Concerto di Carnevale | Stagione 2017_18

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STAGIONE CONCERTISTICA 2017 / 18

EIJI OUE direttore

NEMANJA RADULOVIC violino

CONCERTO DI CARNEVALE


FONDAZIONE ORCHESTRA REGIONALE TOSCANA

CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

UFFICIO SVILUPPO E FUNDRAISING

Maurizio Frittelli - Presidente Francesca Bardelli - Vice presidente Elisa Burlamacchi Nazzareno Carusi Claudio Martini

Elisa Bonini

REVISORE UNICO

Andrea Gianfaldoni

Vittorio Quarta

AMMINISTRAZIONE

Simone Grifagni, Cristina Ottanelli UFFICIO DEL PERSONALE

SEGRETERIA

Stefania Tombelli (dir.Generale) Tiziana Goretti (dir.Artistica) Ambra Greco (Comunicazione) DIRETTORE ARTISTICO

Giorgio Battistelli DIRETTORE PRINCIPALE

Daniele Rustioni DIRETTORE ONORARIO

Thomas Dausgaard

DIRETTORE GENERALE

Marco Parri DIRETTORE SERVIZI MUSICALI

Paolo Frassinelli DIRETTORE COMUNICAZIONE

Riccardo Basile

SERVIZI TECNICI ORCHESTRA

Angelo Del Rosso OSPITALITÀ E SALA TEATRO VERDI

Fulvio Palmieri, Paolo Malvini PALCOSCENICO TEATRO VERDI

Walter Sica, Carmelo Meli, Sandro Russo Alessandro Goretti, Sara Bonaccorso PERSONALE DI SALA

Lisa Baldi, Giovannella Berardengo Anastasiya Byshlyaha, Tommaso Cellini Lorenzo Del Mastio, Alice Guerrini Enrico Guerrini, Alessandro Iachino Michele Leccese, Pasquale Matarrese Andrea Nigro, Vieri Ulivi Valoriani Mario Venneri, Sara Vivoli


CITTÀ METROPOLITANA DI FIRENZE

XXXVII STAGIONE CONCERTISTICA 2017 - 2018 Concerto di Carnevale

con il contributo di

partner


CONCERTO DI CARNEVALE

EIJI OUE direttore

NEMANJA RADULOVIC violino

SERGEJ PROKOF'EV Sinfonia n.1 in re maggiore op.25 Classica I. Allegro con brio II. Larghetto III. Gavotta. Non troppo allegro IV. Finale. Molto vivace

Concerto n.2 in sol minore per violino e orchestra op.63 Allegro moderato | Andante assai | Allegro, ben marcato

ANTONÍN DVOŘÁK Notturno in si minore per orchestra d'archi op.40

WOLFGANG AMADEUS MOZART Sinfonia n.38 in re maggiore K.504 Praga Adagio - Allegro | Andante | Presto

CORTONA, TEATRO SIGNORELLI

FIRENZE, TEATRO VERDI

PISTOIA, TEATRO MANZONI

FIGLINE VALDARNO, TEATRO GARIBALDI

venerdì 9 febbraio 2018 ore 21.00

sabato 10 febbraio 2018 ore 21.00 PIOMBINO, TEATRO METROPOLITAN

martedì 13 febbraio 2018 ore 21.00

mercoledì 14 febbraio 2018 ore 21.00

lunedì 12 febbraio 2018 ore 21.00 concerto fiorentino trasmesso in differita da Rete Toscana Classica

Registrazioni e produzioni audio a cura di SoundStudioService


EIJI OUE Famoso per le sue “interpretazioni straordinarie” (La Nacion) e per il suo “buon umore e grande energia” (BackTrack), Eiji Oue ha diretto nella sua carriera alcune delle più importati orchestre al mondo, tra cui New York Philharmonic, Philadelphia Orchestra, Frankfurt Radio Symphony e Munich Philharmonic. È direttore onorario della Osaka Philharmonic Orchestra (dopo aver ricoperto la carica di direttore musicale dal 2003 al 2011) e della NDR Radio Philharmonic Orchestra di Hannover, in seguito ad un periodo di undici anni come direttore ospite principale. Precedentemente è stato direttore musicale della Minnesota Orchestra e della Barcelona Symphony Orchestra. Durante la carica a direttore musicale del Wyoming's Grand Teton Music Festival fino al 2003, ha ricoperto un ruolo fondamentale nella creazione di uno degli eventi più amati del Festival, l'annuale Fourth of July Community Concert. Tra gli impegni recenti più importanti si ricordano un tour mondiale per la celebrazione dei cento anni della Tokyo Philharmonic Orchestra, vari tour in Giappone e Sud America con la NDR Radio Philharmonic, la partecipazione al festival La Folle Journée a Varsavia, un ciclo di concerti dedicati al repertorio americano e la celebrazione di

Leonard Bernstein durante la stagione in corso della Wroclaw Philharmonic. È ospite di importanti orchestre come la Malaysian Philharmonic, Orquestra Sinfônica Brasileira, Shangai Symphony, Guangzhoi Symphony, l'Orchestra Sinfonica della RAI di Torino, MDR Sinfonieorchester Leipzig, Orquestra Sinfonica de Castilla y Leon, la Junge Deutsche Philharmonic, Janacek Philharmonic Ostrava, Belgrade Philharmonic, Orchestra Sinfonica Siciliana, Orquestra Sinfonia di Tenerife, e l'Orquestra di Valencia. Tra le collaborazioni più importanti della scorsa stagione ci sono, tra le altre, quelle con la São Paolo Symphony Orchestra, Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, Warsaw Philharmonic, RTE National Symphony Orchestra, Orchestra National de Lyon. Ha inciso numerosi cd con la Minnesota Orchestra vantando un vasto repertorio da Bernstein, Stravinskij, Mahler, Strauss a Copland e Rachmaninov. Inoltre alla guida della NDR Hanover ha registrato brani di Antheil, Martinů, Schnittke e Lieder di Strauss con il soprano Michaela Kaune, e alcuni concerti per violino di Paganini e Spohr per l'etichetta Deutsche Grammophon. Ha diretto solisti del calibro di Sarah Chang, Nemanja Radulovic, Fazil Say, Midori, Conrad Tao, Nelson Goerner, Emmanuel


Ceysson, Nicolas Altstaedt, Stephen Kovacevich, David Fray, Roger Muraro e il Trio Jean Peul. Sostenitore appassionato all'educazione e formazione musicale dei giovani, dal 2000 è professore di direzione d'orchestra alla Hochschule für Musik, Theater und Medien di Hannover. Tra i numerosi premi e riconoscimenti si ricordano il Koussevitzky Prize a Tanglewood nel 1980, e l'anno successivo la doppia premiazione al Mozarteum di Salisburgo con la consegna del primo premio e della Hans Haring Gold Medal. Dalla Bassa Sassonia ha ricevuto nel novembre 2005 il Praetorius Music Prize e nel 2009 l'Ordine di Merito. Nato ad Hiroshima, Oue ha iniziato a suonare il pianoforte all'età di quattro anni, iscrivendosi in seguito alla Toho Gakuen School of Music come “Performance Major”, dove ha avviato i suoi studi di conduzione sotto la guida Hideo Saito, insegnante di Seiji Ozawa. Nel 1978, su invito di quest'ultimo, ha passato l'estate studiando al Tanglewood Music Center. Lì ha incontrato Leonard Bernstein, suo mentore e collega, insieme al quale ha condiviso il podio in tre tour internazionali con concerti a La Scala, Wiener Staatsoper, Opéra de Paris e a Mosca, San Pietroburgo, Berlino, Roma e altre capitali

della musica. Nel 1990 è stato assistente di Bernstein nella creazione del Pacific Music Festival a Sapporo in Giappone, diventando così direttore stabile dell'orchestra del Festival. Ritorna sul podio dell'ORT dopo l'esperienza estiva al Cortona Mix Festival del 2016. Per la prima volta nel cartellone della formazione toscana dirige un programma che guarda all’Europa dell’Est: la Russia di Prokof’ev nella prima parte, la Boemia nella seconda, grazie a un boemo doc come Dvořák e a un Mozart che a Praga, dove era adorato, donò una sinfonia.


NEMANJA RADULOVIC Vincitore del “Best Violin Newcomer of the Year” (miglior violinista dell'anno) agli Echo Klassik Awards del 2015, Nemanja Radulovic ha conquistato in pochi anni il mondo della musica classica, grazie alla combinazione di emozionanti virtuosismi, profondità di espressione e programmi audaci, sia in studio di registrazione che sul palco. Nel suo ultimo album inciso per Deutsche Grammophon, possiamo ascoltare le sue tanto attese interpretazioni del Concerto per violino e dei nuovi arrangiamenti delle Variazioni Rococò per viola di Čajkovskij. Come artista che cerca di allargare i confini della musica classica, Nemanja sostiene che la musica abbia il potere di unire le persone, con la sua energia e il suo candore unici. Il violinista franco-serbo ha fatto appassionare fin da subito una grande folla di fan in tutto il pianeta, esibendosi con alcune delle più importanti orchestre tra cui Munic Philharmonic, Deutsches SymphonieOrchester Berlin, Staatkapelle Dresden, Royal Liverpool Philharmonic, Tokyo Symphony, Yomiuri Nippon Symphony, Orchestre Symphonique de Montréal, Orquestra Nacional de Espana, Helsinki Philharmonic, Salzburg Camerata, NDR Radiophilharmonie di Hannover, WDR Sinfonieorchester a Colonia, Orchestre Philharmonique de Radio France, Orchestre National de Belgique, Orchestre

National de Lille, Orchestra Sinfonica della Rai di Torino, Royal Philharmonic Orchestra, Copenhagen Philharmonic, Geneva Camerata, Macao Orchestra, Malaysian Philharmonic e Orchestra Sinfonica di Bilbao. Nemanja condivide un profondo amore per l'intimità della musica da camera ed è un concertista sempre più attivo all'interno del circuito internazionale, avendo già suonato in alcune delle più celebri sale da concerto, come la Carnegie Hall di New York, il Concertgebouw di Amsterdam, la Berlin Philharmonie, la Salle Pleyel e il Théâtre des Champs-Élysées a Parigi, il Megaron di Atene, la Suntory Hall di Tokyo, il Teatro Colón a Buenos Aires e il Melbourne Recital Centre in Australia. Ha collaborato con Marielle Nordmann, Laure Favre-Kahn e Susan Manoff, insieme alla quale ha registrato un disco con Sonate di Beethoven per l'etichetta Decca. Dopo l'emozionante stagione scorsa, come artista in sede con la Bournemouth Symphony Orchestra, ha inaugurato il cartellone 2017/18 con il debutto orchestrale al Concertgebouw di Amsterdam ospite della Netherlands Radio Philharmonic e successivamente si è esibito al Konzerthaus di Vienna con l'ensemble Double Sens lo scorso settembre. Previsto sempre per la stagione in corso l'appuntamento il pros-


simo aprile con la Munich Chamber Orchestra interprete nel Concerto per violino op.6 di Beethoven. Tra gli impegni più recenti ricordiamo le apparizioni allo Schleswig-Holstein Musik Festival, all'Hong Kong City Hall, al Berlin Konzerthous, Stockholm Konserthuset, Dusseldorf Tonhalle, Gstaad Festival e gli inviti alla Tampere Philharmonic, Gavle Symphony, Deutsche Radio Philarmonie, Opéra de Marseille, Wroclaw Philharmonic, Dortmund Philharmonic. Nemanja suona e dirige regolarmente con il suo ensemble The Devils' Trills, sempre più richiesto nelle sale da concerto in Europa e Asia, e rinomato per la sua musicalità virtuosistica e accattivante. L'altro gruppo, Double Sens, è stato acclamato per la recente registrazione 5 stagioni, che combina le Quattro Stagioni di Vivaldi con una nuova composizione Spring in Japan di Aleksandar Sedlar e dedicata alle vittime dello tsunami del 2011 in Giappone. Altre registrazioni recenti includono Paganiny Fantasy (2013), Journey East (2014) e BACH (2016). Ha vinto diversi concorsi internazionali quali il Josef Joachim di Hannover, George Enescu di Bucarest, Antonio Stradivari in Italia, Yehudi Menuhin, Wieniawski-Lipinski in Polonia, "Rivelazione Internazionale dell'Anno" da Victoires de la Musique nel

2005 e "Miglior Artista" dello stesso anno, e un dottorato onorario dell'Università delle Arti di Niš in Serbia nel 2014. Nato in Serbia nel 1985, Nemanja Radulovic ha studiato alla Facoltà di Arti e Musica di Belgrado, alla Saarandes Hochschule für Musik und Theater a Saarbrücken, all'Accademia Stauffer di Cremona con Salvatore Accardo e al rinomato Conservatoire de Paris con Patrice Fontanarosa. Artista amato dal pubblico che, per il look, più che un violinista classico sembra il leader di una rock band, ritorna all'ORT dopo 3 anni facendosi interprete del Secondo Concerto per violino di Prokof'ev.


note di sala a cura di Daniele Spini

SERGEJ PROKOF'EV

(Sontsivka 1891 - Mosca 1953)

Sinfonia n.1 in re maggiore op.25 Classica durata: 15 minuti circa

Cominciò proprio Sergej Prokof'ev a chiamare Classica la sua prima sinfonia, e il titolo è rimasto, tanto che lo usiamo più spesso di quello ricavato dal numero ordinale. Sarebbe bastato aggiungerci un prefisso ed etichettarla come “Neoclassica”, e nessuno in questi cent'anni si sarebbe preoccupato di trovarci o non trovarci questa o quella somiglianza con le sinfonie di Joseph Haydn, come invece tuttora capita di leggere. Ma nel 1916, quando la Classica cominciò a prender forma, il Neoclassicismo era, o sembrava, tutto da inventare (il Pulcinella di Igor Stravinskij sarebbe andato in scena a Parigi solo nel 1920, a guerra finita), e Prokof'ev non era ancora diventato l'enfant terrible capace di agitare Europa e America per quasi vent'anni. Era solo un pianista ventisettenne con le dita d'acciaio, emozionante e moderno, da poco rientrato da un primo giro all'estero, e un compositore già brillantissimo; che per completare la sua formazione studiava pure direzione d'orchestra con Nikolaj Čerepnin, a Pietroburgo (patriotticamente ribattezzata Pietrogrado, da quando la Russia era in guerra con la Germania), e giusto in questo contesto si era familiarizzato anche con il sinfonismo classico per definizione, quello appunto di Haydn. Nel 1916 la Grande Guerra era nel bel mezzo del suo sanguinosissimo corso, e non si poteva pen-

sare a un ritorno all'ordine, come quello con il quale, tornata la pace, l'Europa cercò di tirare un po' il fiato dopo cinque anni di massacri e distruzioni. Né i tempi di una svolta neoclassica consapevole erano ancora arrivati il 21 aprile 1918, che vide Prokof'ev dirigere la prima assoluta della Classica a Pietrogrado, da poco non più capitale di una Russia non più in guerra e senza più Zar. Subito dopo Prokof'ev avrebbe fatto di nuovo le valigie per partire alla conquista dell'Occidente, aprendo una stagione creativa troppo sulfurea e aggressiva per lasciarsi identificare del tutto con l’ironia, pur graffiante, ma emotivamente disimpegnata, del Neoclassicismo vero e proprio, quello appunto di Stravinskij. Resta il fatto che la Classica non sembra tanto voler assomigliare alle sinfonie di Haydn (e in effetti non ci somiglia affatto, anche a volerle rileggere tutte e 104), quanto voler creare un'oasi non meno sorniona che composta, non meno compiaciuta che gradevole: reinventando un passato mai esistito fino a proporlo come paradiso perduto e non recuperabile, simboleggiato da un'orchestrazione più che tranquilla, con legni corni e trombe a due, timpani e archi, e del resto circoscritto a una durata quasi improponibile per una sinfonia normale, anche senza voler ripetere l'elefantiasi imposta cui si erano abbandonati Decaden-


Concerto n.2 in sol minore per violino e orchestra op.63 durata: 25 minuti circa

tismo e primo Novecento. Questo il senso dello scatto giocoso del primo movimento, reso spesso sbarazzino dai colori gessosi di una strumentazione quasi provocatoria come della meccanicità umoristica che si insinua fra le movenze gentili e un po' nostalgiche del Larghetto come per dissipare ogni sospetto di sentimentalismo. E davvero ci vorrebbe una gran fantasia per tirare in ballo Haydn a proposito della Gavotta collocata nella posizione che in una sinfonia classica senza la maiuscola sarebbe toccata al Minuetto, e che guarda forse ancora più indietro che non alla Vienna di Haydn, fino a strizzare l'occhio a quel tardo Barocco o Rococò cui il Neoclassicismo si sarebbe rivolto di lì a poco per negare e liquidare ancor più decisamente un Romanticismo sentito come anacronistico e ingombrante: fino a quel trionfo della fantasia opposta alla retorica, del gioco opposto alla seriosità che dà alla Prima il finale più elettrizzante che abbia mai concluso una grande forma.

Al genere della sinfonia Prokof'ev si sarebbe avvicinato di nuovo soltanto nel 1924, a Parigi, con la Seconda, partitura ben più vasta e inquieta, da lui stesso definita "di ferro e di acciaio", al culmine di una prima maturità che l'aveva inserito a pieno titolo fra i grandi della musica moderna: raggiunta e consolidata, salvo qualche sporadico rientro, lontano da una Russia, poi Unione Sovietica, che fra guerra civile prima e Nuova Politica Economica poi avrebbe costituito uno sfondo meno fertile alla sua crescita artistica. E come la Classica era nata subito prima della partenza per quel soggiorno in Occidente, così il Secondo concerto per violino fu finito ed eseguito nel 1935, subito prima di un rientro in patria motivato da ragioni private non meno che ideologiche (l'adesione di Prokof'ev a quanto sapeva dell’URSS di Stalin era convinta e sincera, non in grado di prevedere le delusioni e le difficoltà che avrebbe incontrato). Un Primo concerto per violino l'aveva composto in gioventù, contemporaneamente alla Classica, ma fra rivoluzioni e altro non era riuscito a eseguirlo (lo aveva presentato a Parigi nel 1924, al tempo della Seconda sinfonia): adesso tornava su questo genere, forse anche con l'intenzione di creare un pendant al Concerto composto nel 1931 da Stravinskij, con il quale e con il Concerto


dedicato "alla memoria di un angelo" da Alban Berg, pure del 1935, costituisce la terna dei tre maggiori contributi alla letteratura per violino e orchestra di quel formidabile Novecento entre deux guerres. "La quantità dei luoghi nei quali ho composto il Concerto – racconta Prokof’ev – mostra che vita da nomade conducessi a quel tempo. Il tema principale del primo tempo lo scrissi a Parigi, il primo tema del secondo a Voronež, l'orchestrazione l'ho completata a Baku, e la prima è avvenuta a Madrid". Il battesimo infatti era avvenuto là, il 1° dicembre 1935, al Teatro Monumental; solista il francese Robert Soëtens (che Prokof'ev aveva ascoltato in duo proprio con Samuel Dushkin, destinatario del Concerto di Stravinskij), nell'occasione accompagnato da Enrique Fernández Arbós e dall'Orquesta Sinfónica de Madrid, in una Spagna ancora repubblicana ma già insidiata dalle prime avvisaglie della guerra civile in arrivo. In vista di quell'esecuzione Prokof'ev, che nel frattempo si era sposato con una cantante spagnola, Lina Llubera, ritoccò la strumentazione del finale aggiungendo le castagnette, colore tipicamente spagnolo, a uno schieramento di percussioni già molto ricco, venuto a movimentare, sostituendo i timpani, un'orchestrazione per il resto analoga a quella della Classica. Per quanto già meno

incendiario e visionario di tanti frutti straordinari di quei cruciali diciotto anni (pensiamo all'Angelo di fuoco o alla Terza sinfonia che ci è così strettamente connessa), dei quali quasi simbolicamente conclude la parabola, il Secondo concerto ha ancora in buona misura il segno del grande Prokof'ev sperimentale e rivoluzionario. Una cifra stilistica che il clima dell'Unione Sovietica di Stalin e della sua longa manus culturale Andrej Ždanov lo portò, un po' con le buone e un po' no, a smussare significativamente in direzione di un ottimismo rasserenante più ancora che rasserenato, e di una comunicativa più facile. La vocazione cantabile del violino alterna a momenti di maggior tensione ritmica e sonora per tutto il primo movimento, durante il quale il solista, dopo averlo aperto senza accompagnamento, lascia un discreto spazio protagonistico ai colori dell'orchestra, in un contesto spesso abbastanza cupo. Qua e là si affacciano spezzoni melodici chiaramente riconducibili alla tradizione popolare russa. Cantabile e luminosità dominano, per contrasto, nell’Andante assai centrale, che incastona un episodio alternativo in tempo Allegretto, di grande trasparenza. Il cosmopolitismo quasi randagio di Prokof'ev si conferma nelle scelte spagnoleggianti del finale, che sembrano far da specchio alle evocazioni


ANTONÍN DVOŘÁK

(Nelahozeves 1841 - Praga 1904)

Notturno in si minore per orchestra d'archi op.40 durata: 7 minuti circa

russe del primo tempo (c’è da pensare addirittura a un accenno più o meno criptico alla composizione ispano-russa della famiglia): asimmetrie ritmiche d'estroversione, colori brillanti e virtuosismo siglano alla grande l'addio all'Europa e a tutta la grande esperienza occidentale, alla vigilia di un capitolo esistenziale e artistico per molti aspetti abbastanza diverso. Il Concerto portò comunque bene a Soëtens, che continuò a suonarlo in giro per il mondo per quasi quarant'anni, per poi morire centenario nel 1997.

È un Antonín Dvořák men che trentenne, ancora sostanzialmente portato alla tradizione ipercolta dell'Europa occidentale, in bilico tra il fascino tentatore di Richard Wagner, grande amore giovanile, e l'autorevolezza classicheggiante di Johannes Brahms, maestro della prima maturità, e sostanzialmente ancora lontano dalla svolta – crisi – che lo porterà a essere uno dei rappresentanti più autentici di una scuola convintamente nazionale, quello che nel 1870 scrive il quarto dei suoi Quartetti per archi, impegno classico e colto quant'altri mai, destinato a rimanere inedito e ineseguito per più di un secolo al pari dei suoi tre predecessori. Rinunciando a farsi conoscere come autore di quartetti, Dvořák non volle che andasse perduto il secondo movimento, un Andante religioso, e cercò di riciclarlo cinque anni dopo, debitamente arrangiato, inserendolo nel Quintetto n.2 op.77 per due violini, viola, violoncello e contrabbasso. Ma la perenne insoddisfazione che caratterizzò il suo idolatrato Brahms in qualche modo doveva averlo contagiato, poiché nel 1888 revisionò il lavoro, rimasto pure inedito sostituendo con un altro pezzo giusto l'Andante religioso, cui però evidentemente teneva molto, dato che nel frattempo l'aveva pubblicato, nel 1883, come Notturno op.40 in una ulteriore rielaborazione per una vera


WOLFGANG AMADEUS MOZART (Salisburgo 1756 - Vienna 1791)

Sinfonia n.38 in re maggiore K.504 Praga durata: 30 minuti circa e propria orchestra d'archi. Edito quando Dvořák figurava già a tutti gli effetti come il capo della scuola nazionale boema moderna, il Notturno era però stato concepito quando era "in parte altr'uom" da quello che era adesso. Inutile quindi cercare per forza il folclore e l'animazione paesana che illuminano la sua produzione matura e più conosciuta in questa pagina limpida e fascinosa, nella quale forse si affaccia più Brahms che Wagner, e che va a porsi insieme con la tanto più famosa Serenata op.22 fra i non moltissimi ma preziosi contributi dell'Ottocento al repertorio dell'orchestra d'archi

E dalla Praga ottocentesca di Dvořák, saldando insieme due sinfonie entrambe prive di Minuetto, risaliamo di un secolo alla Praga di Wolfgang Amadeus Mozart: che di sinfonie ne scrisse tante, come si conveniva a un musicista del Settecento: quarantuno nel catalogo convenzionale, fino a cinquanta se contiamo anche le opere dubbie e quelle troppo smilze per esser catalogate come sinfonie vere e proprie. Quasi tutte però risalgono alla sua giovinezza poco men che vulcanica, costellata di viaggi per tutta Europa in un pullulare ininterrotto di occasioni e commissioni. Soltanto sei invece nascono nel periodo conclusivo e più importante della sua vita, quello trascorso a Vienna dal 1781 al 1791: la produzione sinfonica tende adesso a rarefarsi, e parallelamente il genere stesso della sinfonia sembra diventare per lui un'impresa sempre più impegnativa, e sempre meno una delle tante voci di una produzione abituale, anche se spesso e volentieri di qualità astrale. In pratica la transizione fra due concezioni della sinfonia: quella di Haydn, con le decine e decine di capolavori sfornati ancora dopo la morte di Mozart, e quella delle nove "opere uniche" di Ludwig van Beethoven. Nel decennio viennese le sinfonie di Mozart prendono proporzioni vaste, e si attestano


definitivamente sulla struttura in quattro tempi. L'organico strumentale è ormai quasi sempre ampio, e integrato dal timbro sommamente espressivo dei clarinetti; corni, trombe e timpani concorrono a caratterizzare un ripieno orchestrale che contiene già in potenza la massa strumentale del sinfonismo romantico. Ma è soprattutto la stessa scrittura a respirare una dimensione sinfonica nel senso ottocentesco del termine: la facilità decorativa del discorso melodico tipica del periodo galante lascia il posto a un'elaborazione tematica spesso densa di contrappunto, e l'itinerario armonico prende valenze espressive sempre più intense. Questo processo evolutivo tocca il punto più alto con la grande triade del 1788, ultima prova di Mozart in campo sinfonico: la Sinfonia K.543, quella in sol minore K.550, la K.551 "Jupiter". Ma su un piano non certo inferiore si pone l'opera che precede direttamente quel grande sforzo creativo, la Sinfonia in re maggiore K.504, composta a Vienna e datata 6 dicembre 1786, che reca i connotati della maturità sinfonica di Mozart in misura senz'altro maggiore delle sinfonie che la precedono. A guardarla da fuori, sembrerebbe mancare una delle caratteristiche principali del grande modello viennese, la struttura in quattro tempi. Ma niente potrebbe essere più agli antipodi dello sbrigativo modello italiano AllegroAdagio-Allegro di questa opera tanto felice e scorrevole quanto complessa, composta

con una profondità e un impegno formale senz'altro eccezionali. Mozart aveva deciso di fare a meno del Minuetto tradizionalmente piazzato al terzo posto, se per sperimentare qualcosa di nuovo o se perché trovava l'opera completa anche così, è difficile stabilirlo. La percorre tutta il clima delle più grandi creazioni dell'ultimo periodo di Mozart. Quello delle opere teatrali italiane, anzitutto: il 1786 è l'anno delle Nozze di Figaro; e il progetto del Don Giovanni, pure destinato a Praga, prese forma proprio durante il viaggio di Mozart in una città come poche a lui favorevole, dove la Sinfonia K.504 fu eseguita per la prima volta nel gennaio del 1787, donde il soprannome. Ma anche quello degli ultimi grandi Concerti per pianoforte, e forse quello stesso del Flauto magico, per quanto ancora lontano nel tempo (il primo tema dell'Allegro anticipa quasi alla lettera quello dell'ouverture dell'opera). È un orizzonte di affetti nel quale è ben presente un'intenzione espressiva che forse è esagerato chiamare preromantica, e storicamente non corretto riferire alla esperienza dello Sturm und Drang; ma che perlomeno è profetica di alcuni modi linguistici dell'Ottocento tedesco. Basterebbe pensare a come l'impasto timbrico dei gruppi strumentali sa sottolineare il cammino oscuro e tortuoso delle armonie in certi squarci in modo minore, o alla capacità di creare zone di condensazione espressiva in attesa di dar sfogo all'energia del flusso ritmico.


Il primo movimento si apre con un'introduzione in tempo lento: caso abbastanza raro in Mozart, che impiegò questa formula, oltre a qui, soltanto nella Sinfonia “Linz” e nella K.543. È un Adagio ampio e profondamente sviluppato, ondeggiante fra maggiore e minore, fra luce e oscurità, in un discorso armonico inquieto, sottolineato dagli interventi dei violini e dai ritmi severi del timpano, fino a una sospensione che prepara lo slancio liberatorio del primo tema, ricchissimo di idee, elaborato intensamente già prima del secondo tema, più cantabile, esposto dai violini. Lo sviluppo, secondo un percorso frequente nella maturità di Mozart. La sezione degli sviluppi si espande in un contrappunto che sa essere insieme complesso e agilissimo, dove i motivi si combinano l'un con l'altro e, in canone, con se stessi; la leggerezza della scrittura, la corsa inarrestabile del ritmo, la chiarezza adamantina dell'armonia dissimulano una sapienza tecnica assoluta. Poi tutto si calma gradualmente per dare spazio alla ripresa, seguita da una coda stringata e festosa. Al centro, un Andante con due temi principali, strettamente legati fra di loro, senza contrasto, da cui deriva una mobilità estrema dei fatti espressivi: cantabilità distesa alternata a sezioni più ritmate, un po' come in un Minuetto (e anche per questo l'assenza di questo movimento non si fa certo sentire); mentre brusche impennate del "tutti" orchestrale sull'addensarsi delle armonie

riportano a tratti l'atmosfera inquieta dell'introduzione, interrompendo la serenità pastorale della cornice. Il movimento si conclude come in punta di piedi, in pianissimo. Come il primo movimento, il Finale arricchisce di contrappunto l'architettura della forma sonata. Già nell'esposizione i primi violini presentano il primo tema per farlo subito contrappuntare, quasi di rincorsa, dai secondi e dalle viole. La spinta ritmica della partenza impone a questo leggerissimo Presto un'andatura aerea, da vero pezzo di bravura, che non si inceppa nemmeno nel breve ma densissimo sviluppo. La tecnica usata è ancora quella del canone: il gioco delle imitazioni caratterizza ancora una volta la dottrina ad antica come gaia scienza, mai accademica e pedante. Il disegno vorticoso e luminosissimo dei violini che già aveva concluso l'esposizione introduce la coda, ancora una volta brevissima.


L’Orchestra della Toscana si è formata a Firenze nel 1980 per iniziativa della Regione Toscana, della Provincia e del Comune di Firenze. Nel 1983, durante la direzione artistica di Luciano Berio, è diventata Istituzione Concertistica Orchestrale per riconoscimento del Ministero del Turismo e dello Spettacolo. Composta da 44 musicisti, che si suddividono anche in agili formazioni cameristiche, l’Orchestra realizza le prove e i concerti, distribuiti poi in tutta la Toscana, nello storico Teatro Verdi di sua proprietà. Le esecuzioni fiorentine sono trasmesse su territorio nazionale da RadioRai Tre e in Regione da Rete Toscana Classica.

TRA BAROCCO E MUSICA D’OGGI Fin dagli esordi, sotto la direzione artistica di Luciano Berio, l'ORT ha avuto un occhio di riguardo per la musica del nostro tempo ed i suoi interpreti, facendone quasi una propria specializzazione; tale tradizione si è mantenuta negli anni fino a giungere al festival "Play It! La musica fORTe dell'Italia", eloquente manifesto di tale attitudine, che nel 2014 ha ricevuto il XXXIII Premio della Critica Musicale "Franco Abbiati" per la migliore iniziativa 2013. Ma già dal suo debutto nel 1980, sotto la direzione di Massimo de Bernart, la piccola Orchestra si impose per la sua versatilità e l'altissimo livello professionale che ne fecero in poco tempo una raffinata interprete del Barocco e del Classicismo come della musica del '900, con una particolare vocazione per i capolavori rossiniani ed un'attenzione alle partiture più rare e poco eseguite. Negli anni a seguire, cedendo alla tentazione di affrontare l'affascinante repertorio sinfonico destinato ad organici più nutriti (anche grazie alla collaborazione con l'OGI e gli studenti dei Conservatori della Toscana), l'ORT si è spinta oltre i confini della musica da camera, affrontando con successo i capolavori del sinfonismo romantico e tardo-romantico, da Brahms e Schumann a Čajkovskij, Mahler, Sibelius.

OSPITALITÀ & TOURNÉE Ospite delle più importanti Società di Concerti italiane, si è esibita con grande successo al Teatro alla Scala di Milano, al Maggio Musicale Fiorentino, al Comunale di Bologna, al Carlo Felice di Genova, all’Auditorium del Lingotto di Torino, all’Accademia di S.Cecilia di Roma, alla Settimana Musicale Senese, al Ravenna Festival, al Rossini Opera Festival e alla Biennale di Venezia. Numerose le sue apparizioni all’estero a partire dal 1992 tra cui: Salisburgo, Cannes,


Strasburgo, New York, Edimburgo, Madrid, Hong Kong, Tokyo per la rassegna “ItaliaGiappone 2001-2002”. Negli ultimi anni il concerto al Konzertsaal di Lucerna con Daniele Rustioni sul podio e Sergej Krylov al violino (maggio 2013); la doppia tappa in Germania (Münster e Hannover) con Francesco Lanzillotta e Benedetto Lupo solista al piano nel novembre 2014, e nel giugno 2016 la trasferta in Sudamerica per una tournée di 6 concerti in Ecuador, Perù, Cile Argentina sempre guidati dal direttore principale Rustioni, con Francesca Dego al violino.

DISCOGRAFIA Musiche di Schubert e di Cherubini con Donato Renzetti (Europa Musica), Pierino e il lupo e L’Histoire de Babar con Paolo Poli e Alessandro Pinzauti (Caroman), Cavalleria rusticana con Bruno Bartoletti (Foné), Il barbiere di Siviglia con Gianluigi Gelmetti (EMI Classics), Omaggio a Mina e Orfeo cantando tolse di Adriano Guarnieri con Pietro Borgonovo (Ricordi) e lo Stabat Mater di Rossini con Gianluigi Gelmetti (Agorà), Tancredi con Gianluigi Gelmetti (Foné), Holy Sea con Butch Morris (Splasch), Richard Galliano e I Solisti dell’Ort (dreyfus), Le Congiurate di Schubert con Gérard Korsten per la regia di Denis Krief, Concertone con Stefano Bollani (Blue Label), Omaggio a Puccini con Fiorenza Cedolins (Bongiovanni), il Requiem di Mozart con Gianluigi Gelmetti, Le sette ultime parole del nostro Redentore in croce di Haydn, concertatore Andrea Tacchi; Play it! (2011) con musiche di Sylvano Bussotti, Carla Rebora, Riccardo Panfili per VdM Records; Giorgio Federico Ghedini con Daniele Rustioni (Sony Classical 2016). Sono già stati realizzati in sala di incisione altri due cd (sempre su etichetta Sony) dedicati rispettivamente a Alfredo Casella e Goffredo Petrassi; la loro uscita è prevista nel 2018.


VIOLINI PRIMI

VIOLONCELLI

CORNI

Daniele Giorgi * Virgini Ceri * Paolo Gaiani ** Angela Asioli Gabriella Colombo Francesco Di Cuonzo Alessandro Giani Susanna Pasquariello Marco Pistelli

Luca Provenzani * Augusto Gasbarri * Stefano Battistini Simone Centauro Giovanni Simeone

Andrea Albori * Paolo Faggi *

VIOLINI SECONDI

CONTRABBASSI

Amerigo Bernardi * Luigi Giannoni ** Adriano Piccioni

Chiara Morandi * Marian Elleman ** Patrizia Bettotti Stefano Bianchi Marcello D'Angelo Paolo Del Lungo Chiara Foletto

FLAUTI

VIOLE

CLARINETTI

Stefano Zanobini * Caterina Cioli ** Alessandro Franconi Sabrina Giuliani Pier Paolo Ricci

TROMBE

Donato De Sena * Guido Guidarelli * TIMPANI

Morgan M.Tortelli *

Fabio Fabbrizzi * Michele Marasco * OBOI

Alessio Galiazzo * Flavio Giuliani * Marco Ortolani * Alfredo Vena * FAGOTTI

Paolo Carlini * Riccardo Papa

* prime parti ** concertino ISPETTORE D’ORCHESTRA E ARCHIVISTA

Alfredo Vignoli


I PROSSIMI APPUNTAMENTI

I CONCERTI APERITIVO L'OPERA DI MOZART IN CETRIFUGA Quartetto d'archi dell'ORT Alessandra Morellato voce recitante

OSPITALITÀ ORCHESTRA DA CAMERA DI MANTOVA Benedetto Lupo pianoforte musiche di Salieri, Mozart, Beethoven

DOMENICA

25

febbraio

ore 11.00

al Relais Santa Croce Sala della Musica MERCOLEDÌ

28

febbraio

ore 21.00


CONTINUANO I CONCERTI APERITIVO

Continua il ciclo dei Concerti Aperitivo della domenica mattina con i Gruppi da Camera dell'ORT protagonisti per 3 domeniche consecutive dal 4 al 18 marzo, nell’accogliente Sala della Musica dell’Hotel Relais Santa Croce (ore 11:00 via Ghibellina, 87) 4 marzo 11 marzo 18 marzo

ENNIO MORRICONE E ASTOR PIAZZOLLA ... COMPOSITORI IN ETERNO MOZART E BRAHMS: I GRANDI QUINTETTI STRUMENTISTI ALL'OPERA ... OPERISTI ALLO STRUMENTO

BIGLIETTO CONCERTO + APERITIVO € 10,00 info su www.orchestradellatoscana.it



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INSIEME A TE

sarà tutta un'altra Musica! TUTTE LE ATTIVITÀ RISERVATE AI SOCI ORT

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2017/18 ENTRA NEL CLUB DEGLI AMICI DELL'ORT! Il bello della musica è quel dialogo che nasce fra chi la suona e chi la ascolta. È un legame sottile che arricchisce la vita delle persone e che non deve mai mancare, per questo ogni volta che saliamo sul palcoscenico per suonare ce la mettiamo tutta. Sappiamo che non siamo soli in concerto: abbiamo il nostro pubblico, e abbiamo soprattutto te, con cui desideriamo costruire momenti eccezionali di crescita e condivisione,- che siano per tutti. Vogliamo che la nostra musica raggiunga ancora più persone e che sia utile a far crescere generazioni più attente e consapevoli, e tu in questo ci puoi davvero aiutare. Per questo ti invitiamo a sostenere l’ORT, perché siamo sicuri che insieme a te sarà tutta un’altra musica: con il tuo dono potremo arricchire l’attività e i percorsi di educazione all’ascolto per gli studenti e le famiglie e far crescere il pubblico di domani.

Vogliamo fare di più e vogliamo farlo insieme a te ... SCEGLI IL SOSTEGNO CHE PREFERISCI! Scopri tutti i benefit sul nostro sito www.orchestradellatoscana.it info tel. 055 2340710 - sviluppo@orchestradellatoscana.it


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Ufficio del Personale Andrea Gianfaldoni ufficiopersonale@orchestradellatoscana.it

Direzione Generale Marco Parri Stefania Tombelli segreteria direzionegenerale@orchestradellatoscana.it

Amministrazione Simone Grifagni Cristina Ottanelli direzioneamministrativa@orchestradellatoscana.it

Direzione Artistica Giorgio Battistelli Paolo Frassinelli servizi musicali Tiziana Goretti segreteria direzioneartistica@orchestradellatoscana.it

Servizi Tecnici Angelo Del Rosso ufficiotecnico@orchestradellatoscana.it

Area Comunicazione Riccardo Basile Ambra Greco ortstampa@orchestradellatoscana.it Ufficio Sviluppo Elisa Bonini sviluppo@orchestradellatoscana.it

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BIGLIETTERIA

PROGETTO GRAFICO ORT Mallet Studio IMPAGINAZIONE PROGRAMMA DI SALA Ambra Greco FOTO & ILLUSTRAZIONI Charlotte Abramow (copertina, 7), T. Iijima (5), Marco Borrelli (17,19), Mallet Studio (20) STAMPA Grafiche Martinelli (Firenze)

Via Ghibellina, 97 - 50122 Firenze (dal lunedĂŹ al sabato 10-13 e 16-19) tel. (+39) 055 21 23 20 www.teatroverdifirenze info@teatroverdionline.it



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