse invece più spazio all’edilizia popolare, alle cooperative edilizie, all’autocostruzione?

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FONTE: INSIDE MORTGAGE FINANCE

alle banche che li comprano. Le banche restano senza liquidità, chiedono aiuto alle Banche Centrali, ma non riescono a disfarsi degli insaccati, se non iscrivendo a bilancio clamorose perdite.

IL MERCATO DEI MUTUI USA INVASO DAI SUBPRIME % DEI SUBPRIME SUL MERCATO DEI MUTUI

TOTALE MUTUI EROGATI IN UN ANNO (MILIARDI DI $)

30%

800 700

25% 600 20% 500 15%

400 300

10% 200 SUBPRIME E INADEMPIENZA

DISTRIBUZIONE SUBPRIME

Un copione già scritto da tempo Era tutto scritto, prevedibile ed evitabile. Le autorità americane sono state a guardare con le mani in mano. La denuncia di John Taylor, presidente di una Ong statunitense. ASA DOLCE CASA. Nell’arco del prossimo anno cinquecen-

C

to mila americani rischiano di perderla, due milioni hanno ottime probabilità di non riuscire più a pagare le rate del mutuo. Solo nel mese di agosto lo scoppio della bomba dei mutui subprime di Elisabetta Tramonto ha tolto un tetto a 240 mila persone negli Usa, questo il numero dei pignoramenti eseguiti. Lo dichiara la Federal Reserve, la banca centrale americana, che ha reagito riversando sui mercati finanziari circa John Taylor, 125 miliardi di dollari da agosto e tagliando il costo del presidente denaro a settembre, dal 5,25% al 4,75%. «Finalmente si della NCRC. è svegliata, ma dovrebbe fare molto di più», commenta John Taylor, il presidente della NCRC (National Community Reinvestment Coalition), una Ong con sede a Washington che rappresenta più di 600 tra associazioni a tutela dei consumatori, banche sociali, enti per la difesa dei diritti umani. Lavora ogni giorno a stretto contatto con banche e finanziarie per favorire e rendere equo l’accesso al credito e difendere i consumatori vittime del settore bancario.

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Voi vi battete perché tutti, anche i più poveri, possano ottenere un prestito. Ma non è stata proprio questa la scintilla che ha provocato l’attuale crisi del mercato dei mutui americani? Le banche Usa hanno concesso prestiti anche a chi non aveva la possibilità di restituirli… Il credito è un diritto di tutti e noi chiediamo un accesso al credito equo, che non significa concedere prestiti indiscriminatamente, anche a chi non avrà la possibilità di restituirli. Negli Stati Uniti abbiamo una legge chiamata “Community Reinvestment Act”, che obbliga formalmente le banche ad andare incontro ai bisogni di credito delle comunità con cui fanno affari. La legge specifica che i prestiti devono essere accessibili a tutti, anche a chi ha un reddito basso, a chi lavora e guadagna poco. Ricevere un prestito non può essere privilegio dei ricchi. Ma non c’è scritto da nessuna parte che si debba dare credito a chi non può restituirlo, anzi, la legge specifica che i crediti debbano essere concessi in modo sicuro.

Le banche americane però lo hanno fatto. Con i mutui subprime hanno prestato denaro proprio a chi non poteva restituirlo. In Italia, ad esempio, questo non accade. È un fenomeno recente negli Usa, iniziato 3 o 4 anni fa. E non riguarda tanto le banche, quanto le agenzie indipendenti di mutui: le brokerage houses. Anche le banche sono entrate in questo settore, ma ne restano fuori quando ci sono situazioni troppo critiche. Una grossa fetta del mercato del credito è invece in mano ad agenzie finanziarie indipendenti, non regolate, al di fuori del settore ufficiale del credito. Per questo possono fare quello che fanno: concedere prestiti a chi non fornisce garanzie, anzi puntare proprio su questi clienti, per far sottoscrivere mutui a condizioni criminali, con interessi altissimi e rate che crescono con il passare dei mesi.

2006E

2005

2004

2003

2002

2001

2000

1999

1997 1998

0

1996

PERCENTUALE DI MUTUI PER CUI NON SONO STATE PAGATE DUE O PIÙ RATE MENSILI SUL TOTALE DEI MUTUI EROGATI

1995

PERCENTUALE DI SUBPRIME SUL TOTALE DEI MUTUI EROGATI

1994

5% 100

0%

L’AMERICA È LONTANA, NIENTE SUBPRIME ALL’ITALIANA APPENA SCOPPIATA LA BOMBA DEI SUBPRIME, c’è chi ha lanciato l’allarme per l’Italia. Toccherà presto anche a noi, sosteneva qualcuno. Ma gli economisti appaiono concordi sul fronte del no, in Italia non esistono le condizioni per una crisi subprime, per almeno due buoni motivi. Innanzitutto per una ragione culturale. Seppure negli ultimi anni anche in Italia stia aumentando la tendenza ad indebitarsi, restiamo sempre un po’ formiche. Una famiglia media italiana ha debiti per il 46% del suo reddito (in base all’ultimo bollettino della Banca d’Italia), una americana per il 131% (secondo i dati della Fed). «Non sono molti in Italia a sottoscrivere mutui al 100% del valore dell’immobile da acquistare. Negli Stati Uniti, invece, è la norma, anzi non è raro vedere finanziamenti fino al 120% - spiega Umberto Filotto, segretario generale di Assofin e docente alla Sda Bocconi – Se un americano si trova ad aver già restituito il 20% del mutuo sulla casa, appena può richiede un altro finanziamento, usando come garanzia quel 20% di casa pagata e si ritrova con debiti su debiti. Un italiano non lo farebbe mai». La seconda ragione è legata alla cautela delle banche italiane, che non avrebbero mai concesso mutui a clienti che non potessero fornire adeguate garanzie. E tanto l’ammontare del prestito, quanto la rata mensile vengono stabiliti in modo da essere più sicuri possibile che il mutuatario sia in grado di pagare puntualmente. C’è chi ha provato a paragonare ai subprime, i mutui concessi in Italia ai lavoratori atipici. Ma il confronto non regge. Per catturare gli 1,5 milioni di giovani potenziali clienti le banche, infatti, hanno studiato mutui ad hoc, in modo da ridurre al minimo i rischi. Sono strutturati su scadenze lunghe, partendo dal presupposto che “non rimarranno atipici per tutta la vita”. Oppure, in alcuni casi, è prevista la possibilità di sospendere temporaneamente il pagamento delle rate per chi perda il lavoro. Altre banche, invece, semplicemente valutano caso per caso e decidono, in base alle caratteristiche del singolo cliente, se concedere o meno il finanziamento. È fondamentale che, anche se non stabile, esista comunque un’attività lavorativa in corso e che, se l’occupazione è “intermittente”, si dimostri di aver lavorato diversi mesi. Il Gruppo Credito Valtellinese ha lanciato sul mercato un prodotto a dir poco azzardato. Si chiama MutuoLibero perché, di fatto, il cliente è libero di restituire il prestito in quanti anni desidera, pagando più o meno la cifra che più gli aggrada. Impossibile? Più che altro insostenibile per la banca. Al momento della sottoscrizione del mutuo viene fissata una durata del piano di rimborso in 20 anni, che però può essere prorogata per lo stesso periodo ad ogni scadenza, su semplice richiesta del cliente. E le rate? Libere. Alla scadenza, ogni uno o tre mesi, il cliente è tenuto a pagare soltanto la quota di interessi, mentre può gestire a piacimento nel tempo la restituzione del capitale. Può addirittura lasciare agli eredi il fardello di estinguere il mutuo. MutuoLibero è addirittura stato premiato, si è classificato al secondo posto nel "Premio Cerchio d'Oro per l'Innovazione Finanziaria", organizzato da AIFIN (Associazione Italiana Financial Innovation) in collaborazione con Azienda Banca. Ad essere premiati sono stati “i progetti che hanno saputo anticipare il mercato”. Anticipare il mercato, quindi. Speriamo solo che le altre banche non decidano di seguire l’esempio, se non vogliamo che si scateni una crisi subprime all’italiana.

Ma la Fed non ha fatto niente per impedirlo? La Federal Reserve non ha potere diretto su queste compagnie di credito indipendenti, ma ha l’autorità di in-

Elisabetta Tramonto

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tervenire nel caso in cui vengano applicate pratiche di credito ingiuste e ingannevoli. E non lo ha fatto, neanche adesso. La Fed dovrebbe regolamentare il mercato di queste compagnie ma non lo fa. Negli Stati Uniti è diffusa una forte critica contro l’inattività della Fed.

biamo un equilibrio sano tra libero mercato e protezione degli interessi dei consumatori. Il mercato è selvaggio con poche o nessuna eccezione. Alcuni singoli stati hanno qualche norma a protezione dei consumatori, ma a livello federale non ce ne sono.

Negli ultimi mesi però la Fed ha fatto qualcosa: ha immesso liquidità, ha tagliato i tassi. Sono interventi utili? Sì, ma insufficienti e in ritardo. Finalmente la Fed si è svegliata e sta provando a porre dei limiti alle attività criminali di queste compagnie. Ma dovrebbe fare molto di più. Sta aspettando che sia il Congresso americano a fare qualcosa. La Fed non ama compiere un passo oltre la legge, quindi aspetta che il congresso le dica come agire.

Questa crisi quindi era prevedibile? Ed evitabile? Certo. Da tempo noi e molti altri analisti finanziari denunciamo alle agenzie che regolamentano il mercato che i mutui subprime avrebbero creato seri problemi. Ma finché Wall Street non ha iniziato a subire forti perdite il Governo non se ne è preoccupato. Non si preoccupano dei consumatori quanto delle Borse.

Ma negli Usa non ci sono leggi a tutela dei consumatori? Poche. È questo uno dei problemi principali: non ab-

E adesso, che cosa si può fare per rimediare? Innanzitutto servono leggi nazionali che mettano al riparo dagli abusi del sistema creditizio, dai predatori del credito. Allo stesso tempo bisogna creare delle reti di sicurezza per evitare che due milioni di persone su-

Epidemia del credit crunch: cure lunghe, risultati incerti «Un’innovazione finanziaria incontrollata», spiega Alberto Berrini, «che trova impreparate persino le Banche centrali». si diffonde come un’epidemia dai mercati finanziari all’economia reale e viceversa. Ma quali sono le cause del contagio e che scenari si prevedono per il futuro? Lo abbiamo chiesto all’economista Alberto Berrini di Mauro Meggiolaro

L

A CRISI DEI MUTUI SUBPRIME

I mercati finanziari sono sempre più interconnessi. A febbraio tutti prevedevano che la crisi dei subprime sarebbe rimasta confinata al mercato americano. Ora spuntano insaccati finanziari collegati ai mutui USA in tutto il mondo. Come è stata possibile una diffusione così rapida dell’epidemia? L’imputato principale del contagio si chiama “innovazione finanziaria”. I subprime, concessi negli Stati Uniti, sono stati infatti cartolarizzati (vedi GLOSSARIO ) e “impacchettati” in obbligazioni che hanno preso la strada dei mercati finanziari internazionali. L’impacchettamento ha reso agevole la circolazione dei titoli ed è avvenuto a vari livelli: in molti casi le obbligazioni strutturate (vedi GLOSSARIO ) originate dai mutui subprime sono state infatti a loro volta “re-impacchettate” dando vita a bond di seconda generazione. E così via… Alla fine a pagare sono stati i detentori finali dei titoli. Ma il contagio non ha riguardato anche le Banche? È vero. Perché le banche non si sono limitate a trasferire ai mercati, attraverso le obbligazioni, il rischio collegato ai mutui, ma successivamente lo hanno assunto di nuovo, anche se indirettamente, attraverso le SIV. Si tratta di “società–veicolo”, create dal-

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le banche ma poste fuori dal loro bilancio, la cui strategia di investimento prevedeva l’acquisto di obbligazioni garantite da mutui subprime (di durata trentennale), finanziato con forme di indebitamento a breve (commercial papers, vedi GLOSSARIO ). È evidente che i tassi a breve che si pagano per finanziarsi sono inferiori a quelli che si lucrano investendo a lungo. Ma è altrettanto evidente che, quando si chiudono i rubinetti dei finanziamenti a breve puo’ crollare tutto il castello. È quello che è successo quest’estate: la “crisi di liquidità” ha determinato l’intervento delle Banche Centrali che, iniettando denaro fresco, hanno evitato guai peggiori. Perché quando le imprese chiudono c’è recessione. Ma quando saltano le banche si rischia la depressione economica, e lì i guai sono ancora più seri. Dunque un contagio a vari livelli… Certo, tanto più che la diffusione della crisi ha implicato per molti intermediari la necessità di raccattare liquidità a tutti i costi vendendo tutti i titoli che si potevano vendere, anche quelli non collegati ai subprime. Di conseguenza la caduta dei prezzi è stata generale e immediata, nei mercati di tutto il mondo. Cosa possono fare le Banche Centrali in questi casi? Le Banche Centrali si trovano di fronte a due esigenze opposte. Da un lato devono intervenire per evitare che la crisi si avviti producendo danni incalcolabili (come successe nel 1929). Dall’altro gli immediati interventi di salvataggio possono diventare la premessa per successi-

biscano il pignoramento della loro casa. Avete già ottenuto qualche risultato con la vostra azione? Abbiamo esercitato pressioni sul Congresso perché proponga una legge nazionale a tutela dei consumatori e pare che qualcosa si stia muovendo. Abbiamo ottenuto che anche dieci delle più grandi banche americane firmassero una lettera congiunta per chiedere una legge federale. E abbiamo costituito un fondo per la sostenibilità delle proprietà della casa, per aiutare la gente che rischia di perdere la propria abitazione a ricontrattare le condizioni del mutuo. Permettere che tutte queste persone perdano la loro casa sarebbe un disastro per il mercato immobiliare e per l’economia americana, oltre che naturalmente una tragedia a livello sociale. Chi è stato più colpito da questa crisi? Senza dubbio questa crisi porta con se anche una pesante

forma di discriminazione. In proporzione sono state più penalizzate le famiglie “di colore”. La maggior parte di questi due milioni di creditori a rischio appartengono alla minoranza latino-americana o afro-americana. Negli Stati Uniti i metodi per “piazzare” i crediti sono molto aggressivi. I “predatori del credito” si aggirano soprattutto nelle periferie dove sanno di trovare persone con meno disponibilità finanziarie a cui possono più facilmente “vendere” prestiti a condizioni insostenibili. Tanto, al massimo, se il creditore non paga più perde la casa o si ritrova costretto a svenderla, a un prezzo di molto inferiore al suo valore di mercato. La colpa è anche della banche, perché in moltissimi casi hanno chiuso le loro filiali nelle periferie, lasciando così libero spazio alle iene del credito. In molte zone gli unici a cui chiedere un prestito erano queste agenzie di mutui subprime.

c’è equilibrio “Non tra libero mercato e protezione degli interessi dei consumatori

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LE GRANDI CRISI FINANZIARIE

1907

1929

1987

1998

2000

IL CRASH CORRE SUL CAVO DEL TELEGRAFO Ci sono parecchie analogie tra la crisi internazionale del 1907 e quella attuale: l’epicentro furono gli Stati Uniti dove, come ora, le grandi istituzioni private godevano di libertà totale. Era la fine di un periodo di crescita impetuosa dell’economia, condotta dai maggiori gruppi industriali che con gigantesche operazioni di fusione o acquisizione, assumevano il controllo dei mercati per imporre prezzi di monopolio. Questi gruppi capitali privati si spostarono molto rapidamente, allora grazie ai cavi telegrafici sottomarini, oggi grazie all’informatica. Al boom dell’economia statunitense, che viaggiava ai ritmi di quella odierna cinese, parteciparono i Paesi europei, investendo risorse finanziarie sempre crescenti, soprattutto l’Inghilterra che aveva un surplus di bilancio derivante dalle colonie. Anche allora gli Stati Uniti giocarono la parte di quelli che investivano più di quanto guadagnavano. La crisi portò alla creazione di una banca centrale negli Usa, un anno prima della guerra del 1914.

LA GRANDE CRISI Durante gli anni ’20 la crescita di Wall Street fu eccezionale, determinata da movimenti speculativi di capitali totalmente sganciati dall’economia reale e da qualsiasi intervento regolatore. Nell’autunno ’29 cominciarono a manifestarsi i primi sintomi della crisi di sovrapproduzione che colpiva gli Stati Uniti, per la riduzione della domanda interna e per le sempre maggiori difficoltà di esportazione. Alla fine del ‘29 le perdite furono di 40 miliardi di dollari, ma il crollo continuò fino all’8 luglio ‘32. Fu chiamata la Grande crisi, perché provocò a cascata fallimenti di banche, compagnie di assicurazioni, imprese private e la disoccupazione aggravò la depressione. La crisi di borsa si trasferì nell’economia reale, provocando una diffusione della povertà. Il contraccolpo si sentì soprattutto negli Usa e in Germania. I governi reagirono svalutando la moneta, abbandonando il gold standard nel ‘31, e ricorrendo a misure protezionistiche, come l’autarchia in Italia. In Europa la crisi del ’29 diede il via alla corsa al riarmo.

19 OTTOBRE, IL LUNEDÌ NERO DI WALL STREET Il 25 agosto ‘87, l’indice Dow Jones raggiunse il valore più elevato degli ultimi 5 anni, chiudendo in crescita del 43% dall’inizio dell’anno. Ma l’eccessiva crescita non preoccupò nessuno. Il 19 ottobre ‘87 un’ondata di vendite fece crollare l’indice Dow Jones con la maggiore flessione dal 1885. Il crollo di Wall Street contagiò 19 borse su 23, più del 20% delle capitalizzazioni vennero bruciate; la peggiore performance si ebbe ad Hong Kong. Solo l’intervento delle banche centrali impedì fallimenti come nel ’29. Per gli addetti ai lavori la causa della crisi fu una bolla da sopravvalutazione dei prezzi azionari. A contribuire al panico fu la notizia del 16 ottobre di una petroliera americana colpita da un missile iraniano nel Golfo Persico, e la chiusura della borsa di Londra in quel giorno, a causa di un uragano che aveva colpito l’Inghilterra. Il 19, curiosamente, nel mercato azionario di New York il sistema di contrattazione automatica si rompe e i broker non riescono a confermare gli scambi.

LE CINQUE TIGRI ASIATICHE La crisi asiatica coinvolge le cinque tigri asiatiche (Thailandia, Indonesia, Corea del sud, Singapore e Hong Kong). Scoppia nel ‘97 in Thailandia a seguito della decisione di far fluttuare il bath, abbandonando l’aggancio con il dollaro Usa. Gli investitori rispondono ritirando i capitali e la crisi si trasmette immediatamente anche alle altre quattro tigri, comportando il crollo dei mercati locali e una brusca frenata delle economie sottostanti. È stata definita una “crisi di crescenza” che parecchi economisti hanno invitato a non liquidare come "tigri di carta": nel Sudest asiatico abita circa 1/4 della popolazione mondiale e il baricentro economico globale punta in quella direzione.

LA CRISI AL SILICIO Ancora una volta l’epicentro è l’America, dove crolla il prezzi dei microprocessori, con effetti dirompenti soprattutto sulle economie specializzate in queste produzioni, localizzate nel Sudest asiatico, che vedono una forte riduzione delle loro esportazioni verso gli Usa, loro maggiore mercato. Ma la crisi è anche il prodotto del massiccio ritiro dei capitali americani e degli investitori internazionali dalle azioni tecnologiche sui mercati mondiali. La crisi dell’economia reale si riflette sul piano finanziario con crolli delle borse e delle monete dei paesi latino americani e soprattutto del Sudest asiatico. La crisi economico-finanziaria delle aree periferiche produce dei veri e propri disastri sociali: per rilanciare le esportazioni viene ridotta la domanda interna attraverso la compressione di salari e stipendi; con un effetto a spirale anche sui lavoratori dei Paesi occidentali.

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ve crisi finanziarie. Anche perché, intervenendo come “prestatori di ultima istanza”, le Banche Centrali finiscono per “istigare” comportamenti di “moral hazard”. L’ azzardo morale sorge quando gli istituti di credito pensano di poter elargire prestiti a rischio, guadagnando parecchio se il progetto ha successo, senza subire però pienamente le perdite se l’investimento si rivela un insuccesso, perché tanto alla fine arriva la Banca Centrale a togliere le castagne dal fuoco… Che impatto puo’ avere la crisi dei mutui sull’economia reale? Oggi l’intreccio tra economia reale e finanziaria è tale che sia in termini teorici che nella realtà concreta è difficile distinguerle. Ed è ancora più difficile stabilire il nesso causa-effetto, cioè chi genera l’impatto e chi lo subisce. Negli Stati Uniti il nesso è più chiaro: le case sono anche un bene patrimoniale con cui finanziare le spese correnti e l’acquisto di beni durevoli, essendo spesso usate come garanzia di finanziamenti bancari. Per cui la caduta dei prezzi nel mercato immobiliare determina anche un calo dei consumi che rappresentano ben i due terzi del PIL americano. Ciò non avviene in Europa, dove per altro i consumi non sono una componente così importante del PIL, visto che le economie sono trascinate più dagli investimenti e dalle esportazioni. Ma le conseguenze di una crisi finanziaria sull’economia reale oggi non conoscono confini. Non dimentichiamo che il capitalismo vive di aspettative. L’incertezza fre-

CHRISTOPHER ANDERSON / MAGNUM PHOTOS

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na sia consumi che investimenti a livello globale, porta ulteriore instabilità nei mercati finanziari e può rendere più costoso finanziare la spesa pubblica. Negli USA come in Europa. Quali scenari intravede per il dopo-subprime? La crescita mondiale risulta ancora robusta ma sicuramente in rallentamento e non solo per l’effetto subprime. Le Banche centrali, in particolare la FED (Federal Reserve, Banca Centrale americana), hanno accantonato per il momento l’obiettivo inflazione per correre in soccorso ai mercati finanziari. Ora non importa se questa strategia sia giusta o sbagliata. Ciò che conta è che un’ eventuale cura differita, a quel punto a dosi massicce, potrebbe provocare danni seri a crescita e occupazione. È probabile che scendano i tassi anche in Europa? I tassi in Europa scenderanno solo se l’economia reale dovesse rallentare notevolmente. Ma la BCE non è la FED. Trichet, governatore della Banca Centrale Europea, non è disposto a fornire ai signori della finanza altre munizioni. D’altra parte, però, c’è un dollaro sempre più debole. Dunque non sarebbe nemmeno opportuno un rialzo dei tassi che potrebbe rafforzare ulteriormente l’euro. C’è da sperare che la crescita americana tenga, altrimenti potrebbero scoppiare parecchie contraddizioni a livello internazionale.

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Il ciclo del capitalismo stritola le famiglie I boom e le crisi economiche si alternano sempre più rapidamente grazie alla globalizzazione dei mercati. ECONOMIA AMERICANA È VICINA a un momento alla Minsky”. L’ha dichiarato l’estate scorsa George Magnus, senior economic advisor del colosso bancario svizzero UBS. L’espressione è finita di Riccardo Bellofiore e Joseph Halevi* negli editoriali dei maggiori quotidiani del mondo. Per spiegare la crisi innescata dai mutui subprime si tornano ad invocare le teorie di un economista scomodo e mai particolarmente amato nei circuiti che contano. Hyman P. Minsky (1919-1996), americano, keynesiano (vedi GLOSSARIO ), è famoso per la sua teoria ciclica del capitalismo: un sistema che si nutrirebbe di instabilità, con l’alternarsi continuo di fasi di euforia e periodi di stagnazione, dove l’equilibrio è solo un momento transitorio, se non addirittura una chimera.

“L’

Dalla crescita al boom Nella pagina a fianco, case distrutte nella Nona circoscrizione.

New Orleans, 2006

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Il ciclo di Minsky inizia con una crescita “tranquilla” e una finanza “robusta”. Memori delle crisi passate, imprese e finanziatori sono avversi al rischio, i tassi di interesse bassi e stabili, l’offerta di moneta potenzialmente illimitata. Chi prende a prestito è in grado di ripagare

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quanto deve. Se tutto va come previsto, rimane un guadagno netto che convalida il passato impegno finanziario e stimola a prenderne di futuri. Si tratta di quella che Minsky chiama “posizione coperta”. Le cose per un po’ vanno bene, i profitti eccedono le attese e si è più disposti ad accendere prestiti. Il costo del denaro non varia e l’indebitamento cresce, preparando la strada al “boom”. Nell’euforia si attivano posizioni di debito “speculative”: i flussi di contante attesi consentono di pagare gli interessi ma non più, in ogni periodo, il capitale preso a prestito. In alcuni periodi ci si deve rifinanziare. La posizione speculativa consente un investimento di lungo termine più alto, ma rende l’economia più fragile, perché, in sostanza, ci si indebita sempre di più per pagare i debiti. Dal boom alla bolla il passo è breve. Gli operatori finanziari assumono posizioni “ultraspeculative” e continuano ad indebitarsi anche se, in molti periodi, i flussi di contante in entrata sono addirittura inferiori a quelli in uscita per il pagamento dei soli interessi. La bolla si gonfia a dismisura, l’aumento sproporzionato della ricchezza di pochissimi poggia sempre di più sul nulla, come quando Wile E. Coyote corre nel vuoto, oltre il

A farne le spese sono milioni di consumatori indebitati e risparmiatori terrorizzati. precipizio. Basta una piccola variazione dei tassi per far cadere tutto. Per dare inizio alla crisi.

Lo Stato stampella del capitalismo Ogni volta che inizia una crisi riaffiora l’incubo della grande depressione degli anni trenta. Potrebbe ripetersi? La risposta di Minsky è negativa. Messi alle strette, le Banche Centrali e i governi sanno come evitarla: con le leve della politica monetaria e fiscale (vedi GLOSSARIO ). I mercati vengono inondati di liquidità, si abbatte il costo del denaro, aumenta la spesa pubblica e si tagliano le tasse. Il liberismo, col mito di uno stato leggero, di fatto non ha riscontro nella pratica. La soluzione statale, però, crea nuovi problemi: l’aumento dei prezzi (causato da politiche monetarie e fiscali espansive) si accompagna a una fase di stagnazione e disoccupazione, in una parola “stagflazione” (vedi GLOSSARIO ). Come se non bastasse, la liquidità in aumento genera un appetito ancora più vorace di banche e intermediari per le innovazioni finanziarie, tornano spirali di euforia e panico sempre più ravvicinate. E il ciclo si ripete.

Lo schema di Minsky puo’ essere utile per decifrare la successione di eventi che hanno portato alla crisi di questa estate e a decine di altri casi (1987, 1998, 2000-01, ecc..). Ma rispetto alle crisi studiate da Minsky, che erano figlie dei debiti contratti per investire in beni capitali (macchine, materie prime, ecc..), quelle di oggi sono più pericolose: nelle fasi di boom gli operatori si indebitano infatti per comprare azioni, obbligazioni e strumenti finanziari sempre più complessi. L’esplosione della liquidità, che accompagna i periodi successivi allo scoppio delle bolle, non fa aumentare i salari e i prezzi delle merci, ma si scarica su attività finanziarie, immobili, petrolio e quant’altro garantisca guadagni speculativi.

Le famiglie: mucche da mungere In tutto questo giocano un ruolo di primo piano gli Stati Uniti, il principale fornitore della domanda globale, e in particolare le famiglie americane. Sono loro la mucca da mungere quando bisogna far ripartire il ciclo con la droga della ricchezza finanziaria. Dopo lo scoppio della bolla di internet, nel 2001, il mercato immobiliare, fa-

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IL FILM

THE BANK (AUSTRALIA 2001) Se una banca riuscisse a prevedere con precisione matematica un crollo di borsa come quello del ’29, userebbe l’informazione per avvertire i clienti o per speculare a suo vantaggio? The Bank scommette sulla seconda possibilità. «Viviamo nel nuovo feudalesimo capitalista – dice l’azionista più spietato – e i banchieri sono i nuovi principi».

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sogna far entrare nel gioco le famiglie povere e il lavoro precario, che non sarebbero in condizione di indebitarsi: lo spettacolo deve continuare. Ma con l’aumento dei tassi e il calo del valore degli immobili il giocattolo si rompe, Wile E. Coyote precipita al suolo assieme a milioni di “consumatori indebitati” e “risparmiatori terrorizzati”. Ed è ora che il ciclo del capitalismo riparta. Con una nuova crisi.

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* Riccardo Bellofiore è docente di economia all’Università

di Bergamo Joseph Halevi insegna economia politica all’Università di Sydney, in Australia

FONTE: ISTAT

vorito dal crollo dei tassi di interesse, viene in soccorso alla crisi. Con i prezzi degli immobili in salita e la possibilità di rinegoziare i mutui (vedi GLOSSARIO ), le case diventano un bancomat. Il deficit finanziario delle famiglie raggiunge livelli mai visti prima, mentre la Fed (banca centrale USA) getta benzina sul fuoco rendendo meno costoso l’indebitamento. Dal 2004 i tassi di interesse riprendono a salire, l’immobiliare cede, e il meccanismo di trasmissione della nuova politica monetaria si fa più perverso. Compaiono i mutui subprime, che si ingrossano fino a costituire, nel 2006, ben il 40% dei nuovi crediti ipotecari e il 13% del totale. Una volta spremuto il ceto medio bi-

FONTE: FEDERCASA

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FONDI PER GLI AIUTI ALLA LOCAZIONE [MILIONI DI EURO] FONDI

Nazionali stanziati Erogati alle Regioni Integrazioni regionali Integrazioni comunali Totale

1999

2000

2001

2002

2003

2004

309,874 388,892 19,445 42,778 451,115

309,874 361,520 18,076 39,767 419,363

309,874 335,696 16,785 36,93 389,411

249,181

246,496

246,010

249,181

246,496

246,010

EVOLUZIONE DEL PATRIMONIO RESIDENZIALE PUBBLICO ANNO

NORD

CENTRO

SUD-ISOLE

TOTALE

1991 (1) 494.514 2001 (2) 477.957 Variaz. percentuale -3,3%

234.498 192.911 -17,7%

406.527 302.263 -25,6%

1.135.539 973.130 -14,3%

Il patrimonio residenziale sociale in affitto gestito dagli Iacp (o dai nuovi enti che ne hanno assunto le funzioni), nel 1996 risultava composto da 831.560 abitazioni, ed è sceso al 2000 a poco meno di 800.000 alloggi, in parte a causa del processo di dismissione. Nonostante l’avvio delle dismissioni operate in base alla legge 560/93 il patrimonio abitativo sociale in affitto

nel periodo dal 1980 al 1996 era aumentato mediamente di 8.760 abitazioni ogni anno (dalle 700.157 abitazioni del 1980 alle 831.560 del 1995). A partire dal 1996 il processo di dismissioni si è accelerato, toccando al 1998 una punta di 17.000 alloggi venduti nell’anno, mentre l’attività costruttiva nello stesso anno non raggiunge i 10.000 nuovi alloggi prodotti.

Ricominciare a parlare della casa senza aggiungere la parola emergenza La speculazione sugli affitti, i tassi di interesse bassi e le politiche a favore dei “palazzinari” hanno spinto il 78 per cento degli italiani a comprarsi l’abitazione, trasformando la casa da diritto a bisogno e infine bene rifugio.

I

L 78 PER CENTO DEGLI ITALIANI È PROPRIETARIO DI CASA. È una percen-

FONTE : ANCI-CRESME, 2002

tuale simile a quella della Spagna (80 per cento) ma più elevata del resto d’Europa: in Francia è il 56 per cento, in Germania è il 43 per cento. Siamo un popolo di navigatori e di poeti, ma abbiamo un sacdi Paola Baiocchi co di case: i dati Istat 2005 segnalano che ci sono 28,3 milioni di abitazioni e 22,8 milioni di famiglie. Eppure le famiglie in affitto sono solo il 19 per cento del totale (4,3 milioni di persone), soprattutto anziani e nuclei a basso reddito. Numeri che segnano il fallimento della “liberalizzazione” del mercato degli affitti, che ha fatto impennare i canoni e, assieme ai bassi tassi dei mutui, ha contribuito a far nascere il bisogno di acquistare un tetto: «Un dato che in Italia non si dice mai – spiega Vittorio Emiliani, giornalista esperto di urbanistica - è che nei paesi europei più sviluppati è rimasta alta la quota di edilizia economica, con percentuali del 25/30 per cento, mentre in Italia ora siamo intorno al 4 per cento». Dopo gli anni ’50 e ’60 quando gli investimenti nell’edilizia residenziale pubblica (Erp) rappresentavano il 15% del totale, bisogna arrivare al decennio 1980/90 per trovare un altro periodo di costruzione di alloggi popolari, anche se comunque la consistenza del patrimonio pubblico è progressivamente diminuito (vedi TABELLA ). E la Gescal (Gestione case lavoratori) l’agenzia pubblica istituita nel 1963, finanziata con le trattenute sugli stipendi dei lavoratori, pur incamerando circa 4mila miliardi l’anno di vecchie lire, non è riuscita a soddisfare il fabbisogno di abitazioni ad affitto calmierato. Nel ‘93 la Gescal ha chiuso i battenti soffocata nella sua burocrazia da carrozzone, non ultimo il DOMANDE DI ASSEGNAZIONE ALLOGGI ERP Comuni ad alta tensione abitativa Altri comuni Totale

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prelievo forzoso dalle buste paga dei lavoratori continuato fino al 31 dicembre del ’98, cinque anni dopo la chiusura dell’agenzia. Poi il caos: all’eliminazione dei fondi Gescal non è corrisposta nessuna risorsa sostitutiva alle Regioni per gestire le competenze, che nel frattempo gli erano state attribuite dalla riforma del titolo V della Costituzione. Così non è più stata data continuità alle politiche di welfare nel settore abitativo. Tanto che di fronte al decreto di fine settembre che ha stanziato 550 milioni di euro per il recupero degli immobili Erp sfitti perché da ripristinare, le Regioni hanno cominciato una corsa per fornire in tempo al Ministero gli elenchi delle disponibilità.

muite dopo la vendita dei patrimoni degli enti, che svolgevano una funzione di calmiere e gli affitti proposti sul mercato “libero” possono rappresentare anche il 50 per cento dei redditi famigliari. Ci sono esempi in controtendenza, come le esperienze delle cooperative a proprietà indivisa (vedi BOX ) che offrono ai soci l’affitto a cifre sostenibili. Aumentare lo stock di abitazioni sociali è l’obiettivo

La casa ritorna nell’agenda politica

IL NOME E L’ANNO DI NASCITA DELLA COOPERATIVA SONO EPICI: l’Eguaglianza di Trenno, nata nel 1914. Trenno, che ora è un quartiere nella zona Nord di Milano, era un borgo alle sue porte, ma il problema della casa era ugualmente urgente. Così un gruppo di abitanti di Trenno e di Musocco (diversi muratori, un suolino, un giornaliero, ecc) fondarono una cooperativa per rispondere in maniera solidaristica al diritto fondamentale di abitare in modo dignitoso. L’Eguaglianza esiste ancora e marcia verso i 100 anni con parole nuove, come la bioedilizia, con più soci (1541 nel 2006), con un fatturato annuo sui 12 milioni di euro e nuove strategie per continuare a crescere, come le fusioni. L’Eguaglianza costruisce e vende per i soci, ma ha mantenuto la tradizione della proprietà indivisa: chi è socio acquisisce il diritto di abitare nelle case delle cooperativa, che non saranno mai vendute, pagando “un titolo di godimento” che è molto al di sotto dei canoni del mercato libero. Per fare un esempio: un attico a Trenno con vista sul parco, costa 600 euro al mese, spese comprese. 350 appartamenti, tempi d’attesa per entrare in queste case anche di 12 anni, ma poi la tranquillità di non essere mai cacciati da un padrone bizzoso o che impone aumenti indiscriminati. Ma soprattutto di avere un rapporto paritario, attivo e dialogante. Pa.Bai.

Persino la Toscana felix si è trovata in difficoltà; ce ne parla l’assessore regionale alla casa Eugenio Baronti che, appena nominato dopo il rimpasto con cui Rifondazione è entrata al governo della Regione, ha scoperto che non c’era un rapporto aggiornato sul patrimonio di abitazioni pubbliche e ha dovuto produrlo in 15 giorni: «La cosa positiva è che la casa è stata reinserita nell’agenda politica: per 10 anni non si era più visto un euro di stanziamento, perché tutti dovevano comprarla. La realtà si è incaricata di dimostrare che quella politica di non intervento pubblico nella casa era sbagliata. Ora contiamo di dare il via al recupero dell’esistente, per rivitalizzare i centri storici, ma anche di avviare tutti i progetti già finanziati e fermi da 10/15 anni. Ho dato l’indicazione – conclude Eugenio Baronti – che d’ora in avanti se non partono i cantieri nei tempi prefissati, gli stanziamenti vadano ad altri Comuni in grado di realizzarli». Avere una maggiore offerta di case popolari alleggerirebbe le liste di attesa, ma non basterebTOTALE ASSEGNAZIONI %DOMANDE SODDISFATTE be a colmare le carenze del mer8.973 7,9% 264 5,6% cato degli affitti: le abitazioni in 9.237 7,8% locazione sono poche, sono di-

LE COOPERATIVE A PROPRIETÀ INDIVISA: UN’ESPERIENZA POCO CONOSCIUTA

della Fondazione Housing Sociale (Fhs), nata dalla Fondazione Cariplo. Fhs ha appena chiuso il fondo Abitare Sociale 1, con una raccolta di 80 milioni di euro provenienti da Regione Lombardia e Cassa Depositi e Prestiti, ognuna con 20 milioni; Fondazione Cariplo, Intesa Sanpaolo, Banca Popolare di Milano, Assicurazioni Generali e Cassa Geometri ognuna con 10 milioni di euro; poi Pirelli RE (2,55 milioni) e Telecom Italia (2,45 milioni). Ce ne parla Sergio Urbani, direttore Fhs: «Siamo nati nel 2004 e siamo quasi al termine del percorso di progettazione che ci porterà alla costruzione di circa 750 alloggi in Lombardia. Coprogettiamo con i Comuni: a Crema per esempio, è stata approvata la convenzione per una zona di nuova espansione urbana, dove il privato poteva usare i 2/3 del proprio lotto solo a condizione di cedere l’ultimo terzo, a titolo gratuito». Fhs prevede la vendita del patrimonio alla chiusura del fondo, con diverse modalità che Urbani ci spiega: «Le case potrebbere essere riscattate collettivamente dalle comunità che le abitano, formate in associazioni o fondazioni, che nel loro statuto prevedano la locazione a canoni calmierati in modo permanente. Ma non possiamo escludere la vendita a singoli o ai Comuni». Questo è un punto contestato dai sindacati, dai consiglieri dell’opposizione comunale milanese e da ambienti della cooperazione, perché con la vendita gli alloggi non sarebbero più disponibili per le fasce sociali deboli. Il Fondo Abitare Sociale 1 offre un rendimento del 2%, rivalutato dell’inflazione; una redditività ridotta rispetto all’8/10% degli investimenti immobiliari. Anche altri si stanno muovendo nel settore dei fondi immobiliari da Bnl a Capitalia, mentre Montepaschi ha finanziato 17 progetti, per costruire circa 300 abitazioni da affittare in 11 Comuni toscani. «Certo è – conclude Eugenio Baronti – che servirebbero parecchie migliaia di case in edilizia pubIN RETE blica e a canone sociale per ricominciare a parlare della casa, senza aggiungere la pawww.fhs.it rola emergenza».

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Somalia

Affari molto concreti a cyber Mogadiscio di Paolo Fusi

A GUERRA TRA GLI INTERESSI DELL’ESTREMISMO MUSULMANO E DEL FONDAMENTALISMO BUSHIANO hanno distrutto dieci mesi fa l’unica ipotesi rimasta in piedi di governo centrale della Somalia. Al punto in cui siamo è persino difficile stabilire quale sia l’obiettivo economico e strategico collegato alla sistematica distruzione di uno dei paesi più depressi dell’intero pianeta. Proprio per questo cerchiamo di fare il punto. In questo momento l’unica istituzione funzionante a Mogadiscio, a parte i vari eserciti pubblici e/o privati, è il SIFC Somali International Financial Center, con sede ufficiale nella capitale in Corso Somalia 55, ma con la sede reale presso l’ufficio del corriere internazionale DHL di Mogadiscio. Il direttore è tale Abdel Babudi, che riceve la posta sul suo indirizzo email somalia@spam.la, un server basato (come Babudi) a Vientiane, capitale del Laos! Babudi pare sia un manager della Star Trust Company Limited, che in realtà è la vera amministratrice del SIFC. Questa “autorità” è riconosciuta da tutti: dai paesi arabi, dall’Unione Europea, dagli Stati Uniti e soprattutto dalla Cina che, secondo le affermazioni di Babudi, è il più grande Nella pagina a fianco, una delle classiche investitore nella “Somalia moderna”, come la chiama lui – ovvero un paese bombardato indietro nel corso “tecniche” utilizzate dalle milizia. degli ultimi 20 anni ad uno stato pre-medioevale. Il primo stato La Star Trust ha la sede ufficiale a Londra, ma il suo direttore, Marcus Anderson, che di suo ci mette Duty free al mondo è sempre più per lo meno la faccia, risponde da un numero di telefono cellulare del Liechtenstein, lo 00423-663-172281. teatro di violenze. Somalia, 1992 Costui potrebbe essere dovunque, dato che i numeri 663 del Liechtenstein sono macchine che ridirigono la chiamata ad un numero segreto che può essere ovunque. Società bucalettere, traffico Il giovanotto ha un potere non da poco. Non solo decide sulle sorti di ogni tipo di armi e sostanza, della finanza ed economia somala, ma è l’unico che – secondo riciclaggio: all’ombra del caos le informazioni dello Stato – possa concedere la naturalizzazione del paese del Corno d’Africa somala ed un divorzio secondo le leggi del SIFC (non ho avuto si muovono faccendieri con voglia di leggerle, mi faceva rabbrividire il solo pensiero). coperture politiche e religiose Sta di fatto che il SIFC, che sostiene essere “l’unico strumento già funzionante” di una più o meno sconosciuta Repubblica Democratica di Somalia, sostiene che lo Stato abbia un solo riconoscimento politico internazionale: il trattato di cooperazione culturale con la Cina – firmato il 15 novembre 1983. Non è uno scherzo. In base a questo unico trattato esistente, un cittadino cinese può svolgere l’attività che preferisce sul suolo somalo, purché lo faccia in sintonia con il retaggio culturale cinese. Tutte le attività di altri Stati stranieri sono invece proibite, a meno che non siano autorizzate dallo SFIC. Orbene, il SIFC non è altro se non l’ennesimo registro di commercio virtuale, costituito da quattro furboni per registrare società bucalettera atte solo a rendere più difficili le inchieste contro il riciclaggio del denaro sporco ed il finanziamento occulto del traffico d’armi, di droga, di schiavi, di organi umani, di materie prime, di rifiuti tossici. Il SIFC ha concesso la licenza di operare nello spazio economico virtuale della Somalia a due organizzazioni: la First Ocean Bank e la Banca Re Mida. La seconda di queste due banche è tuttora un mistero, a parte che ha due lingue ufficiali (Inglese ed italiano) e promette tassi d’interesse minimo del 9,5%. La First Oceanic Bank, che ufficialmente ha la sede presso un’immaginaria Banca Centrale della Somalia, è invece “rintracciabile”. Viene invece amministrata da dei fiduciari londinesi ed è una

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sorta di ufficio di smistamento per coloro che operano “ufficialmente” a Mogadiscio. Il Primo Inter Pares è il Principe musulmano Jamal Al Noaimi, che guida la sua multinazionale Crown Enterprises da Dubai, e poi i suoi soci: una rete impressionante di organizzazioni che forniscono su scala planetaria uffici virtuali e non appartengono (ufficialmente) a nessuno. Le operazioni di cambio in valuta estera devono tutte essere filtrate dalla Tawakal Money Exchange – un’organizzazione strettamente legata alla Fratellanza Musulmana. Si tratta della crema del riciclaggio moderno, società che non hanno sede né manager, ma solo computer e call centers. Per capire come funziona questo mostro ci vorrebbe almeno un anno di ricerche – che però non interessano a nessuno. Ci sono anche gli italiani? Ma certo, perbacco. Attraverso l’unico azionista che si palesi oltre allo sceicco del Dubai, la Banca Europea SA. Questa bellissima istituzione ha la sede ufficiale nella Repubblica Dominicana, ma la sua cassetta delle lettere virtuale si trova a Panama presso la OPM Corporation, che a sua volta risponde da un numeo di telefono di un paesino delle Alpi bernesi, in Svizzera – rigorosamente in lingua italiana. Chi c’è dietro? Un certo Giovanni Caporaso, che sulle pagine web della Banca Europea si vanta di essere – nel suo ramo – il migliore sul mercato. Per correttezza ho pensato di riportare la sua pubblicità senza correggerla: “La qualitá dei testi nel nostro sito www.paradisifiscali.org, é stata presa come riferimento (anche se in un tentativo denigratorio), dalla stessa Camera dei Deputati italiana in documenti ufficiali sui paradisi fiscali dove hanno copiato di sana pianta alcune pagine del nostro web. Il nostro Presidente, Dr. Giovanni Caporaso é sempre disponibile per interviste e contributi sui temi della fiscalitá, riduzione delle imposte, pianificazione fiscale e paradisi fiscali – link: www.investirenelmondo.com“. Signore e signori, io scrivo solo una buffa rubrica su una rivista per iniziati, ma qui sarebbe il caso che qualcuno si desse da fare a capire cosa stia succedendo in questa Mogadiscio virtuale – prima che abbia riscontri violenti su quella reale.

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I prezzi dell’energia a rischio derivati >32 Banca Etica: dibattito ricco sul futuro >36 L’impresa sociale cerca la via della propria sostenibilità >38

finanzaetica INTESA SANPAOLO HA CARTOLARIZZATO 94 MILIONI DI EURO A FORZA ITALIA

LA PROCURA DI MILANO INDAGA SUI DERIVATI

BANCA ETICA A PALERMO TRE GIORNI DI CONFRONTO

CONSOB IBERICA TROPPO TIMIDA CONTRO INSIDER TRADING

CRESCE ANCHE GRAZIE AI PARTNER ITALIANI ASOC, ITALIANATS E BANCA ETICA LA BANCA DEI BAMBINI

MADE IN ITALY SOCIETÀ PER AZIONI DELLA MAFIA

Intesa Sanpaolo ha curato una operazione di cartolarizzazione di crediti elettorali per Forza Italia del valore di 94 milioni di euro. La notizia, svelata da La Stampa, è stata confermata dall’istituto preseduto da Giovanni Bazoli. Diversamente da altri partiti, come Margherita e Ds, il partito di Silvio Berlusconi non può mettere a garanzia beni immobili ma solo le fidejussioni rilasciate dallo stesso Silvio Berlusconi. Intesa ha riconosciuto agli azzurri 94 milioni circa, dei 105 milioni di crediti vantati. I titoli della cartolarizzazione di Forza Italia sono stati acquistati da altri istituti finanziari e non, quindi, da piccoli risparmiatori. «Nel mondo della finanza pubblica - ha spiegato il responsabile delle attività corporate di Intesa Sanpaolo, Gaetano Micciche’ assistiamo anche forze politiche che vantano dei crediti nei confronti del governo». Ma sull’operazione Antonio Di Pietro fa dell’ironia, elogiando Berlusconi: «Chi ci ha guadagnato dalla riduzione dei rimborsi elettorali ai partiti - ha affermato il leader di Italia dei Valori - è Berlusconi, perché ha cartolarizzato tutto il credito di Forza Italia con lo Stato. Ora lui i soldi li ha presi mentre il problema resta alla banca che ha accettato di scontare i rimborsi elettorali. Non so come faccia - ha ironizzato l’ex pm - perchè è riuscito a capire in anticipo quello che stavamo per fare».

I contratti "derivati" stipulati tra banche ed enti locali sono entrati nel mirino della magistratura di Milano, che ha in corso un procedimento penale contro ignoti per truffa aggravata. Dell’inchiesta, avviata ai primi di settembre dal sostituto procuratore Alfredo Robledo, s’è avuta notizia solo dopo che il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza ha notificato al Comune di Milano, alla Provincia di Milano e alla Regione Lombardia un “ordine di esibizione” per acquisire atti e documenti su operazioni finanziarie in prodotti “derivati” che avrebbero dovuto permettere ai tre enti locali di coprirsi da vari tipi di rischio finanziario. Il magistrato ha in sostanza chiesto la consegna delle carte relative a «prestiti obbligazionari» emessi dai tre enti a partire dal 1° gennaio 2002, prestiti «correlati, in qualunque modo, con operazioni finanziarie in prodotti derivati, con particolare, ma non esclusivo, riferimento a contratti di swap, o a creazione di fondi di ammortamento denominati sinking fund». Le operazioni oggetto di approfondimento hanno avute per protagoniste alcune tra le più note banche d’affari internazionali. La Regione Lombardia ha per esempio concluso un contratto con Ubs nell’ottobre 2002 per un maxibond da un miliardo di euro a cui erano collegati prodotti derivati.

Tre giorni di convegni e di festa aperti alla società civile, ai soci, amici e curiosi dal 16 al 18 novembre. La nuova sede di Banca Popolare Etica a Palermo sarà una bella occasione di riflessione e un momento conviviale: convegni, confronti ma anche l’occasione per stare insieme, per chiamare la cittadinanza ad un evento che formalmente si presenta come l’inaugurazione di una nuova filiale, ma nel caso di BPE diventa un’occasione di confronto, relazione e festa. L’obiettivo è «parlare alla città e alla regione - spiega il direttore Stanislao Di Piazza - qualificando la nostra presenza come un altro tassello della lotta per la legalità e il benessere civile che ci sentiamo di appoggiare e condividere. Proprio in questo periodo stiamo finalizzando una convenzione con il comitato Addio Pizzo per sostenere la lotta all’illegalità di cittadini coraggiosi. Siamo al fianco delle forze buone, che si impegnano tutti i giorni per vedere sbocciare il seme della giustizia sociale e di una convivenza serena». Le tre giornate di festa saranno teatro anche di importanti occasioni di confronto e dibattito con Luigino Bruni, Leoluca Orlando, Luigi Ciotti, Tonino Perna, alcuni imprenditori che hanno rifiutato il pizzo, rappresentanti del mondo associativo, politico, istituzionale e sindacale.

La Cnmv, la Consob spagnola, ha la mano troppo morbida nei confronti dei casi di insider trading. Non sono le conclusioni di una ricerca universitaria e neppure di un indagine svolta da qualche forza politica. La denuncia viene dal quotidiano Publico che sostiene che il 40% degli annunci di offerta di acquisto è preceduto da un rialzo anomalo della quotazione del titolo oggetto dell’Opa. Ma c’è di più: nel 90% dei casi di abuso di mercato, 206 nel periodo che va dal 1997 al 2000, non s’è verificata alcuna punizione. Come a dire che solo 20 casi in insider trading sono stati puniti. Tanto che negli ultimi 15 anni la Cnmv ha raccolto solo 20 milioni di euro in ammende per abuso di mercato. Poca cosa se si considera il volume generato da queste offerte. La sanzione più importante, un milione di euro, è stata comminata a Deutsche Bank per aver fatto filtrare informazioni di carattere privilegiato in occasione della vendita di un pacchetto di azioni del gruppo Ebro Puleva. Mentre l’ultimo a ricevere una multa (48.500 euro) è stato Antonio Marcotegui Ros, ex vicepresidente di Cie automotive.

Tornano in Italia i promotori della Children’s Development Bank, la Banca dei bambini ed adoloscenti che ha avviato un progetto di cooperazone coordinato da ASoC (Associazione della Società civile) in partnership con Italianats e Banca Etica. Nata a New Delhi nel 2001, all’interno dell’associazione Butterflies, la CDB è oggi una realtà affermata all’interno di un progetto educativo di grande successo nel continente asiatico. Ciò che ha spinto verso la creazione della Children’s Develpment Bank è stata la volontà di coinvolgere direttamente bambini e adolescenti lavoratori e di strada nella soluzione dei loro problemi sulla base del loro motto, ormai conosciuto da tutti: “Noi non siamo il problema, ma parte della soluzione”. Dopo l’esperienza indiana, Il modello è stato ben presto esportato in altri regioni e Paesi dell’Asia (Afghanistan, Sri Lanka, Nepal, Bangladesh). La Banca è gestita dai bambini stessi come una cooperativa in cui gli adulti hanno solo il ruolo di garanti e facilitatori. Grazie alla CDB i bambini possono risparmiare denario per sé stessi, ottenere prestiti a partire dai 15 anni di età, per avviare attività che producano reddito; pensare e realizzare programmi per migliorare la loro condizione, risparmiando per pagarsi l’istruzione o la formazione professionale. Ogni “cliente” della banca possiede un proprio libretto di risparmio (“bank pass book”); tutti i bambini, dai 6 ai 18 anni, possono depositare e prelevare evitando così di essere derubati o di sperperare risorse; se un ragazzo deposita regolarmente e non ritira per un periodo di almeno 6 mesi ha diritto a un interesse maggiore su quanto risparmiato.

Flussi enormi di denaro, società fantasma e off-shore, ma anche scatole cinesi ed azioni false quotate in borsa. Un intreccio economico-finanziario degno di una vera e propria multinazionale del crimine che aveva come principale attività il traffico internazionale di stupefacenti e il conseguente riciclaggio di denaro. Ci sono voluti anni e anni di indagini per arrivare a svelare le intricate operazioni finanziarie di una associazione mafiosa che aveva messo le mani a Roma, come in Canada, Francia e Svizzera. Diciannove i destinatari di ordinanze di custodia cautelare, tra cui anche funzionari di banca. Per tutti gli arrestati le accuse vanno dall’associazione mafiosa, al riciclaggio e reimpiego di trasferimento fraudolento di valori, insider trading e aggiotaggio. Per arrivare alle ordinanze gli investigatori sono partiti dall’inchiesta che vedeva la mafia infiltrarsi nel grande appalto per la costruzione del ponte sullo stretto di Messina, un tentativo di intrusione gestito dal clan Rizzuto. E proprio al boss italo canadese Vito Rizzuto, colpito da ordine di cattura, faceva riferimento la società Made in Italy Spa, con sede a piazza Colonna che avrebbe dovuto riciclare, attraverso una operazione internazionale, 600 milioni di dollari. .

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I prezzi dell’energia a rischio derivati

Ben più di Enron il caso dell’hedge fund Amaranth dimostra come il mercato dei derivati sulle materie prime energetiche possa stravolgere i costi reali. Un rapporto del Congresso Usa denuncia: il prezzo del gas naturale era pesantemente manipolato. In un solo mese il fondo trattava contratti future pari al 23 per cento dell’intero gas consumato in un anno da tutte le famiglie statunitensi. er capire il legame tra il mercato dell’energia e il mondo della finanza basta un nome: Amaranth. Ai cittadini italiani chiamati a scegliere tra gli operatori dell’energia, ma anche alla stragrande maggioranza delle stesse aziende di Andrea di Stefano che offrono nuove forniture della luce più o meno contraddistinte da slogan verdi, Amaranth non dice nulla. Ma basta leggere le conclusioni della commissione d’inchiesta del Senato Usa sul fallimento di questo hedge fund, un fondo altamente speculativo, per capire la drammaticità della situazione e le implicazioni della finanza nel settore dell’energia. Molti hanno visto la videoinchiesta sul fallimento della Enron, il ruolo che ha avuto nella creazione dei black out che hanno messo in ginocchio la California, ma nessuno ha la percezione del reale ruolo che ha assunto la finanza nel sistema delle altre materie prime. Nei primi anni ‘90 i prezzi dell’energia sulla costa orientale degli Stati Uniti sono lievitati a dismisura, registrando punte di prezzo anche doppie rispetto al resto del Paese. Il boom del costo dell’energia è sta-

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La piattaforma Frigg è una delle sei utilizzate da Elf & Total per programmi di ricerca e esplorazione dei giacimenti di gas naturale e petrolio dal fondo del mare.

to giustificato con eccezionali eventi climatici che avevano colpito il grande stato della costa ovest degli Stati Uniti. La domanda crescente prodotta dall’uso abnorme degli impianti di condizionamento provocò una serie ininterrotta di black out con danni incalcolabili per l’economia californiana.

Black out a tavolino Nel 2003, dopo il crollo finanziario della Enron, un’inchiesta del dipartimento dell’energia e successivamente il processo ai dirigenti del colosso del trading texano evidenziarono che i drammatici problemi vissuti durante il biennio 2000-2001 non erano riconducibili a reali gap di produzione, ma alle iniziative spericolate dei principali gestori privati che nello stesso momento in cui la domanda interna della California era ai massimi esportavano energia in alcuni stati confinanti dove i prezzi erano addirittura più convenienti. Proprio le conclusioni della prima inchiesta del Dipartimento dell’energia hanno contribuito a far partire una mega causa di risarcimento danni da parte dello stato della California nei con-

fronti delle principali utilities energetiche. La riforma del 1998 dello stato economicamente più forte di tutti gli Stati Uniti possedeva, infatti, tre difetti rivelatisi fatali: un numero troppo basso di produttori in concorrenza tra loro per fornire energia alle compagnie elettriche; assenza di concorrenza al dettaglio e addirittura tariffe fissate dallo Stato a 60 dollari al megawatt/ora (inizialmente per assicurare un profitto minimo alle compagnie elettriche); obbligo di comprare energia su uno spot market soggetto ad ampie fluttuazioni giornaliere dei prezzi senza alcun intervento stabilizzante da parte del Governo o di enti di regolazione. Paradossalmente i blackout del 2001 non sono stati causati da una carenza reale di energia (all’epoca le riserve erano pari al 30% del fabbisogno) ma da strozzature artificiali dell’offerta. Dopo due anni di abbondante produzione e prezzi bassi (in media 26 dollari nel 1998 e 28 nel 1999), i livelli di produzione in California calarono e la manciata di produttori esistenti si accorse di avere sufficiente potere per manipolare il mercato. Quando i prezzi all’ingrosso salirono a 110 dollari al megawatt/ora nel 2000, essi decisero di non vendere tutte

Il caso Enron aveva evidenziato che i black out erano stati costruiti ad arte per tenere i prezzi alti e giocare con i derivati le forniture a disposizione per far lievitare i prezzi; l’intervento di società di trading come la Enron contribuì a esacerbare l’escalation dei prezzi a punte di 750 dollari nell’inverno 2001. Le compagnie elettriche, costrette a far pagare non più di 60 dollari, divennero insolventi, non riuscirono più a comprare energia sul mercato e determinarono i pesantissimi black out nello Stato più grande d’America.

Ristatalizzazione californiana La risposta della California non si fece attendere: oltre a ristatalizzare parzialmente la produzione e distribuzione nel 2004, l’ente federale dell’energia emise una serie di dispositivi molto stringenti per il |

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concentrata sui contratti future. Agli inizi di settembre dello scorso anno è arrivato il tracollo: aveva scommesso su rincari del cosiddetto “winter gas”, i prezzi del gas in mesi ancora lontani nel futuro e, in particolare, su incrementi nella differenza tra le quotazioni dei successivi mesi di marzo e aprile. É accaduto l’opposto. Un perdita di 560 milioni di dollari in un solo giorno è rapidamente diventata una valanga. E le dimensioni stesse delle posizioni di Amaranth su un mercato limitato hanno impedito rapide uscite. Ma la saga di Amaranth getta anche nuova luce sull’intero universo segreto degli hedge fund e sui rischi che coltiva. Amaranth aprì i battenti con 27 dipendenti e 450 milioni di dollari: in sei anni era diventato uno degli hedge forse meno conosciuti ma di maggiori dimensioni e prestigio, con quasi dieci miliardi di dollari in gestione. Ma era anche uno dei più aggressivi, avendo cambiato volto da strategie molto disciplinate sui bond convertibili, un mercato ormai appannatosi, alla più redditizia e imprevedibile partita del gas naturale. É stata tra le prime finanziarie a puntare senza remore sull’energia dopo il crack della Enron e nel 2005, grazie alle scommesse azzeccate con l’uragano Katrina, ha realizzato guadagni per un miliardo di dollari.

risparmio energetico che sono diventati obbligatorio dallo scorso anno. I videoregistratori, le televisioni, i DVD player hanno dovuto ridurre il proprio consumo di un terzo. Le batterie esterne di cordless, spazzolini, rasoi e altri dispositivi, che spesso rimanendo in carica si scaldano dimostrando così che succhiano inutilmente altra energia, hanno ridotto i consumi a mezzo watt o ancora meno. Ma ad essere interessati al provvedimento sono stati una grande varietà di strumenti, dai frigoriferi ai condizionatori, dalle pompe elettriche ai deumidificatori e via dicendo. Si calcola che ogni anno una famiglia media californiana, che possiede mediamente un numero variabile di dispositivi tra 10 e 20, butta via 75 dollari di corrente. In 15 anni, se questo cambiasse, i californiani, sia le famiglie che le imprese, potrebbero risparmiare qualcosa come 3 miliardi di dollari. Tutto questo grazie alle nuove tecnologie che possono ridurre grandemente il costo dello “stand by” dei prodotti elettrici o elettronici. Ciò si traduce, secondo la Commissione per l’energia, nella possibilità di evitare la costruzione, nel prossimo decennio, di tre nuovi impianti di produzione elettrica in California con un risparmio complessivo di energia pari a quella utilizzata oggi dai 350mila residenti di San Francisco. Ma queste iniziative, pur fondamentali, rischiano di non essere sufficienti se non si tiene sotto stretto controllo il mercato finanziario dell’energia, lo stesso che condiziona l’andamento dei prezzi del petrolio.

Dopo Enron Un episodio simile a quello della Enron, forse ancora più preoccupante, è quello denunciato dal Senato Usa sulla vicenda Amaranth, un hedge fund fallito per l’eccessiva esposizione speculativa sul gas. Le radici del crollo sono riassunte facilmente: il fondo, nonostante si definisse un hedge “multi-strategy”, con molteplici strategie d’investimento, aveva ormai oltre metà della propria esposizione | 34 | valori |

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Il vero ruolo di Amaranth L’inchiesta condotta da una commissione bipartisan del Senato Usa, molto approfondita e voluminosa, ha portato alla luce una situazione a dir poco preoccupante: il fondo oltre ad aver bruciato i risparmi dei suoi investitori, aveva finito per condizionare in modo rilevantissimo il prezzo del gas di tutti gli Stati Uniti. Il focus dell’investigazione si è concentrato sul mercato over the counter, dove gli operatori trattano liberamente e privatamente la compravendita di opzioni e altri contratti finanziari sulle materie prime. Gli esperti hanno evidenziato che il 75% dei contratti negli Stati Uniti vengono trattati su questo mercato OTC al di fuori delle regole stabilite dalla Commodity Futures Trading Commission. Il senatore democratico Carl Levin ha sottolineato che le leggi sono state sistematicamente «aggirate con esenzioni, esclusioni e limitazioni che rendono virtualmente impossibile per i regolatori controllare il mercato dell’energia statunitense». Il rapporto evidenzia come Amaranth abbia costituito posizioni eccessive nel segmento dei contratti future sul gas naturale al NYMEX (New York Mercantile Exchange) e all’Intercontinental Exchange (ICE) sul mercato OTC tali da permettergli di manipolare in modo speculativo contratti e prezzi. Il fondo da solo trattava 100000 contratti futures al mese, pari al 5% del gas naturale utilizzato in tutti gli Stati Uniti in un anno intero. Secondo i parametri dei regolatori un operatore è considerato di grandi dimensioni quando supera i 200

CURVE DEI PREZZI DEL GAS NATURALE AL NYMEX 12

2006 2005 2004 2003 2002

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Nella pagina a fianco, operai lavorano sulla piattaforma Frigg.

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La curva del 2006 era stata più alta e lo spread inverno/estate molto più ampio che negli anni precedenti

Amaranth ha aperto i battenti con 27 dipendenti e 450 milioni di dollari di patrimonio FUTURE SUL GAS NATURALE AL NYMEX: COSTO DELLE POSIZIONI E MARGINI

Numero dei contratti

Margine richiesto*

Profitto o perdita con 1¢ in +o-

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*Richiesta di margine minioa per uncontratto future da un mese

QUANTO VALGONO 100.000 CONTRATTI FUTURE?

Dall’aprile all’agosto del 2006 Amaranth ha avuto complessivamente più di 100000 contratti future sul mercato del gas naturale al NYMEX – più del 40% di tutti i contratti siglati nel mese. 100,000 contratti rappresentano un ammontare equivalente di gas naturale pari a:

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3,2 miliardi di metri cubi; 23% di quanto consumato nel 2006 dai soli clienti privati; 5% dell’intero consumo degli Stati Uniti

contratti. Con questa esposizione i gestori del fondo erano in grado di realizzare guadagni dell’ordine di 10 milioni di dollari al giorno, se la scommessa era azzeccata. Grazie anche a complesse analisi matematiche i commissari del Senato sono riusciti a evidenziare che in corrispondenza con le scadenze dei contratti future, in genere negli ultimi giorni del mese, si registravano incrementi del costo del gas naturale di oltre un dollaro. Valori incredibili destinati ad avere pesanti ripercussioni anche sul mercato dell’energia considerando che nei soli Stati Uniti il 27% della produzione è realizzato con il ricorso a questa forma di combustibile alternativo al petrolio.

I rischi in Italia La liberalizzazione del mercato italiano presenta, quindi, anche questi rischi connessi al ruolo della finanza e lo stesso presidente dell’Autorità garante dell’energia e del gas, Alessandro Ortis, ammette che il problema esiste: «non è un caso che abbiamo chiesto al Parlamento di poter aver un ruolo di controllo e garanzia sul mercato dei derivati visto che il nostro Paese sta recependo la direttiva Mifid sulla regolamentazione dei mercati finanziari». Il consiglio dei ministri ha stabilito che sul mercato dei derivati dell’energia dovranno vigilare Consob e Autorità per l’energia: i regolamenti attuativi dovrebbero arrivare per il mese di novembre ma intanto le grandi banche d’affari hanno già iniziato a promuovere prodotti derivati ad hoc per il mercato italiano che stanno suscitando una certa apprensione anche da parte degli operatori del settore. Ma per poter svolgere veramente il ruolo di “cane da guardia” del mercato, anche di quello finanziario, l’Autorità deve essere dotata delle migliori professionalità e strutture, sul modello del Nord Europa, e deve poter contare sul contributo critico di rappresentanti delle associazioni dei consumatori che possono svolgere un ruolo determinante nell’evitare che i fallimenti del mercato si possano trasformare in veri e propri disastri per i cittadini e consumatori.

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Dibattito ricco sul futuro

care di trasferire sul cliente l’onere di attività su cui la banca possiede informazioni privilegiate sul suo scarso valore. Una domanda collegata ai lettori. È più sicura una banca che segue il principio dell’equilibrio degli interessi tra gli stakeholders o una che mette come unica priorità quella della creazione di ricchezza per gli azionisti ? I fatti di questi giorni sembrano rispondere. È interessante comunque rilevare che tutto il nostro sistema bancario, tutto sommato con qualche anticorpo in più che lo difende dalla sbornia della ricerca ossessiva della performance a breve, sembra essere molto meno colpito dal problema dei mutui subprime di molte banche anglosassoni. Siamo tutto sommato ben attrezzati per la transizione verso una terza fase del sistema bancario. La prima fase è stata quella delle banche pubbliche dove l’attenzione al sociale nascondeva prevalentemente inefficienza e corruzione. La seconda quella del primato dell’azionista che, assieme ad un miglioramento dell’efficienza ha generato i danni e i paradossi di cui sopra. La terza deve essere quella della conciliazione tra creazione di valore economico e valore sociale, dove l’efficienza si deve coniugare con un attenzione equilibrata a tutti i portatori d’interesse. Banca Etica può essere (o è già?) il motore di questa svolta

Ad alcuni degli interrogativi posti da Valori risponde Leonardo Becchetti, presidente del Comitato Etico, professore di economia politica all’Università di Roma Tor Vergata. Domane difficili che richiedono un analisi degli obiettivi concreti che si intende raggiungere nel medio-lungo termine. Crescita vs. coerenza etica/mission: è possibile mantenere i valori fondanti (il “sogno”) di Banca Etica, mirando ad un’espansione? È possibile uscire dall’ambiguità di banca alternativa?

lare confrontarsi anche con la sfida di Banca Prossima (patrimonio iniziale di 100 milioni di euro, un centinaio di dipendenti), nuovo soggetto che nasce appunto da Banca IntesaSanpaolo.

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Non credo ci sia nulla di più etico di porre in atto concretamente elementi di cambiamento in direzione di un’economia socialmente ed ecologicamente sostenibile al servizio della persona. La radicalità della banca sta nel fissare questo come suo obiettivo primario e nel finanziare come già fa iniziative coerenti con tale obiettivo (microfinanza in Italia e all’estero, fonti di energia alternative, imprese sociali, ecc.). Per tutte le altre banche che operano nel sistema italiano l’obiettivo primario o unico è quello della massimizzazione del profitto, obiettivo che segna il primato assoluto degli azionisti su tutti gli altri portatori d’interesse (lavoratori, fornitori, comunità locali, generazioni future). Affinché questa differenza sia sempre più visibile è necessario trovare progetti imprenditoriali sempre nuovi in queste direzioni. Affinché la banca sia contagiosa è necessario un supporto sempre maggiore dei soci e dei clienti. Il loro voto con il portafoglio può convincere le banche tradizionali che bisogna muoversi in questa direzione. In parte ciò sta già avvenendo.

Come sottolineavo sopra alcuni importanti fenomeni di contagio stanno già avvenendo e parte del merito è sicuramente di Banca Etica. E’ un primo segnale di come l’avvento di un “pioniere” come Banca Etica e la reazione di “imitatori parziali” come Intesa stiano facendo diventare la responsabilità sociale e l’etica una vera e propria variabile sulla quale si gioca la competizione sui mercati. Per mantenere e far comprendere al pubblico la propria leadership in questo campo BE deve ricordare che i clienti devono guardare al saldo netto in termini di comportamento etico di un sistema bancario. L’attività di BE è interamente spesa in questa direzione mentre l’esperimento di Banca Prossima (assolutamente apprezzabile) rappresenta comunque una quota infinitesima dell’attività del gruppo orientata all’obiettivo primario di remunerare gli azionisti. Qual è il saldo netto tra i comportamenti di Banca Prossima e quelli del gruppo coinvolti nelle inevitabili tensioni che l’orientamento alla massimizzazione degli utili può generare in termini di rapporti con gli altri portatori d’interesse e dunque in termini di responsabilità sociale ? La posta in gioco è molto alta ed ancora una volta ci consente di esprimere sempre meglio il concetto di

La banca non ha problemi in termini di crescita di risparmio raccolto e di impiego dello stesso anche se lo sforzo di una continua innovazione nella linea dei progetti al servizio della persona deve essere costante. Un punto sicuramente da rafforzare è quello del capitale sociale che quando non cresce abbastanza può diventare il vero limite alla capacità di prestare (esiste infatti una soglia limite nel rapporto tra queste due variabili oltre la quale non si può andare). Gran parte degli sforzi di integrazione a livello europeo della banca e dei suoi progetti di espansione ruotano attorno a questo punto cruciale. Esiste un bisogno urgente di avviare una nuova campagna di capitalizzazione e sensibilizzazione presso i soci che devono comprendere come un piccolo sforzo può aumentare enormemente le potenzialità della banca. La crescita della banca non è un capriccio ma un’esigenza fondamentale se si vuole aumentare il grado di autonomia della stessa dal resto del sistema bancario tradizionale.

1.

Leonardo Becchetti, presidente del comitato etico di Banca Popolare Etica.

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Distinguersi nella giungla dei prodotti e delle banche “responsabili” e rivolte al Terzo Settore e in partico-

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Migliorare il rapporto risparmio raccolto e capacità di erogare credito, attraverso specifiche iniziative che facilitino l’accesso al credito, mantenendo il rigore nella valutazione “etica”. Banca Etica potrebbe affermarsi come strumento per la promozione di economia sostenibile, anche attraverso un private equity etico.

radicalità ed alternatività al di là degli slogan usurati. La questione è ristabilire una scala di priorità corretta tra portatori d’interesse evitando che l’attenzione unica ad aspetti tutto sommato accidentali della persona (il suo essere azionista) vada in contrasto con tutti gli altri aspetti (il suo essere cliente/consumatore ma soprattutto il suo essere lavoratore e portatore di relazioni). Altrimenti, limitandoci al settore bancario e per fare un esempio di facile comprensione, continueranno a valere quelle condizioni che oggi fanno si che i funzionari di una banca, pressati dagli obiettivi di performance di utile, abbiano la tentazione di mettere l’interesse della banca prima di quello dei clienti. Sono moltissimi i casi in cui i due interessi non coincidono e si pongono dilemmi. Ad esempio quando si tratta di scegliere quanto rischio assumere in derivati o quando si sfrutta il vantaggio informativo per cer-

La pagina di Valori uscita a settembre dove la redazione lanciava una decina di domande.

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| finanzaetica | terzo settore | Blinisht. Volontari portano aiuti alimentari dall’Italia.

L’impresa sociale cerca la via della propria sostenibilità

Albania, 2006

Gian Paolo Barbetta, professore associato di politica economica presso la Facoltà di sociologia dell’Università

Cattolica di Milano interviene nel dibattito lanciato da Stefano Zamagni sul futuro dell’impresa sociale.

P

Può il soggetto pubblico avere in sé concetti come rischio, responsabilità, riflessività? Può averli l’impresa sociale? Si tratta di tre concetti che sintetizzano le necessità culturali, ancor prima che organizzative, che presiedono all’innovazione, alla sperimentazione e alla creatività. È possibile quindi affermare che laddove la crescita manageriale non coincida solamente con la crescita della burocrazia (intesa come agire codificato), allora ci può essere innovazione. Si tratta di concetti difficili per il soggetto pubblico, che necessariamente deve rispondere alle esigenze ed alle volontà della maggioranza della popolazione e dunque è poco propenso a prendere rischi. Al contrario, si tratta di concetti che bene si possono adattare al ruolo delle fondazioni che possono, per propria natura, giocare un ruolo importante, sostenendo i manager virtuosi. Il problema si sposta allora su come favorire solide partnership tra | 38 | valori |

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Fondazioni e imprenditori sociali, che spesso provengono da un background culturale diverso, non hanno lo stesso linguaggio, gli stessi obiettivi. Spesso nascono nuove imprese sociali per rispondere a nuovi bisogni (e quindi per proporre innovazione sociale), ma a causa delle loro modeste dimensioni e della novità dei loro comportamenti fanno fatica a interloquire con le Fondazioni. Per favorire innovazione sociale cosa è necessario fare? È possibile, forse auspicabile, mettere in relazione una serie di pezzi che fanno già parte della realtà sociale. Le Fondazioni possono permettersi di selezionare, sostenere e valutare gli effetti di azioni dimostrative attraverso cui cercare di produrre nuove soluzioni a problemi sociali rilevanti; una volta sperimentate e mostrata la loro efficacia, queste azioni possono essere fatte proprie sia dal sistema delle imprese sociali che dalla pubblica amministrazione. Se la Fondazione si limita all’erogazione e alla donazione non fa innovazione, se non fa proprio l’obiettivo di stimolare la “rete”, di stimolare la capitalizzazione, di stimolare la sperimentazione e la “visione” sul lungo periodo delle imprese sociali, non fa innovazione, permette solo la sussistenza di imprese che, altrimenti, farebbero fatica a rimanere sul mercato. Se quella indicata è una delle strade possibili per leggere e promuovere innovazione sociale, dobbiamo anche rilevare quanto oggi sia difficile e rara la co-operazione organica tra imprese sociali e Fondazioni. Un altro soggetto cardine per le imprese sociali è il volontariato? Se la “burocrazia”, la “strutturazione” sono nemici dell’innovazione, il volontariato può avere un ruolo propositivo quale soggetto che crea stimolo e flessibilità per sperimentare nuove prassi e nuove risposte ai bisogni sociali. Ma quanto le Fondazioni sono in grado di “leggere” il messaggio innovativo del volontariato? E le imprese sociali tengono in considerazione il volontariato? Dalla nuova legge quadro non si direbbe, anche se nella realtà c’è qualche speranza di rapporto tra imprese sociali e volontariato, grazie soprat-

ELIGIO PAONI / CONTRASTO

rofessor Barbetta, il presidente dell’Agenzia per le Onlus, giudica i passaggi in vista fondamentali per l’intero Terzo Settore, quasi vitali. Condivide questa analisi? In effetti sono in vista mutamenti importanti per l’inquadramento legisladi Alessia Vinci tivo del Terzo Settore, dalla riforma della legge sul volontariato alla revisione del primo libro del codice civile. Tuttavia, contrariamente a quanto pensa Zamagni, ritengo che un corretto inquadramento legislativo del Terzo Settore non possa essere l’esito di una semplice legge quadro, ma richieda piuttosto una riforma profonda sia delle legislazione civilistica che delle leggi speciali sul settore. La ragione di ciò è che la legislazione speciale, a mio parere, è cresciuta a strati, con nessuna coerenza interna, anzi con profonde contraddizioni e generando fenomeni perversi. Oggi può accadere che lo stesso servizio, erogato da soggetti giuridici diversi, possa essere soggetto a diversi trattamenti fiscali creando, di fatto, una barriera molto rilevante allo sviluppo del settore. Inoltre, nonostante la legge sull’impresa sociale, la categoria dell’agire economico deve ancora abituarsi al suffisso “sociale” e anche ciò richiederà ulteriori armonizzazioni e cambiamenti legislativi.

tutto al rapporto “storico” con la cooperazione sociale. Le politiche sociali possono fungere da stimolo all’innovazione sociale? La 328 è forse un esempio di innovazione nel rapporto tra pubblico e privato, anche se la forza del primo tende a diminuire la capacità innovativa del secondo. Non è forse innovazione un ente pubblico che lascia alle organizzazioni del privato sociale il compito di coordinare, decidere, erogare quei servizi fino a ieri gestiti direttamente dalla pubblica amministrazione? Verrebbe da rispondere di sì, anche se poi ben sappiamo che la reale applicazione della 328 ha in molti casi deluso le aspettative, frenando, più che promuovendo, l’autonomia dei soggetti privati. Tuttavia la 328 ha lasciato in eredità la consapevolezza che ci deve essere una responsabilità comune nel promuovere il benessere sociale, per aumentare il quale è necessario un dialogo tra soggetti diversi, ciascuno dei quali deve riconoscere i differenti linguaggi e trovare ponti per collegare luoghi fino a ieri scollegati. Il professor Zamagni ritiene che non abbia più senso stabilire regole precise per la forma societaria degli attori del Terzo Settore. In questo sono d’accordo. Non ha senso pensare che qualcuno

stabilisca forme giuridiche troppo rigide, che inevitabilmente rischiano di rivelarsi troppo strette; in questo, la filosofia con la quale si sta procedendo alla riforma (come una semplice revisione di leggi passate) diventa poco sensata se non diventa parte di un disegno più complessivo. Il dato problematico è che per adesso stiamo parlando di realtà virtuale: non è per nulla chiaro se le forme societarie del titolo V potranno effettivamente essere adottate da organismi senza scopo di lucro. Per questo temo che, anche dopo che verranno pubblicati i decreti, non vi sarà una corsa alla creazione di imprese sociali. In questo contesto è prioritaria una esigenza di razionalizzazione come nel caso del volontariato, dove abbiamo 300 diversi registri di organizzazioni nonprofit, con eccesso di localismo e assenza di trasparenza. Qual è la sua valutazione su un Authority per il Terzo Settore? La scelta di portare tutto in capo ad un solo organismo mi sembra sensata. Il nodo è nei poteri di cui questo organismo potrà godere, specie per quello che riguarda i controlli. Credo che la tradizione inglese sia molto utile: la Charity Commission gode di alcuni poteri formalidi controllo e sanzione, ma soprattutto esercita e moral suision nei confronti degli amministratori delle Onlus. Un modello difficile da adottare nel nostro Paese, tutto basato sul potere della norma formale, ma con cui è indispensabile confrontarsi.

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La Sec non latita

E Mozilo è indagato per insider trading di Andrea Di Stefano

RUTTI E CATTIVI CE NE SONO MOLTI. FORSE TROPPI. E qualche volta si può anche parlare di buoni.

B

Non ci entusiasmeranno sicuramente, perché non hanno le caratteristiche classiche dei “buoni” che piacciono a noi. Loro non credono che la globalizzazione sia stata un bisturi che ha incrementato le diseguaglianze, soprattutto tra Nord e Sud del Mondo. Ma almeno fanno il loro lavoro. Stiamo parlando dei funzionari della Sec, la Consob statunitense, che non hanno aspettato come accade da noi che i buoi siano scappati dalla stalla e hanno immediatamente messo nel mirino l’amministratore delegato di Countrywide. A denunciare il caso Mozilo è stato per primo Paul Krugman, editorialista del New York Times e uno dei critici più feroci dell’amministrazione Bush. Krugman ha ricordato che solo due anni fa «NYSE Magazine pubblicò un articolo intitolato “American Dream Builder”, un lusinghiero ritratto di Angelo Mozilo, presidente e amministratore delegato di Countrywide Financial. L’ articolo descriveva Mozilo come una persona davvero di cuore, dalle umili origini e determinata ad aiutare il prossimo, specialmente chi apparteneva alle minoranze, a veder esaudito il sogno americano: diventare proprietari di casa. L’articolo non citava una delle altre caratteristiche di tutto rilievo di Mozilo, l’importo assolutamente esorbitante del suo stipendio. L’ anno scorso Mozilo è stato retribuito con 142 milioni di dollari, ed è diventato di fatto il settimo amministratore delegato meglio pagato in America. Pare che Mozilo abbia conseguito un risultato alquanto raro, quello di rendere vittime ben tre Un articolo denuncia di Paul distinti gruppi di persone. Prima di tutto ci sono i mutuatari. Krugman è stato sufficiente Come ha scritto in agosto Gretchen Morgenson del Times, a svelare che l’amministratore Countrywide spesso spingeva la clientela a sottoscrivere “prestiti delegato di una delle principali particolarmente onerosi e in qualche caso svantaggiosi” società che concedeva mutui che, oltre tutto il resto, davano vita a “commissioni esorbitanti non solo era strapagato per le consociate dell’azienda che fornivano i servizi sui prestiti”. ma aveva venduto pacchi Ci sono poi gli investitori, che acquistavano quei mutui di azioni prima del tonfo Countrywide direttamente o indirettamente sotto forma di strumenti finanziari creati facendo a pezzi e a fettine i rimborsi dei mutuatari. Come ha riferito Morgenson sul Sunday Times, Countrywide pare particolarmente poco disposta a trovare soluzioni che possano permettere ai mutuatari di tenersi la casa, anche quando un simile accordo di fatto andrebbe a beneficio di entrambe le parti in causa, poiché eviterebbe i costi dei pignoramenti dei beni ipotecati. Perché dunque ostacolare accordi reciprocamente soddisfacenti? Come sottolinea l’articolo, Countrywide potrebbe guadagnare dalle commissioni che impone ai pignoramenti, mentre le perdite derivanti dai mutui che avrebbero potuto essere salvati e non lo sono stati, sono sostenute da altri. Infine, e non ultima poiché potrebbe essere la chiave per capire tutta questa vicenda c’ è la vittimizzazione degli stessi azionisti di Countrywide. L’anno scorso l’esorbitante stipendio di Mozilo si era attirato le proteste di un gruppo di azionisti, tra i quali l’American Federation of State, County and Municipal Employees Pension Plan. Ma il peggio doveva ancora arrivare. Alla fine del 2006, nel momento stesso in cui Countrywide stava iniziando a utilizzare i soldi degli azionisti per ricomperare il suo stesso pacchetto azionario a oltre 40 dollari ad azione oggi valgono soltanto 19 dollari Mozilo stava vendendo». Dalla denuncia sul NYT all’inchiesta della Sec il passo è stato davvero breve. Una rapidità che da noi manca e non da oggi.

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GUERRA &PACE


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Green Festival: il risveglio dell’America verde >44 Ridurre i consumi dei ricchi >46 Ripensare tutto per progettare un futuro sostenibile >48

economiasolidale PERMICRO NUOVA SOCIETÀ ITALIANA PER IL MICROCREDITO

A COLLEGNO IL SOLE PRODUCE ACQUA CALDA CON MINORI SPESE NELLA BOLLETTA

IL NON PROFIT È IL VERO MOTORE DELLO SPORT

UNA BICI SOLARE VINCE IL PREMIO LAURA CONTI

A BIBBIENA CASE POPOLARI, SI FA PER DIRE, NELL’EX CONVENTO DEL 1200

IES SOSTENIBILITÀ ALLA FIERA DI VERONA

Nasce PerMicro, società specializzata nell’erogazione di microcrediti e nell’accompagnamento delle microimprese finanziate, promossa da Oltre Venture e Fondazione Paideia. Il primo prodotto di PerMicro consiste nel credito per l’avvio o lo sviluppo di microimprese, destinato ad individui diversamente esclusi dal credito tradizionale perché sprovvisti di garanzie. L’obiettivo è sostenere la crescita formativa degli individui, rendendo loro accessibili corsi professionali, percorsi universitari e master. I richiedenti possono essere sia cittadini italiani che stranieri, purché possessori di permesso di soggiorno, appartenenti a una rete di riferimento conosciuta (ad es. associazioni e comunità etniche) e dotati di capacità imprenditoriali. Le somme erogate saranno tra i 2.000 e i 15.000 euro, a condizioni economiche competitive e trasparenti. Accanto all’erogazione del credito, è fondamentale la componente dell’accompagnamento e del monitoraggio del percorso formativo e/o imprenditoriale del cliente. Il secondo prodotto offerto da PerMicro consiste nel prestito personale (con una particolare attenzione ai dipendenti del Terzo Settore). I richiedenti possono essere sia cittadini italiani che stranieri, appartenenti ad una rete di riferimento conosciuta. Saranno erogati prestiti tra i 2.000 e i 15.000 euro.

Non solo pannelli solari, ma anche acqua calda. Gli incentivi dell’ultima finanziaria, che dovrebbero essere confermati anche per il 2008, possono dare degli ottimi risultati. Al condominio «Musetta» di via Di Vittorio 21 in Collegno, le cose sono andate in modo esemplare. Già da molti anni i circa 70 occupanti dei 24 alloggi avevano in animo di installare i collettori solari per scaldare l’acqua sanitaria, un intento di grande maturità che ha visto tutti d’accordo, sia per etica ambientale, sia per risparmio sulla bolletta del gas, sia per essere più autonomi e sicuri nei confronti della scarsità di combustibili. Grazie agli incentivi di legge e alla creazione di uno sportello informativo sul risparmio energetico istituito dall’amministrazione comunale, che ha fornito assistenza sulle pratiche burocratiche, il sogno è diventato realtà. Così adesso sul tetto piano del condominio, uno come tanti, una schiera di pannelli solari da 40 metri quadri di superficie capta il calore gratuito del sole e copre circa il 50 per cento del fabbisogno annuo di acqua calda sanitaria: quando c’è il sole la caldaia sta spenta, si accende solo quando il cielo è nuvoloso, e spesso solo per portare alla temperatura richiesta un’acqua comunque intiepidita. L’impianto è costato 44.000 euro, che con la defiscalizzazione di oltre la metà dell’importo, si risolve in una spesa netta a carico di ciascun appartamento di circa 900 euro, una cifra abbordabile, della quale si rientra in sei anni. E non è tutto: nel giardino condominiale, perfettamente curato, una piccola tettoia ospita i bidoni per la raccolta differenziata dei rifiuti, che viene svolta con attenzione da tutti gli abitanti, un altro fiore all’occhiello di questa micro-comunità urbana

L’attività professionistica è una sorta di specchio deformante, che ne evidenzia il lato economico, mentre il tessuto dello sport in Italia è costituito da 70.000 associazioni non profit, spesso veicolo di integrazione anche etnica. Lo sport, insomma, svolge una funzione sociale che va apprezzata sul territorio più che nei grandi stadi o in tv. Lo confermano anche gli analisti: «il 90% dello sport è non profit», sottolinea Giorgio Fiorentini, direttore del Master in management delle imprese sociali, aziende non profit e cooperative della Bocconi, «una realtà che coinvolge, nella sola Lombardia, 220.000 persone affiliate alle associazioni di podismo e corsa, alle polisportive, agli sci club, alle storiche canottieri, alle squadre di calcio di quartiere». Se la funzione sociale, e anzi socializzante, dello sport di squadra è intuitiva, non si deve dimenticare che attraverso la pratica e la gestione dello sport, anche individuale, si attiva una serie di relazioni che contribuiscono all’effervescenza del tessuto sociale di un territorio. «Penso alle attività motorie, che hanno comunque una componente sportiva, come quelle degli sbandieratori di Gubbio», racconta Fiorentini. «Sono gestiti da un’associazione che organizza decine di trasferte-spettacolo in tutto il mondo e devolve i ricavi a una casa di riposo di Gubbio».

Una bici a energia solare. La storia della gestione dell’acqua piovana. E tante altre tesi segnalate dall’ottava edizione del Premio Ecologia Laura Conti. Il vincitore, Fabrizio Ceschin del Politecnico di Milano, propone il progetto di una bicicletta solare. Il tema originale del design per la sostenibilità è stato affrontato per realizzare il sogno di fornire uno strumento d’uso quotidiano per la città. Un mezzo di trasporto e di lavoro analizzato nei minimi dettagli per trovare forme, materiali, soluzioni tecnologiche, finalizzate all’uomo e all’ambiente. Fino ad arrivare a costruire un prototipo che con l’equilibrio solare - muscolare soddisfa una molteplicità di utilizzi: trasporto merce, trasporto persone, manutenzione aree verdi, commercio ambulante. Al secondo posto Patrizia Maranò dell’Università di Firenze, con una tesi che partendo da Grottaglie analizza i vari sistemi di raccolta dell’acqua piovana. Terzi a pari merito si sono classificati Raglia Roberto, Politecnico di Torino, con la tesi “Sistemi di schermatura solare dall’analisi dell’esistente al progetto per il risparmio energetico”, Simone Morra dell’Università di Torino con la tesi “Strategie e metodi per la produzione biologica dell’idrogeno” e Margherita Ciervo dell’Università di Bari con la tesi “Risorse idriche,controllo e attuali tendenze di gestione. Il caso di Cochabamba in Bolivia popolazione a rischio.

Bibbiena è un comune di 11mila abitanti, in provincia di Arezzo. Fa parte della comunità montana del Casentino ed è inserita in un territorio ricco di storia, di tradizioni materiali famose come il panno casentino e in più è in un contesto ambientale spettacolare. Ma con i soliti problemi che tutti i comuni devono affrontare e tra questi quello di dare una casa alle categorie più deboli. Dalla fine di settembre, però, 29 famiglie troveranno posto in 29 appartamenti di edilizia popolare di varie metrature, ricavati tra le mura di un ex convento di monache camaldolesi del 1200. La struttura ha cambiato più volte destinazione nel corso dei secoli: è stata ospedale e ospizio ma, diversamente da quanto succede nella maggioranza dei comuni quando si libera una volumetria di prestigio, l’amministrazione è stata capace di resistere alla tentazione di venderla per rimpinguare il bilancio e ha deciso di avviare il percorso di recupero. Il complesso edilizio di via delle Monache è stato ristrutturato grazie a un importante investimento della Regione Toscana, di Arezzo casa e del Comune di Bibbiena, con l’autorizzazione della soprintendenza ai beni architettonici e artistici di Arezzo. L’ex convento è stato riadattato con un’operazione di grande attenzione al contesto, restituendo degli appartamentini che si fa fatica a chiamare case popolari, perché sono in una cornice meravigliosa, con spazi comuni per la socialità che sono quelli del vecchio ordine monastico, con i camminamenti, i luoghi della preghiera, un grande locale con il forno e anche delle terrazze mozzafiato.

Dal 22 al 24 novembre prossimi il progetto I.E.S. SOSTENIBILITÀ sarà ospitato per la seconda volta, presso la Fiera di Verona, da JOB&Orienta, la più prestigiosa vetrina, a livello nazionale, su scuola, formazione, lavoro. Promosso da Fondazione Culturale Responsabilità Etica e ADESCOOP Agenzia dell’Economia Sociale, con la collaborazione scientifica della Fondazione Lanza, I.E.S. SOSTENIBILITÀ può contare su importanti patrocini e partecipazioni, oltre alla partnership media con Valori: Coordinamento Agende 21 Locali Italiane, Istituto per l’Ambiente e l’Educazione Scholé Futuro ONLUS - Segretariato Permanente WEEA, AzzeroCO2, FSC-Italia - Forest Stewardship Council, UNDP. Il progetto nasce per favorire lo sviluppo e la diffusione di itinerari educativi e formativi, buone prassi e progetti che accolgano come linee guida i principi e le pratiche dello sviluppo sostenibile per contribuire a promuovere il principio di sostenibilità e di cambiamento degli stili di vita. Già a partire dalla prima edizione I.E.S. SOSTENIBILITÀ ha ricevuto il riconoscimento della Commissione Nazionale Italiana dell’UNESCO come iniziativa in sintonia con gli obiettivi della campagna promossa dall’ONU per la promozione del Decennio dell’Educazione allo Sviluppo Sostenibile (2005-2014).

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Green Festival: il risveglio dell’America verde

Alcuni momenti del Green Festival di Washinghton. Qui sotto, Ralph Nader e Kevin Donaher mentre parla in una delle affollate assemblee del Festival Verde made in Usa.

31mila visitatori in due giorni: un record per il Green Festival, organizzato da due grandi associazioni di cittadinanza attiva, Coop America e Global Exchange. È la Terra Futura d’America, con un’impostazione molto simile e un pubblico diviso tra chi è già ambientalista e socialmente consapevole e chi si avvicina per la prima volta, attratto anche dai nomi di richiamo dei relatori.

ultimo miglio». O’Neill è la direttrice di Planet Green, la prima televisione dedicata 24 ore su 24 a programmi sul “green lifestyle”, il vivere verde. Fa parte del network mondiale Discovery channel e sarà lanciata nel 2008. Un investimento di 50 milioni di dollari, con programmi già in produzione, come la serie “10 modi per salvare il mondo”, che metterà a confronto soluzioni ecologiche adottate in molti paesi. Planet Green ha recentemente acquisito Treehugger ed è dedicata a «creare programmi che la gente guardi e si ricordi il giorno dopo, conversando a lavoro e con gli amici», spiega O’Neill.

Una festa dell’economia viva «Qui al Green Festival celebriamo quello che sta funzionando nelle nostre comunità», dice Alisa Gravitz, direttrice di Coop America, «per la gente, per l’economia e per l’ambiente. Qui, verde significa comunità sicure e in salute e una forte economia locale. Questa è una grande festa con uno scopo preciso», continua Alisa. «Offrire un mercato verde di idee, di prodotti e di servizi per un mondo migliore per tutti e coltivare un’economia viva e locale qui a Washington DC, Maryland e Virginia». La fiera raccoglie 350 espositori, che spaziano dal cibo e cotone biologico, al commercio equo, dai bioarchitetti ed eco-costruttori, ai fornitori di energia “pulita”, passando per provider Internet che utilizzano solo energia solare e agenzie di viaggi eco-solidali. Ma anche molti fondi etici e associazioni che si occupano di “giustizia ambientale”. Hanno tutti superato un processo di selezione su responsabilità sociale e ambientale (a cura di Coop America), impegnandosi ad essere imprese guidate dai valori e con un focus sul business come strumento di cambiamento positivo.

Chi lava più verde?

6 OTTOBRE E SIAMO A WASHINGTON DC, USA, capitale del riscaldamento globale. Fuori sembra estate: oltre 32 gradi, un’umidità alta e penetrante. Dentro, ovunque si vada, è quasi inverno: l’aria condizionata costringe a coprirsi. Il contrasto è evidente – di Jason Nardi ma sono pochi quelli che poi finiscono per associare l’uso smodato del condizionatore con il cambiamento climatico. Eppure, in questi giorni, non si parla d’altro su giornali e televisioni. Non è un caso che proprio a Washington DC si svolga uno degli eventi più attesi per gli attivisti ambientalisti americani. Al nuovo, grandioso Convention center ci sono due eventi, quasi in contemporanea. Il primo ha una scenografia marziale e hollywodiana: è l’incontro annuale dell’associazione dell’esercito statunitense. Sui cartelloni, in bella vista, l’elenco delle aziende che contribuiscono alle guerre dell’amministrazione Bush. Il secondo è il Green Festival 2007, la più grande manifestazione di economia “verde” e sostenibile negli Stati Uniti. Si svolge in quattro città (San Francisco, Chicago, Washington DC, Seattle) e si sta rapidamente espandendo. Qui le aziende che espongono i loro prodotti sono di segno opposto a quelle militariste. Quasi trecento i volontari, maglietta rossa e sorriso. Alcuni presiedono i vari punti di “smistamento” dei rifiuti, dove spiegano do-

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ve e perché buttare rifiuti per poterli riciclare. Il 96% dei rifiuti prodotti dai visitatori e dagli espositori del Festival viene raccolto e differenziato. Altri i Green Festival shop, dove sono in vendita i gadget di cotone biologico o gomma riciclata a sostegno dell’organizzazione dell’evento.

Riciclare tutto, anche le carriere Un salone è dedicato alle “carriere verdi” e a come inserirle nei curricula scolastici e universitari. In un altro si svolge un festival di film sui temi ambientali e sociali. C’è una palestra per le lezioni di Yoga e una grande area – la “corte del cibo” – con sei ristoratori vegetariani, tre postazioni con vini e birre biologici, tre bar con tè, caffè e Yerba Mate del commercio equo. E non poteva mancare lo spazio “Green Kids”, dedicato ai bambini, con “eco” attività, giochi e animazioni. Un grande tir pieno di misteri “verdi” li aspetta per essere esplorato. Per chi arriva in bicicletta o chi porta 3 libri per il circuito di scambio libero, o a chi dona almeno 10 cibi in scatola alla Capital Area Food Bank che li raccoglie all’ingresso, viene scontato di un terzo il biglietto. Chi arriva da fuori città, infine, può soggiornare presso uno dei Kimpton Hotel: una catena di alberghi “eco-compatibili”, che limita il consumo di energia, dell’acqua, della carta e “adotta standard e prodotti che non danneggiano il nostro pianeta”.

Eppure il rischio del Greenwashing (cioè di dare una patente ambientalista a imprese che lo sono soltanto di facciata) è molto presente. E al Green Festival ne sono consapevoli. «Dobbiamo considerare una vittoria – si chiede Kevin Danaher, direttore di Global ExA che serve l’economia, dopotutto? change – se Wal Mart, il più grande distributore organizzato del In due giorni, si alternano nelle sale conferenze oltre 150 relatori “vimondo, è oggi il numero uno nelle vendite di latte biologico, nonsionari” – da Ralph Nader (fondatore del movimento dei consumaché il più grande acquirente di cotone biologico sulla terra»? E insitori americano) a Frances Moore Lappé (“Diet for a small planet”), ste: «General Electric e British Petrolium hanno decuplicato i loro da Amy Goodman (“Democracy now!”) a Hunter Lovin (“Capitaliinvestimenti sull’energia rinnovabile, dall’eolico al solare: dobbiasmo naturale) – attivisti e autori di libri che stanno costruendo il mo applaudire e incoraggiarli o andargli contro»? nuovo movimento di economia sostenibile negli Stati Uniti. I se«Ormai la sostenibilità non è più una questione di nicchia – diminari principali sono interpretati con il linguaggio dei segni. ce Danaher. «È un bene, per certi aspetti, se le grandi imprese adotÈ Wendy Rieger che apre le danze. Giornalista ambientalista, Rietano comportamenti più verdi e socialmente responsabili: più cibo ger è uno dei mezzibusti della NBC, uno dei maggiori network come vestiti biologici significano meno veleno nella nostra terra e nelmerciali statunitensi e ha un suo programma di successo chiamato l’acqua; più energia solare equivale a meno emissioni di gas serra». “Going green”. In diretta dal Palazzo dei congressi, Rieger introduIl pericolo sorge – avverte – se non facciamo attenzione e «le ce il dibattito su come comunicare il futuro sostenibile. grandi aziende si appropriano del movimento di economia verde e Due i relatori: Graham Hill, di Treehugger.com (letteralmente “ablocale, indebolendo gli standard e incentivando, invece di scoragbracciatore d’alberi”), e Eileen O’Neill, di Planet Green. Hill spiega cogiare, il consumismo. Per questo – conclude Danaher – dopo che abme il sito ambientalista interattivo Treehugger.com che ha creato tre biamo lasciato che le mega-corporazioni cooptassero il messaggio anni fa sia cresciuto esponenzialmente e sia oggi uno dei più visitati. del movimento ambientalista, adesso dobbiamo co«Abbiamo messo insieme 40 esperti da vari settori, che SITI DI RIFERIMENTO minciare a cooptare le corporazioni: usiamo quello che producono ognuno una notizia al giorno. Cerchiamo di www.greenfestivals.org c’è di positivo nelle imprese – l’efficienza nel markedare ispirazioni, di spiegare praticamente come si fanno www.coopamerica.org ting, nella distribuzione, nella vendita al dettaglio – e le cose per avere uno stile di vita eco-sostenibile. La sfiwww.globalexchange.org facciamole lavorare per noi e a beneficio di tutti». da è quella di passare dal sapere al fare, è questo il vero

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Ridurre i consumi dei ricchi

La palma di lingotti d’oro al centro dell’aeroporto di Dubai.

Emirati Arabi Uniti, 2002

Mentre cresce la diseguaglianza tra Nord e Sud, ma anche all’interno dei paesi a capitalismo maturo, una classe dominante incosciente e viziata spreca le risorse del pianeta. Questa la tesi di un libro appena uscito in Francia.

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Ti sei fatto il palazzo sul jumbo noi invece corriamo sempre appresso all’ambo. Ambo terno tombola cinquina se vinco mi danno un litro di benzina da “Spandi spendi Effendi”, canzone di Rino Gaetano | 46 | valori |

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mai sganciate dalle indicizzazioni retributive; in Europa sarebbero 72 milioni le persone che guadagnano meno del 60% del reddito medio del paese in cui vivono.

Per diminuire la povertà, redistribuire la ricchezza Allo stesso tempo il World Wealth Report 2007, il rapporto annuale sulla ricchezza mondiale di Merryill Lynch e Capgemini, ci parla di persone che sembrano vivere su un altro pianeta: sono cresciuti dell’8,3% i patrimoni High Net Worth Individual (HNWI), quelli oltre il milione di dollari, che sono ormai 9,5 milioni (vedi TABELLA ); meglio sono andati gli Ultra HNWI, cioè i patrimoni superiori a 30 milioni di dollari, che hanno fatto un +11,3% e sono quasi 95mila. Complessivamente i patrimoni di questi ricchi e super ricchi sono aumentati in un anno dell’11,4% e totalizzano 37.200 miliardi di dollari. Kempf avvicina la lente e trova nella classifica della rivista Forbes che 793 individui possedevano nel 2005 qualcosa come 2600 miliardi di dollari, somma equivalente al debito estero dei paesi in via di sviluppo, secondo la stima del Comitato per l’annullamento dei debiti del terzo mondo (Cadtm). È una coincidenza che le due cifre siano uguali? Negli Stati Uniti, il paese del darwinismo sociale la diseguaglianza cresce e Barbara Ehrenreich, sociologa docente a Berkeley, fa notare che non può essere casuale il patrimonio di 200 miliardi di dollari della famiglia proprietaria di Wal Mart, il gigante «anti-sindacalista ed erogatore di bassi salari» ma che «una gran parte della ricchezza dei benestanti è prodotta grazie al lavoro mal pagato dei poveri». E la non marxista Ehrenreich arriva così alle stesse conclusioni del professor Salvatore D’Albergo, il quale afferma che la lotta di classe non è scomparsa ma «è praticata quotidianamente e scientificamente dalla borghesia nei confronti delle classi subalterne». Il rapporto della Merrill Lynch ci dice che i super

Il ritorno dei baroni ladri Negli Stati Uniti, riporta The Economist “la diseguaglianza tra redditi ha raggiunto dei livelli mai più visti dal 1880”. Ma anche l’Italia non scherza: Gianluigi Gabetti, il manager Ifi-Ifil in testa alla classifica 2005 dei meglio pagati, con 22 milioni di euro ha percepito un compenso annuo pari allo stipendio mensile di 1661 lavoratori. Ci dice Alessandro Volpi, docente di Storia contemporanea a Pisa: «Dietro il forte arricchimento e queste forti diseguaglianze c’è la finanziarizzazione, c’è il fatto che non stiamo più producendo ricchezza reale, ma una ricchezza generata da formidabili speculazioni, rese possibili da strumenti finanziari con leve impensate solo pochi anni fa e rispetto ai quali dobbiamo trovare nuove forme di tassazione. Una delle soluzioni che probabilmente verrà attuata – continua Volpi – anche perché ben vista dai paesi a capitalismo maturo che devono ristrutturare il sistema industriale, è la tassazione sui consumi, una sorta di Iva che verrà scaricata soprattutto sui grandi esportatori come la Cina e l’India, ma diventerà un elemento di tensione internazionale». Ridurre i consumi dei ricchi e togliere il timone a dei capitani irresponsabili è per Kempf la soluzione, mentre la STUART FRANKLIN / MAGNUM PHOTOS

OME I RICCHI DISTRUGGONO IL PIANETA” è il titolo del libro di Hervé Kempf giornalista ambientalista francese, che non lascia dubbi sulla tesi sostenuta: se niente cambia mentre stiamo entrando in una crisi ecologica mondiadi Paola Baiocchi le è perché i potenti del mondo vogliono così. Ma non solo, dice l’autore, tra una sinistra così compromessa con il liberismo da averne adottato i valori e degli ecologisti che non legano le lotte per l’ambiente al sociale, stanno i capitalisti soddisfatti che plaudono perché si continui a discutere e soprattutto a restare divisi. Come saldare i due fronti? Bisogna capire, dice Kempf, che crisi ecologica e crisi sociale sono due facce dello stesso disastro, che è messo in atto da un sistema di potere che vuole mantenere i privilegi della classe dominante. La chiarezza non manca all’autore e neppure gli argomenti, come i rapporti annuali della Fao che registrano un aumento della popolazione mondiale sottoalimentata a partire dal 1995/97, dopo decenni di calo progressivo. L’aumento della povertà relativa è un fenomeno anLIBRI che in paesi a capitalismo maturo come l’Italia, la Francia o il Giappone. Eurispes e Federcasalinghe hanno appena pubblicato una ricerca sulla povertà in Italia: crescono in un anno del 5% le insolvenze sui mutui e sono 15 milioni i cittadini italiani indigenti o a rischio povertà, più di 5 milioni di nuclei familiari. I motivi per EuHervé Kempf rispes sono la precarietà del lavoro dei giovani, le retriComment les riches buzioni degli impiegati che hanno perso il 20% del podétruisent la planète tere d’acquisto tra il 2001 e il 2005, quelle degli operai Seuil, 2007 che hanno perso il 14%, senza parlare delle pensioni or-

no la quantità che una famiglia media rilascia in un anno). Insomma questa classe dominante oltre ad essere incosciente e lontana dalla realtà perché vive all’interno dei suoi circoli esclusivi, è anche diretta responsabile di gran parte dell’inquinamento terrestre proprio per il suo stile di vita fatto di consumi senza limiti, che i subalterni si affannano a imitare. Quindi, dice Kempf, stabiliamo un Reddito massimo ammissibile e cominciamo a tassarli.

ricchi non possono vivere senza l’aereo privato, proprio come il “verde” Carlo d’Inghilterra che recentemente il Sunday Times ha proclamato grande inquinatore con 1500 tonnellate annue di CO2, prodotte anche andando a New York con un jet riservato a ritirare il premio Global Environmental Citizen Prize, per la salvaguardia dell’ambiente (10 tonnellate di CO2 so-

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FONTE: WORLD WEALTH REPORT 2007

HONG KONG

REP. CECA

ISRAELE

SUD AFRICA

COREA DEL SUD

EMIRATI ARABI

RUSSIA

INDONESIA

Luigi Cantari Giovanni D’Alessio La ricchezza degli italiani Il Mulino, 2006

INDIA

Alessandro Volpi Mappamondo postglobale La rivincita dello Stato, nuovo protagonista dell’economia mondiale Altreconomia, 2007

Ehrenreich suggerisce di «spedire [NUM. COMPLESSIVO DI HNWI, PATRIMONI OLTRE IL MILIONE DI $ NEL 2006] DOVE ABITANO I PAPERONI lo strato più ricco della popolaEUROPA zione alle Aleutine» per ripristiNORD AMERICA ASIA-PACIFICO MEDIO ORIENTE nare un’America più egualitaria. 2,9 2 2,6 MLN 3,2 Paul Krugman docente di MLN3 MLN1 0,3 economia a Princeton fa notare MLN che per l’US Bureau of Labor StaAFRICA AMERICA LATINA tistics nel ’90 i costi orari dei la1. Negli Usa sono 2.920.400 voratori delle 4 tigri asiatiche cor0,1 2. In Germania 798.200 0,4 MLN 3. In Giappone 1.477.100 rispondevano al 25% di quelli MLN4 4. In Brasile 120.400 americani, mentre ora il costo del lavoro in Cina è il 3% di quello [RISPETTO AL 2005] americano. Il livellamento c’è staDOVE SONO CRESCIUTI DI PIÙ NEL 2006 to, ma verso il basso: la decrescita 21,2% 20,5% c’è stata ma in senso antidemocratico anche perché, dice Kempf, dopo la caduta dell’Urss «il capitalismo trionfante ha de16,0% 15,5% 15,4% 14,1% ciso di non aver più bisogno del13,3% 12,9% 12,6% 12,2% la democrazia»; l’Europa allora, continua Kempf, lavori con il Sud del mondo e allontani il suo destino da quello degli Stati Uniti. Richiedendo democrazia e non soluzioni come santo votarsi” invece di combattere la diseguaglianza riquelle che documentano gli autori de “La ricchezza decorre alla fortuna. gli italiani”: il mercato italiano delle lotterie è secondo Proprio come cantava Rino Gaetano durante la crisi solo a quello degli Stati Uniti, che hanno una popolapetrolifera del 1973, in Spendi spandi Effendi: «Ti sei fatzione 5 volte più grande. Le vincite al gioco non camto il palazzo sul jumbo, noi invece corriamo sempre apbiano la distribuzione della ricchezza, ma sono indicapresso all’ambo. Ambo terno tombola cinquina se vintive della società italiana che, quando “non sa più a che co mi danno un litro di benzina». SINGAPORE

LIBRI

| tecnologie pulite | economiasolidale |

FONTE: WORLD WEALTH REPORT 2007

| economiasolidale |

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I bandi di Fondazione Cariplo sono ancora APERTI. Presentate i vostri progetti. Arte e cultura: Valorizzare il patrimonio culturale: verso la creazione di sistemi culturali locali; Creare e divulgare cultura attraverso gli archivi storici; Promuovere il miglioramento gestionale degli enti musicali e teatrali;

Ricerca scientifica: Promuovere progetti internazionali finalizzati al reclutamento di giovani ricercatori; Arte e cultura

Servizi alla persona: Tutelare l’infanzia negata e garantire

Servizi alla persona

Ricerca scientifica

il diritto del minore alla famiglia; Favorire lo sviluppo dell’impresa sociale per inserire al lavoro persone svantaggiate; Sostenere il dopo di noi; Diffondere e potenziare gli interventi di housing sociale temporaneo a favore di soggetti deboli; Creare partnership internazionali per lo sviluppo. I testi integrali su www.fondazionecariplo.it

Ripensare tutto per progettare un futuro sostenibile Intervista esclusiva a Allan Johansson, uno dei principali esperti nella progettazione e ricerca di tecnologie pulite e autore di Clean Technology, una delle più importanti pubblicazioni nel campo dello sviluppo sostenibile. Non è possibile parlare di sostenibilit à ambientale e poi continuare con il modo di produrre e consumare insieme con cittadini, Comuquesto modello industriale che è finito ni, Regioni e piccole e medie imprese protagoniste». Un messaggio forte quello lanciato dall’Aula Magna Oltre al ruolo attivo dei cittadini chi può far scattare la “molla”? di Matteo Incerti dell’Università di Modena e Reggio dal pro- A livello economico le piccole e medie aziende tecnologicamente avanfessor Allan Johansson, docente del Technical zate, che riescono a muoversi prima delle grandi aziende e possono faResearch Centre of Finland, uno dei maggiori esperti ascoltati dalla re da apripista per tutto il modello economico. Commissione UE . Intervenendo al convegno “Conversazioni su Ambiente e Sostenibilità” organizzato dall’asImmagina un cambiamento dal basso? sessore all’ambiente di Reggio Emilia PiSì, attraverso la gente, con iniziative locaDAL PORTA A PORTA COMPOST DI QUALITÀ PER L’AGRICOLTURA nuccia Montanari insieme all’Ateneo, li su diversi temi promosse dai Comuni , L’IMPORTANZA DI DIFFERENZIARE I RIFIUTI ORGANICI (evento che ha visto la partecipazione di dalle Regioni e da tutte quelle piccole e attraverso metodi di raccolta porta a porta è stata sottilineata decine di esperti), lo studioso è stato molmedie aziende che sono specializzate in alda Stefano Masini, responsabile nazionale ambiente di Coldiretti. Masini intervenendo al convegno di Reggio Emilia to chiaro e deciso nel lanciare il suo mesta tecnologia. ha sottolineato «l’importanza della creazione del compost saggio su quale sia la via da seguire per i dalla frazione organica che viene recuperata e sottratta alla produzione di rifiuti». Masini ha ricordato che «la frazione prossimi decenni. Da che cosa partirebbe ? organica e verde dei rifiuti rappresenta un terzo dei nostri scarti La gestione del problema è multidisciplidomestici ed è una materia che potrebbe diventare fertilizzante nare pensiamo all’energia che oggi è poco Professor Johansson, i cambiaper il suolo e la nostra agricoltura». Stefano Masini ha spiegato che «differenenziando il materiale organico sottraiamo dal ciclo costosa e quindi viene sprecata in maniementi climatici in corso ci danno di gestione dei rifiuti, una frazione destinata ad incenerimento ra pazzesca senza preoccuparsi delle conun quadro molto allarmante della ed in grado di provocare ulteriori emissioni e consumo d’energia seguenze, ma siamo giunti a un punto dosituazione. Che cosa è necessae quindi differenziando scarti di cibo e verde, sottraiamo anche anidride carbonica oltre a creare fertilizzanti. In questo modo ve non si può continuare a crescere più in rio fare? si educano anche i cittadini a stili di vita più compatibili». Oltre questo modo con questo modello. E torIl modello industriale attuale è finito. alla produzione di compost di qualità per il rappresentante niamo ai cambiamenti necessari in camDobbiamo ripensare tutto il modello di della Coldiretti questa buona pratica potrebbe fare da volano anche ad altre iniziative di sviluppo economico sostenibile po industriale. produrre e consumare, non solo dei singrazie all’impegno di tutti i comuni italiani. goli prodotti, ma nell’insieme. Niente stop alle produzioni quindi? Facile a dirsi, ma come si può fare? Nessuno vuol fermare la produzione, ma bisogna cambiare il modo di produrre, utilizzando meno energia, sprecando meno risorse, produI cambiamenti sono fondamentali e raggiungibil i tramite diversi stili di cendo meno imballaggi che poi diventano rifiuti. vita, stili che non significano meno qualità della nostra esistenza, ma al contrario possono migliorarla. Per noi e per tutto il Pianeta. Il ruolo dei cittadini è fondamentale in questo processo che non si può più rinviare. Ma torniamo al punto di partenza: servono i cittadini... Certo, finchè si continuano a comprare tre auto in famiglia, a dirsi ambientalisti ma utilizzare l’auto anche quando si potrebbe usare la biciA parole oggi si dicono tutti “amici dell’ambiente”, ma nei fatcletta o andare a piedi, a non differenziare e riciclare i rifiuti e a spreti se ne vedono di tutti i colori, petrolieri che fanno gli “amcare energia e acqua risorse e materie prime non possiamo fare molto. bientalisti”, produttori di auto che commissionano spot che Gli individui sono fondamentali per questa rivoluzione. Tra l’altro ci fanno apparire questi mezzi come innoque scatolette che saranno dei vantaggi da tutti i punti di vista. viaggiano tra verdi boschi e bianche ed innevate montagne...

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L MODELLO INDUSTRIALE ATTUALE È FINITO. Dobbiamo ripensare tutto

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Tonno rosso? La moda che fa impazzire il mondo La nuova moda sta uccidendo la popolazione di tonni che ogni anno attraversano il Mediterraneo cercando di sfuggire alle impietose mattanze spesso acquistate in anticipo dai trader del Sol Levante. sembra, infatti, che i giovani non siano più così attratti da sushi e sashimi ma preferiscano manzo e più in generale carne bovina. È il nuovo trend, la nuova moda che molti dalle nostre di Daniele Bettini parti vivono con sollievo. Le mode alimentari del Sol Levante, e soprattutto la capacità di spesa che le accompagna, infatti, continuano a creare nuovi problemi, alimentando il consumo di specie protette o a rischio. Dopo balene, squali e cavallucci marini è il turno del tonno rosso prelibato manicaretto ricercato, da mangiare crudo, dai ristoranti e dai raffinati gourmet di tutto il mondo. Oggi però il tonno rosso in Mediterraneo è sull’orlo dell’estinzione commerciale. Per questo da Slow Fish, una costola dello Slow Food, è partita una parola d’ordine sostenuta e amplificata da WWF, Metro, Coop e Auchan: salviamolo. Le strategie di protezione sono varie e mutevoli, il WWF e le aziende citate concordano nell’ipotesi di rinunciare al 50% delle quote di tonno previste per la stagione di pesca 2007. La ICCAT (Commissione internazionale per la conservazione del tonno in Atlantico e Mediterraneo) è stata decisa nelle parole (ha dichiarato che per salvare il tonno non bisogna pescarne più di 15000 tonnellate all’anno), ma debole nei fatti (ha rilasciato quote pesca per 29500 tonnellate) cedendo al principio di realtà secondo il quale è meglio intascare oggi quel che si può, perché “del doman non v’è certezza”. Sono, ed è evidente, logiche miopi: Il sito del concorso oggi il tonno rosso vale oro, un esemplare è stato pagainternazionale del WWF Smart to 173.000 dollari e il fatturato del settore si aggira inGear per la pesca torno ai 5 miliardi di dollari. I pescatori coinvolti nel intelligente.

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Mediterraneo sono circa 4800 che sono da moltiplicare per tre per completare la filiera di lavorazione. Numeri e fatturati importanti, destinati però, nel giro di pochi anni, ad azzerarsi, se la pesca al tonno rosso continuerà a svolgersi nei modi attuali, con le tonnare volanti che dal cielo segnalano i banchi, con le tuna farm che sequestrano i banchi dal mare catturandoli prima ancora che siano della taglia consentita, insomma con politiche speculative mirate troppo sull’oggi e poco sul domani.

Coop contro il tonno rosso La Coop non commercerà più tonno rosso ed è buona cosa, ma non basta e non serve, se non diventerà una scelta condivisa, così come non si può pensare che basti inaugurare una sorta di “protezionismo alimentare” dove tutti mangiano solo quello che producono. Teoria nata, giustamente, per contrastare la moda giapponese di volare in Mediterraneo e comprare tutto il tonno possibile. Perché, come sostiene Piero Sardo, Presidente Fondazione Slow Food per la Biodiversità, «il rischio è che il tonno rosso diventi come McDonald’s, una forma di globalizzazione, una moda» depauperato di tutta la sua valenza socio culturale e di tutta la storia che l’ha reso una delle colonne portanti della cucina italiana e non solo. In ogni caso è indispensabile educare e imparare ad apprezzare, come sostiene Marco Costantini (responsabile Programma mare WWF Italia), il bycatch, cioè tutto il pescato, anche quelle specie che oggi sono rigettate in mare perché hanno scarso valore commerciale. L’attenzione poi è sempre rivolta verso quelle specie che più ci colpiscono per una vicinanza emotiva: delfini, tartarughe e balene in realtà la pesca accidentale è immorale non perché colpisce specie “simpatiche” ma perché spreca senza motivo risorse importanti. Secondo alcuni studi di Greenpeace l’8% totale del

JEAN GAUMY / MAGNUM PHOTOS

GIAPPONESI STANNO CAMBIANDO LA LORO DIETA,

pescato è scartato alla fonte, ma per alcuni tipi di pesca, ad esempio quella alle aragoste, raggiunge il 90%, secondo altri dati, per pescare un gambero, una normale mazzancolla, si uccide, o si spreca un kg di pesce.

Ponza abbandona le spadare Dati significativi che spiegano alcune scelte senza dubbio intelligenti e così, non si può non sottolineare la scelta dei pescatori di Ponza che hanno consegnato spontaneamente alla Guardia Costiera 70 km di reti cosiddette “spadare”, reti lunghe oltre 20 km con un’altezza media di 15 metri note per essere le reti killer dei delfini e dei cetacei e, proprio questo bandite, spesso inutilmente, oltre che dalla Comunità Europea, anche dalle Nazioni Unite. Una scelta intelligente e lungimirante che porterà alla promozione di un marchio di pesca etica, iniziativa interessante ma che nasconde un problema fondamentalmente ignorato. Nel momento stesso in cui una qualsiasi specie ittica arriva ad essere apprezzata dai gourmet

di tutto il mondo e diviene di moda, immediatamente è a rischio di estinzione perché un miliardo di bocche fameliche sono disposte a spendere, anche molto, per aggiudicarsela. Districarsi è complicato ma il protezionismo culinario che si propugna, è un segno di debolezza, una resa di fronte alla incapacità di educare e un segno di quanto la globalizzazione oltre ad entusiasmare, spaventi. Non solo, il rischio sarebbe quello di riprodurre una sorta di “proibizionismo” con lo sviluppo di circuiti illegali di distribuzione del tutto incontrollabili e non solo nelle modalità di pesca. Però è altrettanto vero che soluzioni a breve termine non se ne vedono, e soprattutto dovrebbero prescindere da una singola specie, oggi si parla del tonno, domani potrebbero essere a rischio la sardina, l’orata o la cernia. Il problema è il sovrasfruttamento e lo sviluppo sostenibile che deve garantire alle generazioni future uno stock di risorse naturali pari a quello che abbiamo ricevuto noi, e che può essere declinato a seconda del tema: dall’energia, all’acqua fino alle risorse ittiche.

Teste di tonno e altri scarti della pesca destinati all’industria del cibo per animali.

Spagna, 1992

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Al Gore

I tanti significati di questo premio Nobel di Walter Ganapini

L 7 LUGLIO SCORSO SI È TENUTA A REGGIO EMILIA L’UNICA GIORNATA ITALIANA destinata a corrispondere alla iniziativa “Earth Day” promossa da Al Gore: l’ha ideata Roberto Meglioli, l’organizzatore culturale, tra l’altro, di Myriam Makeba e di Beppe Grillo, e sono felice di avervi contribuito assieme a Luciano Valle, teologo tra i più attenti al tema del rapporto con la natura e fondatore del Centro “Ri-abitare la Terra”. Grazie a quell’iniziativa, migliaia di persone hanno assistito alla proiezione della pellicola con la quale Gore avrebbe poi vinto un Oscar. Se mai ve ne fosse stato bisogno, l’opera testimoniava, in modo fin didascalico, la cultura umile e rigorosa che anima Gore, tanto criticato, anche da me, per aver ceduto alla tracotanza di un Bush che si assegnava la vittoria alle Presidenziali fidando solo sul voto elettronico nello Stato governato dal fratello. Chi, come me ha nel suo percorso anche Tex Willer e Belushi, sa che “quando il gioco si fa duro, sono i duri che cominciano a giocare”. Conoscevo il valore di Gore dal suo enorme lavoro sulla riforma dell’Amministrazione Pubblica USA nel senso della efficienza al servizio del cittadino-cliente: nel ’94 regalai copia del testo conclusivo (The Gore Report on Reinventing Government”) ai nuovi Sindaci della Italia di allora, da Cacciari ad Orlando, speranzoso che ne traessero una qualche ispirazione, prima che le varie Bassanini portassero a dover constatare la difficoltà di immaginare e rendere operativa siffatta riforma nel nostro Paese. Mi aspettavo che quel Gore efficiente e determinato resistesse alla tracotanza: così non fu, e forse non sapremo mai come quella vicenda sia stata davvero giocata e da quali poteri. Partecipando poi, in questi Un segnale importante giorni, a diversi dialoghi radiofonici sulla attribuzione a lui del Nobel che potrebbe rimettere per la Pace, ho dovuto registrare la fatica che da noi si deve fare, forse in gioco le tematiche anche per la qualità media della informazione dominante, ad uscire ambientaliste più votate da stereotipi provincialistici italioti, dal rigetto di tutto ciò che è USA a entrare nel merito alla certezza che i politici, sempre e comunque, siano tutti uguali. Il Premio a Gore ha molti significati, a mio avviso tutti positivi: rafforza la possibilità che Gore, senza fortunatamente entrare in lizza, condizioni in senso ambientalmente favorevole il programma democratico; venendo da Stoccolma, il gesto rappresenta di fatto un messaggio che l’Europa, attraverso la sua punta avanzata scandinava, lancia agli USA di Bush, negazionista del Protocollo di Kyoto; essendo in contemporanea attribuito all’IPCC delle Nazioni Unite, il Premio mette fine alle ignobili campagne disinformative circa l’“invenzione cambiamento climatico”, che raggiunsero il loro culmine con lo “State of Fear” di Crichton; mette a nudo l’arretratezza della cultura politica italiana, così restia a capire che sulla sostenibilità dello sviluppo si gioca l’unica prospettiva non tanto di sviluppo, quanto di permanenza a lungo termine della specie sul pianeta, concetto che ormai appare molto chiaro anche nelle esortazioni del Pontefice; da’ forza alla propensione all’innovazione amica dell’ambiente come chiave di volta di nuovi, necessari stili di vita e modi di produzione e consumo; da’ forza alla diffusione di valori etici compatibili con la sostenibilità, a partire da equità e solidarietà intra- ed inter- generazionale; da’ fiato, spero, alla ripresa di un nuovo ambientalismo che, mentre il vecchio si appassiona solipsisticamente all’essere “del sì” o “del no”, si riscopra vocato ad essere “nel merito”.

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Vendesi Birmania a fette. Chi prima arriva... >56 Armi di cioccolato nell’ex colonia francese >60 Omicidi eccellenti teleguidati dai Blocchi >63

internazionale BOSCIMANI IN GUERRA CON L’UNILEVER PER L’HODIA

NELLE CARCERI USA 2225 ERGASTOLANI CONDANNATI DA MINORENNI DENUNCIA EQUAL JUSTICE

CACCIA AI TESORI RUBATI DAI GRANDI DITTATORI

IL TRIBUNALE DI BANGALORE TENTA DI ZITTIRE ABITI PULITI

VIOLENTI POLEMICHE INTORNO A ISRAEL LOBBY UN LIBRO DENUNCIA

MEGA MULTA A BRISTOL-MYERS PER AVER PAGATO I MEDICI

La battaglia tra i boscimani e l’Unilever continua. In Sudafrica queste popolazioni da secoli conoscono i benefici di una pianta che si chiama hoodia e che “taglia la fame”. La tradizione di questo sfortunato popolo ha insegnato loro che con una sola foglia di hoodia si può non avere né fame né sete per una settimana. Un segreto rimasto tale per secoli e secoli fino a quando la multinazionale anglo-olandese ha acquistato il brevetto del principio attivo, denominato P57, dal Council of scientific and industrial research del Sudafrica. Il brevetto vale dieci miliardi di dollari, ma ai boscimani è rimasto ben poco; oggi non sono nemmeno in grado di ricomprarsi le terre dei padri perse durante il regime dell’apartheid. I Khomani sono un popolo nomade dell’Africa australe che si sposta nel deserto del Kalahari: oggi sono circa 100 mila e il governo del Botswana ha adottato una serie di misure restrittive contro i boscimani del Central Kahalari Game Reserve. La guerra dell’hoodia è descritta in un documentario presentato al festival del cinema africano, d’Asia e America Latina di Milano, intitolato Bushman’s secret, regista Rehad Desai, il cui padre è stato in carcere con Nelson Mandela.

Nelle carceri degli Stati Uniti sono detenute almeno 2225 persone condannate all’ergastolo per reati commessi quando erano minorenni. La denuncia è contenuta in un rapporto pubblicato da Equal Justice Iniziative, una organizzazione che si batte per la difesa dei diritti civili. Secondo Equal Justice un centinaio dei condannati ad una pena senza fine aveva tra i 13 e i 14 anni al momento del crimine. La maggior parte degli ergastolani proviene da famiglie in difficoltà: si tratta di figli di tossicodipendenti, prostitute e alcolizzati. Nel dettaglio il 60% dei condannati ha subito violenze o è stato abbandonato, il 15% è stato stuprato e nell’80% dei casi i responsabili degli abusi erano i genitori. Oltre l’80% dei condannati a vita minorenni è nero o ispanico: nel 1988 una sentenza della Corte Suprema ha stabilito che non può essere applicata la condanna a morte a chi ha meno di 16 anni, limite innalzato in una successiva sentenza del 2005 a 18 anni con la motivazione che non hanno la maturità necessaria per essere pienamente responsabili delle loro azioni. La convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dei bambini ha messo al bando l’ergastolo per i minorenni ma gli Stati Uniti, insieme alla Somalia, sono gli unici paesi a non aver ratificato la carta dell’Onu.

È l’obiettivo dell’ufficio lotta alla droga e al crimine delle Nazioni Unite che ha pubblicato un rapporto, Stolen Asset Recovery, sui tesori derubati da alcuni grandi dittatori. L’Onu stima che 100 milioni di dollari recuperati permettono di fornire medicinali a 600mila contagiati dall’Aids, assistere milioni di persone affette dalla malaria, permettere a 250mila famiglie di aver l’acqua nelle loro case. Alcun casi embleamtici: il generale Sani Abacha, scomparso nel 1998, governò la Nigeria dal 1993 alla data della sua scomparsa. È accusato di aver fatto sparire tra i 3-5 miliardi di dollari finiti in conti correnti aperti presso banche inglesi, svizzere, del Lussemburgo e del Liechtenstein. La Nigeria ha recuperato finora 505 milioni di dollari depositati nelle banche svizzere. Altri personaggi nel mirino sono l’ex presidente della Liberia, Charles Taylor, sotto processo all’Aja, accusato di aver trafugato negli Usa e in Svizzera almeno 3 miliardi di dollari, in gran parte derivanti dal traffico di «diamanti insanguinati». Il congolese Mobutu resta ancor oggi il «re dei cleptocrati». Non manca l’ex dittatore filippino Ferdinando Marcos (il governo di Manila ha già recuperato 624 milioni di dollari trafugati in Svizzera) il cui tesoro è stimato tra i 5 e 10 miliardi di dollari.

Gli esperti di Clean Clothes Campaign e dell’India Committee of the Netherlands (ICN) rischiano due anni di carcere per cyber crime, diffamazione, atti di razzismo e xenofobia, in base al codice penale indiano, per aver diffuso informazioni sulle violazioni dei diritti dei lavoratori negli stabilimenti produttivi di un’azienda indiana. Il tribunale civile di Bangalore ha emesso un mandato di arresto per gli imputati per assicurarsi la loro presenza alla prossima udienza del processo in corso. È il risultato di un’azione legale intentata dalla Fibres & Fabrics International, proprietaria della Jeans Knits Pvt. Ltd (FFI/JKPL) di Bangalore nei cui stabilimenti era emersa una lunga serie di abusi fin dalla fine del 2005. FFI/JKPL, fornitrice di jeans per un gran numero di marchi occidentali, aveva preferito agire per vie legali piuttosto che avviare un dialogo con le organizzazioni indiane e internazionali che difendono i diritti dei lavoratori. Dal luglio 2006, un’ingiunzione del tribunale di Bangalore impone alle organizzazioni locali il divieto di diffondere notizie sulle condizioni di lavoro all’interno degli impianti produttivi della FFI/JKPL. A sostegno degli attivisti un’appello al governo italiano anche dai sindacati dei tessili.

Un libro sta dividendo gli Stati Uniti: Israel Lobby, scritto da John Mearsheimer e Stephen Walt, secondo i quali la politica estera americana sarebbe «dirottata» da una potente lobby filo-israeliana i cui interessi sono in contrasto con quelli degli Stati Uniti. «L’America sta mettendo da parte la propria sicurezza per far avanzare gli interessi di un altro Stato, Israele, a causa delle pressioni di una coalizione di individui e organizzazioni attivamente impegnate a favore di Gerusalemme» scrivono Mearsheimer e Walt, secondo i quali «il cuore della lobby è composta da ebrei americani e include anche esponenti della destra evangelica e dei neoconservatori» ai quali si deve in gran parte «l’intervento in Iraq» come anche «le pressioni sull’Iran» in una strategia che spinge il Medio Oriente verso la guerra e lontano dalla pace. Per i due accademici (insegnano rispettivamente all’università di Chicago e ad Harvard) si tratta di un danno che «non ha precedenti nella storia». Contro Israel Lobby il presidente dell’Anti-Defamation League, Abraham Foxman, ha pubblicato The Deadliest Lies (Le bugie più mortali) accusando i due accademici di «mettere il vecchio veleno antiebraico in una nuova bottiglia». Il duello fra libri è parallelo a quello tra l’ex consigliere per la sicurezza nazionale di Jimmy Carter, Zbignew Brzezinski, e il giurista liberal di Harvard, Alan Dershowitz. Il primo ha preso posizione a favore di Israel Lobby affermando, con un articolo su Foreign Policy, che «non ha nulla a che vedere con l’antisemitismo» mentre «rende un importante servizio pubblico» perché «porta l’attenzione sull’imponente sostegno finanziario a Israele». Alan Dershowitz sostiene che Israel Lobby «contiene gravi errori perché le citazioni sono fuori contesto, fatti importanti vengono omessi e la tesi di fondo è talmente debole da essere imbarazzantei originali o frutto di interviste condotte».

La Bristol-Myers Squibb ha sborsato 515 milioni di dollari per chiudere una causa, intentata dal procuratore generale degli Stati Uniti Michael J. Sullivan, per pratiche illegali condotte dalla multinazionale e dalla sua consociata Apothecon, dal 2000 al 2003. Secondo il Dipartimento della Giustizia Bristol-Myers Squibb ha pagato illegalmente medici e altri operatori sanitari per promuovere propri medicinali sottoforma di consulenze e programmi di aggiornamento inclusi lussuosi viaggi in località esotiche. Il procuratore generale ha accusato, inoltre, BMS di aver promosso dal 2002 al 2005 la prescrizione dell’Abilify, un antispicotico di nuova concezione, anche per l’uso pediatrico e il trattamento di demenza con psicosi correlata mentre la FDA (Food and Drug Administration) aveva autorizzato l’utilizzo del farmaco nel 2000 solo per pazienti adulti e non affetti da demenza. L’inchiesta non ha portato all’apertura di un procedimento penale perché la multinazionale ha collaborato con gli inquirenti dopo che il Dipartimento della Giustizia era venuto a conoscenza delle pratiche illegali grazie alla denuncia di whistleblowers, informatori che avevano deciso di denunciare i fatti ottenendo ovviamente protezione come stabilisce la legge statunitense.

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Lo Stato, cioè la giunta militare, e le famiglie dei vertici dell’esercito birmano. Ma anche imprese internazionali, irlandesi, britanniche e, perché no, italiane. La Birmania è una miniera d’oro (nel vero senso della parola). È iniziata la gara per chi la prosciuga prima

Qui sotto, il generale Than Shwe, leader della giunta militare golpista a capo del governo Birmano. A sinistra, Golden Rock, una località sacra per i birmani.

Vendesi Birmania a fette Chi prima arriva... UOMO HA UN NOME IMPRONUNCIABILE, oppure siamo noi a non capire, in questo silenzio tremendo. Non ci sono nemmeno più gli insetti. Nulla. Sembra un vecchio, ma se capiamo bene ha meno di 40 anni, sette dei quali passati in prigione a Mandi Paolo Fusi dalay, perché ha preso a sberle un cinese che molestava sua moglie. Com’è che si chiamava lei? Sssh. È un nome da non pronunciare, segreto, già scomparso sette milioni di anni fa, «un’altra vita, un’altra vita, un’altra vita…». Dalla collina si vede in lontananza il fumo di una postazione militare. Si chiama Checkpoint Gangfang. «È lì che passavano il confine i camion che portavano la legna tagliata qui nella foresta. Giorno e notte, uno dietro l’altro, in colonne da dieci autocarri, in estate senza nemmeno spazio tra l’uno e l’altro. Ora non ci sono nem-

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meno più i camion». Girando sui tacchi si commette un delitto. Un rumore stridente, l’unico qui intorno. Perché la foresta tropicale che si estendeva sette anni fa tra quel confine e Sumbrapum, 150 km in linea d’aria di jungla, larga oltre 100 km, non c’è più. Ora c’è solo un terreno grigio, lunare, pieno di immondizie e resti di carcasse, la maggior parte delle quali animali. Per chilometri e chilometri, fin dove l’occhio si perde. L’uomo non ha solo un nome impronunciabile, ma anche inutile. La sua gente non c’è più. Lui è uscito da una settimana e non sa dove possano essere spraiti – o se sono ancora vivi, chissà dove… «Finché c’era la guerra civile, tutto andava bene. Il nostro villaggio era pieno di colori e suoni, avevamo abbastanza da mangiare, nessuno ci dava fastidio. Ogni tanto passavano i militari in fondo alla valle, ma a noi nessuno ha mai dato noia. E che cosa potevamo mai

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Kyaiktiyo, 1994.

contare noi, che ad abitare qui si era solo dodici famiglie di contadini?». Poi, nel 1989, arrivò il cessate il fuoco. Un paio d’anni dopo venne un militare a spiegare alla popolazione locale che ora sarebbero arrivati i cinesi ed avrebbero portato lavoro, progresso e benessere. Nel 1993 aprirono le prime fabbriche di legname cinesi. Vennero accolti in amicizia – fin dalla Seconda Guerra Mondiale esiste una tradizione di fratellanza tra cinesi e birmani, contro il comune nemico giapponese. Negli anni successivi il commercio (e soprattutto il contrabbando) di legname dalla Regione del Kachin esplode. Ufficialmente i “cattivi” sono i cinesi. Ma in realtà i Cinesi, che acquisiscono dalla Birmania il 93% del loro fabbisogno nazionale di legname, ne esportano poi un terzo – specialmente in Europa, negli Stati Uniti ed in India. Quindi i cattivi siamno anche noi, come sempre.

Negli ultimi dieci anni la popolazione della Regione è passata da 2 a 6 milioni nell’arco di cinque anni. Il 90% è costituto dai lavoratori dell’industria del legname, deportati dall’intera Cina o da altri paesi circonvicini, le prostitute (tutte obbligatorie, s’intende), gli sguatteri e i meccanici – ed un reggimento di 10.000 soldati dell’esercito birmano, pronti a uccidere per difendere il business. Il contrabbando del legname, infatti, tra il 1993 ed il 2006 ha procurato alla Birmania 16 miliardi di dollari all’anno (quasi il 20% dell’intero Prodotto Interno Lordo). Questi miliardi vanno in parte allo Stato – controllato dalla giunta militare – ed in parte alla UMEH Union of Myanmar Economic Holdings Ltd. Naypyidaw, che appartiene al generale (e capo di Stato) birmano Than Shwe e ad altri cinque alti ufficiali dell’Esercito. La UMEH fa parte di un sistema chiuso composto da questa ed altre quattro holding: la MOGE Myanmar Oil and Gas Enterprise, la MTE Myanmar Timber Enterprise, la MPT Myanmar Post and Telecommunications and the MEC Myanmar Economic Corporation. L’80% del PIL birmano è inglobato in queste società, tutte controllate dallo Stato da solo o in coabitazione con le famiglie dei vertici dell’Esercito. Tutte società note anche in Occidente, se si pensa che l’Unione Europea ha più volte ragionato se porre l’embargo agli scambi commerciali con queste entità ed ha poi deciso, nella maggioranza dei casi, di soprassedere, perché parte dell’azionariato è privato (sic!) e quindi non va danneggiato a causa degli orrori commessi dalla giunta militare. Perché stanno distruggendo Kachin? La risposta è purtroppo fin troppo facile, anche se ha diverse sfaccettature: 1] Si tratta, dal punto di vista climatico, di una delle zone più belle, stabili e temperate del pianeta. La UMEH ha sottoscritto degli accordi miliardari con diverse multinazionali dell’edilizia – tra l’altro si vocifera di una cordata di italiani guidata da Impregilo – per una rapida riconversione del territorio: un aeroporto turistico internazionale e ville gigantesche per i miliardari americani, europei, arabi e cinesi. Il primo incarico è andato agli irlandesi del gruppo CHR – uno dei colossi planetari del cemento indsutriale e dell’asfalto – che per anni hanno curato il progetto con una loro società, la Kachin Ltd. Dublino, ed ora sono quindi sul piede di partenza; 2] La zona è piena di giacimenti d’oro e di giada non ancora sfruttati su scala industriale. In questo settore la UMEH non accetta patti con nessuno, ma usa quei prodotti per finanziare il commercio d’armi con la Cina (missili, carri armati ed aerei), l’India (carri armati ed armi leggere), la Russia (artiglieria), la Serbia (pistole, fucili e munizioni) e l’Ucraina (elicotteri ed autoblindo per reprimere le manifestazioni di piazza). Il brokering del traffico d’armi avviene a Macao, che è tradizionalmente la piazza offshore della Cina. Per venirne a capo ci vorrebbero settimane di ricerca che, allo stato attuale, e nonostante ciò che sta ac|

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cadendo laggiù, nessuno sembra aver voglia di fare;

3] La popolazione indigena di Kachin è indoeuropea. La gente qui,

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tagliata fuori dal mondo per secoli, ha una lingua propria, scritta con le lettere latine, che assomiglia alle lingue slave, con cui è imparentata. Per questo motivo sia i cinesi che i membri delle etnie reggenti la Birmania considera il popolo di Kachin come “subumano”, inutile, senza valore, sacrificabile. Per quello, come ha analizzato la Chiesa Cattolica già nel 2005, ogni anno nella re-

PER UNA NUOVA BIRMANIA È STATA LANCIATA SEI MESI FA A FIRENZE, durante l’ultima edizione di Terra Futura, la campagna nazionale della Cisl, in collaborazione con Greenpeace, Legambiente e WWF, a favore del popolo birmano. Per dire no allo sfruttamento delle foreste e delle risorse naturali, alle deportazioni, al lavoro forzato, alle torture, alle incarcerazioni, agli eccidi e alle fucilazioni, ma anche alla presenza di alcune multinazionali alleate economiche del regime dittatoriale che da oltre un decennio sottomette un intero paese. Proprio da Terra Futura è partita la raccolta firme per chiedere alle aziende italiane di sospendere i rapporti economici e commerciali con la giunta militare birmana (htm.cisl.it/sito/contenuti/BIRMANIA/Birmania.htm). Dal sito www.birmaniademocratica.org si può scaricare l’elenco delle imprese italiane che importano ed esportano prodotti dalla Birmania. È stato lanciato anche un appello a Governo, Parlamento ed enti locali, perché sostengano i programmi di cooperazione delle organizzazioni democratiche e sindacali birmane, l’adozione di una Risoluzione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, l’attuazione delle sanzioni politiche ed economiche già inflitte allo stato birmano dall’Unione Europea e, naturalmente, la liberazione del Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi, da dodici anni, costretta agli arresti domiciliari.

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gione di Kachin vengono rapite oltre 10.000 bambine tra i 5 e gli 11 anni d’età, poi avviate alla prostituzione nei paesi arabi, in Thailandia, in Cina, nelle Filippine. Anche questa operazione di pulizia etnica a fini di sfruttamento industriale ha prodotto dei disastri insanabili – ed è regolata dalle severe leggi del neocapitalisno cinese e birmano, che ne incassa i dividendi senza nemmeno una smorfia. In questo senso, però, Kachin non è un’isola. Anche in altre regioni, e soprattutto nel Kayin, ad essere rapiti sono soprattutto i maschi tra i 10 ed i 13 anni, che vengono costretti a divenire soldati nelle lotte fra l’Esercito birmano e le varie fazioni della guerriglia autonomista locale. A tutt’oggi manca qualsivoglia studio dei flussi finanziari derivanti dagli atti mostruosi compiuti dal regime birmano e dai suoi soci cinesi. Fino a pochi anni fa mancava del tutto la cognizione di cosa stesse accadendo laggiù. Grazie alla pressione di diverse ONG, nel 2006 la Cina ha deciso di sospendere l’importazione di legname di contrabbando dalla Birmania. Il contrabbando non si è del tutto fermato, ma viene ora praticato dai birmani, che hanno mezzi più limitati, e con un certo rischio al passaggio delle frontiere. La decisione di Pechino non ha motivi umanitari. Il Governo cinese si è semplicemente accorto che l’indutria del legname di contrabbando birmano aveva quintuplicato i casi di AIDS nello Stato confinante dello Yunnan. Ed ha capito che le gang cinesi che lavorano in Birmania con accordi diretti con singoli membri del Governo locale sfuggono al controllo dell’economia cinese e contribuiscono ad ingrassare potentati mafiosi, considerati (giustamente) pericolosisssimi dal potere centrale. Tornando ai flussi finanziari, vediamo di spiegare quello poco che si sa. La finanza inglese, che si vergogna di far sapere di fare affari con gli aguzzini di Than Shwe, investe nel Myanmar Fund Ltd. di St. Helier, nell’isola offshore di Jersey, nel Canale della Manica. Da questa società ne sono nate una mezza dozzina sparse per il Regno Unito che svolgono attività commerciali nell’ambito della chimica, della meccanica e dell’agricoltura. Queste hanno soppiantato gli olandesi, che per decenni, tramite la loro offshore Burma Corporation NV Willemstad (Curaçao) avevano fatto la parte del leone nel brokering meccanico e dei veicoli a motore. Il brokering delle armi, che negli anni ’80 era controllato da una società di Abu Dhabi, pare ora essere concentrato nell’ex Unione Sovietica ed ovviamente nelle grandi società di intermediazione militare dei cinesi e degli americani che hanno sede a Macao, a Kuala Lumpur, in Nuova Zelanda o a Singapore. Per quest’uomo, solo nel silenzio, che cerca inutilmente i suoi in un deserto di un pianeta sconosciuto, i flussi finanziari internazionali delle piazze offshore sono parole impronunciabili. Di fronte a lui, allora, meglio un dignitoso silenzio.

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Cecilia Brighi Il Pavone e i generali. Birmania: storie da un Paese in gabbia Baldini Castoldi Dalai, 2006 «Aung San Suu Kyi scese dalla sua auto per salutare la sua gente. Purtroppo non ci fu tempo, né per i saluti, né tanto meno per un breve comizio… Oltre un migliaio di soldati, polizia, gentaglia e criminali fatti arrivare dalla prigione di Mandalay, armati di fucili, di spranghe di ferro e di bambù, si riversò sulla folla. La violenza fu indiscriminata. I malviventi e i militari in combutta erano armati fino ai denti e pestarono senza tregua i contadini e l'ampia delegazione del partito. Alcune ragazze furono spogliate e lasciate nude. Alcuni furono picchiati a morte». Potrebbe essere un articolo pubblicato nelle ultime settimane, per descrivere il massacro che si è consumato e continua a insanguinare le strade della Birmania. Invece è un brano del libro scritto e pubblicato un anno fa da Cecilia Brighi, responsabile per la Cisl dei rapporti con le istituzioni internazionali e con i Paesi asiatici. Racconta le storie di alcuni protagonisti politici e sindacali dell’opposizione birmana, costretti a fuggire da un paese che da quasi mezzo secolo è oppresso da una sanguinosa dittatura militare. E la storia di Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la Pace e simbolo della resistenza democratica e non violenta, da dodici anni agli arresti domiciliari.

Minatori al lavoro in una cava controllata dal governo. Nella pagina a fianco, Yangôn. Un elefante movimenta del tek: Myanmar è il più grande produttore di legname pregiato al mondo.

Birmania, 1994


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Armi di cioccolato nell’ex colonia francese Hot chocolate. È il titolo di un rapporto, decisamente scottante, realizzato dalla Ong britannica Global Witness che

dimostra come i proventi del mercato del cacao in Costa d’Avorio finiscano nelle tasche dei signori della guerra.

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Vasi comunicanti dal cacao alle armi La Costa d’Avorio è il primo produttore mondiale di cacao. 1,38 milioni di tonnellate esportate ogni anno, il 40% della produzione mondiale (nel 2006). Una miniera da 1,4 miliardi di dollari all’anno. Peccato che una fetta di questo tesoro da cinque anni finanzi la guerra tra il Governo e i ribelli delle Forze Nuove. Ne era al corrente anche la Banca Mondiale, che dal 2004 ha sospeso gli aiuti al paese africano, accusando il governo di corruzione e cattiva gestione dei fondi. Un funzionario dell’istituto ha ammesso: «sappiamo che i proventi del cacao ivoriano sono usati per coprire i costi dell’apparato militare». Il rapporto di Global Witness lo dimostra, con una lunga serie di prove. Nell’ottobre del 2002 tre delle istituzioni ivoriane che regolano il mercato del cacao – l’ARCC (Autorità di regolazione del caffè e del cacao), la BCC (Borsa del caffè e del cacao) e l’FDPCC (Fondo per lo sviluppo e la promozione delle attività dei produttori di caffè e cacao) – hanno consegnato al presidente Gbagbo 20,3 milioni di dollari, destinati esplicitamente al finanziamento bellico. Tutti proventi delle tasse sull’esportazione di cacao, che avrebbero dovuto essere usati da parte di queste istituzioni per regolare il mercato del cacao e dare supporto tecnico ed economico ai piccoli produttori. Ma l’elenco dei trasferimenti di denaro non finisce certo qui. Il rapporto di Global Witness descrive come i proventi delle tasse sul cacao transitassero da diversi conti, presso la BCEAO (la Banca Centrale degli Stati dell’Africa Occidentale), la WAMU (l’Unione monetaria dell’Africa occidentale) e la banca statale ivoriana, la CAA (Caisse autonome d’amortissement), diventata poi BNI, Banca Nazionale d’Investimento, e andassero a finire nelle casse del Governo. Cifre come 10, 20, 100, fino a 140 milioni di dollari. Usati per quali scopi? Ufficialmente non è dato saperlo, dal momento che le istituzioni del mercato del cacao si sono sempre rifiutate di autorizzare controlli dei loro conti. L’uso delle entrate pub-

CHRISTOPHER ANDERSON / MAGNUM PHOTOS

ILIONI, FORSE MILIARDI DI PERSONE difficilmente rinuncerebbero a un quadretto di cioccolato. Pochi di loro però sanno che proprio l’ingrediente base del cioccolato, il cacao, sta alimentando una guerra, che si combatte dal 2002 ad oggi in Costa di Elisabetta Tramonto d’Avorio, una delle molte guerre dimenticate, di cui non si parla sui quotidiani internazionali. Lo rivela un rapporto pubblicato lo scorso giugno e realizzato dalla Ong inglese Global Witness (scaricabile al sito www.globalwitness.org). La Costa d’Avorio, nonostante i molti trattati di pace e nonostante entro la fine dell’anno dovrebbero svolgersi le elezioni, è un paese spaccato in due: il Sud in mano al Governo del presidente Laurent Gbagbo e il Nord, controllato in molte parti dai ribelli delle Forze Nuove. In mezzo una zona cuscinetto sotto la protezione dell’esercito francese. Carburante di questa guerra è proprio il cacao. Perché combattere costa caro e le tasse, milioni di dollari di tasse, sui proventi del commercio del cacao in Costa IL CACAO IN COSTA D’AVORIO d’Avorio possono tornare utili per finanziare entrambi gli schieramenti. Armi, elicotteri e due eserciti: quello governativo e quello delle Forces Nouvelles, le Forze Nuove. Il tutto sotto lo sguardo delle multinazionali del cacao europee e statunitensi, che non battono ciglio. E non è tutto. Secondo il rapporto di Global Witness, con la scusa di una guerra da combattere da un lato, e di un paese da difendere dall’altro, una parte delle tasse sul cacao finiscoZona di produzione del cacao no, perché no, anche per arricZona di confine Forze nuove chire politici, ufficiali dell’eserZona controllata dal governo cito, funzionari pubblici.

bliche non è mai stato trasparente. Global Witness parla di una voce sempre presente nel bilancio pubblico denominata “spese impreviste” da cui uscivano i fondi destinati al presidente e al governo. E non è tutto, Global Witness ha dimostrato anche un legame diretto tra la banca statale ivoriana, la BNI e imprese attive nel settore bellico. La BNI infatti possiede il 25% di una compagnia di costruzioni, la Lev Cote d’Ivoire, maggiore azionista di un’impresa olandese che ha facilitato l’acquisto da parte del Governo ivoriano di elicotteri militari.

Multinazionali complici Global Witness denuncia anche le grandi multinazionali che esportano cacao dalla Costa d’Avorio, perché “non potevano non sapere quello che stava accadendo”, si legge nel rapporto. “Tra il settembre 2002 e l’inizio del 2003 a tutte le imprese, compreso il GEPEX, l’unione dei grandi esportatori, è stato chiesto di contribuire agli sforzi militari del Governo”. Del GEPEX fanno parte colossi europei e americani del cacao come la Cargill (Usa), l’ED & F Man Holdings Ltd (Gran Bretgna), l’Archer Daniels Midlands (Usa), la Barry Callebaut (Svizzera), che però negano ogni coinvolgimento. Lo stesso presidente della Borsa del Caffè e del Cacao,

Lucien Tapé Doh, nell’agosto 2003 ha dichiarato: “Tutte le imprese ivoriane si sono assunte le loro responsabilità e hanno dato somme importanti al presidente per difendere il popolo ivoriano”.

Le Forze Nuove battono il governo negli affari Il cacao finanzia anche le Forze Nuove, che al di là della zona cuscinetto, hanno messo in piedi un sistema parallelo di tassazione, da cui ogni anno, secondo i calcoli di Global Witness, ricavano circa 30 milioni di dollari. Inizialmente, nel 2002, i ribelli si limitavano a estorcere denaro a chi transitava sulle zone sotto il loro controllo, imponendo una scorta armata ai camion carichi di cacao. Con il passare degli anni è diventata una vera a propria tassa istituzionalizzata: 9,6 dollari per ogni camion e per ogni viaggio, 30 centesimi al chilo sulle esportazioni, 193 dollari all’anno per il commercio di cacao e altri 29 dollari per ogni camion che voleva passare (dati 2006). Tasse comunque inferiori rispetto a quelle pagate nella zona governativa a sud. Certo, scrive Global Witness, “facendo pagare meno imposte, le Forze Nuove vogliono essere competitive”. Per questo spesso molti carichi di cacao varcano la fron|

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Laurent Gbagbo, l’attuale presidente della Costa D’Avorio. Il governo non controlla più di metà del territorio. Sopra, due ragazze preparano il caffè per i lavoratori.

Costa D’Avorio, 2001

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PICCOLI SCHIAVI DEL CACAO IN EUROPA E IN AMERICA I BAMBINI MANGIANO IL CIOCCOLATO. In Africa lo coltivano. Da anni Save The Children, Amnesty International e molte altre associazioni per la tutela dei diritti umani denunciano il lavoro minorile in Costa d’Avorio e in diversi altri paesi dell’Africa occidentale. Bambini che non vanno a scuola, costretti a lavorare nelle piantagioni di cacao, in condizioni simili alla schiavitù. Sarebbero almeno 600 mila secondo alcune stime. Manodopera a basso costo arrivata spesso dal Ghana, dal Mali, dal Burkina Faso, in quello che spesso è diventato un vero traffico di baby lavoratori. Nel 2001, dopo un allarme lanciato dal Congresso americano, l’industria mondiale del cacao ha ratificato un protocollo per eliminare lo sfruttamento minorile in Costa d’Avorio e in tutta l’Africa occidentale. Ma, a distanza di 6 anni, i risultati non si vedono. Un rapporto pubblicato all’inizio di quest’anno da Amnesty International denuncia che lo sfruttamento dei bambini in Costa d’Avorio continua. Un inchiesta della BBC realizzata nel paese africano lo scorso aprile testimonia la presenza nelle piantagioni ivoriane di bambini di dieci anni, con le gambe ferite dal machete e le mani rovinate dal lavoro. Difficile però, in molti casi, stabilire dove finisca l’aiuto dato dai bambini alla famiglia al momento della raccolta del cacao, magari durante le vacanze scolastiche, e dove inizi lo sfruttamento minorile. Non per questo però si deve rinunciare a combattere questa piaga.

Dalla Cargill alla Archer Daniels Midland tutte le multinazionali che operano nel settore avrebbero aderito alla richiesta del Governo di sostenere il conflitto

| geopolitica | internazionale | tiera da Sud a Nord. In senso opposto no, le Forze Nuove hanno bloccato ogni transito del cacao verso il sud del paese. Global Witness ha calcolato che dalla parte settentrionale della Costa d’Avorio, controllata dalle Forze Nuove, vengono esportate almeno 77.500 tonnellate di cacao ogni anno. Finiscono in Burkina Faso, poi in Togo e, infine, alle multinazionali del cioccolato dei paesi del Nord del mondo.

Omicidi eccellenti teleguidati dai Blocchi

Una guerra comoda Il rapporto di Global Witness mostra quindi come sia proprio la guerra e la spaccatura in due del paese ad alimentare le finanze dei ribelli delle Forze nuove. Senza conflitti infatti non potrebbero sfruttare i proventi del cacao, che oggi pagano gli armamenti ma finiscono anche direttamente nelle tasche dei singoli comandanti delle Forze Nuove (ma anche degli ufficiali dell’esercito governativo). Perchè dunque cambiare le cose? Perché fermare questa guerra? Domanda provocatoriamente Global Witness. Far cessare la guerra e riunire le due metà della Costa d’Avorio farebbe perdere le entrate fisse a entrambi i fronti. Denunciare questa situazione si è rivelato molto pericoloso. Organizzazioni di diritti umani e giornalisti descrivono una lunga serie di atti di intimidazione nei confronti di chi indagava sul “sistema del cacao”. Nel 2004 il giornalista franco canadese Guy-Andre Kieffer è stato rapito ad Abidjan e non è mai più tornato a casa. Pochi mesi più tardi è stato sequestrato, e poi rilasciato, un giurista francese che stava effettuando controlli per conto dell'Unione europea.

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La tesi dello studioso De Lutiis: c’è stata una guerra non dichiarata delle superpotenze

occidentali per mantenere l’equilibrio di potere. GUERRA MONDIALE molti eventi sono stati e sono tutt’oggi riesaminati alla luce di nuovi elementi che emergono dalla documentazione storica. Alcuni omicidi eccellenti, da John F. Kennedy a Olof Palme, dal di Andrea Montella leader israeliano Itzak Rabin al presidente della Dc Aldo Moro, hanno indubbiamente segnato la storia di quegli anni e continuano a rimanere un macigno sul futuro dei sistemi democratici. Ora ad addentrarsi nei meandri geopolitici è Giuseppe De Lutiis, uno dei massimi esperti internazionali di storia dei servizi segreti, che sta per pubblicare il suo ultimo libro Il Golpe di via Fani.

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ALLA FINE DELLA SECONDA

Professor De Lutiis, lei fa un accostamento tra l’omicidio di John F. Kennedy e quello di Moro, come mai? Il primo a proporre questo accostamento apparentemente ardito fu il senatore della Sinistra Indipendente Raniero La Valle al termine della Commissione Moro, di cui egli faceva parte. Nella sua relazione di minoranza, egli evidenziò come, dall’attentato di Dallas in poi, molti statisti occidentali siano stati uccisi in attentati i cui mandanti sono spesso rimasti oscuri. La Valle citava i due Kennedy, Lumumba, Luther King, Allende, Monsignor Romero, Sadat, e rilevava che anche il delitto Moro poteva essere accostato a queste uccisioni. Io concordo pienamente con lui e aggiungerei i nomi di Olof Palme, di Rabin e di altri. Aldo Moro. Nel libro parla degli infiltrati. Ci può dire che ruolo hanno giocato nelle organizzazioni eversive? Gli infiltrati vanno distinti in due categorie diversissime tra loro: quelli che operano a fini istituzionali e quelli che ubbidiscono a logiche antiistituzionali. I primi hanno il compito di contribuire a distruggere i gruppi terroristici, i secondi prendono ordini da eversori dell’ordine costituzionale – spesso operanti all’interno delle istituzioni - e di solito spingono i membri dei gruppi terroristici a compiere azioni sempre più sanguinose, perché i loro superiori – palesi o occulti – hanno interesse non a stroncare il terrorismo, ma a destabilizzare il Paese dove il gruppo opera. Nelle Br, Pisetta e Girotto furono infiltrati istituzionali. Du-

rante il sequestro Moro, operarono probabilmente infiltrati che ubbidivano a logiche antiistituzionali, che avevano il compito di spingere il gruppo a destabilizzare lo Stato e eliminare lo statista. Personaggi come Edgardo Sogno, Luigi Cavallo e Roberto Dotti, che funzione hanno avuto? Sogno era un ambasciatore al quale i settori più duri dell’anticomunismo internazionale delegarono – tra gli anni cinquanta e settanta -il compito di costituire organismi come Pace e Libertà che nel periodo più oscuro della Guerra Fredda, svolsero attività anche illegali e, comunque, di calunnia e persecuzione di uomini di sinistra. All’interno di questo disegno, Luigi Cavallo si assunse il compito di svolgere il lavoro più sgradevole, quello del provocatore, che portò tanti operai a perdere il posto e perfino a suicidarsi. Roberto Dotti faceva parte dello stesso ambiente, operò nei primi anni settanta come infiltrato di lusso nelle Brigate rosse, ma su questa attività sappiamo pochissimo, e io credo che vi sia ancora molto da scoprire. Nel libro parla della scuola di lingue Hypérion partendo da alcune dichiarazioni di Andreotti e da una relazione di Guido Giannnettini su una centrale eversiva parigina e dei rapporti che aveva con la Quarta internazionale, l’Eta e il Mossad, può in sintesi rammentarli? L’Hyperion è stato uno dei più protetti “buchi neri” della storia delle Brigate Rosse. L’attività palese era l’insegnamento delle lingue straniere, ma con il passare degli anni si è compreso sempre più nitidamente che quella attività fu una copertura che nascondeva forse compiti riservati di natura internazionale, come quello di costituire una “stanza di compensazione” tra le grandi potenze, dove attutire le divergenze e magari attuare operazioni occulte altamente sofisticate nell’interesse di ambedue le grandi potenze. Quanto a possibili rapporti tra la Quarta Internazionale e il Mossad, Giannettini sapeva molto, ma nessuno lo interrogò su questo punto. Purtroppo, ora è troppo tardi: egli è morto nel 2003. Nella vicenda Moro che peso hanno avuto gli equilibri stabili|

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| internazionale | ti a Yalta tra Usa e URSS? Un peso enorme: la spartizione stabilita a Yalta ha salvato l’Europa e il mondo da una terza guerra mondiale che probabilmente avrebbe visto l’impiego di armi nucleari, e dunque sarebbe costata milioni di morti; ma essa ha avuto un prezzo, pagato soprattutto dai popoli dell’Europa dell’Est, costretti a vivere per quarant’anni sotto regimi autoritari che degli ideali comunisti avevano ben poco. Ma un prezzo alto fu pagato anche da altri popoli e da singoli uomini politici. Aldo Moro è stato cinicamente eliminato perché un governo democratico a partecipazione comunista costituiva una minaccia gravissima sia per gli Stati Uniti che per l’Unione Sovietica: i primi temevano che l’ingresso di politici del Pci nella compagine di governo avrebbe messo a rischio segreti militari Nato di altssimo livello, i secondi perché un esperimento del genere avrebbe ridato fiato alle aspirazioni di indipendenza dei popoli dei Paesi dell’Europa orientale, come era già avvenuo in Ungheria e in Cecoslovacchia. Solo Usa e URSS sono stati i protagonisti delle vicende relative gli assetti geopolitici del nostro Paese negli anni ‘70 o ci sono stati altri Paesi o movimenti che hanno giocato un ruolo analogo? L’Italia, per la sua posizione geografica al centro del Mediterraneo, al confine tra Est e Ovest e tra il Nord Europa industriale e il mondo arabo produttore di petrolio, ha pagato un prezzo altissimo in termini di vite umane e di destabilizzazione programmata. Il mondo occidentale non poteva permettersi di perdere questo avamposto: preferì destabilizzarlo con le stragi degli anni settanta nella speranza di spostare così l’asse politico più a destra, Israele aveva interesse a mantenerci in uno stato di instabilità per impedire che al centro del Mediterraneo crescesse una nazione di media potenza non pregiudizialmente ostile al mondo arabo; in questo senso uomini legati al Mossad offrirono armi

| utopieconcrete | e denaro alle Br aggiungendo: “A noi basta che voi continuiate a fare quello che già state facendo”. I partiti socialisti, socialdemocratici d’Italia, Francia e altri Paesi europei avevano interesse a depotenziare la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista per facilitare la nascita di un grande partito socialdemocratico integrato nell’Internazionale Socialista. Intenti più che legittimi, ma i mezzi sono stati criminali. L’attentato a Togliatti nel 1948 e a Berlinguer in Bulgaria nel 1973 possono essere letti come tentativi anticipatori della strategia della tensione che oltre allo stragismo ha usato gli omicidi selettivi come politica antidemocratica fatta con altri mezzi? Per quanto riguarda l’attentato a Togliatti, non è mai stata svolta una seria indagine su possibili mandanti. L’attentato ad Enrico Berlinguer in Bulgaria fu il primo tentativo di fermare la politica di autonomia da Mosca. È significativo che i servizi segreti bulgari abbiano tentato di eliminare Berlinguer venti giorni dopo che Pinochet aveva assassinato Salvador Allende. La “normalizzazione” del mondo fallì solo perché un palo della luce impedì all’auto di Berlinguer di precipitare da un cavalcavia. Lo stesso disegno fu perseguito a via Fani il 16 marzo 1978. Possiamo dire che la morte di Moro, come quella di Patrice Lumumba, i Kennedy, Salvador Allende, Alfred Herrausen, Olof Palme che sono stati selettivamente sacrificati sull’altare degli interessi geopolitici dei Paesi capitalistici più forti, ha determinato gli attuali assetti politici internazionali? Il delitto selettivo di uomini politici è il proseguimento della guerra con altri mezzi. Qualcuno potrebbe obiettare che in termini di sacrifici di vite umane è estremamente conveniente. Ne convengo. Ma è davvero triste dover constatare che la storia europea e mondiale dell’ultimo mezzo secolo sia stata pilotata con l’uso accorto e pianificato dei cecchini.

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Mobilità

Due ruote pulite e buone gambe di Massimiliano Pontillo

Non tanto e solo in termini economici. A leggere i dati, nel corso degli ultimi cinque anni le vendite di biciclette sono passate da un milione e mezzo a due milioni l'anno: in termini percentuali un balzo in avanti che pochi altri settori produttivi possono vantare. Ormai si va verso percentuali olandesi, una bici per ogni abitante. Le città che più fanno spazio ai ciclisti sono quelle come Parma, Reggio Emilia, Ferrara. Ma anche a Bari le bici si possono affittare come a Parigi e a Lione, oppure Palermo, dove le associazioni promuovono la mobilità sostenibile con l'appoggio dell'amministrazione comunale. Una voglia delle due ruote che è un chiaro segno di cambiare strada. Il traffico automobilistico ha mostrato i suoi lati deboli: l'auto inquina, è costosa, fa perdere tempo, rende aggressivi e sedentari. A Milano si è tenuta la prima Conferenza nazionale della bicicletta, promossa dal Ministero dell'ambiente: un'occasione importante per rilanciare un vero e proprio cambiamento culturale che sta portando gli italiani a usare sempre più le due ruote e le proprie gambe. Anche a Roma, così come nel capoluogo lombardo, è sempre più facile imbattersi in professionisti che si muovono tranquillamente e quotidianamente in bicicletta. A fronte di una minoranza, ancora, di neo-ciclisti, resiste un 22% dei cittadini europei che non rinuncerebbe mai all'automobile, che resta il principale mezzo di trasporto in Europa, anche se cresce la consapevolezza ambientale della popolazione. Finalmente la bicicletta torna Il dato, non esaltante, emerge dall'Eurobarometro, a crescere sia come due ruote che rivela che noi europei siamo a favore di misure vendute sia come mezzo per la mobilità sostenibile nelle città di promozione della mobilità sostenibile ma la pratichiamo poco: l'81% dei cittadini Ue possiede un'auto nel proprio anche più grandi come Roma nucleo familiare, il 51% indica l'auto come principale modo di trasporto. Al secondo posto, con il 21%, i mezzi pubblici; gli spostamenti a piedi vengono al terzo posto con il 15%; mentre la motocicletta è prescelta dal due per cento. Incentivare l'uso della bici significa anche considerare il collegamento tra attività fisica e salute, che indubbiamente è rappresentato dall'abitudine di spostarsi pedalando. È, tra l'altro, uno strumento di lotta all'inquinamento nelle aree urbane. Voglio segnalare l'esperienza, nata in molte città, delle ciclofficine autogestite. In cui si possono portare le proprie biciclette a riparare, o dove regalano le due ruote che nascono dall'assemblaggio di pezzi recuperati. Gli italiani spendono in media intorno ai duecento euro, contro gli ottocento spesi in Olanda, dove a fronte di un impiego quotidiano e intensivo, i consumatori tendono a investire sull'affidabilità del mezzo. In un anno ciascun ciclista olandese pedala per 5000 chilometri, contro i mille scarsi dei ciclisti italiani. C'è da dire, infine, che i produttori italiani sono i migliori esportatori in Europa. Concentrati in Veneto per il 70%, impiegano 5.500 persone con un fatturato annuo di tutto rispetto: circa 800 milioni di euro. A conferma di una tradizione industriale importante. Un consiglio? Usate la bicicletta, almeno nel tempo libero: è un mezzo di locomozione straordinario, è salutare, flessibile e non occupa spazio.

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EMBRA CHE L'ITALIA ABBIA RIPRESO PROPRIO A PEDALARE!

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Armand Hammer

L’ultimo “utopista” del Novecento di Andrea Montella

La mia vita si estende lungo tutto l’arco del secolo e talora “ è riuscita a gettare un ponte provvisorio sulla più grande frattura culturale e politica della storia umana; l’abisso ideologico fra i paesi capitalisti dell’Occidente e i paesi socialisti dell’Est ”

Armand Hammer (1898 –1990)

RMAND HAMMER, PASSATO ALLA STORIA COME IL PADRONE della Occidental Petroleum CorporaNella pagina a fianco, in alto, Hammer legge l’elogio tion, in realtà si chiamava Heimann, e come il cognome anche la sua nazionalità non è funebre al funerale di Breznev chiara: alcuni affermano che sia nato in Russia, altri a New York, concordano comunque nel 1982. A destra stringe la mano a Ronald Reagan sulla data di nascita il 1898. È conosciuto anche come il capitalista “amico” di Lenin, secondo gli archivi il 24 giugno 1985 nella Sala del Kgb, un dossier di 3 mila pagine, finanziò i servizi segreti “sovietici” e dopo la caduta del Muro e delovale della Casa Bianca. Sotto, la fabbrica dove prima l’URSS è stato l’unico vero sopravvissuto a quel sistema, non comunista ma di capitalismo di Stato, che della Rivoluzione del 1917 lui con le sue scelte e con le sue relazioni ha sicuramente condizionato e aiutato a svilupparsi, certasi fabbricavano in Russia le uova Fabergé (in basso) mente non nella direzione voluta dai figli dell’Ottobre. e, a destra, con Gorbaciov Nella sua lunga vita, 92 anni, ha incontrato da Lenin a Trotsky, da Stalin a Roosevelt, da Kruscev a durante i funerali di Chernenko il 3 marzo 1985. Kennedy, da Breznev a Nixon, da Reagan a Gorbaciov. Ha collaborato alla nascita dell’odierna Russia con altri capitalisti del calibro di Dwayne Andreas, oligopolista mondiale del grano e gran visir della Archer Daniel Midlands, chiamati al capezzale di quel sistema moribondo diedero vita sin dal 1972 all’Ustec – Associazione per il Commercio Usa-Urss, con lo scopo di rimuovere tutti gli ostacoli che le leggi americane dre. La cauzione di Julius fu pagata da Mortimer Schiff, il cui padre, Jafrapponevano. Con queste finalità nasce un consorzio diretto dalla cob, era socio della banca d’affari Kuhn & Loeb – che in seguito si chiaChevron Oil Co. che si incarica di vendere all’estero gas e petrolio merà Shearson Lehman – in società con Averell Harriman. con cui il governo russo ricaverà i soldi per pagare le multinazionaNonostante le altolocate conoscenze, la famiglia Hammer in li Monsanto, Chemical, Nabisco, Ford, Kodak, Coca Cola e Johnson quel periodo era controllata in modo discreto e a debita distanza da & Johnson che avevano deciso di investire in quel Paese. Il nostro ben due famosi apparati repressivi: l’FBI e l’MI5 britannico. NonoArmand in tutti questi passaggi c’ha sempre guadagnato. stante questa sorveglianza il giovane Armand riesce a giungere in Passato indenne in tutte le vicissitudini di quel Paese ne comRussia portando con sé come dono di una non ben precisata “misprese le enormi potenzialità commerciali e ne divenne il tramite con sione medica americana a Mosca” un intero ospedale da campo e un Occidente che ne aveva decretato, inizialmente, l’isolamento per un’ambulanza. Il regalo gli costò - viaggio compreso - 100mila dolnon diffondere nel mondo il virus del Comunismo. lari ma fu molto apprezzato e gli permise, grazie anche ad un collaHammer aveva delle ottime credenziali per entrare nelle simpatie boratore di Lenin, di accedere ad una serie di aiuti necessari per sfrutdei dirigenti bolscevichi: era figlio di Julius, uno dei fondatori del So- tare, tramite la Allied Drug & Chemical Company, una miniera di cialist Labour Party negli Stati Uniti, che aveva conosciuto Lenin nel asbesto (amianto) ad Alapayevsk nell’estremo oriente russo. suo esilio in Svizzera. Doveva essere il padre a partire per Mosca nel La non autosufficienza economica russa sarà la costante realtà su 1921 e iniziare a far affari con quel Paese; Julius, che era anche medicui Hammer muoverà le sue scelte economiche e saranno una delle co, in quella veste era stato arrestato perché una sua paziente era morfonti dei suoi guadagni. Se l’URSS fosse diventata autosufficiente ta dopo aver fatto un aborto. Ma successive ricerche storiche mettono Hammer ne avrebbe molto sofferto. in discussione la versione ufficiale e attribuiscono al giovane Armand, La Allied Drug & Chemical Company, la società di famiglia, si non ancora laureato in medicina, l’intervento sulla paziente del paera sviluppata nei primi anni del ‘900, negli Usa, durante uno dei

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Il capitalista amico di Lenin ha tenuto sotto tutela la vecchia Unione Sovietica e ha contribuito, in maniera determinante, alla nascita della nuova Russia

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periodici attacchi alle bibite a contenuto alcolico. Con le politiche proibizioniste, i politici americani, pensavano di ingraziarsi l’elettorato di casa e nel contempo di sconfiggere il fenomeno dell’alcolismo. Ovviamente, senza un’adeguata politica sociale sul problema, l’unico risultato che ottennero fu quello di irrobustire tutte le mafie presenti sul loro territorio e tutti coloro che muovendosi sul limite estremo della legalità poterono arricchirsi rapidamente. L’azienda degli Hammer estraeva una tintura dallo zenzero, utilizzata per produrre clandestinamente un succedaneo delle bevande proibite, capace comunque di soddisfare palati non certo delicati. Ma le risorse dell’URSS non erano solo quelle minerarie anche la natura di quel paese poteva rendere un bel po’ di quattrini: il giovane Hammer si buttò sull’esportazione di pellicce, in particolare lo zibellino. Hammer tornò a New York nel 1931 con l’idea di far soldi con il commercio di opere d’arte appartenute alla nobiltà russa ed in particolare ai Romanoff. Tra gli articoli più richiesti dai ricchi capitalisti occidentali ovviamente c’erano le famose uova Fabergé. Ovviamente le uova non erano infinite e quando scarseggiavano ci pensavano le abili mani di artigiani russi a fare delle copie perfette, a cui Armand apponeva i marchi originali grazie al fatto che possedeva i timbri che aveva preso nella ex fabbrica Fabergé in Russia. Le uova uscivano dall’URSS e giungevano in Occidente grazie ad un accordo economico tra Hammmer e Mosca, a cui andava una parte del ricavato. Era uno dei modi

con i russi tentavano di uscire dall’isolamento economico e di avere a disposizione moneta estera per poter acquistare tecnologia e cereali di cui avevano assoluto bisogno. Armand Hammer negli Stati Uniti approfitta anche dei bisogni che sorgono dalla seconda guerra mondiale producendo, grazie ad una concessione governativa, whisky di bassa qualità. In quel periodo si sposa con una signora benestante del New Jersey, Angela Zevely, che lascia nel 1956 per sposare la vedova Frances Burrett, alla quale il defunto marito aveva lasciato un patrimonio di otto milioni di dollari. I soldi dell’attempata moglie saranno la base economica su cui sorgerà l’avventura petrolifera che porteranno la Occidental a diventare uno dei colossi mondiali. Negli anni ’60 grazie alla scoperta del petrolio nel deserto libico e all’appoggio di re Idris, che fu l’unico ad imporre un sistema di concessioni frazionato, evitando in questo modo di essere strangolato dalle famigerate sette sorelle, Hammer poté diventare uno dei maggiori estrattori di petrolio di quel Paese. Negli Stati Uniti Hammer aveva un approccio alla politica piuttosto spregiudicato, passava disinvoltamente dai democratici con una predilezione per la famiglia di Al Gore, suoi soci in affari, ai repubblicani, sino ad appoggiare la candidatura di un lestofante come Richard Nixon. Forse Hammer aveva compreso l’essenza di quel sistema politico dove l’unico valore è il denaro tanto da essere diventato, com’è scritto sulla banconota da un dollaro, una vera e propria divinità: “In God We Trust”.

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economiaefinanza

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altrevoci LA MULTINAZIONALE CHE DIFENDE SOLO I DIRITTI DELL’ACQUIRENTE

MANAGER ITALIANI NELL’OCCHIO DEL CICLONE

SCONOSCIUTI PERSONAGGI PADRI DELLA PATRIA

LA GRANDE INGIUSTIZIA DEL SISTEMA GIUDIZIARIO ITALIANO

LA VERITÀ SULLA MORTE DI MUSSOLINI È ROMANZO

GESÙ PARLA AI CUORI DEI POVERI

Un bambino europeo su dieci è stato concepito in un letto Ikea; non si sa se il letto fosse stato già acquistato o si trovasse ancora nello show room. Questa è un’ipotesi, non verificabile, ma nel libro realizzato dal presidente e da un ricercatore della Ong belga Oxfam Magasins du Monde, con un giornalista, il resto sono dati. 410 milioni di clienti l’anno, 220 negozi in tutto il mondo (tranne in Africa perché lì sono troppo poveri) un ritmo di crescita che nei prossimi dieci anni potrebbe essere del 400 per cento e non essere più generato solo dai mobili, ma anche dai servizi. Forniti attraverso una carta fedeltà chiamata Ikea Family, attivata nel 2005 in 27 negozi di 7 nazioni (tra cui l’Italia), Ikea conta di passare dagli sconti all’offerta di viaggi, corsi di design d’interni, workshop a tema e polizze assicurative. L’Ikea prevede a breve di diventare una presenza ancora più pervasiva nelle nostre vite. Bisogna resistere a questa avanzata? Ne vale la pena dicono gli autori, guardando meglio dietro la cortina di immagine creata da Ikea, che si dipinge come ecologica, simpatica e propagatrice di lavoro e democrazia. Ma che in realta è allergica alla parola sindacato, i suoi sbandierati impegni ambientali è l’unica a poterli valutare, i salari pagati nelle fabbriche del Sud del Mondo che la riforniscono garantiscono solo la sussistenza e che sconsiglia di assumere persone di colore (è successo in francia nel 1999) perché “gli si accorda meno fiducia”.

Se c’è una causa riconosciuta del malessere italiano questa è l’inadeguatezza del ceto dirigente delle nostre imprese. Gli autori misurano l’arretratezza italiana in tema di management facendo un confronto rispetto agli altri Paesi. In Italia c’è una scarsa formazione dei quadri aziendali, difficili rapporti tra management e proprietà, cattiva governance delle aziende. Le cause di questa situazione sarebbero riconducibili a due categorie di persone: i politici e gli imprenditori. I primi non si occupano di migliorare il nostro sistema produttivo, ma percepiscono le imprese come fonte di scambio in termini di potere personale. I secondi invece peccano di diffidenza rispetto ai loro dirigenti a cui spesso non danno una vera e propria delega, escludendoli così dalla fase decisionale. I motivi di questo difficile rapporto risiedono nel fatto che il tessuto produttivo italiano è fatto da piccole e medie imprese, dove l’elemento familiare della proprietà è predominante. .

Francesco Crispi, Francesco Saverio Nitti, Donato Menichella, Luigi Sturzo e Giuseppe Di Vittorio, sono cinque figure-chiave della storia italiana. Sono loro i protagonisti del progetto «Storie interrotte», ovvero il tentativo di diffondere attraverso «dialoghi possibili», costruiti da studiosi e affidati al teatro, alla radio, al libro, la conoscenza, oggi circoscritta, sfocata o distorta di questi «padri fondatori» (per usare un termine caro a un Paese, gli Stati Uniti, attento anche nei momenti più difficili a misurarsi con il senso delle proprie fondamenta). Il progetto nasce, dunque, dalla constatazione che è debole, debolissima, la consapevolezza del contributo di idee e di azione degli uomini e delle donne che hanno concretamente lavorato a disegnare l’Italia contemporanea.

Perché molte persone condannate per reati finanziari le ritroviamo coinvolte in scandali successivi? Perché perfino i reati più comuni (rapine, estorsioni, sequestri di persona, omicidi, ecc.) spesso sono commessi da gente che è già stata condannata per altri reati? perché il processo termina, nel 95% dei casi, con una sentenza di non doversi procedere per prescrizione? Per capire perché accade tutto questo e dare delle risposte è necessario sapere che cosa succede nelle aule dei tribunali e come si lavora nelle procure. A spiegarlo agli italiani ci ha pensato Bruno Tinti, procuratore aggiunto presso la procura di Torino, magistrato che si occupa di reati finanziari: falsi in bilancio, aggiotaggio, frode fiscale e bancarotta. L’autore spiega con un linguaggio semplice le dinamiche distorte del sistema giustizia. Un testo illustrativo introduce nel sistema (la pena, i gradi di giudizio, le indagini, il processo). La prefazione è di Marco Travaglio.

La vicenda della morte di Benito Mussolini è un argomento che lo storico Giorgio Cavalleri conosce bene. A distanza di dodici anni dalla prima uscita, viene ripubblicato da ArterigereEssezeta “Ombre sul lago”, un libro che ripercorre i drammatici eventi del Lario nella primavera-estate del 1945. L’autore ci propone una sua verità in modo avvincente, narrando quei fatti come un romanzo, senza però venir meno al rigore dello storico. La scelta della scrittura e della struttura narrativa è una scelta strumentale, per facilitare il lettore in un percorso che lasciato solo all’aridità, sempre necessaria, dei documenti storici, risulterebbe ostico. Per leggere questo libro, dunque, non bisogna essere degli specialisti o degli esperti della Resistenza. Il merito di Cavalleri? Ha dato organicità a una vicenda che fino ad oggi è sempre stata nebulosa. .

“Per sempre” di Edoardo Nesi è una prova narrativa convincente. L’autore racconta la storia di una ragazza infelice: ventenne, figlia di genitori separati, Alice è una punk, tutta tatuaggi (ne ha ben sette) di cui uno con la scritta “Per sempre”, ha orecchini e piercing, è daltonica, ha un ex fidanzato, pensa costantemente al suicidio e lavora in un call center. La sua vita corre su due binari: quello quotidiano, fatto di miseria e di sniffate, e quello notturno fatto di sogni in cui folle umane disperate chiedono il suo aiuto per essere salvate. In terra c’è il dolore, nel cielo azzurro la speranza. È lì la nostra salvezza? La sua amica del cuore cerca di trascinarla nel mondo dorato e depressivo delle vendite pubblicitarie in tivù, ma Alice ha una missione di bluesbrotheriana memoria: è in missione per conto di Gesù. Lo vede in sogno e sembra che lui voglia qualcosa da lei. E la sua vita improvvisamente cambia, così come cambiano le persone intorno a lei: amici, parenti, estranei, tutti coinvolti in una ragnatela di segni inquietanti.

BAILLY OLIVIER, LAMBERT DENIS, CAUDRON JEAN-MARC IKEA, CHE COSA NASCONDE IL MITO DELLA CASA CHE PIACE A TUTTI?

GIORGIO BRUNETTI E GIANNI MION MANAGER OGGI

Anteprima Edizioni, 2007

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Università Bocconi Milano, 2007 |

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A CURA DI FABRIZIO BARCA, LEANDRA D'ANTONE, RENATO QUAGLIA STORIE INTERROTTE

Laterza, 2007

GIORGIO CAVALLERI OMBRE SUL LAGO

Arterigere-Essezeta, 2007 BRUNO TINTI TOGHE ROTTE

Chiarelettere, 2007

narrativa

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FEMMINE ALBANESI RISCATTANO L’ONORE LA VERITÀ STORICA NON PUÒ ESSERE PROCESSATA DALLA LETTERATURA

Hana abbandona gli studi universitari che aveva da poco iniziato all’università di Tirana per tornare a vivere sulle montagne del Nord dell’Albania, nella casa Che cosa rimane di una dittatura come quella di Francisco Franco in Spagna? «Il bisogno dello zio che l’ha cresciuta di ricordare tutte le verità che hanno contribuito dopo la morte dei genitori a segnare quell’epoca» risponderebbe Isaac e che adesso è vedovo Rosa. Leggendo il suo romanzo appare chiaro e malato. Un atto d’amore il tentativo di fare una ricostruzione storica e di gratitudine che assume decostruendo la realtà del tempo. Sembra i tratti di uno spaventoso una contraddizione, ma è proprio così. Il giovane olocausto di sé quando Hana, autore spagnolo fa un’operazione simile a quella che si rifiuta di accettare che Italo Calvino fece in “Se una notte d'inverno il matrimonio combinato un viaggiatore”, scompone la storia nelle che permetterebbe allo zio singole verità, ricomponendo il tutto nella testa di morire in pace, ma che del lettore. La storia che racconta Rosa costringerebbe lei a rinunciare è una delle tante che si possono trovare alla propria indipendenza, nella memoria degli spagnoli. Anni Sessanta, pensa che l’unico modo contestazioni studentesche all’università, per risolvere i suoi problemi un professore di letteratura in dissenso (forse) sia diventare una vergine con il regime e costretto all’esilio francese, uno giurata. Una di quelle donne studente capopolo (o forse spia) e la dittatura – la cui esistenza è prevista con le sue delazioni (divertente la descrizione dal Kanun (la legge) albanese – della talpa), la sua ferocia e il suo cinismo. Rosa che a un certo punto non fa un’operazione relativizzante, bensì spinge della propria vita decidono il lettore a prendere una posizione sulla base di rinnegare la propria delle voci, delle testimonianze di tutti femminilità. Lo zio è fiero i protagonisti del romanzo. “Il vano ieri” di lei, l’onore della famiglia (titolo infelice) è un romanzo democratico è salvo e lui è finalmente nelle intenzioni e nella realizzazione. libero di arrendersi Isaac Rosa ha il dono della bella scrittura. alla malattia che lo divora. ISAAC ROSA IL VANO IERI

ELVIRA DONES VERGINE GIURATA

Gran via edizioni, 2007

Feltrinelli, 2007

EDOARDO NESI PER SEMPRE

Bompiani 2007 |

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JODICE IL FOTOGRAFO CHE SI PERDE A GUARDARE LE GENTI DI DIO CI SCRUTANO DA EST CON I LORO INVISIBILI E GIOVANI OCCHI

Mimmo Jodice, uno dei più grandi fotografi italiani, cita Fernando Pessoa: «Ma cosa stavo pensando prima di perdermi a guardare?». Una frase in cui il fotografo si riconosce nel suo modo di guardare il mondo attraverso l’obiettivo fotografico e che dà il titolo anche alla mostra allestita al Centro internazionale di fotografia di Milano. “Perdersi a guardare” propone 160 fotografie tutte in bianco e nero e di grande formato. Un viaggio fatto di tante tappe che uniscono tra loro, per associazioni visive ed estetiche, foto celebri con altre inedite, vedute di una Napoli nascosta e da scoprire con scorci inattesi di Roma e di Milano. Un paesaggio in continua trasformazione, fatto di piazze e vicoli, monumenti quasi sconosciuti e riscoperti dalla macchina fotografica e dallo sguardo originale di Jodice. Un viaggio tra un passato ancora così vivo e un presente problematico, che ci permette di conoscere ( e riconoscere) la bellezza composita e varia del nostro Paese.

Monika Bulaj è nata a Varsavia nel 1966, ma vive e lavora in Italia da molti anni. È una fotografa-antropologa che ama descrivere le terre e le fedi di frontiera. “Genti di Dio” è il suo progetto più grande, realizzato dal 1985 al 2005. Un lavoro he descrive l’universo dell’Est europeo, così vicino eppure così sconosciuto ai più. Povertà economica e magnificenza naturale, fede politica e fede religiosa, natura e industria, affermazione di un’Europa moderna e al tempo stesso negazione pratica dell’unificazione europea, così controversa nella scelta di una comune radice religiosa e culturale. Un mondo dove l’abbattimento della cortina di ferro ha lasciato lo spazio a una libertà che non produce (solo apparentemente) scambio. Eppure l’Est è ricchissimo di culture multiformi che andrebbero raccontate perché farebbero capire l’importanza della diversità nel patrimonio culturale europeo. Ci sono i discendenti dei guerrieri tartari, musulmani e allo stesso tempo grandi patrioti polacchi, le tombe dei grandi zaddiq, dove il viavai degli ebrei chassidim continua incessante ancora oggi da tutto il mondo. C’è tutto un passato che ci appartiene e che le fotografie della Bulaj ci restituisce intatto. MONIKA BULAJ GENTI DI DIO, VIAGGIO NELL'ALTRA EUROPA

Frassinelli, 2007

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LA SCULTURA DI ROSSO DIVENTA FOTOGRAFIA

NAVIGABILE AZZERA CONFINI E DISTANZE

Giuseppe Rotunno è considerato il maestro delle luci del cinema italiano. Pubblicato con il Centro Sperimentale di Cinematografia, dove Giuseppe Rotunno dirige il corso di fotografia, questo libro è un omaggio a un grande tecnico-artista (perché il direttore della fotografia è tale al pari del regista) e al tempo stesso un’appassionata ricostruzione di oltre quarant’anni di attività nel cinema d’autore. L’incontro con Luchino Visconti, da “Senso” a “Le notti bianche”, da “Rocco e i suoi fratelli” a “Il lavoro”, da “Il Gattopardo” a “Lo straniero” e “La strega bruciata viva”, è tra i più rappresentativi della sua lunga carriera e anima uno dei momenti più alti del cinema italiano all’insegna della sceneggiatura della luce e della drammaturgia del colore. C’è poi il rapporto con Federico Fellini, un sodalizio irrepetibile che ripropone la sintesi tra tecnica e poesia, scienza dell’illuminazione e magia del racconto.

Medardo Rosso (Torino, 1858 – Milano, 1928) è stato, con la sua opera artistica (scultura) e con la sua documentazione fotografica, un vero precursore della modernità. Eppure per molti aspetti è ancora un autore “nascosto”, poco conosciuto nella sua totale dimensione. La mostra in corso alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia si propone di restituire la complessità della sua storia anche attraverso il suo ricco lavoro sulla fotografia. Oltre 100 opere fotografiche (negativi, stampe, montaggi, collage) originali, provenienti dall’Archivio Rosso, restituiscono un contributo essenziale alla questione attualissima della relazione tra scultura e fotografia, che ha nella ricerca della forma il suo nucleo essenziale e comune. “La forma instabile”, che è il titolo della mostra, ben si adatta al lavoro dello scultore che fotografava le sue opere e poi fotografava le sue fotografie. L’instabilità della forma ha in questa ridefinizione di immagine la sua massima espressione.

Da ora in poi comporre una e-mail sarà più facile, soprattutto se l’interlocutore è un cinese o qualcuno che non conosce la nostra lingua. È sufficiente comporre il messaggio con “NavigAbile”, un programma che utilizza un dizionario di immagini facilmente intelleggibili. Si tratta di un progetto, finanziato dall’Unione Europea, per persone diversamente abili. Il software è il risultato di una partnership tra Fondazione Italiana Accenture, Fondazione Don Gnocchi, Social Work Foundation, University of Valencia Estudi General e Dart. Con la registrazione, l’utente potrà accedere al programma personalizzando i contenuti (storie, libri, corsi), avere notizie, collegarsi a siti di importanza nazionale e a bacheche tematiche. Inoltre, potrà usufruire di servizi quali la Tabella di comunicazione, il Compositore di frasi, un servizio di posta elettronica, la bacheca del proprio centro.

COMPUTER FACILE PER I NONNI ITALIANI GRAZIE AL SOFTWARE GRATUITO ELDY

www.navigabile.it

www.eldy.org

ORIO CALDIRON GIUSEPPE ROTUNNO E LA VERITÀ DELLA LUCE

Skira, 2007 FINO AL 6 GENNAIO 2008 AL MUSEO PEGGY GUGGENHEIM DI VENEZIA

FINO AL 25 NOVEMBRE AL CENTRO INTERNAZIONALE DI FOTOGRAFIA DI MILANO

| 70 | valori |

ROTUNNO L’UOMO CHE PARLA CON LA LUCE

Eldy è il primo software italiano che offre agli anziani una modalità di accesso facilitato a Internet. Gli utenti che lo utilizzano in Italia sono ormai oltre centomila. Si tratta di un software gratuito, realizzato dai volontari di una onlus senza contributi pubblici, e scaricabile dal sito www.eldy.org. Nei prossimi mesi sarà distribuito anche da altri canali, come enti e istituzioni. Il programma ha un’interfaccia semplice e immediata. La schermata iniziale è divisa in sei quadranti che riproducono con disegni e caratteri ben visibili le principali funzionalità: dalla mail alla chat, dalle foto alle previsioni del tempo, fino alla videoscrittura semplificata. Eldy ha avuto un bel successo anche all’estero dove è stato tradotto in inglese e in olandese. Il programma prevede uno sviluppo per l’introduzione nella pubblica amministrazione. Alcuni comuni, come Roma, hanno dato via anche al programma “nonni su internet” , un intervento di alfabetizzazione informatica tra i più anziani realizzato con l’installazione di computer con tastiere facilitate e programmi ad hoc. Icone in formato grande, una barra delle applicazioni ben visibile che consente di accedere a tutte le funzioni, una barra delle funzioni che consente di selezionare quelle più utili.

multimedia

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USA CONTRO JOHN LENNON

PAGA IL CD QUANTO VUOI IL TEST DEI RADIOHEAD

In una delle sue prime interviste americane John Lennon disse che gli sembrava stupido essere in America e non parlare mai del Vietnam, come se niente fosse successo. Bastò questo a trasformarlo in un “sorvegliato speciale” dell’Fbi. Quando, assieme alla compagna Yoko Ono, Lennon cominciò a organizzare dimostrazioni e promosse i suoi famosi “bed-in”, facendosi intervistare coperto soltanto dalle lenzuola per sensibilizzare sui diritti umani e sulla pace, le cose si fecero serie. Quando poi si seppe che Lennon stava organizzando un tour di concerti che doveva culminare con una grande manifestazione pacifista durante il congresso del Partito repubblicano, il governo americano rispose con una richiesta di espulsione immediata dagli Stati Uniti. Lennon continuò il suo impegno pacifista fino al giorno del suo assassinio nel 1980. (dvd più libro euro 16,90)

Il test lo ha lanciato su Internet la band inglese dei Radiohead: «paga quanto vuoi» per il cd “In raimbows”, il loro ultimo disco. Il test sembra essere andato a buon fine: i cultori della musica della band sono contenti e i musicisti si sentono più buoni e onesti. I download sono andati bene e a quanto pare anche gli incassi, nonostante si potesse decidere di non pagare nulla. Che cosa accadrà ora al mercato della musica è presto per dirlo. Di certo la popolarità, già traballante, delle major discografiche con questo test si assottiglia ancor di più. Affidarsi all’onestà dei consumatori è un gesto coraggioso ma non originale. Infatti, era già stato praticato da Paul Feldman, l'economista che decise di prendersi la liquidazione per mettersi a vendere ciambelle negli uffici. Le consegnava al mattino, lasciando anche una scatola per gli spiccioli, che tornava a prendere dopo un po’. Come è finita? Bene, perché i lavoratori le pagavano, soprattutto nelle realtà aziendali piccole dove è maggiore il controllo sociale.

DAVID LEAF JOHN SCHEINFELD USA CONTRO JOHN LENNON

Feltrinelli, 2007

www.inrainbows.com

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ANNO 7 N.54

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terrafutura

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BIOEDILIZIA IL VENETO LEADER NAZIONALE L’IMBALLAGGIO È SEGNO DI CIVILTÀ QUINDI L’ECODESIGN È UN DOVERE

Il Metadistretto della bioedilizia è una realtà consolidata. In origine era il distretto di Treviso, oggi comprende sei province (Venezia, Padova, Vicenza, Belluno e Rovigo). Le imprese aderenti sono 414, per circa 5.000 occupati. Una realtà che genera un fatturato pari al 20% del volume totale dell’edilizia regionale. Il messaggio della bioedilizia ha fatto presa soprattutto tra le imprese edili medio piccole e artigiane, con una media di conversione (il 20%) superiore a quella nazionale. Numeri che rendono il metadistretto veneto punto di riferimento in Italia. Le imprese costruttrici aderenti operano tenendo conto di alcuni aspetti: l’efficienza energetica, in termini sia di risparmio che di recupero, la qualità della salute degli ambienti (realizzata attraverso l’eliminazione dei materiali tossici, ancora troppo diffusi in edilizia), la progettazione di spazi che favoriscano la migliore qualità della vita possibile. Inoltre, stimolano gli amministratori a promuovere una politica urbanistica rispettosa del territorio circostante.

«In talia quello dell’imballaggio e dei pallet è un settore nuovo e di nicchia. E deve entrare in una catena di fornitura responsabile perché l’imballaggio è un segno di civiltà che non può rimanerne escluso». Primo Barzoni è il presidente della Palm spa, un’azienda da 18 milioni di fatturato e 50 dipendenti. Lui è uno dei 300 produttori italiani di imballaggi, con una particolarità: produce pallet personalizzati e ispirati a principi di ecodesign. Etica, responsabilità d’impresa, attenzione all’ambiente e alle persone sono gli argomenti che affronta quando parla della sua azienda. Discorsi importanti per un prodotto come il pallet che nell’immaginario collettivo non viene concepito come elemento della distribuzione. Una sorta di accessorio di cui ci si può non curare perché non appare. «Non è così - spiega Barzoni -. Il pallet è il cliente del carrello elevatore e il 90 per cento delle merci mondiali viene movimentato su pallet. Quindi ha un’importanza notevole e nel nostro caso può essere anche usato nella distribuzione. Noi progettiamo pallet in legno rispettosi dell’ambiente, perché se io progetto un prodotto con certi criteri etici, posso fare economia ed ecologia allo stesso tempo. Significa, duqnue, pensare anche al dopo, quindi allo smaltimento, al riciclo o al riutilizzo».

www.palm.it

ETICHETTE IN BRAILLE PER I GENERI ALIMENTARI

ALTO ADIGE PRECURSORE IN ENERGIE RINNOVABILI

TECNOLOGIE INTERATTIVE PER IL FLASH MOB

Come fa un cieco a sapere quando scade il cibo che compra? Una domanda semplice a cui il gruppo Alce Nero e Mielizia, produttori e distributori di alimenti biologici in Italia e in Europa, ha risposto in modo semplice: con le etichette in braille. Non solo il nome del prodotto, ma anche la data di scadenza e il marchio. L’idea era già venuta al ministero della Sanità per quanto riguarda i farmaci, ma per i generi alimentari nessuno prima ci aveva pensato, probabilmente perché il mercato dei ciechi ha numeri poco interessanti (sono circa mezzo milione) e i costi sono alti. Il gruppo Alce Nero e Mielizia si è fatto carico dei costi aggiuntivi per l’etichettatura. «Non è stato facile - spiega Nicoletta Maffini, responsabile marketing e comunicazione del gruppo - soprattutto per alcuni prodotti, come la pasta confezionata con film plastici trasparenti. Noi vogliamo dare un servizio al cieco che all’interno della propria casa utilizza la memoria per localizzare i vari prodotti. Un segnale che dovrebbero seguire anche altri produttori».

C’è chi sulle energie rinnovabili ci si è buttato a capofitto sull’onda del Conto energia e c’è chi, come la Suntek, azienda specializzata in impianti solari, ci lavora da almeno 15 anni con successo. L'intuizione venne al suo attuale presidente, Peter Hinteregger, che iniziò l’attività nel 1992, commercializzando i primi impianti di energie rinnovabili, nel territorio Altoatesino. Favorito anche dalla vicinanza con Austria e Germania, sensibili all’argomento. Oggi la Suntek , che ha sede a Brunico, vanta circa 30 strutture tecniche in tutta Italia e una rete di assistenza capillare. «Nella sede principale lavoriamo in dodici - dice Emanuela Cavadini amministratore di Suntek - ma sul tutto il territorio contiamo circa 120 addetti. Per noi è fondamentale la rete di assistenza tecnica, a cui facciamo formazione e senza la quale la rete commerciale non funzionerebbe». La Suntek vanta una serie di prodotti in esclusiva, realizzati in Germania, leader europeo del settore.

Cityspeak è un progetto creato da Jason Lewis per creare una interazione tra gli schermi della città e i suoi abitanti tramite l’invio di un sms con un testo destinato ad apparire in modalità casuale composto su uno schermo. Il riferimento è la tradizione del Flash Mob, la mobilitazione casuale che i Net-attivisti hanno spesso lanciato sulla Rete per creare assemblamenti casuali o eventi imprevisti. La composizione casuale del messaggi, sia sotto il profilo della composizione grafica, sia sotto quello della composizione (tramite l’accesso casuale a un database comune alle numerose città in cui il programma è stato presentato), unita all’assenza di censure preventive da parte dei gestori del sistema, offre una sorta di mappa emotiva del presente tramite l’utilizzo di una semplice e universalmente diffusa tecnologia. Dagli stessi ideatori del progetto è nata l’installazione sulle “extraordinary rendition”, i sequestri internazionali operati dalla Cia presentato in alcuni aeroporti canadesi come installazione interattiva su schermi lcd che presentava l’operatività dei voli civili che trasportavano persone sequestrate e portate in luoghi segreti di interrogatorio.

www.suntek.it www.alcenero.it

www.distrettobioedilizia.it | 72 | valori |

ANNO 7 N.54

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NOVEMBRE 2007

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EVOLUZIONE DEL BLOG VERSO LE IDEE Leandro Angrò vive stranamente in Italia malgrado sia un interaction designer che lavora sul concetto di “embodiment” (rapporti tra atomi-uomo e bites-macchina) ed abbia La pubblicità cerca nuove formule per entrare in contatto con una generazione nata nell’era contributo allo sviluppo della creazione diretta dei contenuti. Nella fase di tecnologie futuribili come iniziale di Web 2.0 l’elemento parodistico è stato I-Able, un software che crea caratterizzante, Video virali e guerriglia marketing una effettiva interazione sono stati tra gli elementi di rottura e di riflessione tra lo sguardo e il monitor. sull’evoluzione del marcato della comunicazione Www.ted.com è un suo nuovo e della pubblicità. Sulla stregua del fenomeno, progetto che vuole i creativi delle grandi agenzie hanno iniziato rappresentare il passaggio a commissionare la creazione di prodotti destinati dall’era eTech a quella del alla Rete che, sfruttando la parodia, supportano “Ted (Inspired talks by the il prodotto in una chiave ironica e destinato alla world’s greatest thinkers fruizione da parte di un grande pubblico, abituato and doers). Ted rappresenta alla frequentazione di YouTube e altri siti web la comunità di persone che e di file sharing in cui è possibile trovare accanto vuole discutere ed amplificare al video originale di un prodotto una serie di “fake” «idee che vale la pena (falsi video) o di video virali. Accade in questa di diffondere». Attraverso nuovo fenomeno di creatività in cui le grandi i blog e usando la capacità agenzie di comunicazione tendono ad inserirsi di indicizzazione di WordPress che una società internazionale di idrocarburi e le potenzialità di technorati, collabori nella creazione di un sistema interattivo il progetto vuole linkare una che si presenta come di informazione ecologista selezione di idee per diffonderle, e che permette di mostrare le alternative attraverso microcontents per la creazione di energia, mostrandone come e blogroll «trasformandoli così elemento di valutazione i diversi costi ma anche in un amplificatore potente i positivi o negativi riflessi sulla popolazione. la cui tecnologia è già presente Se le città di SimCity Societies crescono senza nei blog. Vogliamo creare mostrare attenzione alle emissioni di gas nocivi, uno shift da blog-roll a idea-roll». si scatenano una serie di conseguenze, tra cui Il progetto ha già una piattaforma ondate di calore e siccità. Viceversa vengono web da cu è attivabile mostrate le alternative ecologiche nel loro costo la ricerca di contenuti (idee) effettivo e rapporto costo/produzione, nei settori Tecnologia, evidenziandone però visivamente l’impatto Intrattenimento e Design. sul benessere complessivo e sul livello di vita e salute della popolazione che vive vicino alle strutture di produzione energetica. ANNO 7 N.54

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UN CUBO PER I LINKER BOYS

EFFETTO SERRA NEL MONDO VIRTUALE DI SIMCITY FINANZIATO DAI PETROLIERI

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future

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Kubik è un non luogo itinerante che crea uno spazio momentaneo di aggregazione multimediale e multisensoriale. Kubik è un “pop-up club”, una struttura che ospita dj set e videoeventi che viene temporaneamente installata nelle principali città europee (l’esordio è stato a Berlino, cui sono seguite Barcellona e Lisbona). Si compone di una struttura cubica di grandi cisterne d’acqua trasparenti che creano una area protetta dagli sguardi esterni al cui interno si crea l’evento. La struttura di cisterne, impilate con rigore architettonico, viene posizionata in località prive di altri contesti e occasioni di socializzazione. Unico punto di riferimento fisso è il sito della struttura che indica il programma e le città in cui si realizza, come una versione attualizzata dei squatter party il cui invito arrivava solo tramite passaparola o, in tempi recenti, via sms. Kubik, secondo Future Concept Lab di Milano, è un tipico esempio degli interessi dei “Linker Boys”, giovani tra i 20 e i 25 anni che la sociologia cataloga come “caratterizzati da un forte bisogno di rielaborare il mondo ed i contesti circostanti in modo unico e creativo utilizzando la tecnologia come una piattaforma integrata e considerando il mondo virtuale come parte del reale”.

NOVEMBRE 2007

| valori | 73 |


Errare humanum est...

...perseverare è diabolico

NOVEMBRE 2007

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7.577

2.585

7.537

2.623

numeri SUD

.

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6,9

2005 2006

ITALIA

Famiglie

Persone

123

Disuguglianze più forti nei paesi occidentali

(una quota rilevante dei redditi della popolazione più ricca) RICCHI SEMPRE PIÙ RICCHI. I POVERI SEMPRE PIÙ POVERI. Non è solleva importanti problemi di equità in molti Paesi. È signifiun facile slogan: e statistiche sulla distribuzione del redcativo che il ministro del Tesoro della Gran Bretagna, che ha dito negli Stati Uniti, diffuse nei giorni scorsi dall'Interfondato su una politica di bassissinal Revenue Service, mostrano REDDITO PRODOTTO NEGLI STATI UNITI ma tassazione il proprio sviluppo che nel 2005 gli americani più ricANNO TOP 1% TOP 10% TOP 50% BOTTOM 50% economico, abbia proposto di inchi (1% della popolazione) hanno 1987 12,32 36,9 84,37 15,63 trodurre un'unica aliquota del prodotto una quota del reddito 1988 15,16 39,45 85,07 14,93 18% per tutti i guadagni in conto complessivo del Paese pari al 1989 14,19 39 85,04 14,96 capitale. Questi interventi devono 21,2%, contro il 19% nel 2004. Al1990 14 38,77 84,97 15,03 ovviamente tenere conto del sistelo stesso tempo la quota del 50% 1991 12,99 38,2 84,87 15,13 1992 14,23 39,23 85,08 14,92 ma fiscale nel suo insieme, per meno ricco della popolazione è 1993 13,79 39,05 85,08 14,92 evitare duplicazioni con la tassastata pari al 12,8%, contro il 1994 13,8 39,19 85,11 14,89 zione dei redditi di impresa e per 13,4% dell'anno precedente. Da 1995 14,6 40,16 85,46 14,54 ridurre i possibili movimenti dei quando viene effettuata la statisti1996 16,04 41,59 85,92 14,08 1997 17,38 42,83 86,16 13,84 capitali verso Paesi fiscalmente geca non era mai stata raggiunta una 1998 18,47 43,77 86,33 13,67 nerosi. Problema questo particoquota così alta di reddito a favore 1999 19,51 44,89 86,75 13,25 larmente grave in Italia, con una dei cittadini più ricchi, superiore 2000 20,81 46,01 87,01 12,99 tassazione dei redditi di impresa al livello record del 2000 quando 2001 17,53 43,11 86,19 13,81 che, pur scontando le misure prel'1% aveva a disposizione il 2002 16,12 41,77 85,77 14,23 2003 16,77 42,36 86,01 13,99 viste dalla nuova Finanziaria, è 20,8%. Anche i dati europei indi2004 19 44,35 86,58 13,42 ancora tra le più alte in Europa e cano una crescente disuguaglian2005 21,2 46,44 87,17 12,83 con un prelievo fiscale complessiza. Le grandi ricchezze e le disuTop 1% 1% più ricco con 364,657 dollari di reddito Top 10% contribuenti che dichiarano 103,912 dollari vo sulle persone fisiche particolarguaglianze portano sempre in Top 50% contribuenti che dichiarano 30,881 mente elevato dato che ha ormai primo piano il tema fiscale. La tasBottom 50% poveri superato il 43% del reddito. sazione delle rendite finanziarie

I

FONTE: SOLE 24ORE

EL MARASMA DELLE DEVIAZIONI SU “POLITICA” E “ANTIPOLITICA”, SI DISTINGUE

ANNO 7 N.54

NORD

22,6

11,1

l’evoluzione delle posizioni di Rossana Rossanda che denuncia finalmente le responsabilità delle forze politiche “non più soltanto di destra ma di centrosinistra ed ex nuova sinistra a convertirsi di colpo allo Stato minimo, cioè alla rinuncia ad un intervento pubblico che facesse asse ai suoi bisogni”. Per uscire dall’impasse in cui si è costretti a rimanere sino a quando non ci si sarà liberati dalla sudditanza imposta dall’egemonia culturale e politica dei gruppi di potere, altro non c’è che analizzare i fatti da una prospettiva teoricostorico-politica. Gramsci seppe cogliere l’antitesi tra la ”patente statale”, con cui si salvava l’industria privata mediante l’Imi e l’Iri con una sorta di “nazionalizzazione per rimediare a una certa arretratezza”, e la nazionalizzazione “necessaria allo sviluppo dell’economia verso una costruzione programmatica”. Tale anticipazione critica sulla differenza tra sistema di accumulazione privata vista nella logica dell’economismo e sistema di nazionalizzazioni come parte organica di economia programmatica – per cui non è un caso che, sulla spinta delle intese ispirate negli anni 1944-47 dalla strategia togliattiana della “democrazia progressiva” la costituzione repubblicana e antifascista del 1948 rechi come sua originalità le norme cosiddette “programmatiche” culminanti in quella sulla “programmazione globale” dell’economia a fini sociali – ha avuto il pregio di contribuire all’identificazione sempre più precisa del carattere centrale e dominante della moneta e quindi Indispensabile uscire delle “istituzioni” di riferimento. Al qual proposito Gramsci dall’impasse della sudditanza ha sottolineato quella caratteristica della “rapidità di circolazione”, imposta dall’egemonia in prossimità dei nostri giorni è stata viceversa presa a pretesto culturale e politica dei gruppi che per proclamare apoditticamente che l’odierna iperbolica velocità di potere internazionali dei flussi finanziari, additata come un “assoluto”, segnerebbe di per sé una cesura totale tra il capitalismo di fine secolo XX e quello di inizio XXI secolo. Cesura “totale”, anziché “passaggio di fase” con effetti di trascinamento del rapporto capitale finanziario/capitale industriale sul nesso teorico tra fordismo, società post-moderna, economia post-fordista, dando una lettura della trasformazione dell’impresa (e del capitalismo) “multinazionale” nell’impresa (e capitalismo) transnazionale tramite la “rete” delle imprese portatrici del fenomeno della “delocalizzazione” come fenomeno da cui sono state dedotte le conclusioni sulla cosiddetta “fine dello Stato” nonché “fine del lavoro”, enfatizzando il passaggio dal ciclo della produzione di beni “materiali” al ciclo della produzione di beni “immateriali”, come base fondativa della “economia della conoscenza” su cui si staglierebbe l’avvento del lavoro come fatto sempre più “individuale” al posto del lavoro quale espressione del rapporto tra “occupazione” e società. L’abbacinante apertura di tale prospettiva nei termini della cosiddetta “globalizzazione” si è tradotto nel definitivo snaturamento politico di una formazione che, da “estrema sinistra” ispiratrice del processo di “trasformazione” della società, si è alterata in “sinistra parlamentarista”, ciò che risulta più vistosamente deformante nel “caso italiano” di cui proprio da sinistra si è scatenato quel “rovesciamento teorico/politico” che è stato perseguito sin dalla fondazione della Repubblica delle forze conservatrici, prendendo a modello il sistema “semipresidenziale” alla francese con cui si è flirtato nella Commissione D’Alema del 1997, sino al rilancio della revisione costituzionale del modello “Berlusconi” respinto dal referendum del 2006. | 74 | valori |

5,2

LE STIME [IN MIGLIAIA DI UNITÀ]

CENTRO

di Salvatore d’Albergo

N

LE QUOTE DELL’INDIGENZA [2006, IN % SUL TOTALE FAMIGLIE]

FONTE: SOLE 24ORE

FONTE: SOLE 24ORE

| globalvision |

.

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NOVEMBRE 2007

| valori | 75 |


| numeridell’economia |

Pechino tenta di frenare la corsa dell’economia ECONOMIA CINESE È CRESCIUTA

L’

dell’11,5% nel terzo trimestre 2007, contro l'11,9% del secondo trimestre. Li Xiaochao, portavoce dell’Ufficio nazionale di statistica, ha commentato che è il risultato della politica di controllo governo, che vuole conte-

IMPATTI MACROECONOMICI NEL 2050 E NEL 2100 20

350,00

300,00

mento delle tasse sull’esportazione di acciaio e altre merci la cui produzione richiede gran consumo di energia. Ma rimane alta la paura dell’inflazione, che a settembre è gunta al 6,2% per i prezzi dei prodotti al consumo, colpendo soprattutto il settore alimentare.

nere la crescita per paura dell’inflazione. Per contenere la crescita il governo ha adottato varie misure quali 5 aumenti nel 2007 del tasso di interesse sui prestiti e ripetuti incrementi delle riserve monetarie obbligatorie per le banche, maggiori imposte e divieti in campo immobiliare, au-

FONTE: ELABORAZIONE FONDAZIONE ZANCAN SU DATI ISTAT

| numeridell’economia |

27 7 250 6

250,00

21 25 200,00

.

150,00

1 0 66

1 7 02

11 60

LA CAMPANIA MIGLIORA... Quota % delle famiglie povere sul totale Campania

...MA PEGGIORA LA CALABRIA Quota % delle famiglie povere sul totale

2005

2006

2005

2006

27,0

21,2

Calabria

23,3

27,8

Molise

21,5

18,6

Bolzano

4,0

7,1

Sicilia

30,8

28,9

Toscana

4,6

6,8

Basilicata

24,5

23,0

VaIIe d'Aosta

6,8

8,5

6,1

5,3

Emilia Romagna

2,5

3,9

Trento

LA SOGLIA DI POVERTÀ RELATIVA Anno 2006. Dati in euro pro capite al mese

970,34 La soglia

769 La spesa media dei poveri

| 76 | valori |

ANNO 7 N.54

+ |

NOVEMBRE 2007

|

-

+

7

Calabria

Basilicata 05

2 1

Sardegna

65

62 1 Sicilia

2 76

Puglia

Campania

Molise

Abruzzo

Lazio

Marche

Umbria

22 Toscana

Emilia Romagna

5

7 51

72 1

Liguria

Friuli Venezia Giulia

0

Veneto

3,10 7,98 6,20 5,37 6,13 3,06 4,97 2,08 4,97 10,19 13,19 5,16 6,71 7,05 4,45 10,00 9,67 4,60 9,35 19,60 2,57 8,05 5,18 11,00

Trento

+177,5 Dicembre -48,8 Novemb. +38,5 Novemb. +28,6 Novemb. -4,1 Agosto +33,7 Settem. +16,7 Dicembre +21,3 Dicembre +1,3 Novemb. +12,0 Novemb. +46,1 Dicembre +22,1 Dicembre +0,3 Ottobre -5,9 Novemb. +8,0 Settem. +36,8 III Trimestre -11,1 II Trimestre -7,9 Dicembre -9,6 Novemb. -53,2 Novemb. +2,0 Novemb. - 2,8 Novemb. -4,1 Novemb. +140,8 Novemb.

Bolzano

Ott. Sett. Sett. Sett. Ott. Sett. Ott. Ott. Ott. Sett. Ott. Ott. Ott. Ott. Ott. Ott. Sett. Sett. Sett. Ott. Sett. Ott. Ott. Ott.

Trentino Alto Adige

+1,4 +2,1 +6,3 +3,3 +5,4 +0,4 +2,1 -1,2 +2,8 +10,4 +3,3 +2,1 +4,2 +4,3 +1,9 +8,7 +9,6 +1,3 +5,3 +10,0 +2,7 +6,3 +1,2 +9,2

Lombardia

Ott. Sett. Ago. Sett. Ago. Sett. Sett. Sett. Sett. Sett. Sett. Sett. Ago. Sett. Ago. Ago. 2005 Ago. Sett. Sett. Sett. Sett. Sett. Sett.

50,00

Valle d'Aosta

+14,7 +11,4 +6,2 +3,6 -7,0 +7,6 +16,3 +2,1 +5,0 +6,6 +1,3 -2,6 +12,5 +5,0 +9,9 +12,7 +4,0 +8,1 +1,9 +4,0 +5,8 +11,8 +11,7 +4,1

TASSI INTERESSE

10

61

57

LE PREVISIONI SUI PAESI RICCHI PAESE

Australia Austria Belgio Gran Bretagna Canada Danimarca Francia Germania Italia Giappone Olanda Spagna Svezia Svizzera Stati Uniti Area Euro

PIL MIN/MAX 2006

MIN/MAX 2007

2,3/3,7 1,8/2,4 1,7/2,5 1,7/2,6 2,7/3,4 2,5/3,3 1,5/2,2 1,5/2,2 1,0/1,5 1,9/3,5 1,6/3,1 2,8/3,5 3,0/4,1 1,7/2,8 2,8/3,9 1,8/2,4

2,7/3,9 1,2/2,2 1,6/2,2 1,9/2,8 2,6/3,1 2,0/3,1 1,6/2,4 0,2/2,1 0,6/1,7 1,4/3,8 1,4/2,4 2,4/3,1 2,5/3,1 0,9/2,5 2,4/3,5 1,3/2,4

INFLAZIONE MEDIA 2006

MEDIA 2007

3,2 2,3 2,4 2,4 3,2 2,7 2,0 1,7 1,3 3,0 2,2 3,3 3,6 2,8 3,4 2,2

3,3 2,0 2,0 2,5 2,9 2,3 2,0 1,3 1,1 2,4 2,1 2,8 2,9 2,0 2,7 1,8

2006

2,9 2,0 2,2 1,9 2,1 1,9 1,7 1,6 2,1 0,3 1,5 3,3 1,4 1,1 2,9 2,1

AREA POVERTÀ E DISAGIO ADULTI: SPESA DEI COMUNI, VALORI ASSOLUTI E PERCENTUALI [2004] SPESA IN EURO

Attvità di servizio sociale professionale Integrazione sociale Interventi e servizi educativo-assistenziali e per l’inserimento lavorativo Assistenza domiciliare Servizi di supporto Totale interventi e servizi Totale trasferimenti in denaro per il pagamento di interventi e servizi Strutture a ciclo diurno o semi-residenziale Strutture comunitarie e residenziali Pronto intervento sociale (Unità di strada ecc.) Totale strutture Totale disagio adulti

40.761.965 15.858.890 34.552.149 18.822.621 9.983.034 119.978.659 182.220.194 5.788.485 47.284.246 7.865.398 60.938.129 363.136.982

%

2007

BILANCIO STATALE (IN % DEL PIL) 2006 2007

2,7 1,8 1,9 1,9 2,2 1,9 1,6 2,3 1,9 0,6 1,5 2,8 1,9 1,2 2,3 2,1

-5,4 +0,2 +2,2 -2,3 2,0 2,9 -1,3 3,9 -1,5 3,7 5,2 -6,9 6,7 13,1 -6,8 -0,1

-4,0 +0,2 2,3 -2,3 1,4 2,7 -1,1 3,9 -1,4 3,5 5,1 -7,0 6,3 12,4 -6,8 --------

FONTE: ISTAT

II I II II II II II II II

Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Agosto Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre

BILANCIA COMMERCIALE

Piemonte

III II II II II III II II II II II II II II

PREZZI AL CONSUMO

FONTE: SOLE 24ORE

+10,4 +8,9 +5,2 +5,9 +5,5 +7,1 +5,3 +4,6 +4,9 +7,9 +1,2 +4,5 +6,0 +4,7 +9,2 +9,2 +5,9 +6,2 +3,6 +7,5 +6,2 +3,8 +5,5 +7,4

PRODUZIONE INDUSTRIALE

FONTE: SOLE 24ORE

PIL

FONTE: SOLE 24ORE

PAESE

Cina India Indonesia Malesia Filippine Singapore Corea del Sud Taiwan Tailandia Argentina Brasile Cile Colombia Messico Perù Venezuela Egitto Israele Sud Africa Turchia Repubblica Ceca Ungheria Polonia Russia

25

10,00

LE NAZIONI EMERGENTI

11,2 4,4 9,5 5,2 2,7 33,0 50,2 1,6 13,0 2,2 16,8 100,0

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ANNO 7 N.54

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NOVEMBRE 2007

| valori | 77 |


|

indiceetico

| numeridivalori |

VALORI NEW ENERGY INDEX NOME TITOLO

ATTIVITÀ

BORSA

Abengoa Ballard Power Biopetrol Canadian Hydro Conergy EOP Biodiesel Fuel Cell Energy Gamesa Novozymes Ocean Power Tech Pacific Ethanol Phoenix Solar Q-Cells RePower Solarworld Solon Südzucker Sunways Suntech Power Vestas Wind Systems

Biocarburanti/solare Tecnologie dell’idrogeno Biocarburanti Energia idroelettrica/eolica Pannelli solari Biocarburanti Tecnologie dell’idrogeno Pale eoliche Enzimi/biocarburanti Energia del moto ondoso Biocarburanti Pannelli solari Pannelli solari Pale eoliche Pannelli solari Pannelli solari Zucchero/biocarburanti Pannelli solari Pannelli solari Pale eoliche

Siviglia, Spagna Vancouver, Canada Zug, Svizzera Calgary, Canada Amburgo, Germania Pritzwalk, Germania Danbury, CT-USA Madrid, Spagna Bagsværd, Danimarca Warwick, Gran Bretagna Fresno, CA-USA Sulzemoos, Germania Thalheim, Germania Amburgo, Germania Bonn, Germania Berlino, Germania Mannheim, Germania Konstanz, Germania Wuxi, Cina Randers, Danimarca

CORSO DELL’AZIONE 30.09.2007

RENDIMENTO DAL 30.09.06 AL 30.09.2007

27,81 € 4,90 CAD 5,08 € 6,20 CAD 66,60 € 5,80 € 8,89 $ 28,65 € 657,00 DKK 15,72 $ 9,62 $ 22,60 € 71,70 € 112,00 € 40,37 € 79,50 € 14,09 € 10,10 € 39,90 $ 413,00 DKK

22,57% -23,35% -38,80% 16,24% 74,85% -45,08% 4,36% 65,80% 46,53% -3,15% -38,79% 53,74% 121,98% 101,44% -6,83% 168,85% -27,67% 34,31% 38,00% 163,22%

+36,41% € = euro, $ = dollari USA, £= sterline inglesi, CAN $ = dollari canadesi, DKK = corone danesi

Un anno senza petrolio di Mauro Meggiolaro ENERGIA VERDE VALE IL DOPPIO. Perché è rinnovabile, non surriscalda il clima e, in

L’

18,70%

UN’IMPRESA AL MESE

borsa, rende più del petrolio. Per un anno abbiamo simulato l’investimento Amex Oil Index [in Euro] in venti imprese che producono energia dal sole, dal vento, dalle maree, dal36,41% l’acqua, dagli zuccheri e dagli oli vegetali. Le abbiamo raccolte in un indice, il Valori New Valori New Energy Index [in Euro] Energy, confrontando il loro rendimento con quello delle maggiori società petrolifere del Rendimenti dal 30.09.2006 al 30.09.2007 mondo. Il risultato è sorprendente: negli ultimi dodici mesi l’indice verde di Valori ha reso il 36,41%, esattamente il doppio dell’Amex Oil, EOP – Biodiesel www.eopbiodieselag.de Sede Pritzwalk-Falkenhagen (Germania) l’indice del petrolio. Se avessimo investito effettiBorsa FSE – Francoforte sul Meno vamente 20.000 euro il 30 settembre del 2006 ora Rendimento 30.09.06 – 30.09.07 –45,08% ne avremmo 7.300 in più. Meglio di tutti hanno Attività Fondata nel 2000, EOP ha iniziato la sua attività nel 2004. Produce biodiesel, fatto il sole e il vento, che fa girare le pale di Vestas un carburante che si ottiene interamente dalla raffinazione di oli vegetali, come (+163%), RePower (101,4%) e Gamesa (+65,80%). l’olio di colza, di soia e di girasole. Il biodiesel è biodegradabile e riduce le emissioni inquinanti di CO2 del 78%. EOP è quotata in borsa dal settembre del 2005. L’eolico e il solare sono tra le nuove tecnologie più mature, mentre stenta l’idrogeno e le maree conRicavi [Milioni di €] Utile [Milioni di €] Numero dipendenti 2005 tinuano a rimanere una bella promessa. Pecora ne2006 19 17 ra dell’indice EOP-Biodiesel (-45,08%), una picco55 la impresa tedesca che produce carburante 46 0,624 raffinando l’olio di colza. La mettiamo in vetrina questo mese sperando che il titolo possa tornare in 0,218 positivo. Intanto la sfida al petrolio continua.

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in collaborazione con www.eticasgr.it | 78 | valori |

ANNO 7 N.54

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NOVEMBRE 2007

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CONTRASTO


| numeridivalori |

| numeridivalori |

IVA

0,18€

10%

prezzo di vendita al pubblico

1,95€

fosforo calcio ferro vitamina C

685mg 51mg 14,3mg 44mg

I semi del cacao sono stati usati come moneta e come base di semplici preparazioni alimentari dalle civiltà antiche, ma solo con lo sviluppo della tecnologia sono diventati protagonisti della tavola e degli scambi internazionali. (Amigdala pecuniaria, mandorla monetaria) poi sostituito da Linneo con Theobroma cacao (cibo degli dei) indicano i due significati, economico ed alimentare, che di Anna Capaccioli da millenni i semi di questo membro della famiglia delle Sterculiacee (nota anche per la noce di cola, ingrediente di molte bibite) hanno per l’uomo. Inizialmente utilizzati interi come moneta o tritati in bevande più o meno liquide, i semi sono divenLIBRI tati la base per prodotti alimentari sempre più differenziati da quando è stato possibile separarne le componenti principali e si è così sviluppata la moderna industria del settore. Dagli antichi sapori forti speziati alle successive versioni dolci, il cacao è oggi un ingrediente Indira Franco estremamente versatile per Il cacao Libro e DVD qualunque tipo di portata, EMI, 2006 dall’antipasto al dessert, e consente di preparare anche cibi a moderato contenuto calorico ma gustosi al palato. Una domanda crescente da parte dei Paesi consumatori (principalmente Europa ed USA) ha portato oltre i 3 milioTatjana Bassanese ni di tonnellate la produzione

I

NOMI BOTANICI ATTRIBUITI ALLA PIANTA DEL CACAO

Cacao. Così dolce, così amaro EMI, 2001

| 80 | valori |

ANNO 7 N.54

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NOVEMBRE 2007

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mondiale di questa commodity quotata alle borse di Londra e New York, dove il mercato dei contratti ha un volume molto superiore a quello del mercato fisico. I prezzi sono influenzati, oltre che dalla domanda e dall’offerta, da eventuali scorte accumulate e dal lungo ciclo di produzione della pianta, che inizia a fruttificare solo dopo 4-5 anni e raggiunge la piena produttività dopo altri 2-4, per poi proseguire fino a 20-30. La coltivazione del cacao è storicamente collegata a problematiche sociali quali lo sfruttamento del lavoro minorile. Dal 2000 le condizioni di lavoro nelle piantagioni della Costa d’Avorio, il maggior produttore mondiale di cacao, sono all’attenzione della comunità internazionale e hanno portato al boicottaggio delle multinazionali del settore da parte dei consumatori. Il cacao è il prodotto che nel 2006 ha registrato il maggior incremento nelle vendite tra i prodotti equosolidali, con una crescita pari al 93%, secondo i dati di Fairtrade Labelling Organizations International, il coordinamento internazionale dei marchi di garanzia del commercio equosolidale.

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Tè Solidal

Twinings Lemon scented 38,00 €/kg

Tè nero al limone Solidal 32,00 €/kg

36,57 €/kg

Altromercato basmati 5,50 €/kg

Scotti basmati 3,24 €/kg

Altromercato basmati 5,50 €/kg

Altromercato thai integrale 3,45 €

Suzi Wan basmati 4,36 €/kg

Altromercato thai aromatico bio 3,85 €

SUCCO D’ARANCIA 100%

Altromercato 2,00 €/l

Santal non zuccherato 1,50 €

Altromercato

ZUCCHERO DI CANNA

Altromercato Dulcita bio 3,70 €/kg

Demerara Sugarville Toschi Mauritius 2,84 €/kg

CREMA SPALMABILE AL CACAO

Altromercato Cajta con anacardi e nocciole 6,25 €/kg

Ferrero Nutella bicchiere 200g 7,45 €/kg vaso 750g 4,52 €/kg

Altromercato

Esselunga

2,85 €/kg

1,69 €/kg

CIOCCOLATO FONDENTE TAVOLETTA 100G

Commercioalternativo Antilla cacao 70% 15,50 €/kg

Perugina Nero cacao 70% 12,00 €/kg

Altromercato bio Mascao cacao 73% 15,50 €/kg

Fondentenero Novi Solidal extra amaro extra amaro cacao 72% bio cacao 70% 9,20 €/kg 9,80 €/kg

CIOCCOLATO AL LATTE TAVOLETTA 100G

Altromercato Companera cacao 32% 11,00 €/kg

Lindt Lindor al latte 13,20 €/kg

Altromercato bio Mascao cacao 32% 15,50 €/kg

Novi cacao 30% 8,50 €/kg

Solidal bio cacao 39% 9,80 €/kg

CIOCCOLATINI ASSORTITI

Altromercato al latte ripieni 16,50 €/kg

Perugina Fantasia Grifo 13,12 €/kg

Altromercato al latte ripieni 16,50 €/kg

Perugina al latte e fondenti 11,60 €/kg

Solidal ripieni assortiti 11,00 €/kg

Altromercato miscela pregiata arabica 100% 11,00 €/kg

Lavazza qualità oro arabica 100% 11,16 €/kg

Solidal arabica 100% bio 9,60 €/kg

RISO

La bevanda degli dei

Twinings English breakfast 37,60 €/kg

BANANE

Solidal thai profumato 2,80 €/kg

Skipper Zuegg senza zucchero 1,33 €

Solidal senza zuccheri aggiunti 1,15 €

Altromercato Dulcita bio 3,70 €/kg

Demerara 2,88 €/kg

Solidal biologico 2,80 €/kg

Altromercato Cajta con anacardi e nocciole

Ferrero Nutella

Solidal con nocciole

6,25 €/kg

4,92 €/kg

5,00 €/kg

Chiquita

Solidal biologico 2,70 €/kg

2,00 €/l Esselunga bio e Ctm Altromercato 3,38 €/kg

CRONOLOGIA ESSENZIALE

Esselunga bio e Ctm Altromercato 2,85 €/kg

2,00 €/kg

Lindt cioccolatini assortiti 24,32 €/kg CAFFÈ MACINATO PER MOKA 250G

Altromercato bio caffè 13,00 €/kg

Compagnia Arabica Colombia Medellin arabica 100% 12,72 €/kg

Esselunga bio e Ctm Altromercato arabica 100% 12,60 €/kg

Altromercato bio caffè 13,00 €/kg [1] MEDIA DI PREZZI DI VENDITA APPLICATI IN PUNTI DI VENDITA IPERCOOP E COOP DIVERSI, IN PERIODI COMPRESI TRA FINE 2006 E APRILE 2007 [2] PREZZI MEDI NAZIONALI [3] PREZZI RILEVATI NEL PUNTO DI VENDITA, NON SONO STATE FORNITE MEDIE NAZIONALI

UN DOLCE ANNIVERSARIO È il 1907 quando a Perugia Francesco Buitoni, Annibale Spagnoli, Leoni Ascoli e Francesco Andreani danno vita alla società Perugina, che dal 1988 è di proprietà della Nestlè e celebra ora i suoi 100 anni con una festa che percorrerà tutta Italia. Il tour è partito il 5 ottobre da Milano e si concluderà il 20 dicembre ad Aosta e a Viareggio. Per l’anniversario l’industria dolciaria emette una serie di prodotti in edizione limitata e lancia un concorso. www.perugina.it

PREZZO DI MERCATO E QUELLO PAGATO AI PRODUTTORI DA CTM [2004-2006] DOLLARI PER TONNELLATA METRICA 2.000 PREZZO DI MERCATO PREZZO PAGATO DA CTM ALTROMERCATO

1.800 1.600 1.400

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ANNO 7 N.54

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05/11/06

100%

Altromercato tè nero Earl Grey 61,60 €/kg

Twinings Earl Grey 38,50 €/kg

05/09/06

1,77€

Tè nero Esselunga bio e Ctm Altromercato 44,70 €/kg

Altromercato tè nero Earl Grey 61,00 €/kg

TÈ IN FILTRI

05/07/06

prezzo al pubblico (IVA esclusa)

NUTRIENTI NON ENERGETICI

8,66 €/kg

05/05/06

25,0% copertura costi struttura e lavoro

Solidal

10,00 €/kg

8,00 €/kg

05/03/06

0,44€

Perugina

Perugina

05/01/06

margine medio dettagliante

El Ceibo bio Altromercato 13,00 €/kg

El Ceibo bio Altromercato 12,00 €/kg

05/11/05

0,6% copertura costi struttura e lavoro

1,2%

Esselunga bio e Ctm Altromercato 14,70 €/kg

CACAO AMARO IN POLVERE

05/09/05

0,01€

carboidrati (di cui amido 10,5g) 11,5g proteine 20,4g lipidi 25,6g valore energetico 355kcal

05/07/05

margine Ctm altromercato

NUTRIENTI ENERGETICI

1,8%

05/05/05

prefinanziamento, assicurazione

2,9%

SOLIDALE2

BIO E CTM ALTROMERCATO

05/03/05

nolo mare 5,9% dazio, trasporto terra, altre spese

MARCHIO1

MARCHIO

05/01/05

0,10€

COOP

SOLIDALE

SOLIDALE

05/11/04

costi accessori

39,5% prezzo “free on board”

ESSELUNGA3

BOTTEGA DEL MONDO

PRODOTTO

05/09/04

0,70€

100% 2,5g

05/07/04

prezzo Fob al produttore

parte edibile acqua

QUANTO COSTA LA SPESA [IN GRASSETTO IL PREZZO AL KG]

05/05/04

SU 100G DI PARTE EDIB. (AL NETTO SCARTI)

05/03/04

VALORI NUTRIZIONALI MEDI

05/01/04

PREZZO TRASPARENTE: DAL PRODUTTORE AL CONSUMATORE CACAO EL CEIBO 150G - CTM ALTROMERCATO

FONTE: TABELLE DI COMPOSIZIONE DEGLI ALIMENTI, AGGIORN. 2000 ISTITUTO NAZIONALE DI RICERCA PER GLI ALIMENTI E LA NUTRIZIONE

paniere

FONTE: CTM ALTROMERCATO

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1500 a.C. Gli Olmechi coltivano il cacao in Messico XVI sec d.C. Gli esploratori europei dell’America portano il cacao in Spagna XVII sec Le piantagioni di cacao si espandono nel centro-sud America; il cacao si diffonde in Europa e giunge in Italia XIX sec Grande espansione della coltivazione del cacao in Africa e Oceania 1825 Il chimico olandese Conrad Van Houten inventa una pressa che consente di estrarre il burro di cacao dai semi macinati, ottenendo il cacao in polvere solubile 1828 Van Houten brevetta il primo cacao in polvere alcalinizzato, reso più solubile dal trattamento 1925 A New York nasce il Cacao Exchange, la borsa che controlla la materia prima 1928 Fondato il London Cocoa Terminal Market 1972 Primo International Cocoa Agreement (ICA), accordo per stabilizzare il prezzo 1973 Fondata l’International Cocoa Organization (ICCO), con sede a Londra, composta da Paesi produttori e Paesi consumatori di cacao 2001 In risposta al boicottaggio dei consumatori l’industria del cacao elabora il “protocollo del cacao”, che prevede la determinazione, entro il luglio del 2005, di standard lavorativi e di un sistema volontario di analisi, controllo e certificazione 2002 Costituito a Perugia l’Osservatorio nazionale sul ciclo di produzione del cacao, composto da Save the Children Italia, TransFair Italia ed il Comune di Perugia 2007 La Perugina compie 100 anni

NOVEMBRE 2007

| valori | 81 |


| padridell’economia |

James M. Buchanan

Anno 7 numero 54. Novembre 2007. € 3,50

valori

La teoria dei processi decisionali

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Inserto speciale > Microcredito

A POLITICA DEVE CONSISTERE PRINCIPALMENTE IN SFORZI INDIVIDUALI E COLLETTIVI per ottenere il maggior numero di benefici dal governo e pagare un minimo di tasse. Questo assioma, a prima vista banalissimo, e la sua dimostrazione scientifica, nel 1982, sono valsi l’assegnazione del premio Nobel per l’economia all’americano James M. Buchanan per “aver sviluppato le basi contrattuali e costituzionali della teoria dei processi decisionali politici ed economici”. Secondo H. Stretton e L. Orchard, Buchanan, nato nel 1919 a Murfreesboro nel Tennessee, nel 1949 aveva già “scritto un saggio in cui era contenuta in nuce la teoria delle scelte pubbliche”, secondo la quale, appunto, la politica deve consistere nella tensione individuale e collettiva per ottenere il maggior numero di benefici e pagare un minimo di tasse (con buona pace del ministro Padoa Schioppa). I due studiosi lo definiscono pertanto “l’iniziatore della tradizione delle scelte pubbliche, osservando che nelle valutazioni di governo i costi individuali vanno correlati ai benefici individuali”. Il professore statunitense si è diploma al Middle Tennessee State College nel 1940, nel 1941 ha ottenuto il master all’Università del Tennessee e nel 1948 il Ph.D. all’Università di Chicago. Dal 1956 al 1968 ha insegnato all’Università della Virginia, per poi passare all’Università della California a Los Angeles prima di raggiungere il Virginia Polytechnic Institute (1969-1983). Attualmente è direttore generale del Center for Study of Public Choice ed è professore di economia alla George Mason University di Fairfax, in Virginia. Buchanan ha definito il suo terreno di studio “politonomia”, intendendo con questo termine Per il premio Nobel americano parlare di una scienza politica con pretese di scienza esatta. la politica deve consistere realtà, l’approccio del professore si basa su una visione principalmente in sforzi individuali In liberale dei fatti economici e politici; sulla realistica e e collettivi per ottenere il maggior cinica constatazione che la storia sia percorsa e animata numero di benefici e pagare dagli interessi degli individui, dai loro calcoli razionali un minimo di tasse circa le ricadute delle proprie azioni in termini di profitti e perdite, da incentivi e disincentivi che guidano la partecipazione alle azioni collettive. L’approccio della “scelta pubblica”, definita anche “scelta democratica” infatti nasce sul terreno degli studi di economia e di scienza delle finanze e riguarda essenzialmente i processi di decisione collettiva relativi all’allocazione e alla distribuzione dei beni pubblici fra i membri di una società, secondo schemi e strategie di razionalità strumentale. L’originalità di Buchanan dunque consiste soprattutto nell’applicare questo approccio anche all’analisi dei fenomeni politici veri e propri, posto che i processi di decisione collettiva sono, per definizione, processi politici. Di conseguenza nel libro più famoso di Buchanan, “The calculus of consent” scritto con Gordon Tullok nel 1962 si parla del “paradosso dell’essere governati”: la politica, in quanto accordo sulle regole e sui meccanismi di sanzione per farle rispettare, è un “male necessario” che conviene a tutti coloro che si trovano impegnati o invischiati in un’impresa collettiva, se non altro per evitare “mali pubblici” ancora più devastanti. In “The Limits of Liberty” del 1975 il professore americano chiarisce che la politica, in sintesi, deve allora consistere principalmente in sforzi individuali e collettivi per ottenere il numero maggiore di benefici dal governo, fra i quali quello di pagare il minimo contributo non solo in termini di imposte fiscali, ma anche più in generale in termini di “imposte di libertà” per ottenerne in cambio politiche di regolazione e di distribuzione razionali.

CHRISTOPHER ANDERSON / MAGNUM PHOTOS

di Francesca Paola Rampinelli

L

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ANNO 7 N.54

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NOVEMBRE 2007

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Fotoreportage > New Orleans Dossier > La crisi subprime sbatte il mostro finanziario in prima pagina

Mattoni di carta Internazionale > Le multinazionali del cacao finanziano la guerra Finanza > Sul mercato dell’energia incombe il rischio derivati Stati Uniti > Green Festival: il risveglio dell’america verde Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P.

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