Percorsi della Storia

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Nello De Gregorio

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La Cripta del Redentore‫ﱾ‬

La storia e le vicissitudini di questo importantissimo monumento di straordinario valore storico e culturale per la comunità tarantina, essendo probabilmente la più antica chiesa del territorio comunale, lì dove sorsero le prime radici della cristianità tarantina, è stata raccontata da Nello De Gregorio in Percorsi della Memoria – editore Massafra, 2004.

Del monumento e degli affreschi si sono occupati diversi studiosi. In passato, a parte il Viola, la cripta fu visitata dalla Medea e dal Venditti. In epoca più recente ne hanno parlato anche il Fonseca e il D’Angela. Tuttavia l’analisi più puntuale appare quella del Farella, anche per il suo ruolo nell’attività di recupero del monumento, e del prof.

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Caprara che ne ha dedicato un capitolo nel libro Le chiese rupestri del territorio di Taranto – ed. Comune di Taranto, 1981 ed in Iconografia dei Santi del 1990. L’accesso all’ipogeo è garantito attraverso un vano con gradini appositamente realizzato durante le operazioni di

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recupero. Subito dopo si percorre un corridoio scendendo una scalinata (dromos) formata da dodici gradini che formano appunto l’ambiente originario di accesso alla cripta. Sui due stipiti della porta sono appena visibili antichi graffiti. L’invaso è costituito da un’aula rettangolare di m.3,90 x 3,70. Nella parete est si apre un’abside di notevole concavità fiancheggiata da due nicchiette, parzialmente distrutte per la escavazione della grande abside. Probabilmente tompagnate furono messe in luce dal Viola. Sulla parete nord, quella che fronteggia l’ingresso sono collocate tre nicchie di identica dimensione di quelle che fiancheggiano l’abside. La loro sistemazione architettonica è abbastanza accurata essendo simmetriche rispetto all’asse verticale della parete.

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Il precursore.

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La Vergine.

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Un’altra nicchia inoltre si apre di fronte all’abside, sulla parete ovest. Questa parete non è costituita dalla roccia scavata ma costruita con materiale di reimpiego.

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Al centro di essa si trova il varco attraverso cui ci si immette in una vasta cavità naturale dove in una vasca rettangolare si raccolgono le acque di una polla sorgiva.

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L’affresco absidale rappresenta una Diesis con il Cristo Pantocratore e ai suoi lati la Vergine e San Giovanni, questi ultimi raffigurati con le mani protese verso il Salvatore. Della lunga teoria dei Santi che originariamente doveva ricoprire tutte le pareti dell’ipogeo oggi restano pochi volti. Sulla parete est, a destra dell’abside lo splendido affresco di un Santo che si

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distingue dagli altri per la qualità eccezionale dell’opera: il suo volto è impressionante per la fissità dello sguardo oltre che per l’intensità del colore. Per molto tempo questa figura è stata scambiata per San Paolo, mentre in realtà si deve al Caprara la scoperta, vista l’iscrizione BACI che si legge sull’affresco stesso, che trattasi di San Basilio.


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L’antica chiesa sotto palazzo Delli Ponti‫ﱾ‬ Nel maggio 2004 nel corso dello svuotamento di alcuni ambienti sottostanti gli interni di palazzo Delli Ponti, nella zona di largo Gennarini, è emerso un ambiente ipogeico nel quale campeggiano in modo inconfondibile un’abside, con uno dei lati recante tracce di affreschi ed una colonna componente l’altare. La scoperta è davvero straordinaria, anche perché si è certamente di fronte ad un luogo di culto molto antico. Se, infatti, come mi propone Silvia De Vitis, un primo esame degli affreschi porta ad una datazione attorno al IX-X secolo, la presenza di uno strato sottostante potrebbe portarci ancora più indietro nel tempo. La presenza della colonna, testimonianza di un luogo di culto bizantino, non fornisce certezze, potendosi trattare

di un sito paleocristiano successivamente riutilizzato in età bizantina. Dunque un sito interessante ed affascinante proprio pere gli interrogativi che apre sulla stratificazione e disposizione cultuale in Città Vecchia nel periodo compreso fra l’Alto Medioevo ed in periodo successivo alla ricostruzione del 967. Tutta da verificare ed aperta a varie ipotesi è la disposizione del sito rispetto alla necropoli, venuta fuori nel 1990, del V sec. d.C.. Siamo praticamente a pochi metri di distanza. La presenza di eventuali collegamenti potrebbero testimoniare che il sito è coevo della necropoli e, dunque, non sarebbe da scartare l’ipotesi di una piccola basilica cimiteriale. Altrettanto affascinante potrebbe essere l’ipotesi che il rinvenimento possa farsi risalire alla vetustissima chiesetta di San Marco che secondo il De

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