Panoram Italia Vol 5 No 2

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Arts and Culture

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Photo: Joey Franco

Teatro -Théâtre - Theatre Quando è iniziata la sua storia d’ amore con le arti della scena? Da tanto. Da giovane. Influenzato probabilmente dai miei che hanno sempre avuto uno spirito molto vicino alle arti. Facile incamminarmi così in questo mondo. Mio fratello ed io siamo fra i fondatori della compagnia Sunil. L’ altro mio fratello ha studiato cinema a New York. Siamo tutti un pò ”imbevuti”... Cosa rappresenta il nome Sunil? Ci sono delle età nelle quali un viaggio iniziatico fa bene. Nell’ adolescenza per me partire per l’ India, lavorare come volontario, ha formato una riflessione non solo sul teatro ma anche sulla vita. Sunil, questo ragazzo indiano di Calcutta, conosciuto appunto in quella città, ha lasciato una traccia profonda in quelle che poi sono state le mie riflessioni, il modo di pensare il teatro, l’ idea del teatro, il modo di farlo. Il suo clown si allontana dallo stereotipo del personaggio che vuol far ridere. Perché un clown tragico? Nel mondo non si piange? Nel mondo si piange ma ci si commuove poco ed è differente, nel senso che la commozione è un momento liberatorio. Si guarda un tramonto e in quel momento lo spirito si muove in una zona strana del nostro pensiero. Si entra in una riflessione che ci mette in uno stato di commozione. È questo che mi interessa. Non è il pianto legato al dolore. A volte la realtà la si spiega attraverso una risata, ma c’è anche il bisogno di commuoversi, di farsi domande come: chi sono, dove vado, da dove vengo, con chi lo farò, cosa starò raggiungendo, cos’è il cielo, cosa significa vivere in terra. Cercare il senso. Riflessioni di questo tipo ci mettono come essere umani in uno stato di commozione.

ICARO di Daniele FINZI PASCA all’Usine C sorprende e commuove ancora dopo venti anni

Icaro: Quasi 20 anni, centinaia di rappresentazioni in tutto il mondo. Per quale ragione questo spettacolo continua a piacere? Perché piaccia... veramente non lo so. Perché continuare a portarlo in giro? Per me è più di un esercizio, è uno spettacolo faticoso. Il gioco della routine serve ad un attore per riuscire a superare certe preoccupazioni; in Icaro invece opera uno strano meccanismo. Ogni sera mi sforzo di mantenere una storia nel canale in cui é stata scavata la linea drammaturgica. Questo mi agita, ma mi fa anche bene. Anche come regista mi mantiene vicino al lavoro degli attori. Mi obbliga ad ogni rappresentazione a capire cos’è la paura, la preoccupazione, l’insicurezza.

Lidia Russo

La paura di entrare in scena l’assale ancora? Sempre. La paura... non mi assale, ma mi sfiora, mi gira intorno. La controllo, ma ce l’ho.

Icaro, monologo concepito per un solo spettatore, ode all’ immaginario e all’ amicizia, è anche una testimonianza contro il potere ed una meditazione sulla malattia e il sentore della morte. Un paziente (scelto fra gli spettatori), da poco ricoverato in ospedale, divide la stanza con un eccentrico personaggio (il clown). Per reagire contro la loro tragica sorte i due compagni “spiccano il volo” verso nuovi confini. Il clown sarà l’ artefice di una commovente, illusoria fuga. Icaro, scritto nel 1991, rappresenta il cavallo di battaglia del Teatro Sunil. Da circa vent’anni riscuote successo internazionale ed è presentato in sei lingue.

C’è una verità di Daniele in Icaro? C’è tanta onestà. La verità nel teatro non si può chiedere. Ciò che è vero non funziona. Il sangue vero di un attore non sembra vero sulla scena. Le lacrime vere non sembrano vere. Non c’è bisogno di verità sul palcoscenico; anzi bisogna rifuggirla perchè non sembra tale. C’è bisogno di onestà nell’interpretazione del ruolo.

aniele Finzi Pasca, artista eclettico di vasta esperienza, è nato a Lugano (Ticino) nel 1964. Nel D 1983 fonda il Teatro Sunil, dandogli il nome di un bambino che aveva accompagnato nella malattia a Calcutta in India.. La Trilogia della Fuga (di cui Icaro) e la Trilogia del Cielo sono fra gli spettacoli piú rappresentativi del Teatro Sunil. In Canada Finzi Pasca ha diretto grandi progetti e collaborato con Carbone 14, le Cirque du Soleil e le Cirque Eloize. In Italia ha scritto e diretto la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Torino 2006 e in Russia, più recentemente, ha ideato lo spettacolo per le celebrazioni del 150o anniversario della nascita di Tchekov. Clown, attore, autore, acrobata, coreografo, regista, ideatore di grandi progetti, maestro... c’ é una veste che indossa con maggior piacere? Tutte... e anche nessuna. Nel senso che faccio quello che fanno tutti gli uomini di teatro. Il teatro è uno schermo molto complesso dove sei obbligato ad occuparti di millecinquecento cose. A volte sei anche produttore, manager. Diciamo che sono un uomo di teatro.

Recitare in Ticino o in Italia per un pubblico di lingua italiana è piú facile di quando ci si esibisce all’estero in altre lingue? Non è detto. Ci sono dei pubblici tanto generosi, come in America Latina, da lasciarmi stupito. Sembra soffiare sulle onde. Non fai quasi niente ma ti sposti velocemente. E il pubblico di Montreal? Un pubblico attento, abituato al teatro. Questo pubblico mi ha abbracciato, adottato. D’altra parte sono quasi vent’ anni di Icaro. Sto facendo proprio ora una tournée alla ricerca di città dove è successo qualcosa. Qui all’ Usine C, circa 13 anni fa è nato qualcosa, una scintilla, un proficuo rapporto con il Cirque du Soleil, Carbone 14, il Cirque Eloize. Ora mi sposo con uno dei fondatori del Cirque Eloize, Julie. Insieme abbiamo mille progetti. Quindi il legame con Montreal è profondo. Un legame nato così... come succede... Arrivi in un camerino, monti qualcosa, fai uno spettacolo e qualche giorno dopo senti che la vita sta “girando”. Un consiglio ad un giovane attore clown agli esordi? Studiare la leggerezza. Bisogna togliere nel recitare e cercare di essere leggeri. Continuerà a volare? Speriamo Al termine dell’ intervista, realizzata poco prima dello spettacolo, ora della vulnerabilità quando la “paura comincia a sfiorare e a girare intorno”, il maestro Daniele Finzi Pasca ha preso lo stesso il tempo di ringraziarci gentilmente, salutarci amichevolmente e abbracciarci affettuosamente. v

Owner Antonia Monzione-Iermieri

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