Recensione La cucina e i prodotti della Valmarecchia

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La cucina della Valmarecchia e i suoi prodotti è l’ultima fatica dell’enogastronomo ravennate Graziano Pozzetto appena insignito del Premio Bancarella Il libro, La cucina e i prodotti della Valmarecchia da Santarcangelo di Romagna a Casteldelci, è quasi un tomo, grosso, grande, proprio come il suo autore che, da sempre definisco “l’orco buono” della gastronomia romagnola, tra i fondatori di Slow Food e studioso delle unicità gastronomiche a cui ha dedicato ampissime ricerche e studi. Lui sa di questo mio soprannome e non si offende, del resto non è uno permaloso. Nella sua vita, grazie al coraggio che lo contraddistingue e al fatto di non avere peli sulla lingua, se ne è fatto di nemici, ma lui prosegue nella sua strada, secondo il verso dantesco: “non ti curar di loro, guarda e passa”. Ed è ciò che fa lanciandosi in esplorazioni e progetti letterari che gli costano personalmente molto, anche in termini economici, senza attendere le lungaggini degli editori o le promesse dei politici di turno, come lui stesso ama ripetere. è accaduto con i libri sullo squacquerone

di Romagna, sulle anguille, le rane e i ranocchi, sullo scalogno, sulla cucina romagnola ma nulla lo spaventa quando ha un’idea in testa. Stavolta è toccato alla nostra valle essere protagonista e lui è riuscito a farla assurgere a una terra anche gastronomicamente parlando tanto bella quanto ricca. Anche io gli ho dato una mano, come sempre ho fatto con le sue opere precedenti, e ne sono felice perché mi ritrovo nelle sue pagine laddove porta i suoi passi e volge i suoi percorsi tra i luoghi dell’anima di Tonino Guerra, da me approfonditi in diversi volumi, e tra i sentieri della vallata amati e raccontati nelle mie tante guide della valle partendo dal lontano 1995, quella guida si intitola appunto I sentieri magici della Valmarecchia. Pozzetto in questi giorni è in giro per la valle, presenta la sua opera e molti hanno avuto e avranno occasione di ascoltarlo, da Santarcangelo e Novafeltria e di comune in comune, nonostante


19 questo credo che del suo “librone” si debba parlare. Innanzi tutto per spiegare di cosa si tratta: non di un libro di ricette, lui non ne ha mai scritti, assolutamente, né vuole farlo. è un libro di cultura del cibo, soltanto di cultura in senso lato e nel senso più elevato del termine, che tra ricerca e tradizione si muove nei meandri di ciò che resta di ieri e ciò che potrebbe salvarsi domani. Un esempio il capitolo sul formaggio di fossa. L’autore ha combattuto contro tutto e tutti affermando che il formaggio di fossa non può né deve essere come quello che oggi si trova ovunque, che si produce e si vende a vagonate, perciò vale la pena andare a leggere ciò che scrive in proposito. Vi farete un’idea e conoscerete il “dequalificante ed esasperato mercantilismo” verso cui Pozzetto lancia i suoi strali. E tuona anche contro altri prodotti, fate attenzione ce n’è per tutti. Anche se devo dire che leggendo questo testo sulla nostra valle, si scopre che l’esperto ravennate è diventato più buono, sarà l’età, sarà l’aria della zona, che con la sua bellezza ammorbidisce anche gli “orchi”. Prodotti DOP a parte, da lui gettati o salvati, quello che lui fa da sempre è riportare sulle pagine una lunga, lunghissima ricerca di casa in casa, di ristorante in ristorante, di produttore in produttore, di amici in amici, insomma lui si informa, chiede, intervista, interroga, legge, scopre e poi riporta. Lo fa anche con Tonino Guerra di cui riporta i versi poetici che diventano una prefazione sulla vallata carica della sua suggestione poetica. Così come riporta i racconti dei suoi piatti di bambino e di adulto, gustati a Pennabilli, dalla Peppa prima e dalla figlia Maria poi, che prima di lasciare questo mondo, per decenni hanno ospitato gente in casa propria dandogli da mangiare quello “che passava il convento” come si usava dire anticamente. Anche le parole dello scrittore Piero Meldini rapiscono come quelle guerriane, perché lui parte da lontano, da quelle pietre da cui trasuda la storia del Marecchia e delle sue genti. è straordinario leggere tra gli altri il racconto di certi pranzi barocchi. Come i memorabili banchetti offerti al nipote di papa Clemente XI, l’abate Annibale Albani, che si era concesso una vacanza dalle nostre parti in compagnia di 15 prelati e gentiluomini tra cui il cardinale Tanara, Legato di Urbino, e l’archiatra pontificio Giovan Maria Lancisi, che ci ha lasciato un vivace resoconto del viaggio in forma epistolare. è da questo libretto che abbiamo appurato cosa si mangiò nel 1705 dal castellano di San Leo, dove, si legge “mangiammo più assai e stemmo più allegri che in ogni altra delle passate” scorpacciate. Ma narra anche del principesco servizio nel Palazzo dei Principi di Scavolino, in quel di San Marino dove i pranzi erano sia di carne che di pesce, con storioni giganteschi, linguattole e triglie, poi cioccolate e rosoli, senza trascurare “i vini più celebri dell’Europa e in sin condotti dalla isole Canarie”. E sempre tra gli apporti c’è quello del grande gastronomo fondatore di Slow Food Carlin Petrini, e ancora quello sulla cucina di vallata raccontata dall’Ingegner Pier Giacinto Celi, imparata dalla madre e divulgata in un periodico locale.

Profumi e Sapori

di una volta di Silvia Rufilli

PRIMI E SECONDI DI CARNE PESCE E CAGGIAGIONE, POLLI ALLO SPIEDO PASTA FRESCA FATTA A MANO, PIADA E CASSONI, Piazza Europa n.11, 47827 - Villa Verucchio (RN) - Tel. 0541 670945 www.profumiesaporidiunavolta.it - E-mail: s.ruffilli@tiscali.it

E ancora la cucina delle erbe di Mara Valentini, che ha ereditato dal padre Ciro e dalla madre Gulmira la passione e l’amore per quest’arte antica, oggi perpetuata sempre a Rofelle di Badia Tedalda dal fratello Piero titolare di ErbHosteria. La prefazione poi è di Michele Marziani, un maestro in materia, uno di quei sapienti i cui testi sono qualcosa di cui non si può fare a meno e che consiglio vivamente di leggere. Insomma questo per dire che Pozzetto sa bene a chi rivolgersi e a chi spillare notizie e storie e non trascura nulla. Lui poi miscela tutto, ci aggiunge la sua saggezza gastronomica, condisce con gli ingredienti che lo caratterizzano, imprime il suo stile narrativo e il libro è completo. E lo è veramente, nel pieno significato della parola. Troverete tutto della nostra magnifica valle: dai frutti dimenticati alle erbe odorose, a quelle spontanee, dai legumi alle patate e tra i prodotti identitari i formaggi, le carni, la selvaggina, il miele, l’olio, le bevande, le conserve. E ancora moltissimo altro. Del resto questo volume gli ha fruttato un premio prestigiosissimo, il Baldassarre Molossi 2011 alla carriera, insignito dalla Giuria del Premio Bancarella cucina, che va ad aggiungersi ai tantissimi riconoscimenti ottenuti negli anni, grazie alla sua infaticabile produzione letteraria che lo ha portato a pubblicare oltre ottomila pagine sui prodotti della cucina italiana. Rita Giannini


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