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Febbraio/Marzo 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 3



EDITORIALE

Esame di maturità di David Pambianco

N

ella produzione, il food&beverage italiano sembra aver superato bene la crisi pandemica e, contro le previsioni negative dei mesi più bui, potrebbe aver messo a segno un sorprendente incremento dell’export. Mancano i dati relativi al Natale, ma l’analisi dei primi nove mesi 2020 dell’Annuario dell’agricoltura italiana evidenzia una crescita di quasi un punto percentuale, accompagnata da un calo di 4,4 punti delle importazioni. Questo rafforzamento oltre confine si somma al risultato altrettanto positivo delle vendite interne nei canali della grande distribuzione e dell’e-commerce. In generale, l’appeal del made in Italy del cibo appare ancora più forte grazie alla qualità dei prodotti, alla tracciabilità delle produzioni (dop economy) e alla loro sostenibilità, carta vincente per conquistare un consumatore sempre più attento, dopo il Covid, a quest’ultimo aspetto. Ed è rilevante il fatto che i big della nostra industria agroalimentare, da Barilla a Ferrero, abbiano messo a segno, proprio negli ultimi mesi, varie acquisizioni internazionali per aumentare il proprio peso nei mercati che contano, in particolare Usa e Gran Bretagna. Gli investimenti dei gruppi industriali trovano una corrispondenza in quelli dei fondi di private equity, che hanno mantenuto il faro puntato sul food e, in prospettiva, si preparano a rilanciare nella ristorazione, che è stato il grande loser nell’anno da poco concluso. Nell’articolo a loro dedicato, gli investitori concordano sul fatto che le attività di ristorazione rappresentano ancora un asset strategico e, non appena ci sarà chiarezza su un ritorno alla continuità delle operazioni, questo settore sarà oggetto di diversi deal. Il crollo del 2020 darà ulteriore spinta agli investimenti, perché i fondi avranno la possibilità di ottenere un ritorno consistente al momento dell’uscita. Alla fine, il Covid potrebbe aver costituito un passaggio di maturità per la validità dei format, alcuni dei quali hanno dimostrato capacità di adattamento alla nuova situazione. La vera novità potrebbe però arrivare dal fine dining, con l’ideazione di format che portano il nome degli chef e possiedono caratteristiche di replicabilità e conto accessibile. In questo modo, la prova pandemica verrebbe superata non solo dalla produzione, ma anche dalla ristorazione.

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SOMMARIO 6

OVERVIEW

10

ANALISI

Il cioccolato è solido

14

INCHIESTA

Rivoluzione digital

19

DOSSIER

The new dining

20 I format da 10 e lode

24 Fondi quasi pronti

28 Addio vecchio ristorante

32 Delivery 2.0

36

APPROFONDIMENTO

Il fine dining vince negli hotel

40

MERCATO

40 Antinori e San Guido dominano Le Quotabili

44 Il packaging diventa eco e premium

52

SCENARI

52 Puglia, la sua forza è il Primitivo

56 Tre gemme in fiore

60 Tormaresca sul premium

62

TENDENZE

L’enologo è donna

66

INTERVISTA

Massimo Tuzzi

In copertina

Olimpia Zagnoli “Marisa” In mostra da marzo presso: Fondazione Palazzo Magnani, Reggio Emilia “Caleidoscopica. Il mondo illustrato di Olimpia Zagnoli” Cover story a pag. 81

Terra Moretti alla svolta manageriale

73

WHAT’S NEW?

74 Calici per alti pensieri

76 Pasta d’autore

78 Choco-dreams

4 PAMBIANCO WINE&FOOD Febbraio/Marzo 2021

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fotografia © Giulia Iacolutti

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ITALIA

VOLA IL PROSECCO DOC, OLTRE MEZZO MILIARDO DI BOTTIGLIE

TOLLO SALE A 37,4 MLN Fatturato in crescita per Cantina Tollo. L’azienda abruzzese ha approvato il bilancio 2019/20 con 37,4 milioni di ricavi contro i 35 dell’esercizio precedente e il presidente Tonino Verna ha comunicato la nomina di Andrea Di Fabio a direttore generale.

ABRUZZO IN GDO La grande distribuzione premia il Montepulciano d’Abruzzo, che nel 2020 ha fatto segnare un aumento in valore dell’8%, riuscendo anche a imporre prezzi più alti perché l’aumento in volume si è fermato al +3,8 percento.

I

l Prosecco doc ha superato per la prima volta il “muro” di 500 milioni di bottiglie, riuscendo a chiudere il 2020 con una crescita del 2,8% rispetto ai volumi certificati nel 2019. In valori assoluti, vuol dire un incremento di poco inferiore ai 14 milioni di bottiglie. Dalla prima analisi del Consorzio di tutela, emerge il contributo della novità Prosecco Rosé, introdotta nel mercato nella seconda parte dell’anno e determinante per l’aumento dei volumi. Di spumante rosa ne sono infatti state prodotte 16,8 milioni di bottiglie. Si tratta però di una percentuale molto bassa rispetto alla totalità del Prosecco doc, di poco superiore al 3%, per cui il presidente del Consorzio con sede a Treviso, Stefano Zanette, preferisce evidenziare la capacità di tenuta delle bollicine “tradizionali” a base Glera, certamente più appetibili rispetto alle etichette di spumante metodo classico in un periodo di consumi principalmente domestici, con acquisti effettuati attraverso la grande distribuzione e con forti attenzioni al prezzo. In ogni caso, Zanette sottolinea che: “Il valore medio delle vendite di Prosecco doc a scaffale è in linea con le aspettative del consumatore italiano ed internazionale. Infatti, la quota di prodotto venduta a prezzi entry level rappresenta una frazione marginale, attorno al 4%”. Le strategie del consorzio prevedono ora un processo di miglioramento della qualità. 6 PAMBIANCO WINE&FOOD Febbraio/Marzo 2021

WINE SPECTATOR 2020, TERZO UN BRUNELLO Wine Spectator premia un vino spagnolo, la Gran Reserva Especial 2010 di Bodegas Marqués de Murrieta, come migliore etichetta mondiale presentata nel 2020. La consueta top100 della prestigiosa testata Usa vede al secondo posto un vino statunitense, il Pinot noir Aubert (Sonoma, California) annata 2018, e al terzo un Brunello di Montalcino, Le Lucére dell’azienda San Filippo, annata 2015. L’Italia piazza due etichette nei primi dieci posti e 19 vini nei primi cento.

SAJNI FASANOTTI NEL GARDA Tenute Sajni Fasanotti ha acquistato una ex concessionaria di automobili a Mori (Trento) e l’ha trasformata in un centro di degustazione per i suoi vini, con un progetto di cantina, mescita, vendita e ristorazione. Apertura prevista in primavera.

CAVIRO CRESCE (+10%) La produzione di alcol igienizzante ha contribuito alla crescita dei ricavi di Caviro, la più grande cooperativa vitivinicola d’Italia, che ha archiviato l’esercizio 2019/20 con 362 milioni di fatturato (+10%). L’ebitda ha raggiunto il 7,4% sul fatturato.



ITALIA

PESENTI SI “BEVE” CALLMEWINE Italmobiliare si è assicurata la proprietà di Callmewine. La società di investimento che fa capo alla famiglia Pesenti ha acquisito il 60% del capitale della piattaforma di e-commerce fondata nel 2010 da Paolo Zanetti, per un investimento complessivo pari a 13 milioni di euro, parte in acquisto di partecipazioni e parte in aumento di capitale. Si tratta della seconda maxi-operazione nel mondo dell’e-commerce vinicolo dopo quella che ha portato Campari a investire in Tannico. Callmewine prevede di chiudere il 2020 con un fatturato pari a circa

12,5 milioni di euro, in crescita del 95% rispetto al 2019. Come le altre piattaforme specializzate, ha registrato un vero e proprio boom di richieste durante il lockdown, poi consolidate nel periodo della riapertura. L’investimento segna per Italmobiliare l’avvio di un nuovo ambito di attività, volto a valorizzare opportunità di mercato in settori innovativi e capaci di cambiamenti anche dirompenti, partendo da piccole realtà con grandi potenziali di crescita (Small Cap Growth), basate su nicchie di eccellenza del panorama imprenditoriale italiano.

Wine.com cresce del 119%

Il leader Usa dell’e-commerce nel vino ha più che raddoppiato il fatturato nel corso del 2020. Wine.com, società con sede a San Francisco, ha infatti chiuso l’ultimo esercizio con 329 milioni di dollari di ricavi, pari a 270,5 milioni di euro al cambio attuale (+119%). Un risultato messo a segno soprattutto nel periodo compreso tra marzo e settembre, mentre nell’ultimo quarter, il più importante per volumi di vendita e in grado di incidere per un terzo del fatturato totale annuo, la crescita si è fermata al +64%. Gli acquisti effettuati dai millennials e dalla generazione Z rappresentano il 44% del totale, secondo quanto comunicato dalla stessa società. Lo smartphone ha coperto circa un terzo degli ordini complessivi, per un fatturato di 110 milioni di dollari tra ordini su sito e sulla app realizzata da wine.com. Il maggior tasso di crescita ha riguardato il programma StewardShip members creato da wine.com per ottenere spedizioni a costo zero: ha generato infatti 189 milioni di ricavi, con un balzo del 149% rispetto al 2019. “Abbiamo affrontato molte sfide durante il 2020 per stare al passo con la domanda, tra cui raddoppiare la nostra forza lavoro nelle operazioni e nel servizio clienti e mantenere le nostre persone al sicuro durante la pandemia”, ha affermato in una nota Rich Bergsund, ceo di wine.com.

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Etilika decolla Ha venduto la prima bottiglia di vino a giugno 2019, per poi chiudere l’anno con 200mila euro di ricavi. Nel 2020 il business è esploso e a fine dicembre è arrivata a 2,6 milioni, mettendo a segno un balzo del +1300 percento. Ora per Etilika, piattaforma di e-commerce specializzata su vini e distillati, è arrivato un round di finanziamento necessario per sostenere un business plan che prevede 4,5 milioni di ricavi a fine anno. All’appello ha risposto un gruppo di business angels, da cui Etilika ha raccolto 400mila euro in sole due settimane. Inoltre, è stata avviata con Mamacrowd una campagna di crowdfunding con l’obiettivo fissato a 500mila euro, che si chiuderà alla fine di febbraio.

Cdp nel vino Cassa Depositi e Prestiti e Iccrea BancaImpresa danno vita a Italian Wine Boutique, nuovo contratto di filiera del IV° Bando del Mipaaf dedicato all’enologia. L’operazione porterà 28 milioni di euro al comparto vitivinicolo.

Italia nei fine wines L’Italia rafforza le sue posizioni all’interno di Liv-ex, piazzando tre etichette all’interno delle prime dieci posizioni. Le etichette in questione sono il Monfortino Riserva 2013 di Giacomo Conterno, Sassicaia 2017 di Tenuta San Guido e Tignanello 2016 di Antinori.

Maeli compra sui Colli Maeli sale a 45 ettari tra i Colli Euganei, dopo l’acquisizione appena conclusa di altri 11 ettari nel territorio situato a sud di Padova, area nota per le proprie stazioni termali e per i vini ottenuti da uve coltivate su un terreno vulcanico.

Pizzolato vola (+25%) Il Prosecco bio di Pizzolato, 14 milioni di ricavi nel 2019, si appresta a chiudere l’anno in corso con un balzo del 25% grazie anche alla conquista di sette nuovi mercati esteri, portando così al 90% la propria quota export.


ITALIA

Niko Romito prepara un campus in Abruzzo

Alajmo a Cortina nell’hotel di Renzo Rosso L’hotel Ancora, acquistato da Renzo Rosso a Cortina D’Ampezzo, è in piena ristrutturazione, ma all’interno dell’immobile è già entrata la ristorazione firmata Alajmo. A dicembre ha aperto il temporary restaurant invernale a marchio Hostaria, ideato da Massimiliano e Raffaele Alajmo, sviluppato sulla base dell’esperienza avviata per il locale estivo Hostaria in Certosa che ha debuttato la scorsa estate a Venezia. “Renzo Rosso mi aveva raccontato di questa nuova acquisizione – ha affermato Raffaele Alajmo – e mi è tornata in mente a fine settembre, quando ho visto che le prospettive invernali per Venezia sarebbero state tragiche. Abbiamo bisogno di alzare la testa e guardare avanti, di essere reattivi e propositivi.” In questo modo, il gruppo veneto dell’alta ristorazione, a cui fanno capo diverse iniziative nate dal tristellato Le Calandre di Rubano (Padova), avrà la possibilità di occupare la squadra formata da 25 dipendenti già schierata a Hostaria in Certosa, evitando loro la cassa integrazione.

Niko Romito investe nel suo Abruzzo con un progetto di realizzazione di un campus di ricerca e alta formazione che sarà realizzato a Castel di Sangro (L’Aquila) e che prevede la costruzione di polo in partnership con l’Università Sapienza di Roma, attraverso il dipartimento di Scienza e Nutrizione. Il Campus avrà al suo interno un centro di ricerca, un polo formativo e un incubatore di nuovi format, necessario perché tutto non si limiti alla teoria, ma trovi uno sbocco concreto nell’imprenditoria legata alla nutrizione e alla ristorazione.

DURANTE LE FESTE, L’HORECA HA PERSO 700 MILIONI Come prevedibile, il delivery non è bastato per contenere le perdite di incassi nel mondo della ristorazione e del fuori casa. Secondo l’ultimo report di Bain & Company, bar e ristoranti hanno chiuso il 2020 con una perdita di fatturato del 37% su base annua circa rispetto al 2019, equivalenti a circa 27 miliardi di euro. In particolare, durante le feste di fine anno, tra Natale e Capodanno, i mancati

incassi sarebbero pari a 700 milioni ed equivarrebbero all’1% del totale annuo del comparto. Nel primo semestre 2020, le perdite calcolate da Bain & Company si attestano attorno ai 16 miliardi di euro. La ripresa dei mesi estivi ha permesso di chiudere il terzo trimestre con una flessione più contenuta, -15-20% rispetto al 2019. Nell’ultimo quarter il fatturato si è quasi dimezzato (-45%).

TUTTOFOOD A OTTOBRE Prevista inizialmente a maggio, Tuttofood slitta a ottobre e si terrà in contemporanea con HostMilano per realizzare un’operazione di sistema che unisce food e ospitalità professionale. Le fiere inizieranno il 22 ottobre.

IT A DI COSTANZO Nino Di Costanzo è il nuovo consulente per la ristorazione del gruppo It, presente a Milano (con tanto di stella Michelin), Ibiza, Londra, Porto Cervo e ora in apertura a Tulum (Messico, Riviera Maya). Sostituisce Gennaro Esposito.

MASSARI SI ESPANDE Due nuove pasticcerie per Iginio Massari. Il pastry più famoso d’Italia ha aperto un temporary a Roma in Stazione Termini e uno store a Verona in corso Sant’Anastasia, all’interno dell’ex caffetteria Loacker, a due passi da piazza delle Erbe.

ADDIO A MORINI A 85 anni è mancato Gianluigi Morini, fondatore del San Domenico di Imola, il più antico ristorante con due stelle Michelin tra quelli in attività. Morini se n’è andato proprio nell’anno in cui si celebrava il 50° dalla fondazione del locale.

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ANALISI

IL cioccolato È SOLIDO di Andrea Guolo

FATTURATI IN CRESCITA E MARGINI MEDIAMENTE ALTI, RISPETTO ALLA MEDIA FOOD, PER LE MAGGIOR IMPRESE ITALIANE DEL COMPARTO. DOPO UN 2019 AL +4%, LE PRIME IMPRESSIONI SUL 2020 SONO ABBASTANZA POSITIVE, CON IL CROLLO DEL RETAIL E DELL’HORECA COMPENSATO, IN TUTTO O IN PARTE, DALLE VENDITE IN GRANDE DISTRIBUZIONE.

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I

l cioccolato appaga non solo chi lo degusta, ma anche chi lo produce. A dimostrarlo sono i bilanci, analizzati da Pambianco, delle prime dieci aziende italiane specializzate nel cosiddetto “cibo degli dei”. Il 2019, ultimo esercizio considerato nell’analisi, si è chiuso con un giro d’affari complessivo di oltre 900 milioni di euro, in aumento di circa il 4% sull’anno precedente e con una marginalità più che soddisfacente, considerando l’incidenza double digit dell’ebita sul fatturato nel campione considerato. Si tratta di un valore di ebitda percentuale mediamente superiore a quello del comparto alimentare, pur essendo presenti in classifica anche realtà che producono per la grande distribuzione e spesso lo fanno con il marchio del retailer (private label). Ad ogni modo, i player del settore tentano di uscire dalla mischia del prezzo e lo fanno con prodotti premium, destinati a un consumatore sempre più esigente in fatto di qualità, e anche con politiche di retail.


ANALISI

I TOP 10 PER FATTURATO, CON EBITDA Fatt. 2019

Var % 2019/18

Ebitda %

1. ICAM

161

5

14

2. NUTKAO

159

24

10

3. ELAH DUFOUR

121

-4

13

4. VENCHI

99

9

20

5. WITOR’S

80

-1

10

6. CAFFAREL

71

5

3

7. LUIGI ZAINI

64

3

4

8. LAICA

51

5

7

9. SOCADO

49

3

12

10. PERNIGOTTI

30

-34

10

TOTALE

886

4

12

BENE ANCHE IL 2020 La top ten vede in vetta il gruppo lecchese Icam, in attività dal 1946 e di proprietà della famiglia Agostoni, forte dei suoi 161 milioni di ricavi e con una marginalità percentuale che sfiora il 14% ed è costruita su un modello di business diversificato, partendo dai rapporti diretti con la filiera del cacao per arrivare a una produzione conto terzi e in parte a marchio proprio. Dietro Icam si piazza, a breve distanza, il gruppo piemontese Nutkao, un big delle creme spalmabili diventato partner industriale dei principali retailer del mondo e che dispone di uno stabilimento anche negli Usa e di una fabbrica in Ghana. L’azienda con sede a Canove di Govone (Cuneo) vanta anche il titolo di top performer del 2019, forte di una crescita annuale prossima al 24%, a consolidare un trend di sviluppo consistente negli ultimi anni. Il terzo gradino del podio è invece occupato da Elah Dufour, proprietaria del marchio Novi, con un fatturato di 121 milioni e in lieve flessione rispetto all’anno precedente. Completano la top5 la piemontese Venchi, che però svetta nella speciale classifica della marginalità con un ebitda del 20% in linea con la sua strategia fondata sul retail e sul valore del prodotto, e la goriziana Witor’s, produttrice di biscotti al cioccolato per conto terzi (principalmente per Barilla), con fatturato stabile e un 10% di ebitda.

Valori in milioni di euro Fonte: Pambianco

La sala di confezionamento di Icam a Orsenigo (Lecco) In apertura, fave di cacao

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ANALISI

Emerge dunque la solidità del comparto, che nel 2020 ha dovuto affrontare sicuramente uno stress test dal punto di vista organizzativo, ma ha saputo reagire bene e in diversi casi è riuscito non solo a concludere l’anno con i conti in attivo, ma anche con fatturato in aumento grazie ai risultati raccolti in grande distribuzione. LA CRESCITA DI ICAM Un esempio arriva proprio dalla capolista Icam. “ Sostanzialmente traguardiamo attorno a 177 milioni di fatturato, in crescita del 9,3%, con circa 15 milioni di euro in più sul 2019”, racconta il direttore commerciale Giovanni Agostoni. “Con tutto quello che è successo, e con tutti i momenti anche drammatici vissuti in azienda nel periodo del primo lockdown, questo risultato ci riempie di orgoglio e di soddisfazione. È chiaramente un aumento costruito assieme alla gdo e in particolare nel private label, proprio perché i consumi si sono concentrati nei supermercati”. Se nel 2019 la produzione per marchi terzi generava il 39% del fatturato totale di Icam, nell’ultimo anno questa quota è salita al 43 percento. In direzione opposta, come prevedibile, si è mosso il giro d’affari del foodservice e dei prodotti a marchio proprio (come il premium brand Vanini), la cui incidenza è scesa dal 15 al 12% dei ricavi complessivi. È rimasta sostanzialmente invariata 12 PAMBIANCO WINE&FOOD Febbraio/Marzo 2021

la situazione del terzo canale di Icam, quello dei semilavorati per le aziende industriali: un pareggio frutto della compensazione dei clienti che si rivolgono alla gdo rispetto al calo dei clienti orientati all’horeca. In Italia, Icam ha ottenuto un sostanziale pareggio rispetto al 2019, mentre all’estero il giro d’affari è aumentato del 15% portando la quota export dal 58 al 62% in soli 12 mesi. I mercati più brillanti? “Abbiamo avuto la conferma della bella sorpresa francese, ma anche della solidità della domanda per il Regno Unito, che presidiamo da molto tempo. Un altro mercato in fortissima crescita, e per noi estremamente importante, è quello americano”, precisa Agostoni. Aggiungendo che: “Al di là dei numeri, sempre determinanti, la nostra soddisfazione è anche legata all’essere riusciti a garantire la continuità aziendale. Le persone di Icam non hanno mai mollato, neanche nei momenti più difficili, dando credito a un’azienda che ha posto al centro la salute dei suoi collaboratori. La risposta dei reparti produttivi è stata straordinaria”. In evidenza, durante l’anno, soprattutto i prodotti base per la realizzazione delle ricette, come le bustine di polvere di cacao. “Lo abbiamo chiamato ‘effetto pasticceria-casa’, è come se il cioccolato fosse rientrato nel paniere dei beni necessari anziché nei voluttuari. Ora per il 2021 ci aspettiamo una continuità per lo stile del


ANALISI

consumo domestico e auspichiamo un recupero del canale professionale, che comunque non tornerà ai livelli del 2019 o almeno non subito. Ci sarà, infine, una crescita in ambito industrial, perché vediamo in atto diversi progetti industriali tra i player del cioccolato che noi riforniamo”. Tra i trend premiati dal mercato spicca quello della sostenibilità, particolarmente premiante per Icam, la cui produzione è per il 75% bio o fair trade o certificata etica. GDO NECESSARIA Il boom del cioccolato non solo come cibo di consolazione, ma anche come ingrediente per la preparazione in casa di dolci, viene esaminato da un leader di comparto nell’ambito domestico come Zaini, che con il marchio Emilia ha una quota di oltre il 30% nella gdo Italia, dove ha messo a segno una crescita a doppia cifra arrivando a circa il +30% con picchi legati al primo lockdown. Un balzo che ha permesso all’azienda milanese di contenere il calo di fatturato complessivo al -3%, partendo da un budget annuale preCovid stimato al +6% e vanificato dai fatti successivi. “Ci dispiace non aver concretizzato le previsioni, ma se analizziamo le flessioni del 20/30% avvenute in altri settori, allora cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno”, commenta l’amministratore Luigi Zaini, proprietario dell’azienda assieme alla sorella Antonella Zaini. A fronte di un calo contenuto, l’azienda ha archiviato un 2020 soddisfacente anche per il fatto di aver dato continuità alla produzione e all’occupazione, senza ricorrere alla cassa integrazione e assicurando pieno stipendio ai propri dipendenti. La flessione è legata al canale ingrosso, all’horeca e ai negozi diretti, che hanno incassato la metà rispetto alle previsioni. “Purtroppo questa tendenza continuerà nei primi mesi del 2021, in assenza di un cambiamento di rotta nella gestione delle aperture e nella programmazione delle stesse, vista l’altalena delle decisioni governative. Ragionando in prospettiva, l’incertezza legata alla pandemia ci crea dei grossi dubbi sui risultati del dettaglio tradizionale”, precisa Zaini. Il quale osserva una costante crescita di interesse verso il cioccolato da parte dei consumatori internazionali. “È in atto una riscoperta delle produzioni locali, a beneficio di tanti artigiani, e del cioccolato made in Italy all’estero, con notevoli opportunità di crescita per tutti i

player specializzati, soprattutto per chi realizza prodotti con alte percentuali di cacao. L’appeal dell’italianità, e nel nostro caso della milanesità, rappresenta un’occasione da sfruttare per concretizzare la crescita, a patto che le istituzioni collaborino e ci aiutino nel far conoscere il made in Italy nel mondo”. Quanto all’ebitda, Zaini evidenzia come la presenza in gdo, da cui deriva una parte sostanziale del business, imponga un contenimento dei margini e costringa le aziende a differenziare i canali, anche se: “La gdo è necessaria per fare volumi, di cui tutti abbiamo bisogno per effettuare gli investimenti necessari in termini di tecnologia, ricerca, sistemi di qualità e anche comunicazione a sostegno del brand”, conclude Zaini.

Dall’alto, Giovanni Agostoni (Icam) e Luigi Zaini Nell’altra pagina, la raccolta del cacao in piantagione

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INCHIESTA

Rivoluzione DIGITAL di Giambattista Marchetto

NON C’È SOLO L’E-COMMERCE NELLE STRATEGIE POST PANDEMICHE DEI MAGGIORI GRUPPI ITALIANI DEL FOOD&BEVERAGE. ORA SI PUNTA AL LANCIO DI LINEE DI PRODOTTO E DI PROGETTI DEDICATI AL CANALE ONLINE.

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P

rogetti dedicati al nuovo cliente che compra in digitale, ma anche linee di prodotto differenziate rispetto a fuori casa e gdo. La pandemia e i lockdown hanno spinto l’acceleratore sull’e-commerce anche nell’alimentare, dove il canale online risultava un’appendice in una strategia multicanale essenzialmente basata sulla presenza fisica. E i brand italiani del food&beverage hanno cavalcato l’onda, sfoderando adattabilità e spirito di iniziativa. Con una convinzione diffusa: dopo la “rivoluzione” non si torna indietro e alcune abitudini d’acquisto rimarranno anche quando si potrà tornare a vivere in presenza. SEMPRE PIÙ MULTICHANNEL “La crescita degli acquisti online diventa strutturale e ci costringe a ragionare in una logica di esperienza omnicanale”. Lorenzo Giorda, digital marketing director di Lavazza, conferma una


INCHIESTA

crescita dell’e-commerce con picchi a tripla cifra per la multinazionale del caffè (2,2 miliardi di fatturato nel 2019). “In un mondo in cui la distinzione tra offline e online risulta obsoleta, ogni momento di contatto è relazione, per questo ragioniamo nell’ottica di onlife customer journey”, sottolinea il manager. E oltre al documentario sulle piantagioni in Colombia e alle dirette Instagram #TheBreakfastHub, il riferimento è soprattutto al nuovo brand 1895 Coffee Designers dedicato agli specialty coffee. Sulla piattaforma artigianalità e tecnologie produttive portano a una selezione di piccoli lotti di caffè d’eccellenza. “Abbiamo costruito un’esperienza in ottica phygital – spiega Giorda – e anche il processo di acquisto è integrato, grazie alla subscription ad un vero club”. Obiettivo: “Ingaggiare un target giovane, nell’ottica della premiumizzazione del marchio”. In Bauli le vendite online hanno segnato +120% nel 2020, con punte a +170% in lockdown. Per intercettare un consumatore sempre più “fluido”, la casa dolciaria veronese (485 milioni il fatturato 2019/20) ha accelerato sul progetto TuoBauli, piattaforma e-commerce che propone un panettone artigianale personalizzabile per impasto, farcitura e confezione. “Progetto innovativo e crossfunzionale, con ottimi riscontri – evidenzia Roberto Bellinzona, regular consumption marketing director - C’è la volontà di nutrire questo canale diretto, complementare all’ecommerce dei partner in gdo”. Anche perché le rivoluzioni del 2020 – “anno difficile” per Bauli, con -30% sulla Pasqua e -10% a volumi per il Natale - sono destinate a perdurare. “Crediamo che i macro trend non cambieranno, ma verranno stressati – conferma il manager - Da modello prototipale, l’e-commerce si inserisce nello sviluppo di progetti, modificandoli già in fase r&d. E i feedback dai consumatori permettono di customizzare la proposta sui target”. Dai 150mila euro realizzati online nel 2019 a oltre un milione nel 2020. Riso Scotti ha quasi decuplicato il business in rete nell’anno della pandemia, soprattutto sull’e-shop aziendale, ma anche su piattaforme (Amazon in primis). E nonostante sia ancora minima l’incidenza sui 235 milioni di ricavi annui (la crescita stimata sui 224 milioni di 2019 è del 5%), il trend è stimolante. “Siamo stati tra i primi a credere

Dall’alto, specialty 1895 Coffee Designers by Lavazza, i panettoni customizzati di TuoBauli e lavorazione del pomodoro Cirio

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INCHIESTA

nell’online e questo ci ha dato un vantaggio competitivo” evidenzia la digital manager Francesca Scotti. “Per garantire un’offerta diversa dalla gdo abbiamo concepito una gamma dedicata all’e-commerce. E i nostri clienti erano pronti a cogliere l’offerta giusta su nuovi canali. Questo ci ha motivati nella creatività”. L’azienda pavese ha puntato su linee dedicate e su una comunicazione ad hoc. “Crediamo che l’online abbia ottime prospettive anche con il ritorno alla normalità – conclude l’imprenditrice – e stiamo lavorando soprattutto sui giovani”. OLTRE L’INTERMEDIARIO “Il consumer 2.0 usa internet per informarsi, acquistare e commentare e noi dobbiamo essere veloci nelle risposte e trasparenti nelle informazioni – afferma Armando de Nigris, presidente di De Nigris 1889 – Ecco, abbiamo declinato in digitale i valori di sempre”. L’imprenditore dell’aceto balsamico esprime una consapevolezza precisa: “All’ecommerce non basta il web, poco percettivo. Le nostre 7 boutique, nei centri storici e negli aeroporti, permettono di annusare e assaggiare i prodotti accompagnati da un esperto. Hanno fatto tanto per l’awareness e questo ci ha dato un vantaggio anche digitale”. Così De Nigris ha proposto nello shop online la gamma di

prodotti luxury, normalmente disponibile solo in boutique. Rimane indiscussa la spinta sul canale online, che nel 2020 - “con percorsi fluidi e flessibili” - ha consentito all’azienda di reggere l’urto, chiudendo i conti con una tenuta sul 2019 (il consolidato era 85 milioni). Sostegno all’horeca e spinta alla disintermediazione: su queste linee la pandemia accelera la digitalizzazione per Conserve Italia. “Oltre al crollo dell’horeca e all’aumento del retail, ha portato un incremento dell’ecommerce – riferisce il direttore generale Pier Paolo Rosetti – Abbiamo supportato la gdo nella vendita online. Crediamo anche nello sviluppo del delivery, soprattutto per horeca e foodservice, e stiamo mettendo a punto strategie e prodotti per intercettare le esigenze di distributori, grossisti e gestori”. Il gruppo bolognese (900 milioni di fatturato) ha rivisto alcuni formati (monodose) e investito in comunicazione. “Siamo una total horeca company che presidia il canale e non si tira indietro davanti alle difficoltà”, dice con forza il dg del gruppo (che ha in pancia marchi come Cirio, Valfrutta, Yoga), ma conferma l’attenzione “sul tema della disintermediazione dei canali per la crescita dell’e-commerce, la profonda crisi che sta vivendo l’horeca e le trasformazioni che interessano la gdo”.

Da sinistra, Lorenzo Giorda (Lavazza), Francesca Scotti (Riso Scotti) e Armando de Nigris (De Nigris 1889)

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INCHIESTA

Accelerata la trasformazione digitale in Fratelli Branca Distillerie nel 2020, con l’esplosione dell’e-commerce. “È diventato ormai elemento imprescindibile per rispondere alle dinamiche d’acquisto e di fruizione”, rimarca Stefano Furini, global chief marketing officer. E poiché la comunicazione online è attenta a contenuti e intrattenimento, Branca ha evoluto il ruolo dei brand ambassador, trasformandoli in “intrattenitori digitali” con dirette social. L’approccio cambia dunque con una solida strategia di medio-lungo periodo. “La difficoltà sul fuori casa – chiarisce il manager – ha permesso l’accelerazione nello sviluppo di marchi in gdo e il lancio di prodotti nuovi, come i ready-to-drink Carpano (Negroni e Mi-To). È fondamentale rimanere flessibili per adattarsi al contesto in continuo cambiamento”. E i trend del momento sono la riscoperta di marchi storici e la consapevolezza dei consumatori. Il “congelamento” di ristorazione e musica live ha spinto Nastro Azzurro ad una comunicazione supportiva: dal crowdfunding #unabirraperdomani, che ha raccolto 500mila euro devoluti ai locali con Fipe, ai live streaming #lamusicanonsiferma con i partner musicali, fino ai voucher digitali della campagna #pizzeriedelcuore. Sul mercato, la pandemia “ha accelerato i processi già in atto – conferma Francesca Bandelli, marketing & innovation director Birra Peroni – e quella dell’e-commerce avrà maggiore impatto nei prossimi anni. Fondamentale, in quanto nella comunicazione digitale di brand si apriranno opportunità per la conversione all’acquisto immediato dei prodotti”. Dunque il focus sarà sull’esperienza del brand e sulla trasparenza (Nastro Azzurro ha lanciato un’edizione speciale Mais Nostrano certificata con blockchain), con un’attenzione alle peculiarità del canale digital. Ferrarelle ha supportato i clienti horeca, ma in piena pandemia ha sviluppato anche l’offerta home delivery. “Il dialogo con gli stakeholder rappresenta la chiave anche nell’incertezza”, evidenzia il direttore commerciale Andrea Marino. La pandemia ha infatti cambiato le abitudini di consumo e, per rispondere alle esigenze di sicurezza, Ferrarelle ha portato l’acqua nelle case, anche grazie all’ampliamento della rete di rivenditori autorizzati.

Dall’alto, Roberto Bellinzona (Bauli), Pier Paolo Rosetti (Conserve Italia), Francesca Bandelli (Birra Peroni) e Stefano Furini (Fratelli Branca Distillerie)

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Nella foto, interni di Temakinho

dossier

The NEW DINING LA RISTORAZIONE È PRONTA A RIPARTIRE, CON UN NUOVO MODELLO E CON LOCALI DALLE DIMENSIONI RIDOTTE. NELLA SCELTA DELLE LOCATION, OGGI CONTA SOPRATTUTTO LA POSSIBILITÀ DI REALIZZARE DEHORS E DI CREARE UN COLLEGAMENTO CON IL DELIVERY. DURANTE LA PANDEMIA, ALCUNI FORMAT SONO STATI IN GRADO DI CRESCERE PROPRIO GRAZIE ALLA LORO FLESSIBILITÀ, E SU QUESTI GLI INVESTITORI STANNO PUNTANDO I FARI.


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I FORMAT da 10 e lode di Giorgia Ferrais

PRODOTTI DI QUALITÀ ADATTI AL DELIVERY, MENTALITÀ DA STARTUP E APPROCCIO ECOFRIENDLY SONO TRA I FATTORI DI SUCCESSO CHE HANNO PERMESSO AD ALCUNI FORMAT DI PERFORMARE BENE NEL 2020 NONOSTANTE LA PANDEMIA. E C’È OTTIMISMO PER IL FUTURO.

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he il 2020 sia stato un anno estremamente particolare e difficoltoso per la ristorazione non vi è ombra di dubbio. Le conseguenze del lockdown per il settore si sono rivelate un macigno e i numeri sottolineano una discesa preoccupante del giro d’affari. Secondo l’ultimo report di Bain & Company sul settore HoReCa, i bar e ristoranti chiuderanno il 2020 con una perdita di fatturato del 37% su base annua rispetto al 2019, equivalenti a circa 27 miliardi di euro. Per ogni mese da regioni “rosse”, il decremento di fatturato è stato in media del 70%, mentre le regioni “gialle” hanno subito un calo del 40% (comparabile con i numeri di fine maggio/ inizio giugno). In questa situazione di crisi e incertezza che ha portato molte di queste imprese a ripensare la loro offerta e il loro modello aziendale, alcuni format sono comunque riusciti a performare meglio di altri. Il merito? Pambianco Magazine Wine&Food ha chiesto a quattro imprenditori i fattori di successo dei loro brand e le ragioni su cui si fondano le prospettive di crescita. Ed è emerso che i trend alla base del successo di


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questi format tenderanno a continuare anche nella nuova normalità. TENDENZA POKE Non ha dubbi Matteo Pichi, co-founder e ceo di Poke House: “Tra le varie ragioni per le quali abbiamo performato così bene, tanto che contiamo di chiudere il 2020 a quasi 12 milioni, 100% rispetto all’anno precedente, figura il fatto che siamo riconosciuti come il brand leader nel mondo del poke grazie al prodotto che facciamo in maniera espressa davanti al cliente – oltre al fatto che siamo senza dubbio il format con più ingredienti tra cui scegliere”. Il secondo fattore è riconducibile invece all’importantissimo successo del poke nel mondo del delivery, un mondo che a sua volta ha avuto una grandissima accelerata nel corso del 2020. “Ci troviamo in uno sweet spot – continua Pichi - in cui prendiamo la crescita del food delivery e la crescita del prodotto poke. Da un punto di vista di prodotti, di scelta, di marketing siamo i più riconosciuti. Dall’altro lato facciamo parte del settore della ristorazione che ha risentito meno della crisi, ossia il fast casual. L’unione della crescita del fast casual, del delivery e il fatto di essere il brand di riferimento del prodotto che all’interno del food delivery sta crescendo di più è stata vincente. Siamo fortunati ad essere in questa intersezione di tendenze e trend che stanno andando bene”. E per quanto riguarda le sfide affrontate durante l’anno, Pichi aggiunge: “Il 2020 è stato chiaramente un anno estremamente particolare, ma non ci siamo persi d’animo, abbiamo trovato modi alternativi diversificati per crescere come l’apertura di punti vendita all’estero (Spagna e Portogallo) o nei centri commerciali. Abbiamo imparato a reagire in maniera veloce, lanciato i servizi per seguire le restrizioni come il click&collect e fatto dei test per mettere nuovi prodotti che fossero funzionali per il delivery. Inoltre, abbiamo cambiato il modo in cui facciamo marketing e studiamo il comportamento dei consumatori”. MODELLO FLESSIBILE L’importanza di offrire un prodotto di qualità adatto al delivery, così come di avere una mentalità da startup agile ed elastica che permetta di attuare velocemente tutte le decisioni e di essere un brand

Dall’alto, alcuni piatti e la location di Poke House in zona Brera, a Milano In apertura, uno dei ristoranti di Temakinho

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Alcune pizze di Pizzium

riconosciuto, è sottolineata anche da Stefano Saturnino, ceo di Pizzium: “Per il format che abbiamo siamo riusciti ad ottenere i risultati uguali o maggiori rispetto all’anno precedente, contiamo di chiudere il fatturato annuo a -8% rispetto al 2019, molto meglio della media di comparto. Nei quattro mesi di lockdown abbiamo inserito il delivery, che prima non facevamo, per noi è stata una fetta importante che si è andata a sommare al fatturato che è andato perso”. E ancora, “Fortunatamente ci siamo trovati a gestire un prodotto come la pizza, che fin da subito è balzata come prima scelta tra i provider di delivery. La sfida più grande è stata quella di “aggiustare” il prodotto per renderlo più performante nella modalità delivery: tenere la qualità alta, trasformare un prodotto da mangiare espresso a un prodotto da mangiare in un periodo dilatato”. Riguardo l’incertezza del periodo, “ha pesato poco, siamo stati e siamo tuttora molto veloci nel prendere 22 PAMBIANCO WINE&FOOD Febbraio/Marzo 2021

le decisioni, merito della mentalità da piccoli imprenditori che adesso riescono a barcamenarsi meglio nella tempesta, ma al tempo stesso con la qualità di un management da grande azienda”. Nonostante le difficoltà attuali, Saturnino vede il futuro con grande ottimismo: “Porteremo avanti i nostri progetti che avevamo già in mente di fare, come la digitalizzazione dell’azienda con lo shop online. Tutto sommato il 2021 lo vedo bene sia per i numeri che per i progetti che andremo a realizzare”. Sulla stessa lunghezza d’onda Domingo Iudice, co-founder e direttore marketing di Pescaria che afferma che “l’incertezza dei vari lockdown ha pesato tanto ma è pandemica del mercato della ristorazione, noi abbiamo sempre cercato di reagire ed è grazie alla flessibilità del nostro modello organizzativo e alla capacità di adattamento che il nostro format ha comunque avuto un grande successo. Il nostro team in poche ore è riuscito a cambiare HR plan, supply chain plan


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e production plan e questa reattività è stata la salvezza”. In questo contesto, inoltre, ciò che ha permesso a Pescaria di ottenere un soddisfacente rendimento nel corso dell’anno è stata “un’alchimia di persone alla costante ricerca del meglio e del bello”. Ma anche un prodotto, come il panino al pesce, di alta qualità e adatto al delivery. SCELTA ECO-FRIENDLY Qualità e sicurezza delle materie prime unita all’attenzione per l’ambiente sono i valori su cui si fonda il successo di Temakinho. “In un momento come questo, in cui oltre alla sensibilità nei confronti della salute fisica c’è anche quella nei confronti del pianeta, i clienti ci hanno premiato per il fatto che Temakinho ha sempre mantenuto un focus nei confronti dell’ecosostenibilità ed è da sempre il motore che ha mosso la nostra comunicazione e tante iniziative nel corso degli anni”, spiega Linda Maroli, co-founder della catena nippobrasiliana. “In più siamo stati bravi durante il lockdown a proporre immediatamente una grande offerta a livello culinario su tutte le nostre delivery, implementando anche la self delivery e permettendo ai clienti di ordinare tramite il numero di telefono per ritirare l’ordine”. In generale, “una risposta efficiente, veloce ed eco-sostenibile ci ha permesso in un momento di crisi totale di continuare a lavorare”. Da sempre Temakinho punta sulla qualità e sulla sicurezza delle materie prime, tanto che “siamo stati i primi ad ottenere la certificazione Friend of the Sea che garantisce il rispetto dell’ambiente”. Per Maroli, poi, anche la carta del “first mover” ha permesso a Temakinho di continuare a lavorare con grande successo durante la pandemia. “Nonostante nel tempo – continua la co-founder - abbiano aperto tanti ristoranti sul nostro stile, abbiamo il valore aggiunto di essere stati i primi in tante cose, e questo il cliente lo riconosce. La freschezza di rinnovarsi sempre, nel design dei locali, nel sito, nei social, siamo sempre molto all’avanguardia nel seguire i trend ma spesso anche anticiparli. Questo crea sempre curiosità nei nostri clienti ed è proprio questo che ci ha tenuti sempre in alto”. Infine, “non sarà così immediato l’approccio al viaggiare all’estero, penso che anche il fatto di offrire noi come Temakinho un’esperienza quasi totale di questo mondo tropicale brasiliano possa essere un altro punto di forza”.

Dall’alto, i piatti e una location di Pescaria, alcuni piatti di Temakinho

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FONDI quasi PRONTI di Andrea Guolo

LA RISTORAZIONE RIPARTIRÀ E GLI INVESTITORI SONO PRONTI A INTERCETTARE OPPORTUNITÀ. I TARGET RESTANO LE CATENE PIÙ ADATTE ALLA REPLICABILITÀ SU LARGA SCALA, MA AUMENTA LA COMPONENTE MULTICHANNEL. POCHE PROSPETTIVE PER L’ALTA RISTORAZIONE.

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on la pandemia, gli investimenti in ristorazione dei fondi di private equity hanno subito un inevitabile rallentamento. Ciò non significa che gli investitori abbiano dimenticato il comparto, spostando però le attenzioni verso format con potenzialità di crescita anche durante il lockdown (è il caso di Poke House, dove Mip è entrata al 25% con un round di 5 milioni) o verso il digital a supporto della ristorazione (l’esempio più interessante è quello di Deliveroo, che ha chiuso a gennaio un round di 180 milioni di dollari). Ora si attende la fine dell’emergenza per ripartire non solo con le attività di ristorazione “in presenza”, ma anche con nuove acquisizioni. EFFETTO REVENGE Quando saranno maturi i tempi? “Più facile dopo l’estate”, replica Walter Ricciotti, co-fondatore e ceo di Quadrivio Group, tra i pionieri dell’investimento nel mondo della ristorazione. Nel 2005, in netto anticipo sui tempi, Quadrivio si assicurò il controllo di Rossopomodoro, per poi cederla nel 2011 a Change Capital. Oggi nel portafoglio del fondo


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milanese di private equity è presente, in quest’ambito, Fedegroup, realtà specializzata nella ristorazione all’interno degli hotel. “I fondi vorranno valutare i tempi della ripartenza effettiva, per cui non mi aspetto particolari deal nella prima metà dell’anno”, precisa Ricciotti. Il quale però scommette nella continuità dell’interesse verso il comparto e ritiene che potrebbe anche aumentare, non appena ci sarà la chiarezza necessaria sui tempi del ritorno alla normalità. “È più probabile – afferma il ceo di Quadrivio – che a investire in ristorazione saranno i fondi che già lo hanno fatto, perché conoscono meglio il settore. E quando tutto si riprenderà, aumenteranno le possibilità di crescita e di investimento, soprattutto nelle società più dimensionate, anche perché la ristorazione potrebbe beneficiare del fenomeno di revenge shopping. È ovvio che si parte da una situazione difficile, ma quando ci sono elementi di shock si creano anche delle opportunità”. Ricciotti si aspetta da un lato una selezione darwiniana dei player presenti nel mercato, con il rafforzamento dei big e la scomparsa di una quota significativa di piccoli operatori, e dall’altro valutazioni più ragionevoli da parte degli investitori (“Negli ultimi anni abbiamo assistito a operazioni con transazioni sicuramente importanti e forse sopravvalutate”, precisa). Un altro aspetto su cui Ricciotti pone l’accento, oltre all’accelerazione attesa per le catene, è la proliferazione di modelli frutto della convergenza tra mondi diversi: operatori in grado di unire la ristorazione tradizionale e il delivery con il catering, l’intrattenimento, la formazione per i clienti finali attraverso corsi di cucina. Quadrivio prospetta anche uno sviluppo per le società di ristorazione che operano all’interno degli hotel: “Oggi ci crediamo anche più di un anno e mezzo fa, quando abbiamo investito in Fedegroup, perché l’inserimento di una società di ristorazione esterna permette agli hotel di ottimizzare gli spazi e di innalzare la qualità del servizio. Vedo invece meno possibilità per i ristoranti stellati, perché l’investimento ha un limite nella scalabilità del modello”. POTERE DI SPESA Dea Capital ha raggiunto risultati eccellenti con l’investimento in La Piadineria, poi ceduta a Permira (mantenendo però

una quota di minoranza) e oggi ha in portafoglio un altro brand in forte espansione come Alice Pizza. Andrea Bertoncello, managing director della divisione programmi di investimento diretti, considera la pandemia da Covid come “un forte acceleratore di dinamiche già presenti nel mercato della ristorazione.

Dall’alto, Walter Ricciotti (Quadrivio) e Andrea Bertoncello (Dea Capital) In apertura: Alice Pizza a Torino. La catena è stata acquisita da Dea Capital tramite Taste of Italy

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Interni e pastaia all’opera da Miscusi, realtà della pasta partecipata da Milano Investment Partners

Le grandi catene, sfruttando la loro solidità finanziaria e la capacità di gestione nelle operations che rende il punto vendita più profittevole, avranno la possibilità di crescere, mentre l’impatto della crisi sarà particolarmente severo per le attività a gestione familiare: le prime avranno la possibilità di assorbire le seconde, allineando maggiormente l’Italia al resto del mondo per capacità di penetrazione dei gruppi sul numero totale di esercizi attivi”. A quel punto, l’investimento dei fondi sulle catene più strutturate e profittevoli sarà consequenziale. Per capire quale sarà l’identikit dei gruppi vincenti, Bertoncello prende in considerazione innanzitutto il consumatore. “Una parte di popolazione uscirà dalla pandemia con un potere di acquisto superiore, dovuto al risparmio accumulato nei mesi in cui non si poteva uscire né viaggiare, un’altra parte ne uscirà impoverita perché non ha percepito reddito o ne ha percepito meno. La prima parte non vede l’ora di tornare al ristorante e si focalizzerà su locali di fascia premium, mentre la seconda dovrà limitare le uscite. Ci sarà quindi un’ulteriore polarizzazione della ricchezza, e questo scenario potrebbe andare a beneficio delle insegne casual dining, come Alice Pizza e come La Piadineria, dove lo scontrino medio è certamente inferiore a quello del 26 PAMBIANCO WINE&FOOD Febbraio/Marzo 2021

classico ristorante-trattoria. È un effetto trade-down simile a quello osservato con la crisi da credit crunch del 2008, a seguito della quale si è affermato in Italia questo tipo di offerta”. Di conseguenza, precisa Bertoncello, i fondi cercheranno di individuare opportunità inquadrate in questo genere di contesto, a patto che siano realtà scalabili: “Perché difficilmente un fondo investe in singole location”. Sui tempi per i primi deal, il manager pensa al 2021 in uno scenario più aggressivo o al 2022 in quello più prudente. Quanto ai brand con business model basato sul delivery, Bertoncello afferma: “Era già un trend di mercato, che il Covid ha accelerato e consolidato. Parliamo però, nella quasi totalità dei casi, di start-up che non hanno raggiunto le dimensioni necessarie per costituire dei target di investimento per i fondi di private equity. A oggi mi sembrano più oggetto di financing per il mondo del venture capital”. E il fine dining? “Tecnicamente può essere un target e qualche esempio, se pensiamo a Langosteria, lo si è visto già in Italia. La condizione è sempre e comunque la replicabilità del modello”. MATRICE CONSUMER-TECH Oltre alla già citata Poke House, Milano Investment Partners, sgr di


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cui è anchor investor Angelo Moratti, è presente anche nel capitale di Miscusi, catena fondata sulla pasta e sulla dieta mediterranea. L’impatto della pandemia, nelle parole del ceo Paolo Gualdani, è stato diverso in base alle caratteristiche di ciascuna realtà. Nel caso di Poke House, durante la pandemia si è assistito a una moltiplicazione di insegne, salite da 8 a 23 con una differenziazione di offerta in termini di layout e modalità di servizio, dal chiosco al punto vendita solo take away fino alla dark kitchen. In quello di Miscusi, la flessione delle presenze in store ha spinto il management a lanciare la formula di grocery store denominata La Bottega, portando nelle case dei consumatori l’esperienza che si poteva provare nel ristorante. “I trend su cui abbiamo sempre creduto – afferma Gualdani – hanno retto e in alcuni casi accelerato, con un impatto positivo per le aziende presenti nel nostro portafoglio e che sono accomunate dalla matrice a noi cara del consumer-tech. I format con maggiori prospettive di crescita sono quelli più dining multichannel, connessi alla digitalizzazione, dove alla customer experience in store si accompagna la componente home dining tramite il delivery. Senza dimenticare la capacità di esecuzione rapida, l’approccio fortemente digitale al cliente, la possibilità di creare concept partendo da spazi abbastanza limitati e quindi meno costosi. Infine, contano i valori alla base del brand: la dieta mediterranea bilanciata e sana nel caso di Miscusi, l’innovazione e l’healthy food in Poke House”. I risultati raccolti spingeranno quindi Mip verso concept che siano scalabili, altamente digitali, multichannel e attenti alla food safety, alla tracciabilità di filiera e ai valori del cibo proposto alla clientela. “Il cibo è uno stile di vita. E il nostro fondo crede molto nell’interazione tra il tech digitale e il lifestyle che i concept di ristorazione ben rappresentano”, precisa Gualdani. Il quale concorda con i colleghi di Quadrivio e Dea Capital sulla questione fine dining: “Manca l’aspetto della scalabilità, e richiederebbe investimenti eccessivi per singola location. Potrebbero invece essere interessanti i format ideati da grandi chef come modello replicabile”.

Dall’alto, interni di Poke House (partecipata da Mip) e il ceo della sgr Paolo Gualdani

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ADDIO vecchio ristorante di Giulia Mauri

SPAZI FLESSIBILI, SUPERFICI INTERNE RIDOTTE, DEHORS PIÙ AMPI E FINESTRELLE PER I RIDER. COSÌ È CAMBIATA LA RICERCA DELLE LOCATION. LA PERDITA DI APPEAL DEI CENTRI STORICI, CON LA RISCOPERTA DELLE PERIFERIE, POTREBBE INVECE COSTITUIRE UN FENOMENO TEMPORANEO. 28 PAMBIANCO WINE&FOOD Febbraio/Marzo 2021

L’

effetto della pandemia per le location della ristorazione? Innanzitutto, una contrazione nei volumi e nella redditività, che ha indotto la nascita di format più ridotti nelle dimensioni e nelle proposte alimentari. “Più che di conseguenze, parliamo di catastrofe”, commenta Franco Costa, presidente di Costa Group, azienda ligure specializzata nella progettazione e nell’arredamento di locali pubblici legati alla ristorazione, che vanta oltre seimila realizzazioni in tutto il mondo. Il Covid, infatti, ha avuto una ripercussione significativa sul modello di business di molti ristoratori. “Ciononostante – affermano Gianluca Sinisi e Andrea Ponti, rispettivamente licence partner Engel & Völkers Commercial Milano e Lombardia e head of retail services Engel & Völkers Commercial Milano – crediamo che di accelerazione si tratti e non di nuovo inizio o di stravolgimento totale. La crisi ha portato in atto trend e soluzioni che erano prima solo in potenza”. CENTRO E PERIFERIA In primo luogo, le difficoltà incontrate da bar e ristoranti hanno portato a liberare le location meno performanti in rapporto ai costi da sostenere.


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Un’esigenza accompagnata dalla contrazione della domanda di locazione di spazi a uso uffici che, secondo la società americana di consulenza immobiliare Cbre, nei primi nove mesi del 2020 ha registrato una flessione del 40% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ne è conseguito, per il comparto della ristorazione, un graduale spostamento della ricerca di location da aree business ad aree residenziali. Tuttavia, “la decentralizzazione è un trend forse auspicato e che potrà trovare un suo equilibrio nel lungo periodo – sostengono Sinisi e Ponti – ma, superata l’onda lunga della crisi e con il vaccino, pensiamo che gli investimenti si rifocalizzeranno nella zona centrale, attratti dai progetti in corso di realizzazione e che vedranno la luce nei prossimi due/tre anni, generando nuovi e importanti flussi di business, turismo e consumo”. Nel caso di Milano, arriveranno investimenti come The Medelan, il progetto di riqualificazione dell’ex Palazzo del Credito Italiano situato in Piazza Cordusio; Garage Traversi, esempio di architettura razionalista che verrà convertito in un nuovo polo per il luxury retail & food in via Bagutta 2, nelle immediate adiacenze di Piazza San Babila; o ancora il complesso Corso Como Place, nell’epicentro dell’evoluzione urbana di Porta Nuova; e, infine, il recupero architettonico del Vetra Building, volto a valorizzare anche l’area dell’edificio attorno alla Basilica di San Lorenzo. “Non dimentichiamoci – aggiungono da Engel & Völkers – che la redditività degli immobili in centro città è tutta un’altra cosa rispetto a quella dei negozi in aree meno centrali. È molto difficile pensare che nei prossimi anni i capitali traslocheranno in periferia”. Il fenomeno della decentralizzazione, oggi preponderante, potrebbe dunque avere vita breve, premesso che il pieno recupero delle location nelle città principali, ad ogni modo, dipenderà molto dalla riduzione del remote working e dalla ripresa del turismo leisure e business. Di diverso avviso Giacomo Racugno, ceo di Augusto Contract, general contractor specializzato nel foodservice che ha da poco pubblicato la ricerca ‘Food & Beverage a Milano nel 2020: analisi e trend’. “Lo smart working e lo sviluppo dell’online rappresentano trend di lungo

periodo che sono stati enormemente accelerati dalla pandemia – afferma –. Ci aspettiamo pertanto che continuino a segnare gli anni a venire, incentivando i cambiamenti nella scelta delle location che abbiamo registrato”. Intanto, è aumentata la ricerca di spazi destinati a servizi logistici e magazzini di stoccaggio, oltre che adibiti al fenomeno

Dall’alto, il locale di Pie Pizzeria Italiana Espressa al Centro Commerciale Maximo di Roma realizzato da Augusto Contract e il ceo dell’azienda Giacomo Racugno In apertura, il ristorante Magnolia aperto a Napoli su progetto di Costa Group

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Da sinistra, Pescaria a Polignano a Mare e Panino Giusto a Milano, brand aderenti a Ubri con cui Engel & Völkers Commercial sta elaborando il primo Food & Beverage Market Report sulla città meneghina

emergente delle dark kitchen. Inoltre, secondo Engel & Völkers, a mutare sono anche i Kpi (Key performance indicator): non più visibilità e accesso con parcheggio o metropolitana, ma marciapiedi ampi per la sosta dei rider e finestrelle per la consegna, anche nei piani interrati. Dal momento che il delivery sta occupando lo spazio della somministrazione in negozio, alcuni retailer sono alla ricerca di location con metrature inferiori. In ogni caso, spiegano Sinisi e Ponti: “La nostra sensazione è che l’improvvisa fame di spazi più piccoli sia una risposta di pancia allo shock da Covid-19, ma crediamo che sul lungo periodo a sopravvivere saranno soluzioni ampie e col dehors”. NUOVI PARADIGMI Con lo sguardo rivolto in avanti, Augusto Contract si fa promotore di un modello di ristorazione che potrà beneficiare della diffusione dello smart working, puntando sulla riconversione di spazi e sulla contaminazione tra business e leisure. “Il locale viene a essere sempre più il luogo dove vivere l’esperienza olistica del brand 30 PAMBIANCO WINE&FOOD Febbraio/Marzo 2021

– sostiene Racugno –. La progettazione del locale finalizzata a evidenziarne le caratteristiche differenzianti assumerà un ruolo sempre più importante”. I marchi che puntano alla fidelizzazione della clientela non potranno, quindi, escludere un’elevata cura dell’ambiente per supportare la crescita delle vendite sia nel locale sia tramite delivery. “Gli spazi fisici assumeranno sempre più la funzione di luoghi di incontro anche con una potenziale ibridazione fra ufficio e ristorante, con momenti conviviali e lavorativi”, fa presente l’ad. Flessibilità, anzitutto. È quanto sottolinea anche Pwc, che la annovera al primo posto tra le dieci priorità d’azione per una solida ripartenza della industry nel post-pandemia. Per aiutare bar e ristoranti ad adeguarsi prontamente alle norme di fruizione del servizio, oggi più che mai, in continua evoluzione, Augusto Contract ha brevettato il Pop Up Cafè, un sistema costruttivo che “si sta rivelando vincente”, rivela Racugno. Consente, per l’appunto, di creare spazi modulari e, all’occorrenza, di riconfigurare facilmente il locale, di


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potenziarne una parte o addirittura di smontarlo e ricollocarlo altrove. I vantaggi? Abbattere i costi di progettazione, ridurre i tempi di installazione e di smontaggio e allungare il ciclo di vita delle attrezzature. Anche in Costa Group si è lavorato per dare risposte e, soprattutto, garanzie. “Abbiamo individuato nel ‘percepito’ del cliente il concetto chiave, cercando di offrire ai ristoratori soluzioni e strumenti utili per affrontare le nuove esigenze di sicurezza”, dichiara Franco Costa. Le proposte comprendono un box igienizzante da collocare all’ingresso dei locali per misurare la temperatura corporea e rilevare il corretto utilizzo della mascherina; una soluzione per sanificare superfici e prodotti all’interno di murali refrigerati e riscaldati destinati al take away; un sistema di conservazione dei piatti a temperatura di servizio; stoviglie dotate di manici rimovibili e coperchi per limitare il contatto tra operatore e pietanze; infine, un sistema digitale che semplifica l’esperienza d’acquisto e offre consulenza nella gestione delle wine operations, consentendo di pagare le bottiglie di vino solo dopo averle vendute, così da liberare risorse da investire in altre necessità. “Oggi

l’obiettivo primario è ripartire, ma bisogna farlo con idee nuove”, chiosa il presidente della società spezzina. LE PROSPETTIVE Incertezza nell’immediato futuro e ripresa all’orizzonte. Lo scenario che attende la ristorazione è inevitabilmente vincolato alla conferma delle tempistiche attualmente previste per la distribuzione del vaccino. “Quali possano essere le prospettive per il 2021 – ammettono Sinisi e Ponti – è difficile dirlo. Per il momento, i giochi sono rimandati al secondo semestre e le regole saranno dettate da molte variabili, alcune delle quali ancora imprevedibili. Quel che è certo è che, per il retail, la domanda dovrà fare i conti con un’offerta maggiore di quella cui era abituata, con conseguenze quasi certe sulla dinamica dei prezzi e sulla redditività attesa”. Un punto di vista supportato anche dal report ‘2021 Emea Real Estate. Market Outlook’ redatto da Cbre. In termini di investimenti nel non residenziale, si legge, i volumi avranno una crescita tra il 5 e il 10% nel corso dell’anno, per tornare ai livelli precedenti alla pandemia entro la seconda metà del 2022.

Franco Costa, presidente di Costa Group

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DELIVERY 2.0 di Sabrina Nunziata

COOK ROOM, DARK KITCHEN, VIRTUAL BRAND. IL 2020 HA FATTO IMPENNARE IL DELIVERY, SIA PER QUANTO RIGUARDA I CIBI GIÀ PRONTI CHE PER QUELLI DA SUPERMERCATO. E LE PRINCIPALI SOCIETÀ SI SONO ADATTATE, DA UN LATO LANCIANDO SERVIZI NUOVI, DALL’ALTRO AGGIUSTANDO IL TIRO A LIVELLO CONTRATTUALE.

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e nell’anno della pandemia fosse accettabile decretare un vincitore uscente, quello sarebbe il food delivery, in primis nella sua declinazione digitale. L’obbligato lockdown ha infatti dato un notevole boost al settore che, nel 2020 in Italia, dovrebbe aver raggiunto un fatturato di 706 milioni di euro (+19%), contro le 854 milioni (+85%) di vendite di prodotti da supermercato, secondo le stime dell’Osservatorio eCommerce B2C promosso dal Politecnico di Milano e Netcomm. Aggiungendo i prodotti enogastronomici di nicchia (589 milioni, +63%), e la restante parte dedicata all’health&care, il food&grocery online dovrebbe aver toccato quota 2,5 miliardi (+55%). Va da sé che la crescita smisurata, seppur preannunciata (nel 2019 era già stato realizzato un +40% circa), abbia indotto il settore verso una crescente maturità, fatta di nuovi servizi, tutele e pure ‘insurrezioni’. Proprio il ricorso massivo al servizio ha infatti sollevato da parte dei ristoratori l’annosa ‘questione provvigioni’, spesso considerate “insostenibili”, come denunciato negli scorsi mesi da Ubri, l’unione dei brand della ristorazione. Un grido dall’arme a cui ha risposto prontamente Just Eat, parte di Just


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Eat Takeaway.com, che ha annunciato uno sconto del 25% sulle commissioni per i partner già acquisiti e l’azzeramento delle commissioni per i nuovi iscritti, con l’opzione di estendere e prorogare quest’ultima possibilità, che resta in vigore per un periodo minimo di un mese, in base all’evoluzione della situazione pandemica. LA RIVOLTA DEI RIDER Il 2020 ha scoperto i nervi tesi anche dei rider, soliti lavorare senza le consone tutele. Sempre Just Eat, a partire dall’anno in corso, ha quindi introdotto ‘Scoober’, il modello di delivery, già attivo in alcuni dei paesi del gruppo, che inquadra i rider come lavoratori dipendenti. Per esempio, il modello introduce una paga oraria, cui si aggiunge un ulteriore bonus calcolato sulle singole consegne. Inoltre, nelle città più piccole i rider possono operare con mezzi propri e una fornitura completa di dispositivi di sicurezza, mentre in quelle più grandi vengono introdotti gli hub nei quali i rider possono ritirare e utilizzare mezzi come scooter elettrici o e-bike, a cui si aggiungono casco, giacca e zaino. “Si tratta di un enorme investimento nel quale crediamo fermamente e al quale siamo giunti in allineamento con la strategia globale del gruppo”, ha spiegato Daniele Contini, country manager Just Eat Italia. “Siamo sicuri che il modello dipendente ci consentirà di fornire un servizio migliore, un maggior valore ai consumatori e soprattutto di avere rider protetti e tutelati”. Nel prossimo futuro “il nostro focus sarà quello di implementare al meglio il modello Scoober con contratti dipendenti per i rider, garantendo loro tutela e protezione”. Assodelivery, associazione dell’industria del food delivery italiana alla quale aderiscono Deliveroo, Glovo, Just Eat, SocialFood e Uber Eats, ha invece redatto il primo contratto collettivo nazionale del lavoro. Tra i punti previsti, compaiono un compenso minimo di 10 euro per ora lavorata, l’incentivo orario di 7 euro anche in assenza di proposte di lavoro, un sistema premiale pari a 600 euro ogni 2000 consegne effettuate. Inoltre, sono imposte le dotazioni di sicurezza (es. indumenti ad alta visibilità e casco) a carico delle piattaforme. E poi, tra le altre cose, coperture assicurative contro gli infortuni e per danni contro terzi,

formazione, pari opportunità e tutela della privacy, contrasto al caporalato e al lavoro irregolare, ovvero un insieme di iniziative per contrastare la criminalità; diritti sindacali, ovvero una quantità stabilita di giornate e di ore destinate ai rider che assumono il ruolo di dirigenti sindacali. Rispetto ai minimi previsti dal ccnl, Deliveroo ha poi previsto ulteriori condizioni migliorative. “La nostra piattaforma - ha spiegato Matteo Sarzana,

In questa pagina, un rider di Just Eat e Daniele Contini, country manager Just Eat Italia. In apertura, il servizio offerto da Deliveroo

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In alto, Matteo Sarzana, GM Deliveroo Italia

GM Deliveroo Italia - riconoscerà un compenso minimo di 11 euro lordi per ora lavorata, rispetto ai 10 stabiliti dal contratto. E un incentivo minimo orario di 7 euro in caso di assenza di proposte di consegna per i primi 6 mesi dal lancio, rispetto ai 4 mesi previsti dal contratto”. SPOT STRATEGICI IN CITTÀ Locali in cui non si fa servizio di sala, ma si cucina solo per il delivery. Vengono definite dark kitchen, dark restaurant, ghost restaurant, “noi le chiamiamo cook room”, ha spiegato Elisa Pagliarani, general manager di Glovo Italia. “Al suo interno abbiamo collocato i nostri partner della ristorazione così che possano cucinare come fanno nei loro locali”. Questa formula, che Glovo ha introdotto proprio lo scorso anno in Italia, sulla piazza di Milano, “consente a noi di avere uno strumento che permette di aumentare l’offerta che abbiamo in città e ai partner di incrementare la propria capillarità”. Infatti, questo strumento è utile sia per coprire le zone della città in cui il ristorante non è presente, sia per introdursi e testare città in 34 PAMBIANCO WINE&FOOD Febbraio/Marzo 2021

cui non si conta, almeno per il momento, una presenza fisica stabile. Un concetto simile, che fa leva, da un lato, sull’expertise di una società di delivery e, dall’altro, su quella del ristorante, sono i virtual brand di Deliveroo che nel 2020, anno in cui hanno festeggiato il terzo compleanno, sono diventati 464 (+363 rispetto al 2019). Il servizio dà la possibilità di aprire un ristorante virtuale presente esclusivamente sulla piattaforma, affiancando un nuovo brand e nuovi tipi di cucina a quanto già preparato dal ristorante fisico che lo ha lanciato. Il virtual brand viene infatti creato su misura delle esigenze dei consumatori e delle preferenze che emergono, ad esempio, in una determinata area, così da coniugare al meglio domanda e offerta. NON SOLO ‘GIÀ PRONTO’ Nell’anno della pandemia, non sono stati solo i ristoranti a decretare il successo del delivery. Glovo ha infatti più che raddoppiato il fatturato, andando a superare i 70 milioni di euro. In questo panorama, diverse categorie merceologiche hanno registrato record di crescita, tra cui la parte


DOSSIER

relativa alle spedizioni espresse (+330%), alla farmacia (+320%) e alla spesa (+400%). Alla cook room, pertanto, Glovo ha aggiunto i dark store, il primo dei quali è stato aperto a gennaio 2020 sempre a Milano. Qui “vige lo stesso concetto delle cook room ma applicato a due servizi diversi, ovvero spesa e retail”, ha proseguito Pagliarani. “È una sorta di magazzino in cui tutto ciò che è al suo interno viene venduto tramite il nostro servizio”. Entrambe le formule, già sperimentate in altri paesi, verranno spinte sulla Penisola con l’obiettivo di aprirne altre tra Milano e Torino. Glovo conta poi un progetto anche su Roma “che farà leva su entrambi i formati”. A cook room e dark store, si aggiunge poi una fitta rete di botteghe strategiche locali. “Un cambiamento molto forte portato dal 2020 riguarda il mondo del quick commerce, che vediamo come la naturale evoluzione dell’e-commerce”. Quest’ultimo “nasce con l’idea di portare a casa delle persone dei prodotti nell’arco di qualche giorno, mentre l’idea del quick commerce è portare a casa dei clienti qualsiasi cosa nel giro di poche ore/minuti”. Per farlo “ci basiamo sullo sblocco dell’inventario locale, ovvero le piccole botteghe di quartiere”. Infatti,

“noi vinciamo se riusciamo a portare tutti i piccoli commercianti sulla nostra piattaforma”. Proprio la parte di consegne relativa al mondo della spesa rappresenta la novità lanciata in Italia da Deliveroo nel 2020. “In questi mesi, una delle principali novità introdotte è stata l’estensione del servizi di consegna di prodotti alimentari da supermercati”, ha spiegato Sarzana. “Oggi questo servizio è disponibile su Deliveroo in circa 20 città in Italia e contiamo di svilupparlo ulteriormente attraverso partnership mirate”.

Oltre al servizio di delivery, Glovo ha aperto la sua prima cook room a Milano. A sinistra, Elisa Pagliarani, general manager di Glovo Italia

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APPROFONDIMENTO

IL FINE DINING vince negli hoteL di Andrea Guolo

L’ALTA CUCINA È SEMPRE PIÙ PRESENTE NELLE STRUTTURE ALBERGHIERE E DIVENTA NON SOLO UN SERVIZIO D’ECCELLENZA, MA ANCHE UN RICHIAMO INTERNAZIONALE. LE STELLE DEI RISTORANTI FINISCONO PER CONTARE PIÙ DI QUELLE DEGLI HOTEL. E LE SINERGIE SPINGONO GLI UTILI. 36 PAMBIANCO WINE&FOOD Febbraio/Marzo 2021

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a ristorazione di necessità a locale di fine dining, la trasformazione dell’offerta f&b interna agli hotel italiani è ormai una realtà, riconosciuta dalle guide e quasi allineata al trend internazionale, dove l’alta cucina si trova soprattutto nei ristoranti d’albergo. Un processo che segue di pari passo gli investimenti dei top player del comparto ospitalità nel nostro Paese, che puntano a fare del ristorante – non più interno all’hotel ma aperto al mondo – un biglietto da visita per attrarre la clientela più esigente e anche un veicolo di comunicazione, attraverso la conquista di premi e riconoscimenti funzionali al prestigio della struttura alberghiera. TANTE NUOVE STELLE L’ultima edizione della guida Michelin ha consolidato questo


APPROFONDIMENTO

trend. Uno dei tre nuovi ristoranti ad aver conquistato le “due stelle” è infatti il Santa Elisabetta dell’hotel Brunelleschi di Firenze. E altre promozioni riguardano i ristoranti che hanno conquistato la prima stella. A Massa Lubrense (Napoli) c’è il Relais Blu, situato all’interno di un boutique hotel nella penisola sorrentina, con lo chef Alberto Annarumma in cucina. A poca distanza c’è il Lorelei, con lo chef Ciro Sicignano che ha permesso al ristorante dell’hotel cinque stelle Lorelei Londres Sorrento di ottenere il primo macaron della Michelin. Tra i neostellati compaiono poi il Nove di Alassio (Savona), del luxury hotel Villa della Pergola (chef Giorgio Servetto), e il Kitchen Restaurant dello Sheraton Lake hotel di Como (chef Andrea Casali). In Chianti Classico, c’è la novità del Poggio Rosso del relais Borgo San Felice di proprietà Allianz, entrato tra le stelle grazie all’impronta vincente di Enrico Bartolini e al lavoro del resident chef Juan Camilo Quintero. Sempre in zone di grandi vini, a Montalcino l’offerta enoturistica di Castello Banfi comprende, tra le altre cose, l’hotel Il Borgo e due ristoranti, tra cui il nuovo stellato La Sala dei Grappoli (chef Domenico Francone). Nel più piccolo hotel 5 stelle dell’Alto Adige, Castel Fragsburg a Merano, è arrivata la stella grazie allo chef Egon Heiss del ristorante Prezioso. Completano la scena due locali veronesi tra i vigneti dell’Amarone: l’Amistà di San Pietro in Cariano, situato all’interno dell’hotel Byblos (chef Mattia Bianchi) e il La Cru di Romagnano (chef Giacomo Sacchetto), attualmente solo ristorante, ma in prospettiva anche relais nella dimora storica Villa Maffei Medici Balis Crema. IN VETTA ALLA CLASSIFICA Con tutte queste nuove stars, la ristorazione di hotel ha fatto un bel passo in avanti nella considerazione della più prestigiosa guida del fine dining, che già in passato aveva inserito due insegne nate all’interno di un albergo nell’olimpo dei tre stelle. Si tratta de La Pergola di Heinz Beck, ristorante del Rome Cavalieri Waldorf Astoria (gruppo Hilton) e del St. Hubertus di San Cassiano (Bolzano), con lo chef Norbert Niederkofler punta di diamante dell’hotel Rosa Alpina (partner del gruppo Aman). Si aggiungono due tristellati che a loro

volta hanno aggiunto l’offerta hotellerie come integrazione alla ristorazione: Da Vittorio (chef Chicco e Bobo Cerea) a Brusaporto (Bergamo), con il resort La Cantalupa, e Reale di Castel di Sangro (L’Aquila), dove Niko Romito ha realizzato, con Casadonna, nove camere di charme in un ex convento del ‘500. E l’elenco continua, ancora più nutrito, andando ad analizzare i ristoranti che possono vantare le due stelle, dove compaiono i nomi

Dall’alto, L’animella del Santa Elisabetta e lo chef Rocco de Santis In apertura, Il Piccolo Principe a Viareggio (hotel Principe di Piemonte)

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APPROFONDIMENTO

di diverse catene internazionali di fascia luxury. Tra queste c’è il Mandarin Oriental, con il ristorante Seta dell’hotel situato nel cuore di Milano. In cucina c’è lo chef Antonio Guida, giunto al Seta dopo aver conquistato due stelle nel ristorante di un altro celebre hotel, Il Pellicano a Porto Ercole, dunque uno specialista di quest’ambito. “Essere all’interno di un hotel, per Seta, rappresenta sicuramente un vantaggio – racconta Guida – perché garantisce maggiore stabilità, anche in un momento complesso come quello che stiamo vivendo. Inoltre, abbiamo l’opportunità di soddisfare appieno gli ospiti di alto livello che frequentano l’hotel, fra cui molti appassionati gourmands che scelgono la destinazione anche per l’offerta gastronomica. E poi è fondamentale per noi il rapporto diretto e fidelizzato con i milanesi e i lombardi, che rappresentano la maggior parte dei nostri ospiti al Seta e al Mandarin Bar & Bistrot”. Una visione condivisa da Claudio Catani, general manager del Brunelleschi Hotel di Firenze, a cui interno opera il ristorante consacrato quest’anno con la seconda stella Michelin ovvero il Santa Elisabetta dello chef Rocco de Santis. “È certamente vero – afferma Catani – che una ristorazione di qualità fa molto bene all’albergo, perché alza il livello non solo delle

colazioni, di cui tutti i clienti fruiscono, ma anche dei servizi accoglienza, prenotazioni, e in generale costituisce un supporto di eccellenza. Al tempo stesso, essere in un hotel permette di raggiungere una sostenibilità economica, per un’attività come quella di fine dining, che diversamente faticherebbe a far quadrare i conti. Quando sento dire che nella ristorazione si va bene quando si va a pareggio, un po’ mi sorprendo, perché ritengo che la qualità debba procedere di pari passo con il profitto”. Il Santa Elisabetta è un ristorante-boutique, con pochi tavoli (7 in tutto) e la capacità di gestire 14-18 coperti: queste dimensioni, unite all’alto livello di servizio richiesto, determinerebbero le difficoltà di chiudere in attivo, in assenza di una sinergia come quella dell’hotellerie. “Economicamente, l’operazione non potrebbe reggere” sostiene Catani. In più c’è il contributo della clientela del ristorante, che pur non essendo predominante – si parla di un 30% dei coperti in periodi normali, che può salire al 50% nei momenti ad alta intensità turistica – offre un buon contributo. “Occorre comunque precisare che il Santa Elisabetta non è considerato un ristorante d’hotel dalla clientela esterna e in particolare non dai fiorentini, che frequentano abitualmente il nostro ristorante fine dining”.

Lo chef Antonio Guida del Seta (Mandarin Oriental, Milano) e, a destra, l’Astice blu arrosto con zabaione al passito di Loazzolo, miso bianco e tè Matcha

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APPROFONDIMENTO

La Calamarata ai frutti di mare dello chef de Il Piccolo Principe, Giuseppe Mancino (foto in alto)

Lo storico Grand Hotel Principe di Piemonte a Viareggio è ormai un habitué della seconda stella Michelin, che il suo ristorante Il Piccolo Principe (chef Giuseppe Mancino) può sfoggiare da sette edizioni della guida “rossa”. Salvatore Longo, general manager della struttura entrata lo scorso anno all’interno della galassia Gb Invest (che in Versilia è anche proprietaria del celebre bagno Maitò di Forte dei Marmi e dell’adiacente ristorante Orsa Maggiore), sottolinea i vantaggi della sinergia tra hotellerie e ristorazione. “È sicuramente – afferma – un grandissimo vantaggio che ci differenzia dai nostri competitori e ci distingue; allo stesso tempo, spinge la struttura alberghiera a lavorare in sintonia con il Piccolo Principe avvicinando il più possibile i livelli di servizio dell’intero Grand Hotel Principe di Piemonte; le due cose crescono così insieme per raggiungere livelli di eccellenza”. Inoltre, precisa Longo: “Le due stelle Michelin a livello internazionale contano molto di più che le 5 stelle di categoria dell’hotel stesso”. GESTIONE IN EMERGENZA Durante la seconda ondata dell’emergenza Covid, con i ristoranti chiusi, gli hotel hanno avuto la possibilità di tenere aperto, e con essi i ristoranti al loro interno. È stato un bene o

un male, a livello economico? Per Il Piccolo Principe, qualche pro c’è stato: “La clientela è composta al 60% da clienti non residenti in struttura e purtroppo la possibilità di non accogliere ospiti residenti ha sicuramente creato un grande disagio, ma ha anche in parte ‘quasi costretto’ i nostri ospiti alloggiati a voler provare il ristorante”, sostiene Longo. Il Seta di Mandarin Oriental ha fatto una scelta diversa: “A partire da novembre, con le nuove restrizioni, soprattutto alla luce del fatto che la cena non poteva più essere servita agli ospiti esterni, abbiamo preferito concentrarci sull’offerta più agile del Mandarin Bar & Bistrot e sul servizio in camera. Siamo pronti a riaprire non appena sarà possibile, garantendo continuità nell’eccellenza, sia in termini di cucina che di servizio e benessere dei nostri ospiti”, afferma Guida. Il Brunelleschi, alla riapertura di giugno, ha invece preferito spostare il Santa Elisabetta nella parte destinata al bistrot Osteria Pagliazza, dotata di un dehors estivo e più accessibile dall’esterno. “E abbiamo fatto bene, perché durante l’estate i clienti volevano cenare all’aria aperta e questo ci ha permesso, alle tariffe del Santa Elisabetta, di avere sempre il pienone, distinguendoci dall’offerta media del centro di Firenze”, rimarca il general manager. Febbraio/Marzo 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 39


leQUOTABILI20 IL WINE DEBUTTA AL PREMIO IDEATO E ORGANIZZATO DA PAMBIANCO. IL GRUPPO FIORENTINO SI IMPONE NELLA GRADUATORIA GENERALE, QUELLO DI BOLGHERI SVETTA NELLA CLASSIFICA DELLE SMALL CAPS. I MARGINI DEL VINO SONO I PIÙ ALTI TRA TUTTE LE CATEGORIE CONSIDERATE.

ANTINORI E SAN GUIDO DOMINANO LE QUOTABILI di Andrea Guolo

A

ntinori si è imposta nella categoria wine del premio Le Quotabili, dedicato alle realtà italiane che hanno tutte le credenziali per poter ambire alla quotazione in Borsa. La cerimonia si è tenuta a Milano, Palazzo Mezzanotte (sede di Borsa Italiana), lo scorso 16 dicembre. Era la quindicesima edizione del premio ideato e organizzato da Pambianco, e l’inserimento delle imprese legate al vino ha rappresentato la principale novità del 2020. L’altra new entry è stata l’introduzione del premio per le Small Caps dei 4 settori considerati, dando vita a una classifica speciale di società dal fatturato inferiore ai 50 milioni di euro, dove nell’ambito wine ha primeggiato Tenuta San Guido, produttore di Sassicaia. BIG AD ALTO MARGINE La top ten delle quotabili del vino è dunque guidata da Antinori, seguita da Frescobaldi e Gruppo Santa Margherita. La classifica è il frutto di un modello di valutazione messo a punto da Pambianco e basato su otto fattori economici e finanziari, derivati dai bilanci dei tre anni più recenti. Antinori opera nel mondo del vino dal 1385 ed è giunta alla ventiseiesima generazione aziendale. Nel 2019, ha ottenuto 246 milioni di ricavi, con il 45% di ebitda su fatturato. Ha 400 dipendenti fissi, che salgono a 900 durante la vendemmia. “Il 2020 è stato un anno difficile e pensiamo di chiudere tra -15 40 PAMBIANCO WINE&FOOD Febbraio/Marzo 2021


leQUOTABILI20

WINE

La famiglia Antinori. Da sinistra: Piero, Albiera, Allegra e Alessia Antinori

220

234

246

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SALES milioni di euro

ITALIA

e -20%, a seconda di come andrà il Natale. In ogni caso, i grandi vini sono rimasti al centro dell’interesse e quelli più accessibili sono stati premiati in grande distribuzione. Hanno faticato i vini medi, quelli più legati alla ristorazione, ma l’esplosione dei consumi durante il periodo estivo ci ha dato coraggio e ci fa sperare per il nuovo anno”, ha affermato Albiera Antinori, presidente della società, durante la cerimonia di premiazione. Le basi per il 2021 sono state poste

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EBITDA in % 2017

EXPORT

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2018

2019

63% 37%

con la vendemmia dello scorso anno, giudicata positivamente da Antinori: “È stata ottima per qualità – ha affermato Albiera Antinori – con una quantità lievemente inferiore alla media. Ora ci prepariamo a un anno nel quale dobbiamo essere pronti a cogliere tutte le opportunità che si presenteranno. Nel frattempo stiamo supportando i clienti del canale horeca e siamo entrati nell’e-commerce, mentre a livello di investimenti continuiamo a portare avanti Febbraio/Marzo 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 41


leQUOTABILI20

WINE SMALL CAP 34

37

39

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SALES milioni di euro

ITALIA

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EBITDA in % 2017

EXPORT

57

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75% 25%

Nicolò Incisa della Rocchetta

programmi su base decennale. Le principali novità del 2021 riguarderanno la parte digitale, che sarà sempre più importante in ambito comunicazione e marketing. Per eventuali acquisizioni, teniamo le orecchie tese”. Antinori non è intenzionata ad affrontare il percorso che porta alla quotazione: “La proprietà è di un trust che durerà novant’anni, una normale evoluzione della nostra storia”, ha concluso Albiera, a capo della società amministrata da Renzo Cotarella e nella quale sono presenti le sorelle Allegra e Alessia, mentre al padre Piero spetta la presidenza onoraria. Il ranking raggiunto da Antinori è pari a 68,7 punti, lievemente più alto di quello di Frescobaldi che occupa la posizione d’onore in classifica con 68,3 e di sei punti e mezzo superiore a Santa Margherita, terzo con 62,1 punti. Degno di nota, per le società presenti sul podio, è l’indice ebitda che misura la marginalità: 45% per Antinori, 34% per Frescobaldi e 30% per Santa Margherita. La marginalità del vino è la più alta tra tutte le categorie premiate (moda, design e beauty sono le altre tre) e il valore massimo viene raggiunto dal vincitore delle Small Caps, Tenuta San Guido, che arriva a sfiorare il 60 percento. Restando nella classifica generale del wine, il quarto posto è occupato da Santero (69 milioni di ricavi e 30% di ebidta) e il quinto posto da Botter, protagonista della crescita più rilevante nel corso del 2019 concluso con un incremento double digit a 217 milioni di ricavi. A seguire, 42 PAMBIANCO WINE&FOOD Febbraio/Marzo 2021

nella seconda parte della graduatoria, troviamo nell’ordine: Gruppo Lunelli, Fantini Group (ex Farnese Vini), Mirafiore/Fontanafredda, F.lli Martini ed Enoitalia. SASSICAIA IN VETTA Nelle Small Caps, dietro Tenuta San Guido, troviamo Carpineto e Guido Berlucchi. La scelta di realizzare una classifica speciale per le aziende sotto i 50 milioni di fatturato è stata dettata, come ha spiegato David Pambianco, ceo di Pambianco Strategie di Impresa: “Dalla constatazione che il panorama industriale italiano è composto in maggioranza da piccole aziende e dall’altro dal fatto che oramai la Borsa, e nella fattispecie il mercato Aim, è uno strumento di finanziamento sempre più considerato anche dalle Pmi italiane per finanziare i propri programmi di sviluppo”. Anche nel caso di San Guido, non si profila all’orizzonte una strategia legata alla Borsa, perché la situazione dell’azienda presieduta da Nicolò Incisa della Rocchetta è piuttosto simile a quella di Antinori. A ritirare il premio sono stati Priscilla Incisa della Rocchetta, figlia di Nicolò e rappresentante della famiglia proprietaria, assieme all’amministratore delegato Alessandro Berlingieri. Sassicaia, marchio di proprietà San Guido, è certamente uno dei vini italiani più quotati in ambito internazionale e la richiesta, ha precisato Berlingieri, supera abbondantemente l’offerta. Di conseguenza, le difficoltà generali del 2020 non dovrebbero

2019


leQUOTABILI20 pesare sui conti futuri della società, che aveva archiviato il 2019 con 39 milioni di ricavi. “Andremo a chiudere il 2020 con fatturato e redditività in linea. Il nostro è un prodotto che vive e resiste nel tempo”, ha precisato l’ad. “La produzione è stata uno degli aspetti positivi del 2020. L’uva raccolta in autunno diventerà vino tra due anni, ed è troppo presto per esprimersi sul prodotto finale, ma la qualità della materia prima è stata buona”, ha precisato Priscilla Incisa della Rocchetta. Anche in termini strategici, le grandi rivoluzioni del 2020 e in particolare quella dell’e-commerce non comporteranno particolari cambiamenti di linea in Tenuta San Guido. “Non vogliamo forzare le cose, per nostra cultura e perché il mercato ci porta ad essere laddove vogliamo essere. Se dovesse emergere la necessità di essere più presenti online di quanto lo siamo ora, ci ragioneremo sopra”, ha affermato Berlingieri. A consegnare i premi è stato Walter Ricciotti, fondatore e ceo di Quadrivio Group, che con Pambianco ha costituito Made in Italy Fund per investire e valorizzare le Pmi italiane, entrando anche nel mondo del vino e investendo in Prosit, società impegnata nella creazione di un polo di cantine italiane di fascia premium e super premium. Nel suo intervento, Ricciotti ha evidenziato come il vino italiano, per ragioni dimensionali, non riesca a cogliere opportunità in linea con le sue potenzialità. “Esistono eccellenze di prodotto e limiti di dimensione, organizzazione e talvolta di marginalità. Per cui ogni azienda, pur disponendo di vini eccelsi, avrà difficoltà nel vendere nei mercati internazionali, dove si

misura con realtà estere ben più grandi. Prosit è stata creata per cogliere queste opportunità, entrando nel capitale delle aziende e lasciando al tempo stesso la proprietà dei terreni e degli immobili ai soci originari. Si tratta di una soluzione che soddisfa entrambi”.

Dall’alto, Walter Ricciotti consegna il premio ad Albiera Antinori e, in basso, la premiazione di Tenuta San Guido (da sinistra: David Pambianco, Walter Ricciotti, Priscilla Incisa della Rocchetta e Alessandro Berlingieri)

Vino, la classifica delle Quotabili 2020 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Palazzo Antinori Compagnia De' Frescobaldi Gruppo Santa Margherita Santero Fratelli & C. C.V.B.C. & C. (Botter) Lunelli Fantini Group Vini Casa E. di Mirafiore Fratelli Martini Secondo Luigi Enoitalia *valori espressi in rating

68,7 68,3 62,1 53,5 51,7 49,2 47,0 44,9 43,2 42,4 20

40

60

80

100

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MERCATO

Il PACKAGING diventa ECO e PREMIUM di Giambattista Marchetto

LA SELEZIONE NATURALE SULLO SCAFFALE E LA NECESSITÀ DI SEDURRE IL CONSUMATORE ATTRAVERSO L’ECOMMERCE SPINGONO GLI INVESTIMENTI SU ETICHETTE E VETRO. FOCUS SULLA SUSTAINABILITY E FORTE INNOVAZIONE IN ATTO.

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T

exture seducenti per la gdo e customizzazione per le nuove (e più spinte) relazioni digitali con i winelover. La rivoluzione Covid19 non ha colpito solo il mercato del vino, ma ha prodotto un impatto significativo anche sulla filiera. E se da un lato il packaging ha visto spostarsi gli investimenti dall’horeca alla distribuzione moderna, dall’altro le aziende del settore hanno dovuto cercare nuove proposte per differenziarsi. ETICHETTA PREMIUMIZZATA “Il canale horeca, che predilige un packaging di lusso, è calato drasticamente”, conferma Fulvio Capussotti, vice presidente esecutivo di Arconvert-Ritrama (Fedrigoni Group). “Il segmento carte autoadesive premium tiene invece grazie all’e-commerce e alla gdo. La situazione sta infatti spingendo le cantine a premiumizzare il packaging anche dei prodotti massmarket per distinguersi sugli affollati scaffali del supermercato e negli shop online”. Una dinamica che ha spinto ArconvertRitrama (733 milioni di ricavi nel 2019) a ricercare lungo un doppio binario: sostenibilità, perché “anche il mercato del vino


MERCATO

si sta accorgendo del tema e per le etichette predilige carte naturali” e certificate, ma alte prestazioni, su cui la business unit ha lavorato insieme ai mastri cartai della casa-madre Fedrigoni. “Anni dedicati a ricerca e sviluppo – precisa – ci permettono di offrire al settore enologico carte naturali autoadesive anti-muffa ad alta opacità che non ingrigiscono, non si deformano e non temono grinze e bolle neppure in ambienti estremi come il secchiello del ghiaccio e il frigorifero. Le nostre autoadesive premium sono sostenibili e performanti, senza rinunciare all’estetica: le etichette pregiate offrono al consumatore stimoli visivi e tattili che spesso modulano il comportamento d’acquisto”. Intanto l’online preme sull’acceleratore. “È aumentata la richiesta di carte texturizzate che premiumizzano ulteriormente l’etichetta. In questo momento per i brand del vino è importante distinguersi nel digitale anche più che sugli scaffali della gdo – specifica il manager – perché devono offrire al consumatore un’esperienza visiva e tattile soltanto attraverso una fotografia”. ETICHETTE TAILORMADE A fronte della compressione di acquisti che ha colpito tutta la filiera del vino (crisi horeca, ma anche cancellazione di eventi e degustazioni) e soprattutto l’export, Icma Sartorial Paper (7 milioni di fatturato nel 2019) ha registrato un secondo effetto della crisi. “Soprattutto per i prodotti di nicchia – rimarca Marco Nigrelli, sales & marketing director – la tendenza è a impreziosire ancor più il packaging per rendere l’esperienza di acquisto, anche tramite e-commerce, qualcosa di unico e di memorabile, capace di lasciare il segno”. Nella gamma di (oltre 500) carte sartoriali Icma sono state aggiunte in particolare carte con caratteristica di antispappolo, adatte quindi alla realizzazione di etichette. Con la spinta sul digitale, “le aziende di vini pregiati in particolare cercano di migliorare ancora la qualità di scatole ed etichette”, aggiunge il manager, che evidenzia il successo nell’ultimo periodo delle carte Velvet, che offrono esperienze tattili peculiari. STYLE BOOK DEL VETRO Anche da Verallia (leader europeo del packaging in vetro, con 2,6 miliardi di fatturato 2019, di cui 500 milioni in capo alla branch italiana) confermano le ripercussioni della crisi nell’horeca, in parte compensata da altri

Dall’alto, la bottiglia Audrey Rosé firmata Bruni Glass e una bottiglia personalizzata da Verallia, collezione Kind di Icma, packaging Montenegro by Pozzoli In apertura, lavorazione bottiglie customizzate in Verallia

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MERCATO

Da sinistra, Fulvio Capussotti (Arconvert-Ritrama), Alessandro Bocchio (Verallia Italia) e Marco Nigrelli (Icma)

canali. E l’innovazione è legata proprio alla customizzazione. “Siamo al fianco dei clienti per supportarli in un processo di personalizzazione spinta – riferisce Alessandro Bocchio, direttore commerciale e marketing Verallia Italia – e da anni lavoriamo a strumenti di marketing e sviluppo come il Virtual Glass, una app che permette di sviluppare nuovi prodotti in 3D, partendo dal packaging in vetro, includendo la capsula e l’etichetta”. Parlando di trend e valorizzazione del prodotto, ogni anno il brand alto di gamma, Selective Line by Verallia, lancia uno style book con le nuove tendenze. “In parallelo stiamo lavorando sull’eco-concezione del packaging in vetro, dall’utilizzo di alte percentuali di vetro riciclato alla riduzione del peso delle bottiglie”, aggiunge il manager. Secondo il quale la spinta digitale non ha ancora innescato novità dirompenti, ma non è da escludersi nel prossimo futuro. ECO-INNOVAZIONE “Il packaging del vino negli ultimi cinque anni ha subito un forte rinnovamento in due categorie: gli spumanti e i vini rosé, con la Francia pioniere di nuove forme di bottiglie ed etichette differenti”, riferiscono da Bruni Glass. “Inoltre, fenomeni come la decorazione dei contenitori con serigrafia ad inchiostro o smalto stanno sempre più entrando anche nel mondo vitivinicolo”. L’azienda lombarda, tra i leader globali nei contenitori in vetro (dal 2016 nel gruppo internazionale Berlin Packaging, 500 milioni di fatturato nel 2020),

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ha sempre spinto su progetti innovativi. Considerando la gamma sempre più ampia di vini e l’incremento di qualità e quantità di produzione enoica, rilevano da Bruni Glass, “il packaging del settore richiederà una costante innovazione e l’industria vetraria si sta adeguando. La pandemia ha portato il consumatore a chiedere un packaging sempre più rispettoso dell’ambiente ed ecosostenibile. Ogni processo di innovazione dovrà tenerne conto”. Il gruppo gioca di creatività per innovazione e voglia di stupire, con due poli di eccellenza nel design a Chicago e a Milano, e le richieste nel vino sono in aumento. SOSTENIBILITÀ E INNOVAZIONE Flusso continuo di ordini e fatturati in aumento rispetto al 2019 per Pozzoli, “con incrementi addirittura maggiori rispetto a quanto previsto dal budget a fine 2019”, evidenzia Barbara Pozzoli, chief commercial officer dell’azienda lombarda focalizzata sul packaging luxury. “Le buone performance della gdo hanno permesso alla filiera di sopperire al calo dell’horeca”, prosegue la manager, che enfatizza la spinta del R&D nel conciliare sostenibilità e innovazione (anche con prodotti unici, ma funzionali per il delivery). Anche sull’innovazione “quest’anno non ha fatto eccezione. Abbiamo investito in nuovi macchinari e in un nuovo magazzino, completamente automatizzato”, conclude Pozzoli.


Le aziende si raccontano

BORD BIA

in collaborazione con:

AUGUSTO CONTRACT

JULIUS MEINL

TENUTA SETTE PONTI


JULIUS MEINL

Non solo bevanda da accompagnamento, ma anche ingrediente per golose ricette. La storica torrefazione viennese Julius Meinl, che ha in Italia il suo cuore produttivo, stringe i rapporti con un canale strategico, anche attraverso un ambassador di fama come il pasticcere Andreas Acherer.

Nelle foto, il pasticcere Andreas Acherer, la linea Julius Meinl 1862 Premium e, più a destra, Vienna XVI Blend

Il CAFFÈ incontra la PASTICCERIA È sempre più stretto il legame tra il mondo della pasticceria e del caffè. L’inconfondibile aroma e il suo gusto deciso lo rendono un ingrediente prezioso per un gran numero di ricette, e al contempo una perfetta bevanda di accompagnamento quando ci si concede un dolce momento. Da quando Julius Meinl, storica torrefazione austriaca con cuore produttivo in Italia, ha aperto la sua prima torrefazione a Vienna quasi 160 anni fa, continua a tramandare di generazione in generazione il proprio know-how e la propria passione, che si percepiscono nella costante ricerca di prodotto e si traducono in caffè di altissima qualità. Qualità e innovazione sono capisaldi di Julius Meinl, che continua ad investire per poter offrire la migliore esperienza di caffè possibile ai propri clienti, dalle pasticcerie ai bar e i ristoranti. Proprio andando in questa direzione, l’azienda ha dato un boost al mercato del caffè artigianale con il progetto Julius Meinl The Originals, nato per celebrare l’artigianalità e l’origine dei chicchi, che si distingue anche per le sue singole origini stagionali, tra cui Nicaragua Jinotega, Guatemala Antigua, India Malabar, Brazil Alta Mogiana, Ethiopia Sidamo, Tanzania Kilimanjaro e Costa Rica. Una produzione artigianale, sostenibile e di eccellenza in tutti i passaggi, dalla pianta alla tazza, per un’esperienza di caffè unica, perfetta da vivere in abbinamento ad una dolce creazione. Le miscele dedicate all’espresso sono due e guardano alla tradizione

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con uno sguardo innovativo: Vienna XVI Blend, miscela 100% arabica con tostatura media e aromi di cioccolato fondente, nocciola e fiori. Per gli amanti dell’insolito c’è Red Door Blend, con una tostatura più chiara e sentori di agrumi, spezie, cioccolato e mandorle tostate. Tutta la storia di Julius Meinl sta invece racchiusa in 1862 Premium, miscela 100% arabica proveniente dalle migliori coltivazioni di Brasile e Africa Orientale, che si distingue per il suo gusto unico dall’aroma corposo, il sapore fruttato e speziato, impreziosito da una crema densa e vellutata. Un prodotto unico, che richiama direttamente la storia del brand: il 1862 è infatti l’anno in cui Julius Meinl rivoluzionò il mondo del caffè offrendo per primo il prodotto già torrefatto alle caffetterie. Dalla tazza al piatto, sono sempre di più i pasticceri che rendono il caffè protagonista delle proprie creazioni. Tra questi uno degli ambassador di Julius Meinl, Andreas Acherer, celebre pasticcere premiato da anni con le prestigiose 3 Torte Gambero Rosso. “Il caffè è un ingrediente versatile nella pasticceria e questo mi ha dato modo di sperimentare abbinamenti inconsueti. Tra i dessert più insoliti che ho creato è stato quello a base di caffè e limone; può sembrare un connubio azzardato ma in realtà il frutto acidulo e le note vellutate del caffè si sposano alla perfezione”. Dolcissimi piaceri tutti da sperimentare insieme a Julius Meinl.


AUGUSTO CONTRACT

IN COLLABORAZIONE CON

General Contactor come interlocutore unico per la realizzazione di un locale, con responsabilità e deleghe sempre più ampie. Il ruolo di Augusto Contract diventa ancora più strategico, attraverso un servizio di massimo livello.

Da sinistra, Bun in viale Bligny a Milano, il ceo di Augusto Contract, Giacomo Racugno (in alto) e Alice Pizza in corso Buenos Aires a Milano

Ristorante CHIAVI IN MANO Cambia la ristorazione e, di pari passo, diventa sempre più strategico il ruolo di chi realizza i locali. È il caso di Augusto Contract, partner di riferimento del dining. “Data la forte crescita del comparto – racconta il ceo Giacomo Racugno – negli ultimi tempi si è sviluppata sempre di più la richiesta di servizi di un general contractor come interlocutore unico per la realizzazione del locale ‘chiavi in mano’. Questo trend è andato rafforzandosi con gli ultimi sviluppi”. L’evoluzione del servizio take away e delivery, per esempio, ha favorito la nascita di spazi di cucina condivisi fra più format. Ciò significa che questi format stanno pianificando una crescita del loro fatturato con l’aumento della loro capacità produttiva. In alcuni casi la scelta di utilizzare una cucina indipendente dai punti vendita viene portata avanti per coprire territori ancora non coperti dall’offerta del marchio. Per quanto riguarda invece le tipologie di format più legate all’esperienza nel punto vendita, la chiusura forzata dei locali ha imposto una riprogettazione degli stessi, determinando un’evoluzione del format attraverso la separazione del locale rispetto agli spazi dedicati al delivery. Dunque, nonostante la crisi, c’è un gran movimento dettato sia dal buon andamento dei player vincenti sia dalla necessità di rivedere i locali da parte degli altri. “Per la maggior parte dei nostri clienti, gli investimenti

previsti nel 2020 sono stati confermati e da noi completati”, precisa Racugno, aggiungendo che: “I format che sono nati con un’offerta multicanale continuano ad essere molto attivi e progettano le nuove aperture anche su territori italiani non ancora esplorati. Altri stanno attendendo l’evolvere della pandemia per attivare nuovi investimenti”. È evidente che portare a termine la realizzazione di un locale è stato molto complicato nel 2020, a volte anche per l’improvvisa indisponibilità di risorse nella filiera produttiva. “Per questo la delega ad un soggetto come il general contractor ha concesso agli imprenditori del foodservice di concentrare la loro attenzione sulle problematiche, anch’esse più complesse, legate al core business dell’azienda”, evidenzia il ceo. Augusto Contract sta di conseguenza potenziando gli investimenti nella propria innovazione organizzativa, supportata anche da innovazione tecnologica. “I metodi di progettazione collaborativa che stiamo acquisendo ci permetteranno di offrire ai nostri clienti una sempre maggiore attenzione al dettaglio, alla tempestività realizzativa e alla sempre maggiore flessibilità da loro richiesta. Crediamo che la crescita del foodservice sarà internazionale e dovrà essere accompagnata da operatori professionali dislocati in più nazioni ma in grado di colloquiare con linguaggi comuni per la progettazione e realizzazione dei locali”.

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TENUTA SETTE PONTI

Oreno e Vigna dell’Impero reagiscono alla crisi del 2020 con incrementi a doppia cifra negli Stati più importanti come California e New York. L’annata 2018 di Oreno ha ottenuto i massimi punteggi dalle guide specializzate.

Nelle foto, da sinistra: Alberto, Antonio e Amedeo Moretti Cuseri e l’ultima annata di Oreno

TENUTA SETTE PONTI cresce negli Usa con i vini top Il 2018 si sta rivelando un’ottima annata per Oreno, uno dei vini di punta della Tenuta Sette Ponti. Questo blend di uve Merlot, Cabernet e Petit Verdot, coltivate nei terreni di proprietà della famiglia Moretti Cuseri in Valdarno di Sopra, ha già ottenuto i massimi riconoscimenti dalle guide specializzate: Tre Bicchieri per Gambero Rosso per la decima volta, 5 Grappoli per Bibenda, 4 Viti Ais e Tre Stelle Oro Veronelli. Ha inoltre ottenuto 99/100 da WinesCritic – Raffaele Vecchione, 97+ da Luca Gardini nella guida del Corriere della Sera ‘I Migliori 100 Vini e Vignaioli d’Italia 2021’, 97/100 da James Suckling e infine ha conquistato il Wine Hunter Gold a Merano. Antonio Moretti Cuseri, presidente dell’azienda, sottolinea “il livello eccellente della raccolta 2018 e anche della 2019, già in cantina, per il Merlot, presente in prevalenza nel blend che compone l’Oreno. E anche il Cabernet è riuscito benissimo. Per noi Oreno, assieme a Vigna dell’Impero, è il prodotto di punta, con ottimi riscontri commerciali anche nel 2020. Per i nostri top di gamma non c’è stata alcuna flessione, anzi!”. Moretti Cuseri evidenzia in particolare il risultato ottenuto negli Usa, con un incremento a doppia cifra degli ordini negli Stati chiave Usa come California e New York. “A un certo punto ho chiamato il nostro importatore per verificare che non ci fosse un

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dato errato! Invece era tutto vero. Del resto, gli Stati Uniti sono il primo mercato di destinazione per i nostri vini, davanti a Canada e poi a seguire l’Europa nella sua totalità. E in America abbiamo tanti clienti affezionati che evidentemente, non potendolo degustare al ristorante, lo hanno acquistato online o tramite negozi specializzati”. Sono 40mila le bottiglie prodotte nell’annata 2018 di Oreno, mentre per Vigna dell’Impero i numeri sono ancora più bassi, meno di 7mila bottiglie, a testimonianza della preziosità di questo Sangiovese in purezza le cui uve provengono dal vigneto storico della proprietà che fu piantato nel 1935 da Amedeo di Savoia Duca d’Aosta, e che è tutt’ora produttivo. Tenuta Sette Ponti, che si estende per 300 ettari di cui 65 coltivati a vigneto nel cuore della Toscana tra Firenze e Arezzo, fu acquisita infatti dalla famiglia Moretti Cuseri negli anni Cinquanta del secolo scorso direttamente dalle principesse Margherita e Maria Cristina di Savoia d’Aosta. Partendo da questa base, Antonio Moretti Cuseri, imprenditore nato nella moda, ha poi ampliato l’attività nell’ambito del vino in Toscana con Orma a Bolgheri e con Poggio al Lupo in Maremma, oltre alla Sicilia dove è presente con Feudo Maccari. Il sogno dell’imprenditore? “Vogliamo realizzare il miglior Sangiovese di Toscana, e ci stiamo lavorando”, afferma.


BORD BIA

Lo chef del ristorante di Porta Nuova a Milano apprezza il manzo irlandese per il suo sapore inconfondibile, per la morbidezza del suo nobile grasso ma anche e soprattutto per il rispetto del benessere animale garantito dal metodo di allevamento al pascolo. Da sinistra, Andrea Berton e il controfiletto di manzo con patate fritte e sugo di peperoni rossi

Il “tocco” etico di BERTON “Il consumatore è sempre più informato e attento alla qualità. Lo è anche grazie alle conoscenze che gli chef e gli addetti ai lavori gli hanno trasmesso, e certamente la sua attenzione va a vantaggio di chi, come me, lavora con qualità”. La pensa così Andrea Berton, chef del Ristorante Berton di Milano in Porta Nuova ma anche “firma” di un secondo progetto stabile, Berton al Lago presso il Sereno Hotel, e di alcuni prestigiosi temporary restaurant, come quello che lo ha visto protagonista nel periodo natalizio all’Hôtel de Paris di Monte Carlo. E la qualità, in cucina, si ottiene soltanto se la materia prima è di pregio. Il “tocco” dello chef consiste infatti nell’esaltare le caratteristiche degli ingredienti, rispettandone l’essenza ed evitando coperture che servono solo, come dice il termine, a “coprire” eventuali difetti di partenza. I criteri di selezione di Berton sono gli stessi fin da quando lo chef, allievo di Marchesi, ha iniziato la sua carriera da executive: materie prime eccellenti, sostenibili e prodotte nel rispetto dell’ambiente. Vale per le verdure, provenienti da terreni coltivati senza utilizzo di sostanze chimiche nocive per la natura e per l’uomo. E vale naturalmente per le carni bovine. Quella irlandese è particolarmente apprezzata da Berton per una serie di caratteristiche, partendo dalla qualità per arrivare al metodo di

allevamento rispettoso del benessere animale. “La conoscevo di fama, poi l’ho assaggiata e mi ha favorevolmente sorpreso per il suo sapore. Ha il gusto dell’erba fresca di cui si nutrono gli animali al pascolo, vivendo liberamente e in condizioni ideali per ottenere qualità. E poi l’Irlanda è un’isola, battuta dai venti, e la sapidità del mare, la presenza di iodio, la ritroviamo nelle sue carni di manzo. Tutto ha origine dai luoghi di allevamento e dal rispetto dell’animale in vita”. Quella di Berton per l’Irish beef è stata una scelta di gusto e di etica. Il suo taglio preferito è il controfiletto, perché la presenza del nobile grasso tipico delle carni irlandesi, il celebre golden fat che ricopre e penetra all’interno di una saporita polpa color rosso Borgogna, diventa l’elemento morbido ideale che si amalgama, durante la cottura, alla succosità della carne. Berton ama il controfiletto, proprio per la presenza del grasso nobile, così come ama la guancia, per la sua particolare consistenza e per i risultati che permette di raggiungere in cucina, e come le interiora: “Sono parti che possiamo considerare nobili soltanto se la materia prima di partenza è di qualità. La carne bovina è ben presente nel mio menù, e la scelta dell’ingrediente è la naturale conseguenza della mia visione del mondo”.

CONTROFILETTO DI MANZO IRLANDESE CON PATATE FRITTE E SUGO DI PEPERONI ROSSI Lista ingredienti nella sezione ‘foodie’ del sito irishbeef.it

Procedimento. Eliminare i semi dai peperoni e arrostirli in padella o su una griglia, metterli in un sacchetto sottovuoto con i pomodori e 100 gr. di acqua fredda, cuocere a 100C° in forno a vapore per 2 ore, toglierli dal sacchetto e frullarli nel bimby sino ad ottenere una crema liscia e omogenea. Scolare su un passino con un foglio di etamina e recuperare la parte liquida, metterla in una pentola e ridurre fino a ottenere una glassa. Aggiustare di sale. Appoggiare su una placca da forno i peperoni passati con l’olio e mettere in forno a 220 C° per 10 minuti, raffred-

darli con l’acqua corrente ed eliminare la pelle e i semi e tagliarli a falde, condirle con sale Maldon e olio evo. Arrostire in forno le ginocchia e le ossa di manzo a 180C° per 40 minuti. Arrostire in padella lo scamone con burro e aromi, unire le ossa e bagnare con acqua e ghiaccio, sobbollire per 6 ore. Filtrare il liquido ottenuto con un passino e lasciare ridurre fino ad ottenere una glassa di carne. Far raffreddare in abbattitore e togliere il grasso a galla. Arrostire la carne in padella con l’olio, aggiungere burro, sale e rosmarino, aglio e continuare la cottura fino a quando la carne raggiunge la temperatura di 52°, lasciar

riposare qualche minuto sopra una griglia per far depositare i liquidi e infine tagliare a metà. Completare con qualche scaglia di sale Maldon. Mettere l’acqua con il burro in una casseruola e far bollire molto lentamente, aggiungere rosmarino, timo, aglio, sale. Cuocere le patate per 40 minuti, quindi toglierle e raffreddarle in abbattitore. Tagliarle a parallelepipedo e congelarle. Scaldare l’olio di arachidi a 170° e friggere le patate, rendendole dorate e morbide. Impiattamento. Su un piatto piano appoggiare la falda di peperone, la carne tagliata, le patate e completare con il sugo di peperone e la salsa di manzo. Febbraio/Marzo 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 51


SCENARI

IL BOOM PRE COVID DEI VINI REGIONALI (+27% IL FATTURATO NELLA TOP TEN) È LEGATO ALLE OTTIME PERFORMANCE DEL VITIGNO PIÙ RAPPRESENTATIVO, PRESENTE NELLE DOC DI MANDURIA E GIOIA DEL COLLE. IL PRIMITIVO DÀ ORIGINE A UN VINO DA ESPORTAZIONE E DAL RAPPORTO QUALITÀ/PREZZO FORMIDABILE PER TUTTI I CANALI.

PUGLIA, LA SUA FORZA È IL PRIMITIVO di Alessandra Piubello

P

rima della pandemia, i vini della Puglia avevano spiccato il volo non solo in termini di qualità, ma anche di vendite. Nel 2019, le prime dieci aziende della regione avevano fatturato complessivamente più di 217 milioni di euro (+27%), e nell’anno che si è appena concluso sembra che i produttori, grazie anche alla gdo e all’e-commerce, si siano difesi piuttosto bene. Un ruolo fondamentale, nell’ascesa della Puglia vitivinicola, l’ha avuto il suo il vitigno principe: il Primitivo, presente nel territorio regionale con circa 4.500 ettari coltivati nell’areale di competenza della doc Primitivo di Manduria e circa 1.000 per la doc Primitivo Gioia del Colle. In queste zone, il Primitivo ha trovato il terroir ideale. PAROLA AI CONSORZI “Il Primitivo di Manduria interpreta un ruolo da protagonista”, racconta Mauro di Maggio, presidente del Consorzio Primitivo di Manduria e direttore generale di Cantine San Marzano. “Nel 2019 siamo arrivati a 22,7 milioni di bottiglie con un fatturato di oltre 147,5 milioni di euro (+21%). Oggi il Primitivo di Manduria è la doc che rientra nella top five dei vini più esportati a

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SCENARI

PUGLIA, I TOP 5 PER FATTURATO Fatt. 2019

Var%

Ebitda% 2019

1

LATENTIA WINERY

44

18

3

2

SAN MARZANO VINI

36

127

6

3

CANTINE DUE PALME

33

0

10

4

TORREVENTO

24

92

4

5

VARVAGLIONE 1921

23

17

14

TOTALE

160

35

7

livello nazionale, simbolo di un importante territorio vitivinicolo. In questi ultimi 20 anni è cresciuto senza sosta, grazie alle sue caratteristiche di vino potente, fruttato, vellutato e piacevole. Distribuiamo per un 85% in horeca e per il 70% all’estero. Il nostro vino piace internazionalmente, ma ci sono ampi margini di crescita soprattutto nei mercati tradizionali, come gli Stati Uniti e come i mercati di monopolio canadese e scandinavo. La Puglia vive una fase di crescita che ci piace sintetizzare con il Primitivo di Manduria, ma in realtà è la conseguenza di aver finalmente preso responsabilità della sua vocazione agricola e turistica”. Vito Giuliani, titolare dell’azienda di famiglia, è stato rieletto nel 2020 alla presidenza del Consorzio del Primitivo Gioia del Colle, che comprende circa una quindicina di aziende (quasi tutte in biologico) su circa mille ettari, con una produzione di 2 milioni di bottiglie. “La nostra denominazione negli ultimi 10 anni ha avuto un aumento di produzione del 20-30 percento. Siamo sostanzialmente nati negli anni 2000, se pensiamo che alla costituzione della doc negli anni ’80 eravamo in 3 cantine. A oggi le aziende sono aumentate, sono giovani o al passaggio generazionale, sono unite e lavorano con molta passione. La critica ha premiato il nostro lavoro, anche se siamo ancora in pochi a produrre. Una nicchia di mercato, che mantiene alto il valore del nostro vino, anche nei prezzi, ma che dovrebbe farsi conoscere di più e ci stiamo lavorando. Esportiamo al 60% in vari Paesi, quelli attratti da una tipologia di Primitivo elegante e fresco, perché a Gioia del Colle siamo tra i 300 e i 450 metri di altitudine, con forti escursioni termiche”.

Fonte: Pambianco Valori in milioni di euro

Dall’alto: Mauro di Maggio (presidente consorzio Primitivo di Manduria) e Vito Giuliani (presidente consorzio Primitivo Gioia del Colle) In apertura, grappoli di Primitivo

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SCENARI

Marco Luccariello (Latentia Winery) e Francesco Liantonio (Torrevento)

IL FILO CONDUTTORE Al Primitivo sono legate più o meno tutte le realtà pugliesi presenti nella top ten, in testa alla quale troviamo Latentia Winery di Laterza. L’azienda nasce nel 2011 dall’esperienza nella commercializzazione vini dell’amministratore unico Fedele Angelillo, per poi espandersi in Veneto (Zardetto) e in Friuli (Cà di Prata), grazie anche all’ingresso societario di Mack & Schühle, società tedesca leader nella distribuzione vini nella gdo europea. “Nel nostro stabilimento in Puglia produciamo circa 10 milioni di bottiglie – spiega Marco Luccariello, direttore marketing del gruppo – destinate per il 90% all’export. La crescita del Primitivo è notevole, siamo passati da qualche centinaio di migliaia di bottiglie a qualche milione nel giro di pochi anni. La forza del Primitivo sta nel suo rapporto qualità-prezzo, poi è un vino che sa conquistare un pubblico ampio. Il nostro canale di riferimento è la gdo, con il 90% del totale. La grande visibilità che la gdo europea ha dato al prodotto, consentendo al “turista di ritorno” di ritrovare una bottiglia di Primitivo sotto casa a 2mila km di distanza dalla Puglia, credo sia stato un passaggio fondamentale”. Al secondo posto si piazza Cantine San Marzano, cooperativa fondata nel 1962 con 1.200 soci su circa 1.500 ettari e una produzione di 10 milioni di bottiglie. “Il Primitivo è diventato di fatto la nostra 54 PAMBIANCO WINE&FOOD Febbraio/Marzo 2021

bandiera”, afferma il dg Mauro di Maggio. “Produciamo poco meno di un milione di bottiglie di Primitivo di Manduria doc vendute, come tutta la nostra produzione, al 70% in circa 80 Paesi del mondo e possiamo dire che è l’unica doc che continua a crescere secondo i trend pre-crisi pandemica: la richiesta non si è arrestata. Il Primitivo è un po’ la lepre di un sistema che continua a crescere. È un vino buono sin dalla sua gioventù, ma può essere anche di grande spessore, da conservare in cantina nel tempo. Si può vendere a breve termine e dal punto di vista finanziario questo è un punto a favore. La gdo ha trainato i consumi, ma da settembre abbiamo anche un negozio online, un progetto coltivato pian piano, su cui ci stiamo ancora calibrando”. Cantina Due Palme, cooperativa fondata dall’enologo Angelo Maci nel 1989, che nel corso degli anni ha incorporato 6 cantine sociali, ha una base di mille soci su 2.500 ettari tra Brindisi, Taranto e Lecce, con una produzione di 17 milioni di bottiglie. “All’inizio abbiamo puntato subito all’estero – spiega Assunta De Cillis, direttore generale della società – incontrando difficoltà enormi. Eravamo fra i primi a esportare, e alcuni Paesi non volevano sentir parlare di Primitivo: c’era diffidenza nei confronti del Sud e anche delle cooperative. Ora esportiamo il 70% della produzione in 40 Paesi al mondo. Il Primitivo è il marcatore identitario della nostra regione:


SCENARI

immediatamente collocabile, rappresenta la nostra storia e cultura e fa da traino alla Puglia. Spero che questo fenomeno duri a lungo! Noi produciamo 1,5 milioni di bottiglie di Primitivo, ma lo usiamo molto anche in blend. La diversificazione, attuata da anni, di posizionamento e di distribuzione (gdo 40%, horeca 35%, e-commerce 25%) ci ha aiutato in questo momento complicato”. APRIPISTA PER ALTRI VINI Anche per Torrevento, azienda dell’Alta Murgia entrata a far parte di Prosit e portabandiera del Nero di Troia, il Primitivo sta avendo un peso incisivo nella crescita, come racconta Francesco Liantonio, presidente e amministratore delegato dell’azienda fondata nel 1950 e nella quale opera dal 1989. “Attualmente lavoriamo su 270 ettari di proprietà e 260 in gestione, con una produzione di 2 milioni e mezzo di bottiglie, esportate per l’80% in 50 Paesi. Da quest’anno abbiamo rilevato un polo produttivo nell’areale del Primitivo doc. Il Primitivo è diventato un riferimento in tutto il mondo, incontra il gusto del consumatore ed è ormai indispensabile nel catalogo di qualunque importatore. La crescita qualitativa, grazie anche al livello tecnico e agronomico raggiunto, è evidente e il mercato la riconosce. La richiesta è in incremento continuo e ci fa da apripista anche per gli altri vini del territorio”. Liantonio però precisa: “Bisogna essere responsabili, senza scendere a compromessi sulla qualità. Va infatti salvaguardato il valore identitario del vitigno. Noi abbiamo iniziato a produrlo nel 2008 e a oggi rappresenta il 35% della produzione, in sintonia con la crescita globale aziendale. Il nostro canale è sempre stato l’horeca, ma da quest’anno partiremo con una linea dedicata alla gdo”. A chiudere la top five è un’azienda legata a doppio filo con il Primitivo di Manduria. Si tratta di Varvaglione 1921, che vanta 150 ettari di proprietà ed esporta in 70 Paesi del mondo. Marzia Varvaglione, responsabile marketing e quarta generazione aziendale, afferma: “È il nostro vitigno identificativo, ne produciamo tre milioni di bottiglie su quattro milioni totali. C’è un background territoriale unico e irripetibile dietro al nostro Primitivo. Non è solo un vino che garantisce un ottimo rapporto qualità-prezzo, è un insieme di emozioni che

dal bicchiere portano in una terra accogliente di naturale bellezza”. L’azienda, che vende solo nel canale horeca e tramite e-commerce da maggio ‘19, è ben posizionata all’estero: “Questo ci ha consentito di lavorare bene anche durante i momenti più duri del 2020. Talvolta proprio l’ottimo rapporto qualità-prezzo può indurre la gente a non percepire il reale valore di questo vino. Ma anche all’estero stanno cominciando ad acquistare Primitivo con un prezzo medio più alto del solito”, conclude Varvaglione.

Nella foto in alto, da sinistra: Antonella Maci, Assunta De Cillis, Melissa Maci e Angelo Maci (Due Palme) In basso, Marzia Varvaglione (Varvaglione 1921)

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SCENARI

LA CANTINA PUGLIESE PRESENTA UN’AMPIA OFFERTA DI VINI: ALCUNI GIÀ AFFERMATI MA CON POTENZIALITÀ DI CRESCITA COME IL ROSATO SALENTINO, ALTRI PIÙ RECENTI COME IL BOMBINO SPUMANTIZZATO METODO CLASSICO E ALTRI ANCORA, COME IL NERO DI TROIA, CHE POSSONO SFRUTTARE LA SCIA DEL PRIMITIVO.

TRE GEMME IN FIORE di Alessandra Piubello

L

a Puglia possiede un vigneto lungo più di trecento chilometri, dalle falde del Gargano al Capo di Leuca, che in buona parte ha come orizzonte il mare. Pur essendo molte le varietà di questo esteso anfiteatro, dal clima che mitiga e acuisce il calore del sole, accendiamo il riflettore su tre tipologie. SALENTO ROSÉ Nel Salento è stato imbottigliato il primo rosato d’Italia. Il Five Roses dell’azienda Leone de Castris nasce infatti nel 1943. La storica azienda si estende su 250 ettari di proprietà e produce 2,5 milioni di bottiglie. “A oggi – spiega l’ad Piernicola Leone de Castris, esponente di quindicesima generazione – presentiamo una decina di rosati e siamo identificati con questa tipologia, che rappresenta il 40% della nostra produzione. I rosati da noi sono da decenni in crescita costante, del 5-10% annuale. Il Salento viene riconosciuto come vocato per i rosati anche all’estero, dove esportiamo la metà della produzione. In Italia siamo presenti per il 70% in horeca e per il 30% in gdo, e abbiamo anche dei locali a marca nostra”. Rosa nel nome, per precisa scelta aziendale, Rosa del Golfo fu nel Salento la seconda a imbottigliare vini rosati fermi e la prima per lo spumante rosé metodo classico. Nasce nel 1938,

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SCENARI

primo imbottigliamento nel ‘65 con il rosato nominato poi Rosa del Golfo, 40 ettari, 200mila bottiglie, delle quali il 50% sono rosé. “Sui rosati – racconta il titolare Damiano Calò – siamo in crescita costante, del 2-3% annuale. Distribuiamo solo in horeca ed esportiamo il 40% della produzione. Credo che si potrebbe operare di più per far conoscere il rosato del Salento, in realtà sono noti più i brand in sé e per sé. Forse avremmo bisogno di un consorzio dedicato solo al rosato o forse di una doc Rosato Salento”. “Il rosato salentino – spiega Stefano Garofano dell’azienda Garofano – è un vino da pasto, non da party. Papà (il noto enologo Severino Garofano, ndr) credeva nel rosato e nella sua dignità autoriale da sempre, anche se è diventato famoso soprattutto per i suoi rossi da Negroamaro”. Stefano, assieme alla sorella Renata, conduce l’azienda fondata nel 1995, 25 ettari e 180mila bottiglie destinate solo all’horeca, con un 20% destinato all’export. “Negli ultimi dieci anni abbiamo raddoppiato il volume dei rosati prodotti – continua Stefano – e ora ci siamo assestati sul 30% della produzione. Credo che il rosato salentino crescerà ancora, all’estero è percepito come il riferimento storico del rosato italiano”. BOMBINO METODO CLASSICO Da San Severo (Foggia) è partita la riscossa del metodo classico pugliese con la valorizzazione in primis del vitigno autoctono Bombino bianco (poi negli anni si è aggiunto il Pinot nero). I primi a partire sono i d’Araprì, che dal 1979 si dedicano esclusivamente al metodo classico. Attualmente producono tra le 130 e le 150mila bottiglie, (con un export del 20%), delle quali il 60% sono di Bombino, su circa 20 ettari vitati. “Siamo stati i pionieri – racconta Ulrico Priore, uno dei tre soci fondatori, insieme a Girolamo D’Amico e Louis Rapini – perché abbiamo intravisto nel Bombino un vitigno adatto alla spumantizzazione per la marcata acidità, l’alcolicità contenuta e la longevità. Siamo voluti restare nel centro di San Severo: le gallerie naturali, scavate nella roccia calcarea, sono perfette per far maturare il vino sui lieviti”. Seguendo i loro consigli, nel 2013 Angelina Radatti e Francesco Toma fondano Re Dauno, un ettaro di proprietà e uve da conferitori di fiducia, e 20mila bottiglie prodotte. “Mi piacerebbe – racconta Toma – fare un marchio

Dall’alto: Piernicola Leone De Castris (Leone De Castris), Damiano Calò (Rosa del Golfo), Stefano e Renata Garofano (Garofano) In apertura: vigneto in Alta Murgia

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SCENARI

Nelle foto, in senso orario: Girolamo D’Amico, Louis Rapini e Ulrico Priore (Cantine D’Araprì), Sebastiano De Corato (Rivera), Adriana Moretti e Carlo Biasotto (Masseria La Sorba)

unico per gli spumanti metodo classico della Daunia, vorrei creare squadra tra noi”. Nel 2016 viene creata 7 Campanili da Antonio Di Rita e Mario Di Silvestri. Anche qui, la cantina si trova in centro storico, con una produzione di 10mila bottiglie. L’ultimo in ordine di tempo è Pisan Battel, partito nel 2017. “Siamo cresciuti del 40% quest’anno – racconta Antonio Pisante, titolare con Leonardo Battello – e cresceremo ancora: l’anno prossimo lanceremo due nuove etichette”. IL NERO DI TROIA Rivera è una delle aziende storiche per la produzione del Nero di Troia in purezza (“Consigliato da Veronelli e dal wine maker e scrittore di vino californiano Randall Grahm”, ci racconta Sebastiano De Corato, titolare dell’azienda), insieme a Torrevento, D’Alfonso del Sordo, Conte Spagnoletti Zeuli. Dal 2000, con Puer Apuliae (ragazzo della Puglia, com’era chiamato Federico II), si dedicano alla valorizzazione di questo vitigno, tipico dell’areale di Castel del Monte. Settantacinque ettari e circa 1,1 milioni di bottiglie prodotte (per la maggior parte bianchi, il Nero di Troia rappresenta il 17% a volumi e il 30% a valore). “Punterò sempre di più sul Nero di Troia, tanto che pianterò presto altri 7 ettari, sempre da riselezioni massali ad acino piccolo e spargolo che iniziarono 58 PAMBIANCO WINE&FOOD Febbraio/Marzo 2021

nel vecchio vigneto di famiglia nel 2003. La longevità di questo vitigno è incredibile, così ben contraddistinto da spiccate note floreali, dall’innata eleganza. Certo, soffriamo della concorrenza del Primitivo, ma siamo convinti del suo valore”. Sul Nero di Troia hanno investito anche Adriana Moretti e Carlo Biasotto, titolari di Masseria La Sorba. Questa è la seconda “creatura” dei due enotecnici, fondatori nel 1986 di Foss Marai a Valdobbiadene. “Pur avendo iniziato la nostra avventura in Puglia quasi 20 anni fa, ci siamo assestati su 100mila bottiglie di produzione, su 100 ettari, di cui esportiamo circa il 17%”, raccontano.



SCENARI

TRE TENUTE, 2,5 MILIONI DI BOTTIGLIE PRODOTTE E PROSPETTIVE DI ULTERIORE ESPANSIONE. LA SFIDA DELLA FAMIGLIA ANTINORI IN PUGLIA È DARE VALORE INTERNAZIONALE AI VINI DEL TERRITORIO.

TORMARESCA SUL PREMIUM di Andrea Guolo

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ingresso di Antinori in Puglia risale al 1998, con l’acquisizione della tenuta Bocca di Lupo nella doc Castel del Monte. Ventidue anni dopo, sono tre le proprietà acquisite nella regione e raggruppate sotto il marchio Tormaresca: nel 1999 si è aggiunta Masseria Maime in Salento e, più recentemente, la tenuta Carrubo nella zona di Manduria. CONTESTO SFIDANTE “La cosa di cui andiamo più fieri – racconta Vito Palumbo, brand manager di Tormaresca – è il valore che siamo riusciti a dare ai vini del territorio, in termini di posizionamento e anche di mix di referenze. Quello pugliese è un contesto molto sfidante, perché la concorrenza spinge sulle politiche di prezzo in maniera piuttosto aggressiva; ciononostante, cerchiamo di uscire sul mercato con etichette di qualità ed eccellenza e con un posizionamento alto”. Il ‘fenomeno Primitivo’ è una realtà anche nel caso dell’azienda della famiglia Antinori. Su 2,5 milioni di bottiglie prodotte da Tormaresca, il vitigno principe pugliese pesa per un terzo della produzione complessiva.

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SCENARI

Ed è croce e delizia, perché il Primitivo è certamente diventato un traino internazionale per i vini di Puglia (“In Germania, Svizzera, Brasile e Far East la fa da padrone”) ma la presenza nel mercato di imbottigliatori che ne sfruttano l’appeal e fanno pushing di prezzo finisce per penalizzare l’immagine della denominazione agli occhi dei buyer internazionali. “Questo – sostiene Palumbo – è il lato critico della ‘moda’ legata al vitigno. La considerazione del suo successo si accompagna alla consapevolezza che la Puglia esprime alta qualità, ma c’è ancora tanta strada da fare per affermare il prestigio dei suoi vini al livello delle migliori produzioni toscane o piemontesi”. Con la recente uscita di Carrubo (prima annata 2017), frutto dell’investimento nell’omonima tenuta a Fragagnano (Taranto), Tormaresca ha offerto la propria interpretazione premium del Primitivo di Manduria doc, mirata alla produzione di un vino moderno, elegante e complesso senza per questo dimenticare i tratti più identitari del vitigno autoctono. L’obiettivo è ripetere nella doc il successo ottenuto in ambito igt da Torcicoda, il Primitivo del Salento entrato per ben due volte nella Top 100 di Wine Spectator. Cambiando tipologia, Tormaresca ha ottenuto ottimi risultati con il rosé Calafuria in termini di critica (miglior rosato italiano secondo Wine Spectator) e anche di vendite. “Si tratta di uno dei vini di maggior successo all’interno del portafoglio completo di Antinori. Il suo primo mercato è la Puglia stessa, da sempre grande estimatrice e consumatrice di rosé”, commenta il brand manager. ESPANSIONE IN VISTA Oggi, dunque, Tormaresca è l’unica azienda a coprire direttamente le aree più vocate della regione e non è finita qui. Si prospetta infatti una quarta acquisizione, perché la famiglia sta valutando altre opportunità per disporre di una gamma completa dei migliori vini del territorio. “La rinascita della Puglia, a livello turistico ed enogastronomico, è sotto gli occhi di tutti. E noi vogliamo alimentarla con l’imprinting di Antinori, che consiste nel dare valore”, conclude Palumbo.

Dall’alto, vendemmia a Tenuta Carrubo, bottaia a Bocca di Lupo (foto di Henrik Blomqvist) e il Primitivo Torcicoda In apertura, il rosé best seller Calafuria (foto di Alessia Rollo)

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TENDENZE

SASSICAIA E ORNELLAIA, DUE TRA I VINI ITALIANI PIÙ QUOTATI ALL’ESTERO, SONO PENSATI E “FIRMATI” AL FEMMINILE. UN FENOMENO IN ESPANSIONE IN TUTTA ITALIA, SUPERANDO LA DIFFIDENZA DI UN MONDO TRADIZIONALMENTE MASCHILE. LA LORO FORZA? “QUESTIONE DI SENSIBILITÀ”.

L’ENOLOGO È DONNA di Fabio Gibellino

G

raziana Grassini è uno degli enologi italiani più famosi del mondo. Lo è perché nel 2010 ha raccolto l’eredità di Giacomo Tachis nella produzione del Sassicaia e perché, già sul finire degli anni ‘80, è stata una delle prime donne a intraprendere la via della libera professione. Senza allontanarsi troppo, e restando sempre nella Maremma livornese, proprio ai confini della Tenuta San Guido, ci sono i vigneti di Ornellaia. Filari accomunati da una storia di famiglia, perché Piero Antinori e Mario Incisa della Rocchetta erano cugini, e da un comune denominatore chiamato eccellenza. Ma non solo, perché dal 2016 anche le bottiglie appartenenti al gruppo Frescobaldi sono affidate alle cure di una donna: Olga Fusari, entrata in azienda nel 2005 attraverso uno stage e da allora cresciuta giorno dopo giorno. Così, se nel 2020 due delle più importanti realtà di Bolgheri parlano al femminile, e lo fanno da qualche anno ormai, il significato è solo uno: il mondo del vino è cambiato laddove è più difficile farlo ovvero in cantina. E lo ha fatto in modo compiuto, perché come sottolineava Agatha Christie, “un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”. E anche il terzo indizio ha un significato ben preciso. Dal febbraio dello 62 PAMBIANCO WINE&FOOD Novembre/Dicembre 2020


TENDENZE

scorso anno infatti, la sezione Piemonte di Assoenologi, cioè terra di Barolo e Barbaresco, è diretta da Daniela Pesce. Una prova che non solo è servita in un calice d’argento, ma è anche suggellata dai numeri forniti da Riccardo Cotarella, qui nei panni di presidente nazionale di Assoenologi: “Certo, la presenza femminile tra i nostri iscritti è notevolmente in crescita. Nel 2005 quando ho iniziato la mia presidenza, le enologhe erano al 6%, oggi siamo all’11%, su un totale di circa cinquemila iscritti”. Una mappa che, per lo stesso Cotarella, “vede un aumento diffuso in tutte le regioni, che trova conferma anche nelle università e che, a mio avviso, nel prossimo quinquennio potrebbe portare l’incidenza ad attestarsi intorno al 20 percento”. IL PLUS DI COMUNICAZIONE Quantità ben diverse da quelle degli anni ‘80, come precisa Daniela Pesce, diplomata nel 1983 e oggi, dopo 25 anni di Mombaruzzo, alla guida dei vini etichettati La Maranzana: “Ricordo bene quando a scuola, ad Alba, eravamo 15 studentesse su un totale di 600”. Realtà un po’ diversa da quella vissuta in questo inizio di secondo millennio proprio da Olga Fusari che sottolinea come: “Oggi sicuramente il passo in avanti è netto, ma era comunque iniziato al momento dei miei studi, dove noi donne eravamo già il 40% degli studenti”. Dunque la via è tracciata. Per Riccardo Cotarella, il merito iniziale innanzitutto: “È del vino, che funziona e che attrae sempre più appassionati. E se si è arrivati a questo punto, è anche per il lavoro svolto dagli enologi precedenti. Poi certo, è cambiato anche il ruolo stesso dell’enologo, da figura nascosta a elemento di comunicazione e marketing; passaggio sdoganato dalla preparazione e dalle esigenze del nuovo consumatore”. Ed è proprio in questa chiave che le donne potrebbero avere qualche vantaggio. Per il presidente di Assoenologi infatti: “Donne e uomini naturalmente hanno le stesse percezioni, le differenze sono ovviamente nei soggetti; forse le donne hanno una marcia in più sulla comunicazione, che è più naturale per loro”. Considerazione che trova consensi nel pensiero di Graziana Grassini quando dice che: “Noi donne abbiamo una sensibilità maggiore, un approccio materno, per questo riusciamo a trasmettere al consumatore qualcosa di più

Dall’alto, Graziana Grassini e diverse annate di Sassicaia In apertura, la barricaia di Ornellaia a Bolgheri

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TENDENZE

A destra: Olga Fusari, enologo di Ornellaia (in alto, le bottiglie)

stretto e coinvolgente nel raccontare la storia”. Non solo, perché un altro aspetto fondamentale “è stato il sempre maggior consumo di vino da parte delle donne, che ha portato a esigenze diverse sotto ogni punto di vista”. Diversità che per un enologo contemporaneo devono partire, oggi a maggior ragione, dalla vigna, perché il lavoro, naturalmente, parte da lì: “Nonostante all’inizio ci vedevano un po’ solo in laboratorio”, racconta Olga Fusari, “e se in Ornellaia da sempre si è dato molto spazio alle donne, ricordo ancora una potatura invernale fatta in Chianti dove gli operatori erano un po’ straniti”. Il passo è poi stato breve, in particolare nell’ultimo trentennio quando, intorno al vino, sono nate alcune organizzazioni esclusivamente rosa. A partire dall’associazione nazionale Donne del Vino, nata nel 1988 su iniziativa di Elisabetta Tognana e oggi presieduta dalla signora del Brunello di Montalcino, Donatella Cinelli Colombini, che, giusto per rafforzare il suo credo, nel 1998 ha dato vita al Casato Prime Donne, prima cantina in Italia con un organico tutto femminile e guidato dall’enologa Barbara Magnani. Realtà però, che un po’ si scontra contro la posizione, ferma e assoluta, di Graziana Grassini: “Io sono e desidero essere chiamata enologo, è ciò che volevo essere ed è ciò che sono diventata. Anzi, a dir la verità non 64 PAMBIANCO WINE&FOOD Novembre/Dicembre 2020

nutro grandi simpatie per associazioni femminili e cose del genere”. Punto di vista condiviso anche da Daniela Pesce: “Sono un enologo perché sono un professionista, non è una vocale che fa la professionalità”. FENOMENO IN ESPANSIONE Al di là di tutto questo, resta comunque una realtà che, scorrendo lo stivale da nord a sud, isole comprese, tratteggia una realtà


TENDENZE

sempre più chiara. Così, e senza considerare la categoria degli enologi-imprenditori e le già citate Graziana Grassini, Olga Fusari e Daniela Pesce, ha per protagoniste della scena enologica italiana figure come Barbara Tamburini, consulente con oltre quindici collaborazioni e Premio Giacomo Tachis 2019 come miglior enologo d’Italia assegnato da Bibenda e Fis-Fondazione Italiana Sommelier (seconda donna a ricevere il riconoscimento dopo Graziana Grassini nel 2012). Sempre nella categoria libere professioniste ci sono anche Paola Manera che è alla direzione di Sinergo laboratorio analisi e Gabriella Tani, anche lei con oltre una decina di clienti. In seno alle aziende invece, tra le altre, ci sono: in Piemonte, Franca Maria Ratti da Ceretto e Lella Burdese da Araldica; in Toscana, Cecilia Leoneschi da Castiglion del Bosco e Antonella Baini da Tenuta Rubbia al Colle; mentre, in Sicilia, protagoniste sono Laura Orsi a Tasca d’Almerita, Patricia Tóth da Planeta, Irene Vaccaro da Vivera, Lorenza Scianna da Fondo Antico e Maria Carella da Cantine Nicosia. Una realtà compiuta, tanto che, come ha sottolineato Daniela Pesce: “Ora non ci facciamo più caso, perché le donne si sono create il loro spazio e senza fatica siamo sempre di più, e siamo parte di in un mondo in cui stiamo bene”. D’altronde anche Graziana Grassini, che tra le altre cose ha appena iniziato la sua sfida in Veneto con Giusti Wine e che, per sua stessa ammissione, sogna un bianco in Friuli, ha precisato: “Non ho mai avuto un problema, e quando l’ho avuto è stato in Chianti, ma perché mi dicevano: maremmano, ma che vuoi da noi?”. Spiegando inoltre che: “Io sono un enologo da cantina, ho sempre avuto agronomi che mi hanno assistita, e penso che oggi occorra andare verso la specializzazione”. Il tutto con la considerazione che essere enologo significa “stare sempre all’erta e per cercare di essere sempre i migliori nel risultato, a prescindere dall’essere un uomo o una donna”, ha detto Olga Fusari, che guardando alla sua realtà personale in Ornellaia, ha aggiunto: “C’è pressione nel sapere di avere tra le mani un prodotto di questa caratura”. E dire che un tempo, e nemmeno così lontano, alle donne era assolutamente vietato entrare in una cantina, perché si diceva avessero il potere (o la sfortuna) di trasformare il vino in aceto!

Dall’alto, Daniela Pesce e il presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella

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INTERVISTA

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INTERVISTA

IL NUOVO CEO MASSIMO TUZZI ILLUSTRA I PUNTI PRINCIPALI DEL SUO MANDATO, CHE COINCIDE CON IL CAMBIO GENERAZIONALE E CON LA PRESIDENZA A FRANCESCA MORETTI. IL METODO? DECISIONI RAGIONATE E CONDIVISE.

TERRA MORETTI ALLA SVOLTA MANAGERIALE di Andrea Guolo

M

assimo Tuzzi è un manager pronto per le sfide più dure. Dopo aver guidato Zonin 1821 nel momento forse più movimentato nella storia recente del gruppo di Gambellara, gestendo l’ingresso del socio di minoranza 21 Invest, è arrivato in Terra Moretti in una situazione turbolenta per altre ragioni: il suo ingresso ha coinciso con l’inizio della seconda ondata pandemica. Provando a vedere il lato positivo delle cose, Tuzzi ha avuto l’opportunità di conoscere a fondo la nuova realtà, complessa per organizzazione e per proprietà aziendali diffuse dalla Lombardia alla Sardegna passando per la Toscana, riducendo l’ansia da prestazione e avendo il tempo necessario per iniziare a imprimere il suo tocco da amministratore delegato con le prime nomine, tra le quali spiccano quella di Giacomo di Feo (altro ex Zonin) a direttore commerciale Italia e quella di Giovanni Pinna a dg di Sella&Mosca. Intanto, c’era da “salvare” un Natale complicato per un gruppo particolarmente presente in horeca, con i ristoranti chiusi proprio nel momento di maggior consumo per le bollicine metodo classico di Franciacorta. Com’è andata, Tuzzi? Abbiamo chiuso tra -17 e -18% rispetto al 2019. Se mi avessero prospettato una diminuzione simile ad aprile, Massimo Tuzzi

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INTERVISTA

come socio di minoranza in Terra Moretti Distribuzione; la famiglia Moretti ha dimostrato di essere pronta e di aver voglia di strutturarsi per aumentare il livello di efficienza. Il secondo punto è la gestione del passaggio generazionale, con la presidenza affidata da Vittorio a Francesca Moretti. Il terzo è la crescita di valore del gruppo, che non significa soltanto aumento di fatturato ma ha un’accezione ben più ampia.

La tenuta di Bellavista in Franciacorta e, nell’altra pagina, le cantine del metodo classico

avrei probabilmente firmato a occhi chiusi. Certo, dopo un’estate elettrizzante come quella del 2020 avevamo pensato di poter contenere maggiormente la flessione, ma poi è arrivata la seconda ondata, e per un gruppo come Terra Moretti, il cui fatturato dipende per il 75% dall’Italia e per 50 milioni su 62 di ricavi consolidati 2019 dall’horeca, alla fine non è un dato troppo negativo. E il Natale? Senza lo sbocco della ristorazione, ci siamo parzialmente rifatti con l’online e con la regalistica. In sostanza, abbiamo provato a spingere su quei canali che in passato, avendo prodotti come Bellavista e Contadi Castaldi tutti destinati in assegnazione, non potevamo nemmeno utilizzare per mancanza di disponibilità. C’è stato inoltre l’apporto della grande distribuzione, che ha contribuito a compensare la differenza. Superata la prova delle feste, è tempo di pensare al futuro. Come intende portare avanti il suo mandato? I punti fissati sono tre. Il primo è la managerializzazione del gruppo, un processo avviato nel 2017 a seguito delle acquisizioni di Sella&Mosca e di Teruzzi, con il contemporaneo ingresso di Nuo Capital 68 PAMBIANCO WINE&FOOD Febbraio/Marzo 2021

Com’è il rapporto con la famiglia Moretti? Nel mondo del vino, e in Italia in generale, sono poche le famiglie che arrivano a maturare l’idea di fare un passo indietro nell’operatività della loro azienda, mantenendo il controllo ma lasciando la guida ai manager. Chi lo fa, dimostra di aver raggiunto consapevolezza e lungimiranza, e ne va dato atto alla famiglia Moretti. Da parte del management, occorre la sensibilità necessaria per capire che le decisioni vanno prese quando i tempi sono maturi e devono essere comunque condivise con la proprietà. Il nostro è un ruolo delicato, perché dobbiamo preservare un capitale destinato alle generazioni future e lo dobbiamo fare prendendo le giuste decisioni, accompagnandole alle aspettative degli azionisti e coinvolgendoli nel cambiamento. È un metodo che dà i suoi frutti. Ora siamo affrontando cambiamenti importanti, che forse in passato non sarebbero stati capiti, invece ora è la stessa famiglia che mi spinge ad andare avanti. In queste condizioni, l’evoluzione finisce per essere più rapida ed efficace. Ci anticipa uno di questi cambiamenti? Al di là del primo bilancio preventivo legato al budget 2021, gestito in maniera pianificata e con una visione di assieme che si estende anche al piano industriale in via di definizione, in questo momento siamo concentrati sui brand book ovvero sulla definizione dei fondamentali di ciascun marchio dal punto di vista dei valori, degli obiettivi e delle attività compatibili con il marketing. Ed è chiaro che non si tratta di un semplice “ritocco” alle etichette. Stiamo raccogliendo in maniera scritta tutto quel che fino a ieri era solo verbale, lasciato alla comunicazione individuale e alle riunioni degli agenti, per formalizzare e direi quasi cristallizzare un posizionamento legato a ciascun marchio. Per farlo, abbiamo coinvolto uno specialista come Robilant Associati che ha iniziato con Bellavista per poi arrivare ad analizzare Sella&Mosca e, a seguire, gli altri brand del gruppo.


INTERVISTA

Sella&Mosca è un asset di particolare valore e sappiamo che le sta a cuore... In effetti ha una storia incredibile, è qualcosa che va oltre un’azienda agricola. Visitandola, ti accorgi che in Sella&Mosca si respira un’aria unica grazie anche al senso di appartenenza dei suoi oltre 200 dipendenti. E io avverto una responsabilità molto forte verso il terzo capitolo della storia di questa realtà, dove partiamo da un dna nel quale è ancora impresso il metodo di Mario Consorte (amministratore delegato nell’era Campari, ndr) che l’ha gestita con professionalità, buon senso e visione del futuro. Sella&Mosca dovrà rafforzarsi in gdo con un posizionamento adeguato al suo prestigio, continuare con forza e convinzione a inserirsi in horeca e, al tempo stesso, consolidare e crescere nel suo ruolo di leader della Sardegna in un mercato più allargato. Quali sono i vostri marchi da tenere assolutamente fuori dalla gdo? La risposta immediata è Petra. Per gli altri marchi valgono diverse considerazioni. Prendiamo Bellavista e Contadi Castaldi: in grande distribuzione troviamo anche gli Champagne e penso sia giusto presidiarla, perché è un canale che subisci anche se non vuoi essere presente, tra mercato parallelo o grossisti che finiscono per rifornirla. Credo pertanto, anche considerando il momento storico, che governarla con disciplina sia meglio che subirla.

Quali saranno le prossime mosse per gli incarichi manageriali? Le prossime mosse si baseranno sulla specializzazione, e a breve le dovremmo annunciare. In generale, ogni marchio avrà una figura dedicata al marketing e una alle vendite, le quali riporteranno rispettivamente alla direzione centrale marketing e al direttore della tenuta o al ceo. Le due reti agiranno secondo una convergenza di strumenti e di obiettivi. Non escludo di reperire qualche figura all’esterno, ma devo riconoscere che il livello di professionalità all’interno del gruppo è eccellente. Il gruppo va bene così o state cercando di realizzare qualche ulteriore acquisizione? La priorità è legata all’esistente, perché è il momento di consolidare e di ripartire con la crescita dopo un anno così impegnativo e particolare, tenendo peraltro conto del fatto che arriviamo da un biennio nel quale non abbiamo particolarmente brillato. Il portafoglio del gruppo è nutrito ed eterogeneo, e richiede professionalità specifiche per far esprimere al meglio ogni realtà. Alle acquisizioni penseremo più avanti.

Quali progetti avete in cantiere per Teruzzi? Parliamo di un marchio che si è espresso in modo straordinario nei Paesi di lingua tedesca, anche in termini di valore. Dovrà potenziare la sua identità e la sua presenza nel territorio di San Gimignano, aprendo le porte alla domanda enoturistica che, non appena le condizioni torneranno alla normalità, rappresenta un potenziale incredibile e sopito. Ci stiamo lavorando. E per La Badiola? La riflessione è in corso. Oggi, pur avendo tutte le caratteristiche per diventare un’azienda vitivinicola autonoma, rappresenta soprattutto la cornice dell’Andana. Ha sicuramente bisogno di raggiungere una sua dignità, di diventare protagonista più di quanto lo sia oggi. L’alternativa è scegliere di chiudere il cerchio, facendo de La Badiola un elemento di servizio al resort. Febbraio/Marzo 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 69


FORMAZIONE

PAMBIANCO ACADEMY, e-commerce e sostenibilità di Alessia Perrino

“V

ogliamo diventare il punto di riferimento nella formazione professionale dei settori fashion, design e beauty. La necessità di orientarsi nei nuovi scenari del consumo rende necessario per i professionisti un aggiornamento costante, verticale e dal forte orientamento digital e sostenibile”, ha commentato David Pambianco. Le tematiche scelte per il nuovo calendario di master di Pambianco Academy, la piattaforma di formazione realizzata da Pambianco, sono in linea con le ultime tendenze in materia di gestione aziendale, con una netta caratterizzazione legata alla grande richiesta di punti di riferimento di cui questi settori hanno necessità per rimodulare i propri modelli di business in tempo di pandemia. Fresco di realizzazione, il Master “Aprire e gestire un e-commerce: come sviluppare una strategia di vendita efficace” ha l’obiettivo di far comprendere ai partecipanti come poter avviare e utilizzare in maniera efficace questo canale di vendita, che riveste un ruolo ormai centrale nelle strategie di crescita di ogni brand, sia attraverso canali proprietari che marketplace Il secondo Mater proposto è “Sostenibilità nel Fashion, Design e Beauty”, che si propone di fornire ai partecipanti 62 PAMBIANCO WINE&FOOD Febbraio/Marzo 2021

tutti gli strumenti per avviare e gestire un percorso verso la sostenibilità all’interno della propria azienda. Il programma si suddivide in 4 aree specifiche, la prima delle quali dal titolo ‘Come iniziare un percorso di sostenibilità’ per proseguire poi con i macro-focus su ‘Responsabilità ambientale’, ‘Sviluppo delle risorse umane’ e ‘Trasparenza nella governance aziendale’. Il Master più venduto continua invece a essere “Progettare e costruire una strategia digitale integrata”, in cui parliamo di: rivoluzione digitale, nuovo customer journey e impatto sulle aziende, come scegliere la piattaforma e-commerce e come gestire il Customer Relationship Management, fondamenti di base della SEO, Inbound Marketing, i segreti del Content Marketing, del luxury Brand Storytelling e del Social Media e Community Marketing con moduli dedicati a ciascun canale, e ancora Email Marketing, Digital PR, Influencer marketing, marketing automation, e molto altro. La proposta si avvale di un sistema di formazione con video-lezioni sempre disponibili, docenze di professionisti qualificati e numerose testimonianze di manager delle più importanti aziende di settore. Per programma e costi, potete visitare il sito academy.pambianconews.com oppure scriverci a e-academy@pambianco.com


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INFO E ISCRIZIONI Chiara Gentilini

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Giorgio Fipaldini: Giorgio Fipaldini:Officer il nuovo Chief Business nuovo ChiefTravel Business Officer inil Lagardère Retail Italia in Lagardère Travel Retail Italia Laureato in Ingegneria Gestionale a Padova, dopo Laureato in Ingegneria Gestionale a Padova, dopo aver conseguito un MBA alla Cardiff Business School aver conseguito un MBA alla Cardiff Business School in UK, ha maturato un’esperienza pluriennale come in UK, hadimaturato un’esperienza come consulente Accenture in progetti dipluriennale ristrutturazione consulente di Accenture in progetti di ristrutturazione aziendale e piani industriali, presso gruppi aziendale e piani industriali, presso gruppi internazionali quali Fiat Group, Electrolux Professional internazionali quali Fiat Group, Electrolux Professional e General Electric. e General Electric. Entrato nelnel 2006 a afarfarparte Entrato 2006 partedel delGruppo GruppoSave, Save, come come responsabile della Pianificazione Strategica, responsabile della Pianificazione Strategica,Business Business Development e Investor Development e InvestorRelations, Relations,aapartire partiredal dal 2010 2010 ha ha assunto, assunto,inoltre, inoltre,lalaresponsabilità responsabilità del del controllo controllo di di gestione deldelGruppo gestione GruppoAirest, Airest,prendendo prendendo in in carico carico successivamente la posizione di CFO della società. successivamente la posizione di CFO della società. AllaAlla finefine deldel 2013, a seguito 2013, a seguitodell’acquisizione dell’acquisizionedi di Airest Airest

da parte del Gruppo Lagardère, ha assunto la carica di

da parte del Gruppo Lagardère, ha assunto caricaItalia. di Chief Financial Officer di Lagardère TravellaRetail Chief Financial Officer di Lagardère Travel Retail Italia.

Nominato a gennaio 2021 anche Chief Business

Nominato a gennaio 2021 anche Chief Business Officer di Lagardère Travel Retail, supervisionerà Officer di Lagardère Travel Retail, supervisionerà le tre linee di business del Gruppo: Duty Free & le tre linee di business del Gruppo: Duty Free & Fashion, campo in cui Lagardère è leader mondiale, Fashion, campo in cui Lagardère è leader mondiale, Travel Essentials, un settore dinamico e consolidato, Travel Essentials, un settore dinamico e consolidato, in grado grado di di soddisfare soddisfarei ibisogni bisognididitutti tuttii viaggiatori, i viaggiatori, in e Foodservice, business trainante in Italia, con e Foodservice, business trainante in Italia, con 6565 punti vendita in tutto il Paese nei canali aeroportuale, punti vendita in tutto il Paese nei canali aeroportuale, ferroviarioeeautostradale. autostradale. ferroviario

Amante dei deiviaggi, viaggi,dello dellosci sciededappassionato appassionato auto, Amante di di auto, nuovo CBO CBO ha ha così cosìcommentato commentatola lasua suanuova nuova il nuovo avventurain inLagardère: Lagardère: avventura Il nuovo rappresenta unauna nuovo ruolo ruoloche cheassumo assumoininazienda azienda rappresenta grande personale grande sfida sfida non nonsolo soloda daununpunto puntodi divista vista personale ma vivendo il nostro ma anche anche per perlalafase fasestorica storicache chesta sta vivendo il nostro settore. Il business del Travel Retail è crollato perper settore. Il business del Travel Retail è crollato effetto della pandemia e, sebbene la gente ritornerà a a effetto della pandemia e, sebbene la gente ritornerà viaggiare, i volumi previaggiare, cicivorrà vorràtempo tempoper perraggiungere raggiungere i volumi preCovid. Ritengo che i fondamentali del nostro business Covid. Ritengo che i fondamentali del nostro business non verranno del tutto stravolti, ma è prevedibile che non verranno del tutto stravolti, ma è prevedibile che cambieranno in qualche modo i comportamenti di chi cambieranno in qualche modo i comportamenti di chi viaggia e le preferenze di acquisto. Sarà fondamentale viaggia e le preferenze di acquisto. Sarà fondamentale cogliere con rapidità questi cambiamenti e reinventarsi cogliere con rapidità questi cambiamenti e reinventarsi dove necessario, senza però perdere di vista alcuni dove necessario, senza però perdere di vista alcuni elementi che rimangono sempre vincenti per attrarre che rimangono vincenti per attrarre ilelementi consumatore e stimolaresempre l’acquisto: l’innovazione di ilprodotto, consumatore e stimolare l’acquisto: l’innovazione la qualità del servizio e il “value for money”. di

prodotto, la qualità del servizio e il “value for money”.


PRODOTTI

WHAT’S NEW? Comfort zone

La stagione è ancora fredda, ma il vento sta cambiando e alla primavera non manca poi molto. Per superare gli ultimi momenti, chiusi in casa e in pieno coprifuoco, servirebbe un po’ di cioccolato… Il suo potere consolatorio aumenta con le novità proposte dai brand italiani premium, sempre più orientati alla qualità e sempre più apprezzati nel mondo. Un aiuto arriva anche dal vino: in mancanza di eventi, dove dominano le bollicine, spazio dunque alle grandi etichette da meditazione, per degustare in solitudine e immersi tra pensieri e ricordi da cui trarre ispirazione. In piena evoluzione, un simbolo del made in Italy come la pasta mostra carattere e grinta, con il lancio di nuovi formati e con la svolta green nel packaging.

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PRODOTTI

CALICI PER ALTI PENSIERI A fine pasto, davanti al tepore del focolare, un calice di vino diventa lo strumento per meditare e far volare il pensiero oltre l’inverno, alla vita che verrà, oppure per rispolverare vecchi ricordi da cui trarre nuovi insegnamenti. Il sapore può essere dolce, ma anche secco e corposo.

PER IL PATRIARCA Antonio Argiolas è l’omaggio della famiglia Argiolas al patriarca centenario fondatore dell’azienda, ma anche un richiamo alla formula benaugurale dei brindisi sardi ‘a kent’annos’. Da abbinare al cioccolato fondente di Gianluca Aresu.

ALLA GIUSTA MATURAZIONE Il Moscato Rosa di Franz Haas viene raccolto quando l’uva ha la giusta maturazione. La sua particolare dolcezza lo rende adatto alla meditazione, per l’aperitivo e per i dessert.

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POESIA IN FINALE L’Amarone si abbina a grandi carni e formaggi stagionati, ed è ideale per meditare a fine pasto. Vaio Armaron (qui l’annata 2013) è prodotto da Serego Alighieri, discendenti di Dante. COMPLESSO ED ELEGANTE Per concludere la serata con un Brunello di Montalcino di fama mondiale? Ecco Poggio alle Mura, icona del marchio Banfi. Complesso ed elegante, un vino che invecchia senza limiti.


VIN SANTO DI LEONARDO Il Vin Santo Bianco dell’Empolese doc fa parte della linea Villa da Vinci, selezione di vini ottenuti dai vigneti appartenuti alla famiglia di Leonardo. Un Trebbiano in purezza, vinificato con Metodo Leonardo® e con etichetta ispirata al dipinto “l’Annunciazione”.

MARSALA NEGLI ANNI Blend di diversi Marsala, maturati separatamente e selezionati dopo un’attenta valutazione del processo evolutivo di tutte le annate conservate nelle Cantine Florio, Donna Franca esprime livelli altissimi di eleganza e complessità. Da meditazione, ma non solo.

IL SOLE DI PANTELLERIA Simbolo di viticoltura eroica praticata all’estremo sud d’Italia, Ben Ryé Passito di Pantelleria ha moltiplicato il prestigio internazionale di Donnafugata. Colore dorato, bouquet intenso in cui spiccano note di albicocca e scorze d’arancia candita.

PRODOTTI

CON METODO PERPETUO In onore alla contrada di Samperi, nell’entroterra marsalese, Marco De Bartoli ha dedicato uno dei suoi gioielli, Vecchio Samperi. È prodotto con un sistema di “travasi” e affinato per almeno 15 anni con il metodo perpetuo.

IL MOSCATO DEL DUCA Il Moscato dello Zucco custodisce la storia di Henri d’Orléans, duca d’Aumale, che nella metà dell’Ottocento produceva questo Moscato bianco tra Partinico e Terrasini. Nelle stesse terre, a Tenuta San Carlo, Cusumano produce pochissime bottiglie di questo oro liquido.

CARATTERE PRIMITIVO Carrubo, Primitivo di Manduria doc Tormaresca, corona il percorso di scoperta di questo straordinario vitigno compiuto dall’azienda a partire dal Torcicoda. La tenuta si trova a Fragagnano (Taranto). Febbraio/Marzo 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 75


PRODOTTI

PASTA D’AUTORE Nuovi formati, packaging rinnovato e sostenibile, forte attenzione alle materie prime e all’origine del grano. Il primo piatto italiano più conosciuto al mondo si evolve e diventa sempre più premium, in linea con le richieste dei consumatori.

IN TRICOLORE Quadrotto è una delle tre nuove referenze de La Molisana. Si presenta molto corposo e ben proporzionato, facendo sentire al palato la particolarità della forma e dando soddisfazione alla masticazione. La confezione limited edition ne celebra l’italianità (grano 100% italiano).

TEMPI PIÙ RAPIDI Una novità pensata per la ristorazione e per chi ha meno tempo. Chi ama i “mitici” Spaghettoni di Benedetto Cavalieri potrà ora degustare gli Spaghetti, pronti in 12-13 minuti contro i 16-17 dei loro “fratelli” più grossi. Tutto il resto (metodo delicato e grani duri italiani) non cambia.

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IL VESUVIO NEL PIATTO Un nuovo formato, ispirato alla sagoma del Vesuvio, per Pastificio Gentile, realtà di Gragnano (Napoli) il cui paesaggio è caratterizzato dalla vista del celebre vulcano. È dolcemente affusolato, pronto ad accogliere il condimento per esaltare il sapore ad ogni singolo assaggio.

LINEA BIO Le penne rigate integrali fanno parte della linea biologica di Felicetti, pastificio trentino che ha rinnovato il marchio e introdotto un packaging realizzato al 100% con carta. In linea con l’etica ambientale e la tutela della natura, obiettivi fondamentali per l’azienda.


PRODOTTI

TRADIZIONE-TECH Prodotte in uno stabilimento 4.0 in grado di garantire un alto standard qualitativo e l’artigianalità del prodotto, le fettuccine di Rustichella d’Abruzzo contengono solo uova intere di galline allevate all’aperto e sono confezionate a mano come una volta.

DEDICATA AL NONNO Un tributo a nonno Mariano, che ha ispirato al nipote Massimo il progetto di Mancini Pastificio Agricolo. La varietà di grano duro che ne porta il nome è il risultato di un percorso di ricerca durato circa 7 anni. Acquistabile in edizione limitata, con due astucci e il libro, dal sito aziendale.

SPAGHETTI AL QUADRATO I nuovissimi Spaghetti Grossi Quadrati, con la loro sezione quadrata, sono ideali per ricette con ricchi ragù di carne o condimenti a base di pesce. Li produce Rummo, azienda beneventana nota per la sua tradizione (dal 1846) e per il Metodo Lenta Lavorazione®.

IRPINA INTEGRALE C’è un nuovo packaging, ispirato alla genuinità della terra dalla quale viene il grano, per la linea integrale di Pastificio Graziano. Ruvida, ambrata, profumata, è il risultato della miscelatura della farina di semola integrale 100% italiana con l’acqua microfiltrata delle sorgenti irpine.

SUGGERITO DA ALAJMO Verrigni ha accolto i suggerimenti di uno chef super stellato come Max Alajmo per realizzare Spaghettoro Affumicato, un prodotto unico nel suo genere. È trafilato in oro, processo che conferisce croccantezza, profumo, grande aderenza ai sughi.

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PRODOTTI

CHOCO-DREAMS

Arriva la stagione del cioccolato. A San Valentino, il “cibo degli dei” nutre la passione degli innamorati e a Pasqua compone il più gradito dei regali: l’uovo pasquale, in versione maxi o mini. Le novità dei brand più prestigiosi dimostrano che, anche in un prodotto di antica tradizione, c’è sempre qualcosa da inventare.

MINI CONI HANDMADE L’estate è lontana, ma la primavera è alle porte e per celebrare l’arrivo della nuova stagione, T’a Milano propone i Mini Coni di cioccolato realizzati completamente a mano: una sfera croccante con un cuore morbido, ricoperta di cioccolato e decorata, poggia su un cono ripieno.

CUORICINI ROSSI La collezione “Fatto con amore” è l’omaggio di Venchi per gli innamorati, anche dei cioccolatini. Una scatola ideata per San Valentino, accompagnata da un biglietto, è sempre un dono perfetto per chi si ama. Cuoricini di cioccolato, confezioni regalo, minilibri: cuori di ogni tipo per tutti i tipi di amore.

CON ZUCCHERO D’ACERO Acero 95 di Amedei è un cioccolato fondente extra 95% con zucchero d’acero, che sostituisce lo zucchero di canna. Premiato nel 2020 all’Academy of Chocolate di Londra tra i migliori cioccolati della categoria “Dark Bean to Bar 90% and over”.

CREMOSE PRALINE Caffarel reinterpreta in chiave moderna la ricetta dei cremini, trend di mercato in forte crescita, donando vita a una nuova linea di cremose e croccanti praline. Nascono così i Cremì, quattro ricette frutto del tocco artigianale e della tradizione lunga quasi 200 anni del marchio.

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PRODOTTI

IDEA LATINA La gamma Lindor si arricchisce con il nuovo Lindor Dulce de Leche. Ispirato dal famoso dessert a base di latte e zucchero originario dell’Argentina, sotto il croccante guscio di finissimo cioccolato si svela la scioglievolezza del morbido e avvolgente ripieno al gusto di crema di latte e zucchero.

METODO NATURALE Famoso per il Giuinott®, piccolo gianduiotto reinventato per ricreare 7 grammi di dolcezza, Guido Castagna è un maestro torinese il cui segreto sta tutto nel rispetto per il cacao, lavorato con il “metodo naturale” per ottenere un cioccolato sostenibile, che segue il lento ritmo della natura e rispetta le persone.

ABBINAMENTO PERFETTO Il concetto di degustazione ha dato vita alla collaborazione tra Majani, brand storico che nel 1832 creò la prima forma di cioccolato solido in Italia (Cioccolata Scorza) e Nio Cocktails. È nata così 1832 Experience, abbinando la Scorza Grezza al cocktail 1832, a base di Clément Rhum Canne Bleu e Bols Cacao White.

FILIERA CORTA Il miglior cioccolato piemontese in tante declinazioni, da boeri, cremini, gianduia al progetto Bean to Bar con cui Bodrato, azienda di Novi Ligure attiva dagli anni ‘40, diventa Chocolate Maker e accorcia la sua filiera in ottica sostenibile. Nei migliori gourmet corners di tutto il mondo.

DA RE GIORGIO Armani/Dolci by Guido Gobino festeggia San Valentino con due praline limited edition e packaging che riprende il tessuto jacquard Porto della collezione Armani/ Casa. Disponibile nei punti vendita di Milano, Tokyo, su www. armanidolci.com e sul sito www.cosaporto.it. Febbraio/Marzo 2021 PAMBIANCO WINE&FOOD 79


PRODOTTI

IL RARO CRIOLLO La collezione Linea Blend Criollo 50G di Domori nasce per offrire un’esperienza di degustazione completa, permettendo di scoprire tutte le caratteristiche del Criollo, la varietà di cioccolato più pregiata e rara. Disponibile in quattro diverse percentuali di cacao (70, 80, 90 e 100%).

L’INGREDIENTE ALLA BASE Leader nella fornitura al mondo delle pasticcerie, Valrhona mette a disposizione la sua esperienza nel mondo del cioccolato per aiutare la personalizzazione dei prodotti e migliorare la veicolazione dell’immagine. Un’ampia gamma di formati e prodotti per soddisfare tutte le aspettative.

OVETTI DI PASQUA Zaini festeggia la Pasqua con nuovi gusti e abbinamenti per gli ovetti. Sulla scia del successo del cioccolato rosa, ecco gli ovetti Ruby ripieni di crema al latte (nella foto), gli ovetti al gusto giandujotto e gli ovetti Emilia, punta di diamante Zaini, questa volta al 70% di cacao.

UN QUARTO DI SECOLO Festeggia 25 anni Tourinot®, il giandujotto di Torino diventato simbolo della città, nato dall’intuizione, dalla creatività e dal gusto del maestro cioccolatiere Guido Gobino. Oggi è declinato in 4 ricette: Tourinot Classico, Tourinot Maximo, Maximo +39 e Tourinot N.10, tutte con marchio registrato.

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CIOCCOLATO COLTIVATO La Piantagione, cioccolato fondente 70%, è una delle linee di tavolette proposte (anche online) da Noalya, l’etichetta di “cioccolato coltivato” fondata da Alessio Tessieri. Monorigine e dalle caratteristiche uniche, al primo boccone rimanda a sentori, aromi e profumi di volta in volta speziati, avvolgenti e unici.


Cover STORY

IL MONDO A COLORI DI

OLIMPIA ZAGNOLI Lontano da regole comportamentali prestabilite, da inutili pose o da convenzioni, una ragazza gusta in modo del tutto singolare e autentico il suo piatto di spaghetti. È ‘Marisa’, una delle protagoniste del caleidoscopico mondo di Olimpia Zagnoli, che sarà allestito dalla Fondazione Palazzo Magnani negli spazi cinquecenteschi dei Chiostri di San Pietro a Reggio Emilia. Dopo aver conquistato in pochissimi anni il mondo dell’editoria, della moda e della comunicazione, l’eclettica illustratrice torna nella città dove è nata nel 1984 con un progetto espositivo capace di valorizzare le innumerevoli sfaccettature del suo universo creativo. Figure bidimensionali, immagini sinuose, illusioni ottiche, accostamenti a contrasto e colori saturi. Un archivio di forme che ha preso corpo dopo il diploma presso l’Istituto Europeo di Design, a Milano, attraverso pubblicazioni su testate internazionali come il New Yorker; campagne di aziende come Google, Apple, Barilla, Perugina e Fiat; collaborazioni con maison della moda tra cui Fendi, Marella, Prada e Uniqlo. Il suo stile inconfondibile si ritrova così declinato in disegni, stampe, neon, tessuti, sculture in ceramica, legno e plexiglass, oltre che in oggetti di uso comune, che trovano spazio all’interno della mostra ‘Caleidoscopica. Il mondo illustrato di Olimpia Zagnoli’. Tra le precedenti occasioni espositive si ricordano ‘Parco Zagnoli’ alla galleria Nina Sagt di Düsseldorf nel 2014, ‘Cinetica Zagnoli Elettrica’ alla 121+ di Milano nel 2015, ‘How To Eat Spaghetti Like a Lady’ alla galleria Antonio Colombo di Milano nel 2017 e ‘Cuore di Panna’ alla HVW8 di Los Angeles nel 2018.

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COLOPHON

WINE&FOOD NUMERI, FATTI E PROTAGONISTI DEL VINO, DEL CIBO E DELLA RISTORAZIONE

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