Mensile Valori n.47 2007

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Anno 7 numero 47. Marzo 2007. € 3,50

valori PETER MARLOW / MAGNUM PHOTOS

Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Fotoreportage > Montagne russe

Dossier > Con le grandi opere ingenti danni: economici, ambientali e sociali

Premiato buco Tav Bioedilizia > Una speranza che sta diventando realtà molto concreta Microcredito > Non è assistenzialismo, ma in Italia è difficle capirlo Banche armate > Mazzotta: «Usciamo». Salviato: «Usiamo anche la Rsi» Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.P.


| editoriale |

Banche armate

L’uscita della Bpm EL MAGGIO DEL 2005 BPM compare per la prima volta nella lista delle cosiddette “banche armate”: quelle che forniscono servizi d’appoggio all’import-export di armi. È una presenza che fa scalpore, quella dell’istituto milanese, da sempre socio di Banca Etica e partner privilegiato di Etica sgr. Il mondo della finanza etica, la società civile, le organizzazioni del Terzo settore tornano ad interrogarsi sul rapporto tra mondo bancario e industria degli armamenti. Banca Etica prende una posizione netta: da un lato ribadisce la sua scelta non violenta e la determinazione a non legittimare in alcun modo, nemmeno indiretto, il sostegno a chi produce armi; dall’altro avvia un dialogo con i vertici di BPM per chiedere la rinuncia a questo genere di operazioni. Due anni di confronto che si chiudono con una piccola grande vittoria: la lettera di Mazzotta, che ospitiamo in questa pagina, rappresenta infatti un impegno formale da parte di BPM, riaffermando per una volta il primato dei valori sulle ragioni del profitto.

N ECOR

Milano, 6 febbraio 2007 Caro Presidente, a seguito del nostro incontro, Ti confermo la nostra precisa intenzione di proseguire nell’uscita dalle attività riguardanti l’appoggio alle aziende interessate al settore degli armamenti. Come sai, da molto tempo non abbiamo linee di finanziamento diretto a produttori d’armi e la nostra presenza si limita a quanto viene ancora erroneamente messo in maggior evidenza dalla legge: l’appoggio alle operazioni di pagamento. Intendiamo comunque portare a conclusione anche tale attività, condividendo pienamente il principio etico dello sviluppo fondato sulla pace e sulla solidarietà tra i popoli. Ti invio il migliore augurio di buon lavoro e un cordiale saluto. Roberto Mazzotta

Presidente Banca popolare di Milano

Padova, 12 febbraio 2007 Caro Presidente, accolgo con piacere l’impegno di BPM a rinunciare a qualsiasi attività - anche pur solo di appoggio ad operazioni di pagamento - legata all’export d’armi, e confido che la Vostra fuoriuscita dal settore sia quanto più rapida possibile. Questa scelta è il risultato di un fitto dialogo che, dal 2005 ad oggi, ha coinvolto i vertici dei due istituti, allargandosi anche alle rispettive basi sociali e ad alcuni importanti stakeholders nell’ambito della società civile e del terzo settore. Come Banca Etica, continueremo a tenere viva l’attenzione su questo argomento, cercando di facilitare il confronto tra società civile e mondo bancario, consapevoli che la Legge 185, pur garantendo un’ottima trasparenza sulle operazioni di import/export legate ai sistemi d’arma, non riesce a dar conto della totalità di interconnessioni tra l’industria degli armamenti e l’operatività degli istituti di credito italiani. Credo che anche BPM possa collaborare in questa direzione, sulla scia di un percorso di responsabilità sociale già avviato da diversi anni al proprio interno. Ricambio gli auguri di buon lavoro e Ti saluto cordialmente. Fabio Salviato

Presidente di Banca popolare Etica

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| sommario |

marzo 2007 mensile www.valori.it

anno 7 numero 47 Registro Stampa del Tribunale di Milano n. 304 del 15.04.2005 editore

Società Cooperativa Editoriale Etica Via Copernico, 1 - 20125 Milano promossa da Banca Etica soci

Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Arci, TransFair Italia, Mag 2, Editrice Monti, Fiba Cisl Nazionale, Cooperativa Sermis, Ecor, Cnca, Fiba Cisl Brianza, Agemi, Publistampa, Federazione Trentina delle Cooperative, Rodrigo Vergara, Circom soc. coop. consiglio di amministrazione

Il parco giochi di Amiens.

Francia, 1991

bandabassotti

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fotoreportage. Montagne russe

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dossier. Grandi opere: buchi e danni Tav, il banchetto è servito «Quasi tutto da buttare, ma nessuno si ferma» Lo Stato deve pagare per la fretta dei ricchi? A Palazzo Vecchio i danni del project financing

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lavanderia

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finanzaetica

progetto grafico e impaginazione

Pistole Beretta. Italian Metal Jacket Microcredito. Nessuna assistenza, ma in Italia fatichiamo a capirlo Pensionati, ma non inutili

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Francesco Camagna (francesco@camagna.it) Simona Corvaia (simona.corvaia@fastwebnet.it) Adriana Collura (infografica)

macroscopio

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economiasolidale Per Banca Etica una sede a emissioni zero Klimahouse: a Bolzano la bioedilizia fa scuola Quale Carta è stata rilegittimata dalla scelta referendaria

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utopieconcrete

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internazionale

Ugo Biggeri, Stefano Biondi, Pino Di Francesco Fabio Silva (presidente@valori.it), Sergio Slavazza direzione generale

Giancarlo Roncaglioni (roncaglioni@valori.it) collegio dei sindaci

Giuseppe Chiacchio (presidente), Danilo Guberti, Mario Caizzone direttore editoriale

Ugo Biggeri (biggeri.fondazione@bancaetica.org) direttore responsabile

Andrea Di Stefano (distefano@valori.it) redazione (redazione@valori.it)

BPM NUOVA

PETER MARLOW / MAGNUM PHOTOS

valori

Via Copernico, 1 - 20125 Milano Cristina Artoni, Paola Baiocchi, Francesco Carcano, Paola Fiorio, Michele Mancino, Sarah Pozzoli, Francesca Paola Rampinelli, Elisabetta Tramonto

fotografie

Donatello Brogioni, Stefano de Luigi, Daniele Dainelli, Paul Fusco, Peter Marlow, Borut Peterlin, Massimo Sciacca, Ilkka Uimonen (Contrasto/Magnum Photos) stampa

Publistampa Arti grafiche Via Dolomiti 12, Pergine Valsugana (Trento) abbonamenti, sviluppo e comunicazione

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Kosovo. Un’economia tra l’illegale e la dipendenza internazionale Il Messico ostaggio del Nafta

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come abbonarsi

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abbonamento annuale ˜ 10 numeri

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| bandabassotti |

Immobiliaristi

Contratti di carta per plusvalenze fittizie di Andrea Di Stefano

ceduto poi a tre veicoli di diritto lussemburghese che facevano riferimento a un fondo con sede legale nel paradiso fiscale delle Bahamas. Un immobiliarista che, in seguito a questa operazione, ha inserito nel bilancio Ipi del 2005 una ricca plusvalenza, circa 100 milioni di euro, dopo il passaggio di mano dei contratti di leasing, perché in caso contrario il guadagno netto sarebbe dovuto essere spalmato per tutta la durata del finanziamento e i conti finali della società immobiliare quotata in Borsa sarebbero stati ben diversi. Una prassi, secondo molti operatori del settore, che confermano che la “bolla” immobiliare è anche frutto di operazioni speculative finalizzate a incrementare in modo fittizio il valore degli immobili e nello stesso tempo a favorire transazioni di carta che determinano fondi più o meno neri. La firma di questa ennesima operazione da “furbetto del quartierino” è quella di Danilo Coppola che risulta oggi indagato per falso in bilancio e aggiotaggio dalla Procura di Torino. Il coinvolgimento della società in un’inchiesta giudiziaria dai contorni molto gravi per una società quotata, peraltro con un flottante minimo (15%) e scambi più che limitati, ha spinto la Consob, a prestare particolare attenzione alle contrattazioni. Un monitoraggio che potrebbe anche essere rafforzato. Un’inchiesta su Danilo Il nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza Coppola mette a nudo del capoluogo piemontese ha effettuato perquisizioni come il trading di palazzi nelle sedi delle società Ipi, Isi, Finpaco e, contestualmente possa produrre nella sede italiana della banca svizzera Arner, a Milano. false comunicazioni Oltre a Coppola sono indagati una decina alla Borsa e conti truccati di amministratori di altre società. Nel mirino delle Fiamme Gialle c’è l’acquisto avvenuto nel 2005 di tre immobili ex Enel dal Gruppo Zunino per il quale era stato acceso un contratto di leasing con Banca Italease (allora della Bpi). Il leasing era stato ceduto a scatole operanti nel Granducato di proprietà di un fondo immobiliare basato alle Bahamas. Ma in relazione a questa operazione, nel bilancio 2005 di Ipi era stata inserita una plusvalenza di 100 milioni: un guadagno reso possibile grazie alle cessione dei contratti dei leasing, perché in caso contrario la plusvalenza sarebbe dovuta essere spalmata per tutto il periodo del leasing e i conti della società non si sarebbero chiusi in utile. Il sospetto della magistratura è che le società lussemburghesi fossero riconducibili a Ipi e che siano state utilizzate solo per far figurare l’intera plusvalenza nei conti 2005. Essendo quotata Ipi, Coppola non avrebbe dato un’informazione veritiera al mercato: da ciò deriva l’accusa di aggiotaggio, oltre a quella di falso in bilancio. La società ha confermato che “sono state effettuate ispezioni presso la sede di Ipi e della propria controllante Finpaco Properties, disposte dall’autorità giudiziaria”. Ipi nell’esercizio 2005 ha conseguito un utile consolidato di 41,355 milioni e un utile della capogruppo di 27,9 milioni.

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DIARIO

RADING IMMOBILIARE FINANZIATO DA UN CONTRATTO DI LEASING

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> Montagne russe

PETER MARLOW / MAGNUM PHOTOS

| fotoreportage |

foto di Peter Marlow / Magnum Photos

Le più spettacolari sono in Florida e riproducono il Monte Everest. Il record di giri, ben 543, lo detiene un messicano. Un marchingegno adrenalinico, simbolo della modernità, utilizzato come metafora dall’economia alla psicologia. Per gli americani da sempre sono le roller coaster, ma non si tratta di crociata anticomunista.

u e giù. Sono una metafora della vita e un simbolo della modernità. Nonostante l’aggettivo che le contraddistingue dalle altre montagne, quelle russe non hanno mai subito le attenzioni del senatore McCarthy. Sono veloci e spericolate, come le operazioni finanziarie ad alto rischio: le montagne russe stanno al luna park come gli hedge fund stanno alla borsa. Emozioni forti e alti rendimenti. Ma il rischio è grande, se cede il binario non hai scampo e urlare non serve più. Montagne russe, un’immagine perfetta per rappresentare le oscillazioni dei titoli in borsa. Come dimenticare gli strilli dei giornali sull’andamento delle azioni Alitalia. Su è giù, in quota e a terra. Nessuno, però, ricorda le istruzioni di viaggio, quando lo Stato ripianava per l’ennesima volta il deficit vergognoso della compagnia di bandiera. Le montagne russe non vanno in stallo, o stai in cima o stai in fondo. Con loro non si può barare, hanno un manovratore che non ubbidisce alla politica, ma solo alle leggi della fisica. Qualcuno parla di paradosso cinetico. In realtà c’è un solo istante, quando la gente è arrampicata con il vagone in cima al binario e guarda giù con l’orrore negli occhi, in cui l’equazione rivela il suo cinismo etico-estetico. È il peso della gente del Nord del mondo (quello che tutti tentano di perdere disperatamente con fitness, personal trainer, jogging, dopo essersi abbuffati durante l’anno) a far precipitare il vagone nel vuoto. Dicono che quando si è in cima, ci si senta un po’ come Dio. Un po’ come quando gli alpinisti descrivono la sensazione di essere sul tetto del mondo, ovvero in cima all’Everest. Gli americani non ci hanno pensato due volte e hanno ricostruito il colosso himalayano a Disneyworld, in Florida, con tanto di ottovolante che va su e giù dalla vetta. Si chiama Expedition Everest, l’ultima trovata del parco di divertimenti. Un roller coaster – perché gli americani non possono chiamarle russe – alto fino a 70 metri che riproduce la montagna. Un’emozione costata 100 milioni di dollari. In questo caso però la fisica non c’entra, perché il trenino sale in cima e precipita, non per effetto del peso, ma solo dopo un incontro ravvicinato con lo yeti. A rovinare la festa ci pensano sempre i cinesi. Il signor John ha costruito nel giardino di casa propria “The Blue Flash”, una montagna russa con un percorso di 55 metri spendendo la stessa cifra che avrebbe speso portando la sua famiglia a Disneyland, con la differenza che può usarla quando vuole. Anche le montagne russe hanno un record, quello di giri consecutivi. Lo detenie un giovane messicano: su e giù per 543 volte. Lo hanno sfidato in due, ma il record ha resistito.

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L’AUTORE Peter Marlow Nato a Kenilworth, in Gran Bretagna, nel 1952, Peter Marlow viene spesso definito un fotogiornalista. Il suo progetto fotografico si è tuttavia negli anni connotato per una forte ricerca formale. La sua fama di reporter è legata alle immagini realizzate in Libano e alla documentazione del conflitto armato nell’Irlanda del Nord. La ricerca sul colore e sugli aspetti formali della composizione dell’immagine lo rendono un fotografo particolare, che coniuga i dettagli sociali e antropologici del fotogiornalismo con una accurata analisi cromatica e dell’inquadratura. Fotografa utilizzando prevalentemente il medio formato. All’inizio degli anni ‘70 ha iniziato la sua collaborazione con l’agenzia parigina Sygma, reduce da un incarico come fotografo su navi da crociera italiane che si dirigevano verso i Caraibi, da cui è rientrato con un reportage su Haiti. Una ricerca fotografica su Liverpool negli anni di Margaret Thatcher ha ricevuto numerosi premi e nel 1986 la sua raccolta di fotografie, Remembering Vietnam, è stata premiata dall’Arts Council of Great Britain. Nel 1998 ha vinto Photographers Gallery Award e il National Headline Award. Autore di numerosi reportage in Giappone e Usa, ha documentato l’ascesa del leader laburista Tony Blair con un esclusivo lavoro di ripresa fotografica. Dal 1980 è membro di Magnum Photos rappresentata in Italia da Contrasto.

Melbourne. St. Kildas. Le montagne russe sono una delle grandi attrazioni del luogo. I tipi esistenti di montagne russe sono molti. La divisione principale è tra Steel Coaster e Wooden Coaster. Le montagne russe classiche sono quelle in legno, Wooden Coaster.

> Montagne russe

Australia, 1999

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A sinistra, Margate. Montagne russe tradizionali in un parco di divertimenti inglese. L’impianto fu importato da Coney Island (Usa) nel 1920. Guidato da oltre vent’anni da John Husband (53). Dall’alto al basso: Melbourne; Londra, famiglia al parco dei divertimenti di Southport, Funfair; Bambino sullo scivolo.

Inghilterra, 2002 / Australia, 1999 Inghilterra, 1999

> Montagne russe

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A sinistra, Melbourne. St.Kildas, il “Grande mestolo”al Luna Park. Sopra, Margate. Dalla montagna russa la vista di un tradizionale paesaggio costiero inglese. I binari delle montagne russe del parco divertimenti “Dreamland”

> Montagne russe

Australia, 1999 / Inghilterra, 2002

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| fotoreportage |

A sinistra, Margate. Discesa vertiginosa e panoramica, nel parco dei divertimenti di Dreamland. Dall’alto al basso: Windsor. Legoland themepark. Madre e figlio stretti durante la discesa. Le montagne russe possono raggiungere elevate velocità . La sicurezza di questo tipo di attrazione va ricercata nel sistema a blocchi, analogo a quello usato nelle ferrovie.

Inghilterra, 2002 / Inghilterra, 2004

> Montagne russe

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a cura di Paola Baiocchi, Mauro Meggiolaro e Jason Nardi

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Tav, il banchetto è servito >18 «Quasi tutto da buttare», dice Cicconi >20 Lo Stato deve pagare per la fretta dei ricchi? >22 A Palazzo Vecchio tutti i danni >26

dossier

Il parco di divertimenti Dreamland a Margate.

Inghilterra, 2002

grandi opere

Voragini a tasso Tav Grandi Opere, buchi colossali, nascosti con trucchetti contabili, ma su cui le banche chiedono tutti gli anni gli interessi, che lo Stato paga. Sono tutti i dettagli della nuova Tangentopoli, tutta italiana

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L’ALTA VELOCITÀ IN ITALIA CORRE DI PIÙ (NEI COSTI)

Sotto e nella pagina a fianco il parco giochi di Amiens.

Grandi opere, grandi opportunità di sviluppo?

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Francia, 1991

Devastante, con un costo sociale incalcolabile: la Tav non è un buon affare in nessuno dei Paesi dove è stata realizzata | 18 | valori |

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Torniamo indietro fino al marzo 1955, quando al Salone dell’automobile di Ginevra la Fiat presenta la “mitica 600” l’utilitaria popolare, che può permettere a tutti di sfrecciare da una parte all’altra dell’Italia. Su quali strade? Risponde la legge 463, detta Romita, che nel maggio 1955 decreta il Primo piano nazionale delle autostrade. Il progetto di massima della nascente Autostrada del Sole viene stilato dalla Sisi, una società appositamente costituita da Pirelli, Italcementi, Fiat ed Eni. La legge Romita concepì il finanziamento dell’opera in modo che il costo fosse a carico dello Stato per un massimo del 40% (tenete a mente queste percentuali) mentre il restante 60% sarebbe stato finanziato dal mercato, grazie all’inserimento della concessionaria nel gruppo Iri. Il pedaggio, il balzello più odiato dagli italiani, sarebbe servito per recuperare i capitali investiti; in un’economia non di rapina continuata, avremmo anche potuto smettere di pagarlo una volta ripianato il debito, ma così non è stato... Era passata però l’equazione “Grandi opere - grandi opportunità di sviluppo” e, mentre ancora ci facciamo carico dei lavori degli anni ’50, abbiamo cominciato a pagare l’esoso conto economico ed

Le tratte non sono ancora in esercizio (Roma-Napoli solo in parte); i dati della programmazione -progettazione sono quelli effettivi e comprendono quelli di SisTav (progettazione preliminare); i tempi di costruzione ed i costi non sono quelli definitivi e sono valutati in base alle stime ufficiali.

MADRID-SIVIGLIA 470 km

PARIGI-LIONE 417 km PROGR.NE E PROG.NE 3,5 ANNI COSTRUZIONE 6,2 ANNI

PROGR.NE E PROG.NE 4,5 ANNI COSTRUZIONE 7,9 ANNI

PROGR.NE E PROG.NE 3,8 ANNI COSTRUZIONE 7,2 ANNI

PROGR.NE E PROG.NE 8,2 ANNI COSTRUZIONE 12,5 ANNI

PROGR.NE E PROG.NE 10,7 ANNI COSTRUZIONE 12,9 ANNI

PROGR.NE E PROG.NE 14,1 ANNI COSTRUZIONE 11,1 ANNI

39,3 €/km 30,5 €/km

9,7 €/km

9,2 €/km

8,5 €/km SHINKANSEN GIAPPONE1

TGV FRANCIA1

AVE SPAGNA1

TAV ITALIA2

BOLOGNA-FIRENZE 78 km

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FONTE: ELABORAZIONE DI NUOVAQUASCO SU DATI E DOCUMENTI UFFICIALI

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Le tratte sono in esercizio da diversi anni; i dati dei tempi sono quelli effettivi; i costi sono stati rivalutati sulla base del tasso di inflazione di ogni singolo paese.

ROMA-NAPOLI 204 km

di Paola Baiocchi

e Grandi opere sono una storia infinita, nel nostro Paese, che si ripete entusiasmando gli animi ogni volta che vengono presentate come scenari di grande progresso, mentre dovrebbero farci immediatamente scendere in piazza per protestare chiedendo “a chi convengono?”. La costruzione della rete autostradale italiana è stata decisiva nel dopoguerra, una vera e propria “rivoluzione culturale” che ci ha traghettato dall’agricoltura all’industrializzazione, ma c’è costata parecchi pedaggi che stiamo ancora pagando non solo ai caselli, ma anche nel tipo di crescita che ha condizionato: far trionfare l’industria del trasporto su gomma ha trasferito risorse pubbliche ai privati a discapito della rete ferroviaria; ha creato nodi di espansione, ma non ha costruito una reale rete di infrastrutture in grado di far sviluppare i territori.

76,3 €/km

TOKIO-OSAKA 550 km 1

CIFRE IN MILIONI DI EURO

BOLOGNA-MILANO 182 km

Tav, il banchetto è servito

PETER MARLOW / MAGNUM PHOTOS

| dossier | grandi opere |

TAV ITALIA2

TAV ITALIA2

ambientale della Tav, la linea dei Treni ad alta velocità, di cui nel 1991 le Ferrovie affidano la progettazione e la costruzione alla neonata Tav Spa, presentata come società partecipata al 40% dal pubblico e al 60% dal mercato (impareremo mai?).

Come negli anni ’50, peggio di Tangentopoli Girolamo Dell’Olio è il presidente di Idra, un’associazione ambientalista di Firenze che collabora con Medicina Democratica e ha cominciato molto presto a manifestare il suo dissenso all’Alta velocità (Av) partecipando all’inaugurazione dei cantieri del Mugello nel luglio del ’96 con lo striscione “È il supertreno il mostro di Firenze”: «Le condizioni di lavoro degli operai fanno tornare agli anni ’50: 96 ore di lavoro su due settimane con in mezzo un solo giorno di riposo, turni di giorno e di notte con orari che cambiano ogni settimana. E intanto l’orologio biologico dell’organismo impazzisce. Roba da piattaforma petrolifera e tutto con l’avallo dei sindacati. Dopo 3 settimane gli operai hanno 3 giorni di riposo, prendono la macchina - molti arrivano dalla Calabria interna - fanno a tempo a fare il giro della tavola e ... c’è da tornare al cantiere. Quasi “normale” –

continua Dell’Olio - che quando la pausa dura meno, e per giunta in condizioni di isolamento sociale, venga voglia di aggiungere altri straordinari, allo straordinario legalizzato da contratto». La storia che racconta Dell’Olio l’hanno denunciata le donne madri, mogli, figlie - di questi lavoratori: era di Pagliarelle (Crotone) il giovane di 23 anni morto il 31 gennaio 2000 nella tratta BolognaFirenze progettata da Pietro Lunardi, per 60 chilometri in galleria sotto l’Appennino, in un contesto idrogeologico delicatissimo. Monsignor Piovanelli, l’arcivescovo di Firenze si è mobilitato, salendo a Natale del 2000 a celebrare la messa nei cantieri, ma le condizioni dei lavoratori non sono cambiate. La Tav infatti è un modello che si prende a scatola chiusa, con tutto quello che c’è dentro ed è un’evoluzione, molto sofisticata, di Tangentopoli come Ivan Cicconi, ingegnere e direttore della Nuova Quasco (vedi INTERVISTA ), aveva anticipato nel suo libro La storia del futuro di Tangentopoli e poi ha raccontato in Le Grandi opere del Cavaliere.

Il modello Tav In quest’ultimo libro c’è la descrizione del meccanismo perfetto che, attraverso la figura del general contractor ideato nel 1991 da Paolo Cirino Pomicino (ora Dc-Ps, nella Commissione antimafia), ha reso ogni cantiere Tav un grandioso banchetto a cui partecipano, le grandi imprese italiane, le banche, le Regioni, i Comuni, i partiti e sospette organizzazioni malavitose. Nella Legge obiettivo, n. 443 del 27 dicembre 2001, del governo Berlusconi insieme alla delibera di attuazione del Cipe del 2002 con la quale si definisce l’elenco delle opere strategiche (vedi TABELLA 1 ), vengono introdotti un modello finanziario e contrattuale garantiti dal general contractor e dal project financing. Il contraente generale è un “concessionario con la esclusione della gestione dell’opera”, cioè costruisce ma poi non gestisce, quindi è deresponsabilizzato rispetto alla qualità e alla durata dei lavori, inoltre può agire in regime privatistico, affidando a chi vuole i lavori, senza gara pubblica e qualsiasi cosa faccia non sarà mai accusato di corruzione: essendo un privato potrà far passare eventuali tangenti per “provvigioni”. Il tutto in bar-

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COME MIGLIORARE LE INFRASTRUTTURE e fare fronte alle future spese dello stato sociaIe, visto soprattutto che i cittadini non sono molto collaborativi nel taglio del welfare? Questo interrogativo se lo pongono i gestori finanziari, che hanno preparato tutta una serie di prodotti da offrire ai fondi pensione, che si preparano ad entrare in campo quando la riforma del Tfr, anticipata al 2007, sarà pienamente effettiva. Evidentemente c’è qualcuno che pensa che le infrastrutture possano rendere, tanto da consigliare ai fondi pensione di investire nella costruzione di nuovi aeroporti, porti, strade, linee ferroviarie, condotti per gas, reti elettriche, acquedotti o reti fognarie, che garantirebbero rendimenti tra l’8 e il 15%, migliori e più sicuri rispetto a quelli obbligazionari. Il bisogno di infrastrutture - dicono gli analisti – sarà sempre più crescente per rispettare le nuove stringenti normative e gli Stati non riusciranno a fare fronte da soli alla massa degli investimenti da effettuare, ma i capitali privati potrebbero essere attirati dalla prospettiva di rendimenti certi, ma dovrebbero essere “incoraggiati” dai governi con concessioni e liberalizzazioni. Ma se le infrastrutture rendono lo Stato deve spiegarci perché cederle per pagare la pensione ai lavoratori, quando può farlo in prima persona. E poi, cosa ne pensano gli azionisti del fallito Eurotunnel, di questa idea di investire sulle infrastrutture la propria futura pensione?

Novanta miliardi di euro di debito: il costo dei profitti delle imprese trasformati in debito pubblico

ba alle normative europee sulla trasparenza degli appalti pubblici. I finanziamenti invece arrivano dal project financing, prestiti raccolti nel mercato finanziario “privato”. Ma qui sta il trucco perché i prestiti sono totalmente garantiti dal pubblico attraverso Infrastrutture Spa, società di capitale pubblico, ma di diritto privato, e ora dalla Cassa depositi e prestiti. E il conto? I grandi profitti delle solite imprese private li paghiamo noi, con un indebitamento pubblico che si stima sia di circa 90 miliardi di euro(vedi TABELLA Da Cheope a Berlusconi), e per questo 13 miliardi in contante (l’1% del Pil) sono stati trasferiti alla fine del 2006 per pagare parte degli interessi in conto capitale e per parte degli investimenti effettuati dal Tesoro per Tav Spa (vedi INTERVISTA Marco Ponti). Ma il conto non sembra destinato a chiudersi qui, perché sono già stati previsti nella Finanziaria 2007 altri 3.300 milioni per l’Alta velocità fino al 2009. Per il seguito si vedrà, perché sicuramente i cantieri dell’Av non saranno tutti chiusi nel 2009.

Oligarchie finanziarie arbitre del sistema Ma che qualcosa non andasse nei cantieri Tav ha cominciato a segnalarlo Ferdinando Imposimato, ex giudice e relatore nella Commissione parlamentare antimafia sulla criminalità organizzata in Campania, che nel 1996 presenta una relazione sui cantieri della Tav nella tratta Roma-Napoli, basata su indagini di Polizia, in cui denuncia la partecipazione di imprese direttamente collegate alla mafia. Attraverso la scelta delle società concessionarie, che avviene per trattativa privata, comincia il balletto degli appalti e subappalti, per cui alla fine le ditte che eseguono i lavori ricevono il 10% della cifra destinata all’Av, il restante 90% va alla malavita e alla corruzione politica e questo spiega perché l’Italia è al primo posto in Europa per morti nei cantieri. La torta all’epoca era di 10.000 miliardi di lire e andava spartita per sei decimi ai partiti e il resto a camorra, mafia, faccendieri. Le

indagini dello Sco (il reparto della Polizia specializzato in indagini societarie e patrimoniali) individuarono tra le ditte che l’Iri aveva fatto entrare nel consorzio Iricav Uno, la Icla impresa che evidenziava strane connessioni con esponenti del crimine organizzato ed era di proprietà di Paolo Cirino Pomicino (Corruzione ad Alta velocità di Federico Imposimato, Giuseppe Pisauro, Sandro Provvisionato).

Pacco, doppio pacco e contropaccotto Quali Grandi opere pubbliche verranno ora realizzate? Al momento nel decreto sulle liberalizzazioni è stata introdotta una norma che blocca le opere non ancora cantierizzate e riapre agli appalti pubblici, come l’Europa chiede in nome della concorrenza aperta anche a ditte estere. Di Pietro una lista dei lavori l’ha presentata, ma poi si smentisce, tirato da una parte e dall’altra dalle Regioni, che vogliono assicurarsi il loro pezzettino di Grande opera: la Toscana vuole la continuazione del Corridoio tirrenico da Cecina a Civitavecchia e anche la Due mari e il sottoattraversamento Tav di Firenze. Per promuovere questi lavori Cgil, Cisl e Uil hanno indetto una manifestazione a Grosseto il 13 febbraio. «Il fatto che manchi ancora tanto alla fine dei lavori della tratta per Bologna – considera Girolamo Dell’Olio dell’Associazione Idra – dovrebbe suggerire di non aprire il nuovo cantiere Tav sotto Firenze. Noi chiediamo da sempre che si sospendano tutti i lavori della Tav e se ne valutino finalmente i costi reali, presenti e futuri». L’esperienza Av in Toscana dovrebbe essere più che sufficiente a scoraggiare qualsiasi nuova Grande opera, i lavori cominciati nel 1996 sono ancora ben lontani dall’essere conclusi e dal punto di vista cantieristico sono un disastro: devono essere rifatte le gallerie “ammalorate” dall’acqua, e dalla geologia dei terreni in cui ci si è piccati di costruirle, deve essere portata la corrente alternata a 25.000 volt (sospetta di essere cancerogena), 60 chilometri di tunnel tra Bologna e Vaglia non hanno gallerie parallele di soccorso e in caso di

«Quasi tutto da buttare ma nessuno si ferma»

H di Jason Nardi

Con le grandi opere, negli ultimi anni l’Italia sembra aver scoperto una nuova modalità per finanziare le grandi infrastrutture e dare in gestione appalti pubblici: qual’è lo stato del project financing in Italia oggi?

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È una modalità che sta crescendo notevolmente: secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio sulla finanza di progetto dell’Union Camere, nell’ultimo semestre del 2006 siamo a circa il 30% di lavori pubblici realizzati con questa modalità (per un giro di 18,6 miliardi di euro). Nel 2002 il governo Berlusconi ha modificato la definizione del contratto di concessione sulla base del quale si basano le operazioni di project financing, affermando la possibilità di affidare in concessione la realizzazione di lavori pubblici con una gestione per la durata affidata senza alcun limite per quanto riguarda il prezzo che il committente può garantire al privato concessionario. Mentre la legge Merloni del 1994 stabiliva che l’amministrazione pubblica poteva dare a integrazione dei rica-

Storia del futuro delle Grandi opere Sul futuro delle Grandi opere per ora si affaccia una proposta di Commissione di inchiesta, presentata da Marilde Provera di Rifondazione; nella Finanziaria lo Stato si accolla tutti gli oneri per capitali e interessi dei titoli emessi e dei mutui contratti dalle varie società che avrebbero dovuto finanziare la Tav e sui giornali abbiamo letto che il ministro Padoa Schioppa ha “sancito la collaborazione” tra la Cassa depositi e prestiti con un Fondo infrastrutture formato da nove tra banche e fondazioni come Intesa-Sanpaolo, Unicredito, Fondazione Montepaschi, Fondazione Cariplo, Lehman Brothers e Goldman Sachs. Ci risiamo?

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TABELLA 1

QUADRO DELLE GRANDI OPERE STRATEGICHE DPEF 2003-2005 OPERE DI SERIE A DELLA LEGGE OBIETTIVO

Ivan Cicconi, ingegnere e direttore della Nuova Quasco, che si occupa di Qualità degli appalti e sostenibilità del costruire, è uno dei critici più accesi del modello Tav. a scritto volumi dai titoli significativi come “La nuova Tangentopoli”, ha sempre avuto le idee chiare Ivan Cicconi che guida la società consortile mista pubblico-privata, senza scopo di lucro, che si occupa di Qualità degli appalti, sostenibilità del costruire. Fondata nel 1985, come Centro Servizi Quasco, su iniziativa della Regione Emilia Romagna, tramite Ervet Spa, è sede dell’Osservatorio regionale dell’Autorità dei lavori pubblici.

incidente o attentato diventerebbero una trappola per topi. I costi sono passati dai 13,76 milioni di euro al chilometro, previsti nel ’91 ai 73,66 del 2006 (vedi TABELLA E noi paghiamo). È un disastro anche dal punto di vista ambientale: nel Mugello si sono seccate o depauperate ben 73 sorgenti (vedi INTERVISTA Vivere con la Tav); colpiti e affondati siti di interesse naturalistico europeo, come la millenaria Badia benedettina di Moscheta, dove l’acqua risale artificialmente dalla galleria alle vecchie sorgenti, come in un presepe, quando Cavet apre i rubinetti. Il tutto mentre sono in corso da anni i processi penali avviati contro 63 dirigenti di Cavet e ditte subappaltatrici. Al pacco della Tav si aggiunge il contropaccotto dell’Addendum, una serie di interventi per “mitigare” gli impatti idrogeologici indotti dai lavori di scavo, 53 milioni di euro per il Mugello finanziati con il solito sistema: dallo Stato per 27,5 milioni di euro e da Tav per 25,5 milioni di euro, che la Regione gestirà, facendo di tutto e di più. Ma allora perché perseverare nell’errore? «Preoccupa l’apparente osmosi spiega Dell’Olio - tra un certo apparato imprenditoriale e il sistema politico. Cavet per esempio rappresenta tutto “l’arco costituzionale” delle grandi società appaltatrici, da Impregilo alle Cooperative rosse».

vi che il privato ottiene attraverso la gestione un massimo del 50%, dal 2002 questo limite è stato tolto, di fatto garantendo alla fine il 100% dell’investimento. Ciò significa che l’amministrazione pubblica si assume in toto i costi dell’opera, che verranno scaricati nei bilanci futuri dei committenti pubblici che stanno affidando opere con queste modalità. Ci sono esempi positivi di project financing che non ipotecano i bilanci pubblici futuri? Esempi ci sono in piccole opere che hanno buon ritorno e alto cashflow: come il settore dei parcheggi, che ha un onere minimo per la pubblica amministrazione. Nessuno stadio, invece, è stato affidato in concessione

PREVISIONE COSTO A CARICO DEL PUBBLICO [IN MLN DI EURO]

PREVISIONE AVVIO CANTIERI

PREVISIONE FINE LAVORI

Valico ferroviario del Frejus (solo tunnel) 1.807,60 Valico ferroviario del Sempione 1.807,60 Valico ferroviario del Brennero 2.582.28 Asse ferroviario sul corridoio 5 Lione-Kiev (Torino-Trieste) 7.901,79 Asse autostradale medio padano 1.737,22 Asse ferroviario Ventimiglia-Genova-Novara-Milano 4.379,55 Asse ferroviario Brennero-Verona-Parma-La Spezia 1.510,00 Asse autostradale Brennero-Verona-Parma-La Spezia 1.032,91 Sistema Mo.Se 4.131,66 II semestre 2002 Strada nuova Romea 929,62 I semestre 2004 Asse viario Marche-Umbria 1.807,60 Asse autostradale Cecina-Civitavecchia 1.859,24 Sistema integrato di trasporto del nodo di Roma 3.124,56 Il sistema integrato di trasporto del nodo di Napoli 3.885,82 Il sistema integrato di trasporto del nodo di Bari 392,51 Sistema integrato di trasporto del nodo di Catania 516,46 Asse stradale Salerno-Reggio Calabria-Palermo-Gela 13.449,05 Asse ferroviario Salerno-ReggioCalabria-Palermo-Catania 12.961,67 Nodo stradale e autostradale di Genova 2.765,11 Ponte sullo Stretto di Messina 4.957,99 Interventi per l’emergenza idrica del Mezzogiorno 4.641,40 TOTALE 77.511,64

II semestre 2004 I semestre 2004 II semestre2004 II semestre 2003 II semestre 2003 II semestre 2003 I semestre 2004 2010 2008 I semestre 2004 I semestre 2004 II semestre 2003 I semestre 2003 II semestre 2003 II semestre 2003 II semestre 2003 II semestre 2003 I semestre 2004 II semestre 2004 I semestre 2003

2011-2015 2009 2015 2008 2007 2009 2008 2008

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FONTE NUOVAQUASCO. INSERITE NEL DPEF 2003/2005, AUTORIZZAZIONE CIPE, 2002

INVESTIRE NELLE EQUITY DELLE INFRASTRUTTURE

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| dossier | grandi opere |

2002. La Cassa Depositi e Prestiti è autorizzata a costituire una società finanziaria per azioni denominata “Infrastrutture S.p.A.” la quale, in via sussidiaria rispetto ai finanziamenti concessi da banche e altri intermediari finanziari, finanzia sotto qualsiasi forma le infrastrutture e le grandi opere pubbliche (D.L. 63/02, convertito dalla L. 112/02). 2006. Con effetto dal 1° gennaio, Infrastrutture S.p.A. è fusa per incorporazione nella CDP S.p.A. (L. 266/05, art. 1, comma 79).

con queste modalità: le società sportive private che li gestiscono ricavano bene dalla vendita dei biglietti e pagano al massimo l’affitto della struttura – mentre gli oneri fiscali oggi vanno ai comuni. Il nuovo governo di centro-sinistra ha cambiato qualcosa? Il dato più preoccupante è che nel programma dell’Ulivo c’era un impegno esplicito a modificare “profondamente” la Legge Obiettivo e l’istituto del Contraente Generale, per rendere gli appalti pubblici più trasparenti e con gli oneri e il rischio d’impresa realmente condivisi con gli investitori privati. Ad oggi, non ci sono state modifiche o progetti di legge in tal senso, ma ancor più preoccupante è il fatto che le norme della Legge Obiettivo sono state assorbite dal nuovo codice dei lavori pubblici emanato per decreto come recepimento di una normativa europea, senza alcun confronto con Regioni o altri enti interessati. È stato tra gli ultimi atti del governo Berlusconi, ma nessuno ha finora proposto di superare quel testo. Il paradosso della situazione è che il 25 di gennaio, nell’ambito del decreto legge “lenzuolata” di Bersani, sono stati azzerati i contratti dell’Alta Velocità per le tratte MilanoVerona, Verona-Padova e Genova-Milano, ma non essendo modificate le norme del project financing, il general contractor COCIV (Consorzio Collegamenti Integrati Veloci - quota di maggioranza della società di costruzioni Impregilo al 94,5%) ha già ripresentato una proposta sostenuta da Banca Intesa Infrastrutture, per continuare con i meccanismi del passato con un nuovo progetto di finanza. Le pressioni imprenditoriali so-

programma “Nel dell’Ulivo era prevista

una modifica sostanziale della Legge Obiettivo e del general contractor

no molto forti e passano all’interno della coalizione del centrosinistra come nel governo precedente. Oltre al Contraente generale, con la Legge Obiettivo si istituiva la Infrastrutture Spa, società di diritto privato ma a capitale interamente pubblico. Cosa ne è stato? Infrastrutture spa è stata cancellata e riassorbita da Cassa Depositi e prestiti. È grazie a quella società [inventata dall’allora ministro Lunardi] che l’Unione Europea ha aperto una procedura di infrazione per le operazioni finanziarie in contrasto con le direttive europee sugli appalti pubblici e ha imposto di rimettere tutti i debiti, mutui e titoli dal 1994 al 2005 nei conti pubblici. Con il comma 967 dell’ultima finanziaria il governo ha portato a debito pubblico 12,950 milioni di euro, su cui bisogna pagare gli interessi intercalari e sui prestiti alle banche che hanno “investito” nel project financing iniziale. Si è in questo modo risolta la truffa ai danni dell’Unione Europea, ma è rimasta la truffa ai danni dello stato italiano perché gli effetti rimangono tuttora quelli che erano prima. Trenitalia, TAV Spa, RSI Spa che solo qualche mese fa sui giornali erano sull’orlo del fallimento sono state “liberate” dai debiti contratti, che sono stati assorbiti da Cassa Depositi e prestiti, e dunque rientrano nella contabilità pubblica: lo Stato deve pagare la restituzione del debito e degli interessi. Il paradosso è che così liberate, queste società possono adesso attivare nuove operazioni dello stesso tipo, e lo stanno già facendo. Chi controlla queste operazioni e la trasparenza sugli appalti? La Nuova Quasco come si pone di fronte a tutto ciò? Ho appena rassegnato le mie dimissioni: la mia società verrà infatti liquidata. Il 4 luglio 2006, il decreto Bersa-

ni sulle liberalizzazioni ha introdotto una norma che sancisce l’impossibilità per aziende compartecipate pubblicamente di prendere parte ad appalti pubblici e l’obbligo di fare solo attività verso i propri soci. Sulle circa 15000 società esistenti a livello nazionale di questo tipo (di carattere pubblico-privato), solo il 3-4% hanno avuto un impatto significativo nell’immediato. Tra queste, Nuova Quasco, per la quale si sono determinati problemi che potevano essere risolti tranquillamente per fusione con la società della Regione Emilia Romagna che aveva il controllo del 51% (RSS spa). Sulle 15000 aziende che erano in queste situazione, l’unica che viene eliminata è la Nuova Quasco per cui non può che essere stata una decisione politica rispetto a una società che funzionava ma che non aveva un controllo politico un presupposto fondamentale per il funzioFINANZIARIA 2006 namento di questa società. Tra i servizi gestiti dalla Nuova Quasco, vi 966 Infrastrutture Spa Prevede l’assunzione era la gestione dell’Osservatorio sui lavori diretta a carico dello pubblici che fa capo a all’Autorità nazionale Stato degli oneri per capitale e interessi sui contratti pubblici. La decisione politica dei titoli emessi assunta dalla Regione Emilia Romagna e la e dei mutui contratti da Infrastrutture Spa società controllata è stata quella di smantelfino al 31 dicembre lare nel giro di 4 mesi l’Osservatorio, ricollo2005 per finanziare l’alta velocità sulla cando le attività all’interno di altre società. Torino-Milano-Napoli La Regione Emilia Romagna deve comunque 967 Infrastrutture Spa garantire il funzionamento dell’Osservatorio Prevede la liquidazione e continuare a raccogliere i dati prescritti dalda parte della Cassa depositi e prestiti la ex legge Merloni per conto dell’Autorità del patrimonio vigilanza lavori/contratti pubblici, ma lo farà separato costituito all’interno di un contesto meno indipenda Infrastrutture Spa dente e con minore efficacia. PETER MARLOW / MAGNUM PHOTOS

NOTE

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Lo Stato deve pagare per la fretta dei ricchi? Intervenire sulle piccole distanze, rendere meno inquinanti le automobili è molto più utile per ridurre le emissioni che far ARCO PONTI È DOCENTE DI ECONOMIA DEI TRASPORTI al Politecnico di Milano, uno dei massimi esperti europei di trasporti, ma sulla Tav si esprime con una passione per nulla accademica: «È una follia insensata, che fa inordi Paola Baiocchi ridire per i costi: le linee ferroviarie che ci sono attualmente sono in grado di portare tre volte quel che ci passa adesso, ma non c’è la domanda e per far quadrare i conti con l’Av ci vogliono grandi flussi, che non ci saranno mai. In Italia poi abbiamo scelto di far viaggiare anche le merci sull’Av; ma le merci

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in ferrovia non hanno mica fretta! Il più grande sistema ferroviario merci del mondo - quello degli Usa - viaggia a 30 Km all’ora, ed ha un enorme successo economico. Da questa spesa non rientra un euro: sono tutti soldi a sbafo. Lo sa che per tappare il buco dell’Av hanno appena dovuto versargli 13 miliardi di euro, in contanti? La Comunità europea ha detto che i debiti di Infrastrutture Spa sono debito pubblico e quindi non restava altro da fare che tappare il buco in contanti, sonanti e ballanti». Dobbiamo buttare via tutto dell’Alta velocità?

viaggiare le merci a 300 km all’ora. Ma non ha ritorno di immagine. «Diciamo che la spina dorsale del Paese può permettersi di avere un servizio di lusso, anche perché è già quasi tutta costruita e dobbiamo abbozzare: un articolo dell’Economist dice che “il nuovo modo di spostarsi dei ricchi in Europa sarà l’AV”, ma allora lo Stato deve pagare per la fretta dei ricchi? Qualche dubbio mi sembra legittimo e poi l’Alta velocità c’è già: si chiama voli low cost e allo Stato non costa nulla». In Italia i lavori durano tantissimo... «E costano tantissimo: per la Tav si sono triplicati rispetto ai preventivi e nessuno ha fatto un plissè, nemmeno gli interessi costi-

IL TUNNEL DELLA MANICA SOTTO UN MARE DI DEBITI 6 MAGGIO 1994. La regina Elisabetta e il presidente francese Mitterand inaugurano il tunnel ferroviario sotto la Manica. Un’opera mastodontica, finanziata interamente con capitali privati: il sogno di Margaret Thatcher. Per tutti è una “meraviglia del mondo moderno” (nella foto a sinistra, l’interno del treno che trasporta le auto). La festa però dura poco. Meno di un anno e mezzo dopo la musica cambia. Eurotunnel, la società che possiede e gestisce la nuova galleria sottomarina, sospende il pagamento degli interessi del colossale debito contratto con più di 200 banche. “Fallimento virtuale”, titola Le Monde il 15 settembre del 1995. I 720 mila piccoli azionisti di Eurotunnel, quotata in borsa dal 1987, tremano: le azioni crollano a 6,5 franchi. Chi aveva comprato all’emissione, a 35 franchi, si ritrova con un pugno di mosche. I costi reali dell’opera sono saliti a oltre 100 miliardi di franchi (14,70 miliardi di euro), più del doppio rispetto a quelli preventivati. Già nel 1995 Eurotunnel deve pagare alle banche interessi per 1 miliardo di euro. Un macigno che deprime ogni possibilità di profitto. Che fare? Alla fine del 1996 cambia il vertice della società e inizia un processo di ristrutturazione finanziaria che porta Eurotunnel a cedere il 45,5% delle sue azioni a 174 banche creditrici con la cancellazione di 1,5 miliardi di euro di debito. La bancarotta è scongiurata. “Siamo arrivati alla fine dell’inizio”, dichiara il direttore dimissionario Alastair Morton al Financial Times. Su pressione dei piccoli azionisti, Eurotunnel ottiene un prolungamento della concessione per la gestione del tunnel al 2086. C’è tutto il tempo per ripartire. Nel 1999 inizia lo studio di fattibilità per un’altra galleria, destinata al trasporto su gomma. Sembra essere tornata la speranza: i nuovi piani finanziari prevedono di arrivare all’utile di bilancio entro il 2004. Ma il business non decolla. Anno dopo anno il peso degli interessi trasforma tutti i profitti in perdite. Nel 2004 gli interessi sul debito sono pari a 215 milioni di euro. L’utile di 103 milioni si converte in una perdita di 112. Ma non è solo il debito a pesare. I ricavi continuano ad essere di gran lunga inferiori alle peggiori aspettative. I passeggeri sono circa 7 milioni all’anno, contro i 15-20 ipotizzati nel worst case, lo scenario più pessimista. Un disastro. Ma dove finiscono i passeggeri mancanti? La maggior parte preferisce le compagnie aeree a basso costo, come Ryanair e Easyjet. Alle centinaia di migliaia di piccoli azionisti inferociti, però, queste precisazioni non bastano. Anche perché il 65% delle azioni di Eurotunnel è in mano loro. Il 7 aprile del 2004 si presentano in massa all’assemblea annuale e votano compatti la destituzione del Cda. I ribelli, che sono in maggioranza francesi, si rendono protagonisti di un evento senza precedenti in Francia: per la prima volta i piccoli azionisti riescono ad avere la meglio sulle banche e sui grandi investitori. Viene eletto un nuovo board, tutto francese, presieduto da Jacques Maillot, ex direttore del tour operator Nouvelles Frontières. I nuovi arrivati puntano subito al taglio dei costi e un secondo accordo di ristrutturazione del debito che arriva il 27 novembre scorso e ottiene il benestare di 28 creditori su 53, che rappresentano il 72% dei crediti. Eurotunnel, per ora, è salva. L’agonia può continuare. Mauro Meggiolaro

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STIME DEI COSTI EFFETTIVI DI NUOVAQUASCO 2006

TRATTE

9.254

44.040

47.200

NODI

1.064

5.752

8.400

MATERIALE ROTABILE

2.454

7.030

7.500

INFRASTRUTTURE AEREE

614

2.705

2.950

INTERESSI INTERCALARI

770

7.090

8.700

COSTI DIRETTI E SPESE DI FS, SISTAV, TAV, ITALFERR, RFI1

non noto

non noto

3.900

OPERE INDOTTE E/O COMPENSATIVE CONNESSE

non noto

non noto

9.200

14.156

66.617

87.850

2

TOTALE

VIVERE CON LA TAV

È la stima dei costi diretti ed indiretti, anche per studi e progettazioni, sostenuti dalle società con capitale pubblico dall’avvio del programma fino alla conclusione dei lavori. 2 È la stima dei costi per opere ed infrastrutture incluse negli accordi con Regioni, Province e Comuni a compensazione e risoluzione degli impatti e problemi indotti sui territori interessati.

FONTE: ELAB. NUOVAQUASCO SU DATI O DOCUMENTI UFFICIALI

1

E NOI PAGHIAMO...

[VALORI IN MILIONI DI EURO]

TRATTE AV PROGETTO 1991

KM

IMPORTO CONTRATTI FRA TAV E CONSORZI SOTTOSCRITTI NEL 1991

COSTO A KM 1991

DATI E STIME UFFICIALI NEL 20063

COSTO A KM 2006

NAPOLI-ROMA

204

1.994

9,77

6.235

30,56

ROMA-FIRENZE1

254

51

0,20

754

2,96

FIRENZE-BOLOGNA

78

1.074

13,76

5.954

76,33

BOLOGNA-MILANO

182

1.482

8,14

7.150

39,28

MILANO-TORINO

124

1.074

8,66

7.778

62,72

MILANO-VERONA

112

1.125

10,04

5.735

51,20

VERONA-VENEZIA

116

869

7,49

5.455

47,02

MILANO-GENOVA

130

1.585

12,19

4.979

79,03

1200

9.254

7,71

44.040

38,87

TOTALE

2

INDICE DI COSTO A KM 2006, BASE 100 IL 1991

313 1478 554 482 724 509 627 648 504

La nuova tratta (cosiddetta direttissima) era già stata realizzata; in questo caso sono previsti solo lavori di adeguamento agli standard av/ac. Il progetto approvato nel 2006 prevede una sviluppo di nuove linee (e interconnessioni) di 63 chilometri. Il costo a chilometro tiene conto di questa variazione rispetto al progetto del 1991 che è stato ampiamente rivisto. 3 Tratti da sito Tav e Dpef 2007-2011 1 2

tuiti, il che è indecente, perché le persone che non avranno i servizi sociali a causa di questi costi non lo sanno e non lo sapranno mai. Quel triplicamento è andato in tasche ben note; lasciando perdere i costi di corruzione che pure sono pesantissimi, sono nelle tasche dell’industria italiana, sempre quelli, non è un settore aperto alla concorrenza. Quando i costi triplicano qualcuno è scontento, ma qualcuno è molto contento».

Le cose vanno meglio in Francia? «L’Av è molto contestata anche in Francia: economisti, non ambientalisti, sono inorriditi da quello che fa Sncf, la società delle ferrovie di Stato. Hanno un deficit mostruoso che non viene mai esplicitato e sono un nocciolo di interessi molto forti. Ma non va meglio in Spagna: la linea Madrid-Siviglia, che è in funzione da 10 anni, sbandierata come un fantastico successo, non ha ancora raggiunto il traffico previsto per il primo anno».

Dal punto di vista ambientale la Tav ha qualche utilità? «Se guardiamo al paese principe dell’Av, la Francia, gli effetti complessivi sulla mobilità e sull’inquinamento sono trascurabili: le emissioni complessive da traffico e da trasporti in Francia non sono mica cambiati. Per ridurre le emissioni è meglio intervenire sulle piccole distanze e rendere meno inquinanti le automobili».

Ma allora a cosa serve la Tav? «Serve per immagine e per gli interessi costituiti. Non dimentichiamo che la Comunità europea rende difficilissimo distribuire quattrini alle imprese, se non con questi meccanismi. Quindi, quale canale rimane per distribuire un sacco di soldi alle imprese italiane? E allora la pressione degli interessi costituiti è immensa e si

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ALTA VORACITÀ

SERGIO PIETRACITO AVEVA SCELTO DI CAMBIARE VITA: dopo esser stato in Olanda a lavorare, aveva comprato un terreno per mettere su un’azienda biologica, con anche una sorgente d’acqua per 8000 alberi da frutto. Ma la sua vita è cambiata davvero quando sono cominciati, sotto quel terreno, i lavori per la Galleria San Giorgio, una delle finestre di servizio della Galleria Firenzuola, nel cantiere Tav del Mugello. Che ha dato origine a tanti guai; grossi guai, guardando i “nemici” che Pietraciti si è fatto: aveva avviato una causa contro Cavet, a cui si sono aggiunti Tav, Fiat ed Augusta Assicurazioni. Eppure Pietracito non è una testa calda, è un signore che parla con pudore di quello che gli è successo: nel ’98 è franata parte della collina su cui ha un meleto vicino a Scarperia, il paese dei coltellinai e dell’autodromo del Mugello. «La via più dritta tra Bologna e Firenze - racconta Sergio Pietracito - non passa sotto l’autodromo, ma hanno fatto una deviazione e hanno allungato, centrando una zona geologicamente delicatissima». Chissà se hanno immaginato una fermatina, un ascensore... L’autodromo è di proprietà dal 1988 della Ferrari, cioè della Fiat, che è general contractor della Tav della tratta Bologna-Firenze, e anche l’autodromo ha avuto dei danneggiamenti per i cantieri, per cui sono stati rifatti i parcheggi. Dopo la frana si è seccata la sorgente del podere, come molte altre fonti della zona, compresa quella che alimentava Scarperia e non hanno più potuto coltivare 3000 peschi coperti dalla polvere di cemento proveniente dal cantiere. Ma non solo: la galleria San Giorgio è una delle famose gallerie “ammalorate” e quindi dopo esser stata costruita, è stata abbattuta a colpi d’esplosivo e ricostruita mettendo i tondini di ferro nel calcestruzzo. Una tela di Penelope entrata nel calderone dei costi Tav. Pietracito e la sua famiglia hanno smesso di dormire tra il 2000 e il 2004 per i lavori del cantiere e quando sono cominciate le esplosioni nel 2005 le cose non sono migliorate. Ora la battaglia è tutta legale: una montagna di carte, che forse spaventa anche qualche professionista locale, quando deve redigere le perizie tecniche. Pa. Bai.

TRATTA NA-RO

1.994 IRICAVUNO

TRATTA RO-FI

51 IMPRESE

TRATTA FI-BO TRATTA BO-MI

6.235

6.800

754

950

1.074 FIAT (CAVET)

6.400

7.150

7.800

7.788

7.950

5.735

6.300

TRATTA VR-VE

TUTTI I CONTRATTI SONO STATI 1.074 FIAT (CAVTOMI) AFFIDATI A TRATT. 1.125 CEPAVDUE PRIVATA 869 IRICAVDUE DA TAV SPA

5.954

1.482 CEPAVUNO

5.455

5.700

TRATTA MI-GE

1.585 COCIV

4.979

5.300

TOTALE TRATTE

9.254

44.050

47.200

NODI

1.064 IMPRESE O CONSORZI DI IMPRESE

GARE DI APPALTO DI ITALFERR PER CONTO DI TAV E RFI

5.752

8.400

MATERIALE ROTABILE

2.454 CONSORZIO TREVI

NON AFFIDAMENTO A TRATTATIVA SEGNAL. PRIVATA

7.500

INFRASTRUTTURE AEREE

614 CONSORZIO SATURNO

NON AFFIDAMENTO A TRATTATIVA SEGNAL. PRIVATA

2.950

INTERESSI INTERCALARI

770 BANCHE

NON SCELTE SENZA ALCUNA GARA SEGNAL.

8.700

AFFIDAMENTI E COSTI DIRETTI DI FS, TAV, RFI, ITALFERR

NON SOCIETÀ, STIM. ISTITUTI, UNIVERSITÀ E PERSONE

NON AFFIDAMENTI E INCARICHI SEGNAL. SENZA ALCUNA GARA

3.900

COSTI PER OPERE COMPENSATIVE E INDOTTE

NON IMPRESE STIM. O CONSORZI DI IMPRESE

AFFIDAMENTI A TRATTATIVE PRIV. E GARE D’APPALTO

NON SEGNAL.

9.200

49.802

87.850

TRATTA MI-TO TRATTA MI-VR

TOT. GENERALE

allea agli interessi locali, perché paga lo Stato centrale. C’è anche la questione delicatissima del diritto di veto, che è stato esercitato anche da Firenze e da Bologna, dai Verdi. Queste due città con la Tav hanno un miglioramento notevole dei servizi, ma hanno chiesto un sacco di compensazioni: i treni attraversano le città con gallerie in profondità, da due miliardi di euro l’una. Ma con quella cifra potevano fare barriere antirumore di pelle di leopardo! Hanno ottenuto anche il finanziamento in compensazione di due metropolitanine di dubbia utilità, sia a Firenze che a Bologna. Le compensazioni in alcuni casi sono giustificate, in altre casi sono pretestuose; sanno che lo Stato pagherà, quindi perché non chiedere?». Che opere servirebbero in Italia? «Intervenire sulle piccole distanze; in questo modo si risolvono anche i maggiori problemi della domanda di lunga distanza. In un rag-

[VALORI IN MILIONI DI EURO]

STIME DI NUOVAQUASCO

DATI E STIME SU DOCUMENTI UFFICIALI 2006

DATI E STIME SU DOCUMENTI UFFICIALI

DATI UFFICIALI PRESENTATI DA FFSS NEL 1991

PROCEDURA DI AFFIDAMENTO DEI CONTRATTI

VOCE DI COSTO

L’ex presidente del consiglio Silvio Berlusconi in occasione di una delle tante inaugurazioni di fori e cantieri.

AFFIDATARIO DEL CONTRATTO

[VALORI IN MILIONI DI EURO]

CONTRATTI E/O STIME FS E TAV

DA CHEOPE A BERLUSCONI: I COSTI DELLA TAV

14.156

FONTE: ELABORAZIONI DI NUOVAQUASCO SU DATI E STIME UFFICIALI, NOVEMBRE 2006

| dossier | grandi opere |

CONTRAENTI, MODALITÀ DI AFFIDAMENTO E EVOLUZIONE DEI COSTI DEL PROGETTO AV PRESENTATO E AVVIATO NEL 1991

FONTE: ELABORAZIONE NUOVAQUASCO

| dossier | grandi opere |

gio di 50 km, nelle aree metropolitane e intorno alle grandi città, c’è la maggior domanda di trasporto passeggeri e merci e la maggiore concentrazione di problemi: la congestione, l’inquinamento, gli incidenti ecc. Le Grandi opere si rivolgono alla lunga distanza, che è una percentuale molto piccola della domanda totale e servono a risolvere una piccola parte dei problemi della mobilità del Paese. E poi c’è moltissimo da fare sulle tecnologie, ma lì è più difficile distribuire soldi alle imprese italiane perché è un settore molto più competitivo, le gare sono vere. Ed è molto meno inaugurabile, quindi non c’è il ritorno d’immagine». Altri interventi? «Alcune autostrade sono indispensabili: non quelle al Sud perché c’è poco traffico, e soprattutto non di lunga percorrenza. Servono quelle al Nord, dove c’è la maggior concentrazione: il Passante di Mestre è ur-

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gentissimo. Intervenire sulla viabilità lombarda è cosa utile, perché la domanda è tantissima. Fare l’autostrada Grosseto-Civitavecchia è una follia perché lì non c’è la domanda e per di più è in uno dei paesaggi più belli d’Italia; c’era un progetto Anas di sistemazione e messa in sicurezza dell’Aurelia, sufficiente e non costoso. Io non sono un ambientalista, ma mettendo insieme i due elementi - un fattore paesaggistico e una domanda che non c’è - mi sembra abbastanza eloquente...».

Ma che futuro stiamo costruendo all’Italia? «Di soldi sprecati. Il fatto che le Grandi opere siano state un cavallo di battaglia di Berlusconi e che questo governo le abbia sposate completamente, dimostra che la potenza di queste lobby formate da industria ed enti locali è veramente fortissima. E il gonfiare i conti alla fine è una tangente legale, sono scambi di favori».

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A Palazzo Vecchio i danni del project financing

MOLTE GOCCE FANNO UN FIUME RETE DI PENDOLARI TRA LE CITTÀ DEL LAND NORD RENO-WESTFALIA Complessivamente 3,4 milioni di abitanti Obiettivi: ridurre il traffico individuale dei pendolari, l’inquinamento e le emissioni di CO2. Ridurre il flusso di traffico sui grandi assi di accesso ai centri urbani. Il progetto è partito nel 1991 ed è tuttora in corso Il progetto è semplice e poco costoso: si tratta di un portale Internet che permette ai pendolari di inserire il luogo di partenza e arrivo, i tempi di viaggio, opzioni come uomo, donna, fumatore, non fumatore, ecc. Attraverso un indirizzo e-mail o un telefono si possono formare delle community di pendolari. Il sito offre anche informazioni su come suddividere le spese, informazioni legali e sulle assicurazioni per i passeggeri. Il servizio è accessibile anche attraverso i Comuni, le biblioteche e i servizi per la mobilità. L’utilizzo del portale è gratuito, il sistema viene finanziato dai Comuni e dai distretti che hanno speso circa 15 euro ogni 1.000 abitanti per la costruzione della piattaforma e per la gestione del sistema hanno costi di circa 12 euro ogni 1.000 abitanti.

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PRATO: MOBILITY MANAGER D’AREA INDUSTRIALE Prato: 180.000 abitanti Obiettivi: riduzione dell’uso individuale dell’auto nei percorsi casa lavoro e del traffico delle merci, riduzione delle emissioni di CO2 e dei costi di trasporto. Progetto nato nel 2002 e attualmente in fase di sviluppo Il Macrolotto 1 di Prato è la più grande lottizzazione industriale realizzata in Europa; è all’avanguardia per il riciclo dell’acqua, per l’impianto di cogenerazione e per l’asilo nido energeticamente autosufficiente. Per dotarsi di Mobility manager si è considerata tutta l’area come un’unica impresa e si sono introdotte il car pooling e il car sharing con una flotta di 15 veicoli – 10 elettrici in grado di trasportare 6 persone; 2 elettrici per le merci; 3 a metano per il trasporto di 7 persone ognuno. Il servizio è gratuito. Dal 1° giugno al 31 dicembre 2004, l'uso della flotta di veicoli del Macrolotto ha evitato emissioni pari a 1,7 tonnellate di CO2, 386,57 grammi di PM10, con un risparmio di 18.283,19 euro. Costo complessivo 201.934,65 euro.

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FONTE: LE CITTÀ CONTRO L’EFFETTO SERRA, CENTO BUONI ESEMPI DA IMITARE

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Un esempio molto negativo, pieno di opacità e conflitti di interesse, di FirenzeMobilità e FirenzeParcheggi.

C di Jason Nardi

LIBRI

Ivan CIcconi Le grandi opere del Cavaliere Con una prefazione di Marco Travaglio Koinè, nuove edizioni

Ivan CIcconi La storia del futuro di Tangentopoli Con una prefazione di Ermete Realacci DEI tipografia del genio civile 1998

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ON L’ATTIVAZIONE DEL

PROJECT FINANCING “Firenze Mobilità”, l’amministrazione comunale fiorentina ha messo in moto un effetto a valanga che da una parte dilapida soldi pubblici e dall’altra riempie le casse di costruttori, gestori e banche, che di fatto non hanno neppure il rischio d’impresa. Ecco come funziona il gioco: l’amministrazione comunale decide che per affrontare l’emergenza del traffico in città occorre costruire più parcheggi. Demanda alla sua partecipata di costruire parcheggi sotterranei e affida in project financing i lavori ad una società privata ad hoc che riunisce i costruttori e le banche più influenti della città. Quest’ultima costruisce i parcheggi con i finanziamenti delle banche e li dà in gestione alla società partecipata, la quale si indebita perché, senza una politica che coordini e incentivi il trasporto pubblico, i parcheggi vanno deserti. La società deve corrispondere una cifra forfettaria, indipendentemente dall’utilizzo, con il risultato che i bilanci degli ultimi due anni sono in perdita, i ricavi quasi dimezzati. Chi ne fa le spese? I cittadini.

Firenze Mobilità Ma andiamo con ordine. Nel 2000, un raggruppamento di imprese (legate a Confindustria, Lega delle Cooperative e Confesercenti) con capofila l’azienda che detiene il quasi monopolio sulle costruzioni a Firenze, la Baldassini-Tognozzi-Pontello Spa, presenta al Comune di Firenze la proposta di project financing denominata “Firenze Mobilità” per la progettazione, realizzazione e gestione di parcheggi interrati e fuori terra per oltre 1.500 posti auto in zone centrali, la realizzazione del sottopasso con una piazza pedonale di circa 2.400 mq di fronte alla Fortezza da Basso. Nella società di progetto "Firenze Mobilità S.p.A." sono successivamente entrati nuovi soci in aggiunta ai promotori, quali la Camera di Commercio di Firenze, l’Aeroporto di Firenze SpA e Firenze Parcheggi SpA.

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Firenze Parcheggi è una società per azioni nata per iniziativa del Comune di Firenze “con l’obiettivo di costruire e gestire parcheggi sotterranei e di superficie. La società ha in gestione anche il controllo delle auto nelle Z.C.S., la distribuzione dei permessi di accesso e il noleggio di veicoli elettrici e biciclette”. Firenze Parcheggi gestisce in tutta Firenze ben 5238 parcheggi. Il Comune di Firenze detiene il 49,47% delle azioni. Al secondo posto le banche con il 30,03%. Il rimanente 20,5% è suddiviso tra altri soci minori tra cui spiccano la società Autostrade e l’Ataf (trasporto pubblico di Firenze).

Cattiva gestione? «Sotto gli occhi di tutti quotidianamente, la cattiva gestione dei parcheggi viene esaltata dall’analisi del bilancio: aumentano anno dopo anno i posti macchina a disposizione di Firenze Parcheggi ma diminuiscono i ricavi», denuncia il gruppo consigliare della sinistra critica “Unaltromondo-unaltracittà”. Nel 2005 gli incassi dei parcheggi sono diminuiti del 4% rispetto al 2004, nonostante siano entrati in funzione i nuovi parcheggi di Piazza Sant’Ambrogio e della Fortezza da Basso, che garantiscono ben 1.000 posti in più. In compenso, sono aumentati i costi per servizi e godimento di beni di terzi di ben 1,6 milioni di euro (+22%). Nel dettaglio, aumentano le provvigioni di vendita e le spese di rappresentanza (+71%) e, soprattutto, i compensi agli amministratori della società (+68%). Tutto questo nonostante che Firenze Parcheggi abbia visto incrementare gli introiti delle multe grazie alla revisione della convenzione con il Comune di Firenze. Ogni multa emessa da un ausiliare al traffico porta in cassa di Firenze Parcheggi ben 11,40 euro. Non solo. Per errori progettuali e di valutazione rispetto al progetto più importante, il Comune di Firenze ha deciso di risarcire oltre 9 milioni di euro a Firenze Mobilità, in seguito al blocco dei lavori e alle modifiche in fase di costruzione del parcheggio alla

Fortezza da Basso. E se non bastasse, Firenze Parcheggi (sosta) e Ataf (mobilità pubblica) si fanno concorrenza a vicenda e manca nell’ambito della mobilità cittadina quell’integrazione strategica della gestione della sosta e della mobilità pubblica che consentirebbe una soluzione operativa e finanziaria efficace fra Firenze Parcheggi ed Ataf, rafforzando al tempo stesso la scelta del trasporto pubblico. Dal 1 gennaio 2007, inoltre, uno dei servizi più redditizi - il servizio di sosta di superficie del Comune di Firenze - è stato tolto a Firenze Parcheggi S.p.A. e affidato a Servizi alla Strada S.p.A. (socio unico il Comune di Firenze), indebolendo ulteriormente la società compartecipata.

Gli interessi delle banche In tutta questa storia, c’è un aspetto che è ancora più inquietante: è quello degli interessi dovuti da Firenze Parcheggi nei confronti degli istituti di credito per i mutui contratti. Ci si aspetterebbe che dal momento che il sistema bancario possiede oltre il 30% della società (tra Banca Monte dei Paschi di Siena 10,07, Cassa di Risparmio di Firenze 9,18, Banca Toscana 6,39, Banca Nazionale del Lavoro 1,50, B.N.L. Partecipazioni 0,66) applichi dei tassi vantaggiosi. Al contrario, il tasso applicato dagli istituti di credito sui mutui a Firenze Parcheggi è superiore di 0,70% della media, nonostante che le banche abbiano ricevuto in garanzia, oltre alla classica ipoteca sugli immobili, anche una fideiussione da parte dello Stato. Questo vuol dire che Firenze Parcheggi, benché le banche siano azioniste della società con il 33,82% delle azioni, paga molto di più in interessi di una qualsiasi azienda che chieda un prestito. Nell’interrogazione presentata al Sindaco Leonardo Dominici da “Unaltromondo-unaltracittà”, si chiede tra l’altro: «per quale motivo Firenze Parcheggi ha concesso un prestito infruttifero fino al 2010 a Firenze Mobilità per la cifra di 350.000 euro; quali siano i motivi del mancato utilizzo di risorse finanziarie di oltre 10

milioni di euro che rimangono fermi nelle casse di Firenze Parcheggi; quali siano i motivi dei 17 milioni di euro di mutui chiesti da Firenze Parcheggi alle banche con un tasso applicato dagli istituti di credito di uno spread tra l’1,30% e l’1,90%, quindi ad un tasso superiore alla media».

Le scelte dell’amministrazione comunale La parabola della gestione dei parcheggi a Firenze è la storia non solo di un fallimento sostanziale nelle scelte politiche della mobilità cittadina, ma anche di evidenti conflitti di interessi e del ricorso a sistemi di investimento pubblico-privato, come il project-financing, che aumentano le spese e sottraggono risorse pubbliche. Il danno economico (e sociale) ricade sulla collettività, mentre le banche e le imprese di costruzione, al tempo stesso appaltatrici e appaltanti, hanno un utile assicurato.

Epilogo Sembra che la lezione sia stata ben acquisita, almeno da alcuni. Dal sito della Baldassini-Tognozzi-Pontello: «L’azienda ha partecipato, insieme ad altri soggetti imprenditoriali, fra cui RATP International, Alstom, AnsaldoBreda, al raggruppamento per la presentazione al Comune di Firenze della proposta di project financing per la progettazione, realizzazione e gestione per 35 anni delle linee della tramvia per un investimento complessivo di oltre 250 milioni di euro. A seguito dell’aggiudicazione è stata costituita così la società di progetto “Tram di Firenze S.p.a.” con i soci del raggruppamento e la società dei trasporti A.T.A.F. SpA, partecipata dal Comune di Firenze». Le banche finanziatrici dell’operazione: Calyon (Gruppo Credit Agricole), MPS Banca per l’Impresa (Gruppo MontePaschi) e Infrastrutture Spa (oggi Cassa Depositi e prestiti Spa).

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LIBRI

Karl-Ludwig Schibel, Silvia Zamboni Le città contro l’effetto serra, cento buoni esempi da imitare Ed. Ambiente 2005

F. Imposimato, G. Pisauro, S. Provvisionato Corruzione ad Alta Velocità Viaggio nel governo invisibile Koinè, nuove edizioni

Chiara Sasso Facce No Tav L’opposizione popolare raccontata in 250 scatti Melli editrice

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| lavanderia |

Capitali

Mamma li russi nuovi colonialisti di Paolo Fusi

AI VISTO? VE SIETE SBAIJATI, ALLA FINE JE L’AVEMO DATE SODE A QUEI COMUNISTI. Mo so tutti da noi a fa li sordi e noi j’annamo a prenne er gas. So le nostre nuove colonie». A parlare è un ex dirigente della DC, oramai in pensione, che ha vissuto all’ombra di Sbardella «a fa rigà dritti l’ospedali pe i sordi ar partito», e che ora passa malinconiche giornate, sulla salita che va ai Castelli Romani, a far funzionare il suo complesso sistema d’irrigazione del giardino, che viene gestito elettronicamente da un telecomando – di fabbricazione russa. Da quando Silvio Berlusconi ha iniziato, con i suoi pubblicitari, a riformare la semantica della lingua italiana, anche personaggi che sono retaggio del passato incorrono in confusioni gravi. Come il guardiano hippie del parcheggio di Menaggio, sul Lago di Como, che si dice fascista perché «Cuba è il posto più bello e felice in cui abbia mai vissuto, e mi dicono che è una dittatura fascista, così voto Fini perché trasformi l’Italia in una nuova Cuba». L’atteggiamento verso il capitale russo, sia nella politica che nell’economia, è ancora trattato con un vocabolario da Guerra Fredda, anche se le relazioni si sono completamente rovesciate – nessuno sembra accorgersene. L’Italia esportava in Russia per 1,6 miliardi di Euro nel 2003, scesi a 1,3 nel 2005. La Russia esportava per 3,8 miliardi di Euro nel 2003, saliti a 8,1 nel 2005, con una tendenza a salire vertiginosamente, dato che nel 2006 dovremmo aver sfondato il tetto La Russia esportava dei 10 miliardi di euro. in Italia per 3,8 miliardi Sono lontani i tempi in cui gli esuli dell’URSS si trasferivano ad Ostia di euro nel 2003, a mendicare ed a pulire i tergicristalli. Oggi il capitale russo lo si vede saliti a 8,1 nel 2005 in strada in Via Montenapoleone, all’aeroporto di Rimini, in Via del Corso, e nel 2006 ad oltre in Via Caracciolo. Ma l’italiano medio quando pensa alla Russia pensa 10 miliardi di euro alle prostitute – e non si accorge del fatto che nel furioso processo di accumulazione precapitalistica che regna ad Est di Vienna anche questo commercio serve ad un obiettivo preciso: la colonizzazione economica, commerciale e finanziaria dell’Europa Occidentale. Ma il cittadino medio gode. I russi (che sciocchi, ma grazie!) spendono miliardi per le nostre squadre di calcio, comprano le case che non vogliamo, le fabbriche che non usiamo, le auto che non guidiamo. Ancora il nostro saccentone democristiano: «Nun se so accorti che je pijamo tutto er gas e li diamanti». E già, perché le industrie più fiorenti sono quelle dell’energia (per le quali l’Unione Europea dipende già per oltre il 60% dei consumi) e quella dei diamanti – dato che Alrosa ed il gruppo di Lev Leviev (che sono pure legati tra loro e strettamente connessi al governo di Putin) stanno pian pianino spazzando via l’ultracentenaria posizione monopolistica del colosso De Beers. Sotto traccia, intanto, il governo russo, con operazioni al di là dei limiti legali, finanzia faccendieri (Stefano Ricucci e consorti) e trafficanti d’armi (Petur Sinapov e compagnia cantante) – e con il ricavato cerca di comprare banche nell’Unione Europea, che i soldi in una banca russa ancora non ce li vuole portare nessuno. Vent’anni fa i più potenti gruppi commerciali ed industriali (Fiat, Montedison, Eni, Mediaset) programmavano un’invasione del mercato russo, finita malissimo. Oggi accade esattamente il contrario. Mamma, li russi.

«H GUERRA & PACE

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Italian metal jacket >32 Nessuna assistenza ma fatichiamo a capirlo >36 Pensionati ma non inutili >40

finanzaetica UNIVERSITÀ DI PISA, DOPPIO MASTER IN FINANZA

NUOVA IKEA A MIGLIARINO, A RISCHIO AREA NATURALE DI SAN ROSSORE

PATENTE A PUNTI ALLE IMPRESE PER INFORTUNI SUL LAVORO

AZIENDA FORNITRICE DI ARMANI E RA-RE VIOLA I DIRITTI DEI LAVORATORI, I DUE COLOSSI NON FIATANO

PAX CHRISTI CONTRO I BOMBARDIERI MADE IN ITALY

PRESENTATO IL BANDO BORSE DI STUDIO PIA PARADOSSI

Il master in finanza, organizzato dalla facoltà di Economia dell’università di Pisa, è alla sua quarta edizione e raddoppia in convenzione con la Cassa di Risparmio di Lucca. Da quest’anno, infatti, saranno due le possibilità di scelta, entrambe nell’ambito della gestione finanziaria: master in “finanza d’azienda e controllo finanziario” e in “mercati finanziari: scelte di portafoglio e gestione del rischio”. Una proposta che va incontro alla richiesta sempre maggiore di figure professionali specializzate da parte di aziende, imprese e istituzioni e per garantire una formazione adeguata a chi si affaccia sul mondo del lavoro. Il master ha sede nella struttura di San Micheletto, entro le mura di Lucca, un tempo monastero, di particolare valore storico e culturale. La didattica sarà interattiva e prevede il coinvolgimento in aula degli allievi, con l’analisi di casi reali, simulazioni con supporto informatico e lavori di gruppo con l’assistenza di tutor, anche provenienti dal mondo aziendale. La durata complessiva del master è di un anno con impegno full-time. È previsto uno stage finale di tre mesi presso imprese e organizzazioni. La discussione finale dei project work è prevista nel mese di febbraio 2008.

Migliarino, paesino alle porte di Pisa, diventerà la periferia dell’Ikea, se andrà in porto il progetto appena presentato al comune di Vecchiano dal gigante svedese che vuole lottizzare 35 ettari di terreno agricolo. Il parco commerciale “San Rossore” sarebbe composto da 18 mila metri quadri di superficie Ikea; 18 mila metri quadri per grandi superficie di vendita, 18 mila metri quadri per medi e piccoli negozi, 13 mila metri quadri per spazi espositivo-culturali, 150 appartamenti e infine un parcheggio da 6.855 posti. Una cubatura doppia dell’attuale Migliarino, ma la posizione è strategica perché vicina allo svincolo dell’Autostrada A12 con l’Aurelia e che potrebbe attirare 1,2 milioni di clienti (un terzo della popolazione toscana) provenienti dalla costa a nord e a sud di Pisa. Le dimensioni fanno tremare Migliarino, che ha puntato sul turismo naturale della sua spiaggia, una delle poche della costa ancora libera e con la duna, e vista la vicinanza con il parco di San Rossore, ma fanno gola i posti di lavoro. Ikea ha sparato alto parlando di 850/1000 posti di lavoro, ma sembrano cifre gonfiate perché ne occuperebbe 350 (con flessibilità oraria, molti part-time e straordinari) il resto sarebbe assorbito dagli altri operatori del centro commerciale. L’ipotesi è improbabile vista la già diffusa presenza della grande distribuzione nell’area pisana; ma per la Toscana si profila un altro caso Monticchiello (l’edificazione nella Val D’Orcia) di tipo ambientale, perché il milione di automobili in più all’anno, previste da Ikea, schiaccerebbe l’area naturalistica di San Rossore e graverebbe su una viabilità già congestionata dal turismo pendolare. Con quali conseguenze, dal punto delle emissioni, per la salute dell’ambiente e delle persone?

La proposta è arrivata da Cgil, Cisl e Uil per la sicurezza e la salute nei posti di lavoro. Una patente a punti per le imprese da ritirare nel caso vengano commesse violazioni. Una proposta provocatoria che nasce dal numero di morti sui luoghi di lavoro: 1.206 nel 2006, per un totale di 940 mila infortuni sul lavoro (questa è la cifra ufficiale,ovvero gli infortuni denunciati. Non si conosce, invece, la cifra nera). Il dato più eclatante, oltre ai morti, sono gli infortuni che hanno colpito lavoratori stranieri: oltre 110 mila. Tra il 2003 e il 2006 i morti sul lavoro sono diminuiti, così come gli infortuni, passati da 977.194 a 939.566. Resta alto il costo sociale e il rimedio proposto dal sindacato ha anche una sua ragione economica: ammonta a 41.631 milioni di euro la mancata prevenzione sui luoghi di lavoro, ovvero il 3 per cento del Pil. La prevenzione rimane la via principale da seguire, secondo Cgil, Cisl e Uil, e la proposta dovrebbe avere un sistema premiante. Per gli imprenditori virtuosi, ad esempio, la possibilità di partecipare ad appalti pubblici. Ma la proposta della patente a punti per le imprese è solo una provocazione, una forzatura necessaria, per aprire la via ad una riflessione più amara: l’infortunio sul lavoro non è mai il frutto della casualità.

Alla Fibres & Fabrics di Bangalore, multinazionale che produce jeans per il mercato europeo e che fornisce Armani e Ra-re, violano i diritti dei lavoratori. Si parla di minacce, abusi fisici, licenziamenti arbitrari, assenza di servizi e misure di sicurezza, mancato pagamento degli straordinari. L’azienda, fornitrice dei due grandi marchi italiani e di altri colossi europei, è ricorsa al tribunale civile per mettere a tacere le ong indiane e la Clean Clothes Campaign impegnate in prima linea nella difesa dei lavoratori. E come se non bastasse, la Fibres & Fabrics è certificata SA8000. La vicenda risale a due anni fa, quando in una serie di interviste i lavoratori della multinazionale hanno sollevato il problema della condizioni di lavoro disumane che si celano dietro i cancelli di una delle più grandi e conosciute aziende di confezione di abbigliamento della regione. Il tribunale di Bangalore ha messo a tacere la società civile locale e internazionale e i sindacati indiani ordinando di tacere sulle condizioni di lavoro. L’ordinanza restrittiva che imbavaglia la società civile e i sindacati, è arrivata dopo che le organizzazioni menzionate hanno reso pubblica l’indagine che riportava le violazioni in corso presso l’azienda fornitrice di importanti marchi internazionali, tra i quali gli italiani Armani e Ra-re. I grandi marchi della moda italiana Armani e Ra-Re, sono stati informati tempestivamente dalla Clean Colothes Campaign in relazione alle violazioni in corso presso il loro fornitore indiano Fibres and Fabrics International ma a tutt’oggi non hanno dato alcuna risposta. La campagna “Abiti puliti” (www.abitipuliti.org), promossa da Centro Nuovo Modello di Sviluppo, Coordinamento lombardo Nord/Sud del Mondo, Fair, Mani Tese, con l’adesione di Assobotteghe, Ctm-Altromercato e Libero Mondo, invita i consumatori a far sentire la propria voce.

Anche il presidente della Pastorale del Lavoro piemontese ha protestato contro la decisione dell’Alenia (Gruppo Finmeccanica) di assemblare i bombardieri F-35 nella base di Cameri, vicino a Novara. Lo scorso giugno a Washinghton è stato sottoscritto il programma Jsf, nel quale l’Italia ha finora investito 793,6 milioni di euro (139,2 milioni di euro le spese stanziate per lo sviluppo del progetto nella finanziaria 2007). La costruzione del cacciabombardiere avverrà negli Usa per le forze armate nordamericane e inglesi e in Italia per gli altri sei partner internazionali del progetto: Olanda, Danimarca, Norvegia, Turchia, Canada e Australia. L’ Alenia da circa due anni fornisce all’aeronautica italiana 121 cacciabombardieri Eurofighter, che però a differenza dell’Jsf non è in grado di trasportare testate nucleari. L’Italia acquisterà 131 esemplari di F35, anche se l’Alenia ne produrrà 570 per gli altri sei sottoscrittori dell’accordo. Ai cittadini italiani costeranno da 150 a 250 milioni di euro l’uno. La spesa complessiva oscillerà tra i 20 e i 30 miliardi di euro.

Il 14 febbraio a Firenze, presso lo sportello di Banca Etica, la Fondazione culturale responsabilità etica ha presentato il Bando 2007 per le borse di studio Pia Paradossi, dedicate alla memoria della volontaria fiorentina, “decana” - così amava definirsi - dell’associazione Mani Tese e della cooperativa Riciclaggio e Solidarietà. Ugo Biggeri, presidente della fondazione, presso cui è stato costituito il fondo, ha introdotto il bando Paradossi ricordando la volontà di Pia, e l’impegno dei suoi familiari nel realizzarla. Come racconta Biggeri: «L’iniziativa vuole sostenere le azioni di nel campo dell’Economia solidale», quindi dal 2004 viene emesso un bando, limitato alla Regione Toscana, per l’erogazione delle borse di studio. Il sostegno alla ricerca pervenuto attraverso i lasciti di Pia Paradossi e Olga Asaro contribuiscono ogni giorno a migliorare gli strumenti di lavoro a disposizione del mondo del non profit ma anche a valorizzare l’impegno, la dedizione e la professionalità della gente che opera nel terzo settore così come dimostrato dalle esperienze degli intervenuti alla conferenza. La fondazione cammina in questa direzione per instaurare un rapporto di collaborazione più stretto con gli ambienti universitari italiani e organizzazioni della società civile.

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| finanzaetica | commercio delle armi |

| finanzaetica |

Pistole Beretta della Polizia italiana che finiscono in mano alla guerriglia irachena. Armi vendute come “fuori uso”, ma rigenerate in un baleno. Il tutto a norma di una legge “sfuggita” al controllo del Parlamento

Baghdad. Dopo un rally dei sostenitori del partito Baath. La violenza e il commercio delle armi illegali è esploso con l’occupazione statunitense.

Iraq, 2003

1931, nel quale si vieta la raccolta e la detenzione senza licenza ministeriale di armi da guerra, munizioni, uniformi militari e altro equipaggiamento analogo. Oggi, recita la legge, “con la licenza di fabbricazione sono consentite le attività commerciali connesse e la riparazione delle armi prodotte”. Tradotto: la licenza di fabbricazione non consente solo di produrre le armi, ma anche di venderle e ripararle se di seconda mano. Una piccola rivoluzione per gli industriali armieri, tanto che alcune tra le più importanti aziende del settore – compreso il colosso austriaco Glock – starebbero ipotizzando di aprire proprie “filiali” italiane. Un bel regalo, però anche per Ugo Gussalli Beretta, proprietario dell’omonima azienda di Gardone Val Trompia. Il maggior produttore italiano di pistole e il fornitore della stragrande maggioranza delle armi in dotazione alla Polizia di Stato. Un amico personale di Silvio Berlusconi e un fervente sostenitore di Forza Italia che da qualche anno si deve difendere dall’accusa di aver contribuito a foraggiare la guerriglia irachena.

Italian Metal Jacket

ILKKA UIMONEN / MAGNUM PHOTOS

Le indagini della magistratura

U

N EXPORT CHE SUPERA I 600 MILIONI DI EURO ALL’ANNO. Un

volume di operazioni finanziarie quantificato in oltre un miliardo e cento milioni di euro. E il triste piazzamento (al settimo posto) nella classifica mondiale dei Paesi di Andrea Barolini che ne fabbricano di più. È la foe Emanuele Isonio tografia dell’Italia che produce. Purtroppo, però, si tratta di armi. È un’industria fiorente, quella che sforna pistole, mitra e kalashnikov in tutto il mondo: si stima che la spesa militare complessiva abbia superato di quindici volte quella destinata ogni anno agli aiuti umanitari. Un mercato glo-

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bale che coinvolge ormai ogni continente: se Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia e Germania coprono l’82 per cento delle esportazioni mondiali, fanno ormai parte dell’elenco delle prime cento industrie armiere del pianeta aziende brasiliane, sud-coreane, indiane, sudafricane e di Singapore. Complessivamente, alla fine di quest’anno, la spesa militare raggiungerà la cifra senza precedenti di oltre 1000 miliardi di dollari. Superiore perfino a quella (record) registrata negli anni 1977-1978, in piena guerra fredda. Il risultato? Un morto al minuto vittima di arma da fuoco, otto milioni di armi prodotte ogni anno e così tante pallottole da essere sufficienti ad uccidere l’intera umanità. Due volte.

Pistole Beretta in Iraq (per legge) Una montagna di denaro che fa gola a molti. Anche in Italia. D’altra parte, il nostro Paese è da sempre un grande produttore di armi. Ma ha anche, storicamente, una delle legislazioni più avanzate in tema di traffico di armi. O forse l’aveva e non l’ha più? Già, perché l’Italia – un anno fa – ha modificato la propria legislazione in materia di commercio di armi sul territorio nazionale. Nella legge n°49 del 21 febbraio 2006 (che disponeva “misure urgenti per garantire la sicurezza e i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali di Torino”) il governo Berlusconi fece inserire, infatti, una norma che modificava un vecchio regio decreto del

Secondo i pm di Brescia che indagano sulla vicenda, le cose sono andate così: nel febbraio del 2003 il ministero dell’Interno aveva ceduto alla fabbrica bresciana 44.926 pistole Beretta 92S (classificate come “fuori uso” ma spesso perfettamente funzionanti). Una vera e propria svendita a prezzi stracciati: 10 euro al pezzo. Giustificazione ufficiale: “Sono rotte”. La ditta di Gardone Valtrompia le avrebbe invece risistemate facilmente e rese nuovamente funzionanti, nonostante dal 2002 non possedesse più la licenza per riparare armi. Come? Il trucco per aggirare la legge sarebbe stato quello di vendere parte degli armamenti ad una celebre ditta britannica, la Heltston Gunsmith. Azienda prestigiosa nel settore, in possesso di tutti i diritti e le licenze per produrre e riparare armi. In realtà, però, le Beretta 92S non avrebbero mai raggiunto gli stabilimenti della Heltston. Sarebbero state pagate (e quindi, presumibilmente, anche acquisite fisicamente) da un’altra ditta: la sconosciuta “Super Vision International ltd”. Alla quale nessuno ha mai concesso l’autorizzazione. Fatto sta che 45mila pistole sono arrivate in breve nella terra che fu di Saddam Hussein. E, fatto ancora più grave, le rivoltelle tricolori non sono andate solo alla polizia irachena, ma sono state trovate in mano ai guerriglieri di Al Zarqawi. I magistrati, inoltre, nel corso delle indagini hanno verificato numerose altre irregolarità. Il 6 dicembre del 2004, viene arrestata una dipendente della Beretta mentre tenta di portare una calibro nove fuori dalla fabbrica. È un’impiegata addetta al magazzino, inizialmente accusata di aver asportato illegalmente 152 pistole. Successivamente, la Procura dispone il sequestro di 15.478 pistole semi-automatiche si presume anch’esse dirette in Iraq - che la Beretta custodiva nei propri stabilimenti. Pistole che, sottolineano i giudici, “risultavano prive di matricola o con matricola abrasa o ripunzonata e prive di punzoni del Banco Nazionale Prove”. La nuova tranche di pistole dirette in Iraq, dunque, è stata bloccata. Ma ora, con la nuova legge, si potrebbe arrivare all’assurdo di rendere non punibile la commercializzazione da parte di chi ha una generica licenza di detenzione e vendita di armi, di pi|

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«Conosciamo l’identità di ogni prodotto che mangiamo ma non siamo in grado di controllare dove finiscono le armi che produciamo», sottolinea Francesco Vignarca della Rete Disarmo Baghdad. Soldati iracheni prima di andare al fronte. Potrebbero trovarsi di fronte armi italiane.

Iraq, 2003 IL COMMERCIO DELLE ARMI IN CIFRE

7

[ DATI 2005 ]

Posizione dell’Italia nella classifica dei paesi esportatori d’armi (dopo Usa, Gran Bretagna, Francia, Giappone, Cina e Germania)

637 milioni di euro Export italiano di armi 26 milioni di euro

Export italiano di armi in Medio Oriente

ILKKA UIMONEN / MAGNUM PHOTOS

410 milioni di euro Export italiano di armi leggere

Il Parlamento distratto Il tutto senza che nessuno, in Parlamento, se ne sia accorto. Possibile? Pare di sì. Il decreto “Olimpiadi invernali” emanato alla fine I DIECI PIÙ GRANDI PRODUTTORI DI ARMI PAESE

Lockheed Martin Boeing Northrop Gruman Bae systems Raytheon General Dynamics Thales Eads United Technologies - Utc Finmeccanica | 34 | valori |

ARMI VENDUTE IN MLN DI $

% DEL COMPARTO MILITARE SUL TOTALE

[Usa] [Usa] [Usa] [Gb] [Usa] [Usa] [Francia] [Ue] [Usa] [Italia]

24.910 24.370 22.720 15.760 15.450 13.100 8.350 8.010 6.210 5.290

78 48 87 77 85 79 70 24 20 57

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del 2005 dal governo Berlusconi non menzionava minimamente questioni relative al commercio di armi. La norma è stata aggiunta infatti in sede di conversione, in gennaio, presso la commissione Affari costituzionali del Senato, attraverso un emendamento (a firma di Gabriele Boscetto, Forza Italia, avvocato penalista, relatore del disegno di legge in commissione) che sarebbe stato poi riscritto tre volte per venire incontro alle richieste del governo (sottosegretario Alfredo Mantovano, Alleanza Nazionale, in testa). E che è stato poi inserito nel maxiemendamento presentato dal governo che sostituiva il testo precedente del disegno di legge, sul quale il governo pose la fiducia sia a Palazzo Madama PROFITTI DIPENDENTI IN MLN DI $ che a Montecitorio. 1.053 130.000 Insomma, la norma era di fatto “na718 157.000 scosta” all’interno di una legge che aveva tutt’altro oggetto. E anche a leg808 122.000 gerla con attenzione, a saltare agli oc10 92.000 chi era piuttosto la contestatissima 365 77.000 normativa in tema di droga. A parziale 1004 67.000 discolpa, ma non a giustificazione, di 126 57.000 chi non si è premurato di leggere ogni parola della legge. Conseguenza imme172 109.000 diata è stato il fatto che durante il di2.361 203.000 battito in Commissione e in Aula - sia 225 61.000 al Senato che alla Camera - nessuno dei FONTE: WWW.SIPRI.ORG

stole e fucili provento di furto. Una “toppa” perfetta non solo per il comportamento della Beretta, ma anche per il ministero allora diretto da Giuseppe Pisanu, che vendette migliaia di pistole come “fuori uso”, quando bastava un po’ di grasso per permettere loro di ricominciare a sparare.

1125 milioni di euro Valore delle operazioni bancarie per commercio d’armi autorizzate dal governo italiano 360 euro

Spesa militare pro capite in Italia

4070 milioni di euro Valore delle armi vendute da Finmeccanica, primo produttore italiano e decimo nel mondo

parlamentari intervenuti, sia di maggioranza sia di opposizione, ha sollevato né accennato all’introduzione della norma sul commercio di armi di seconda mano. Tutti si sono concentrati sulle norme in materia di droga. E il provvedimento è passato totalmente sotto silenzio.

Downing Street Ad accorgersi che qualcosa non quadrava, invece, è stata la stampa inglese, insospettita da alcuni comportamenti del governo britannico. Sarebbero stati infatti proprio gli uffici di Downing Street a fungere da tramite essenziale per far arrivare in Iraq le pistole della Beretta. Secondo il settimanale The Observer, l’anno scorso il ministero dell’Industria e del Commercio britannico si accordò per la consegna di queste armi alla polizia irachena. Non c’è traccia - aggiunge il giornale - che siano stati previsti anche sistemi di controllo necessari per evitare che le armi potessero finire nelle mani della guerriglia. Il Guardian, inoltre, ricostruisce il cammino che ha portato le armi in Iraq. In data non precisata il governo Usa avrebbe chiesto alle Taos Industries (una delle società che procura le armi al Pentagono), di trovare pistole e altre armi per la polizia irachena. La Taos avrebbe quindi contattato la britannica Super Vision: guarda caso proprio il presunto “reale acquirente” delle Beretta 92S. Nel frattempo, la Helston Gunsmiths, sarebbe entrata nell’affare per ottenere una licenza di esportazione dal governo di Londra. Fin

PARLAMENTO EUROPEO: RENDERE OBBLIGATORIO IL CODICE UE SULLE ARMI UN PASSO IN AVANTI VERSO UN CONTROLLO PIÙ RIGIDO dell’export d’armi potrebbe arrivare grazie al Parlamento europeo. L’assemblea di Strasburgo ha infatti approvato a larghissima maggioranza (504 sì, 24 no e 34 astenuti) una relazione in cui chiede di rendere giuridicamente vincolante il Codice di condotta Ue sugli armamenti. Il Codice, firmato nel giugno 1998, è uno strumento che stabilisce standard minimi comuni a tutti gli Stati comunitari per controllare il commercio delle armi. Tuttavia, a otto anni dalla firma, quel documento è ancora una semplice dichiarazione politica. Il Consiglio della Ue possiede dal giugno 2005 un testo che ritarda ad approvare, nonostante un suo gruppo di lavoro ne abbia consigliato l’adozione. Ufficialmente nessuno sa motivare tale impasse. Ma tra gli addetti ai lavori è noto che il Codice non è obbligatorio per un accordo tra il presidente francese Jacques Chirac e l’allora cancelliere tedesco Gerard Schroeder: avrebbero accettato di rendere vincolante il Codice solo in caso di sospensione dell’embargo imposto alla Cina dal 1989. Un modo per ricevere in cambio da Pechino rilevanti ordini commerciali. «Un testo giuridico vincolante sull’armonizzazione dell’export delle armi – spiega l’eurodeputato spagnolo Raul Romeda Y Rueda, relatore del provvedimento – permetterà di rafforzare il ruolo dell’Europa come attore mondiale responsabile. Darebbe un contributo decisivo alla politica estera dell’Unione e un sostegno essenziale alla stesura di un Trattato internazionale sul commercio delle armi».

qui l’inchiesta del Guardian pare coincidere perfettamente con quella dei magistrati italiani. A questo punto, il ministero dell’Industria avrebbe dato il suo ok e le Beretta sarebbero partite dall’Italia. Destinazione aeroporto di Stansted e, da lì, fino a giungere in una base militare di Baghdad. Quindi, nel febbraio 2005 vengono consegnate all’autorità provvisoria irachena. Un giro ben più tortuoso e difficile da seguire rispetto a qualsiasi altro bene importato o esportato. «Conosciamo la provenienza di una singola fettina di carne o di un qualsiasi bene di consumo e non abbiamo invece idea di dove finiscano le armi che noi stessi produciamo – sottolinea in questo senso Francesco Vignarca della Segreteria della Rete Disarmo - con il rischio di vederle un giorno anche nelle nostre città a dare man forte alla criminalità, come già successo in altri paesi europei». Una situazione, quella italiana, che ha destato anche la preoccupazione di numerose Ong. Già in passato le associazioni riunite nella Rete italiana per il disarmo “ControllArmi” avevano più volte denunciato la vicenda. Nei SITI INTERNET giorni scorsi, insieme ad una delegazione dell’Ong inglese Global Witness, www.controlarms.com hanno incontrato parlamentari e www.disarmo.org www.beretta.it membri del governo italiano proprio www.iansa.org per sottolineare l’urgenza di una mowww.banchearmate.it difica legislativa. Quanti onorevoli cawww.disarmonline.it dranno dalle nuvole?

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Nessuna assistenza, ma fatichiamo a capirlo

te. Il «Primo rapporto sul microcredito in Italia«, a cura di C. Borgomeo& co, parla di 75,6 milioni di euro distribuiti tra quasi 8000 destinatari. È un dato riferito a fine 2004, che però tiene conto di una definizione di microcredito generosamente ampia: sono stati inclusi infatti tutti i finanziamenti di piccole dimensione a privati e imprese, senza considerare come elemento di esclusione, ad esempio, il fatto che i beneficiari avessero fornito regolari garanzie patrimoniali a copertura del prestito.

Fuori i numeri

Sulla scia del Nobel, l’Italia scopre Yunus. Il microcredito è la risposta giusta alla sfida delle nuove povertà, della disoccupazione e della precarietà? È presto per dirlo, ma una cosa è chiara: rispetto ad altri paesi europei siamo partiti tardi e scontiamo un approccio ancora troppo assistenzialista. non i suoi autentici proseliti. È difficile tracciare un quadro d’insieme delle esperienze di microcredito nel nostro paese: poche e frammendi Chiara Schiavinotto tarie le informazioni, incerti i dati, o perlomeno i criteri utilizzati per raccoglierli e rielaborarli, quasi assente il dibattito sulla sostenibilità dei progetti avviati e sul loro reale impatto sociale. Il Nobel alla Grameen Bank ha alimentato un vero e proprio mito del microcredito come rimedio taumaturgico: i risultati eccellenti ottenuti nei paesi più poveri sembrano la garanzia di un successo replicabile anche da noi, in risposta a fenomeni di precarietà, disoccupazione, marginalità ed esclusione sociale sempre più diffusi. Ma sono gli stessi operatori ed esperti del settore a contestare questo stereotipo.

In ritardo rispetto all’Europa! «Il microcredito in Italia è in una fase ancora embrionale rispetto a quanto è stato realizzato in questi anni in altri paesi europei, soprattutto Francia e Inghilterra», spiega Andrea Limone, autore della ricerca “Banche e microfinanza”, promossa nel 2006 da Abi e Fondazione Giordano Dell’Amore, «quel che si è fatto finora rientra in due categorie. Da una parte abbiamo vere e proprie operazioni di marketing, destinate a sgonfiarsi velocemente; dall’altra una serie di ottime sperimentazioni, che possono rappresentare un buon inizio per lo sviluppo del settore ma denunciano comunque alcuni limiti, forse inevitabili». Scopriamoli, dunque, questi limiti. Primo fra tutti la mancanza di un presupposto di reale sostenibilità dei singoli progetti, che si traduce nella dipendenza da cospicui | 36 | valori |

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fondi di garanzia. Non è un caso che lo schema ricorrente nel microcredito all’italiana sia quello della triangolazione: un ente erogatore (per legge può essere solo una banca o un intermediario finanziario), un’organizzazione fortemente radicata nel territorio (che seleziona i progetti, individua i beneficiari e accompagna il credito con servizi di formazione, supporto e monitoraggio), e infine il fondo di garanzia a copertura totale o parziale del rischio di credito. Perché, nonostante il tasso di sofferenza sia molto basso e le insolvenze, in assenza di statistiche, si contino sulle dita di una mano, una cosa è certa: prestare denaro a chi non può dare alcuna garanzia patrimoniale impone comunque forme di tutela e salvaguardia.

Sostenibilità non significa profitto Cosa si intende per sostenibilità? «Non certo il profitto», chiarisce Andrea Limone, «ma semplicemente la possibilità che un progetto di microcredito si regga sulle proprie gambe, senza la stampella di fondi di garanzia esterni e la necessità di ulteriori risorse per finanziare le attività di accompagnamento e monitoraggio». In altre parole, un microcredito non sussidiato. Bello e impossibile? «Diciamo che è difficilmente realizzabile qui e ora; ma può e deve diventare un obiettivo. A patto che si accettino alcuni presupposti: la definizione di tassi di interesse adeguati e non agevolati, la creazione di una struttura specializzata e dedicata (una sorta di «agenzia del microcredito«), la collaborazione in fase di monitoraggio con le reti sociali già presenti sul territorio. E poi devono crescere in maniera esponenziale i volumi, anche grazie ad azioni di promozione commerciale che facciano finalmente incontrare domanda e offerta». Quello dei volumi è un tasto dolen-

GRAMEEN COMMIUNICATIONS

S

ONO PIÙ GLI AMMIRATORI DI YUNUS, in Italia, che

Il Nobel per la Pace, Muhammad Yunus visita la sede della Grameen Bank.

LIBRI

A PARMA I PRIMI LAUREATI ITALIANI IN MICROCREDITO SONO 21 I PRIMI LAUREATI ITALIANI IN MICROCREDITO, proclamati proprio in questi giorni, dall’Università di Parma. Hanno partecipato alla prima edizione del Master in finanza per lo sviluppo, promosso da Consorzio Etimos e Fondazione culturale responsabilità etica in collaborazione con l’ateneo parmense: nove mesi di lezioni in aula e un lungo stage sul campo che ha offerto loro la possibilità di lavorare con alcune delle più importanti istituzioni di microfinanza mondiali. Nel loro piano di studi, tra i temi di approfondimento specifici: l’esclusione sociale, il diritto di accesso al credito, le pari opportunità, lo sviluppo locale e di prossimità, la gestione di istituzioni di microfinanza e la finanza etica. La seconda edizione del Master è già partita lo scorso ottobre, le iscrizioni alla terza si apriranno a luglio. Tutte le informazioni su www.finanzaperlosviluppo.unipr.it APPUNTAMENTO IN HONDURAS CON IL CONSORZIO ETIMOS

A cura di Andrea Limone e Paolo Vitali Banche e microfinanza. Esperienze e strumenti innovativi Bancaria editrice 2006

IN ITALIA IL CONSORZIO ETIMOS è pioniere e leader sul fronte delle attività di microcredito nei paesi in via di sviluppo. Ha chiuso il 2006 con un portafoglio crediti che supera i 15 milioni di euro, operando in più di 40 paesi. Tra i fiori all’occhiello: la gestione dei fondi della Protezione Civile per la ricostruzione post tsunami in Sri Lanka e la partnership con il Ministero degli affari esteri. Ogni anno Etimos propone Compartimos: una settimana dedicata ai temi del microcredito, della finanza per lo sviluppo e del sostegno ai piccoli produttori. Nel 2007 l’appuntamento è in Honduras, dal 24 marzo al 1° aprile con un focus sulla microfinanza in ambito rurale e sulla filiera delle commodities. In programma una conferenza internazionale e alcuni workshop, visite a piantagioni e impianti di lavorazione del caffè e ad alcune esperienze di microcredito. Il programa completo su www.etimos.it

Per avere un’idea dei volumi reali, in assenza di dati aggiornati e corretti, basti pensare che le due esperienze italiane quantitativamente più rilevanti – Banca Etica e Compagnia di San Paolo – hanno erogato rispettivamente 1 milione e 750mila euro (tra il 2005 e il 2006) e 1 milione e 690mila euro (tra settembre 2003 e marzo 2006). Oltre a queste, c’è stata una fioritura di esperienze e progetti locali che ha dato vita ad uno scenario frammentato e quasi pulviscolare, connotato talvolta forse più dal campanilismo che non da una reale volontà o necessità di sperimentazione. Realisticamente in Italia, nel corso del 2006, il microcredito «doc» supera di poco i 5 milioni di euro. In Francia la sola Adie (Association pour le droit à l’initiative economique) in un anno riesce a raggiungere quasi 7000 beneficiari per un volume di erogazioni che va oltre i 18 milioni di euro. Altro mito da sfatare è quello di un microcredito orientato prevalentemente al sostegno della microimpresa: l’interesse e il coinvolgimento degli enti pubblici ha determinato un approccio più assistenziale, che forse sarebbe corretto definire «credito d’emergenza». Piccoli prestiti per spese mediche, anticipi per pagare l’affitto o saldare le bollette arretrate: poche migliaia di euro che nessuna banca darebbe e invece aiutano a superare con dignità momenti di difficoltà. Così il microcredito diventa strumento prezioso di welfare, ma perde forse una delle sue connotazioni più significative: quella di intervenire sulle cause delle disuguaglianze piuttosto che ammorbidirne gli effetti.

Le esperienze più rilevanti Chi ha puntato esclusivamente sul filone microimprenditoriale è la Compagnia di San Paolo, che dal 2003 ha messo a disposizione 2 milioni e mezzo di euro e avviato un complesso lavoro di rete. «Abbiamo coinvolto due banche, Intesa Sanpaolo e San Paolo Banco di Napoli, e quattro associazioni attive in diversi ambiti geografici: le province di Torino, Roma, Genova e Napoli», spiega Daniela Gregnanin dell’Area Politiche Sociali e Assistenziali, «ciascuna organizzazione ha ricevuto un fondo di 400.000 euro, messo a garanzia presso gli istituti di credito». Fondamentale il lavoro svolto dalle associazioni: ascolto delle richieste del territorio, selezione in base al valore imprenditoriale dei progetti, accompagnamento post erogazione. «L’apporto dei volontari nella fase di |

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LO SCENARIO EUROPEO GUARDATA CON LA LENTE DEL MICROCREDITO, l’Europa è ancora spaccata in due. Nei paesi dell’est, dopo il crollo del comunismo, la microfinanza è cresciuta a a ritmi velocissimi, insediandosi in uno spazio di mercato completamente libero: quello del sostegno alla micro e piccola impresa. Si stima che attualmente i beneficiari siano quasi 2 milioni e i risparmiatori ancora di più, ma i margini di crescita sono così ampi che le stesse banche commerciali guardano con interesse a questo target. Le istituzioni internazionali hanno giocato un ruolo decisivo in questa crescita, dirottando a sostegno del microcredito un ingente flusso di fondi sussidiati e a dono. Anche nelle regioni più complesse, come quella dei Balcani che ha conosciuto guerre sanguinose e conflitti ancora irrisolti, il microcredito è stato scelto come strumento fondamentale nella transizione da un economia di stampo sovietico (che scoraggiava l’iniziativa privata ma assicurava piena occupazione) ad una di mercato. Cambia invece la musica nell’Europa dell’ovest, dove soltanto Francia e Inghilterra hanno creduto nel microcredito già alla fine degli anni ‘80. Non è un caso che siano i paesi con il quadro legislativo più avanzato e favorevole, che riconosce il diritto delle istituzioni di microfinanza (associazioni, fondazioni...) ad erogare direttamente i prestiti, senza dover coinvolgere un istituto bancario. Maria Nowak, economista e presidente dell’European microfinance network (che riunisce le principali organizzazioni del continente), afferma con forza che i principali ostacoli allo sviluppo della microfinanza in Europa sono «l’imposizione di tassi d’interesse bassi, che non coprono i sovracosti legati all’erogazione di importi ridotti» e «il monopolio degli istituti di credito, che non lasciano spazio alle istituzioni non bancarie», nemmeno in ambito “micro”. A livello continentale il mercato potenziale della microfinanza è stimato in 11 milioni di persone: si tratta di una domanda in gran parte ancora nascosta, che soltanto l’offerta può progressivamente svelare.

istruttoria è prezioso: si tratta in gran parte di pensionati provenienti dal mondo bancario e imprenditoriale, persone con competenze specifiche ma animate da una forte sensibilità sociale» precisa Daniela Gregnanin. Fino al marzo 2006 su 719 richieste di credito ricevute ne sono state finanziate 141, con un’alta percentuale di domande ritirate (312) o respinte (142). Una selezione rigorosa che vuole centrare due obiettivi: premiare i progetti imprenditorialmente più meritevoli e insieme scegliere i beneficiari tra le fasce sociali realmente più povere, con tutti i rischi che l’operazione porta con sé. Accanto alla Compagnia di San Paolo, quella di Banca Etica appare come l’esperienza più ampia e variegata. Una quindicina di progetti distribuiti in tutta Italia, spesso in contesti molto diversi tra loro, ciascuno gestito con una partnership specifica sul territorio (Caritas diocesane, enti pubblici, Mag, fondazioni antiusura) e soprattutto un’attenzione particolare verso il Mezzogiorno. «La nostra vocazione è chiaramente microimprenditoriale: il credito deve creare occupazione e sviluppo, spiega Laura Callegaro dell’Ufficio studi e progettazione strategica - Ma le richieste che vengono dal territorio, in particolare dagli enti pubblici, sono di natura diversa; parlano di nuove povertà, di una precarietà diffusa, di marginalità forse insospettate, di diritti primari come la casa e la salute che scivolano via». La risposta di Banca Etica è nei numeri: 400 mila euro di microcrediti socioassistenziali nel 2006, su un totale complessivo che sfiora il milione di euro e i 130 beneficiari.

Micro.Bo: le garanzie di gruppo Sono cifre più piccole ma altrettanto significative quelle di Micro.Bo, un’associazione bolognese che ha erogato i primi prestiti nel 2005, intensificando le attività nel corso del

2006. Micro.Bo si avvale della collaborazione della Banca di Bologna e di un fondo di garanzia alimentato dalla generosità degli imprenditori locali. «A fine anno siamo arrivati a 54 erogazioni, tutte a sostegno della microimpresa, per un totale di 486 mila euro e un tasso di insolvenza pari al 2%», spiega con orgoglio Barbara De Blasi, socia fondatrice e operatrice a tempo pieno. Micro.Bo è tra i pochissimi in Italia ad adottare un meccanismo di garanzie di gruppo. «Chiediamo ai beneficiari di riunirsi a gruppi di tre, ciascuno con un’idea imprenditoriale indipendente. In caso di insolvenza di uno dei componenti, gli altri non sono costretti a pagare al posto suo, ma vengono esclusi dal credito - precisa De Blasi - in alternativa è possibile ottenere prestiti individuali, presentando però all’associazione due garanti morali». In entrambi i casi è l’obiettivo è di responsabilizzare i beneficiari.

Una Spa senza dipendenti Se fin qui le banche tradizionali si sono limitate al ruolo di ente erogatore, a Siena il Monte Paschi ha voluto cambiare le carte in tavola, consolidando i legami con la società civile locale. Microcredito di solidarietà spa è nata da poco più di un anno ed è un vero e proprio intermediario finanziario, autorizzato dall’Ufficio italiano dei cambi. «La sua peculiarità - secondo il direttore generale Marco Innocenti – è proprio quella di riunire in un unico soggetto i tre elementi della triangolazione: la banca che eroga, la rete territoriale che seleziona e accompagna, e l’ente garante». I soci, oltre a Monte Paschi, sono la Provincia e il Comune di Siena, Enti locali, associazioni di volontariato e due diocesi. L’operatività, orientata al credito di emergenza e ad un target di immigrati, è gestita, per ora, esclusivamente con personale volontario opportunamente formato.

SMOAT. IL MICROCREDITO TOSCAN0 LA REGIONE TOSCANA HA PROMOSSO UN MICROCREDITO destinato a persone e ad imprese che generalmente non trovano molto ascolto nelle banche perché non offrono garanzie: giovani, donne, disoccupati e cittadini stranieri, potranno ricevere fino a 15mila euro a progetto per l’avvio di una nuova impresa. I finanziamenti saranno erogati da Fidi Toscana, società partecipata dalla Regione e da dieci istituti bancari, ma verranno garantiti per l’80% dalla Toscana, attraverso un Fondo speciale rischi, che ha una dotazione di 14 milioni e 300mila euro. I prestiti saranno a tasso agevolato (tra l’1 e 1,5% in meno dei tassi di mercato) e saranno restituibili in rate, da 36 a 60 mesi A chi deve avviare una nuova attività il sistema, chiamato Smoat - Sistema di microcredito orientato assistito toscano - assicura anche servizi gratuiti di start up: assistenza (progetti di fattibilità marketing, piani di restituzione, aggregazione di piccole imprese, riferimenti normativi); orientamento (mappatura delle competenze, opportunità di mercato, valutazione dei rischi d’impresa) e tutoraggio (iter burocratici, ricerca di visibilità della neo impresa, rapporti con le associazioni di categoria). Chi invece ha già avviato un’impresa in Toscana può chiedere un finanziamento attraverso lo Smoat, se risponde a determinate caratteristiche: l’attività non deve esistere da più di 18 mesi, deve occupare meno di 10 persone e fatturare al massimo due milioni di euro l’anno. Il sistema di microcredito toscano è promosso da Fabrica Ethica, programma della Regione Toscana per la responsabilità sociale delle imprese, con l’obiettivo di incrementare lo sviluppo locale e favorire l’occupazione, con incentivi di sostegno non esclusivamente finanziari, di soggetti in situazione di criticità, facilitando l’autoimpiego a fronte di crisi aziendali e perdita di occupazione. www.fiditoscana.it www.fabricaethica.it

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Banca Etica, il cuore batte nel Meridione Giovani, donne, disoccupati e lavoratori precari. Ad Andria, Foggia e Potenza il microcredito promuove lo sviluppo e di Alessia Vinci

L MICROCREDITO APPARTIENE ALLA STORIA, al dna di Banca Etica», ricorda il presidente Fabio Salviato, tra i pochi italiani a partecipare al primo Microcredit Summit, a Washington nel ‘97, quando il tema – bisogna pur dirlo – non era proprio di moda. Di sicuro, allora, non ne aveva sentito parlare Gianluca Rella, un venticinquenne di Andria che è stato tra i primi beneficiari della banca, grazie ad un progetto in collaborazione con la Caritas locale. «Ho sempre lavorato da un tappezziere, in nero, ma volevo avviare un’attività tutta mia. Occorreva un piccolo investimento iniziale per i macchinari e i materiali, che nessuna banca voleva darmi» Sono parole semplici, quelle di Gianluca, e raccontano una realtà di lavoro sommerso, di disoccupazione ed esclusione dal credito che accomuna molti ragazzi del sud, costringendoli all’emigrazione o consegnandoli alla malavita. Forse è per questo che parlare di microcredito in Banca Etica significa soprattutto parlare del nostro Mezzogiorno: di Lucia, che crea vetrate artistiche e lampade; di Rossana, che ha fondato una

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LA TOBIN TAX DI ETICA SGR IL MECCANISMO è quello di un corto circuito tra l’alta finanza, quella che investe miliardi in borsa, e il microcredito. Parliamo naturalmente della Tobin tax di Etica sgr: chi sottoscrive i suoi fondi di investimento, ogni mille euro ne destina uno ad un fondo di garanzia per progetti di microcredito. Fino ad oggi sono stati messi a disposizione più di 300.000 euro, che sono serviti a garantire alcuni dei progetti più significativi avviati da Banca Etica in Puglia.

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combatte l’esclusione sociale e l’illegalità diffusa. cooperativa per l’animazione e l’assistenza agli anziani; di Michele, luto proprio dal Presidente dell’Amministrazione provinciale, Sabiche ha dato vita ad una compagnia teatrale. no Altobello come «un piccolo passo verso un nuovo welfare locaProgetti ed esperienze significative, sia ben chiaro, sono stati le». È evidente che si tratta in questo caso di interventi di natura soavviati in tutta Italia – dal Veneto al Piemonte, dalla Toscana all’Ecio assistenziale, rivolti prevalentemente a disoccupati, lavoratori milia – ma il cuore batte decisamente a sud. Ad Andria, dove il Prosvantaggiati e precari: «a loro offriamo una garanzia per piccoli pregetto Barnaba mette insieme Caritas diocesana e Banca Etica per fastiti che servono per spese di emergenza, anche finalizzate al riadevorire l’autoimprenditorialità tra i giovani. A guamento professionale o ad un ricollocamento nel I LINK Foggia, dove si lavora con l’Amministrazione promercato del lavoro», spiega Altobello. In poco più di vinciale, rivolgendosi ad un target esclusivamente un anno sono stati erogati 91 prestiti per un totale www.micro-credit.net www.adie.org femminile in un contesto sociale e culturale in cui che sfiora i 100.000 euro. Fondamentale il lavoro di www.micro.bo.it l’accesso al credito e l’attività imprenditoriale autoselezione e istruttoria realizzato sul campo attraverwww.magvenezia.it www.mag6.it noma da parte delle donne è talvolta ancora un so la Fondazione antiusura che, proprio grazie a www.fondoetico.blogspot.com tabù. A Potenza, dove si lavora sui binari di una duquesto progetto, ha conosciuto un vero e proprio www.fondoessere.org www.fondazionerisorsadonna.it plice collaborazione, con la Provincia e con la Fonboom di contatti: «prima erano 80 all’anno, nel www.bancaetica.com dazione antiusura Interesse Uomo: Credito Etico, 2006 sono stati 208, segnale di un’attività di ascolwww.eticasgr.it questo il nome del progetto, è stato fortemente voto più che raddoppiata».

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Pensionati, ma non inutili

Sono 16 milioni gli ultrasessantenni italiani: viaggiano, si iscrivono a corsi, fanno volontariato, si prendono cura dei nipoti. E reclamano un ruolo più attivo nella società. Anche per questo è stato lanciato un Manifesto per migliorare la vita nella terza età. Ora bisogna trovare le risorse.

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Le proposte del Manifesto per migliorare la vita nella terza età famiglia allargata non esista quasi più, genitori e figli tendono a vivesono molte. Ma le risorse ci sono? «Se per attuarlo dobbiamo ridire nella stessa città, spesso nello stesso quartiere. «Può esserci ancora mensionare altre forme di spesa pubblica, magari meno utile, ben la coabitazione, ma solitamente è in presenza di situazioni problemavenga perché sul piano della giustizia e dell’equità è un bene. Nel tiche, per motivi di salute o per difficoltà economiche. C’è però anmondo ideale ci piacerebbe di più una spesa con questo fine piutcora una certa vicinanza e buona vita di relazione. Perché giova ad entosto che il ponte sullo stretto, solo per fare un esempio. Ci vortrambi». Ecco allora che i nonni vanno a prendere i nipoti a scuola e rebbe un po’ quello spirito che aveva animato l’Italia ai tempi delsbrigano piccole commissioni burocratiche, dalla posta alla banca. la ricostruzione, rimbocchiamoci le maniche e facciamo una «L’allevamento dei figli, patrimonio della società, è affidato a loro», società migliore, però pagandone tutti gli sforzi». evidenzia lo studioso. «Svolgono una funzione importante e alla fine a parte il riconoscimento dei figli non ottengono nessun tipo di gratificazione. Eppure riPENSIONATI PER TIPOLOGIA DI PENSIONE LA POPOLAZIONE ITALIANA PER CLASSI D’ETÀ sparmiano un servizio pubblico. Più interTOTALE: 58.752 dati in migliaia anno 2005 venti ci sono da parte degli anziani e meno si sente disagio nella società». L’auspicio è quel20-64 lo di una «maggiore attenzione ad una com35.962 ponente che rappresenta una ricchezza per la società», perché si senta utile. «Questo vuol dire intervenire anche in quelle iniziative di 65-79 0-19 11.616 continuazione dell’attività lavorativa, natu11.067 ralmente incentivata, magari riconoscimen85 e + 80-84 to le pratiche di volontariato e di collabora1.258 3.029 zione che gli anziani già fanno». |

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GUERRA 389.188

PENSIONI/ASSEGNI SOCIALI 769.497

2.185.037

INVALIDITÀ CIVILE

INDENNITARIE 1.024.089

4.573.992

SUPERSTITI

INVALIDITÀ

2.069.366

10.881.960

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VECCHIAIA

Innalzamento delle pensioni. Gli anziani devono anche essere coinvolti nel sistema sociale delle relazioni, farli interagire con altre generazioni, chiamarli a confrontarsi con un’attività fisica e mentale

FONTE: ISTAT

di Paola Fiorio

le spalle. Gli anziani di oggi vogliono partecipare attivamente alla società, sono spesso impegnati in opere di volontariato, viaggiano. Tanto da essere passati dal ruolo di protagonisti saggi di slogan pubblicitari a vero e proprio target del marketing. «Gli ultrasessantenni hanno maggiori risorse rispetto a una volta. Sia dal punto di vista economico che formativo. Sono più inseriti nella società e per certi versi contano anche di più, perché il numero è potenza e gli anziani rappresentano in Italia un quinto della popolazione», spiega Gian Carlo Blangiardo, docente di demografia all’Università Bicocca di Milano e tra i firmatari del Manifesto dei pensionati (vedi BOX ). «È cambiata la definizione stessa di anziano, del sentirsi vecchio e di conseguenza l’agire. Probabilmente oggi quelli che si sentono veramente vecchi sono solo gli ultraottantacinquenni in una società nella quale raggiungere quella soglia è abbastanza normale». Non solamente l’aspettativa di vita è aumentata (83 anni per le donne, 77 per gli uomini), ma in età avanzata ci si arriva oggi ancora con buone energie psico-fisiche. E le donne di più. «Il sesso debole tra gli anziani è il sesso forte», sottolinea Blangiardo, non solo perché la popolazione femminile vive più a lungo, ma perché ha sempre gestito la casa, magari anche in concomitanza con un lavoro al di fuori delle mura domestiche. «L’uomo che resta vedovo si trova invece a fare delle cose che non hai mai fatto e può anche essere che si lasci andare». In generale, però, la terza età vive serenamente. Anche economicamente? Secondo Blangiardo la situazione non è drammatica, ferme restando le frange estreme. «Ci sono pensionati che fanno fatica ad arrivare a fine mese. Gli studi sulla povertà in Italia mettono in evidenza come la condizione anziana sia un aggravio, ma dal punto di vista della caduta sotto la soglia di povertà pesa di più avere figli che essere vecchi». Rispetto a cinquant’anni fa, sottolinea, la situazione è cambiata. «Ci sono le pensioni sociali che comunque una mano la danno, e ci anA sinistra, Gian che sono situazioni in cui la pensione non è così bassa, anche se non c’è Carlo Blangiardo, da scialare». C’è, insomma, una fascia di anziani che gode di buone ridocente di demografia sorse. E non sono solo i ricchi. «Ci sono quelli che hanno chiuso una faall’Università se lavorativa da normale impiegato, ma che hanno la casa di proprietà, Bocconi. Nella pagina un fenomeno che interessa l’80 per cento degli anziani, e non devono a fianco, dare particolari aiuti ai figli. Questa fascia non ha grossi problemi». una vecchia manifestazione L’innalzamento delle pensioni è un obiettivo da raggiungere, sotcontro il piano tolinea Blangiardo, «ma è altrettanto importante far convergere e pensionistico di Berlusconi. mantenere il coinvolgimento dell’anziano nel sistema sociale delle reRoma, 1994 lazioni, farlo interagire con altre generazioni. Un ultrasessantenne che resta attivo, deve essere valorizzato in quanto attivo». In realtà, gli anziani sono molto presenti nella vita domestica dei figli. Nonostante la

STEFANO DE LUIGI / CONTRASTO

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IMENTICATEVI L’IMMAGINE STEREOTIPATA DEI NONNI CON GLI ACCIACCHI DELL’ETÀ e ritirati nel ricordo di una vita ormai lasciata al-

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LE RICHIESTE PER LA TERZA ETÀ LE CINQUE PROPOSTE DEL MANIFESTO PER LA TERZA ETÀ con cui si chiede al Governo di agire per la dignità, l’autonomia, il diritto alla cura e la cittadinanza attiva degli anziani 1. DIGNITÀ E AUTONOMIA Vivere in modo autonomo e dignitoso è un diritto spesso difficile da raggiungere per gli anziani. Chiediamo quindi di: innalzare la soglia di tutti i trattamenti pensionistici a un livello minimo “decente”: nessuna pensione più al di sotto della no tax area (oggi pari a 7.500 euro per i percettori di reddito, vale a dire 650 euro al mese); diminuire in modo consistente la pressione fiscale sul cumulo dei redditi della coppia; valorizzare i periodi di maternità e le interruzioni lavorative per compiti di cura familiare nel computo del periodo pensionistico

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2. CITTADINANZA ATTIVA Il protagonismo sociale degli anziani viene spesso messo in discussione dall’effetto congiunto dell’uscita dalla vita lavorativa e dall’indebolirsi della salute. Occorre quindi: progettare un piano nazionale di “formazione intergenerazionale”, utilizzando sapere e competenze dei lavoratori senior con percorsi di accompagnamento, inserimento lavorativo, formazione e tutorship rivolti ai neoinseriti nei contesti di lavoro; offrire agli anziani condizioni agevolate nella fruizione di servizi culturali, trasporti, musei, spazi di socializzazione, spettacoli, ecc.; lanciare un piano nazionale di contrasto al “digital divide”, che vede gli anziani in difficoltà di fronte ai nuovi strumenti tecnologici

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3. PROMOZIONE DEL VOLONTARIATO SENIOR Già molto numerose sono le iniziative di azione volontaria degli anziani, indirizzate sia ad altri anziani sia alle più varie forme di bisogno. Anche in questo caso le responsabilità della pubblica amministrazione sono state trasferite a livello regionale e locale. Chiediamo al Governo un deciso rilancio dell’azione volontaria nel nostro Paese, quindi di: rivedere la normativa nazionale (L. 266 sul volontariato); defiscalizzare i contributi versati ai non profit da parte di privati e imprese; sensibilizzare e promuovere l’azione volontaria nella terza età su tutti i principali mass media

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4. DIRITTO ALLA CURA La permanenza dell’anziano nel proprio contesto sociale e familiare è valore condiviso e fortemente perseguito oggi nel nostro Paese, sia dalle famiglie sia nei disegni, nei progetti e nelle azioni dei servizi sociosanitari. L’alleanza nella cura tra famiglie e servizi pubblici, privati e di privato-sociale, è oggi fondamentale. Al Governo chiediamo quindi di: definire a livello nazionale, con atto apposito, dei “livelli essenziali di assistenza”, in modo da garantire pari condizioni di diritti sociali su tutto il territorio nazionale; defiscalizzare fortemente i costi sostenuti dalle famiglie per la cura dei propri parenti fragili (ad esempio costi per le badanti o per altri servizi assistenziali a pagamento); promuovere e finanziare un piano nazionale finalizzato di “integrazione e qualificazione professionale” delle badanti

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5. PROTEZIONE CONTRO LA NON AUTOSUFFICIENZA L’area della non autosufficienza rimane di grande rilevanza e centralità nel nostro Paese. Chiediamo quindi: definire e finanziare un Piano e un Fondo nazionale per la non autosufficienza, sulla cui base rilanciare servizi residenziali integrati e di qualità per gli anziani non autosufficienti. A questo scopo è opportunità forte il progetto di legge di iniziativa popolare promosso dalle confederazioni sindacali sulla non autosufficienza (2005), che dovrebbe essere sottoposto urgentemente all’esame del Parlamento

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I FIRMATARI Don Vinicio Albanesi (presidente della Comunità di Capodarco e del Cnca), Gaspare Barbiellini Amidi (giornalista), Domenico Barillà (psicoterapeuta), Francesco Belletti (direttore Cisf), Gian Carlo Blangiardo (demografo, Facoltà di Scienze statistiche, Università di Milano Bicocca), Giorgio campanili (sociologo della famiglia), Carla Collicelli (vicedirettore Fondazione Censis), Pierpaolo Donati (direttore dell’osservatorio nazionale sulla famiglia), Antonio Lubrano (giornalista), Giovanna Rossi (professore ordinario di Sociologia della famiglia, Università Cattolica, Milano), Fulvio Scaparro (psicoterapeuta), Giovanni Battista Sgritta (professore ordinario di Sociologia, Università La Sapienza , Roma), Marco Trabucchi (Gruppo di ricerca geriatria, Brescia), Tiziano Vecchiato (direttore della Fondazione Zancan), Marco Vitale (economista), don Leonardo Zega (direttore Club3)

TERRA FUTURA


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Energia

Efficienza per la sostenibilità di Walter Ganapini

OCHI GIORNI FA È STATO PUBBLICATO UN RAPPORTO GREENPEACE-POLITECNICO DI MILANO che ha calcolato il potenziale

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di risparmio energetico conseguibile grazie all’aumento dell’efficienza teoricamente disponibile da ora al 2020, anno nel quale si prevede un consumo di 423 miliardi di kwh/anno: 103 miliardi di kwh/anno sono risparmiabili con tecnologie già disponibili e di costo noto 35 miliardi di kwh/anno sono risparmiabili con tecnologie già disponibili, ma di cui non è ancora possibile valutare con sufficiente precisione i costi. Ben 83 dei 103 miliardi di kwh/anno citati risultano economicamente convenienti rispetto alla produzione di elettricità da nuovi impianti e si riferiscono per il 37% all’industria, per il 29% al settore terziario commerciale, per il 22% ai servizi pubblici e per il 12% al settore residenziale. Da oggi al 2020 è possibile concretizzare una quota del potenziale pari a 98 miliardi di kwh/anno, 80 dei quali sono gli economicamente convenienti sopra indicati, mentre 18 deriverebbero da altre misure e tecnologie, per cui risultano premature valutazioni economiche, spesso a costi bassi, e tali da rendere credibile un livello dei consumi al 2020 di poco superiore agli attuali. Il Rapporto valuta nel complesso 120 utilizzi dell’elettricità (su cui ci sono maggiori informazioni e dati) rispetto ai 280 circa del precedente studio di F. Krause per ANPA/Ministero dell’Ambiente. Oggi l’elettricità viene scambiata a un prezzo all’ingrosso che oscilla intorno ai 6,5 centesimi di Euro al kilowattora: nello studio il costo di riferimento è assunto oscillare tra 5,5 e 6,3 centesimi Già oggi sono disponibili al kilowattora. Il costo medio del kilowattora risparmiato è inferiore 83 miliardi di kwh/anno ai 5,4 centesimi di Euro, cioè inferiore al prezzo attuale all’ingrosso. economicamente Nel complesso, per realizzare il potenziale sopra indicato come più conveniente rispetto economicamente conveniente occorrerebbero investimenti in tecnologie alla produzione di elettricità e programmi per circa 80 miliardi di Euro (circa 5,7 miliardi/anno da nuovi impianti negli anni dal 2007 al 2020), con un beneficio economico che si protrarrà nel tempo fino al 2040. Il beneficio economico cumulato netto, cioè la riduzione della bolletta elettrica meno gli investimenti sopra citati, risulterebbe di 65 miliardi di Euro, evidenziando un risparmio economico netto rispetto allo scenario senza interventi di efficienza. Al 2020 si ridurrebbero cosi le emissioni di circa 50 milioni di tonn CO2/anno rispetto alle previsioni. In termini occupazionali, in base a una analisi di casi internazionali, si stima un aumento della occupazione tra 46.000 e 80.000 nuovi posti di lavoro per 14 anni, con un valore medio di oltre 60.000 posti. Tra le principali tecnologie efficienti incluse nello studio si trovano: Lampade fluorescenti compatte (consumano il 70-80% in meno di quelle a incandescenza e alogene). Illuminazione per interni e strade con lampade ad alta efficienza e sistemi di alimentazione e regolazione elettronica, ciò che porterebbe a risparmiare il 30-40% rispetto agli impianti standard. Motori efficienti e a velocità variabile, che consumano il 40-50% rispetto alle tecnologie standard e hanno applicazioni amplissime (sistemi di pompaggio, movimentazione materiali, sistemi di ventilazione, ecc.). Tecnologie di refrigerazione residenziale e industriale a basso consumo, che risparmiano il 40-60% rispetto a quelle standard. Miglioramento dei sistemi di produzione e distribuzione di aria compressa in campo industriale, che potrebbe far risparmiare fino al 40%. delle risorse sin qui dedicate.

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CONTRASTO

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Per Banca Etica una sede a emissioni zero >48 L’Italia è pronta a salire sul treno della bioedilizia >50 Quale carta è stata rilegittimata dal referendum >54

economiasolidale CTM SBARCA IN FRANCIA E COMPRA SOLIDAR MONDE

L’HITACHI PAGA PER NON ABBATTERE IL TAMARINDO

“B’IO TRASPARENZA” QUANDO LA CHIAREZZA FA BENE AL CONSUMATORE E AL PRODUTTORE

INQUINAMENTO DELLE MURGE A RISCHIO PRESCRIZIONE

IL GRUPPO CRAI SPOSA I PRODOTTI CERTIFICATI FAIRTRADE

ENERGIA PULITA E AREE RURALI SE NE DISCUTE A ROVIGO

Ctm altromercato, la principale organizzazione italiana di commercio equo e solidale, acquisterà una partecipazione, pari al 15%, di Solidar Monde, dal 1984, la più antica organizzazione di fair trade che opera in Francia. Solidar Monde gestisce l’importazione di oltre l’80% del valore dei prodotti venduti nelle circa 170 Botteghe del mondo transalpine. La partnership nasce dall’esigenza di portare in Francia l’esperienza di successo del modello italiano, basato principalmente su organizzazioni non profit e sul canale delle Botteghe del mondo. Nel mercato francese, infatti, le vendite di prodotti equo solidali sono realizzate attraverso marchi commerciali privati, mentre il non profit rappresenta solo il 15% delle vendite totali del settore. Ctm Altromercato entra così nel consiglio di amministrazione di Solidar Monde ed anche nel patto di sindacato, insieme a Fédération Artisan du Monde, socio di maggioranza della società (con una quota del 51%), organismo che rappresenta la rete delle Botteghe francesi, e Biocoop la più importante catena distributiva francese di prodotti bio.

L’Hitachi, industria elettronica giapponese, ha pagato circa 350 mila euro per impedire l’abbattimento di un albero di tamarindo che da oltre 30 anni è il suo simbolo pubblicitario. Si tratta di una pianta gigante che si trova nei giardini di Moanalua, vicino all’aeroporto di Honululu, nello stato americano delle Hawaii. La somma servirà a impedire la chiusura del parco privato che è in difficoltà economiche e a evitare la sua

Nel 2005 era partito il progetto “B’io Trasparenza”, nato da una collaborazione tra Ecor e B’io, la più grande associazione di negozi bio in Italia. Lo scopo era comunicare in modo chiaro e completo la storia, le metodologie di lavorazione, la composizione del prezzo di circa 130 prodotti biologici. Secondo i dati di vendita, il progetto ha raggiunto l’obiettivo desiderato. Lo scorso anno, infatti, nei 270 negozi aderenti a B’io, le vendite sono aumentate del 15%. Una crescita che premia la scelta coraggiosa dei ventisette produttori che hanno accettato di rendere trasparente la propria attività, il proprio vissuto, ma anche i propri margini all’interno del prezzo finale. L’operazione fa emergere tutta la catena del valore legata alla produzione biologica: la scelta accurata delle materie prime, le lavorazioni che rispettano l’ambiente e salvaguardano la salute dell’uomo, la ricerca del “giusto prezzo”, ottenuto senza sfruttamento della terra e dei produttori. Il progetto riparte nel 2007 puntando sulla qualità delle aziende coinvolte. Nei punti vendita sarà disponibile un paniere rinnovato di oltre un centinaio di referenze “trasparenti”, frutto di un’accurata selezione che ha privilegiato la provenienza italiana e le lavorazioni artigianali. Non mancherà, per ciascun prodotto, la scheda dettagliata, una carta d’identità di facile comprensione e veloce consultazione, per una trasparenza a portata di tutti. In particolare di chi vuole essere consapevole dell’impatto che la spesa può avere sulla propria salute, sull’ambiente, sulle relazioni sociali ed economiche.

Il 23 febbraio del 2004 i due amministratori della Tersan, Puglia e sud Italia, azienda con sede a Modugno (Bari) che produce fertilizzanti per l’agricoltura ottenuti mediante il trattamento di fanghi provenienti da depuratori pubblici, sono stati riconosciuti colpevoli di violazione delle norme sul trattamento e sullo smaltimento dei rifiuti, di quelle sull’inquinamento atmosferico e di frode nell’esercizio del commercio. I fatti risalgono al periodo compreso tra il mese di settembre del 1998 e il novembre del 2003. La maggior parte dei reati, però, si prescriverà prima della fine del 2007, altri entro il 2009, prima che possa intervenire una sentenza definitiva. Due anni fa il giudizio di primo grado veniva annullato per motivi procedurali dalla Corte d’appello, ma la procura di Bari ha riformulato le richieste di condanna nei confronti dei due amministratori unici della Tersan, chiedendo la stessa pena inflitta dal giudice di primo grado nel febbraio di tre anni fa. La società è stata coinvolta nell’indagine avviata nel settembre del 2003 dalla Procura di Bari, dopo la scoperta di fanghi e rifiuti su ampie aree della Murgia barese. Rifiuti, anche speciali, che furono trovati su due aree estese per complessivi 300 ettari in località Cervoni, nelle campagne di Altamura, e in località Finocchio, nel territorio di Gravina in Puglia.

Anche il Gruppo Crai ha deciso di investire nell’equosolidale garantito Fairtrade. Dopo Coop, un’altra catena italiana di supermercati, a partire da marzo introdurrà tra i propri prodotti una linea di referenze eque e solidali certificate dal consorzio non profit che garantisce ai produttori il rispetto dei criteri internazionali fissati da Flo (Fairtrade Labelling International. Ovvero, prezzi equi nei periodi sfavorevoli di mercato, prefinanziamenti agevolati e contratti di acquisto di lunga durata. La scelta è ulteriormente significativa, perché il gruppo Crai ha deciso di mettere in vendita prodotti equosolidali certificati, ma con il proprio marchio. I prodotti distribuiti nei punti vendita Crai saranno 6: caffé miscela classica, cacao amaro in polvere, crema con nocciole e cacao magro, riso basmati, the nero e zucchero di canna, entrambi biologici. Crai è una catena nazionale, presente in mille comuni di 19 regioni italiane, ha circa 3000 punti vendita, tra cui anche Malta e Svizzera. Il caffé equosolidale a marchio Crai proviene da coltivazioni delle cooperative Fedecocagua (Guatemala), Ccch (Honduras), Cecocafen (Nicaragua), Tiemelonia Nicklum (Messico), Kagera Cooperative Union (Tanzania) e Cdi Bwamanda (Congo); il cacao in polvere è arriva dai lavoratori di Conacado (Repubblica Dominicana); il the nero biologico è coltivato e lavorato da Stassen Exports Ltd (Sri Lanka); lo zucchero grezzo di canna biologico, qualità Demerara, proviene dall’Asociacion agricola canera organica de iturbe (Paraguay); la crema spalmabile è realizzata a sua volta con cacao della dominicana Conacado e con zucchero di Coopeagri e Coopecanera (Costa Rica) e della cooperativa Manduvirà (Paraguay); il riso basmati, infine, è il risultato del lavoro della Federation on Small Farmer of the Khaddar Region (India).

L’università di Trieste, insieme a Banca Etica, organizza il 17 marzo prossimo a Rovigo un convegno dal titolo “Energia locale: nuove opportunità e nuove minacce per le aree rurali”. Il tema è quello della produzione di energia pulita a livello locale, attraverso la realizzazione di piccoli impianti diffusi sul territorio. Questo tipo di produzione non può prescindere dallo sviluppo di sinergie tra enti pubblici, municipalizzate, piccole imprese, distretti industriali, organismi non profit per creare un mercato dell’energia pulita. Inoltre, per realizzare una rete di questo tipo, occorre analizzare a fondo e comprendere il ruolo che in questo scenario possono giocare le aree rurali o periferiche. Al convegno intervengono: Ugo Biggeri, Paolo degli Espinosa, Arturo Lorenzoni e Giorgio Osti. Verranno presentate anche alcune esperienze: Varese Ligure (autosufficienza energetica), Isola Energetica Integrata Alto Tevere, un progetto di Teleriscaldamento Alpino, il distretto delle energie naturali e rinnovabili di Polverara, Fortore Energia (eolico nell’Apennino).

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eventuale vendita a imprese edilizie che per speculazioni immobiliari avrebbero certamente abbattuto il tamarindo. L’albero è di una specie originaria dell’America Latina e ha 130 anni. La sua imponente chioma arrotondata misura 25 metri in altezza e 40 in larghezza. Gli alberi, sfruttati dalle multinazionali per la loro immagine, iniziano a costare. Poco tempo fa, infatti, la Monsanto, leader mondiale nella produzione di ogm, è stata costretta ad “abbattere” dal suo sito i cipressi della Val D’orcia, usati come simbolo della multinazionale nella home page, dopo le proteste del Primo Cittadino di San Quirico D’Orcia, comune che si è sempre dichiarato ogm free. |

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| economiasolidale | bioedilizia |

Per Banca Etica una sede a emissioni zero

La nuova sede ha l’aspetto di un galeone e un cuore pulito, pensata in ogni dettaglio per rispettare l’ambiente e sfruttare gli strumenti che ci fornisce la natura. Tutto è stato realizzato seguendo alla lettera le regole della bioedilizia, sfruttando gli strumenti che la natura fornisce. A partire dalla scelta del luogo dove far sorgere l’istituto. A FUORI SEMBRA UN GALEONE PIRATA. Una grande pancia di legno con oblò di ogni dimensione sparsi qua e là. Difficile immaginare che in realtà sia la facciata di una banca. Neanche entrando nell’edificio si trovano molte conferme sulla sua vera identità. Corridoi curvi, pareti colorate di azzurro e giallo, grandi vetrate che si affacciano sulla città, pavimenti di legno e un giardino sul tetto. No, decisamente non ha l’aspetto di una banca. E il bello deve ancora arrivare. La vera particolarità di questo insolito edificio non è visibile a occhio nudo. Ogni di Elisabetta Tramonto dettaglio è stato pensato per provocare meno danni possibili all’ambiente e per rendere più piacevole la vita al suo interno. «È un vero e proprio manuale del buon costruire, un modello di bioedilizia», la definisce così l’autore del progetto, l’architetto Raul Pantaleo dello studio Tamassociati di Venezia. Siamo nel cuore di Padova, nella nuova sede di Banca Etica, inaugurata proprio in questi giorni, l’8 marzo. Due palazzine dei primi del Novecento in stile liberty completamente ristrutturate e collegate tra loro da un nuovo edificio costruito da zero, quello che confidenzialmente i dipendenti chiamano già il “galeone”. Il tutto è stato realizzato seguendo alla lettera le regole della bioedlizia, a partire dalla scelta del luogo dove far sorgere la banca. Siamo in via Tommaseo, a due passi dalla stazione, in un quartiere centrale ma piuttosto degradato, come spesso accade nei pressi degli scali ferroviari. Due gli scopi della scelta: da un lato essere facilmente raggiungibili in treno e con i mezzi pubblici per evitare il più possibile che dipendenti e clienti della banca debbano usare la macchina. Dall’altro riqualificare il quartiere e creare un dialogo con la gente. «Vorremmo che la nuova sede diventi uno spazio pubblico, aperto», spiega Fabio Salviato, presidente della banca. Per questo è stata situata in un luogo di transito. Per lo stesso motivo al piano terra è stata realizzata una sala conferenze, visibile dall’esterno attraverso ampie vetrate, aperta a tutte le associazioni che vogliano riunirsi. E, infine, di fronte all’entrata è stato creato un corridoio, costeggiato da un lungo muro ricurvo una sorta di bacheca dove esporre poster, locandine e informazioni di realtà che operano nel mondo del non profit, del microcredito, della solidarietà. È stata chiamata “la passeggiata della solidarietà”.

La nuova casa di Banca Etica consumerà circa un terzo del normale: meno di 50 chilowattora al metro quadro contro i 150 chilowattora di un edificio tradizionale | 48 | valori |

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Meta! Circa tre anni di lavori per dare alla banca una casa comoda ed ecologica. Lavori interrotti e ritardati perché gli scavi per costruire il nuovo edificio hanno riservato una sorpresa, il ritrovamento di reperti archeologici che hanno rallentato l’impresa di 7-8 mesi. È costata circa 4,5 milioni di euro (1,5 per l’acquisto del terreno e delle

ELISABETTA TRAMONTO

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La nuova sede di Banca Etica a Padova, progettata dallo Studio Tamassociati, che ammortizzerà i costi sostenuti in 5-8 anni grazie al risparmio energetico e all’uso di energie rinnovabili.

LA FINANZIARIA SPINGE LA BIOEDILIZIA PIÙ DETRAZIONI FISCALI E INCENTIVI nella manovra finanziaria 2007 per chi costruisce o ristruttura la propria casa riducendo i consumi energetici o producendo energia rinnovabile. Ecco i principali aiuti (art. 22 e 23): a chi riduce i consumi di energia della casa del 20% spetta una detrazione d’imposta lorda del 55% sulle spese, fino a 100 mila euro; per gli interventi su pavimenti, tetti, finestre, infissi, che abbassino i consumi di energia della casa spetta una detrazione d’imposta lorda del 55% sulle spese, fino a 60 mila euro; chi installa pannelli solari per la produzione di acqua calda beneficia di una detrazione d’imposta lorda del 55% sulle spese, fino a 60 mila euro; per i nuovi edifici superiori ai 10 mila metri cubi che riducano del 50% i consumi di energia, è previsto un contributo pari al 50% degli costi aggiuntivi sostenuti; previsto un fondo di 15 milioni di euro per i prossimi due anni per incentivi all'edilizia ad alta efficienza energetica.

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due palazzine esistenti e 3 milioni per i lavori di ristrutturazione e costruzione degli spazi nuovi secondo criteri di bioedilizia), «tra il 10% e il 15% in più di quanto si sarebbe potuto spendere usando metodi tradizionali, non ecologici – spiega l’architetto Pantaleo – Un costo aggiuntivo che però sarà ammortizzato in 5-8 anni». La nuova casa di Banca Etica infatti consumerà circa un terzo dell’energia che assorbirebbe se non fosse stata costruita secondo standard di bioedilizia: meno di 50 chilowattora al metro quadro all’anno, contro i circa 150 chilowattora di un edificio tradizionale. Merito di un insieme di ingredienti: dall’isolamento dell’edificio per evitare dispersione di calore, a un sistema computerizzato che controlla tutti i consumi di elettricità, a un sistema controllato di ricircolo dell’aria. Eliminare gli sprechi di energia è il primo passo per inquinare meno, ma anche per risparmiare. E la sede di Banca Etica praticamente non inquina. «Le emissioni di anidride carbonica, di poveri sottili, di sostanze inquinanti in generale sono quasi nulle – spiega Pantaleo – l’energia elettrica è prodotta completamente da fonti rinnovabili, in parte dai nostri pannelli solari e in parte acquistata da fornitori di energia rinnovabile. E la caldaia a biomassa per riscaldare un edificio di queste dimensioni praticamente non emette polveri sottili». Promossa a pieni voti quindi dal protocollo SB100 dell’Anab (Associazione nazionale architettura bioecologica). Ma com’è stato possibile raggiungere questi risultati? |

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CASACLIMA, LA PAGELLA ENERGETICA

PIONIERI DELLA BIOEDILIZIA

Un decalogo di bioarchitettura UN ETICHETTA APPESA FUORI DALLA PORTA DI CASA, una sorta di pagella con i voti su quanta energia l’edificio consuma e quanto inquina. Passeggiando per strada in Alto Adige se ne vedono molti. Sono i certificati CasaClima, rilasciati gratuitamente dalla Provincia di Bolzano, dall’Ufficio Aria e Rumore. Sembra il nome di una sala della fabbrica di cioccolato di Willy Wonka. Invece la questione è molto seria. Per ridurre l’inquinamento prodotto dalle abitazioni, la provincia di Bolzano ha imposto questo sistema di certificazione, necessario per ottenere l’abitabilità. Esistono diverse categorie di CasaClima, in base a quanta energia l’edificio consuma: CASACLIMA ORO, per gli edifici con un fabbisogno energetico inferiore a 10 chilowattora al metro quadrato all’anno; CASACLIMA A, per gli edifici con un fabbisogno energetico inferiore a 30 chilowattora al metro quadrato all’anno; CASACLIMA B, per gli edifici con un fabbisogno energetico inferiore a 50 chilowattora al metro quadrato all’anno; CASACLIMA C, per gli edifici con un fabbisogno energetico inferiore a 70 chilowattora al metro quadrato all’anno; CASACLIMA PIÙ, per gli edifici che, oltre a consumare poco, meno di 50 chilowattora al metro quadrato all’anno, usano fonti rinnovabili per il riscaldamento e sono costruite solo con materiali naturali. Per essere dichiarate abitabili, le case della provincia di Bolzano non possono superare i 70 chilowattora al metro quadrato di consumi all’anno, contro i 150 di fabbisogno medio nel resto d’Italia. Ma molti non si accontentano e vogliono essere ancora più ecologici. «Sono circa 500 in Alto Adige gli edifici di classe Oro e A – dichiara Norbert Lantschner, Direttore dell’Ufficio Aria e Rumore e ideatore del progetto CasaClima – risparmiano tra il 50% e il 90% di energia e quindi di bolletta». Chiunque può chiedere la certificazione CasaClima per la propria casa. Per stabilire a quale classe appartiene l’edificio viene usato un programma di calcolo nel quale si inseriscono informazioni come l’orientamento della casa, il tipo di finestre, lo spessore selle pareti, l’isolamento termico, la presenza di ponti termici, i materiali con cui è costruito. Per meritare un certificato di classe elevata è necessario, quindi, applicare tutti i criteri della bioedilizia per ridurre gli sprechi di energia, meglio ancora se la si produce da fonti rinnovabili. E.T.

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«La bioedilizia si basa su un principio chiave: usare quello che la natura ci fornisce: sole, vento, acqua, terra, legno – spiega l’architetto Pantaleo – È il modo migliore, da un lato, per vivere in modo sano in un edificio e, dall’altro, per non inquinare». Scorrendo il progetto della nuova sede di Banca Etica si trovano tutti questi ingredienti, declinati in quello che potrebbe essere un vero decalogo di bioarchitettura:

1) ORIENTAMENTO La posizione della banca è stata studiata per assorbire il più possibile le radiazioni solari. Il nuovo edificio quindi è rivolto a sud e sulle facciate si aprono ampie vetrate, per far entrare più sole possibile, realizzate in vetro isolante e basso-emissivo per trattenere il calore.

2) ISOLAMENTO È uno dei metodi principali usati dalla bioedilizia per ridurre il consumo di energia. Il concetto è semplice: più una casa è sigillata e meno spifferi ci sono, più si evitano dispersioni di calore, d’inverno, o di fresco d’estate. Sia le vecchie palazzine sia il nuovo edificio quindi sono stati avvolti da un vero e proprio cappotto, così è chiamato lo strato di intonaco isolante che è stato applicato all’esterno. All’interno invece è stato inserito uno strato di fibra di legno, un materiale completamente naturale, utilizzato per isolare tutte le superfici: pareti, tetto, fondamenta.

3) ENERGIE RINNOVABILI Tutta l’energia elettrica consumata nell’edificio proviene da fonti rinnovabili. Sul tetto sono stati istallati 48 pannelli fotovoltaici da un metro quadrato ciascuno, che producono energia elettrica per soddisfare tra il 20% e il 30% del fabbisogno della banca. La parte restante verrà acquistata dai gestori di energia rinnovabile. Queste naturalmente sono delle ipotesi, la conferma si avrà solo tra qualche mese, quando ci potrà verificare quanto consuma effettivamente la nuova sede. Non sarà difficile calcolarlo: tutto l’impianto elettrico infatti è collegato a un computer centrale, in modo da tenere sotto controllo i consumi di elettricità, quindi gli sprechi, e da programmare accensione e spegnimento degli impianti.

4) CALDO E FREDDO A riscaldare l’intero edificio ci pensa una caldaia a biomassa da 150 chilowatt ad alta efficienza, alimentata a pellet, cioè trucioli di le-

gno. L’impianto di riscaldamento usa pannelli radianti a soffitto o a pavimento, in modo da avere una temperatura dell’acqua nei tubi costante e senza inutili picchi che provocano sprechi di energia (l’acqua nei termosifoni arriva fino a 40 gradi). Non c’è un impianto di aria condizionata, ma un sistema di raffrescamento che usa lo stesso impianto che d’inverno serve per il riscaldamento, dove viene fatta circolare acqua fredda. Si riducono così gli elevati consumi e la spesa di un condizionatore. Il ricambio dell’aria, impossibile da realizzare aprendo le finestre in un centro storico, è ottenuto con una centrale di trattamento dell’aria, che evita anche eccessive dispersioni di calore.

5) RECUPERO DELL’ACQUA Niente sprechi in un edificio ecologico, tanto meno di un bene prezioso come l’acqua. È stato infatti inserito un sistema di recupero dell’acqua piovana usata per l’irrigazione del giardino e per gli sciacquoni dei wc.

6) MATERIALI ECOLOGICI Tutti i materiali utilizzati sono ecologici e naturali. Il legno, innanzitutto, eletto dai dipendenti come materiale più rappresentativo di Banca Etica. «Nella progettazione della nuova sede della banca abbiamo coinvolto tutto il personale, con riunioni e sondaggi, per costruire un edificio che rappresentasse chi lo vive». Sono naturali anche tutti gli altri materiali usati, atossici e possibilmente certificati: le vernici, le malte, il cemento. Tutti i pavimenti sono realizzati in parquet di legno certificato Fsc. Arriva da foreste africane, da cooperative che garantiscono che le piante tagliate siano ripiantate e fanno partire le navi solo quando sono cariche fino all’orlo, in modo da evitare viaggi e inquinamento inutili. A parte questo caso, i materiali sono tutti locali, per evitare l’inquinamento prodotto da lunghi trasferimenti.

7) VERDE Lasciare spazio al verde è fondamentale per la bioarchitettura: per il ricambio dell’ossigeno, per il benessere di chi vive nell’edificio e per il rispetto per l’ambiente. Un modo per portare il verde in un edificio in città è sfruttare il tetto. Anche la sede di Banca etica ha il suo “roof garden”, il tetto giardino. 180 metri quadrati al secondo piano, ricoperti di erba e piante. Una parentesi verde affacciata sui tetti di Padova.

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L’Italia è pronta a salire sul treno della bioedilizia Esempi di edifici a basso consumo energetico esistono già. Alcune Province e Regioni si sono mosse. Con l’obbligo di certificazione energetica il mercato è pronto ad allargarsi. HE GLI EDIFICI CONSUMINO MOLTA ENERGIA e siano tra i principali responsabili dell’inquinamento dell’atmosfera non è certo una novità. Che si cerchi di ridurre questi effetti negativi, sì. Nei paesi industrializzati il riscaldamento di di Elisabetta Tramonto case e uffici e gli usi domestici dell’elettricità bruciano circa il 45% dell’energia totale e producono la stessa percentuale di gas a effetto serra. Da tempo si parla di bioedilizia, cioè di costruire case che consumino meno energia, la producano

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da fonti rinnovabili e, magari, usino anche materiali naturali. Molti paesi sono già passati dalle parole ai fatti, si pensi alla Germania, alla Danimarca, all’Austria, ma anche alla California. L’Italia, invece, finora è rimasta a guardare, tranne qualche caso isolato. Ma una svolta potrebbe essere dietro l’angolo. Se non basta l’allarme ambientale, che negli ultimi mesi si fa sempre più pressante, né gli incentivi contenuti nella finanziaria o gli obblighi previsti dal decreto legislativo sull’efficienza energetica nell’edilizia, la spinta decisiva verso la bioedilizia potrebbe arrivare da una pura convenienza economica.

Una spinta dalle leggi... A spingere il mondo dell’edilizia verso costruzioni che riducano il consumo di energia ci pensa la normativa italiana. Nella manovra finanziaria compaiono detrazioni fiscali, aumentate dal 36% al 55%, per chi riduce i consumi energetici di un edificio o istalla pannelli solari per produrre acqua calda, contributi per chi costruisce una nuova casa che consumi la metà di una tradizionale, un fondo di 15 milioni di euro in due anni per l’edilizia ad alta efficienza energetica (vedi BOX ). E, oltre agli incentivi, ci sono anche gli obblighi. Dopo una legge del ’91, mai

IN ATTESA CHE TUTTI I NUOVI EDIFICI in Italia siano realizzati seguendo criteri di bioediliza, c’è chi si è mosso in anticipo. Iniziative di enti locali, di imprese edili o di singoli progettisti che hanno voluto seguire la strada del risparmio energetico, delle energie rinnovabili e dei materiali naturali. È nata nel 2003 da un gruppo di imprese trevigiane l’idea di creare un distretto della bioedilizia (www.distrettobioedilizia.it), anzi un metadistretto perché i suoi confini si sono allargati ben oltre l’area di Treviso. Oggi conta 452 aziende distribuite in 7 province del Veneto e occupa circa 3000 addetti. Sono soprattutto imprese edili e del legno, ma anche produttori di materiali, piastrellisti, pittori e, in minima parte, studi professionali. Hanno da poco presentato un piano di sviluppo triennale con le linee guida per il futuro. Tra i progetti realizzati dai membri del distretto, nel caso specifico dal consorzio Coipes, c’è il Villaggio ecologico di Preganziol, in provincia di Treviso: un vero modello di bioarchitettura. Fa parte del progetto europeo SHE (Sustainable Housing in Europe), da cui ha ricevuto un finanziamento di 350 mila euro per la fase di progettazione. L’idea è nata da Masud Esmaillou, architetto iraniano, direttore dei lavori e docente di progettazione e architettura sostenibile all’Università di Venezia. Sei palazzine con una forma arcuata, disposti secondo l’asse est-ovest per sfruttare al massimo l’esposizione solare. «Già solo con un posizionamento corretto si riducono i consumi energetici del 15% – spiega Masud Esmaillou – E abbiamo studiato anche i venti, in modo che d’estate ci sia una ventilazione naturale e d’inverno gli appartamenti siano riparati dalle correnti fredde». Il complesso è dotato di pannelli solari per produrre energia elettrica e acqua calda, di un meccanismo di recupero e riciclaggio delle acque piovane e di un sistema di riscaldamento e raffrescamento che sfrutta l’energia geotermica. I materiali sono tutti naturali, dai mattoni realizzati in fibra di legno, ai vialetti del giardino dove al posto dell’asfalto è stata utilizzata terra locale. I 67 appartamenti di varie metrature, il cui prezzo al metro quadro varia tra 1.700 e i 2.000 euro, saranno consegnati per l’estate ed è previsto un risparmio energetico del 55%. Ma appartamenti ecologici sorgeranno anche a due passi da Milano, a Nerviano, dove stanno per partire i lavori per costruire un condominio a emissioni zero: 40 appartamenti che consumano meno di 15 chilowattora al metro quadro l’anno. 400 metri quadri di pannelli fotovoltaici per produrre energia elettrica, una caldaia a biomassa per il riscaldamento a pavimento, un sistema di raffrescamento e un meccanismo di riciclaggio delle acque. Restando nei dintorni di Milano, il comune di Monza, ha recuperato una vecchia scuola materna, un prefabbricato in cemento-amianto e ferro, costruito negli anni ’70, per nulla adatto a ospitare uno spazio per bambini, e lo ha ristrutturato seguendo alcuni criteri di bioedilizia. Sono stati usati solo materiali naturali, atossici e privi di carica elettrostatica. Un sistema di riscaldamento/raffrescamento a pavimento, soffitti a falde inclinate in legno, pavimenti a listoni in laminato biocompatibile. Ma la patria della bioedilizia resta la provincia di Bolzano. Sono circa 500 le case costruite per consumare meno di 50 chilowattora al metro quadro all’anno, pochissimo rispetto ai 150 chilowattora di un edificio tradizionale. Un risultato raggiunto l’anno scorso, per la prima volta, da un grande albergo: il Vigilius Mountain Resort, a Lana, in provincia E.T. di Bolzano, che ha ottenuto la certificazione Classe A di CasaClima.

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AL FREDDO SOTTO IL SOLE AFRICANO AD ESPORTARE LA BIOEDILIZIA IN AFRICA CI HA PENSATO EMERGENCY. Per costruire il suo nuovo centro cardio-chirurguico Salam a Khartoum, in Sudan, l’associazione umanitaria ha usato gli strumenti dell’architettura ecologica. I 67 posti letto dell’ospedale dovrebbero accogliere i primi pazienti già da questo mese. Ci saranno 32 medici e 150 infermieri per eseguire gratuitamente operazioni cardio-chirurgiche in particolare ai bambini, provenienti anche dagli stati vicini. In questa zona i più piccoli sono soggetti a frequenti febbri reumatiche che provocano problemi al cuore. Operarsi in uno degli altri due ospedali esistenti, però, era praticamente impossibile. Sono entrambi privati e un intervento costa in media 3.500 dollari, una volta e mezza il reddito medio annuo di un sudanese. Costruire un centro cardio-chirurguico in Sudan però non è affatto facile. Qui fa caldo, molto caldo. Niente di strano, siamo nel cuore dell’Africa. Nelle sale operatorie, però, la temperatura non può superare i 20 gradi, 25 nelle sale di rianimazione. Se fuori ci sono 45 gradi il problema è grave. Per risolverlo è intervenuta la bioedilizia. Per isolare l’edificio ed evitare il più possibile la trasmissionedel calore dall’esterno sono state costruite pareti di 56cm con camere d’aria interne. E per raffreddare l’aria nell’ospedale sarà utilizzata l’energia prodotta da pannelli fotovoltaici: 288 collettori solari sottovuoto (900m2) in grado di catturare 3.600 chilowattora al giorno. Un impianto innovativo anche per l’Europa. Per le emergenze ci saranno anche due caldaie a gasolio. Un altro problema da risolvere riguardava le violente tempestedi sabbia che travolgono il Sudan, che avrebbero messo a rischio l’igiene delle sale operatorie. Anche in questo caso è stata ideata una soluzione naturale: pannelli di paglia intrecciata per riparare l’ospedale dalla sabbia. www.emergency.it

applicata, una direttiva europea del 2002 e una prima versione del decreto legislativo sull’efficienza energetica nell’edilizia (il 192 del 2005), dal primo febbraio la certificazione energetica per gli edifici è diventata obbligatoria. Merito del decreto legislativo 311 approvato a dicembre dal Consiglio dei Ministri. Un po’ come già avviene per le auto, anche gli immobili, case e edifici pubblici o industriali, dovranno essere dotati di un certificato che indichi quanta energia consumano. Un obbligo già scattato per i nuovi edifici, mentre per quelli vecchi è stato fissato un calendario che entro due anni coinvolgerà tutti gli immobili in vendita (Da luglio 2007 è obbligatoria la certificazione energetica per gli edifici superiori a 1000 metri quadrati, da luglio 2008 per gli immobili sotto i 1000 metri quadrati ma solo se viene venduto l’intero immobile, da luglio 2009 per tutti gli appartamenti messi sul mercato). La nuova norma impone anche l’isolamento degli edifici e incentiva l’uso di fonti energetiche rinnovabili: gli immobili nuovi, infatti, dovranno produrre almeno il 50% dell’acqua calda con pannelli solari o impianti geotermici e dovranno installare un impianto fotovoltaico. In attesa che arrivasse una norma nazionale sulla riduzione dei consumi e dell’inquinamento degli edifici, molte regioni italiane si sono mosse autonomamente, introducendo criteri di bioarchitettura nei regolamenti edilizi, incentivi, standard di certificazione. Prima fra tutte la Provincia autonoma di Bolzano, che ha ideato un vero e proprio sistema di certificazione energetica, CasaClima (vedi BOX ), e tre anni fa ha introdotto l’obbligo di certificazione degli edifici per ottenere l’abitabilità. Ma notevoli passi avanti verso la bioarchitettura sono stati compiuti anche dal Friuli Venezia Giulia, una delle prime regioni ad approvare una legge in materia di edilizia sostenibile, da Toscana, Lazio e Marche. Ma chi fornisce la certificazione energetica degli edifici? Il governo sta per emanare le linee guida del decreto sull’efficienza energetica nell’edilizia, che definiranno tutti i dettagli. Nel frattempo esistono svariati istituti, enti, associazioni che si occupano di certificare il consumo energetico. L’Anab (Associazione nazionale architettura bioecologica) ha ideato un modello di certificazione per gli edi-

LIBRI

APPUNTAMENTI CON LA BIOEDILIZIA NEL 2007 13-17 MARZO 2007 EDEN – Edilizia, Design, Energia, Natura Mostra catalogo di prodotti, tecnologie, componenti per l’architettura sostenibile all’interno di SAIEdue presso la fiera di Bologna. [www.saiedue.it]

Dominique Gauzin Müller Case ecologiche I principi, le tendenze, gli esempi Edizioni Ambiente, Milano, 2006

19-21 APRILE 2007 Greenbuilding Prima mostra convegno internazionale su efficienza energetica e architettura sostenibile all’interno di Solarexpo presso la fiera di Verona. [www.greenbuildingexpo.eu/greenbuilding/ita/index.asp] FINE APRILE 2007 Laboratorio Progettuale di Bioarchitettura Organizzato dall’Istituto Nazionale Bioarchitettura in convenzione con la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bologna. Laboratorio post laurea, rivolto a laureati in discipline scientifiche [iscrizioni aperte].

oggi il 15% delle imprese edili in Italia opera nel settore fici, SB100, che propone soprattutto alle amministraziodelle tecnologie e dei materiali naturali. E il 91% delle ni locali. L’Icea (Istituto per la certificazione etica e amaziende intervistate hanno definito “in forte espansione” bientale), invece, si occupa di verificare che i materiali il mercato della bioedilizia. «Architetti, progettisti e imsiano ecologici e naturali. C’è poi l’ICMQ, un ente di cerprese si stanno rendendo conto delle enormi potenzialità, tificazione edilizia che ha allargato il proprio campo d’aAlessandro Fassi anche economiche, che questo settore riserva – conferma zione alla bioarchitettura. Ma l’elenco non finisce qui, e Laura Maina Marco Imperadori, professore di progettazione e innovasenza contare gli enti locali, come la Provincia di MilaL'isolamento ecoefficiente zione tecnologica al Politecnico di Milano –Ma aumenta no con il Sacert o Reggio Emilia con Ecoabita, che hanGuida all'uso anche la domanda dei consumatori, che iniziano a vedeno sviluppato propri sistemi di certificazione. «Nel merdei materiali naturali Edizioni Ambiente, re la bioedilizia come una possibile soluzione contro l’aucato immobiliare acquisterà sempre più peso il consumo Milano, 2006 mento di riscaldamento ed elettricità». «Oggi un edificio a energetico della casa, e la certificazione diventerà un fatbasso consumo energetico può costare dal 4% al 10% in tore decisivo per stabilire il prezzo degli immobili», spiepiù di uno tradizionale, a seconda di quanto riduce i consumi energega Paolo Foglia, Responsabile del settore ricerca e sviluppo di Icea. tici. Ma più il mercato crescerà, più i costi si ridurranno. In più nel giro di pochi anni le case con ridotti consumi energetici e con un pro...e dal mercato prio impianto di energia rinnovabile saranno sempre più convenienti «Con l’introduzione dell’obbligo di certificazione energetica per le ca- dichiara Norbert Lantschner, direttore dell’Ufficio Aria e Rumore delse, si sta aprendo un mercato enorme per l’edilizia a basso consumo e la Provincia di Bolzano e ideatore del progetto CasaClima – Già oggi a ridotto impatto ambientale», spiega Paolo Foglia. Secondo un’indacon i metodi della bioedilizia si possono ridurre i consumi energetici di gine condotta da Environment Park, il parco scientifico e tecnologico una casa, e quindi la bolletta, fino al 70%» che raccoglie aziende ed enti di ricerca nelle tecnologie ambientali, già

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Klimahouse: a Bolzano la bioedilizia fa scuola Dalla pistola che misura i punti termici delle case e individua le dispersioni che permettono di diminuire la bolletta anche di dieci volte ai progetti più sofisticati di riscaldamento passivo. I CHIAMA “TERMOCAMERA” E SEMBRA UNA PISTOLA LASER. I bioarchitetti la puntano sulle case alla ricerca di ponti termici, dispersioni di calore, superfici non omogenee. Funziona a raggi infrarossi e produce “termografie”, immagini digitali che rilevano la temperatura di Mauro Meggiolaro degli edifici. Sembrano negativi fotografici colorati, dove i colori aiutano a scoprire le “falle” termiche di case, condomini, scuole. Basta cercare gli spazi rossi, quelli più caldi, per capire dove il calore si disperde. In genere i punti più delicati sono finestre, balconi, tetti. È IN RETE lì che interviene la bioedilizia. «Con semplici accorgimenti si puo’ diminuire la bolletta del gas di 10 volte», www.anab.it spiega il prof. Schulze Darup, architetto a Norimberga. www.bioarchitettura.org www.casaclima.info Parla davanti a una platea di duecento professionisti al www.edilo.it “Klimahouse”, la fiera internazionale per l’efficienza www.she.coop energetica e l’edilizia sostenibile, che si è tenuta a Bolza-

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no dal 25 al 28 gennaio. Quasi 400 espositori per presentare coperture, materiali per l’isolamento termico, rivestimenti, case ecologiche prefabbricate, sistemi di riscaldamento, impianti di aerazione. E poi seminari, tavole rotonde, testimonianze e visite guidate nelle valli dell’Alto Adige per toccare con mano il boom dell’architettura in armonia con l’ambiente. Al seminario sulla ristrutturazione energetica, architetti tedeschi, austriaci e altoatesini spiegano come si fa a riqualificare in modo sostenibile edifici già esistenti. Lo studio Schneider, a Vienna, ha rimesso a nuovo una casa di riposo degli anni settanta migliorando l’isolamento delle pareti e la ventilazione. A Berlino l’architetto Winfried Brenne ha reso più efficiente il museo della storia tedesca, un palazzo del settecento sottoposto a rigidi vincoli di conservazione artistica. Sullo schermo sfilano decine di termografie scatta-

te prima e dopo gli interventi. E poi foto dei muri perimetrali isolati con “cappotti” esterni o interni, tetti smontati e ricostruiti, finestre ad alta efficienza che eliminano ogni minimo spiffero. L’isolamento puo’ essere fatto semplicemente con polistirolo, anche se i puristi preferiscono materiali naturali: sughero, lana di roccia e perfino lana di pecora. La prima parola d’ordine, quindi, è “isolare”. Ma non basta. Le abitazioni devono prevedere anche un sistema efficiente di circolazione dell’aria e un uso razionale dell’energia, magari con l’installazione di pannelli solari per l’acqua o di sonde geotermiche per il riscaldamento. Alla fine dell’intervento i singoli edifici possono candidarsi ad ottenere una certificazione in base a standard nazionali o regionali, come ad esempio il Niedrigenergiehaus tedesco, lo svizzero Minergie oppure CasaClima, uno standard nato proprio in Alto Adige (ve-

di BOX ). Ma quanto costa rendere più efficiente una casa? «Dai 90 ai 150 euro al metro quadro», spiega Schulze Darup – «in alcuni casi si puo’ arrivare anche a 300-400 euro. Dipende dai materiali che si usano e dalla situazione di partenza». L’anello debole dei costi sono le finestre, ancora troppo care rispetto a quelle tradizionali, e i pannelli solari. Ma è solo questione di tempo. «L’aumento del prezzo del petrolio renderà sempre più conveniente l’utilizzo di tecnologie amiche dell’ambiente fino ad eliminare del tutto lo svantaggio economico», continua il professor Schulze Darup. Nel suo modello, proiettato in sala, il prezzo del greggio è una linea verticale rossa che, con il passare degli anni, si sposta sempre più avanti sull’asse dei costi. La storia futura della bioedilizia dipende molto dalla velocità con cui si sposterà la linea. Intanto, a Bolzano, si sono già scritte tutte le premesse.

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Ecco l’immagine termografica di una casa di Preganziol: le aree in rosso sono quelle che disperdono maggiormente calore e sulle quali spesso è facile intervenire ottenendo risultati eccezionali anche in termini economici.

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Quale Carta è stata rilegittimata dalla conferma referendaria Il modello che ha trovato conferma al Referendum popolare è assolutamente unico nel panorama internazionale perchè ha dato uyna versione istituzionale alla strategioa sociale dell’antifascismo anti capitalistico, fuori dagli schemi della liberal-democrazia sui cui si reggono i sistemi istituzionali e economici occidentali. ONO PASSATI POCHI MESI DALL’ESITO DEL REFERENDUM con cui il 25-26 giugno il voto popolare ha respinto il progetto di “revisione costituzionale” destinato a sconvolgere il sistema sociale e non solo politico che con la Resistenza e il patto tra i grandi partiti di massa era stato avviato a un processo di democratizzazione, subito contrastato dalle forze del capitalismo internazionale interessate ad equiparare l’ostracismo al comunismo con la lotta al nazi-fascismo condotta sul piano ideologico e militare dalle “democrazie”, sia “liberale” che “socialista”. di Salvatore d’Albergo E allo scopo di evitare che le spesso stucchevoli diatribe tra il centrodestra e il centrosinistra riprendano il sopravvento sulla posta in gioco riguardante la stabilità non già dei “governi” ma della “democrazia”, occorre L’AUTORE dare piena evidenza all’importanza dell’intuizione di massa che ha sconfitto non solo l’incombente disegno reazioSalvatore d’Albergo nario della “casa della libertà”, ma anche quella prospettiva di “delegittimazione” della Costituzione del 1948 che è (Milano 1927) stata aperta all’inizio degli anni ’80 sulla spinta del “craxismo” con la prima “bicamerale” (Bozzi), e poi ripresa dalle laureato successive “bicamerali” De Mita/Jotti e D’Alema. Quando cioè gli eredi del Pci e della Dc – Pds (poi Ds), e Ppi (poi in Giurisprudenza all’Università “Margherita”) – hanno ripudiato la forma di governo imstatale di Roma, ta del nazi-fascismo. E ciò perché è l’unica che ha dato una perniata sulla “centralità” del parlamento perché inneha insegnato a Pisa Diritto pubblico, versione “istituzionale” della strategia sociale e politica scata sul ruolo determinante della “democrazia organizDiritto amministrativo dell’antifascismo anticapitalistico, fuori cioè dagli schemi zata” dai partiti: donde un’ambigua schermaglia tra cene Diritto pubblico dell’Economia della “liberal-democrazia” su cui si regge il sistema capitatrodestra e centrosinistra sulla differenza tra il “premiepresso le facoltà listico dell’occidente anglosassone, variamente imitato dai rato” cosiddetto “assoluto” voluto da Berlusconi a prodi Economia e Scienze politiche. sistemi politico-istituzionali dell’Europa continentale, e pria immagine, e un “premierato” cosiddetto “relativo” Ha svolto studi particolarmente di Francia, Germania, Spagna, Portogallo inseguito particolarmente dai “Ds”, in una linea di spredi Diritto pubblico tra cui: Costituzione e Grecia, per citare quelli in cui ha inciso la presenza comgiudicata “verticalizzazione” delle istituzioni già anticie organizzazione battiva dei partiti comunisti. pata con il “bipolarismo” maggioritario in sede nazionadel potere Si impone pertanto una precisazione riguardante la nale, e con l’elezione diretta di sindaco, presidente di Pronell’ordinamento italiano, Torino 1991, tura e il ruolo delle “culture politiche” che sono alla base vincia e presidente di Regione in sede locale. La Costituzione delle Costituzioni, poiché a differenza della cultura Quel che quindi va sottolineato, dati i pericoli che si tra democratizzazione e modernizzazione, “marxista” la cultura “borghese” - con i suoi “specialismi” nascondono dietro la coltre di silenzio che è stata calata Pisa 1996, volti a occultare il ruolo dell’ideologia nel rapporto tra la sull’esito del referendum del 25-26 giugno da parte del L’organizzazione del potere nei rapporti filosofia e le scienze – riesce a inquinare i significati attricentrosinistra, è che il modello di forma di governo elabotra diritto e Stato, buibili al succedersi storicamente delle varie costituzioni, rato alla Assemblea costituente negli anni 1946-47 è conPadova 1997, Diritto e Stato tra scienza scindendo le teorie “giuridiche” dalle “filosofie politiche” fermato dal voto popolare che ha respinto il progetto del giuridica e marxismo, che incarnano i sistemi sociali e politici travasando nelle centrodestra, è completamente originale perché difforme Sandro Teti Editore Roma 2004 carte costituzionali – e più in generale nel “diritto” – le dai modelli di tutte le forme di governo adottate nell’Eu“concezioni del mondo” su cui contrastano, oggi come ieropa continentale, sia prima che dopo il 1945 e la sconfit-

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RISPUNTA DA “SINISTRA” IL REVISIONISMO COSTITUZIONALE SBOLLITI GLI ARDORI DELL’ANTIBERLUSCONISMO e l’enfasi contro l’estremismo dell’attacco alla Costituzione del centrodestra, appare in tutta la sua ambiguità il silenzio a sinistra sul ripudio popolare del modello di “premierato” e di “devolution federalistica” minacciato da Berlusconi-Fini-Bossi, perché sono bastati solo sei mesi dal voto referendario per dare la stura alle iniziative dell’attuale maggioranza governativa contro il cuore dell’assetto istituzionale della Repubblica democratica, puntando ancora (come già negli anni ’90) a stravolgere la forma di governo parlamentare intaccando i suoi due poli, del potere esecutivo e del potere legislativo: da un lato, per trasformare il ruolo del “presidente del consiglio dei ministri” in quello di “capo dell’esecutivo” (come nel “premierato” inglese e nel “cancellierato” tedesco), e dall’altro lato, trasformando l’attuale ruolo “paritario” di Camera e Senato nella prospettiva di un Senato “delle autonomie” che coroni un federalismo pluriverticistico, avviato improvvidamente nel 2001, e che ora si vorrebbe completare anziché respingere in nome della Repubblica delle autonomie, libere di avviluppare il potere territoriale, e non imbrigliate in un Senato burocratizzato. E così, estraniando ancora una volta le masse dei cittadini – salvo un loro risveglio “referendario”– si sta affiancando, in conventicole separate dalle discussioni sui Pacs-Dico, l’Afghanistan, la base di Vicenza, le liberalizzazioni e le pensioni, un cumulo di iniziative in cui puntano a coordinarsi (anche sulla spinta serrata del capo dello Stato): 1] una promozione referendaria (con “costituzionalisti” patrocinanti i due poli di governo e di opposizione) per ritagliare dalla legge elettorale del 2005 un meccanismo “maggioritario” che ripudi ancora una volta il principio “proporzionale” e il “pluralismo” (con il pretesto di attaccare la “frammentazione”); 2] una proposta, a fianco della riforma della legge elettorale, che viene dal mondo del cosiddetto “costituzionalismo”, per riprendere il discorso avviato nelle “commissioni bicamerali” De Mita/Jotti e D’Alema in nome del principio ideologico della cosiddetta “razionalizzazione” della forma di governo (Manifesto dell’11.01, Azzariti); 3] l’invocazione di “un’altra idea di riforma costituzionale”, per dare compiutezza al federalismo prima osteggiato nel segno ambiguo di una “regione forte”, a costo di spezzare il coordinamento unitario della sovranità popolare specificamente rappresentata in Camera e Senato dotate di eguale forma di potere legislativo, rinunciando così all’idea del monocameralismo (Liberazione del 28 gennaio, Caprili). Tale manovra a tenaglia, che vede protagonisti non solo i DS ma persino Rifondazione comunista, mentre il ministro Chiti lavora sul tavolo della riforma della legge elettorale e del bicameralismo federale alla tedesca, si presenta come rigurgito di idee elaborate nel mondo apparentemente neutro dei giuristi di tutte le tendenze, tra i quali facile è la convergenza sulle revisioni pseudodemocratiche: per l’“elezione” del presidente del consiglio in parlamento; per l’obbligo di eleggere un successore nel caso di sfiducia del governo in carica (con “sfiducia costruttiva”); per il potere di “revoca” dei ministri attribuito al presidente del consiglio, nonché per la riduzione del numero dei membri del parlamento, che è una tradizionale rivendicazione dei poteri di vertice della società. Viene messo a nudo così il carattere mistificatorio di quanti puntano a cementare la “governabilità” contro la “democraticità” del sistema socio-politico, rafforzando i vertici centrali e decentrati nella logica del moderno federalismo, e nel contempo solleticano le aspirazioni a una spinta sociale “dal basso” con una istituzionalizzazione dei “bilanci partecipati” che, come appendice della rete del “presidenzialismo” comunale, provinciale e regionale, assicuri il “consenso passivo” di quanti contraddittoriamente sono chiamati a supportare con le “primarie” la generale verticalizzazione del potere imposta non da Berlusconi, ma dall’”ulivo” già negli anni ’90. S. D’A.

ri, le forze del capitalismo finanziario e industriale trasnazionale e nazionale e le forze del “proletariato” storico e di nuova formazione nei vari Stati e nel mondo intero. Più precisamente, quel che poté deviare un elettorato referendario che nel 1993 ha convalidato la deriva “maggioritaria” contro la “proporzionale pura” ma che nel 2006 ha saputo invece respingere in blocco le smanie neo-autoritarie del centrodestra e del centrosinistra a favore del “premierato” (istituto che nel 1925 era stato introdotto dall’arrembante fascismo mussoliniano), è il prodotto di quella ”ingegneria costituzionale” sopravvenuta con le sofisticazioni “classificatorie” dei giuristi (con il supporto di “politologi” e “sociologi”) di tutte le correnti politiche: cosicché persino la maggior parte dei giuristi “democratici”, al coperto dell’abbandono del marxismo (come teoria critica e organica della teoria borghese del potere), hanno finito per omologarsi ad una concezione della Costituzione italiana del 1948 del tutto deformata in nome di un cosiddetto “costituzionalismo” volto a cancellare le differenze di classe che in vario modo condizionano le dinamiche sociali e politico-istituzionali nei diversi ordinamenti di un’Europa che continua a presentare nella vita collettiva conflitti frenati dalle rispettive forme di governo. Ora, i disorientamenti che le culture giuridiche tendono a provocare in seno al popolo – ma che il 25-26 giugno sono stati intercettati da un voto che ha saputo cogliere le insidie della combinazione tra “premierato” e “devolution federalista” – sono il frutto delle macchinazioni protese (sempre più insistentemente, quanto più ravvicinatamente all’elaborazione della “Costituzione europea”) a piegare i sistemi costituzionali dell’Europa “continentale” al modello considerato dalla cultura borghese come il “prototipo”, “l’ideal-tipo” di ogni organizzazione del potere, qualunque ne sia la forma specifica imposta dalla divisione in classi, ma anche etnica, religiosa, linguistica, pur di “stabilizzare” la vita sociale e politica. E tale “prototipo” è rappresentato dalla forma di governo “britannica”, per la radicale “semplificazione antidemocratica perché antisociale identificata nel governo di gabinetto come governo del “premier” in quanto però – si badi bene – capo del partito vincitore delle elezioni con il sistema maggioritario/uninominale cosiddetto “secco” (a turno “unico” cioè senza ballottaggio) in quanto idoneo a far prevalere la “governabilità” sulla “rappresentatività”: tramite cioè una tecnica ormai collaudata che consente il “bipartitismo” anche a costo che il partito che conquista la maggioranza “assoluta” dei seggi abbia avuto il sostegno della “minoranza” dell’elettorato, a danno della “maggioranza” vittima della cancellazione automatica degli “scarti” dei voti a carico del partito soccombente in ciascuno dei numerosi collegi elettorali. Tale prototipo – a cui è assimilabile agli effetti della “governabilità” il solo sistema presidenziale statunitense – è stato assunto come parametro “ideologico” nelle interpretazioni giuridiche di tutti i modelli, diversi da quello |

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| economiasolidale | italiano del 1948, formalizzati nelle forme di governo dell’Europa continentale. Che – non essendo mai stato possibile, per ragioni discendenti dalla storia sociale dei singoli paesi, copiare il modello britannico (e nemmeno quello nordamericano) – sono stati costretti a dare un pur simbolico spazio ai rispettivi parlamenti, e vengono classificati come “parlamentari” anche se attraverso meccanismi astrusi come l’elezione “diretta” del presidente del consiglio, o il ricorso alla cosiddetta “sfiducia costruttiva”, mirano a conseguire gli stessi effetti di svilimento della rappresentatività popolare propri del sistema inglese, all’interno della ambigua e contorta rete di rapporti verticistici tra capo dello Stato, governo e parlamento per coprire dietro la cosiddetta “razionalizzazione” delle forma di governo la stabilità dei rapporti di classe. Ciò che avviene in modo particolarmente sofisticato con la forma (accreditata persino in una certa sinistra) del “cancellierato”, classificato come “neo-parlamentare” per nascondere quel che la cultura giuridica tedesca enfatizza come traduzione del “kanzler-prinzip”, sostitutivo in modo “autoritario” del “totalitario” “führer-prinzip”. Di fonte a ciò, la cultura giuridica italiana – omologatasi prevalentemente alla cultura politica dei partiti eredi di Pci e Dc – ha compiuto un’operazione che l’elettorato in carenza di partiti e di una cultura giuridica ispirantesi al marxismo non è in grado di cogliere pienamente, perché a partire dalla fine degli anni ’80 dietro l’invocazione della necessità di procedere ad “adeguamenti” della forma di governo imperniata sulla “centralità del parlamento” ai cosiddetti “mutamenti della società”, ha occultato la ricerca

| utopieconcrete | di un obiettivo “istituzionale” insistentemente perseguito in forma anche provocatoria dalle forze conservatrici e persino reazionarie in tutto il contrastato periodo di lotte sociali e politiche che hanno contrassegnato gli anni ’50-80: spalancando così da sinistra la prospettiva di abbandonare il disegno strategico contenuto nei Principi Fontamentali (artt. 1-12) e nella Prima Parte della Costituzione (artt.13-54), disegno mirante non già (come si continua a ripetere oggi) a “normalizzare” la vita sociale, ma al contrario a trasformare i rapporti economico-sociali con strumenti attivabili solo potenziando il nesso partiti-sindacatiistituzioni centrali e locali, contro la simbiosi tra vertici politico-istituzionali e vertici del sistema delle imprese. Ciò comporta allora che si apra una discussione di massa sulla democrazia, contrapponendo istituti di “partecipazione” ideonei a spostare l’asse dei poteri verso la base, cui vengono oggi proposti “diritti” non perseguibili se privi di un fondamento di “potere”, e rifiutando meccanismi più o meno dichiaratamente “plebiscitari”, come le “primarie”, volti ad accattivare un consenso “passivo” nell’interesse di ambizioni di comando dall’alto. Con l’odierna teoria della cosiddetta “democrazia costituzionale”, si è infatti presa a pretesto l’antitesi al “berlusconismo” per cancellare l’incidenza strutturale della concezione di “democrazia sociale” contenuta nel testo rilegittimato con il referendum e omologare arbitrariamente il modello del 1948 a modelli estranei alla esperienza vissuta e rilanciabile oltre i limiti di una “difesa” manipolatoria della liberal-democrazia, rivelatasi impotente nell’Europa continentale.

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Industria

I manager si dicono ambientalisti di Massimiliano Pontillo

45% DEI MANAGER D’EUROPA l’ambiente dovrebbe essere la prima preoccupazione della politica e quasi il 60% di loro ritiene che le energie rinnovabili rappresentino la migliore soluzione per il futuro fabbisogno mondiale. Questi sono i risultati della XVI edizione della UPS, la nota società di trasporti che ogni anno intervista 1.450 dirigenti delle grandi aziende di sette paesi, tra cui l’Italia. Anche il 62% dei manager italiani è favorevole alle fonti rinnovabili quali l’energia eolica, solare, idroelettrica e da biomasse, pur se ancora una buona percentuale si è detta favorevole all’utilizzo di reattori nucleari! Il recente forum economico mondiale svoltosi a Davos, in Svizzera, si è tinto di “verde” e potrebbe essere ricordato come il convegno della svolta, l’abbraccio tra il capitale e una maggiore coscienza ambientale, la strada di un’economia sostenibile. Forse qualcosa sta davvero cambiando e anche rapidamente nell’atteggiamento del mondo economico e politico se le dieci più grandi aziende statunitensi hanno chiesto a Bush norme per limitare i gas serra. Come la Coca Cola, uno dei simboli planetari della globalizzazione e della produzione industriale standardizzata, tra le prime a voler dare un esempio, annunciando una riduzione dei consumi di acqua nei processi produttivi e la sostituzione dei vecchi frigoriferi della celebre bevanda diffusi in bar e ristoranti con nuovi elettrodomestici che non utilizzano gas dannosi per l’atmosfera. Un sondaggio svolto tra i circa 300 fra manager, professori universitari e leader politici presenti ha evidenziato come la maggior parte sia favorevole alle fonti Dall’Europa agli Stati Uniti alternative e approvi la carbon tax prevista dal protocollo di Kyoto. sono favorevoli alle risorse Nel suo discorso di apertura il Cancelliere tedesco, Angela rinnovabili e all’efficienza Merkel, ha ricordato come le fonti energetiche e la difesa del clima energetica. Una svolta che siano le due più grandi sfide dell’umanità e che se l’Europa sulla carta coinvolge anche vuole ridurre la sua dipendenza dovrebbe rafforzare la ricerca Bush. Ma pochi si fidano energetica, sottolineando però che “la politica non può impedire da sola il cambiamento climatico, ma necessita della collaborazione di tutti i produttori di gas serra”: legando così i concetti di economia e ecologia. Davos ha accolto con favore, ma con una certa prudenza, la svolta parzialmente ambientalista del presidente Usa, George Bush, che ha invitato gli americani a ridurre l’uso della benzina del 20% nei prossimi 10 anni soprattutto attraverso l’uso di carburanti alternativi. Ha anche aggiunto: “L’America è stata per troppo tempo dipendente dal petrolio estero. Dobbiamo ampliare le nostre opportunità per ottenere un flusso di energia più stabile che tenga l’economia americana in moto rispettando al contempo l’ambiente”. Nella cornice della tribuna economica più importante del mondo sono stati annunciati anche i 10 finalisti dei “Seed Awards”, un premio che viene assegnato ogni due anni per sostenere i progetti delle associazioni imprenditoriali più sostenibili e che verrà consegnato a New York nel prossimo mese di maggio. Non si tratta di un riconoscimento monetario ma di un pacchetto di servizi su misura per gli imprenditori, le comunità, le aziende, i gruppi locali che vogliano unire le loro forze a favore della protezione del nostro Pianeta. Vorrei per un attimo sperare che non si tratti solo di un sogno di una notte di mezzo inverno ma che si stiano effettivamente compiendo piccoli passi in avanti per debellare la forte “bronchite” di cui ancora pagheremo le conseguenze per decenni.

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Un’economia tra l’illegale e la dipendenza internazionale >60 Il Messico ostaggio del Nafta >63

internazionale IL MAROCCO RIDUCE LA PRODUZIONE DI HASHISH

IN AFRICA È INIZIIATA L’ERA DELL’ACCESSO ALLE TECNOLOGIE

CIAD COME IL RWANDA, A RISCHIO GENOCIDIO

TASSA SUI BIGLIETTI AEREI E SULLE TRANSAZIONI FINANZIARIE PER COMBATTERE L’AIDS

CASO ABU OMAR POLLARI RINVIATO A GIUDIZIO

MESSICO LEADER NEI DEPOSITI DI STAMINALI

In soli tre anni il Marocco, principale produttore di hashish al mondo, ha ridotto del 40 per cento la sua produzione. Nel 2003, infatti, erano 134 mila gli ettari di terreno coltivati, cioè il 27 % della superficie coltivabile dell’intero Paese, con una produzione di hashish che raggiungeva le 3.070 tonnellate. L’anno successivo la produzione contava su 120 mila ettari di terreno, per una produzione di 760 tonnellate con un giro di affari di 13 miliardi di dollari. È il 2005, però, l’anno della svolta: i terreni destinati alla coltivazione di cannabis non superavano i 72 mila ettari e la produzione scendeva fino a 1.070 tonnellate. Produzione destinata prinicipalmente all’Europa. La coltivazione di cannabis è concentrata soprattutto nel nord del Paese, dove la povertà costringe le famiglie a scegliere la coltivazione e il commercio di questo prodotto e dei suoi derivati. La decisa inversione di rotta è giustificata dagli investimenti che, negli ultimi anni, il governo marocchino ha fatto in queste zone remote del Paese, soprattutto in infrastrutture.

Entro il 2011 in Africa ci saranno sette milioni di connessioni broadband, sia fisse che wireless, e 3,7 milioni di abbonati dsl. Queste previsioni sono contenute nell'ultimo rapporto della BmiTechKnowledge. Attualmente in Africa il 76 per cento delle connessioni Internet avviene in remoto, il 17 per cento è Xdsl, il 4 per cento è via cellulare e il 2 per cento è a banda larga da rete fissa. In futuro ci si aspetta uno spostamento significativo in favore delle tecnologie wireless, anche se l'adsl resterà dominante soprattutto nel nord del continente. A tirare il gruppo ci sono i Paesi del Maghreb. Su tutti il Marocco, con oltre 350 mila abbonati adsl, seguito dall’Egitto con 150 mila. Una situazione che, però, non corrisponde a tutto tutto il continente africano. Infatti, la percentuale di accesso alle nuove tecnologie e alla connettività, cala drasticamente nei paesi dell’area subsahariana. Il loro problema principale è rappresentato dal fatto che non riescono ad avere sbocchi nei mercati internazionali. Secondo il rapporto, nei prossimi cinque anni, gli investimenti complessivi nelle infrastrutture per l’adsl e la banda larga wireless supereranno il miliardo di dollari. In questa cifra non sono ricompresi gli investimenti che i singoli operatori di rete fissa e gsm faranno nelle loro reti per la fornitura di servizi voce e dati.

L’allarme è stato lanciato dal Unhcr, l’agenzia dellOnu per i rifugiati. Le violenze continue in Ciad potrebbero portare a un genocidio simile a quello avvenuto nel 1994 in Rwanda. La preoccupazione nasce dall’osservazione di quanto sta avvenendo nel martoriato stato africano: le tattiche di guerriglia e di attacco dei ribelli in Darfur, regione occidentale del Sudan, sono state assimilate dai miliziani del vicino Ciad che ospita molti dei rifugiati che fuggono dal Paese confinante. L’allarme è stato lanciato dopo che a Cannes, in Francia, i presidenti di Sudan, Ciad e Repubblica Centraficana hanno raggiunto un importante accordo con cui si sono reciprocamente impegnati a non sostenere la ribellione all’interno dei confini l’uno dell’altro. L’accordo è stato sottoscritto da tutti i capi di stato presenti al summit francese. La guerra civile in Darfur ha già causato 200mila vittime e due milioni di rifugiati. Nel frattempo, per il genocidio in Rwanda del 1994 si è aperto il processo contro Tharcisse Renzaho, ex colonnello e prefetto di Kigali, che dovrà rispondere di sei capi d’accusa, tra cui genocidio, crimini contro l’umanità e violenza sessuale.

L’iniziativa si chiama “Unitaid” e l’obiettivo è raccogliere 300 milioni di dollari entro quest’anno per dare ai Paesi del Sud del Mondo farmaci a basso costo, anche generici, per combattere Aids, tubercolosi e malaria. I soldi verranno raccolti introducendo una tassa di solidarietà sui biglietti aerei. All’iniziativa, che è sostenuta anche dall’Organizzazione mondiale della sanità, hanno aderito ufficialmente 18 paesi africani ed è sostenuta da Brasile, Cile, Gran Bretagna, Norvegia e Francia. I nuovi paesi africani aderenti sono: Benin, Burkina Faso, Camerun, Congo, Costa d’Avorio, Gabon, Liberia, Madagascar, Mali, Marocco, Mauritius, Namibia, Niger, Repubblica Centrafricana, Senegal, Sao Tome, Sudafrica e Togo. La questione è stata dibattuta anche durante la conferenza del Leading group on solidarity levies to fund development, organizzata a Oslo. Oltre all’Unitaid, in Novergia si è discusso lo stato di avanzamento della tassa per lo sviluppo sulle transazioni finanziarie. Un’imposta che riprende per alcuni versi la Tobin Tax e pensata essenzialmente per raccogliere risorse da destinare alla cooperazione internazionale. I dirigenti norvegesi hanno dichiarato di voler avviare un gruppo di lavoro che studi le possibilità operative di implementazione di questa imposta in alcuni Paesi. Mentre non è stato affrontato, come molte ong speravano, l’ipotesi di un progetto pilota di tassazione riguardante la corona norvegese.

La data fissata per il processo è l’8 giugno a Milano. Compariranno davanti al giudice del dibattimento 33 persone. Altre due hanno scelto il patteggiamento. Sul banco degli accusati l’ex capo del Sismi Nicolò Pollari, alcuni alti dirigenti del servizio segreto e ventisei agenti della Cia. Tutti dovranno rispondere del sequestro dell’ex imam di Milano Abu Omar (nella foto). I difensori hanno cercato di utilizzare la questione del segreto di Stato, di cui è stata investita la Consulta, per ottenere una sospensione dell’udienza preliminare, ma l’eccezione è stata rigettata dal gup (giudice per l’udienza preliminare) senza nemmeno ricorrere alla camera di consiglio. Il dibattimento, dunque, si farà, indipendentemente dalla pronuncia della Corte costituzionale sul segreto di Stato e sulla competenza della magistratura milanese. Ora la parola passa al guardasigilli Clemente Mastella, che dovrà sciogliere un altro nodo importante: inoltrare agli Stati Uniti la richiesta di estradizione dei ventisei agenti americani inquisiti e ricercati dalla magistratura italiana. E Mastella dovrà dare una risposta, positiva o negativa che sia, perché non esiste l’opzione del silenzio.

Il Messico è il quarto paese al mondo per la presenza di banche dove è possibile crioconservare il cordone ombelicale. Nelle principali città messicane sono presenti, infatti, dieci aziende. Le tariffe sono piuttosto omogenee: servizi di raccolta e analisi delle cellule costano mediamente diecimila pesos, più mille pesos per ogni anno di conservazione del materiale. A questo deposito, secondo gli esperti, ricorreranno pochissimo i “correntisti”. La probabilità che se ne abbia bisogno è una su un milione. Le banche però spiegano che la possibilità di usare queste cellule è simile a quella di chi stipula una polizza vita. Rimane aperta la questione sulla garanzia dell’utilizzabilità, perché per essere utilizzabile il cordone dovrebbe avere il 90 % di cellule staminali vive, mentre solo il 50 % dei campioni donati risultano adeguati all'uso terapeutico o di ricerca. Diversi studi, infatti, indicano che se si vuole ottenere un buon risultato, occorrono circa centomila cellule staminali per chilogrammo di peso del paziente.

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DANIELE DAINELLI / CONTRASTO

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MASSIMO SCIACCA / CONTRASTO

UNA STORIA SEGNATA DALLA GUERRA

La gente lascia la campagna per trasferirsi in città e la disoccupazione arriva al 35% A sinistra, la città di Mitrovica. Sopra, il campo profughi di Blace dove nel 1999 si erano rifugiati moltissimi Kossovari. Sotto, la polizia di Pristina controlla una macchina alla ricerca di una bomba.

Un’economia tra l’illegale e la dipendenza internazionale

D di Cristina Artoni

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2007 IL KOSOVO SI ATTENDE MOLTO. È infatti considerato l’anno cruciale per una transizione che porti il paese da una condizione ibrida, per i legami con la Serbia e il protettorato internazionale, a un riconoscimento attraverso un nuovo status. Nel mese di febbraio l’inviato delle Nazioni Unite, Martti Ahtisaari ha presentato un piano per il nuovo status della provincia, in cui non viene però menzionato apertamente il termine «indipendenza« ma dove si confermano i margini per un’ampia autonomia. La maggiorparte dei partiti kosovari attendeva una posizione esplicita per l’indipendenza. Dall’altra parte il piano non è stato apprezzato nemmeno da Belgrado. In questo quadro emerge la realtà di una provincia che storicamente risulta una regione periferica, fattore che conduce necessariamente, per motivi diversi, a un’economia depressa. A sette anni dal conflitto, del 1999, l’Unione Europea continua ad essere il più grande donatore in Kosovo. Complessivamente gli aiuti

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dalla fine della guerra al 2005 sono quasi 1,6 miliardi di euro. Secondo un documento della Commissione Europea inoltre, se si sommano i costi dell’operazione di peace keeping, l’investimento dell’UE per la pace e la stabilità in Kosovo raggiunge gli 8 miliardi di euro. Il ruolo di Bruxelles, attraverso l’azione dell’UNMIK, in questi anni è stato di doppia natura: l’aiuto finaziario per la ricostruzione materiale e la rifondazione delle istituzioni; e il lavoro di avvicinamento del Kosovo all’UE. «In realtà tutti gli indicatori economici – spiega Francesco Strazzari, docente di relazioni internazionali presso Scienze Politiche all’Università di Amsterdam – sono peggiorati dopo il conflitto. Il Kosovo resta una provincia periferica che non ha molto da offrire in un quadro europeo. C’è un settore chiave che si è sviluppato negli ultimi anni nei Balcani, come anche in altri paesi: l’edilizia. Da quando la comunità internazionale ha cominciato a riversare finanziamenti a pioggia, c’è stato un boom del mercato delle costruzioni. La

BORUT PETERLIN / CONTRASTO

Kosovo, 2005

IL KOSOVO, NEL MEDIOEVO CULLA DELLA CIVILTÀ SERBA e prima sede della sua capitale, è stato teatro di grandi battaglie degli eserciti della cristianità contro i turchi, finite in due clamorose sconfitte, nel 1389 a Kosovo Polje per i serbi e nel 1448 per gli ungheresi di Giovanni Hunyadi. Le debacle hanno aperto i Balcani alla dominazione ottomana. Nel XX secolo, è rimasto legato alla Jugoslavia di Tito, che ne ha decretato l’autonomia nel 1974. Nel 1989 il presidente Milosevic ha abolito lo statuto autonomo, rinfocolando le gia' forti pressioni indipendentiste. Nel 1991, il Kosovo si è dichiarato repubblica e tramite un referendum clandestino ha proclamato l'indipendenza da Belgrado. Lo scrittore e intellettuale Ibrahim Rugova è stato eletto presidente di questa “repubblica ombra” nel 1992. Gran parte della popolazione albanese ha boicottato le istituzioni federali, comprese le scuole. Nell'autunno 1998, prendendo a pretesto l’attività dell'Esercito di liberazione kosovaro (Uck), Milosevic ha lanciato, quella che ha definito una campagna antiterrorismo, ma che si è rivelata una vera e propria pulizia etnica. Il numero di profughi albanesi dalla provincia è diventato altissimo, fino ad arrivare a superare le 700.000 persone. Il 24 marzo 1999, dopo un il fallimento del negoziato a Rambouillet (Francia), la Nato ha iniziato bombardamenti sul territorio jugoslavo. Milosevic ha reagito dapprima inasprendo la repressione contro gli albanesi kosovari, poi, il 10 giugno, ha ceduto a causa della minaccia di un possibile intervento terrestre delle forze Nato. Con la risoluzione 1244 dell'Onu il Kosovo, pur rimanendo formalmente territorio jugoslavo, è passato sotto l'amministrazione dell'Onu (Unmik), appoggiata da forze di pace internazionali (Kfor). Col ritorno dei profughi albanesi, è iniziata una contro-pulizia etnica ai danni della popolazione serba. Il 28 ottobre del 2005 si sono svolte le prime elezioni locali, boicottate dai pochi serbi (circa 100.000) rimasti nella provincia. Ha vinto la Lega democratica del Kosovo (Ldk) del moderato Rugova, scomparso lo scorso anno. Lo status della provincia è restata finora nel limbo, ma da tutti i partiti albanesi in Kosovo si chiedeva alle Nazioni Unite di riconoscere l'indipendenza di fatto realizzata. Belgrado si è da sempre opposta e chiede la piena applicazione della risoluzione 1244 dell'Onu, che prevede fra l’altro il rientro di tutti i profughi, quindi anche dei serbi. Nella proposta per il nuovo status presentato dall’inviato Onu, Martti Ahtisaari non ne fa menzione così come non riconosce apertamente la via dell’indipendenza.

gente lascia la campagna per trasferirsi in città alla ricerca di un lavoro. Si tratta di un fenomeno di urbanizzazione sfrenata. Pristina conta ora oltre 750 mila abitanti mentre prima della guerra era popolata da solo qualche migliaia. Ma spostarsi in città non aiuta: la disoccupazione nella provincia, che arriva al 35%, è infatti per buona parte urbana. Altro dato da tenere presente è che in Kosovo, come in Albania del resto, il settore dell’edilizia è legato al nero. Poi si costruiscono immobili senza che ci sia una reale crescita dell’industria o di nuove infrastrutture. Crescono insomma le città ma non l’economia produttiva. Infatti il settore numero uno per incidenza del PIl è quello dei metalli da demolizione. Si distrugge in assenza di rinascita«. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha stimato nel 2005 che il lavoro di riadattamento post-conflitto fosse completo e che erano state poste le basi di una stabilità macroeconomica, ma nello stes-

so tempo ha ammesso che non c’è stata alcuna crescita economica forte. L’organizzazione finanziaria ha calcolato un tasso di disoccupazione del 33%, anche se secondo altre istituzioni arriva al 60%. Secondo una serie di sondaggi condotti dell’UNDP ( Programma di sviluppo dell’ONU), la disoccupazione è in ordine di importanza la seconda preoccupazione dopo quella della questione dello status del Kosovo. In un’altra ricerca, condotta nel 2004, emerge che il 30% degli intervistati albanesi del Kosovo intende emigrare, e di questi l’84% dice di esserne costretto per far fronte alla situazione economica. Dalla fine del conflitto è migliorata nel paese la speranza di vita, ma la percentuale di persone che vivono in povertà estrema è aumentata. Con un PIL di 800 euro per abitante, il Kosovo è il paese più povero dei Balcani. In questa fragilità economica i traffici illeciti prendono sempre più spazio: «Nel paese si trascina un’economia legata al conflitto – precisa Francesco Strazzari – il che significa affari illegali. Infatti il terzo |

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L’inviato delle Nazioni Unite, Martti Ahtisaari. Con la risoluzione 1244 il Kosovo è passato sotto l’amministrazione dell’Onu.

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IL FUTURO POLITICO-ISTITUZIONALE DEL KOSOVO è racchiuso in un piano composto da 26 punti. Qui di seguito solo alcuni passaggi importanti: Il Kosovo adotterà una costituzione che prevederà meccanismi giuridici e istituzionali per la protezione, la promozione e il rafforzamento dei diritti umani di tutte le persone. Il Kosovo avrà diritto a negoziare e sottoscrivere accordi internazionali e a richiedere l’adesione ad organizzazioni internazionali. Il Kosovo avrà simboli nazionali propri e distinti, tra i quali una bandiera, un sigillo e un inno, che devono riflettere la sua composizione multietnica. Il Kosovo avrà autorità sull’applicazione della legge, sulla sicurezza pubblica, sui servizi di intelligence, sulla protezione civile e sul controllo dei confini del proprio territorio, salvo eccezioni previste dall’accordo. Verrà creata una nuova Forza di Sicurezza del Kosovo, KSF, multinazionale e professionale, una componente della quale sarà dotata di armi leggere e in grado di agire per specifiche funzioni di sicurezza. Non più tardi di 9 mesi dopo l’entrata in vigore di quest’accordo, verranno organizzate in Kosovo elezioni generali e locali. Le elezioni verranno certificate da un’autorità internazionale competente che garantisca il raggiungimento di standard internazionali. La NATO stabilirà una presenza militare internazionale, IMP, a sostegno dell’impletamento di quest’accordo.

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NASCITA E MORTE DELLA JUGOSLAVIA 1913. La conferenza di Londra riconosce l’indipendenza dell’Albania, ma spartisce il Kosovo tra Serbia e Montenegro. 1918. Nasce il regno di Serbi, Croati e Sloveni. Unidici anni dopo, Alexandre I lo trasforma in uno Stato centrale con il nome di Jugoslavia. 1946. La Jugoslavia diventa una federazione composta da sei repubbliche e due regioni autonome (Kosovo e Voivodina). 1980. Muore il maresciallo Tito. 1991. Indipendenza della Slovenia e della Croazia. Inizia la guerra per Zagabria. 1992. Secessione pacifica della Macedonia, secessione della Bosnia-Erzegovina e inizio della guerra con quest’ultima.

FONTE: WWW.MONDE-DIPLOMATIQUE.FR

1995. La Croazia riconquista la Krajina, esodo della popolazione serba. Gli accordi di Dayton mettono fine alla guerra di Bosnia. 1999. Bombardamenti della Nato contro la Jugoslavia (da marzo a giugno). Il Kosovo diventa un protettorato delle Nazioni Unite (nel mese di giugno). 5 ottobre 2000. Cade il regime di Slobodan Milosevic 2001. La guerriglia albanese agisce nella Valle di Presevo (sud della Serbia) e in Macedonia.

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Chiapas, 1994

È un traffico illegale con cifre da capogiro

Per cercare di impostare un’economia di transizione nell’immediato dopoguerra la comunità internazionale era arrivata alla conclusione che il settore privato dovesse essere incentivato, perchè avrebbe potuto creare nuovi posti di lavoro. Ma il processo è lento anche per i disaccordi tra politici, istituzioni provvisorie di autogoverno (PISG) e l’UNMIK. Il risultato è che non c’è un’evoluzione reale. Ad esempio, una delle aziende pubbliche più importanti, la Compagnia Energetica del Kosovo (KEK), gestita dalle agenzie internazionali legate all’UE, ha ricevuto per le KOSOVO infrastrutture un terzo degli aiuti finanziari da Bruxelles, Superficie: 10.887 kmq (circa 400 milioni di euro). SERBIA Popolazione: La popolazione Nonostante i fondi, la crisi era stimata prima del conflitto energetica nel paese resta del 1999 a circa 2 milioni KOSOVO di abitanti, di cui 1.600.000 grave. Le interruzioni di albanesi, 200.000 serbi corrente sono frequenti, e e 200.000 di altre etnie (croati, bosniaci, rom, turchi). provocano a catena disagi Attualmente si calcola che circa per la popolazione, tensioni 187.000 persone di etnia non albanese, per la maggior parte serbi, abbiano lasciato la regione. tra le realtà politiche e soprattutto perdita di credibiCapoluogo: Pristina. lità dell’UE. «La questione Gruppi etnici presenti: albanesi; serbi; rom. fondamentale in Kosovo – Religioni: musulmana; ortodossa; cattolica. conclude il professor Strazzari – è che la situazione Divisione amministrativa: la provincia del Kosovo, in base alla risoluzione dell’ONU 1244 è rimasta anche dopo il 1999 parte non si risolve con l’indipendella Federazione Jugoslava ma sotto il protettorato internazionale denza. Le divisioni etniche dell’ONU (missione UNMIK). Attende un nuovo status. Ha un parlamento e un governo autonomi, democraticamente eletti. sono profonde e non miglioreranno con un nuovo Moneta: ha adottato l’euro come moneta parallela. status. Il problema è che il Situazione economica: difficile avere dati economici precisi. paese è legato a doppio filo Ma il Kosovo è sempre stato una delle province più povere della Jugoslavia, a vocazione prevalentemente agricola e pastorizia. dai finanziamenti internaPossiede ricchi giacimenti di piombo e zinco e miniere di argento, zionali. Un’enorme maccromo, ferro e nikel. L’economia è al momento dominata dal mercato nero, e la provincia è un punto di transito per svariati affari illeciti, china che riversa soldi agli in particolare il contrabbando. enti pubblici locali kosovari Tasso di disoccupazione: 33% (ultime stime del FMI nel 2005) che non hanno ancora una struttura solida».

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21 maggio 2006. Referendum per l’autodeterminazione del Montenegro.

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settore che permane nell’econmomia kosovara è il contrabbando di benzina. Il carburante arriva nella provincia senza pagare dazi, non si sa esattamente da dove, potrebbe essere dalla Grecia o dall’Albania. Vengono aperti benzinai che poi in seguito non pagano le tasse. Questa è una realtà diffusa e tutto il sistema di tassazione in Kosovo è ancora da definire. Ma poi c’è un altro aspetto preoccupante di questa economia illegale: l’enorme partita nera del traffico di droga. L’eroina è una partita di scambio enorme. Si tratta di droga che arriva dalla Turchia e che viene spartita nella guerra tra criminalità albanese e kosovara. Quando arriva nella provincia il prezzo è un’inezia: 10 euro al grammo. Poi ovviamente salirà sul mercato europeo.

PAUL FUSCO / MAGNUM PHOTOS

LA PROPOSTA ONU DI AHTISAARI PER LO STATUS FINALE DELLA PROVINCIA

Aguacantenango. Una donna mentre prepara le tortillas, la base della dieta messicana.

Il Messico ostaggio del Nafta La crisi della tortilla mette a nudo la debolezza del paese nei confronti di Usa e Canada. Il mais

ha raggiunoi prezzi da capogiro perché Bush ha deciso di investire nel carburante all’etanolo. Per fabbricarlo ci vuole molto mais e per i messicani trovarne a buon prezzo per sfamarsi non è per niente facile. di C. A.

MESSICO Popolazione: 104,9 milioni Composizione della popolazione: Meticci 55%; Indios 29%, discedenti degli europei 15%; neri 0,5% Messicani negli Stati Uniti (chicanos): 25 milioni Tasso di alfabetizzazione: 91,4% Lingua: spagnolo. Lingue indios: nahuatl, dialetti maya (itsa, tzeltal) Crescita economica annuale: 1,3 Principali risorse: petrolio, gaz, argento (primo al mondo), piombo Tasso di disoccupazione: 3,2% dichiarato ma fino al 25% in aree rurali Popolazione alla soglia di povertà: 40%

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HE SI TRATTI DI TORTILLA, DI POZOL (bevanda molto diffusa nelle popolazioni indios) o ancora di tamales (sorta di panzerotti ripieni e cotti a vapore) è sempre il mais l’elemento comune più importante di questi differenti alimenti tradizionali della cucina messicana. Il cuore del nutrimento, soprattutto tra i discendenti dei Maya, è proprio questa materia prima che ora ha toccato prezzi vertiginosi a causa dell’improvviso aumento dell’ interesse del mercato statunitense. La tortilla di mais che sfama mediamente gli strati più poveri della popolazione, viene consumata ogni giorno da ben 55 milioni di messicani, abituati a vivere con meno di 28 euro al giorno. Così il picco dei prezzi, schizzati di 60%, ma anche in alcuni giorni di 80% o più, hanno provocato una crisi profonda che rivela tutte le debolezze di un’economia troppo vulnerabile agli interessi del vicino delle costa opposta del Rio Bravo. A provocare un effetto domino è stata la decisione del presidente George Bush di investire nel carburante all’etanolo, una scelta, ha precisato “meno inquinante”. Per fabbricarlo occorre mais a quintali. Per

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UNA BATTAGLIA CONTRO LA MALNUTRIZIONE È UNA CATASTROFE SENZA MEZZI TERMINI, soprattutto per quella parte della popolazione più povera, l’impennata dei prezzi della “tortilla” (fette croccanti a base di farina di mais o grano), alimento base dei messicani. Lo rivela uno studio di ricercatori della sanità pubblica, secondo cui gli aumenti conducono alla malnutrizione e all’obesità, fattori già presenti nel 60% della popolazione. Per il 70% dei messicani, i fagioli rossi e le tortilla rappresentano la principale risorsa di proteine. Dopo la liberalizzazione dei prezzi delle tortilla e di altri prodotti base dell’alimentazione nel paese, nel 1999, le famiglie con più problemi economici hanno acquistato prodotti meno cari ma con spesso meno apporto energetico, come ad esempio zuppe istantanee (ricche solo di grassi, coloranti e sodio). Secondo un’inchiesta realizzata nel 2006 a livello nazionale dal ministero della salute, in Messico sei bambini su dieci, sotto i 5 anni, soffrono di malnutrizione. Inoltre 40 milioni di adulti, su una popolazione di circa 104 milioni, paga le conseguenze legate alla malnutrizione assunta nell’infanzia. Il prezzo della tortilla è aumentato di 135 % in otto anni e la consumazione quotidiana per abitante è passata da una media di 215g a 140g.

LA LINEA SEGNATA DAL NAFTA (ACCORDO DI LIBERO SCAMBIO NORDAMERICANO) L’ACCORDO ENTRA IN VIGORE IL 1 GENNAIO DEL 1994, proprio mentre in Chiapas si scatena la rivolta zapatista, che insieme ad altre rivendicazioni ne denuncia da subito la iniquità. Il trattato tra Stati Uniti, Canada e Messico rappresenta il disegno economico dei presidenti che iniziarono le trattative: George Bush e Carlos Salinas de Gortari, con cui puntavano a contrastare il blocco europeo ed asiatico creando,insieme al Canada, una zona di libero commercio, di fatto la più importante regione economica del mondo (con 363 milioni di abitanti). Ma per il Messico, già al momento della ratifica dell’accordo emerge la disparità profonda: circa il 70% delle esportazioni dal Messico verso Usa e Canada sono esentate dalle tasse, contro solo il 40% delle esportazioni americane e canadesi verso il Messico. Negli Stati Uniti l’accordo è duramente contestato in particolare dal sindacato AFL-CIO, United Auto Workers, che teme una crollo dell’occupazione per la delocalizzazione. In Messico si levano critiche sulle concessioni fatte agli Usa. Il NAFTA è stato ratificato da tre paesi che hanno uno sviluppo disuguale e dove il Messico emerge solo per i bassi salari percepiti dai lavoratori. Elemento che negli anni successivi all’accordo verrà sfruttato da industrie statunitensi e canadesi. Gli effetti perversi del NAFTA sono evidenti anche nel settore agricolo. Per attirare gli investitori stranieri, il Messico decide di cancellare il “carattere sociale” della terra, passaggio inscritto nella Costituzione. Viene così modificato lo statuto dell’ejido, che prevedeva la proprietà collettiva della terra, nelle comunità contadine e/o indigene. Sempre in Messico la cancellazione dei sussidi per l’agricoltura getta ulteriormente sul lastrico i produttori medi costretti all’estinzione a causa della concorrenza spietata degli agricoltori americani e canadesi aiutati anche dai sussidi (con una produzione media, sempre di mais, di 7 tonnellate per ettaro).

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gli statunitensi il problema è presto risolto, considerato che il paese è il primo produttore mondiale del cereale: 272 milioni di tonnellate all’anno (per un totale di 690 milioni). Ma il passaggio all’interno del mercato statunitense ad un uso industriale del piccolo chicco giallo ha penalizzato in modo pesante le esportazioni. Il mercato mondiale ha così incassato il colpo in modo negativo tanto da provocare una vertigine dei prezzi. In qualche mese il mais è passato da 2 a 4 dollari. Ma a peggiorare la crisi sono stati poi i grandi produttori statunitensi di mais, Cargill, Minsa e Maseca, che hanno ulteriormente limitato la circolazione della materia prima per incentivare la speculazione. Queste multinazionali controllano anche parte delle reti di distribuzione che vendono le tortilla al dettaglio anche sul mercato messicano. Gli aumenti sono stati immediati, passando da 7 pesos al chilo a 10, 12, a volte 14 pesos al chilo, in base alle regioni da raggiungere e ai costi di trasporto. Un dramma per la popolazione messicana che si basa su un salario minimo di 50,5 pesos al giorno. Le famiglie più povere spendono in media 9% dei guadagni per acquistare le tortilla. Allo stesso tempo negli ultimi mesi sono saliti i prezzi anche di altri generi alimentari come uova, latte, zucchero e polli. Secondo i sindacati in poco tempo il potere d’acquisto nel paese è crollato del 18%. Nella crisi il dito è puntato soprattutto contro le speculazioni esercitate delle multinazionali. In realtà emerge nella sua interezza la debolezza del Messico, legato a doppio filo con Stati Uniti e Canada attraverso il NAFTA. Dal 1994 con l’apertura dei mercati con l’Accordo di Libero commercio del Nordamerica, il Messico è entrato in un’arena senza difese. L’esempio più semplice riguarda proprio il mais: in Messico per produrne una tonnellata occorrono 17,8 giorni di lavoro; negli Stati Uniti solo un’ora e mezza. Con il trattato NAFTA gli Usa hanno ottenuto il diritto di esportare 2,5 milioni di tonnellate di mais, aumentando le tonnellate del 3% ogni anno dalla ratifica dell’accordo, fino all’abolizione completa delle quote prevista nel 2008. In teoria questo periodo di transizione avrebbe dovuto proteggere i coltivatori di mais messicani. Ma il governo, per rapporti di buon vicinato con Washington, si è rifiutato di tassare i 3 milioni di tonnellate di mais fuori quota distribuite ogni anno. A quel punto le esportazioni statunitensi di mais sono diventate sempre più importanti, fino a rappresentare un quarto della consumazione del Messico, che è pari a 23 milioni di tonnellate l’anno. Con il 2008 l’accordo NAFTA prevede inoltre la cancellazione delle ultime barriere doganali su molti prodotti base della cucina messicana: oltre al mais anche fagioli e canna da zucchero. La crisi non sembra di rapida soluzione, considerando che gli USA, secondo un rapporto di previsione avranno bisogno di utilizzare 139 milioni di tonnellate di mais fino al prossimo anno nelle distillerie di etanolo. Se queste cifre verranno confermate è facile immaginare nuovi boom dei prezzi nel corso del 2007. Il Messico è sicuramente uno dei paesi più a rischio, ma anche molti altri dipendono dal primo esportatore del cereale, tra cui Indonesia, Egitto, Algeria e Nigeria. La crisi è acuta anche perchè l’altro attore importante che era presente sul mercato mondiale, la Cina, ha fatto un passo indietro nel 2006 e ha ridotto le sue esportazioni per soddisfare le richieste dalla propria industria di etanolo. I prezzi potrebbero toccare quindi presto nuovi record anche perchè con la crescita in tutto il pianeta del carburante a base di mais aumenteranno i bisogni della materia prima, da 12,5 miliardi a 25 miliardi di tonnellate supplementari ogni anno.

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NOVAMONT


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André Meyer

È stata l’eminenza grigia del fondatore e amministratore di Mediobanca, considerato il “vestale” della finanza italiana

Il banchiere che mandava tutti a Cuccia di Andrea Montella

Perché essere antipatici quando, con minimo sforzo, “ si può essere odiosi? ” André Meyer

MEYER NASCE IN FRANCIA NEL 1898: di origini modeste (suo padre era un venditore di stampe parigino), abbandona gli studi a sedici anni per fare il fattorino da un agente di cambio della Borsa di Parigi. Esonerato dal servizio militare per una leggera malformazione cardiaca, il giovane Meyer ha comunque una tempra eccezionale ed è un lavoratore instancabile; dorme in media quattro ore e alle 6 del mattino è già al suo posto di lavoro alla “Baur et Fils” dopo essere passato nelle redazioni a ritirare i giornali, freschi di stampa, con le quotazioni delle Borse estere. Divenuto agente di cambio, viene notato da David Weill della Lazard, banca con la quale inizia la sua collaborazione nel 1927. La Lazard Frères, nata come impresa tessile grazie agli eredi di Abraham Lazard, ebreo boemo, emigrato da Praga in Francia nel 1792 sulle spinte di libertà e dei diritti civili del periodo rivoluzionario, ha un successivo sviluppo in America, a New Orleans, e in seguito a San Francisco con lo scoppio della febbre dell’oro californiano. È proprio in quel periodo che iniziano le fortune dei fratelli Lazard: grazie ad una serie di matrimoni ben congeniati, il commercio dei tessuti, l’oro e le valute, nel 1876 viene fondata la banca, che diventa leader nelle spedizioni navali di oro sulla rotta Europa-Usa e apre sedi a Parigi, Londra e New York. André Meyer è in perfetta sintonia con la descrizione dei banchieri Lazard fornita da Anne Sabouret, autrice di MM. Lazard Frères et Cie. Une Saga de la fortune (Olivier Urban, Parigi 1987): «Banchieri di sinistra, radicalsocialisti, patrioti, anticlericali, visceralmente anticomunisti». Sposatosi con Bella Lehman, della ben nota dinastia di “gnomi” (chissà se fu vero amore), iniziò da protagomassimo di 800 milioni di dollari. Chi lo ha conosciuto nista la carriera di banchiere in quella ristretta cerchia di BIBLIOGRAFIA afferma che, per non essere colpito dalle tasse di succesuomini che, in Francia come nel resto del mondo, sono sione, abbia passato gli ultimi dieci anni della sua vita a anche ai vertici della massoneria. Il successo di André smantellare ed a occultare la sua ricchezza. Meyer è rapido quanto la sua sete di denaro e di potere: a Meyer è stato l’eminenza grigia, dell’uomo consideratrent’anni è partner della banca privata Lazard Frères. Dieci anni dopo aveva contribuito a salvare la Citroën, aveto il vestale della finanza italiana: Enrico Cuccia, iscritva fondato la prima società francese di credito al consuto alla loggia Giustizia e Libertà (codice OHN +071/M1) mo e ricevuto la Legion D’Onore. fu guidato da lui sia a livello nazionale che internazioLa banca Lazard supera indenne la crisi economica denale, sin dagli inizi della sua carriera, quando nel 1942 Cary Reich gli anni ’30, grazie alle sue conoscenze in tutti i gangli del Cuccia, a soli 35 anni era un alto funzionario della BanFinancier potere ed evita la nazionalizzazione nel 1936, quando in ca Commerciale e in quella veste partecipò agli incontri The Biography of André Meyer Francia va al potere il Fronte popolare. Costretto, in quansul dopoguerra per stabilire quale assetto economico e Trailblazers to ebreo, all’esilio dall’invasione nazista, si trasferisce nepolitico dovesse avere l’Italia. Incontri avvenuti fra espogli Stati Uniti, dove rileva la succursale di New York della nenti della massoneria italiana, come Ugo La Malfa e Lazard, che diventa in pochissimo tempo la più spregiudicata banca quella americana nella persona di George F. Kennan, allora membro d’investimento americana. Alla sua morte, avvenuta nel 1979 a 81 andella Fabian Society e del CFR; in quell’occasione Cuccia ebbe da Anni, lascia un capitale di 90 milioni di dollari; sembra però che la reale dré Meyer il massimo sostegno possibile. consistenza del suo patrimonio oscillasse da un minimo di 300 ad un Con molta discrezione iniziano la privatizzazione di Mediobanca

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NDRÉ

Autodidatta, ateo, di modi bruschi e sgradevoli, André Meyer ha bloccato con la sua banca e il suo potere lo sviluppo della democrazia, sia in Italia che nel resto del mondo

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Sopra, nella foto grande, André Meyer con Jean Monnet. A fianco, nella foto piccola, con la moglie e Giovanni Agnelli. Da sinistra, con Pierre David-Weill nella sede della Lazard di Parigi e, qui a fianco, con Lyndon B. Johnson. A destra, Enrico Cuccia, fondatore di Mediobanca.

attraverso Euralux, società lussemburghese che nel 1973 deteneva il 4,73% delle Generali, e aveva un CdA composto da Gianluigi Gabetti (Ifint, la finanziaria degli Agnelli), Antoine Barnheim della Lazard Frères, André Roosa presidente della Concordia Assicurazioni delle Generali, Michel David Weill presidente della Lazard Frères Group ed altri. Entrando Euralux in Mediobanca si sarebbe modificato l’assetto a favore del capitale privato che, in questo modo, poteva iniziare un’imponente ristrutturazione in vasti settori sia finanziari che industriali, con una particolare attenzione verso i mezzi d’informazione. Mentre gli Agnelli, infatti, controllavano la Rizzoli, la Pearson, che controllava il Financial Times, l’Economist, la Penguin, la Westminster press ecc., deteneva anche il 50 per cento del nuovo raggruppamento Lazard partners. Questo progetto ricorda quell’auspicato intervento della massoneria, descritto nel Piano di rinascita democratica, che sarà realizzato in Italia da Silvio Berlusconi. Nei loro piani non erano previsti né i comunisti, né Enrico Mattei, definito dai due “il demonio”. Il presidente dell’Eni voleva mettere in discussione in Italia famiglie considerate la struttura del capitalismo nostrano e nel settore energetico i grandi gruppi petroliferi. Mattei inoltre voleva espandersi anche nel settore della chimica; fu questa la ragione che spinse i due “gnomi” alla trasformazione della Montecatini - di cui Meyer era consigliere - in Montedison. Furono insieme anche nella lotta contro Michele Sindona, che voleva diventare il nuovo deus ex machina della finanza italiana e inter-

nazionale alleandosi con la Continental Illinois national bank, Paribas e Lehman e Brothers (azionista sino al 1969 di Mediobanca) e sostituire Cuccia in questo ruolo, utilizzando inoltre le enormi disponibilità di denaro della mafia. Ma sia Mattei che Sindona non hanno valutato nel dovuto modo il fatto che Cuccia era cugino di Vito Guarrasi, un avvocato siciliano che della mafia conosceva tutti i segreti. Guarrasi soleva dire: «Clienti, soltanto clienti. Io sono come il medico: mi chiamano in situazioni disperate quando hanno bisogno di farsi tirare fuori dai guai». Guarrasi e Cuccia sono stati i punti di equilibrio della complessa situazione geopolitica in cui si trovava e si trova ancora oggi l’Italia. Il primo è stato probabilmente l’uomo di congiunzione e mediazione tra gli interessi americani ed il sistema mafioso. Il secondo ha rappresentato più direttamente gli interessi del vertice economico angloamericano nel nostro Paese. Tutti e due hanno concorso a indebitare e togliere autonomia economica e politica all’Italia. Sono loro che hanno eseguito in modo attento e discreto le direttive nate nel periodo della guerra fredda, eliminando di volta in volta ogni ostacolo. Difatti chi si è messo contro di loro ha perso la battaglia e la vita. Stessa sorte è toccata a Salvador Allende, il presidente del Cile, eletto democraticamente e rovesciato da un colpo di Stato nel 1973. Il golpe fu promosso dai militari cileni e appoggiato dal governo americano e dalla multinazionale ITT che sulla vicenda aveva come consulente la Lazard.

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altrevoci

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L’ECONOMIA PUÒ FAR BENE ANCHE AL GIURISTA E AL DIRITTO

IL PRETE CHE INSEGNÒ IL PERDONO AI CARNEFICI

LA LINGUA PERDUTA E RITROVATA IN ESILIO

LA DOPPIA TRAGEDIA DELLA CITTÀ DI KIELCE

MAFIA E GIORNALISMO IN GUERRA ALL’”ORA”

DUFFY IL NOIR SULLE RIVE DEL TAMIGI

Ubi ius ibi societas. Dove c’è il diritto c’è la società. Dove c’è l’economia deve esserci il diritto. Questa è la tesi sostenuta dagli economisti della Banca d’Italia Pierluigi Ciocca e Ignazio Musu. Le due discipline devono integrarsi perché una è necessaria all’altra. L’aspetto interessante è però la dichiarazione d’intenti dei due autori: scrivere un manuale seguendo un modello nuovo. Da una parte i vecchi manuali adottano un approccio graduale, muovendo da ipotesi sull’organizzazione della vita economica così generali e semplificanti da risultare troppo astratti; dall’altra i manuali tradizionali si ispirano quasi sempre a una visione teorica ritenuta prevalente, tralasciando tutte le altre, contrapposte, ma comunque interessanti per la comprensione del fenomeno. Due difetti che ricadono direttamente sulla cultura e sulla formazione economica nella società. L’economia invece se trattata con un approccio diverso puo’ essere di concreta utilità nell’esperienza professionale del giurista. L’economia sollecita il giurista a chiedersi quale sia l’effetto della norma, della giurisprudenza e della dottrina sulle decisioni e sulle propensioni individuali, sulle loro conseguenze per le relazioni sociali e quindi per la vita dell’intera società. È importante dunque non presentare al giurista la disciplina economica in modo completamente astratto, perché non gli sarebbe utile. «La complessità della vita economica - scrivono gli autori - va introdotta fin dall’inizio: essa è la fonte dei problemi la cui soluzione postula le regole giuridiche e domanda che queste regole diano una risposta adeguata».

Il 6 gennaio del 1941 la Gestapo tedesca arresta il prete cattolico lussemburghese Jean Bernard. Il religioso viene internato nel campo di concentramento di Dachau. Viene assegnato alla sezione dei preti: il “Pfarrenblock”. A Bernard non venne risparmiato nulla né l’orrore delle torture né le crudeltà che caratterizzava le Ss e i kapò del campo. Questo prete fu un punto di riferimento per i tanti prigionieri. L’umanità, la lealtà, la fede e il senso del perdono caratterizzarono la sua presenza nel campo. Bernard non pensava più di uscire vivo da quell’esperienza e quando fu liberato decise di scrivere questo diario per raccontare ciò che non doveva essere dimenticato. «Ho scritto queste pagine subito dopo la mia liberazione dal lager… voler dimenticare sarebbe una debolezza da parte di quelli che hanno sofferto… voler dimenticare sarebbe vigliaccheria da parte del popolo in nome del quale tutto questo è accaduto. Noi dobbiamo perdonare e perdonare consapevolmente, faccia a faccia, avendo tutto l’orrore per quanto è accaduto».

«L’esilio per me iniziò nel 1987, a Berlino Ovest. La parola Berlino, che aveva una particolare risonanza traumatica nella mia infanzia, aggiungeva allora un nuovo significato per l’errante il quale, ancorché non più giovane, era costretto a ricominciare, come un neonato, l’iniziazione». Chi scrive è ebreo, l’esule per definizione, l’errante, colui che ha fatto della mente la sua terra d’elezione e l’unica da cui non potrà mai essere cacciato. Norman Manea, nato nel 1936 a Suceana in Romania, vive a New York ormai da vent’anni. Ha conosciuto la deportazione a soli cinque anni. La letteratura è la sua ancora di salvezza, lo strumento che gli ha consentito di ricostruire un’identità. Ma la condizione di escluso a priori ha inciso anche sull’identità di scrittore perché ossessiva e illuminante e la sua preoccupazione per il tema del “testo nomade”, tradotto da una lingua all’altra (Manea scrive in rumeno). Il testo riprende una citazione di Kafka: “La quinta impossibilità”, sul trauma dell’oblio per uno scrittore estraniato nella propria patria e nella propria lingua.

La storia raccontata da Adam Michnik è doppiamente drammatica. Kielce, città della Polonia sud-orientale, viene occupata dalle truppe tedesche appena pochi giorni dopo lo scoppio della Seconda guerra mondiale. I tedeschi, come fanno ovunque mettono piede, danno la caccia all’ebreo e a Kielce ne vivono circa 24.000. Nell’aprile del 1941 viene istituito un ghetto: prima ammazzano gli ammalati, poi gli anziani e i bambini e infine deportano a Treblinka gli ebrei che restano. Alla fine della guerra la comunità ebraica di Kielce non esiste più, è stata sterminata: in città rimangono solo due ebrei. Nei diciotto mesi successivi, ne arrivano degli altri e in circa 150 ebrei si raccolgono nell’ex edificio della comunità. Dopo lo sterminio da parte dei nazisti, quello sparuto gruppo di ebrei subisce un violentissimo pogrom. Il 4 luglio del 1946, una folla inferocita attacca i sopravvissuti, massacrando 42 ebrei e ferendone una cinquantina. Quando l’ordine viene infine ristabilito, sette tra i capi dellaggressione vengono condannati a morte. Nessun ebreo rimane a Kielce.

A Palermo c’è un giornale che si chiama L’Ora, un giornale del pomeriggio dove si comincia a lavorare la mattina presto. Una fucina di talenti, di cronisti di razza, coraggiosi, spavaldi al limite della follia. Nel 1968 un ragazzo di nome Giuseppe Sottile entra in redazione e ci rimarrà per 23 anni. Sarà il testimone delle guerre di mafia che diventeranno un pezzo della storia italiana che segnerà il volto del Bel Paese nel mondo. Il titolo di questo libro Nostra signora della Necessità deriva dal nome di una chiesa dove un giudice d’appello viene pubblicamente segnato a dito dal sospetto. Due giovani dell’Ora, un cronista e un fotografo, sono lì a sparare flash in faccia. C’è anche la figlia di quel giudice e il marito di lei, avvocato piuttosto chiacchierato. Sottile ricostruisce il legame di una borghesia che si crede al riparo dalle contaminazioni mafiose, ma che si ritrova puntualmente nel gioco della piovra. L’Ora che racconta Sottile è quella di Vittorio Nisticò, Salvo Licata e del grande Mauro De Mauro. .

Stella Duffy è tra le nuove protagoniste del noir britannico. La scrittrice riesce a ripercorrere la miglior tradizione del genere letterario, ma con grande originalità. I suoi personaggi si muovono con agilità in un contesto complesso e garbatamente tetro. Freeman, lo chef, Marquand, il medico affermato, Leyton, rampante avvocatessa spinta in tutti i sensi, Godwin il barista alla moda nella Londra che conta. Su tutti veglia l’investigatrice lesbica Saz Martin, che tra l’altro è alle prese con la maternità della sua compagna Molly, che sembra tutt’altro che isterica, visto che lo sperma glielo ha fornito un amico gay. Le loro vite trascorrono indipendenti ed estranee, ma sono accomunate da un unico mistero. Come ogni noir che si rispetti, questo libro non segue uno schema predefinito, ma i dubbi e tutte le situazioni incasinate si risolvono o non si risolvono nelle stesse esistenze dei personaggi che le animano. Un racconto che affonda nella palude dei sentimenti e dei conflitti ancestrali, avvolto nelle colpe dei genitori e sul più inconcepibile dei furti.

VOICE CENTER QUANDO LA PRECARIETÀ FA SORRIDERE

PIERLUIGI CIOCCA IGNAZIO MUSU ECONOMIA PER IL DIRITTO

JEAN BERNARD PFARRERBLOCK

NORMAN MANEA LA QUINTA IMPOSSIBILITÀ.

ADAM MICHNIK IL POGROM

GIUSEPPE SOTTILE NOSTRA SIGNORA DELLA NECESSITÀ

STELLA DUFFY, CARNE FRESCA

ZELDA ZETA VOICE CENTER

BIJAN ZARMANDILI L’ESTATE È CRUDELE

Einaudi, 2006

Marsilio, 2006

Cairo publishing, 2007

Feltrinelli, 2007

Bollati Boringhieri, 2006

San Paolo, 2006

Il Saggiatore 2006

Bollati e Boringhieri, 2007

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STORIE D’AMORE AI TEMPI DELLO SCIÀ Galeotta fu l’estate romana del 1960. Due ragazzi iraniani, Parviz e Maryam, attivisti contro il regime dello scià, si incontrano e si innamorano. Potrebbero vendervi l’improbabile Microturby, Il destino incombe, però, l’elettrodomestico multifunzione in grado su quell’amore: Parviz viene di soddisfare le casalinghe più frustrate (in tutti richiamato in patria dal partito, i sensi). Ma anche l’abbonamento a Gioiabella ma promette a Maryam che si o un contratto con la Firetel. Sono i giovani rivedranno in patria, a Teheran. e non del Voice Center, “il call center della Non si puo’ dire però quando città”. Disposti su cinque piani di vetro fumé, e soprattutto se si rivedranno. intrappolati nelle loro postazioni, portano Parviz, dopo un viaggio le cuffie come se fosse un’aureola di santità, rocambolesco che lo porta un alone fosforescente che suggerisce in Germania, Turchia e infine una parola: precarietà. in Kurdistan arriva a casa. La faccia antipatica strozzata da un nodo Per molto tempo però Maryam, di cravatta impeccabile nasconde un’esistenza che a sua volta è tornata in Iran fragile, quella di Andrea/Dream-men alle prese dove lavora come medico con una malattia che lo scollega a tratti in un ospedale, non saprà dalla realtà; poi c’è Gilda che sceglie di lavorare più nulla di lui. I controlli della al call center per risolvere il suo problema Savak sono rigidi e impongono con l’obesità e si ritrova a vendere le migliori la massima prudenza. conserve di Roccafloscia. I personaggi bizzarri Il ritrovarsi di Parviz che popolano il Voice Center hanno in comune e Maryam segna l’inizio di una uno spazio fisico, un telefono, un monitor breve stagione nel corso della e le frustrazioni di esistenze incerte negli affetti quale sembra che il loro amore, e ancora di più nel lavoro. Il libro racchiude reso ancora più saldo da una nella cornice del luogo simbolo della precarietà, fede politica sentita come racconti dalle trame solide, dalle storie irrinunciabile ideale, possa esilaranti ma anche tragiche, a tratti non soccombere all’odio paradossali, sempre e comunque specchio e alla ferocia. La nascita del figlio di un’umanità varia. Keivan accende una speranza Voice Center è l’esordio letterario di Zelda nel finale tragico, in un’estate Zeta, pseudonimo che “nasconde” tre autori: iraniana tanto crudele quanto Pepa Cerutti e Chiara Mazzotta e Antonio Spinaci. dolce era stata quella italiana.

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IL FOTOGRAFO CHE SI OPPOSE ALL’URSS Questo era un libro atteso da oltre 10 anni. Raccoglie le varie tappe dell’opera dell’ex cecoslovacco Josef Koudelka. Figlio di operai, Koudelka trascorre gran parte dell’adolescenza in campagna, sviluppando quella sensibilità che poi caratterizzerà i suoi scatti. Le sue passioni adolescenziali, musica e aeronautica, lo accompagneranno per tutta la vita. È il fotografo delle grandi distese dell’Est europeo, dei contadini, dei gitani. È anche il fotografo che meglio di tutti ha documentato la primavera di Praga nel 1968. Sono sue le foto degli studenti armati di fiori di fronte ai carri armati sovietici nella città insorta. Il suo è un occhio straordinario che nel 1970 gli vale il “Robert Capa Memorial Award”. Koudelka lascerà Praga nel 1970, per iniziare un esilio volontario e girovagare per il mondo. La sua “rabbia di vedere” è unica e fuori del comune; le sue immagini, di grande compostezza formale, appaiono fuori dal tempo, senza altri riferimenti cui agganciarsi. Ognuna di queste testimonia la vicinanza e la profondità della sua esperienza esistenziale. Il suo stile si impone per pulizia e rigore dell’immagine, senza perdere l’umanità che scaturisce dai soggetti ritratti.

IL MONDO DELLA PIOGGIA E IL PAESE DEGLI ULTIMI

JOSEPH KOUDELKA. KOUDELKA

AMONIKA BULAJ REBECCA E LA PIOGGIA

Contrasto, 2007

Frassinelli, 2006

Il mondo della pioggia comincia di colpo. Lo vedi dall’aereo arrivando dal Mediterraneo. A Nord un mare di deserto pietroso, più pietroso del Sahara. In mezzo divaga il Nilo, senza rendere fertile nulla, con una cornice minimale di verde coltivato che diventa istantaneamente sterile. È la terra estrema degli arabi, degli uomini vestiti dalla testa alle caviglie. Questo è il mondo della pioggia fotografato da Monika Bulaj. Il Sudan è una terra che ha il più grande numero di profughi che lottano tra loro per un pugno di sorgo, per l’accaparramento o il controllo di un fiume di aiuti umanitari che diventano la forma più perversa del divide et impera. Nella regione del Darfur è questo che accade. “Qui tutto ha dimensioni bibliche. Durante la guerra due dei miei missionari hanno camminato per 1.500 chilometri con centomila giovani in fuga verso l’Etiopia. Hanno attraversato il Nilo a nuoto e a guado, molti profughi sono morti. Poi quei centomila hanno tentato di rientrare sulla stessa strada, ma sono stati bombardati e obbligati a ceracre rifugio in Kenya. E i miei missionari hanno viaggiato sempre con loro” racconta monsignor Cesare Mazzolari, missionario comboniano e vescovo di Rumbek nell’alto Nilo, a Paolo Rumiz nell’intervista che apre il libro. Eppure queste foto ci rimandano anche una quotidianità quasi normale, fatta di donne, bambini e animali. Un segno di speranza, un monito per il futuro.

FACCE ALLA RICERCA DI UNA NUOVA BELLEZZA

LO STATO DEL MONDO CHE CAMBIA

CORTISONICI DA TUTTO IL MONDO IN CONCORSO

Lo hanno scolpito in sala operatoria, lo hanno privato della sua sostanza, lo hanno mercificato e poi santificato. È stato disegnato con le moderne tecniche del tatuaggio, scarnificato e trafitto di piercing. Negli ultimi decenni Il corpo umano è stato mezzo e luogo per la battaglia dell’arte contemporanea. Ogni dolore interno viene mostrato all’esterno come una ferita. Ora il ritratto s’impone come nuovo limite, terreno di confronto e scontro di stili e tendenze, tra documentazione e ricerca artistica. Viso androgino e sguardo allucinato, tirato, gonfiato, dilatato. Il viso cambia sotto le necessità di una “perenne bellezza” e le possibilità tecniche della chirurgia estetica. Non sorprende quindi, che anche gli artisti e i fotografi cerchino di “manipolare” la propria idea del volto umano per trovare nuovi significati e nuove modalità espressive più in linea con la vita contemporanea. Un percorso visivo unico, tra immagini più o meno note, per indagare le frontiere dell’arte e dell’espressione contemporanea.

Il mondo non è più lo stesso e lo testimoniano con questo lavoro i fotografi e i cronisti della Reuters, sempre presenti dove c’è la notizia. Dall’inizio dell’anno ne sono morti nove, caduti per testimoniare la loro presenza nella storia e per trasmetterla alla gente. L’ingresso nel XXI secolo ha determinato un cambiamento in politica, economia, scienza, religione e ambiente, quasi tutto è cambiato, tranne che il dolore generato dalla guerra. La caduta del muro di Berlino sembrava annunciare l’inizio di un’epoca nuova, dove la pace fosse l’elemento dominante. È arrivato però l’11settembre, a cui sono seguite la guerra in Afghanistan e quella in Iraq. E il conflitto per il controllo dell’economia si è confuso con lo scontro delle culture. Lo squilibrio economico esclude dal progresso e dal benessere miliardi di persone nei paesi in via di sviluppo, condannandoli a vivere nella povertà, esposti a carestie e corruzione. Il nuovo millennio ha anche portato qualcosa di buono. I rapidi progressi tecnologici promettono soluzioni a molti problemi.

Dal 7 al 10 marzo si terrà a Varese la fase finale di “Cortisonici” festival dedicato al cortometraggio. Quest’anno sono arrivate alla segreteria del concorso 200 opere e 100 piccoli film per la sezione “Cortisonici ragazzi”. Molti i film stranieri presenti, provenienti soprattutto dalla Spagna, Inghilterra e Stati Uniti. Sono una ventina i lavori selezionati per le serate finali. Tra le novità del 2007 c’è anche l’introduzione della giuria popolare e l’invito alle scuole superiori a una mattinata di proiezione di corti professionali, alla presenza di registi ed esperti. Immancabile l’approfondimento, con una tavola rotonda sulle nuove tecnologie. Anche quest’anno ci sarà uno spazio dedicato alla proiezione del fuori concorso “Inferno”, sezione curata dal critico cinematografico Mauro Gervasini, dove verranno approfonditi i diversi generi del cinema, dal noir all’horror, dal poliziesco all’hard. Una sezione particolare sarà dedicata al cinema spagnolo, con sette produzioni di taglio breve. La serata inaugurale del festival sarà aperta da un musical anni Sessanta.

WILLIAM A. EWING FACCIA A FACCIA

Contrasto, 2007

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REUTERS LO STATO DEL MONDO

Contrasto, 2006

www.cortisonici.org

IL CORTOMETRAGGIO LO PUOI COMPRARE ANCHE IN LIBRERIA “Corti in Libreria” è un progetto dedicato alla promozione del cortometraggio artistico, in alternativa ai festival, alle sale e alle videoteche. La considerazione di partenza è che i cortometraggi non possono funzionare se offerti come alternativa al cinema classico, tramite la distribuzione di home video, e tantomeno come supporto dei film nelle sale. Ecco allora l’idea di distribuire i cortometraggi nelle librerie, sotto forma di compilation dvd. Le pubblicazioni sono organizzate in tre suite distinte: verde, nera e viola. Si tratta di distinzioni emozionali che, secondo gli autori del progetto, nascono dalle impressioni che ogni opera lascia nei primi momenti seguenti la visione. Una suddivisione dei cortometraggi è ncessaria, perché le opere hanno tendenze molto diverse tra loro. Nella suite nera rientrano corti di di tendenza introspettiva, in cui viene messa in discussione la “percezione media” della realtà: tendenza thriller, horror, fantasy, noir. Nella suite verde rientrano i cortometraggi che, in modo non traumatico anzi spensierato si rapportano alla realtà. Nella suite viola, rientrano invece i lavori di tendenza artistica, nei quali il linguaggio tipico del cinema viene messo in discussione, decostruito, manipolato.

www.cortininlibreria.net

multimedia

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PIRANDELLO SU DVD A 70 ANNI DALLA MORTE

STUDIO AZZURRO L’EMOZIONIE TECNOLOGICA

L’opera di Luigi Pirandello, scrittore e drammaturgo, per la prima volta sarà disponibile in dvd. L’iniziativa è di Rai Trade e Fabbri Editore, in occasione dell’anniversario della morte dello scrittore avvenuta 70 fa. La raccolta contiene le rappresentazioni teatrali del drammaturgo trasmesse dalla radio televisione italiana tra gli anni ‘60 e ‘90, restaurate e digitalizzate dagli archivi storici. Ogni dvd contiene anche una serie di contenuti extra: interviste, filmati di repertorio, commenti. I dvd saranno disponibili in edicola. La prima uscita è “Così è (se vi pare)”, in tutto saranno 20 dvd ognuno dei quali introdotto da Maurizio Giammusso, giornalista e critico teatrale, già curatore per Rai Tre nel 1986 di una lunga stagione di commedie pirandelliane. Si potrà così rivivere anche una straordinaria stagione delle televisione italiana con attori del calibro di: Romolo valli, Rossella Falk, Paolo Stoppa, Vittorio Gassman, Carlo Giuffrè, Mariangela Melato, Massimo Ranieri, Lea Massari.

Da New York a Tokyo passando per tutte le capitali europee, non c’è grande museo che non abbia dedicato loro una mostra, un evento, una retrospettiva. Il motivo? Perché alcune loro opere, come “Il nuotatore” o gli “Ambienti sensibili”, sono considerate dei classici e hanno semplicemente cambiato la storia dell’arte contemporanea. Sono pochissimi gli artisti italiani che negli ultimi venti anni sono stati premiati e copiati come Studio Azzurro. Il successo è frutto della loro straordinaria capacità di emozionare con la tecnologia: videoambienti, ambienti sensibili e interattivi, performance teatrali e film. Studio Azzurro indaga le possibilità poetiche ed espressive di questi mezzi che così tanto incidono nelle nostre vite. Il doppio dvd, curato da Bruno Di Marino, è una selezione delle opere più significative di Studio Azzurro e un catalogo completo e aggiornato di tutti i loro lavori. A CURA DI BRUNO DI MARINO STUDIO AZZURRO, MEMORIE MATERIALI E MAPPE

Feltrinelli, 2007

A CURA DI MAURIZIO GIAMMUSSO AL TEATRO CON PIRANDELLO

Rai Trade Fabbri Editori, 2007

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stilidivita

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NASCE M-COMMERCE PRIMO TEST CON DRINK I MICROCHIP DELLE MUCCHE RICICLATI PER GUIDARE I NON VEDENTI

Si chiama “bCode Drinks”ed è un’idea che sta conquistando l’Australia. Se dovete festeggiare compleanni, anniversari e date con un buon bicchiere, ma lui o lei sono lontani, allora è sufficiente collegarsi al portale (www.bcode.com/bCodeDrinks) per ordinare birre, aperitivi e tutto ciò con cui si vuol brindare con l’amico, il fidanzato, il parente che non puo’ essere fisicamente con voi. Il destinatario del brindisi riceverà un sms che contiene un codice a barre telematico. A questo punto non dovrà fare altro che andare in uno dei tanti bar e locali convenzionati con bCode. Il suo telefono portatile verrà passato sopra uno scanner, che leggerà e trasferirà su uno schermo gigante il messaggio da parte del mittente: una foto, un video o un semplice messaggio di testo che potrà essere accompagnato da un calice di buon vino o qualsiasi altra bevanda prescelta. Secondo la bCode, società australiana specializzata in servizi di telefonia mobile, la tecnologia creata, rivoluziona e supera il concetto di e-commerce, perché mette fisicamente il cliente davanti alla merce. Le applicazioni sarebbero infinite e il termine coniato per questo tipo di transazione è “m-commerce”. | 72 | valori |

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I microchip delle mucche per guidare i ciechi. L’idea è venuta a un ricercatore del Ccr di Ispra che li ha ritirati, gratis, in un macello civico di Roma. Si tratta delle capsule che servono all’anagrafe bovina per rendere rintracciabile l’animale. Sono state installate in un percorso a Laveno Mombello, un paese che si affaccia sul Lago Maggiore, per circa un chilometro, dalla stazione alla fine del lungolago. Il sistema funziona così: il transponder emette un segnale, un bastone con antenna lo capta, un cellulare di ultima generazione lo codifica, un auricolare bluetooth lo trasforma in voce. Il costo medio dell’attrezzatura è di 500 euro. Il Ccr ha pensato a un percorso che permetta a un cieco di scendere dal treno e farsi una passeggiata sul lungolago, ma in futuro si pensa anche di fargli prendere il traghetto per andare a farsi un giretto sulla sponda piemontese. I ricercatori stanno creando una banca dati elettronica, con tutte le informazioni logistiche su Laveno, che prevede persino una descrizione del panorama quando ci si siede su una panchina, di fronte alle isole Borromee. Il costo per l’amministrazione locale si aggira sui 20mila euro. Una volta messi i microchip l’infrastruttura rimane, basta solo aggiornare il database con gli ostacoli sul territorio. Al progetto “Sesamonet” hanno partecipano Marco Sironi (capoprogetto del Ccr), Graziano Azzalin (funzionario Ue), Marcello Barboni (ricercatore dell’università di Genova), Francesco Rizzo (ricercatore dell’università La Sapienza di Roma), Paolo Timossi (ricercatore università di Genova).

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ENERGY REVOLUTION, RISPARMIARE SI PUO’

DONNE DEL SUD CON SALUTE A RISCHIO

I CELLULARI COME BUSSOLE MODERNE

Greenpeace chiede un piano per incentivare l’efficienza energetica in Italia. Lo chiede presentando uno studio condotto dal gruppo sull’efficienza del dipartimento di Energetica del Politecnico di Milano. “Energy Revolution” dimostra che basterebbe incentivare le tecnologie di risparmio energetico, già disponibili, per centrare l’obiettivo, indicato dalla Ue, e ridurre entro il 2020 le emissioni di anidride carbonica del 20%. La soluzione? Sostituire gli impianti ad alto consumo (come motori elettrici e sistemi di illuminazione) con altri più efficienti e già disponibili sul mercato di cui si conoscono i costi, porterebbe a un risparmio energetico di 103 miliardi di chilowattora (l’equivalente prodotto da 14 centrali da mille MW l’una), pari a 50 milioni di tonnellate di gas serra in meno. Non solo: una politica fondata sullo sfruttamento del risparmio potenziale avrebbe ricadute positive anche in termini economici: i benefici ricadrebbero per il 47% sull’industria, per il 33% sul terziario, per il 7% sull’amministrazione pubblica e per il 13% sui consumi domestici.

Il Sud Italia non gode di buona salute a causa dei cattivi stili di vita. Lo rivela il rapporto Osservasalute 2006, il rapporto sullo stato di salute e la qualità dell’assistenza nelle regioni italiane, presentato all’università Cattolica di Roma. Il problema principale è rappresentato da due fattori: la progressiva sostituzione della dieta mediterranea e una lotta al fumo non adeguata. Fatta eccezione per Sardegna e Molise, tutte le regioni del sud hanno tassi di mortalità a causa del diabete superiori alla media nazionale. Anche per le malattie tumorali si segna un progressivo avvicinamento del meridione, tradizionalmente meno colpito, rispetto al nord. Particolarmente a rischio sono le donne: fumatrici, troppo sedentarie, sovrappeso e scarsamente sensibili alla prevenzione. Tra le donne meridionali sono in aumento i fattori di rischio per le malattie cardiovascolari e per i tumori. Anche in questo caso c’è un’eccezione rappresentata dalla Basilicata che ha il più basso tasso in assoluto di mortalità per il tumore alla mammella. Gli screening mammografici in questa regione raggiungono un tasso del 119,1%.

Il Gps entra di peso nella telefonia cellulare e le avvisaglie degli scorsi due anni sul mapping e biomapping escono dalle sale dei convegni hacker e delle gallerie d’arte per entrare nelle grandi linee di produzione delle corporation del settore hi-tech. Il futuro della telefonia mobile sarà non solo essere tracciati, come già accade, ma nel poter tracciare. O banalmente, nel potersi orientare senza il navigatore satellitare che sembrava voler condannare ad un labirintico perdersi solo pochi, inguaribili romantici ritardatari. Il Gps entra nel comune telefonino (debutta con Nokia ma già SiRF Technologies annuncia una serie di prodotti analoghi per altri produttori), consentendo di coniugare la cartografia alle funzioni comunicative che restano prerogativa della telefonia mobile. I chip con Gps potranno essere inseriti a breve anche nelle apparecchiature fotografiche, collocando nello spazio i ricordi turistici, all’insegna di una diffusa tendenza alla catalogazione. Nei settori dell’assistenza medica e nel no profit in aree di crisi l’applicazione potrebbe riservare maggiori evidenze di utilità.

GUERRIGLIA MARKETING DI GREENPEACE CONTRO IL SILENZIO SUI MUTAMENTI CLIMATICI «Non si tratta semplicemente del futuro. Si tratta anche del mio futuro». Il volto del ragazzino è estremamente serio mentre pronuncia queste parole dagli schermi interattivi installati nei punti cardine della capitale parigina. La massiccia operazione di comunicazione ha coinvolti tutti le risorse della comunicazione non tradizionale: stickering, guerriglia marketing, affissione di bande sui corrimano, campagna di invio di messaggi a catena tramite il sito www.its-not-too-late.com, dal quale è possibile inviare a cinque destinatari una newsletter settimanale in cui è indicato l’obiettivo dell’azione della settimana contro il silenzio sul riscaldamento globale del pianeta. «Il mondo scientifico è concorde nel ritenere che un aumento di 2 gradi della temperatura del pianeta avrebbe conseguenze devastanti» scrivono gli autori della campagna, invitando in particolare gli elettori a fare pressioni sui futuri candidati alla Presidenza perchè si esprimano con chiarezza su questo tema. Di grande impatto, oltre allo striscione issato sulla Tour Eiffel (più classicamente in stile Greenpeace), l’innovativo utilizzo di alcune facciate interattive che sono state posizionate in punti di enorme passaggio. Il primo piano del ragazzo che con voce ferma ripete chiama in causa il silenzio e l’indifferenza degli adulti ha colpito nel segno. Decine di passanti si sono fermati sotto gli schermi formando piccoli capanelli e chiedendosi di cosa parlasse quel ragazzino emaciato ma così simile, probabilmente, ai loro stessi figli.

future

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COLLOQUI DI LAVORO MOLTO VIRTUALI

LE TENDENZE COME NUOVA FORMA DI TURISMO

Second Life è sempre più terreno di conquista per nuovi business. La terra virtuale in cui è possibile far muovere uno o più propri “doppi virtuali” (avatar), dopo l’apertura delle sedi delle maggiori brand internazionali, si apre ora al mercato del lavoro (reale) con una filiale di “cacciatori di teste” della MP Worldwide, società specializzata in selezione del personale e Interactive advertising. I colloqui di lavoro si potranno effettuare su Second Life. La società statunitense sfrutterà il suo negozietto virtuale per organizzare vere e proprie “job fairs”: gli utenti potranno partecipare con il loro avatar e candidarsi per posti di lavoro nel mondo reale. L’iniziativa ha un valore essenzialemente di propaganda e comunicazione, come molte delle iniziative su Second Life che ha una propria economia e una moneta (linden) che viene regolarmente cambiata in dollari tramite il servizio di aste online Ebay. I colloqui di lavoro si svolgeranno fra avatar tramite il sistema di instant messaging integrato nella piattaforma di Second Life. Prima del colloquio saranno controllati i dati del candidato per la sua identificazione.

L’esplorazione della città con guide insider, capaci di indicare i segnali della strada e raccordarli alle tendenze che verranno. Dopo il turismo archeologico-industriale, debutta il turismo di ricognizione delle nuove tendenze. Berlino, capitale europea che si propone come culla di nuovi fenomeni di tendenza, è un laboratorio ideale per coniugare un accessibile volo low cost, un ostello di tendenza e un tour dai costi contenuti che promette di allargare la percezione del lifestyle contemporaneo. La proposta è del team di Styles Report Berlin, autori di un blog in italiano e tedesco sulle novità nei settori moda e design. I tour proposti vanno da un connubio molto importante per i berlinesi (“etica ed estetica”, un percorso tra le architetture di regime) ad un tour interamente dedicato alle frontiere del lifestyle (“dalle subculture ai nuovi trend”). Scopo non secondario della visita guidata è quello di offrire una mediazione culturale e linguistica per permettere la percezione di una capitale orgogliosa di uno stile di vita che vorrebbe coniugare attenzione al bello, all’ecologia ed ai diritti di genere e della persona.

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| globalvision |

di Alberto Berrini

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ON È REALISTICO ASPETTARSI CHE LE CONDIZIONI ORDINATE, oggi prevalenti sui mercati, possano durare per sempre.

È per questo motivo che da più parti si auspica una maggiore collaborazione internazionale, non soltanto per avviare un graduale superamento degli squilibri globali, ma soprattutto per irrobustire l’infrastruttura finanziaria mondiale. Non sappiamo da dove verrà la prossima crisi; dobbiamo far di tutto per essere preparati». Queste parole pronunciate dal Governatore della Banca d’Italia Draghi il 3/2/07 al Forex di Torino non hanno avuto certo un gran peso al recente G7 di Essen in Germania. Sono infatti ancora i mercati finanziari internazionali a “menare la danza». Il meeting dei ministri finanziari e Governatori centrali del G7 doveva affrontare (ma poi non lo ha fatto) la questione dello yen: con la debolezza della sua valuta il Giappone sostiene la precaria ripresa attraverso le esportazioni. La Banca centrale del Sol Levante favorisce questo processo mantenendo il tasso di interesse allo 0,25% (contro il 3,50% dell’Europa ed il 5,25% degli USA) con l’ulteriore scopo di mantenere poco costoso il pesante debito pubblico. Fino qui niente di strano. Se la partita dei cambi si giocasse secondo le regole dell’economia tradizionale (la finanza rispecchia l’economia reale) il costante surplus della bilancia dei pagamenti giapponese e le conseguenti immense riserve valutarie che da tale surplus derivano, implicherebbero uno yen forte. La realtà dell’attuale capitalismo finanziario è però ben diversa. Il notevole differenziale tra il livello dei tassi giapponesi e quelli internazionali ha scatenato i “carry trader”, società finanziarie che comprano (= si indebitano) nella moneta che paga tassi più bassi, per vendere (= investire) in altre monete che pagano tassi più Lo yen dovrebbe essere alti. Ciò implica un deprezzamento dello yen (moneta a questo punto forte. Invece è debolissimo. più venduta che comprata) favorendo ulteriormente la speculazione non Perché i carry trader solo sul differenziale dei tassi ma anche in conto capitale. I “carry trader” si indebitando in valuta sono uno strumento di moltiplicazione della liquidità mondiale sotto nipponica e speculano forma di finanziamento di Paesi deficitari ma con tassi di interesse in altre monete più favorevoli per i mercati finanziari. Ma tale finanziamento è di natura speculativa e può immediatamente arrestarsi, per poi invertirsi, allorché il differenziale dei tassi (in gergo lo spread) tende a ridursi o addirittura ad annullarsi. Ovviamente l’attuale “caso yen” è purtroppo solo un esempio, per quanto attuale e di vasta portata. Un altro esempio attuale riguarda il ruolo degli hedge funds, fondi di investimento di natura speculativa che avendo raggiunto sui mercati internazionali dimensioni notevoli cominciano ad allarmare le autorità di vigilanza. Ci siamo beccati la “nuova economia”: adesso è venuto il momento della “nuova finanza”. E gli effetti di tale tipo di economia non riguardano solo l’instabilità finanziaria ma anche vi sono importanti ripercussioni di tipo distributivo. In altre epoche un’espansione di liquidità, come quella a cui stiamo assistendo, avrebbe comportato inflazione: troppa moneta a caccia di pochi beni. Oggi la globalizzazione ha impedito tensioni sui prezzi perché le economie emergenti hanno fornito ai Paesi sviluppati una grande quantità di merci a basso prezzo. Gli effetti distributivi di un tale fenomeno sono ben evidenti. Pressione al ribasso sui salari dei lavoratori del manifatturiero della parte economicamente sviluppata del mondo. Un deciso aumento dei prezzi di tutti i beni patrimoniali (azioni, immobili) cioè di quei beni la cui offerta non può strutturalmente crescere con facilità. Dunque più remunerazione alle rendite, meno al lavoro con rischio di bolle e recessioni da sottoconsumo.

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1989-1991 Con il crollo del Muro di Berlino e la fine dell'Urss si conclude la Guerra fredda e la corsa agli armamenti

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2001 L'attacco alle Torri gemelle spinge la spesa militare antiterrorismo

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2004 L'India lancia un programma di acquisti militari. Prime manovre navali congiunte con la Cina

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Mille miliardi di dollari per strumenti di morte

lancio del Pentagono, viene la Gran Bretagna, al quinto la Cina TATI UNITI, EUROPA E RUSSIA CLIMATICI sono tornati in fore al nono la Russia, con cifre considerevoli giudicate però dagli ze come fornitori sul mercato delle armi. Il comesperti molto opache e che, nel caso russo, alcuni accreditati mercio di armi non è mai stato florido come adesso, analisti tendono a raddoppiare. L’Ialimentato da budget militari che IL MERCATO DELLE ARMI [Dati in milioni di dollari a prezzi costanti 1990] talia è, formalmente, decima. Senel 2004 hanno superato i mille miCHI ACQUISTA DI PIÙ Periodo 2001-2005 Altri condo il Sipri, l’export di armi conliardi di dollari, con una crescita co8.506 Francia venzionali (piccoli calibri esclusi, stante avviata nel 1996 e che ormai 8.573 Russia Svezia compresa l’artiglieria sotto i 100 ha portato nel 2006 la spesa milita28.982 1.760 Germania millimetri, di difficile rilevazione re - cresciuta del 34% tra il ‘96 e il 5.603 per il Sipri) ha toccato nel 2005 i 25 2005 - a un soffio dal livello degli ulItalia 1.858 miliardi, a dollari costanti 1990. I timi anni della Guerra Fredda. G. Bretagna 3.933 Olanda cinque maggiori Paesi fornitori Allora gli Stati Uniti acceleraro1.868 USA monopolizzavano nell’82, anno reno, e l’Urss crollò. Oggi sono Cina, Ucraina 28.236 Canada 2.226 cord per le vendite di armi convenIndia e Arabia Saudita a registrare i 1.971 zionali, oltre l’80% del totale (erapiù forti incrementi di spesa, in un FORNITORI no nell’ordine Urss, Usa, Francia, quadro dominato sempre dagli StaGran Bretagna e Italia) e vendevati Uniti con 478 miliardi di dollari Iran Grecia India 2.143 6.105 no soprattutto in Medio Oriente. nel 2005, oltre 441 nel 2006, 463 9.355 Egitto Oggi i primi cinque (Russia, Usa, nel 2007 e una richiesta presentata 2.901 Corea del Sud Francia, Gran Bretagna e Olanda) di 481 miliardi per l’anno fiscale 2.561 hanno sempre l’80% del mercato, 2008 (escludendo i costi per Iraq e Cina dimezzato rispetto a 25 anni fa, ma Afghanistan che saranno di 142 Turchia Israele 13.343 2.800 2.873 in crescita costante da anni, e con miliardi). È americano il 48% delle uno spostamento della clientela spese mondiali per la difesa. Al sedal Medio Oriente all’Asia. condo posto, con un decimo del bi-

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FONTE: SIPRI ARMS TRANSFER DATABASE

Il G7 balla la danza dei mercati finanziari

FONTE: SIPRI ARMS TRANSFER DATABASE

Valute e dintorni

LA SPESA MONDIALE Dati in milioni di dollari a prezzi costanti 2003

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| numeridell’economia |

Il giochino giapponese continua a gonfiare i dati ESPANSIONE DELL’ECONOMIA nip-

L’

ponica nel 2006 a un tasso del 2,2% (contro l’1,9% del 2005) rende probabile il superamento dell’obiettivo ufficiale dell’1,9% nell’esercizio fiscale che si chiuderà a marzo. Tanto più se dovesse confermarsi la sospirata ri-

presa dei consumi, che nel quarto trimestre 2006 sono aumentati dell’1,1% dopo essere scesi della stessa percentuale nei tre mesi precedenti. Sempre molto robusti gli investimenti delle imprese, che crescono a un ritmo doppio rispetto all’export e hanno fatto segnare nel 2006 un massimo sto-

SPESA PUBBLICA DIRETTA IN CULTURA IN EUROPA [dati In milioni di euro] 2.000 5.100

rico. Il rimbalzo di fine anno dei consumi – assieme a una nuova espansione degli investimenti e delle esportazioni – ha provocato un aumento del Prodotto interno lordo del 4,8% annualizzato nell’ultimo trimestre 2006, pari alla maggiore crescita da quasi tre anni.

8.000

1.880

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Norvegia

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Svezia

3.000 5.100

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1.890 gna

G. Breta

Olanda

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Belgio

LE NAZIONI EMERGENTI

FONTE: ELAB. DIR. STUDI E RICERCHE TCI SU DATI SISTAN MIBAC

III II II II II III II II II II II II II II II I II II II II II II II

PRODUZIONE INDUSTRIALE

Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Agosto Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre Trimestre

+14,7 +11,4 +6,2 +3,6 -7,0 +7,6 +16,3 +2,1 +5,0 +6,6 +1,3 -2,6 +12,5 +5,0 +9,9 +12,7 +4,0 +8,1 +1,9 +4,0 +5,8 +11,8 +11,7 +4,1

Ott. Sett. Ago. Sett. Ago. Sett. Sett. Sett. Sett. Sett. Sett. Sett. Ago. Sett. Ago. Ago. 2005 Ago. Sett. Sett. Sett. Sett. Sett. Sett.

PREZZI AL CONSUMO

+1,4 +2,1 +6,3 +3,3 +5,4 +0,4 +2,1 -1,2 +2,8 +10,4 +3,3 +2,1 +4,2 +4,3 +1,9 +8,7 +9,6 +1,3 +5,3 +10,0 +2,7 +6,3 +1,2 +9,2

BILANCIA COMMERCIALE

Ott. Sett. Sett. Sett. Ott. Sett. Ott. Ott. Ott. Sett. Ott. Ott. Ott. Ott. Ott. Ott. Sett. Sett. Sett. Ott. Sett. Ott. Ott. Ott.

+155,2 Ottobre -42,0 Settem. +37,0 Settem. +28,6 Settem. -4,1 Agosto +33,7 Settem. +14,9 Ottobre +21,7 Ottobre -1,2 Settem. +11,5 Settem. +46,3 Settem. +21,2 Ottobre +0,7 Luglio -5,3 Settem. +8,0 Settem. +37,2 II Trimestre -11,2 I Trimestre -7,6 Ottobre -7,6 Settem. -51,4 Settem. +1,8 Settem. - 3,1 Settem. -3,6 Agosto +142,7 Settem.

3,00 6,63 10,18 3,75 6,13 3,44 4,61 1,84 5,25 10,44 13,67 5,16 6,70 7,04 4,45 10,24 9,49 5,26 8,85 19,39 2,64 8,25 5,60 11,500

GLI INTROITI PER REGIONE [valori in migliaia di euro]

Lazio

35.807

Emilia Romagna

815

Sardegna

227

Campania

25.187

Marche

760

Abruzzo

161

Toscana

20.996

Friuli Venezia Giulia

575

Basilicata

126

Lombardia

3.943

Puglia

474

Liguria

93

Veneto

2.586

Umbria

418

Molise

20

Piemonte

1.494

Calabria

290

Trentino Alto Adige

ITALIA

ANNO 7 N.47

Francia

TASSI INTERESSE

0

Italia Spagna

LE PREVISIONI SUI PAESI RICCHI PAESE

Australia Austria Belgio Gran Bretagna Canada Danimarca Francia Germania Italia Giappone Olanda Spagna Svezia Svizzera Stati Uniti Area Euro FONTE: ELAB. DIR. STUDI E RICERCHE TCI SU DATI SISTAN MIBAC

PIL

Cina +10,4 India +8,9 Indonesia +5,2 Malesia +5,9 Filippine +5,5 Singapore +7,1 Corea del Sud +5,3 Taiwan +4,6 Tailandia +4,9 Argentina +7,9 Brasile +1,2 Cile +4,5 Colombia +6,0 Messico +4,7 Perù +9,2 Venezuela +9,2 Egitto +5,9 Israele +6,2 Sud Africa +3,6 Turchia +7,5 Repubblica Ceca +6,2 Ungheria +3,8 Polonia +5,5 Russia +7,4

| 76 | valori |

ia German

Austria

PAESE

FONTE: ELABORAZIONE DATI SU COMMISSIONE EUROPEA

| numeridell’economia |

PIL MIN/MAX 2006

MIN/MAX 2007

2,3/3,7 1,8/2,4 1,7/2,5 1,7/2,6 2,7/3,4 2,5/3,3 1,5/2,2 1,5/2,2 1,0/1,5 1,9/3,5 1,6/3,1 2,8/3,5 3,0/4,1 1,7/2,8 2,8/3,9 1,8/2,4

2,7/3,9 1,2/2,2 1,6/2,2 1,9/2,8 2,6/3,1 2,0/3,1 1,6/2,4 0,2/2,1 0,6/1,7 1,4/3,8 1,4/2,4 2,4/3,1 2,5/3,1 0,9/2,5 2,4/3,5 1,3/2,4

INFLAZIONE MEDIA 2006

MEDIA 2007

3,2 2,3 2,4 2,4 3,2 2,7 2,0 1,7 1,3 3,0 2,2 3,3 3,6 2,8 3,4 2,2

3,3 2,0 2,0 2,5 2,9 2,3 2,0 1,3 1,1 2,4 2,1 2,8 2,9 2,0 2,7 1,8

2006

2,9 2,0 2,2 1,9 2,1 1,9 1,7 1,6 2,1 0,3 1,5 3,3 1,4 1,1 2,9 2,1

2007

BILANCIO STATALE (IN % DEL PIL) 2006 2007

2,7 1,8 1,9 1,9 2,2 1,9 1,6 2,3 1,9 0,6 1,5 2,8 1,9 1,2 2,3 2,1

-5,4 +0,2 +2,2 -2,3 2,0 2,9 -1,3 3,9 -1,5 3,7 5,2 -6,9 6,7 13,1 -6,8 -0,1

-4,0 +0,2 2,3 -2,3 1,4 2,7 -1,1 3,9 -1,4 3,5 5,1 -7,0 6,3 12,4 -6,8 --------

VACANZE E CULTURA

24,1

60,8

0,3%

536

I VISITATORI IN MILIONI

GLI INTROITI IN MILIONI DI EURO

QUOTA DEL PIL IN PERCENTUALE

FONDI IN FINANZIARIA IN MILIONI DI EURO

Persone che hanno visitato musei e aree archeologiche in Italia da gennaio ad agosto 2006. In aumento del 2,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Ricavi dalle vendite dei biglietti per le visite a musei e siti archeologici in Italia nei primi otto mesi dell’anno scorso (+7,7%).

Le risorse per la cultura in rapporto al prodotto interno lordo italiano. Ma il turismo in quanto tale vale ben il 12% del Pil italiano.

Le risorse del Ministero della cultura previste dalla Legge Finanziaria del 2007. Cresce la domanda di una cabina di regia nazionale che coordini gli investimenti.

93.972

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ANNO 7 N.47

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| valori | 77 |


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indiceetico

| numeridivalori |

VALORI NEW ENERGY INDEX NOME TITOLO

ATTIVITÀ

BORSA

Abengoa Ballard Power Biopetrol Canadian Hydro Conergy EOP Biodiesel Fuel Cell Energy Gamesa Novozymes Ocean Power Tech Pacific Ethanol Phönix SonnenStrom Q-Cells RePower Solarworld Solon Südzucker Sunways Suntech Power Vestas Wind Systems

Biocarburanti/solare Tecnologie dell’idrogeno Biocarburanti Energia idroelettrica/eolica Pannelli solari Biocarburanti Tecnologie dell’idrogeno Pale eoliche Enzimi/biocarburanti Energia del moto ondoso Biocarburanti Pannelli solari Pannelli solari Pale eoliche Pannelli solari Pannelli solari Zucchero/biocarburanti Pannelli solari Pannelli solari Pale eoliche

Siviglia, Spagna Vancouver, Canada Zug, Svizzera Calgary, Canada Amburgo, Germania Pritzwalk, Germania Danbury, CT-USA Madrid, Spagna Bagsværd, Danimarca Warwick, Gran Bretagna Fresno, CA-USA Sulzemoos, Germania Thalheim, Germania Amburgo, Germania Bonn, Germania Berlino, Germania Mannheim, Germania Konstanz, Germania Wuxi, Cina Randers, Danimarca

CORSO DELL’AZIONE 31.01.2007

RENDIMENTO DAL 30.09.06 AL 31.01.2007

29,85 € 6,53 CAD 8,44 € 5,93 CAD 46,70 € 9,69 € 6,61 $ 20,95 € 494,00 DKK 85,00 £ 16,41$ 18,87 € 39,70 € 109,25 € 59,58 € 32,62 € 16,69 € 7,23 € 36,80 $ 252,50 DKK

31,56% -6,13% 1,69% 2,16% 22,60% -8,24% -15,39% 21,24% 10,13% 24,06% 13,85% 28,37% 22,91% 96,49% 37,50% 10,31% -14,32% -3,86% 38,78% 60,85%

+18,73% € = euro, $ = dollari USA, £= sterline inglesi, CAN $ = dollari canadesi, DKK = corone danesi

Vento e sole corrono in borsa di Mauro Meggiolaro ELOCE COME IL VENTO. Vola l’indice verde di Valori. Dopo quattro 4,75% mesi è già a +18,73% contro il +4,75% dell’Amex Oil Index, che Amex Oil Index [in Euro] misura il rendimento delle maggiori società petrolifere. A fare la 18,73% differenza sono le imprese dell’eolico e del solare. RePower, che produce turValori New Energy Index [in Euro] bine per sfruttare l’energia del vento, ha chiuso gennaio al primo posto, con Rendimenti dal 30.09.2006 al 31.01.2007 un rendimento del 96,5% da inizio gioco. Un record. Il mercato europeo dell’energia eolica è in continua crescita. Nel 2006 la caRePower www.repower.de Sede Amburgo pacità installata è salita del 23%. Molto attiBorsa FSE – Francoforte sul Meno vi i nuovi Stati membri dell’UE, come la PoRendimento 30.09.05 – 31.01.07 +96,49% lonia, la Lituania e l’Ungheria. Secondo i Attività Fondata nel 2001 e quotata in borsa dall’anno successivo, RePower dati dell’EWEA (Associazione Europea per è una società tedesca specializzata nello sviluppo, produzione e installazione l’Energia Eolica), per nuovi impianti instaldi turbine eoliche ad alta capacità (da 1,5 a 5 Megawatt). Ha circa 600 dipendenti, di cui 1/5 sono ingegneri. lati l’eolico è secondo solo al gas. Ormai siaRicavi [Milioni di €] Perdita [Milioni di €] Numero dipendenti 2004 mo vicini ai 48.000 Megawatt di capacità in 2005 tutta Europa. In pratica, in un anno di ven328,1 583 558 320,73 to medio, si riesce già a soddisfare il 3,3% della domanda di energia europea. Senza pesare sull’ambiente.

UN’IMPRESA AL MESE

V

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9,57

6,75

in collaborazione con www.eticasgr.it | 78 | valori |

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CISL


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paniere

| numeridivalori |

| numeridivalori | QUANTO COSTA LA SPESA [IN GRASSETTO IL PREZZO AL KG] BOTTEGA DEL MONDO

ZOTTER

SOLIDALE

SOLIDALE/BIO

PRODOTTO CIOCCOLATO FONDENTE TAVOLETTA

Commercioalternativo Antilla cacao 70% 100g 1,55 €/pezzo 15,50 €/kg

COOP

MARCHIO

SOLIDALE/BIO

Fondentenero Novi fondente extra amaro cacao 72% 100g 0,80 €/pezzo 8,00 €/kg

Solidal fondente extra amaro bio cacao 70% 100g 1,00 €/pezzo 10,00 €/kg

Cioccolato alla crema di latte “mucca colorata” cacao 45% 70g

Novi cacao 30% min. 100g

2,90 €/pezzo 41,42 €/kg

0,88 €/pezzo 8,80 €/kg

Solidal da agricoltura biologica cacao 39% min. 100g 1,00 €/pezzo 10,00 €/kg

Perugina cioccolatini di puro cioccolato al latte e fondenti 250g 2,62 €/pezzo 10,48 €/kg

Solidal cioccolatini ripieni assortiti (latte, fondente, bianco) 200g 2,15 €/pezzo 10,75 €/kg

Tavoletta pasquale Danza delle uova: cioccolato al papavero bianco e cannella ricoperto di cioccolato al latte all’albicocca, avvolto da cioccolato amaro cacao 70% 70g 2,90 €/pezzo 41,42 €/kg Tavoletta Birra biologica Valentin Latschen in cioccolato amaro cacao 70% 70g 2,90 €/pezzo 41,42 €/kg

CIOCCOLATO AL LATTE TAVOLETTA

altromercato Companera cacao 32% min. 100g 1,10 €/pezzo 11,00 €/kg

Cioccolato al latte con sciroppo ai fiori di sambuco (da marzo a giugno) cacao 45% 70g 2,90 €/pezzo 41,42 €/kg Cioccolato bianco e croccante Cacao 29% 70g 2,90 €/pezzo 41,42 €/kg

DONATELLO BROGIONI / CONTRASTO

CIOCCOLATO BIANCO

CIOCCOLATINI ASSORTITI

altromercato cioccolatini al latte ripieni (nocciola, caffè, Grand Marnier) 200g 3,30 €/pezzo 16,50 €/kg

4,80 €/pezzo 48,00 €/kg

Concentrato di sostanze utili all’organismo, dalle proprietà organolettiche accattivanti, può aiutare a mantenere e promuovere la salute, se consumato oculatamente. Questo gli ha valso il nome di “alicamento”: un po’ alimento e un po’ medicamento, disponibile in gusti originali anche nella versione equosolidale e biologica. come bevanda amara, il cioccolato assume la forma solida e più o meno dolcificata solo in epoca relativamente recente, alla fine del 1700. di Anna Capaccioli Il “cibo degli dei” (da Theobroma cacao, il nome con cui il naturalista Linneo aveva chiamato nella sua classificazione la pianta del cacao) è caratterizzato da una composizione chimica complessa e da un elevato contenuto calorico (inferiore soltanto alla frutta secca, ai grassi e agli oli); fornisce all’organismo tutti i tipi di nutrienti energetici e sostanze dotate di azioni fisiologiche specifiche (vedi tab). Spesso considerato un peccato di gola, il cioccolato è stato “assolto” dalla letteratura scientifica moderna e trova una sua collocazione nell’ambito di un’alimentazione bilanciata, sicuramente non al termine di un pasto già completo, ma come valida alternativa per cominciare la giornata o come spuntino.

C

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LIBRI

Cioccolata: alimento del gusto, della salute e del piacere Contributi di medici specialisti dell’Università di Firenze e pubblicisti, uniti a proposte gastronomiche dell’Accademia italiana della cucina Casa editrice Bonechi, Firenze, 2006

4,80 €/pezzo 48,00 €/kg Balleros: Pere caramellate in cioccolato al latte e cardamomo cacao 45% 100g

Cioccolato: l’imputato è assolto ONSUMATO PER TEMPI LUNGHISSIMI

Balleros: Semi di zucca tostati, leggermente salati in cioccolato amaro cacao 70% 100g

Quindi cioccolato protagonista della tavola e di numerose manifestazioni dedicate all’argomento, che precedono il classico arrivo delle uova di Pasqua. La presenza dell’equosolidale, spesso unito al biologico, in eventi sempre più frequenti e differenziati, dedicati al cioccolato, testimonia il crescente interesse del consumatore per gli aspetti etici ed ambientali dei prodotti che acquista. Il marchio Fairtrade è stato presente alla terza edizione della Fiera del cioccolato artigianale svoltasi a Firenze dal 19 al 28 gennaio, e alla ventitreesima edizione di Scinsieme che si è tenuta a Canazei, in Val di Fassa, dal 3 al 10 febbraio. Presente alle due manifestazioni il produttore austriaco Zotter, che utilizza materie prime biologiche ed equosolidali per le proprie creazioni molto fantasiose: cioccolato al formaggio, all’aceto balsamico, allo speck, ecc., offrendo anche la possibilità di ordinare prodotti personalizzati attraverso il proprio sito.

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CRONOLOGIA ESSENZIALE

VALORI MEDI DEI PRINCIPALI NUTRIENTI DEL CIOCCOLATO RIFERITI A 100G carboidrati lipidi 33,6 g proteine valore energetico NUTRIENTI NON ENERGETICI potassio calcio fosforo sodio11 mg ferro 5 mg

CIOCCOLATO FONDENTE

CIOCCOLATO AL LATTE

49,7 g 36,3 g 6,6 g 515 kcal

50,5 g

300 mg 51 mg 186 mg 120 mg 3 mg

420 mg 262 mg 207 mg

1502 Il primo incontro della civiltà occidentale con il cacao: Cristoforo Colombo sbarca sull’isola di Guanaja, nell’Honduras, e riceve in dono dei chicchi di cacao

7,3 g 545 kcal

1528 Il condottiero spagnolo Hernán Cortés, dopo aver conquistato l’Impero atzeco, riporta in Europa al re Carlo V i semi di cacao e i primi utensili per la lavorazione del cioccolato

ALTRI COMPONENTI DEL CIOCCOLATO SOSTANZA

ATTIVITÀ

METILXANTINE (TEOBROMINA, CAFFEINA)

stimolante del sistema nervoso centrale, rilassante della muscolatura liscia (in particolare bronchiale, sedativo della tosse)

FENILETILAMINA

antidepressivo, afrodisiaco

FLAVONOIDI (CATECHINE, PROCIANIDINE, ECC.)

antiossidante, vasoprotettiva, antinfiammatoria (ruolo protettivo contro invecchiamento, patologie cardiovascolari e neoplastiche)

ANANDAMIDE (AMIDE DELLA FELICITÀ)

stimolazione delle percezioni sensoriali, induzione di euforia

TANNINI, FLUORO, FOSFATI

anticariogena

BURRO DI CACAO

lenitiva, emolliente e nutritiva sulla pelle

1609 In Messico appare il primo libro interamente dedicato al cioccolato 1766 Joseph Fry inventa la prima tavoletta di cioccolato da mangiare 1875 Lo svizzero Daniel Peter lancia sul mercato il primo cioccolato al latte, preparato con il latte condensato in polvere da Henri Nestlè

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Daniel Kahneman

mokadesign.it

| padridell’economia |

L’economista della felicità di Francesca Paola Rampinelli

EGLI AMBIENTI ACCADEMICI E NELLA COMUNITÀ SCIENTIFICA INTERNAZIONALE è famoso per essere l’unico psicologo ad aver mai ottenuto un premio Nobel. In realtà l’americano Daniel Kahneman è uno dei padri della finanza comportamentale che, anche grazie al suo lavoro, è stata ufficialmente riconosciuta come disciplina a sé tra le materie economiche. Infatti il professore di psicologia e matematica è stato premiato nel 2002 “per aver integrato argomenti della ricerca psicologica con le scienze dell’economia, con particolare riguardo ai processi decisionali e di giudizio nelle incertezze”. Daniel Kahneman è nato in Israele nel 1934, dove si è laureato nel 1954 in psicologia e matematica, nel 1961 ha preso la specializzazione all’Università della California e da allora ha insegnato nelle più prestigiose università americane come Princeton, l’UCLA (l’Università della California) e Harvard. I suoi studi hanno riguardato in particolare le scienze cognitive e i processi decisionali ma i lavori che lo hanno reso celebre sono, in particolare, quelli che riguardano la natura della felicità il cui studio è diventato una scienza proprio grazie ai metodi di indagine messi a punto da Kahneman. Uno di questi sistemi di rilevazione consiste nella ricostruzione giornaliera svolta però in tempo reale. Infatti Kahneman si era reso conto, facendo compilare ad alcuni volontari un questionario dettagliato sulle attività svolte nella giornata precedente in cui era necessario specificare lo stato d’animo che le aveva accompagnate, in base ad una scala da uno a sette (felicità, depressione, perdita della pazienza, contrarietà...), Lo psicologo ha “integrato che la gradevolezza del ricordo di un’esperienza è fortemente influenzata la ricerca psicologica con conclusione, positiva o negativa, tanto da alterare il vissuto reale. l'economia, con particolare dallaInsua seguito a ciò il professore si è convinto allora che per avere un’idea riguardo ai processi decisionali e di valutazione reale della felicità delle persone, più che basarsi sulle loro elaborazioni, la strada sia quella di registrare lo stato d’animo nel momento nelle incertezze” in cui un’esperienza avviene. Per farlo è stata messa a punto una sorta di contabilità dello star bene, “l’economia della felicità”, il cosiddetto metodo di campionamento dell’esperienza. Una persona porta sempre in tasca un apparecchio con alcuni bottoni e risponde ai suoi bip, una decina al giorno, digitando una cifra da uno a dieci per indicare le sue condizioni fisiche (sonnolenza, stanchezza, benessere) e un’altra cifra per lo stato psicologico (allegria, tristezza, inquietudine, irritazione). Contemporaneamente su un taccuino annota quel che sta facendo in quel momento, con una certa precisione. La registrazione diretta, ora per ora, fornisce un quadro inatteso, dove la felicità sembra correlarsi, molto più di quanto ne siamo consapevoli, ad eventi che sottovalutiamo quali, per esempio, la qualità e la quantità del sonno. Il 56% delle differenze nell’autovalutazione della qualità della giornata sono infatti riconducibili a come e a quanto abbiamo dormito la notte precedente e non al litigio con il partner o all’irritazione per la coda in autostrada. La felicità avrebbe in sostanza un’origine che poi noi distorciamo. Sempre in seguito agli studi di Kahneman è emerso che il vero segreto della felicità non consiste in stati di grazia come l’innamoramento ma, per esempio, nell’amicizia di lunga data. Mentre non è certo la giovinezza l’epoca felice della vita visto che le persone più contente si collocano nella fascia dai cinquant’anni in su. Inoltre si conferma il detto che i soldi non portano la felicità; infatti da un’indagine condotta qualche anno fa in 82 nazioni, i poverissimi Portorico e Messico sono i Paesi dove la gente è più appagata della propria esistenza.

N

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MARZO 2007

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vecchi valori nuovi valori

il mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità

Rapporti Istituzionali, Amministrazione e Redazione Società Cooperativa Editoriale Etica via Copernico, 1 ˜ 20125 Milano tel. 02.67199099 ˜ fax 02.67491691 e-mail amministrazione@valori.it ˜ www.valori.it

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