AttivaMente Maggio09

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È nella collettività, nell’incontro e nel dialogo con gli altri che l’uomo si forma e matura nella propria autocoscienza, e diventa, inoltre, cittadino attivo e consapevole. Proprio per questo, noi Giovani Democratici, periodicamente, ci riuniamo per discutere e riflettere su questioni importanti della nostra realtà: istruzione, disoccupazione, ambiente, lavoro. Crediamo, infatti, che il dialogo e il confronto di idee debbano essere lo strumento per approfondire e meglio capire i vari aspetti della società nella quale viviamo. Nasce così la necessità di mettere “nero su bianco” le nostre riflessioni, con la speranza di una maggiore partecipazione e coinvolgimento a questo avvincente e costruttivo dialogo continuo.

Ogni anno 270 mila persone vanno al Nord, più di 120 mila si spostano cambiando residenza. Sono in gran parte giovani, tra i 20 e i 45 anni, diplomati, ma uno su cinque è laureato. Gli altri 150 mila si trasferiscono come pendolari di lungo periodo, cioè per almeno un mese. Sono studenti o lavoratori temporanei che non si possono trasferire stabilmente perché non hanno un reddito sufficiente per mantenersi e per portare la loro famiglia nelle regioni settentrionali, dove la vita è più cara. (…) SEGUE A PAG. 2

“Il lavoro non è una merce”, così stabilisce la dichiarazione di Philadelphia dell’Organizzazione Internazionale del LavoNon è facile parlare dei problemi della ro. Questo principio è stato ormai dimenticato; scuola oggi; ancor più difficile è propornegli ultimi 20 anni la nostra legislazione ne le soluzioni. Un rimedio possibile lo sembra aver ignorato del tutto il fatto che il ha dato il Ministro dell’Istruzione Maria lavoro, in ogni momento e in ogni situazione, Stella Gelmini con la sua riforma. (…) SEGUE A PAG. 6 coinvolge inseparabilmente lo stesso essere della persona che lo presta. L’introduzione della flessibilità, figlia primogenita della globalizzazione, cioè del processo di integrazione tra le economie nazionali e La costruzione di un’Unione Europea di eliminazione delle barriere di commercio, sempre più autorevole e capace di rivede protagonista le grandi società transnaspondere efficacemente ai problemi zionali. Infatti la maggiore causa della forte globali dipende tanto dalla modifica domanda di lavoro flessibile da parte dell’assetto istituzionale con l’adozione dell’impresa è dovuta alla riorganizzazione del Trattato di Lisbona, quanto dal coglobale del processo produttivo, attuata allo involgimento dal basso dei cittadini scopo sia di ridurre il costo del lavoro sia di europei ed in particolar modo dei giopoter disporre della quantità di forza lavoro, vani. Un viaggio una volta iniziato, non di momento in momento necessaria. (…) Partendo da questa consapevolezza, SEGUE A PAG. 3 finisce. Prosegue aldilà del pulin occasione dell’anniversario lman delle autostrade, si spalanca dell’adozione del Trattato sull’Unione oltre i confini, è fatto di un bagaglio Europea presentato da Altiero Spinelli, che non si svuota più, neanche Negli ultimi quarant’anni del secolo scorso, l’ECOSY (i Giovani Socialisti Europei) una volta tornati a casa. il mondo della cultura ha visto l’affermazione hanno presentato la campagna Dal 3 all’8 marzo, io, insieme ad di un cantautore genovese, che diventerà un “Universal Erasmus” per l’ampliamento altri 47 ragazzi dai 18 ai 25 anni, pilastro fondamentale della storia della musi- dei programmi UE attualmente volti a grazie all’iniziativa “Viaggio della ca e della letteratura italiana: Fabrizio De favorire lo scambio tra studenti dei paMemoria” organizzata dalla Provin- Andrè, generalmente noto con il sopranno- esi comunitari; campagna a cui i Giocia di Taranto retta da Gianni Flori- me Faber datogli dall’amico Paolo Villaggio. vani Democratici hanno immediatado, e dall’ Assessore alle Politiche I suoi testi sono considerati dei veri e propri mente aderito. (…) Giovanili Pietro Giacovelli, abbia- componimenti poetici e, come tali, inseriti in SEGUE A PAG. 6 mo percorso un itinerario partico- molte antologie scolastiche di letteratura, larmente intenso, che ha compre- anche se alcuni critici lo definiscono non un so la visita ai campi di Auschwitz- poeta, ma semplicemente un cantautore Birkenau, ma anche una sosta a (come egli stesso affermava). (…) Cracovia, con escursioni al quarSEGUE A PAG. 8 tiere ebraico, ai luoghi di Schindler Foglio non periodico ed a Praga. (…) a distribuzione gratuita e diffusione interna SEGUE A PAG. 7 a PAGINA 4 e 5

INTERVISTA DOPPIA


[...] Parecchi sono i giovani che vanno li per studiare nelle Università: 151mila nell’anno accademico 20052006, più di 36 mila sono partiti solo dalla Puglia. Una parte di questi non tornerà più indietro. L’agenzia governativa Italia Lavoro ha calcolato che a fronte di 67 mila neo-laureati del Sud previsti in ingresso nel mercato del lavoro nel 2007, le imprese industriali e dei servizi del Mezzogiorno hanno espresso, nello stesso anno, una domanda di laureati pari a 12.390 unità, il 16,4% del totale. Anche se si sommano i neolaureati richiesti dalla pubblica amministrazione e dal lavoro autonomo, si può stimare che circa la metà dei giovani che si laureano nelle regioni meridionali è di troppo rispetto alla domanda locale. Nessuna meraviglia, conclude quindi Italia Lavoro, se questi giovani cercano lavoro altrove e se il 60% dei meridionali che si laurea al Nord, vi rimane anche dopo la laurea. Per necessità, più che per scelta. Ora, non ci sarebbe niente di male se questo fenomeno fosse indice di una società mobile, all’americana. Il fatto è che in Italia questo movimento è a senso unico, con un progressivo impoverimento del Mezzogiorno. Per combattere questo trend ben poco si sta facendo, anzi si continua a portare avanti una politica nordista la cui filosofia sostiene che il Nord è da traino all’Italia e il Mezzogiorno è solo un peso morto. Però non è proprio così, perché il Nord oramai non può più crescere molto. È invece il Sud che ha il maggiore potenziale. Infatti l’Italia intera può crescere mettendo a frutto la localizzazione del Sud così protesa nel Mediterraneo, che è stata un ostacolo allo sviluppo, perché ha significato essere più lontani dall’Europa continentale, ma può diventare una exit strategy, una strategia per uscire anche da questa crisi, grazie alla vicinanza ai mercati in crescita del bacino del Mediterraneo e, tramite le grandi rotte marittime intercontinentali, a quelli di Nord America e Asia. Se l’Italia vuole strappare quote dell’enorme traffico marittimo futuro e delle connesse opportunità di attività di servizio a Rotterdam e ad Anversa, le risposte si chiamano Gioia Tauro, Taranto, Cagliari. Oltre a questo l’Italia può crescere sia valorizzando il patrimonio ambien-

tale e naturale del Sud, per far sviluppare il turismo, e tutti i servizi connessi (il numero di presenze turistiche per abitante del Mezzogiorno è di 3,5, contro 10,5 per Grecia e Croazia, 10,3 per la Spagna del Sud e 8,7 per la Francia del Sud: le presenze turistiche al Sud possono triplicare) sia trasformando il Mezzogiorno con la sua insolazione e ventosità, in una grande piattaforma produttiva e tecnologica delle energie rinnovabili, a beneficio di tutto il paese (come sta già avvenendo, anche se su scala ancora modesta, negli ultimi anni). Oggi non si tratta di spostare imprese dal Nord al Sud, come negli anni Sessanta. Il Sud offre opportunità di fare impresa diverse da quelle del Nord, aggiuntive e non sostitutive per diversa disponibilità di risorse umane, geografia, dotazione di risorse naturali, specializzazione agricola e ambientale. Il tutto diventa realizzabile se si valorizzano le significative eccellenze del mondo universitario e della ricerca del Sud mettendo a frutto l’immenso bacino di creatività. Solo così si creeranno nuovi posti di lavoro e ogni nuovo occupato, ogni nuova impresa del Mezzogiorno apporterà un beneficio netto al bilancio pubblico. Questo non mira a ridurre i trasferimenti di fondi “assistenziali e compensativi” dal Nord al Sud, ma ad aiutare a pagare nei prossimi decenni le pensioni degli ex lavoratori del Nord, che potranno essere pagate solo con i contributi dei nuovi lavoratori del Sud, e quindi solo se si creeranno nuovi posti di lavoro al Sud. Per procedere nella direzione che valorizzi il Sud per far crescere l’Italia non serve un partito del Sud in contrapposizione a quello del Nord ma con le stesse idee campanilistiche. La soluzione sta nel pensare l’Italia come Paese, anzi pensare l’Europa come un paese e l’importanza che il Mezzogiorno può avere nella congiunzione con il resto del mondo è molto rilevante. Di certo questo governo va in controtendenza rispetto a ciò che si dovrebbe fare perché continua a

tradire il Mezzogiorno privandolo di risorse fondamentali. Infatti le risorse aggiuntive che in questi anni sono arrivate dall’Europa, in realtà, invece di essere aggiuntive sono state solo sostitutive di quelle che non arrivano dall’Italia. Invece le risorse che arrivano da Bruxelles dovrebbero servire a portare avanti la coesione sociale all’interno dell’Unione Europea, e quindi a permettere che nei luoghi più poveri e ai confini dell’Europa stessa, arrivino fondi aggiuntivi per lo sviluppo di quei luoghi potenziando le infrastrutture per accorciare le distanze, ma anche favorendo la crescita economica con l’apertura di aziende e la creazione di nuovi posti di lavoro, evitando, così, una nuova emigrazione di massa verso i luoghi più ricchi dell’Europa, ma soprattutto valorizzando quei territori che sono ricchi di potenziale umano e di crescita. Quindi per sfruttare il potenziale di crescita, non si può privare il Mezzogiorno di risorse aggiuntive e essenziali quali i FAS e altri fondi europei perché, come spiega il prof. Gianfranco Viesti nel suo libro “Mezzogiorno a tradimento”, “per sfruttare il potenziale di crescita, moltissimi giovani meridionali devono lavorare nel Sud”, e questo si può fare solo se si investe sulla formazione senza tagliare i fondi della scuola e dell’università, e se si investe sul territorio e sulle infrastrutture favorendo i collegamenti, costruendo strade e ferrovie, potenziando porti e aeroporti anche qui nel Meridione. Paolo Tristani


[…] Per l’economia la flessibilità si distingue in occupazionale e prestazionale: la prima consiste nel far variare in più o in meno la quantità della forza lavoro utilizzata; la seconda nella trasformazione unilaterale, da parte dell’impresa, della prestazione di lavoro subordinato. E così, nella vasta categoria della flessibilità accanto alle diverse tipologie di contratti di lavoro a termine, a tempo parziale, in affitto, di co.co.co., di lavoro a progetto, ripartito, intermittente o occasionale ritroviamo alcune prestazioni flessibili, introdotte nel lavoro a tempo indeterminato come il lavoro a turni, gli orari slittanti, lo straordinario e le sue variazioni, i mutamenti improvvisi nel ritmo, nel tipo e nel luogo di lavoro. Per i lavoratori, però, il precariato comporta rilevanti costi personali e sociali a carico dell’individuo, della famiglia e della comunità, in quanto non permette di acquisire una elevata professionalità, lasciando spazio ad ampie lacune formative, progetti di vita rinviati e non realizzati, esperienze professionali frammentarie. Per questo il maggiore costo umano dei lavori flessibili è riassumibile nell’idea di precarietà che implica primariamente insicurezza oggettiva e soggettiva. Il precario è qualcosa che si può fare solamente in base a un’autorizzazione revocabile, poiché è stato ottenuto non già per diritto, bensì tramite preghiera. Tutto ciò non è da sottovalutare. Oggi, nel nostro paese, sono coinvolti dai 7 agli 8 milioni di persone, e più di 3 milioni di lavoristi non dichiarati che corrispondono a un milione di lavoratori a tempo pieno. Il fenomeno ha raggiunto proporzioni enormi perché la flessibilità ha determinato un ritorno a forme di sfruttamento del lavoro che sembravano definitivamente superate, quali la sicurezza dell’occupazione e delle professionalità, la sicurezza sul posto di lavoro, la sicurezza del reddito, la sicurezza di rappresentanza, la sicurezza previdenziale; per questo la precarietà è un efficace alimento all’antipolitica e all’astensionismo elettorale. Una delle proposte per superare tutto ciò è la flessicurezza, cioè una strategia integrata per assicurare al tempo stesso flessibilità e sicurezza sul mercato del lavoro. Il nocciolo duro di detta strategia consiste nell’anteporre la sicurezza dell’occupazione

all’insicurezza del posto perché la flessibilità va mantenuta e anzi innalzata per portare giovamento alle imprese, alla competitività e al risanamento del bilancio pubblico. La flessicurezza è stata anche definita “la flessibilità dal volto umano” perché comporta misure attive e passive, da una parte con una libertà di licenziamento e un ampio preavviso (da un mese per chi è occupato da un semestre fino a sei mesi per chi è occupato da oltre nove anni), dall’altra con dei dispositivi di legge adeguati per assegnare automaticamente un posto di lavoro a tempo determinato a chi ha accumulato un dato periodo e un dato numero di contratti temporanei. La flessicurezza, comunque, costa in termini di percorsi formativi ripetutamente iniziati e interrotti, costa in termini di famiglia, costa in termini di fatica fisica, in quanto bisogna ricollocarsi in un nuovo contesto lavorativo, quindi cambiando anche continuamente casa, con una diversa modalità di gestire la famiglia, ricominciando la vita in un quartiere sconosciuto o in un’altra città. E allora, che fare per ridurre i costi personali e collettivi della flessibilità del lavoro, e quindi rendere la stessa più sostenibile per milioni di persone che vi sono esposte? I modelli da prendere ad esempio sono due: il modello Francese e quello Danese. Proviamo a confrontarli. Il modello francese, concordato tra la Confindustria francese e i sindacati, accanto al vecchio dualismo “dimissioni o licenziamento”, introduce il “divorzio consensuale” nei rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Dove è la novità? Eccola, si incassa la disoccupazione, che si perde in caso di dimissioni, e il nuovo sistema consente la portabilità di alcuni diritti come quello alla formazione, al ricollocamento e all’assistenza sanitaria complementare. La negatività del sistema francese sta nel fatto che spinge sempre il lavoro verso l’individualizzazione. Il modello danese, invece, concede una indennità di disoccupazione pari all’80-85% della retribuzione, che affiancata ad una struttura dei servizi per l’impiego veramente efficiente, funziona molto diversamente da quello che accade nella nostra nazione. In Danimarca, se una persona perde il lavoro, viene letteralmente presa per il bavero della camicia, e non gli viene data tregua finché non lo si sistema in un’altra occupazione. In Italia, solo in alcune realtà come Trento, Bolzano o Modena questo è presente. Quindi in Italia la soluzione è duplice: imporre un reddito minimo che deve essere maggiore per i lavori atipici, favorendo, così, un percorso graduale verso il lavoro stabile e garantito e garantire un reddito minimo anche in caso di licenziamento, creando un sistema sociale meno sprecone e più garantista. Solo così si ritornerà a valorizzare l’uomo piuttosto che il denaro. Lanfranco Rossi


In vista delle imminenti Elezioni Provinciali, che si terranno il 6 dai un’idea a me ed io una te resteremo con due idee”. Ecco la e 7 Giugno p.v., abbiamo sottoposto ad una intervista doppia i differenza tra noi e loro. due candidati locali al Consiglio Provinciale del Partito DemocraTu ti candidi come consigliere alla Provincia di tico: Carmine Montemurro, professore di lettere palagianese, Taranto nel collegio Massafra-Palagiano/ per il collegio Massafra-Palagiano e Vito Miccolis, avvocato Massafra-Centro con Florido Presidente. massafrese, per il collegio Massafra-Centro. Come valuta il suo lavoro svolto sul territorio in questi anni? Chi è Carmine Montemurro / Vito Miccolis e come nasce il suo impegno in politica? CARMINE: Positivo, certo si può fare di più e CARMINE: Carmine Montemurro si è formato meglio. Si è fatto molto rispetto ad un passato non lontano da noi. Per esempio molto si è fatto nell’associazionismo cattolico e nel volontariato cattolico e laico, ha frequentato la scuola di formazione politica dioper le politiche sociali: bisogna dare atto e merito all’operato dell’Assessore Fabbiano, che ha fatto cesana, si è impegnato per diversi anni nel discorso della cooperazione sociale, è un inseun grosso lavoro con il quale ha coordinato tutte gnate di lettere nella locale scuola media ed le associazioni di volontariato e ha fatto sì che nascesse un osservatorio provinè un cittadino che non disdegna le queciale, cosa che prima non c’era. È stioni del lavoro e le politiche giovanili. VITO: Il mio impegno politico inizia ai una cosa importante, è un luogo di scambio; anche perché il volontatempi del liceo scientifico, quando riato é un forte ammortizzatore sono stato eletto per ben due volte come rappresentante del consiglio sociale, quindi, dare valore a queste realtà, renderle prod’istituto. Poi sono stato impegnato tagoniste del territorio, nel Partito Socialista ed ultimanelle prestazioni che mente, dopo le consultazioni delle rendono a titolo gratuiPolitiche del 2006, avevo pensato to, è una grande cosa. di “mettere le scarpe al chiodo” e VITO:Certo se ci fosse di non impegnarmi più in prima stato un consigliere persona, ma mi é tornato provinciale locale l’entusiasmo con il Partito Demol’attenzione di Florido cratico che è la sintesi del mio modo di pensare: il mio modello di per il territorio sarebbe stata Carmine MONTEMURRO vita fa riferimento a come vivevano i primi Crimaggiore: ecco perché noi chiediamo ai nostiani. Mi piaceva il fatto che queste persone, i primi discepoli, stri concittadini di mandare un rappresentante del centro-sinistra mettevano tutto in comune e dividevano le risorse economiche in Provincia. Florido ha fatto diverse cose per il nostro territorio, tra di loro, cercando di soddisfare le esigenze di tutti. Poi ho ma solo un rappresentante locale conosce le vere esigenze del scoperto anche la fede e quindi c’è stato in me questo dualismo: territorio e può portare le istanze all’attenzione della politica. da una parte la fede cristiana e dall’altra anche l’intervento per il Non dimentichiamo che Florido ha procurato i soldi per il ponte sociale, per condividere il bene comune. Il PD è la sintesi del di Cernera; l’altro giorno c’è stata l’inaugurazione del nuovo cenmio modo di pensare. Ci vuole, quindi, impegno in prima perso- tro del lavoro, che è uno dei più efficienti e belli della provincia; na. Dopo il Partito Democratico mi ha dato la possibilità di esse- sono arrivati i soldi per il ponte della Simeone; c’è stata la ristrutre Segretario e sono qui a difendere gli interessi della mia collet- turazione dell’Istituto Tecnico Agrario. Tante cose ha fatto la tività, anche al Consiglio Provinciale, se verrò eletto. Provincia. Ma la cosa più bella è la costruzione del Liceo ScienBerlusconi ha definito il PDL come il Partito degli italiani tifico: un’opera della quale ho sentito parlare per la prima volta puntando al 51% dei consensi. Cos’è per te il Partito Demo- quando avevo 16 anni e fui invitato dal Sindaco Guerra, presso il Comune, per parlare della nuova sede del liceo. Sono passati cratico e quale pensi sarà il suo futuro? CARMINE: Io provengo dalle file della Margherita, prima ancora 35 anni e finalmente la prima pietra è stata messa ed è sotto gli del Partito Popolare. Ho aderito volentieri al Partito Democratico occhi di tutti quando si percorre via Crispiano: vediamo che si perché ritengo che attualmente è quella collocazione politica sta alzando il nuovo Liceo Scientifico. Quella è un’opera forteideale, che forse meglio risponde alle aspettative della gente, mente voluta dall’amico e compagno Florido. Forse ci mancano dato che in una crisi, che non è solo economica finanziaria, ma feste e festicciole, che abbiamo avuto con la passata amminianche di valori, il valore della democrazia, il valore del dibattito e strazione di centro destra, però Florido ha portato la stabilizzadel confronto giocano un ruolo importante e prioritario, ciò che zione di 350 dipendenti che lavorano per la Provincia. non vedo sinceramente dall’altra parte. VITO:Io penso che il Partito Democratico abbia già un futuro. Tutte le manifestazioni che abbiamo fatto sia a livello locale sia a livello nazionale, la partecipazione di tante persone, la manifestazione del 25 ottobre, le varie primarie che abbiamo fatto sia quelle provinciali sia quelle nazionali per l’elezione dei rappresentanti. La differenza tra noi e il PDL è che noi siamo un contenitore pieno di idee e le idee quando si confrontano possono presentare delle diversità. Invece lì c’è un “padrone” con tante persone e le idee le tiene solo il capo: per questo ci sarà futuro nel nostro partito, anche se, sono sicuro, ci saranno contrasti. Ma la ricchezza è di mettere a confronto le proprie idee. C’era un economista americano che diceva: “se tu dai un dollaro a me ed io uno a te resteremo sempre con un dollaro, ma se tu

Qual è il tuo programma? E quali le priorità? CARMINE: Il mio programma tende a potenziare qualcosa che già c’è e che va fatto meglio. Sicuramente, lì dove ci sono i margini per un miglioramento della situazione andrò ad impegnarmi. La priorità è cercare, per quanto concerne l’occupazione, di operare; nel senso che la Provincia, congiuntamente alle realtà locali, con le sue competenze potrebbe puntare a sviluppare la portualità che è un volano importante di sviluppo occupazionale e di crescita del territorio. VITO:La priorità è il lavoro. Dobbiamo cercare di finalizzare tutte le opere che la Provincia può fare pensando che l’obiettivo finale è il lavoro. Per il territorio ho diverse idee. La prima potrebbe essere quella di trasformare il nostro carnevale in un’incubatrice di lavoro, dove ci potrebbero essere tante persone che


lavorano attorno a questa importante manifestazione. Il carneva- ultimi anni, perché l’Ilva ha sempre rappresentato la stabilità, un le potrebbe essere una filiera per valorizzare i nostri artigiani. riferimento sicuro, invece ora non è più così. Dopo dovremmo realizzare un nuovo collegamento tra Massafra VITO:L’Ilva è un grande problema, e lo vediamo proprio in quee la città di Taranto e potrebbe essere la via per Accetta, che sti giorni. A giugno ci saranno ben 6.500 persone in cassa integià c’è e che l’amministrazione provinciale potrebbe acquisire al grazione. Immaginate che cosa succederebbe se chiudessimo proprio patrimonio. Oltre a questo abbiamo un grande progetto: l’Ilva dall’oggi al domani?! Dobbiamo avere la capacità di far il Parco delle Gravine, e Massafra è il cuore del parco, qui infatti conciliare il lavoro con il rispetto del territorio. Questa è la granci sono le aree dismesse della Marina che possiamo utilizzare de scommessa e dobbiamo metterci tutti in discussione per reacome sede del parco senza deturpare il paesaggio. E dopo cer- lizzare questo progetto. care di fare qualsiasi cosa finalizzata al lavoro, dobbiamo svilup- Per quale motivo i giovani si devono impegnare in politipare il lavoro, dobbiamo utilizzare anche la posizione strategica ca? di Massafra al centro della grande viabilità: vicino al porto e CARMINE: I giovani devono impegnarsi in politica perché prima all’autostrada. Massafra può essere punto d’incontro di tutto lo o poi quelli che ci sono diventeranno vecchi e non ci saranno sviluppo del mediterraneo; deve essere, come tutta la provincia più. Quindi bisogna formare una classe politica e dirigente sagdi Taranto, il porto e il ponte verso l’Oriente. Infatti, Massafra in gia, matura, che badi alle cose serie, che abbia cuore e passiopassato è stata un’importante comunità orientale e dobbiamo ne, ma anche intelligenza e competenza; per avere ciò bisogna riprendere questa tradizione: essere porta verso l’Oriente. fare gavetta nel senso che bisogna studiare, applicarsi e inteCosa faresti per le giovani generazioni se diventasressarsi agli altri, perché la politica deve interessare, deve si Consigliere Provinciale? coinvolgerci e prenderci; ma quando ti prende devi CARMINE: Io ho a cuore le sorti dei giovani e sento farla con distacco altrimenti perdi il contatto con la fortemente il bisogno di impegnarmi per loro, sia in realtà e non puoi neanche seguire adeguatamente le ordine all’istruzione secondaria, sia in ordine comunità che rappresenti, ecco perché bisogna fare all’orientamento professionale, perché in questa un percorso di formazione per i giovani, e gli adulti crisi globalizzata il giovane va anche guidato. I radevono aiutarli per arrivare consapevoli a governare e gazzi devono sapere gli scenari attuali e la Provincia amministrare i territori. VITO: Perché i giovani devono essere protagonisti del può fare tanto perché può promuovere anche l’incontro tra pubblico e privato, tra formazione scolaloro futuro. stica e formazione lavorativa. Si deve incrementare Quale emergenza, secondo te, c’è a Massafra e questo sforzo in modo da offrire ai ragazzi più come la risolveresti? possibilità. CARMINE: Per esempio la crisi VITO:I giovani devono partecipare, dell’Ilva ha i suoi riverberi su Massanella politica e nell’associazionismo, e fra, Mottola e Palagiano. La crisi soprattutto devono avere tante opdell’agricoltura interessa sia Massaportunità, l’opportunità passa anche fra che Palagiano. Secondo me attraverso lo studio, le scuole effisarebbe interessante l’incontro tra cienti devono essere all’altezza Palagiano e Massafra; dovremmo della situazione. I giovani devono guardare insieme a prospettive più avere istruzione perché devono ampie, più lunghe, perché ne avere la possibilità di realizzarsi nel deriverebbero strategie territoriali loro territorio e la Provincia ha tanampie per arrivare ad una sinergite opportunità da dare ai giovani a tra Massafra, Palagiano, Mottomassafresi: non dobbiamo essere la ed altri paesi limitrofi. più quelli che portano le loro intelliVITO: La vera emergenza è la genze al nord, ma dobbiamo stare mancanza di partecipazione e qui per creare il futuro nella nostra soprattutto dei giovani. Io invito Vito MICCOLIS città. tutti i ragazzi a partecipare alla politiCome pensi si possa risolvere il problema dell’Ilva che costituisce una minaccia ambientale, ma indubbiamente anche un’ importante fonte occupazionale? CARMINE: Io sostengo una mia tesi: non si può prescindere dall’Ilva, bisogna uscire però da quella che è la monocultura dell’acciaio e valorizzare le vocazioni territoriali. Anche perché c’è il problema della mobilità dei lavoratori: dobbiamo pensare a questa gente!!! Io sto vivendo indirettamente il dramma di un lavoratore, padre di un mio alunno, che a 50 anni è stato messo fuori dall’Ilva, perché quella linea non produce più. Seguo quindi il disagio del figlio e della famiglia. Sicuramente bisogna fare qualcosa d’importante affinché l’Ilva rispetti la legge sulle emissioni e rispetti anche gli accordi presi, perché non può abbandonarsi ad un liberismo sfrenato: il mercato va anche garantito nei termini di un lavoro dignitoso. D’altro canto dobbiamo spingere verso altri settori, altre attività che possono costituire ulteriori possibilità di lavoro. Penso all’agriturismo perché qui il mare è vicino alla collina, penso a tutte le attività legate a questo territorio che sono state molto trascurate in questi

ca: dovete essere protagonisti delle scelte!! Concludendo, quale messaggio lanci alle ragazze e ai ragazzi massafresi e a tutta la cittadinanza? CARMINE: Visto che mi candido alla provincia faccio una riflessione a riguardo. La Provincia, l’ente che è stato tanto bersagliato, ha una virtù: quella di porsi come momento di mediazione tra il Comune e la Regione. Quindi io inviterei i lettori, giovani ed adulti, ad uscire dai localismi e guardare in alto. Forse la Provincia, per i compiti e per le competenze che ha, potrà essere da stimolo, per realtà locali, a promuovere piani progettuali, assumendosi anche la funzione di coordinamento: ecco perché la gente deve votare per la Provincia. Perché lo sguardo comunale è limitato, mentre in Provincia lo sguardo si apre e c’è più possibilità di guardare cosa succede dall’altra parte. Quindi la gente deve sapere che la Provincia ha un suo valore. VITO: Massafra è una bella città e voi siete intelligenti e potete trasformare la città per un prossimo futuro in modo da dare un avvenire sicuro anche ai nostri figli. Francesca Scarano


[...] Primo tra tutti il problema degli sprechi di denaro. La soluzione che propone è un taglio indiscriminato dei “fondi” dedicati all’istruzione, comoda alternativa alla “ricerca” minuziosa e difficoltosa degli sprechi consistenti in investimenti sbagliati e inutili. Il risultato di queste scelte è una scarsa offerta formativa per gli studenti che messi a confronto con i loro coetanei di altri paesi europei, risultano estremamente impreparati ad affrontare il mercato del lavoro. Esso richiede, soprattutto al giorno d’oggi, competenza, formazione e punte d’eccellenza. Dunque il punto critico della scuola di oggi, che la riforma Gelmini ha amplificato, è la scarsa offerta formativa che ci porta inevitabilmente indietro negli anni. Essa prevede una riduzione delle ore curriculari, specialmente quelle

[…] C’è una nuova generazione che crede nel processo di integrazione e che guarda all’Europa per affrontare con successo le nuove sfide globali con le quali ci misuriamo quotidianamente. Negli ultimi anni i referendum in Francia, Olanda ed Irlanda mostrano come l’Unione Europea non abbia il sostegno popolare necessario. Questi segnali indicano che l’azione dell’UE non è percepita come efficace e non è compresa, né condivisa dai cittadini. Per credere nel progetto europeo è necessario toccarlo con mano. Vivere l’Europa, viaggiare in Europa, parlare le lingue, studiare l’Europa, lavorare in Europa è il modo migliore per partecipare alla costruzione del progetto democratico più rivoluzionario del mondo. Unire pacificamente popoli diversi, un tempo nemici. In questo disegno i giovani devono essere i protagonisti. Tutti i giovani! L’UE da tempo promuove programmi di scambio per i giovani. Tra questi il programma Erasmus, che permette di fare una esperienza all’estero agli studenti universitari, è il più conosciuto. Ogni anno decine di migliaia di ragazze e ragazzi italiani partono per raggiungere le destinazioni europee, per studiare all’estero e svolgere così una straordinaria esperienza umana e di studio così come migliaia di giovani europei vengono ad abitare le nostre

riguardanti i laboratori, che penalizza soprattutto gli istituti tecnici che si differenziano dai licei tradizionali appunto per questo aspetto. Quello che invece richiede uno studente è una scuola equa e di qualità, che premi coloro che si impegnano, sia che si tratti di docenti o studenti, che rimanga al passo con le innovazioni e le tecnologie che si fanno avanti ai giorni nostri e che quindi affronti un’opera di rinnovamento formativo. Il risultato che si otterrebbe è uno studente più pronto al mondo del lavoro, anche a livello internazionale, e che si senta gratificato nel realizzare i propri progetti e ambizioni. In definitiva vogliamo una scuola che ci aiuti a diventare protagonisti del nostro FUTURO!

città universitarie. Se infatti la politica ha fatto l’Europa, possiamo ben dire che l’Erasmus sta “facendo” gli europei, mettendo una generazione intera nelle condizioni di respirare e masticare l’Europa in prima persona. Allora qual è il problema? Sono 90 milioni i giovani tra i 16 e i 29 anni che

vivono nei 27 Stati membri dell’UE. Ma quanti tra questi partecipano ogni anno ai programmi di scambio dell’UE? Trecentomila (300.000). Pertanto occorre fare di più. L’Erasmus è ancora una chimera per molte famiglie italiane incapaci di sopportare le spese ancora troppo alte, e troppe ancora sono le categorie escluse dai progetti di mobilità internazionale. Pensate, ad esempio, quanto sarebbe utile se esistesse un Erasmus per i dipendenti pubblici, chiamati direttamente a cimentarsi con esperienze di amministrazione della cosa pubblica

Giovanni Ambruoso

più efficienti del nostro; o quanto lo sarebbe per i giovani imprenditori, posti nelle condizioni di girare l’Europa più innovativa e dinamica. L’idea è, pertanto, che l’Erasmus divenga universale, perché sempre più studenti possano accedervi. In Europa non mancano gli strumenti per cambiare le cose, ma la volontà politica di chi ci governa. Questa è la nostra proposta, per far crescere una generazione di cittadini europei con le competenze necessarie per affrontare il mercato del lavoro ed il confronto con l’altro in una società multietnica. Quello che serve è una semplificazione delle procedure, un sistema d’informazione capillare e soprattutto che la UE spenda meglio i soldi che ha. Questo è il nostro contributo alla campagna elettorale per le elezioni europee: raccogliere un milione di firme in tutta Europa per sostenere in Parlamento e di fronte alla Commissione l’esigenza di fare di più e di fare meglio per dare una opportunità a milioni di giovani cittadini comunitari. Universale perché tutti possano farlo! Universale perché lo si possa fare in tutti i settori della nostra formazione! Domenico Lasigna


[...] Tantissimi i giovani universitari e studenti di diversi istituti superiori della provincia che hanno partecipato alla prima edizione del concorso. Per partecipare all’iniziativa era necessario presentare, entro lo scorso mese di febbraio, una propria produzione, testo in prosa o in versi, elaborato grafico o pittorico, ispirata al tema “L’orrore della guerra e di ogni altro tipo di discriminazione ieri e oggi”. Tra i 97 lavori pervenuti, la commissione di esperti ha stilato una graduatoria. L’obbiettivo dell’iniziativa era quello di sensibilizzare i giovani sulle tematiche dell‘olocausto, del razzismo, del fanatismo, per aprire gli occhi, sensibilizzare i cuori e indicare la giusta via da percorrere nel rispetto e la tolleranza. La tappa principale del viaggio è stato il campo di concentramento nazista di Auschwitz-Birkenau, luogo simbolo dell’Olocausto, una delle pagine più brutte della storia dell’ umanità. Il silenzio di quei luoghi è forse la cosa più emblematica che ho percepito. Un silenzio quasi irreale. Così, con gli sguardi rivolti al fango, alle baracche, ai gabbiotti, al filo spinato, siamo entrati nel campo sul cui cancello sormontava la beffarda e crudele scritta “Arbeit macht frei”-“Il lavoro rende Liberi” nascondendo lo scempio umano. La scritta ha un forte significato simbolico, riassumere in sé tutta la menzogna, la crudeltà e la barbarie dei campi di "concentramento" nazisti, quali i lavori forzati e la condizione di privazione inu-

mana dei prigionieri. Furono deportate ad Auschwitz più di 1 milione e 300 mila persone. 900.000 furono uccise subito al loro arrivo e altre 200.000 furono uccise poco dopo o morirono a causa di malattie e fame. Vedere con i propri occhi quei luoghi è molto più che leggere un libro o vedere un film. Nel campo è un susseguirsi di luoghi di una vastità sconcertante, un ampio dilagare di campi ed ignominia, celle e tuguri . Nel museo interno è presente una serie di oggetti sottratti con l’inganno ai detenuti: occhiali, pentole, protesi, scarpe, valigie, vere e proprie reliquie umane spaventose e potentissime. Oggetti appartenuti alla vita e in un attimo divenute di nessuno. Tra le teche contenti questi materiali vi erano conservati anche due tonnellate di capelli umani. I detenuti venivano rasati, (e questo insieme alle tute a strisce e il codice identificativo serviva a privarli della loro personalità) e i loro capelli utilizzati per riempire cuscini e materassi o realizzare tessuti. Forse questa è una delle cose più allucinanti che abbia mai visto perché lì l’essere umano ha perso la sua essenza di uomo per diventare un oggetto, una merce. Tra i tanti oggetti ci sono le fotografie segnaletiche dei volti dei prigionieri con negli occhi il vuoto, a cui sembra sia stata rubata l’anima. Si vede una tristezza sconfinata in quei volti da prigionieri devastati da pene impossibili. Una volta terminato di visitare Auschwitz, siamo andati a Birkenau, dove c’è una fila sterminata di stalle utilizzate come ricovero per i prigionieri, in cui vivevano in migliaia, quando ne potevano stare meno della metà . Il tutto recintato da una doppia fila di filo spinato elettrificato. Questo viaggio è stato utile per non perdere il senso del ricordo. Vivere quest’esperienza è andare oltre le foto dei libri di storia, e soprattutto testimoniando con la propria esperienza quello che è accaduto e non deve accadere mai più. Primo Levi, in proposito scriveva: “Io scrivo perché se è successo una volta non possa più succedere e perché tutti sappiano quello che successo”. Solo se le memorie sono vive si può costruire uno Stato democratico e una società civile. Ma soprattutto, l’importanza di questa esperienza è il rendersi consapevole e il non permettere a nessuno di dire che non c’è stato nulla. Angelo Notaristefano

“I sette peccati capitali responsabili delle ingiustizie sociali sono:

ricchezza senza lavoro, piacere senza scrupoli, conoscenze senza la saggezza, il commercio senza moralità, la politica senza l’idealismo, la religione senza il sacrificio e la scienza senza umanità.” Mahatma Gandhi


[...] Cantautore o poeta che sia, Faber ha saputo guardare amorevolmente nei cuori della gente, soprattutto di quella ai margini della società: ribelli, prostitute, pazzi, poveri, drogati, zingari, e ne ha saputo dipingere un quadro perfettamente realista ed oserei dire anche impressionista; dall’altro lato, nell’opera del nostro artista non mancano connotazioni sarcastiche e ironiche intenzionate a mettere in luce le ipocrisie e le falsità del mondo borghese, di cui egli stesso faceva parte e a cui non ha mai rifiutato di appartenere, nonostante tutto, dimostrando una straordinaria coerenza. Addentrarsi nel canzoniere di De Andrè è come un’immersione nei mari profondi dell’esistenza; d’altronde la cosa che più lo interessava e lo emozionava è proprio l’umanità in tutte le sue sfaccettature e ce l’ha presentata in maniera originalissima, miscelando l’alta poesia a toni umili, la drammaticità all’ironia. Ma, come suggeriscono Gino Castaldo ed Ernesto Assante, prima di essere un cantautore Faber è stato soprattutto un libero pensatore. La vita artistica di De Andrè passa attraverso diverse fasi che coincidono con quelle della sua vita personale. Il primo De Andrè è il Faber dei cantastorie, influenzato dai grandi cantautori francesi, come Brassens, il vero ispiratore, l’implacabile, il burbero, corrosivo Brassens che sollecitava di più il gusto anarchico del pensiero di Fabrizio e di cui ha tradotto molte canzoni (ricordiamo “Le passanti” o “Il gorilla” e ancora “Via della povertà”); il suo primo album si chiama “Tutto Fabrizio De Andrè. Volume I” che è per di più una raccolta degli inediti pubblicati sui 45 giri negli anni precedenti e di cui fa parte la famosa “Bocca di rosa” in cui troviamo la contrapposizione tra amore

sacro e amore profano. Siamo negli anni ’60, anni decisivi per la trasformazione della morale pubblica, sono gli anni della contestazione giovanile, dall’America arrivavano le prime voci del rock e in Italia cominciavano a circolare le sue canzoni fra i banchi di scuola come un codice di magnifica diversità. Nel 1967 una sua canzone, scritta con Paolo Villaggio, “Carlo Martello ritorna dalla Battaglia di Poitiers” fu censurata per pornografia, ma tra i giovani era già il simbolo dell’anticonformismo.

Un’altra canzone-simbolo di questo periodo è la bellissima “Via del campo” in cui Fabrizio presenta le prostitute come persone rispettabili che portano amore e bellezza dove il grigiore e il conformismo hanno steso le loro grinfie e in cui è presente l’aforisma famosissimo “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”. I prossimi album sono “Tutti morimmo a stento”, “Volume 3” di cui fanno parte le sue famose ballate “Canzone di Marinella”, “La guerra di Piero” un inno contro la guerra e per la pace (ricordiamo che

Hanno collaborato alla creazione di “AttivaMente AttivaMente”: AttivaMente Francesca Scarano, Daniela Tondo, Michele Mazzarano, Paolo Tristani, Angelo Notaristefano, Francesca Greco, Domenico Lasigna, Giovanni Ambruoso, Piermario Pagliari. Per il progetto grafico: Marco Tondo e Domenico Lasigna.

De Andrè fu un grande pacifista). Poi arrivò l’album “La buona novella” il cui protagonista è Gesù, o meglio, la sua figura, il suo messaggio. De Andrè era molto affascinato dal cristianesimo, dal messaggio rivoluzionario di Gesù, egli pensava infatti che fosse il primo rivoluzionario della storia. E ancora una volta il nostro cantautore è riuscito a stupirci, coniugando autenticamente la religione (il sacro) alla rivoluzione (il profano). È la volta di “ Storia di un impiegato” un vero e proprio poema che racconta la vicenda di un impiegato costretto a diventare terrorista o con parole deandreiane “Bombarolo” e che è un realistico scorcio degli anni ’60, con tutte le sue contraddizioni, conflitti, speranze e temerarie sperimentazioni. L’album successivo è “Non al denaro, né all’amore, né al cielo” ispirato al poema di Edgar Lee Masters “Antologia di Spoon River”. La seconda fase della vita artistica di Fabrizio è caratterizzata dalla sua volontà di staccarsi dalla “gabbia espressiva” delle parole, per concentrarsi più sul suono delle parole stesse: è la volta di “Creuza de ma” un album interamente in dialetto genovese. Parlando di Fabrizio non si può non raccontare il suo attaccamento alla libertà di cui è simbolo la bellissima “Se ti tagliassero a pezzetti”. L’opera del nostro artista è ancora vastissima e si potrebbe continuare a parlarne per tante altre pagine, ma lascio a voi il piacere di addentrarvi nella conoscenza della magnifica musicapoesia di Fabrizio De Andrè che io considero “una goccia di splendore” (parole dello stesso) in un mare di frivolo conformismo. Francesca Greco

Se hai t ra i 14 e 29 anni e s ei interessato a partecipare alle at tività d ei Giovani Democratici

CONTAT TACI !!! email: pdmassaf ra@gmail.com ht t p://pdmassaf ra.blogspot.com


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